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Veronica Camilloni, tocco di classe al Festival di Sanremo

Mani di fata, spazzole che sanno sempre dove andare perché Veronica Camilloni sa farle cantare come un big. Svariate acconciature degli ospiti del festival passano per le sue mani. Specialmente quella della popolare conduttrice radiofonica e televisiva Andrea Delogu che ha voluto espressamente si occupasse di lei. Veronica unica umbra nello staff messo in piedi da Salvo Filetti, hair-stylist di chiara fama chiamato a guidare il team incaricato di pettinare conduttori, cantanti e ospiti del settantunesimo festival della canzone italiana.

Filetti l’ha già coinvolta l’anno scorso a Sanremo ma anche ai festival del cinema di Venezia, Roma e Taormina, oltre che alle sfilate di moda tra Roma, Milano e Pitti a Firenze, fino a Miss Italia.

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“Sanremo è sempre Sanremo - racconta -, l’opportunità professionale è sicuramente unica e particolare. Conosco bene il mio mestiere, vengo da lontano e ciò mi aiuta ad affrontare al meglio anche questo tipo di avventure. Il festival fa parte del costume e della storia del nostro Paese. Ormai da anni collaboro con l’importante gruppo che fa capo a Salvo Filetti. Nel suo team ho avuto il privilegio di portare la mia professionalità in appuntamenti importanti come il festival”.

Veronica ha fatto un percorso di qualità, dalla passione arrivata quindicenne al perfezionamento costante per essere sempre all’altezza del compito. “La strada che nella vita avrei preso l’ho capita fin da piccola - ricorda - quando convincevo le amichette a fare il gioco della parrucchiera con i ruoli già definiti. Io ero la stilista di fama e loro le clienti che dovevano stare ferme a farsi intrecciare i capelli, mettere i bigodini e sottoporsi alle acconciature principesche. Loro si sono stancate di stare immobili, mentre io ho trasformato quel gioco nella professione che è soprattutto passione”.

Il suo salone Compagnia della Bellezza, in via Leonardo da Vinci, testimonia 37 anni di attività in 46 di esperienza tra i percorsi di studio e perfezionamento che non vengono mai meno, anche su come gestire al meglio il gruppo di lavoro, la clientela e la comunicazione con lo staff composto da sei ragazze, da Ilaria Casini master colorist a Annamaria Picchi, Barbara Girelli, Silvia Picchi, Celine Moriconi e Adele Bucci, che la seguono passo dopo passo.

La Dottrina Nella Storia

Un Saluto Speciale Alla Carne La Tristezza Del Carnevale Di Oggi

Dato il preoccupante analfabetismo religioso imperante, pochi ormai sanno che perfino le feste di carnevale hanno a che fare con l’unica religione vera: il cattolicesimo. In effetti, fin dal significato del termine, il carnevale è indissolubilmente legato alla festa più importante della religione cristiana: la Pasqua di Cristo. Una festa così fondamentale da far sì che tutto l’anno liturgico sia costruito attorno a essa e da richiedere un lungo tempo di preparazione spirituale, fatto di sacrifici e penitenze, che dura ben quaranta giorni e che per questo è chiamato quaresima: dal latino cristiano quadr(ag)esĭma, nel significato di ‘quarantesimo giorno (prima di Pasqua)’. La Pasqua è una festa mobile, nel senso che non cade - come per esempio il Natalesempre nello stesso giorno dell’anno. Deve la sua mobilità alle fasi lunari. La domenica di Pasqua è quella immediatamente successiva al primo plenilunio di primavera. Insomma, per sapere quando cade la più importante festa cattolica, basta prendere il calendario e andare a vedere quando c’è la prima luna piena dopo il 21 marzo. A Pasqua la luna è sempre piena, come qualcuno avrà notato anche dal capolavoro di Mel Gibson, La passione di Cristo, che si apre proprio con un primo piano dell’astro notturno completamente illuminato. Ebbene, con la quaresima iniziava l’astinenza dalle carni. Impegno talmente preso sul serio dai cristiani che ci hanno preceduto da far chiudere per quei giorni le botteghe dei macellai. Era un vero saluto - vale in latino - alla carne. Ovvero: il carne-vale. La cui festa cade nell’ultimo martedì che si mangia di “grasso”, prima del mercoledì delle ceneri che fa iniziare il tempo di quaresima.

Chiunque guardi con onestà e sano realismo a come è ormai ridotto il carnevale nella società post cristiana, non potrà non ammettere che più che una festa dell’allegria si è trasformato in una festa del lugubre. Non c’è infatti nulla di più triste che un’allegria “forzata” come è diventata quella dei nostri carri in maschera o delle nostre feste da ballo. Tutto ha perso sapore. Ce ne accorgiamo facilmente parlando con qualche anziano che, tra malinconia e rimpianto, ci racconta quanto erano più belli e veri i veglioni di un tempo, quando c’era qualcosa che sapeva dare sapore a tutto. Senza saperlo, stanno parlando del sale che è la religione cattolica che, con la sua saggezza, sapeva dosare bene divertimento e penitenza, momenti da dedicare ai piaceri effimeri del mondo e altri in cui pensare al bene eterno. La società post cristiana rifiuta proprio la dimensione che sa dare un senso a tutto il resto. Non ci si diverte davvero se ogni giorno è carnevale, se si vive nella follia sessantottina del “vietato vietare”, se non si parla mai della vita eterna e si pensa solo a godere quaggiù. Ecco perché le nostre feste e i nostri veglioni (che vengono organizzati fregandosene altamente se cadono in un giorno di quaresima) ci stordiscono ma non ci divertono, ci sollazzano ma non ci lasciano più quel senso di felicità che ancora alberga nel cuore dei nostri nonni. Una festa senza la consapevolezza della vita eterna è dimezzata. Faccio finta di divertirmi, ma ho nel cuore il dolore (che senza la religione cattolica è insensato e dunque assurdo) per la mia finitudine o per le persone che amo e che non ci sono più. E finita la musica mi sembra finito tutto.

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