ARCHI T E T T U R A
N AT U R A
DESIGN
I N T E R I OR
A RT E
Sguardo al futuro
VIA GGI
T EC NOLOGIA
Shopping time
Intervista esclusiva allo Studio BIG sul nuovo progetto in CityLife.
Pausa green e profumata: i fioristi più trendy di Milano.
L’intervista
I luoghi iconici
Roberta Ceretto: una vita
Storia del velodromo Vigorelli,
tra arte, vigne e territorio.
pronto alla rinascita.
Tabloid L’inserto sul mondo
Ferdinando Cunsolo
lifestyle in CityLife.
NUMERO 9 • SETTEMBRE 2020 • TRIMESTRALE
Foto di Simone Sirgiovanni
SCATTI DAGLI ORTI FIORITI CITYLIFE
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EDITORIALE
Le novità di CityLife Gentili lettori,
quest'anno ci ha regalato molte soddisfazioni e soprattutto grandi numeri. Non possiamo infatti non citare l’ottimo riscontro che abbiamo registrato sin dall’avvio della commercializzazione ai family&friends delle nuove Residenze Libeskind II. Un successo che ci dimostra come CityLife sia oggi identificato come uno dei quartieri più belli e ambiti di Milano.
In questo numero vi parleremo di storia con il racconto del Velodromo Maspes Vigorelli, di cui ripercorreremo tutte le tappe dalla sua realizzazione al suo utilizzo negli anni sino al progetto di ristrutturazione a cura CityLife; e di architettura con un approfondimento sullo studio danese BIG - Bjarke Ingels Group nella figura del suo eclettico fondatore Bjarke Ingels e del suo socio, e responsabile del progetto CityLife, Andreas Klok Pedersen che ci racconteranno quali sono state le considerazioni e le idee dalle quali è scaturito il progetto vincitore del concorso internazionale che andrà a completare il nostro quartiere.
Parleremo inoltre di sostenibilità ambientale con le nuove frontiere in termini di auto; di design con i cento anni dalla creazione della fragranza di Chanel n. 5; di arte con l’intervista a Wilfredo Prieto, uno degli artisti di ArtLine Milano nonché autore dell’opera Beso; di interior con la visita a uno splendido appartamento delle residenze Hadid e del binomio tra arte e vino con una bella chiacchierata con Roberta Ceretto, direttrice marketing dell’azienda vitivinicola Ceretto.
Immancabile poi l’appuntamento con il tabloid dove troverete i dettagli sugli eventi sportivi previsti nel parco CityLife come la Salomon Running che quest'anno ci vede protagonisti in qualità di sponsor con ben tre percorsi da 5, 10 e 18 km, e tutte le novità degli Orti Fioriti tra cui i corsi di giardinaggio che si protrarranno sino a ottobre.
Buona lettura.
Armando Borghi CEO CityLife
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SOMMARIO
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SOMMARIO
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NUMERO 9 settembre 2020
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La BIG Picture di CityLife ARCHITETTURA
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Intervista a Wilfredo Prieto, autore dell’opera Beso per il Parco di Arte Contemporanea: immersione nella sua poetica.
Lo studio che realizzerà l'ultimo edificio di CityLife: presentazione e approfondimenti.
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Un giorno da Direttore Commerciale ARCHITETTURA
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Quattro passi nel quartiere ARCHITETTURA
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In corsa nel futuro SOSTENIBILITÀ
CityLife: un elemento importante della trasformazione di Milano in smart city.
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ARTE
Chanel Numero 5 DESIGN
Storia dei cento anni di vita del profumo che da sempre evoca seduzione e femminilità.
Continua il tour alla scoperta delle opere di importanti architetti intorno a CityLife. Questa volta è il turno di Piero Portaluppi.
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Due gallerie milanesi Due galleriste della Milano meno convenzionale raccontano il loro rapporto con la città e l’arte contemporanea.
I numeri dei primi mesi di commercializzazione del nuovo lotto residenziale di CityLife.
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Relazioni e connessioni
ARTE
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Il gioco di abitare DESIGN
Il racconto di un appartamento delle residenze Hadid, dove personalità e sobrietà si incontrano.
SOMMARIO
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La saga del Vigorelli SPORT
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La Flânerie e la cura di sé LIFESTYLE FUORI MURA
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Ceretto, il vino e l'arte FOOD
Intervista a Roberta Ceretto direttrice marketing e comunicazione dell'azienda famigliare.
Ma dove ho messo i miei occhiali? TECNOLOGIA
Focus sui Google Glass: storia, modelli e novità di un accessorio tecnologico in grado di rivoluzionarci la vita.
Un’altra tappa del nostro tour cittadino, alla ricerca di negozi e luoghi da scoprire intorno a CityLife.
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LIFESTYLE
Una mappa dei fioristi iconici di Milano: botteghe storiche e marchi internazionali, negozi che offrono servizio a domicilio ed e-commerce.
Storia di uno dei luoghi iconici della Milano dello sport che grazie al progetto CityLife sta tornando a nuova vita.
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Ci vediamo... per un bicchiere in fioreria
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Aster azzurro ILLUSTRAZIONE
La pianta stagionale presente negli Orti Fioriti che colora l'autunno in CityLife.
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ARCHITETTURA
La BIG Picture di CityLife testi
foto e render
Lodovica Dal Pozzo
Gruppo BIG Bjarke Ingels Group
La new entry di CityLife sarà un portico di 140 metri a disposizione di tutti i milanesi, una sorta di porta di accesso a questo nuovo quartiere tra i più sostenibili in Europa. Un progetto firmato BIG.
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ARCHITETTURA
L
a storia di BIG, Bjarke Ingels Group, lo studio di architettura che firma il progetto che concluderà la riqualifica dell’ex Fiera Campionaria, nasce dall’iniziativa del fondatore Bjarke Ingels, un giovane danese dotato di un immenso talento e di un forte carisma che l’hanno spinto all’apice del gotha dei grandi architetti. Sneakers, t-shirt e un look bleisure come quello che contraddistingue i giovani manager che passano la maggior parte del tempo in aereo per rispondere alle richieste dell’era della mondializzazione, Bjarke Ingels studia alla Royal Art School of Architecture di Copenhagen, la sua città natale, e fa la prima gavetta a Rotterdam in seno all’Oma, lo studio di Rem Koolhaas, l’archistar urbanista e saggista olandese tra i più influenti e mediatizzati del nostro secolo, insignito del premio Pritzker, il Nobel dell’architettura, nel 2000. Prima di disegnare palazzi, Bjarke Ingels utilizza la sua fantasia pop e la destrezza della sua mano per rappresentare il mondo attraverso personaggi in azione, elicotteri, fiction, insomma per disegnare fumetti. I complimenti che riceve numerosi rinforzano il suo ego, lo fanno sentire bene, stimolandolo a dedicare tutto il suo tempo e le sue energie al disegno. «10.000 ore di esercizio sono volate» ha dichiarato in un’intervista. Il disegno diventa il mezzo per esprimere la sua visione del mondo e per poterla condividere. Come nel giornalismo investigativo, il giovane danese ha costruito la propria cultura attraverso la lettura, la ricerca delle origini: «Invece che cominciare con le risposte, bisognerebbe sempre dare la priorità alle domande». Secondo Bjarke Ingels per creare qualcosa di veramente interessante bisogna uscire dagli schemi, dalle regole, dalla direzione comune, eliminare le check-list ed esplorare materiali, forme, luce e soprattutto dedicare attenzione, amore e cura: più un progetto è studiato, pensato e curato, più le persone che vivranno quella struttura l’avranno a cuore. Nell’estensione del concetto di evoluzione darwiniana, l’uomo ha imparato ad adattare la natura alle proprie esigenze organizzando il paesaggio, costruendo dighe, deviando i corsi d’acqua, senza immaginare le conseguenze delle proprie azioni. La buona notizia secondo Bjarke Ingels è che se l’essere umano è stato capace di trasformare radicalmente il pianeta accidentalmente, ha anche l’immenso potere di fare quello che vuole se ci mette l’intenzione. Il mondo è un esperimento in continua evoluzione. Ispirandosi alle best practice e adattandole ai luoghi, accomodandole all’esperienza locale, diventano una nuova esperienza, una nuova risorsa.
Copenhill, l’inceneritore di Copenaghen che dal 2017 ricicla i rifiuti della capitale danese e dei comuni circostanti, è ormai anche una destinazione turistica. BIG, lo studio che ha firmato il progetto, ha trasformato il tetto in pista di sci e l’estate si trasforma in area verde per pic-nic con parete di arrampicata e percorsi per correre. In un’intervista Bjarke Ingels ha dichiarato: «Il gioco è importante nel senso di forma non scritta dell’espressione umana. Apre lo spirito alla scoperta. È il modo di imparare di animali e bambini.»
Bjarke Ingels, archistar carismatico e filantropo
«Un problema al quale ho riflettuto a lungo è che un architetto sarà giudicato per il numero di palazzi e case che costruirà nella sua vita. Cento? Duecento? Numeri ridicoli se visti su scala mondiale. Ma se una costruzione contribuisce al benessere di persone, donne e uomini, e ispira milioni di persone, allora il mestiere diventa interessante, allora l’ispirazione prende una dimensione planetaria.» Dopo qualche anno di gavetta da Rem Koolhaas, mentore e modello da cui ha saputo «emanciparsi prima di addormentarsi», e che oggi fronteggia nelle competizioni internazionali, Bjarke Ingels torna in Danimarca dove fonda il suo primo studio con Julien de Smedt, suo compagno di banco all’OMA. Cinque anni dopo l’avventura termina, ciascuno decolla per la sua rotta e Bjarke Ingels fonda BIG nel 2006. Tra i primi progetti che si aggiudica, The Mountain, un piano di edilizia popolare a Ørestad nella periferia di Copenaghen che proponeva unità abitative a meno di 1.000 € al metro quadrato garantendo a tutti gli appartamenti vista sul paesaggio, ha fatto molto parlare di sé. Il leitmotiv delle sue riflessioni è già presente: «Pensare alla gente che vivrà l’esperienza». Nonostante le polemiche per l’arditezza della costruzione il successo arriva e la notorietà comincia a oltrepassare le frontiere. Da allora e in meno di quindici anni Bjarke Ingels ha costruito un piccolo impero affermandosi tra le firme più autorevoli del mondo dell’architettura contemporanea. Diciassette partner, cinquecento collaboratori, un quartiere generale in Danimarca, un secondo a New York e uffici a Londra, Barcellona e da poco anche a Milano, la BIG company è sempre più grande e autorevole, segue progetti ai quattro angoli del pianeta e firmerà un tassello importante del progetto che ha cambiato lo skyline di Milano propulsandola tra le città più cool d’Europa. �
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Il grande porticato offre un ampio spazio all’aperto con zone d’ombra e camminamenti «un tetto lungo 140 metri che forma un generoso portico su scala urbana per l'ingresso a CityLife».
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ARCHITETTURA
A
ndreas Klok Pedersen è il socio di BIG responsabile del progetto di CityLife. Lavora a fianco di Bjarke Ingels fin dall’inizio della storia dello studio e tiene conferenze sulle ricerche e i progetti del gruppo nel mondo. Andreas Pedersen dirige anche i lavori per la preparazione della mostra che la Triennale dedicherà a Bjarke Ingles Group.
Il masterplan esistente è costituito da tre torri circondate da una grande aera verde e da quartieri residenziali. Se il brief richiedeva in origine di progettare una quarta torre, la presenza dei tre edifici iconici nelle vicinanze ha offerto l’opportunità unica di vagliare altri tipi di idee e di affrontare una delle principali sfide del luogo: le due parti delle zone edificabili, infatti, sono separate da una rampa per l'accesso dei mezzi di servizio (taxi) e di soccorso, affiancata da un percorso pedonale. Abbiamo proposto di rimuovere la rampa e di creare due singoli edifici collegati da una struttura sospesa, un tetto lungo 140 metri che andrà a formare un generoso portico su scala urbana per l’ingresso a CityLife. Da rivoluzione a evoluzione, il concetto darwiniano di adattamento è diventato un pilastro della vostra strategia. A cosa vi siete dovuti adattare a Milano?
Fin dall’inizio del progetto abbiamo iniziato a esplorare l’idea di creare due edifici con cortile, ma in, questo caso, l’edificio con cortile si è evoluto in qualcosa di nuovo. Non è né un grattacielo né un palazzo. È una struttura che crea una transizione tra l’ambiente urbano e il sito di CityLife: il risultato è una nuova tipologia piuttosto unica. Invece di competere con il contesto esistente, il vostro progetto per CityLife vuole completarlo. Cosa significa?
Il portico incornicerà le tre torri nello skyline andando a creare uno spazio pubblico ombreggiato, che collegherà gli edifici e completerà tutta l'area. Proponiamo di costruirlo come una struttura sospesa, con un tetto leggero e sottili colonne che lavorano in tensione per impedirne il sollevamento alla spinta del vento. La struttura funge da portico inverso che confonde il confine tra pubblico e privato, tra interno ed esterno. Stiamo studiando la possibilità di rivestire il tetto di pannelli solari fotovoltaici formando una delle più grandi installazioni solari in Europa.
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Ty Stange
Secondo YES IS MORE, il manifesto dello studio BIG, guardare dietro le quinte, analizzare opportunità, mettere in discussione idee, cercare ispirazioni nel passato, è il vostro modo di creare nuovi progetti. Qual è l’originalità del progetto di CityLife?
ARCHITETTURA
La creazione di modelli è molto importante per voi e il vostro ufficio è un museo della “biodiversità architettonica” pieno di plastici che se non corrispondono a un cliente possono funzionare in un altro contesto. Il portico ideato per CityLife è stato ispirato da uno dei vecchi progetti? Se inizi a tracciare l’origine delle idee che formano un nuovo progetto scoprirai sempre che c’è una quantità sorprendentemente grande di idee diverse, o “geni” che si sono uniti per formare esattamente questo progetto, ma come gli esseri umani, ogni progetto è unico. Ogni progetto ha vincoli e opportunità unici, quindi le idee si evolvono e assumono forme nuove. La nuovissima stazione dei rifiuti di Copenaghen offre una pista da sci ai danesi. Avete mai immaginato di usare il Portico di CityLife per un uso "giocoso"?
Ci piace pensare al Portico di CityLife nel senso opposto. In questo caso il tetto offre un attraente spazio pubblico ombreggiato al di sotto di esso, per eventi culturali, lavoro o svago, consentendo, inoltre, l'installazione di tegole solari per alimentare gli edifici con energia rinnovabile.
Quali sono gli obiettivi o i valori aggiuntivi del progetto di CityLife?
Il progetto ambisce a creare le condizioni perfette per la vita tra gli edifici offrendo una tipologia di spazio di lavoro adatta a raccogliere energia dal sole. La forma costruttiva è il risultato sorprendente del tentativo di seguire queste idee. Quando realizzate una presentazione animata di un progetto vi piace scegliere una colonna sonora. Quale musica scegliereste per il progetto CityLife?
Il progetto ha qualità sia classiche che futuristiche. Forse sceglierei il concerto per pianoforte n. 21 di Mozart. CityLife non è il vostro primo progetto in Italia. Cosa pensate della creatività e del dinamismo italiano?
Siamo entusiasti di lavorare a Milano su un progetto così ambizioso. L’Italia è sempre stata parte integrante di BIG per l’incredibile quantità di talenti nell’architettura. Siamo onorati ed entusiasti di avere ora la possibilità di lavorare su più progetti in Italia. C’è un designer italiano che vi ha ispirato di più?
Pier Luigi Nervi. Trasformerebbe l’ingegneria nella forma d’arte della scultura. Il Museo della Triennale di Milano sta lavorando con voi per allestire la mostra sullo studio BIG con l’obiettivo di mettere in scena i nuovi linguaggi dell’architettura contemporanea. Può raccontarci qualcosa in merito?
Nelle mostre ci piace semplicemente presentare il lavoro in cui siamo coinvolti, gli strumenti e i format che utilizziamo nella vita quotidiana. Modelli fisici, storie di diagrammi, ricerca giornalistica, documenti BIM dettagliati, lezioni, realtà virtuale, modelli, campioni di materiali e modelli di schiuma sono tutti parte integrante della nostra comunicazione ai clienti e al pubblico. Ci stiamo battendo perché la mostra riesca a rispecchiare tutto questo. L'esposizione includerà anche qualche elemento dell’attività più recente, parte di un pensiero più strategico su scala planetaria. Non vediamo l’ora di mostrare questa parte del nostro lavoro. �
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ARCHITETTURA
Un giorno da Direttore Commerciale testi
foto
Mariana De Marco
Simone Sirgiovanni
Un Direttore Commerciale incredibilmente loquace ci racconta come sono andati i primi mesi di commercializzazione del nuovo lotto residenziale di CityLife. Questa volta, dati, numeri e informazioni non mancheranno!
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ARCHITETTURA
I
n questi anni abbiamo seguito il nostro Direttore Commerciale facendoci raccontare tutte le indiscrezioni sul nuovo progetto delle Residenze Libeskind. Abbiamo deciso di trascorrere una giornata con lui mentre finalmente si sono aperte le vendite del nuovo lotto residenziale Libeskind II. Buongiorno Direttore!
Prego, si accomodi. Quale appartamento le interessa? No, Direttore, scusi, non siamo qui per comprare un appartamento, ma per sapere come stanno andando le vendite!
Scusate, ma vedo così tanta gente da andare in confusione! Siamo partiti alla grande. Pensate che le vendite ai family&friends, ai quali abbiamo dato la possibilità di visionare e opzionare l’appartamento desiderato prima della vendita sul mercato immobiliare, ammontano a 72 milioni di euro per 35 appartamenti sui 102 disponibili. Un dato che conferma come il progetto CityLife abbia raggiunto non solo un grande livello di notorietà ma anche di prestigio. Siamo una delle zone più belle e ambite di Milano. Quali sono le aspettative di chi decide di venire a vivere in CityLife?
Quelle di vivere in un contesto moderno, circondato dal verde e sicuro. Le nuove residenze firmate da Libeskind avranno degli affacci stupendi sul parco, piazza Giulio Cesare e le tre Torri che sono ormai uno tra i luoghi più visitati e noti della città. Inoltre saranno le ultime residenze che andremo a realizzare e completeranno, assieme al nuovo progetto firmato dallo studio danese BIG, il progetto di riqualificazione della ex Fiera Campionaria. Direttore non ci aspettavamo così tante novità.
Sì, il grande interesse intorno al progetto delle nuove residenze Libeskind dimostra come sia stato fatto negli anni un ottimo lavoro da parte di tutto il team di CityLife. Dal 10 febbraio abbiamo aperto le vendite al pubblico con ottimi riscontri. La vivibilità dei terrazzi, la luminosità e l’ampiezza degli spazi e il contesto sono sicuramente le caratteristiche maggiormente apprezzate dai nostri clienti. A supporto delle vendite abbiamo, inoltre, allestito una bellissima sala campione dove i nostri clienti potranno essere consigliati dal nostro team di architetti nella scelta delle varie finiture. Può sbilanciarsi e raccontarci qualche aneddoto divertente sulle vendite?
La discrezione è parte fondamentale del mio ruolo! Vi posso solo dire che all’apertura delle vendite ai family&friends c’è stata una sorta di “corsa” all’acquisto. Tra le 9.00 e le 10.30 abbiamo opzionato ben 21 appartamenti per un totale di 45 milioni di euro. Ops, scusate il tempo a vostra disposizione è terminato! Devo incontrare un altro cliente e si sa che il cliente ha sempre la priorità. Ci riaggiorniamo sul prossimo numero del magazine.
La sala campione allestita con le possibili soluzioni per l'arredamento degli appartamenti.
Parola di Direttore Commerciale! La lasciamo al suo appuntamento. Grazie, a presto! �
Scorci di un attico Libeskind che mostrano alcune delle moltissime finiture opzionabili.
CITYLIFE MAG › 13
ARCHITETTURA
Quattro passi nel quartiere Piero Portaluppi testi
foto
Michela Moro
Simone Sirgiovanni
Piero Portaluppi, l’architetto professore, ha messo mano quasi ovunque a Milano. Gli si devono i palazzi più emblematici del centro città. Al rigore della sua architettura contrappone una grande generosità di dettagli, decori e colori.
Fondazione Piero Portaluppi
Museo del Novecento in Piazza del Duomo
Sagrato di Piazza del Duomo
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Piero Portaluppi
ARCHITETTURA
P
Facoltà di architettura del Politecnico di Milano in via Ampére 2
Scienza e della Tecnica (1947-1953) la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano (1953-1963), e il Planetario (1929-1930), donato alla città dall’editore Hoepli, in cui accanto alle soluzioni tecniche Portaluppi non rinuncia all’ironia che lo ha sempre contraddistinto decorando gli interni di costellazioni argentee. Sempre sue creazioni sono la Statale, cioè il restauro dell’Ospedale Maggiore a sede dell’Università degli Studi, la ricostruzione della Pinacoteca di Brera, i restauri della Chiesa di Santa Maria delle Grazie e l’Albergo Diurno Venezia in piazza Oberdan, riemerso recentemente alla luce grazie alla Fondazione Trussardi. Anche nell’albergo ipogeo si ritrova il gusto eclettico dell’architetto, che al rigore e alla severità delle architetture contrappone una visione ricca e sontuosa degli interni, creata con i colori dei mille marmi, gli ottoni, i vetri e le boiserie decorate. Grande esempio ne è la Casa Corbellini-Wasserman, (1934-1936) sede della Galleria Massimo De Carlo, edificio ritenuto all’epoca di tipo abitativo medio, ma con rifiniture lette oggi come di grande raffinatezza; sinfonia di marmi, la palazzina è corredata da una scala elicoidale esterna, quasi una scultura che emerge dal giardino privato. Per l’alta borghesia industriale, Portaluppi progetta Villa Necchi Campiglio, bene del FAI aperto al pubblico, che fa sognare di vite rarefatte e beneducate, di personale che si sposta silenzioso nei saloni, sale il grande scalone per arrivare agli appartamenti padronali sobri ma originali,
Banca Commerciale Italiana in Piazza della Scala
Palazzo INA in Piazza Diaz
secondo quella visione di opera d’arte totale dell’architetto, che disegna anche cinema, piscina e campo da tennis. Partendo da CityLife la passeggiata Portaluppi include alcuni degli esempi più classici e privati: la Casa d’appartamenti Portaluppi, in via Morozzo della Rocca 5, la Casa degli Atellani, in corso Magenta 65, ancor oggi abitata da parte della famiglia, e il gruppo di edifici tra via Ansperto e via Santa Valeria. Casa Portaluppi contrappone alla facciata regolare in granito un ingresso in totale marmo verde, e lo studio di Portaluppi, sede della Fondazione, è riconoscibile per l’ironica casetta - logo di Portaluppi - che sovrasta l’ingresso e l’invitante scritta “Avanti” in ottone sul campanello, mentre alle scale verdi fanno da contraltare le pareti bianche a righe nere; le finestre a oblò sono riprese in piccolo sulla porta di legno dell’ascensore. La ristrutturazione di Casa degli Atellani, comincia nel 1919 e prosegue dopo la Seconda guerra mondiale producendo un fantastico connubio tra diversi stili storici che inizia nei due cortili, uno quattrocentesco e uno del primo cinquecento, fino agli interni che includono il Settecento e l’Art Déco, per aprirsi sulla prospettiva del giardino. Poco lontano tra due piccole strade si vedono la Sede per la Società Filatura Cascami Seta, in via Santa Valeria, e la Sede del Linificio e Canapificio Nazionale, in via Ansperto 5, dove osservando con occhio attento ritroviamo parte della nostra storia dell’architettura. Ah, ultimo ma non ultimo: chi non è passato almeno una volta sotto l’altissimo arco del Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto (1926-1930) tra corso Venezia e via Salvini? �
Fondazione Piero Portaluppi
iero Portaluppi (Milano 1888-1967) è una figura imprescindibile nel panorama dell’architettura, specialmente lombarda. Il suo nome è forse poco noto a un pubblico vasto, ma i suoi interventi hanno segnato la città definendo quello stile milanese che tuttora ne caratterizza molte parti. Oggi i suoi progetti più noti sono Villa Necchi Campiglio e Casa degli Atellani, ma in realtà molti altri hanno avuto una grande influenza per la capillarità della distribuzione nel centro cittadino e la longevità dell’architetto, attivo per oltre cinquant’anni anche come Preside della Facoltà di Architettura, e già nel 1926 vincitore del concorso per il nuovo Piano Regolatore di Milano con Marco Semenza. Chi si sposta nel centro di Milano fa sempre, senza saperlo, una “passeggiata Portaluppi”: la mano dell’architetto è centrale, presente fin da piazza del Duomo, di cui Portaluppi ha disegnato il Sagrato tra il 1926 e il 1929. Sulla piazza si affaccia l’Arengario, che contiene l’odierno Museo del Novecento, progetto del 1937-1942, terminato nel 1956, in collaborazione con Enrico Agostino Griffini, Pier Giulio Magistretti, Giovanni Muzio. In piazza Diaz, il Palazzo dell’INA, sempre degli anni Trenta, occupa l’intero lato destro, creando un fronte monumentale in armonia con piazza del Duomo. Sono edifici severi e imponenti che riflettono la cultura curiosa di Portaluppi, abilissimo nell’intrecciare tradizione e nuove istanze. Lo stesso stile si riflette in piazza della Scala, su cui troneggia il Palazzo della Banca Commerciale Italiana, oggi sede delle Gallerie d’Italia, per continuare in corso Matteotti, che si irradia da piazza Meda con i lunghi portici di Palazzo Crespi. Portaluppi è parte fondante della cultura milanese: ha firmato il Museo della
Progetto di Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto
CITYLIFE MAG › 15
SOSTENIBILITÀ
In corsa nel futuro testi Emanuela Brumana
Milano sta cambiando volto. Lo dimostra il successo di CityLife, che fa di sostenibilità e attenzione all'impatto energetico le sue bandiere. E lo dicono i dati, che raccontano di una città sempre più smart. In questa cornice si inserisce un’ulteriore novità: Porsche arriva in CityLife, fregiata dal lancio del suo primo modello elettrico.
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SOSTENIBILITÀ
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econdo la ricerca ICity Rank 2019, Milano si conferma per il sesto anno consecutivo come la città più smart d’Italia: ottimi i voti per quanto riguarda gli indici di solidità economica e la mobilità sostenibile (intesa come servizio pubblico e possibilità di car sharing), mentre dal punto di vista della tutela ambientale il capoluogo lombardo ha ancora da lavorare, ma anche sotto questo aspetto le cose stanno cambiando. Sicuramente, la rivoluzione attuata da CityLife in ambito di sostenibilità e tutela del verde ha cambiato radicalmente il volto di Milano: il distretto sorto sul sito dell’ex fiera è l’area pedonale più vasta della città e una delle più grandi d’Europa, questo anche grazie alla scelta di realizzare una rete di viabilità interrata e di favorire lo sviluppo verticale delle costruzioni. CityLife guarda poi al futuro della mobilità, andando a incentivare e ad accogliere chi raggiunge il distretto usando un’automobile elettrica: nell’ampio parcheggio sono infatti disponibili posteggi riservati e le colonnine per la ricarica delle vetture. Proprio parlando di automobili elettriche, sono stati diffusi altri dati che ci fanno guardare con fiducia alla svolta green che già caratterizza il futuro di Milano: qui, così come in tutta Italia, a fronte di un mercato dell’auto in decrescita anche causa Covid, le immatricolazioni di automobili elettriche registrano un bel segno più. Ormai questi veicoli di cui solo qualche anno fa ci si limitava a parlare immaginando un futuro sostenibile ma comunque lontano, sfrecciano sulle nostre strade e la tecnologia fa in questo senso passi da gigante. I primi modelli apparsi sul mercato erano un chiaro segno di rottura rispetto a un passato in cui la mobilità sembrava legata ai combustibili, e forse anche per questo privilegiavano la ricerca all’estetica; le nuove automobili elettriche invece uniscono le più moderne tecnologie a un design sempre più ricercato. Così, prestazioni elevate in termini di autonomia della batteria e tempi di percorrenza vanno a braccetto con quei comfort e quelle linee che da anni seducono gli amanti delle quattro ruote. E ormai l’egemonia di Tesla - azienda americana che anche i non appassionati hanno imparato a conoscere perché fra le prime a sviluppare automobili elettriche - sta via via svanendo, lasciando il posto anche ad altri nomi che sono da sempre sinonimo di vetture di fascia alta. Tra le automobili elettriche lanciate nel 2020, anno che per ricchezza e spettacolarità dei modelli sembra aprire una nuova era nel mondo delle quattro ruote, spicca la Porsche Taycan, lanciata in anteprima mondiale in Nord America, Cina ed Europa, paesi scelti non solo per gli importanti volumi di vendita del marchio, ma anche perché accomunati dall’attenzione alla gestione energetica sostenibile. «La Taycan ricollega la nostra tradizione automobilistica con il futuro, portando avanti la storia ricca di successi del nostro marchio, un marchio che da oltre 70 anni affascina ed emoziona le persone di tutto il mondo» ha dichiarato Oliver Blume, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Porsche AG. Porsche si presenta così sul mercato dell’auto elettrica con un modello che non delude dal punto di vista delle performance ma che non dimentica il lato estetico, con dettagli curati come il nuovo logo a effetto vetro. Segno che il settore della mobilità a zero emissioni sta incuriosendo e appassionando sempre più persone, aspetto decisamente positivo nella corsa verso un futuro più green e smart. �
SMART CITY: DI CHE COSA STIAMO PARLANDO? Ormai si sente sempre più spesso parlare di Smart City, ma quale realtà si nasconde sotto questa etichetta? Ai non avvezzi, la mente corre subito a città futuristiche, in cui tutto è affidato al controllo delle macchine, dei droni, dei computer. Ecco, la fantasia non è molto distante dalla realtà, ma la direzione che si vuole dare alle Smart Cities punta alla semplificazione della vita e all’ecosostenibilità. La rivoluzione digitale applicata alla gestione delle città può aprire scenari davvero rivoluzionari: si possono studiare soluzioni di mobilità intelligente volte a diminuire costi, emissioni e sprechi; si va a ricercare una forma di economia circolare, in cui partecipazione e condivisione siano i pilastri della crescita; si garantiscono salute e benessere, facendo leva su aspetti quali la sicurezza e la cultura. Ma perché lavorare su questa rivoluzione urbana? La risposta arriva da una ricerca Eurostat che ci dice che, a oggi, il 75% della popolazione europea vive in città, e il dato crescerà nel tempo, anche a livello mondiale, arrivando a una popolazione urbanizzata su scala globale pari al 70%. Ecco spiegato come mai è importante sviluppare modelli sostenibili e salutari di città, andando a toccare ogni sfera di quel che significa vivere in una metropoli, senza tralasciare la sostenibilità della vita e l’impatto ambientale.
Entro il 2022, l’investimento di Porsche nell’elettro-mobilità sarà di oltre sei miliardi di euro. I primi modelli della nuova serie sono la Taycan Turbo S e la Taycan Turbo.
PORSCHE ARRIVA IN CITYLIFE Dimentichiamo l’idea di concessionaria: il nuovo concept store Porsche@CityLife si presenta come un luogo rivoluzionario, dalla forte connotazione tecnologica ed esperienziale. «Sempre più spesso i nostri clienti entrano in contatto con il nostro marchio attraverso il web. Porsche@CityLife combina fisico e digitale» spiega Pietro Innocenti, AD di Porsche Italia: il nuovo negozio di CityLife, infatti, sarà visitabile anche da remoto attraverso il sito porschecitylife.it, mentre in loco i maxischermi racconteranno la storia del brand e le caratteristiche dei suoi modelli iconici. In questo nuovo spazio in CityLife, i curiosi potranno poi ammirare la Taycan, scoprendo le sue rivoluzionarie prestazioni, partendo dal tempo necessario per portare la batteria a una carica dal 5 all’80% (22,5 minuti) fino all’autonomia, che per la Taycan Turbo S è di 412 chilometri, mentre per la Taycan Turbo è di 450 chilometri.
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ARTE
Relazioni e connessioni testi Michela Moro
Wilfredo Prieto, Beso, 2015 - Courtesy ArtLine Milano - Photo Alberto Fanelli
L’autore di Beso, che con le sue opere evocative ci insegna a guardare il reale con occhi diversi, ci racconta la sua visione dell’arte e del progetto per ArtLine Milano a CityLife.
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ARTE
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ilfredo Prieto, ispirato dalla quotidianità, a CityLife presenta Beso con lo scopo di reinterpretare uno spazio ricreativo e di passaggio come il giardino; il bacio, Beso appunto, è uno dei riflessi della vita sociale degli esseri umani. Il lavoro attiva una relazione poetica con il contesto, grazie alla coesistenza tra l’opera d’arte e la realtà in cui è collocata, il parco pubblico.
Un’opera d’arte pubblica è sempre un progetto di grande responsabilità. In questo caso qual è stato il tuo punto di vista iniziale?
Come si confronta il tuo lavoro con una delle più ampie trasformazioni urbanistiche di Milano, quella di CityLife?
Il mio primo pensiero quando ho presentato il progetto era legato alla realizzazione di un pezzo che doveva avere un ruolo nel giardino stesso. L’opera d’arte è stata concepita per un’installazione nel nuovo grande parco della città, in collegamento con la storia dell’arte e con la tradizione del giardino all’italiana. Usando la roccia come unico materiale, Beso entra a far parte della gerarchizzazione e dell’organicità di questo giardino, crea un dialogo tra il passante che viene coinvolto in un ambiente naturale con un materiale puro e comune, come la roccia. Qual è la tua impressione sul parco CityLife?
Ho visitato il sito molte volte a causa dei requisiti tecnici dell’opera. Penso che l’idea curatoriale di intervenire in un ambiente urbano come questo con l’arte contemporanea qualificherà davvero l’ambiente, sia per chi vive quotidianamente il parco sia per il visitatore straniero. Come si relaziona l’opera con lo spazio circostante, e che genere di relazione ti aspetti che si crei tra il pubblico e la tua opera?
La vita dell’opera prende nuove direzioni una volta esposta e questo dipende molto dall’interazione con lo spettatore. È qualcosa che sfugge dalla mia proiezione, non faccio mai previsioni sul rapporto tra l’opera d’arte e il pubblico. Quando il lavoro si allontana dal museo o dalla galleria prende un percorso più diretto e molto interattivo; in qualche modo diventa parte, più da vicino, della vita quotidiana.
Studi e modelli di Beso, l’opera di Wilfredo Prieto per CityLife.
Una delle caratteristiche della tua poetica sono i materiali di uso comune e la selezione di oggetti di qualità diverse. Come mai la scelta di un materiale omogeneo come la pietra per Beso?
I materiali sono scelti in relazione all’idea di base di ciascuna opera. Di solito cerco di trovare il materiale più preciso e puro possibile. Quest’opera d’arte ha una relazione diretta con l’accidentale-naturale assicurando un collegamento diretto con il “trovato”. Le tue opere d’arte ci insegnano a guardare il mondo in una prospettiva diversa. Quanto peso hanno, in questo, le dimensioni delle tue opere?
Direi molto. Beso è composto da due rocce a grandezza naturale provenienti da Carisolo, in Val Rendena, un comune della provincia di Trento, sulle Dolomiti non lontano da Madonna di Campiglio. La dimensione è considerevole, tenendo conto del rapporto con l’ambiente e con il pubblico passante. Che rapporto hai con Milano, dove hai già esposto, ad esempio all’Hangar Bicocca? Ho un rapporto molto stretto con Milano. Qui ho partecipato a diverse mostre collettive, al PAC e in altri luoghi, ma ovviamente la mostra “Equilibrando la curva” all’Hangar Bicocca (2012), è stata una sfida che mi ha anche fatto capire in maniera più profonda la città.
Pensi che l’artista oggi sia ancora in grado di incidere sulla realtà? In tempi di artisti/architetti, artisti/ designer, esiste ancora l’artista per sé?
Ovviamente. In caso contrario, per quale motivo saremmo artisti? Personalmente non so nulla di architettura o design, ma mi piacerebbe saperne di più. È importante che l’arte prenda spunto da tutti i settori e credo che l’autonomia dell’arte stia proprio nella sua capacità di assorbire tutto. �
A. Enzaldo
La cosa più importante è stato comunicare il criterio e le idee della mia etica personale basata sull’esperienza, usando il linguaggio dell’arte secondo un contesto specifico e il tempo e l’ambiente in cui siamo. Un’opera d’arte pubblica necessita della stessa responsabilità che metto nel resto del mio lavoro.
Wilfredo Prieto Il cubano Wilfredo Prieto è nato nel 1978 a Sancti Spiritus, si è formato a L’Havana e come tutti gli artisti internazionali di successo ha esposto ovunque, dal Canada al Giappone, passando più volte per l’Italia. L’intento del suo lavoro è creare nuove metafore visive, suggerite spesso dai titoli delle opere stesse, e generare cortocircuiti che aumentino la consapevolezza degli osservatori sulla complessità della realtà, decontestualizzando oggetti ordinari e familiari per caricarli di nuovi significati. L’artista così rivaluta gli oggetti, modificando anche l’orientamento dello sguardo del fruitore, sempre con una forte componente ironica; molti dei suoi lavori sono pensati per spazi pubblici.
Per info su ArtLine consultate www.artlinemilano.it e @artlinemilano
CITYLIFE MAG › 19
ARTE
Due gallerie milanesi Monica De Cardenas e Otto Zoo testi Michela Moro
Due galleriste appassionate, due storie che s’incrociano nelle scelte di luoghi non convenzionali della città e nell’attenzione all’arte contemporanea.
Photo: Ugo Dalla Porta
Photo: Andrea Rossetti
Stephan Balkenhol, Courtesy Monica De Cardenas, Milano
Meris Angioletti, Forme-pensiero, installation view at Otto Zoo
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OTTO ZOO
La galleria è stata fondata da Monica De Cardenas a Milano nel 1992. Sin dall’inizio ha lavorato con artisti diventati negli anni importanti nomi nel panorama dell’arte contemporanea: Stephan Balkenhol, Chantal Joffe, Craigie Horsfield, Alex Katz e Markus Raetz, tutti rappresentati in Italia dalla galleria. Negli anni sono stati introdotti numerosi artisti. Nel dicembre 2006 è stato inaugurato un nuovo spazio espositivo a Zuoz, un villaggio in Engadina vicino a St. Moritz. La galleria è situata all’interno di una casa engadinese del quindicesimo secolo.
Otto Zoo nasce nel 2008. Dopo una breve incursione nel campo della fotografia, soprattutto con Lillian Bassman e Bharat Sikka, il programma della galleria si è indirizzato verso tutte le espressioni dell’arte contemporanea, presentando il lavoro di artisti italiani e internazionali, giovanissimi, alle prime armi, ed emergenti tra cui: Maria Morganti, Jani Ruscica, Jacin Giordano, Giulio Squillacciotti, Serena Vestrucci, Ala Dehghan, Marjolijn De Wit, Tiziano Martini, Sebastiano Mauri.
Quali sono le prossime mostre previste? Dal 3 giugno è in corso la mostra dell’artista israeliano Gideon Rubin che durerà fino al 10 ottobre, è la prima personale dell’artista in Italia.
Monica De Cardenas
Come mai hai scelto di tenere Milano come “prima casa”, pur mantenendo una base molto attiva in Engadina? Anzitutto amo Milano... e la galleria in Engadina è stagionale, nel senso che è aperta solo d’inverno e d’estate, mentre qui siamo aperti tutto l’anno. È importante essere presenti in una grande città, in modo che oltre ai collezionisti possano venire anche i giovani, gli appassionati, i critici d’arte, i curatori. Con l’arte contemporanea ci si rivolge a un pubblico ampio cercando dialogo e discussione. La presenza delle gallerie è un po’ a zone nella città, e Milano non è vastissima, perché avevi scelto questa location? Ho scelto questa zona quando ho aperto la mia galleria nel 1992 perché mi sembrava vitale e in crescita, era considerata quasi periferia, ma era comunque molto vicina al centro. In Corso Como passavano ancora le automobili in ambo i sensi, c’erano principalmente negozi di alimentari e un mercato coperto. La galleria all’inizio era nel mio appartamento, tra due cortili molto verdi. Agli artisti piaceva questa dimensione domestica, per cui s’installava la mostra e intanto magari si cucinava; apprezzavano la zona, i negozi semplici, le trattorie alla buona. Dopo qualche anno ho trovato un altro appartamento in zona, mi sono trasferita e la galleria è diventata una vera galleria a tutti gli effetti.
Quali sono le prossime mostre previste?
La programmazione causa Covid o post Covid, ha subito delle inevitabili variazioni. Le mostre istituzionali in programma sono state rimandate e noi abbiamo dovuto rivedere il nostro programma interno. Fino alla fine dell'anno, quindi, organizzeremo mostre collettive a tema con le opere del nostro archivio. Si inizia quindi con Racconti d'Archivio #1 dedicata al tema dell'accumulazione e catalogazione dei materiali e oggetti che vengono raccolti nello studio di un artista con opere di: Nikita Alexeev, Meris Angioletti, Franco Arocha, Stefano Comensoli e Nicolò Colciago, Ala Dehghan, Jacin Giordano, Marco Giordano, Maria Morganti, Jani Ruscica, Serena Vestrucci. Nel frattempo stiamo potenziando la nostra presenza su alcune piattaforme tecnologiche internazionali. La presenza delle gallerie a Milano è un po’ a zone e non è vastissima, perché avevi scelto questo quartiere? Lo spazio appartiene alla storia della mia famiglia: mia sorella e mio cognato, Marisa e Roberto Monti, erano i proprietari del marchio di moda Piazza Sempione (venduto nel 2006), e nei primi anni Novanta hanno scelto via Vigevano come sede per lo show-room delle collezioni. A poco a poco vi hanno trasferito tutte le attività dell’azienda, ramificandosi nella via e contribuendo al suo sviluppo attuale. Lo spazio della galleria era il primissimo magazzino dei tessuti. CityLife è una realtà che sta mutando la città insieme a tutta la nuova area progettata dagli archistar. Cosa pensi della nuova vita di Milano? E del museo a cielo aperto con opere site specific di artisti giovani e meno giovani? CityLife mi piace perché non assomiglia a niente che esisteva già a Milano; da milanese sono stupita e grata dei cambiamenti che ci sono stati in questi ultimi cinque anni nella città. Sembra quasi un altro luogo, anche con spazi dedicati all'arte pubblica: spero che questo avvicini sempre più gente all’arte contemporanea, che ne ha tanto bisogno.
CityLife è una realtà che sta mutando la città insieme con tutta la nuova area progettata dagli archistar. Cosa pensi della nuova vita di Milano? E del museo a cielo aperto con opere site specific di artisti giovani e meno giovani? Trovo geniale dal punto di vista urbanistico aver realizzato una zona pedonale che passa sopra alle grandi arterie di traffico, così si sono creati spazi nuovi, la possibilità di passeggiare e muoversi a piedi, e quindi anche vedere e apprezzare le opere d’arte. Tutta questa architettura e arte, specialmente l’arte pubblica, è una novità per il grande pubblico, come viene assorbita? Per questo ci vorrà un po’ di tempo, molti vanno di fretta e non la percepiscono. Altri vengono apposta e la apprezzano. Così in città convivono tante modalità diverse. �
Photo: Filippo Bamberghi
MONICA DE CARDENAS
Otto Zoo
Monica De Cardenas, photo by Filippo Bamberghi – Barbara Probst, autunno 2019, courtesy Monica De Cardenas – Otto zoo, photo by Francesca Guerrizio – Stefano Comensoli e Nicolò Colciago, Lì dove nascono le forme del vento, courrtesy Otto Zoo, photo by Luca Vianello
ARTE
Per rimanere aggiornati sulle mostre e i programmi di queste due gallerie, potete visitare il loro sito internet. Galleria Monica De Cardenas www.monicadecardenas.com Galleria Otto Zoo www.ottozoo.com
Tutta questa architettura e arte, specialmente l’arte pubblica, è una novità per il grande pubblico, come viene assorbita?
Credo che faccia parte del normale sviluppo di una città, basta viaggiare in Europa, e non solo a Londra, Parigi e Berlino per rendersene conto. Milano è arrivata tardi, ma finalmente c’è arrivata e secondo me in una maniera unica e originale. �
CITYLIFE MAG › 21
DESIGN
Chanel N°5
Un secolo di seduzione e gelsomini testi Katia D'Addona
Serigrafia di Andy Warhol. Chanel ne acquistò i diritti per la campagna pubblicitaria del 1997
Marilyn Monroe all’Ambassador Hotel (1954) in uno scatto di Ed Feingersh. Spot Chanel 1955
Design minimal e petali della Costa Azzura: il successo del profumo di Mademoiselle Coco a cento anni dal suo arrivo nei beauty-case e tra le icone della moda femminile
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DESIGN
U
na scia sensuale e impalpabile avvolge il passo delle donne, dagli Stati Uniti al Giappone, da quasi cento anni. Proviene dall’esclusivo bouquet floreale del leggendario Chanel Numero 5, una delle fragranze più amate al mondo e il profumo più venduto nella storia con circa 80 milioni di flaconi acquistati al ritmo di uno ogni 55 secondi. Rose di maggio, vetiver di Haiti, Ylang-ylang, legno di sandalo, fiori d’arancio, olio essenziale di Neroli, fava Tonka del Brasile: oltre 80 essenze raccontano da decenni il carattere e il mistero della femminilità, com’era nell’intento della sua creatrice, Coco. «Voglio un profumo da donna che sappia di donna» dichiarò nel 1920 la stilista a Ernest Beaux, profumiere degli zar, al quale affidò la preparazione della nuova fragranza. Contagiata dalla sperimentazione futurista che all’inizio degli anni Venti soffiava ormai in ogni campo dell’arte, Chanel volle costruire qualcosa di innovativo anche nel mondo della profumeria, e regalare allo stile della donna un’ulteriore rivoluzione estetica, che stava già portando avanti nella moda. Per trovare ispirazione Ernest Beaux si spinse fino al Circolo Polare Artico dove l’aria dei laghi sotto il sole di mezzanotte gli suggerì l’idea di una fragranza composita ed eterogenea, in contrasto con le essenze monotematiche che circolavano all’epoca. Secondo l’aneddoto più diffuso, Chanel scelse il quinto dei dieci campioncini preparati da Beaux. E da lì il suo nome essenziale, “numero 5”, anch’esso in controtendenza rispetto alle pompose denominazioni allora in uso per i profumi. Un minimalismo che si estende al design della bottiglia: al posto delle tradizionali e appariscenti confezioni in cristallo Lalique o Baccarat, Chanel Numero 5 fu custodito in una bottiglietta di vetro da farmacia, con un tappo in vetro tagliato seguendo la geometria di Place Vendôme e il logo della doppia “C” inciso sulla sommità. Era il 5 maggio 1921, quando i flaconcini dello Chanel Numero 5 entrarono nella boutique parigina di rue de Cambon. La scelta della data non fu casuale, come dichiarò la stessa Chanel: «Lancerò la nuova collezione il 5 maggio, il quinto mese dell’anno, lascerò che questo numero gli porti fortuna». E in effetti, il successo non tardò ad arrivare. Beaux era riuscito a condensare in una fragranza quell’idea di donna indipendente promossa da Chanel, capace di lasciare un segno discreto e indelebile in ogni ambiente che attraversava. Per la prima volta vennero introdotte delle aldeidi in un profumo, permettendogli così di durare più a lungo e di accentuare l’allure di mistero dovuta alla delicata sovrapposizione di note morbide e cipriate. Su tutte dominano la rosa di Maggio e il gelsomino di Grasse, fiore coltivato da cinque generazioni dalla famiglia Mul sulle colline della Costa Azzurra, a nord di Cannes. Tuttora il 90 per cento della produzione dei gelsomini di Grasse viene destinato alla preparazione dello Chanel numero 5. Fu proprio in Costa Azzura che Coco volle sperimentare per la prima volta l’effetto che il suo profumo avrebbe fatto. Invitò degli amici in un ristorante di lusso e spruzzò alcune gocce intorno al tavolo. Ogni donna di passaggio si
Catherine Deneuve posa per Richard Avedon, 1972
Nicole Kidman ripresa dal fotografo Baz Luhrmann, 2005
Gisele Bündchen fotografata da Baz Luhrmann, 2014
Lily-Rose Depp per Jean Paul Goude, 2019
fermò per chiedere che profumo fosse e da dove venisse. Per Chanel fu la prova del suo successo. Eppure nei primi anni, dal 1921 al 1924, la fama della fragranza fu affidata al semplice passaparola. La prima stampa pubblicitaria uscì dalla matita di Sem (pseudonimo di Georges Goursat) che, dopo aver dedicato a Coco alcune caricature sui giornali, nel 1923 pubblicò una vignetta satirica che ritraeva la stilista nel suo atelier, un quadretto racchiuso nel profilo del flacone di No. 5. Solo più tardi, nel 1934, arrivò la prima vera pubblicità sui giornali e uscì sul New York Times a nome del centro commerciale Bonwit Teller, avente allora sede sulla lussuosa Quinta Strada. La svolta pubblicitaria si ebbe solo negli anni Cinquanta, quando, nel corso di un’intervista rilasciata a MarieClaire, Marilyn Monroe ammise candidamente: «Cosa indosso a letto? Solo due gocce
di Chanel Numero 5». Questa frase fu ripresa dalla locandina pubblicitaria del profumo nel 1955, corredata da una foto dell’attrice americana scattata nello stesso anno da Ed Feingersh. Da allora in poi il profumo fu associato al volto di diverse celebrità come Catherine Deneuve, Nicole Kidman, Audrey Tautou e, al di qua dell’obiettivo, allo sguardo di noti registi hollywoodiani: da Helmut Newton a Ridley Scott. La più recente, Lily-Rose Depp, già musa di Karl Lagerfeld, ha prestato il suo volto per L’Eau de Toilette dello Chanel numero 5. Una versione più fresca e giovanile creata dal nuovo naso della maison francese, Olivier Polge che, come i suoi predecessori, segue il proposito di Mademoiselle Chanel di: «riscrivere il carattere eterno e misterioso della seduzione per la donna contemporanea». �
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DESIGN
Il gioco di abitare
in una Milano tra passato e futuro
testi
foto
Emanuela Brumana
Gisel Romero
Uno scrigno di rovere, rivestito con carta da parati in nuance delicate, in totale accordo con l’allure dei padroni di casa e dell’architetto che ha seguito i lavori. Viaggio in un appartamento delle residenze Hadid.
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DESIGN
C
ontrasti delicati, pattern che arricchiscono gli ambienti, finiture calde: questi gli elementi su cui hanno puntato l’architetto Valentina Ronzoni e i proporietari di casa per dar forma alla loro idea di accoglienza. Una collaborazione che nasce con un progetto realizzato anni fa e continua, fondandosi su un gusto comune e una sintonia che è cresciuta nel tempo. «Mi hanno chiesto di intervenire su questa casa, abbiamo rivisto la distribuzione degli spazi in modo che si prestasse al meglio a servire le loro esigenze» spiega l’architetto Ronzoni. Appena entrati nell'appartamento, si percepisce che la componente giocosa è preponderante: molti sono gli effetti sorpresa, le chicche e i rimandi che sono stati disseminati negli ambienti. Primo fra tutti, l’oblò che proietta verso la zona living e lascia intuire il grande protagonista della parete che, appunto, separa ingresso e soggiorno: l’acquario incastonato in un’armadiatura in rovere appositamente disegnata. «È stata una richiesta del padrone di casa» racconta l’architetto Ronzoni. «Ho studiato un modo per inglobarlo nell’arredamento, per trasformarlo in un elemento in grado di dare personalità all’ambiente, senza rubare la scena. E l’idea dell’oblò è un bel gioco, oltre che sottolineare un altro elemento caratteristico di questa abitazione: l’elemento curvo, tondo.» �
Riprende la forma tonda il lampadario di Mooi, posto sopra il tavolo. Una sfera geometrica e luminosa, una scultura di luce che arricchisce lo spazio.
BELLEZZA E RICORDI Accendono il salotto, con le loro tinte forti, i due quadri di Bob Money, artista contemporaneo, realizzati appositamente per i proprietari di casa dopo aver visionato il loro amato acquario. Le altre opere scultoree che si possono ammirare nell’abitazione sono invece opere d’arte dal grande valore affettivo: l’artista che le ha realizzate è Giò Locatelli, padre del padrone di casa. Particolarmente interessante è la scelta di posizionare la ballerina in legno all’esterno, come colta in uno slancio di danza sul balcone vista Padiglione 3.
All’esterno, un tavolo proveniente dalla Sicilia, fatto in pietra lavica smaltata con illustrazioni dell'Orlando Furioso.
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Infatti, entrando nella zona living si nota subito come le linee morbide e circolari tipiche degli edifici Hadid siano state riprese anche negli interni: il tavolo è circolare, il lampadario è una sfera e non si può non notare il pilastro grezzo, elemento strutturale che architetto e padroni di casa hanno deciso di nobilitare. «La tendenza è quella di nasconderli camuffandoli, inglobandoli o intonacandoli nonostante siano necessari, con una funzione fondamentale che li rende preziosi in se stessi, per questo lo abbiamo spogliato e messo in primo piano, così com’è, in cemento grezzo» e sempre per il gioco di rimandi che sorregge la costruzione di questo arredamento, il cemento è il materiale in cui è stato fatto realizzare il tavolo poco distante. «Nella progettazione cerco sempre di osservare il contesto in cui sono, di prenderne spunto; non è sempre facile, ma una riflessione di questo tipo per me è doverosa»: con queste parole l’architetto Ronzoni svela il forte legame che c’è fra il progetto e Milano. «Progettare queste case è una sfida: siamo a Milano, una città con una storia architettonica molto importante, con cui confrontarsi, soprattutto nella ricerca di un dialogo con edifici così contemporanei ed estranei alla cultura cittadina». Si sono scelti materiali e colori neutri ma mai banali, toni delicati che però fanno sentire la loro personalità, lavorando molto anche sulla luce diffusa, che entra gentile per via dell’esposizione a nord della zona giorno: per valorizzarla si è scelto di usare il rovere come legno per il parquet, e poi colori sobri, mai aggressivi, rubati alle palette nordiche in abbinamento con geometrie che rimandano al Sol Levante. Una casa che è come Milano: affonda le radici nella storia, ma si apre all’internazionalità. E proprio in omaggio a Milano è stata scelta la carta da parati per lo studio, decorata con i pesci di Fornasetti. Dalla zona living, si accede poi alla cucina, l’unico ambiente scelto prima dell’inizio della collaborazione, ma che per toni e materiali si inscrive con coerenza nel progetto. �
L'immagine della pagina accanto mostra un'altra inaspettata sorpresa che l'abitazione regala. In un angolo del salotto, quello che sembra un normale armadio è in realtà un mobile bar. «Mi sono ispirata a Osvaldo Borsani: durante una visita con il FAI alla sua villa in Brianza ho potuto ammirare il suo bar a sorpresa e mi sono detta: “Perché no?”» spiega l’architetto Ronzoni. Particolarmente divertente è la scritta luminosa “BAR” che affiora sul legno, ottenuta dalla sovrapposizione di plexiglas retroilluminato e una sottilissima lamina di legno.
NON SOLO CONTEMPORANEO A riempire l’ambiente non ci sono solo mobili disegnati ad hoc o elementi iconici del design contemporaneo (come la lampada Arco): ci sono alcuni elementi di arredo con una storia, che la coppia ha portato con sé da abitazioni precedenti. Il fratino di inizio Ottocento dello studio, il comò Napoleone III nell’ingresso e il tappeto persiano sono elementi in rottura con il resto dell’arredamento ma che hanno trovato una loro collazione coerente, che trova esaltazione proprio nella loro unicità. «È stato bello anche per me avere questi vincoli in fase di progettazione, sapere di avere questi pezzi da collocare nel nuovo spazio» ci racconta l’architetto.
Superfici che richiamano il cemento e le venature del legno: anche i materiali della cucina dialogano con il resto della casa.
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Accedere alla zona notte significa entrare in un altro mondo ancora, sempre coerente per toni e decori con la zona giorno, ma con un guizzo di poesia in più. Il disimpegno è completamente rivestito con una carta da parati azzurra, decorata con un semplice pattern fatto di piccole pennellate bianche. La scelta di usare porte a filo-muro e rivestire anch’esse crea un ambiente coeso e avvolgente, dà personalità a una zona spesso dimenticata. L’accesso alla camera da letto padronale riprende quell’approccio giocoso, quasi magico che si respira nell’abitazione: non si entra nella stanza con una normale porta, ma attraverso due pannelli di legno che, una volta chiusi, sembrano essere il continuo dell’armadio. Un piccolo passaggio segreto che dà poi accesso alla stanza decorata con una carta da parati sui toni del verde, ricca di alberi, come un giardino segreto di burnettiana memoria. Il bagno padronale, così come quello secondario, è stato rivestito usando il Mosaico Micro di NeroSicilia: un materiale vetroso recuperato dallo smaltimento dei tubi catodici delle vecchie tv, il cui gioco di geometrie ha ricordato ai padroni di casa e all’architetto un tangram giapponese, oltre che richiamare le forme degli edifici Hadid.
Anche nei bagni torna la forma circolare, ripresa nei lavandini posti, su direzione dell'architetto, sullo stesso livello della vasca da bagno. Un ambiente, anche questo, che spicca per semplicità.
La scelta della palette colori è nata dal Mosaico Micro, scelto per i bagni e disponibile in questi toni chiari: verde e azzurro. Due nuance che sono subito piaciute ai padroni di casa e all'architetto.
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Ultima chicca di questa casa è la cameretta del figlio della coppia: i toni freddi del corridoio lasciano qui spazio a un’esplosione di colori caldi, dal sabbia al giallo. Le pareti sono rivestite da una carta da parati deliziosamente illustrata, e salta subito all’occhio la scelta di arredare la stanza secondo le linee guida montessoriane: lettino basso, specchio a terra, libreria accessibile al bambino. «L’abbiamo pensata insieme, ma ho seguito il suo input di mamma, anche perché il metodo Montessori è prima di tutto una scelta educativa, quindi su questo è stata lei ad avere voce in capitolo. Da spoglia, quella camera ci sembrava un po’ piccola, mentre ora ha completamente cambiato volto, è un mondo magico, la carta da parati, invece di chiudere lo spazio, lo ha addolcito» racconta l’architetto Ronzoni.
Le carte da parati usate per impreziosire i muri sono state fornite da Silva Tessuti, insieme ad alcune tende e cuscinature.
L’anima giocosa e delicata della casa, declinata in ogni stanza in modo diverso ma sempre coerente mette in luce un altro modo di vivere nelle residenze di CityLife, che ben si prestano a diventare nido accogliente in cui rifugiarsi, circondati da toni neutri ma comunque personali, che incorniciano la vista sul parco e sul Padiglione 3. �
La luce naturale e la splendida vista sul parco di CityLife e sul Padiglione 3 rendono ancora più speciale questa residenza.
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La saga del Vigorelli
Wikipedia
SPORT
testi Patrizia Giordano
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Farabolafoto
Wikipedia
Dall’iniziale ascesa al declino fino all’ultima rinascita: storia del Vigorelli, il velodromo che ha consacrato l’amore italiano per il ciclismo e che oggi, grazie al progetto CityLife, sta ritrovando il suo antico splendore.
SPORT
L
a passione per il ciclismo
Fin dalle gare “classiche” che si tennero in Francia ai primi del Novecento, i tifosi del ciclismo erano numerosissimi: una nuova passione era nata. Milano si affermò rapidamente come un punto cardinale di questo sport. Il capoluogo lombardo, che ha visto nascere una delle prime fabbriche di biciclette nel 1885, la Bianchi, e che ha ospitato la prima Esposizione ciclistica Internazionale nel 1895, accoglieva la Milano-Torino, la più antica corsa su strada del mondo disputata per la prima volta nel 1876, il Giro di Lombardia, la Milano-Sanremo e a partire dal 1909 il Giro d’Italia, con un nuovo format a tappe inspirato dal Tour de France. In quegli anni le prime pagine dei quotidiani sportivi erano riservate alla recensione delle gare in bicicletta, i risultati del calcio arrivavano dopo. I ciclisti meneghini si ritrovavano al Velodromo Sempione, il circuito su pista all’aperto costruito nel 1914 e demolito nel 1928 perché ormai superato. Nel frattempo il regime fascista promuoveva la pratica sportiva costruendo le strutture adatte per accogliere le varie discipline a cui ogni giovane doveva dedicare una parte del proprio tempo di apprendimento. Nascono così a Milano lo stadio San Siro, la piscina Cozzi, il Lido, il Palazzetto dello Sport e il velodromo Vigorelli.
Offside Sports Photography
Il velodromo fu dedicato in primo luogo a colui che ne ebbe l’idea, il corridore Giuseppe Vigorelli, industriale e assessore allo sport di Milano negli anni Trenta. Il giorno della scomparsa del campione Antonio Maspes, il 19 ottobre 2000, l’amministrazione comunale decise di integrare il suo nome nella denominazione dell’impianto che si chiamerà da quel giorno Maspes-Vigorelli. Un onore meritato per l’atleta che al Vigorelli vinse duecento gare, tra le quali il primo e il sesto dei sette campionati mondiali che disputò nella sua carriera. Così descriveva il proprio allenamento: «Andavo al Vigorelli alle sette del mattino perché nessuno vedesse i miei trucchi. Andavo al bar con il Battista, il custode: io un caffè, lui un bianchino. Poi provavo la posizione del surplace che avevo rubato agli acrobati del circo Togni. Stavo immobile anche un’ora mentre il Battista mi leggeva la Gazzetta....»
CLEMENS SHUERMANN
Af
Clemens Shuermann nacque in Germania in una famiglia ungherese, fu architetto e ciclista campione di velocità nel 1908, il primo a correre con un casco. Disegnò un centinaio di piste da corsa nel mondo creando un’azienda famigliare tutt’oggi in attività.
Il Vigorelli, la Scala del ciclismo
Il Comune di Milano, sostenuto da “La Gazzetta dello Sport”, il quotidiano sportivo dalla carta rosa come il colore della maglia dei campioni del ciclismo, finanziò il nuovo velodromo che fu costruito nel 1935 recuperando la pista disegnata dall’architetto ungherese Clemens Shuermann per i Campionati Mondiali disputati a Roma nel 1932. Eseguita con carpenteria milanese, la pista fu smontata e rimontata a Milano in tempo per permettere gli allenamenti di preparazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Un’impresa che rese necessaria la manipolazione di ben 72 km di listelli lineari di abete per un totale di 3.600 metri quadrati di superficie ciclabile. L’alta qualità della struttura sportiva richiamava anche professionisti stranieri che venivano a registrare i loro record su questa pista particolarmente scorrevole. Il Vigorelli era chiamato allora “pista magica”, o anche “Scala del Ciclismo” o “Stradivari delle piste”. Lo stesso Fausto Coppi dichiarò un giorno che «quando entrava al Vigorelli per una sfida importante aveva l’impressione di essere un tenore che doveva cantare alla Scala e non poteva assolutamente steccare». Il racconto degli exploit sportivi che vi si tenevano contribuì notevolmente alla fama di Milano nel mondo. �
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SPORT
Mantenimento e ristrutturazioni
Wikipedia
Tutte le grandi strutture costruite in quegli anni erano polivalenti per garantire il proprio mantenimento. Oltre a ospitare le discipline sportive per cui erano state previste, accoglievano eventi di vario genere. Le tribune del Vigorelli contavano 15.000 posti a sedere e 3.000 in piedi, e il velodromo offriva numerose dotazioni ai diversi fruitori: un bar-ristorante, la storica palestra di boxe “Ravasio” immortalata da Luchino Visconti nel film Rocco e i suoi fratelli, spazi per l’allenamento e la pratica del calcio, di concorsi ippici e della corsa a piedi, e uffici per accogliere i giornalisti. La copertura e un sofisticato sistema di illuminazione per gli spettacoli notturni permettevano lo svolgersi delle attività durante tutto l’anno. Il Vigorelli ospitò il concerto dei Beatles nel 1965 e quello di Led Zeppelin nel 1971 e numerosi altri spettacoli nel corso degli anni Ottanta. Quando l’interesse per la corsa su pista declinò, a partite dagli anni Settanta, un lento ma inesorabile decadimento culminò con l’abbandono della struttura in seguito alla nevicata del 1985 che causò il crollo della tettoia sul parquet della pista. Da allora, il Vigorelli diventa il simbolo di un’epoca passata, una vestigia architetturale della città e trovare i fondi per il suo mantenimento si rivelò sempre più difficile. Se infatti il Vigorelli resuscitò facilmente dai bombardamenti americani del 1946, la seconda rinascita negli anni Ottanta fu molto più difficile da finanziare. Ancora una volta la strategia della diversificazione s’impose, anche se la pista del velodromo sopravvisse al restauro, per essere definitivamente chiusa nel 2001. Football americano e hockey su prato, discipline che si servivano del grande campo centrale ristrutturato con erba sintetica, ne permisero il sostenimento parallelamente a concerti, eventi e le preghiere dei mussulmani che furono accolti al Vigorelli durante il ramadan del 2008.
I NUMERI DEL VIGORELLI
Lunghezza totale pista: 397,36 metri Pendenza della curva: 42,5 ° N. capriate in legno: 500
Federico Barbieri
Il bombardamento del 1944 sollevò lo spinoso problema della qualità del legno necessario per la ristrutturazione della mitica pista. L’opzione del calcestruzzo venne esclusa in breve tempo. La specie legnosa originale proveniente dalla Siberia non era disponibile di quei tempi. L’alternativa proposta era di utilizzare specie locali come
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Pino-Silvestri, Rovere, Abete o Larice. La fatidica scelta, fatta con l’accordo di tecnici e sportivi, cadde sull’abete rosso della Val di Fiemme la cui qualità doveva rispondere a standard severi “di prima qualità, sano, stagionato, compatto di fibra uniforme, privo di nodi e di qualsiasi altro difetto” come è riportato nel documento del Comune, conservato all’Archivio Civico del Comune di Milano, che fa la relazione della riunione della commissione composta da sportivi.
SPORT
VIGORELLI 4.0
A destra: Francesco Moser testa la pista di ciclismo nel 2016. Moser, grande campione, conquista l’ultimo primato il 3 ottobre 1986 con il record dell’ora a livello del mare con 49,801 km.
A completamento della ristrutturazione del Velodromo a cura di CityLife è prevista la creazione di una connessa area sportiva esterna di circa 6.000 metri quadri dedicata alla bicicletta, con spazi dedicati alla pratica agonistica del BMX, una PUMP TRACK di 2.500 metri quadri e percorsi in asfalto con dislivelli, curve e salti per divertirsi con tutte le attrezzature a due ruote: BMX, pattini e monopattini, skate, ecc... Nel 2018 il manto erboso sintetico che copriva il parterre del Vigorelli è stato interamente sostituito da un manto di nuova generazione, dalle fibre più resistenti e complementari. Anche l’estetica del campo trae beneficio dal nuovo sistema che prevede dei sotto tappeti ultra performanti che permettono un migliore assorbimento degli shock e la ventilazione della zona di riscaldamento che è condivisa dai ciclisti e dagli atleti del football americano, una zona di prato sintetico, ormai smantellabile, per permettere le competizioni agonistiche di ciclismo.
Ediroma
Sotto: Attualmente il velodromo è in funzione con allenamenti ciclistici agonistici e non (compresi allenamenti della nazionale italiana), allenamenti di football americano, allenamenti di mini-rubgy (al completamento dei lavori i piccoli rugby men avranno una loro club-house dedicata), allenamenti di calcio per squadre giovanili.
E. Sacchi/Wikipedia
La terza rinascita in seno a CityLife
Nel 2012 l’Amministrazione comunale decise di intervenire sul Velodromo, a lungo rimasto sottoutilizzato, e bandì un concorso internazionale di progettazione per la sua ristrutturazione. Nel 2013 il Ministero dei Beni Culturali appose un vincolo diretto all’impianto e alla pista, che determinò la necessità di ripensare le modalità di intervento di riqualificazione, superando di conseguenza il progetto vincitore del concorso. Il Comune di Milano e la Soprintendenza aprirono allora un tavolo di negoziazione con CityLife, all’opera per la riqualificazione dell’area limitrofa dell’ex Fiera Campionaria. L’obiettivo fu definire una nuova strategia che salvaguardasse gli elementi storico-architettonici e allo stesso tempo garantisse una nuova funzionalità sportiva dedicata in primo luogo alla convivenza tra ciclismo su pista e football americano. La collaborazione tra Federazione Ciclistica Italiana e Federazione Italiana Football Americano consentì di trovare una soluzione per la condivisione dell’impianto da parte delle due discipline sportive. CityLife mise a disposizione ulteriori 7 milioni di euro reperiti tra le risorse del piano urbanistico per gli interventi previsti destinate alle opere pubbliche. Varie tappe segneranno la rinascita della struttura che anno dopo anno sta ritrovando la sua funzionalità storica aggiornata alla realtà contemporanea. La pista di ciclismo fece parte del primo grande lotto di ristrutturazione insieme alla copertura della tribuna. L’anello fu interamente verificato e le sezioni degradate dall’uso e dagli agenti atmosferici furono sostituite con l’abete della Val di Fiemme selezionato da Clemens Shuermann in sostituzione del materiale originale di provenienza dalla Siberia. L’inaugurazione avvenne nel 2016 in presenza del campione Moser. Alla stessa occasione la pista fu collaudata per accogliere competizioni nazionali e internazionali. Il secondo lotto di lavori riguardò il campo da football americano che, per rispettare le norme necessarie per accogliere i campionati internazionali, intaccava l’area perimetrale dedicata al ciclismo. La Federazione Italiana Football Americano, insieme ai progettisti del CONI, misero a punto una misura speciale, la “yard Vigorelli”, una soluzione unica al mondo che permette la convivenza dei due sport a livello competitivo. Nel 2020 saranno rinnovate le strutture d’accoglienza (spogliatoi, spazi per giornalisti, area medica, officina ciclismo, ecc...) e il sistema di illuminazione con la sostituzione delle lampadine classiche con quelle di nuova generazione LED. Anche l’efficienza energetica della struttura è stata resa virtuosa grazie al collegamento con l’impianto di teleriscaldamento del termovalorizzatore di Figino che ricicla i rifiuti di Milano, permettendo l’eliminazione del sistema a stufette elettriche. �
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LIFESTYLE FUORI MURA
La Flânerie e la cura di sé testi Emanuela Brumana
A Milano, è risaputo, si va di corsa. Allora quando si decide di tirare il freno e concedersi un po’ di tempo per sé è importante scegliere il posto giusto. Nel nostro girovagare per le strade intorno a CityLife abbiamo trovato quattro oasi che promettono di regalare attimi di pace e piacere a chi ne varca la soglia: una birra accuratamente selezionata, una lettura da condividere davanti a una tazza di tè fumante, o un trattamento estetico efficace che diventa momento di relax.
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LIFESTYLE FUORI MURA
TEERIA | il rituale
Tea&Tao, via Guerrazzi 2, 20145 Milano www.teantao.com
Dentro una tazza di tè si può ritrovare il mondo, nel senso più geografico del termine. Un viaggio diverso a seconda del proprio gusto: dai sentori del lontano Oriente dove la cerimonia del tè è uno dei rituali più sacri e affascinanti, ai rintocchi delle cinque del pomeriggio, orario in cui, puntuale come un cliché, viene servito il tè oltre la Manica. Ma dentro una tazza di tè ci sarebbe anche la via per riconnettersi a sé stessi; questa l’idea di Marco, fondatore insieme a Fabiola di Tea&Tao, realtà sia fisica (il loro negozio si trova in zona Arco della Pace a Milano) sia digitale (sul loro sito c’è un e-commerce da cui acquistare un numero quasi infinito di varietà di tè). Dal bianco al giallo, passando per i più noti verde e nero, dal Giappone all’India, Tea&Tao guida i futuri viaggiatori in questo mondo profumato e affascinante, che avvolge i sensi e stimola l’essere.
ESTETISTA | l'hollywoodiano
Salon de Beauté, viale Boezio 20, 20145 Milano www.salondebeaute.it
Da Salon de Beauté relax fa rima con efficienza. Il centro estetico, presente in Duomo e in CityLife, propone infatti trattamenti innovativi eseguiti da personale qualificato e particolarmente attento alla primordiale esigenza di chi vive in una città dinamica come Milano: la mancanza di tempo. Il posto giusto quindi dove prendere un momento per sé per staccare la spina, ma senza "cincischiare". Proprio nella sede di CityLife, accanto a servizi come parrucchiere, solarium, cura delle mani e massaggi, si può sperimentare la criosauna, ovvero un’immersione nel mondo del freddo glaciale. Un trattamento che dura pochi minuti ma che promette di dare elasticità ai muscoli e compattezza alla pelle e i cui effetti positivi avrebbero sedotto le star di Hollywood.
LIBRERIA | la curativa
Libreria Hellisbook, via Losanna 6, 20154 Milano www.facebook.com/libreria.hellisbook
Per chi ama la lettura entrare in libreria è benefico come assumere una medicina, rilassante come un’ora di meditazione. Lo sa bene Elisabetta che ha archiviato una carriera nell’industria farmaceutica per dedicarsi al mondo dei libri. La sua convinzione, che chiunque abbia sentito battere il cuore tenendo tra le mani un libro approverà, è che con le parole si può curare lo spirito, così come i farmaci curano il corpo. Ecco allora che nel 2011 apre questa sorta di farmacia letteraria con l’intento di diventare un punto di ritrovo del quartiere, regalando momenti di benessere a coloro che lo desiderano. E proprio in quest'ottica, la libreria ha organizzato un servizio di consegna a domicilio durante il lockdown e, dalla riapertura, offre la possibilità di una visita su appuntamento, per avere la libreria tutta per sé per trenta minuti.
BIRRERIA | la metropolitana
Birreria BQ, piazza Arduino 5, 20149 Milano birreriabq.wordpress.com
Niente vino, niente cocktail, niente centrifugati: qui si beve birra. E non una birra commerciale, ma una selezione di bottiglie ricercate e selezionate nei microbirrifici italiani e nelle abbazie trappiste belghe. Una linea di cinque spine che variano a seconda della stagione faciliterà la scelta degli indecisi o dei meno competenti. E poi ancora una piccola cucina che propone panini, piadine e stuzzichini, senza dimenticare il goloso tiramisù alla birra! In questa sede della Birreria BQ (brand che ormai spopola a Milano, tanto da avere anche altri locali sparsi in città) si trova un ambiente semplice, giovane e rilassato che permette di mettere tra parentesi la frenesia della vita di tutti i giorni, concedendosi il piacere di una buona birra con gli amici con il vantaggio di una piacevole vista sui grattacieli di CityLife.
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FOOD
Ceretto, il vino e l'arte testi
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Lodovica Dal Pozzo
Ceretto Aziende Vitivinicole
L’azienda vitivinicola piemontese che dissemina le Langhe e il Roero di opere d’arte stupefacenti trasmette da più di cent’anni amore e dedizione al suo territorio che ha ormai adottato tanta originalità.
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FOOD
R
CERETTO
oberta Ceretto, direttrice marketing e comunicazione dell’azienda familiare ci parla di vino, arte e natura.
L’azienda nasce alla fine dell’Ottocento per opera di Roberto Ceretto che comprava l’uva per vinificarla. I figli Bruno e Marcello, soprannominati “Barolo Brothers”, scommettono invece sulle vigne prendendo inspirazione dai crus francesi. La società diretta dalla terza generazione detiene attualmente 160 ettari di vigneti di proprietà, 4 cantine, 17 vini prodotti, 150 collaboratori tra vigna, cantina e ufficio, 5.000 clienti tra enoteche e ristoranti in Italia e 60 paesi d’esportazione. Da qualche anno è stata sviluppata l’attività di accoglienza che comprende due ristoranti situati ad Alba e guidati dallo chef stellato Enrico Crippa e qualche camera riservata ai clienti del ristorante. Relanghe, l’ultima nata, è un’iniziativa che concerne un altro prodotto tipico del territorio piemontese a cui la famiglia ha rivolto la propria attenzione, la nocciola, che ormai coltivano e trasformano.
Da anni Ceretto investe in contenuti artistici e architettonici che ridisegnano i paesaggi delle Langhe e del Roero. Quali sono i grandi progetti in corso?
Abbiamo un nuovo progetto dall’altra parte del Tanaro, nel Roero. Otto ettari di collina e una torre ottagonale che è stata bombardata durante la Seconda guerra mondiale. Il progetto non si limita alla sola ristrutturazione della torre con un intervento artistico, ma vorremmo attuare un gesto di valorizzazione più ampio. Langhe e Roero sono patrimonio dell’UNESCO dal 2014, un riconoscimento insignito alla bellezza dei vigneti grazie proprio allo straordinario lavoro dei contadini e vignaioli che ne hanno ridisegnato le linee, ma durante gli anni Sessanta sono stati costruiti dei "mostri": in quel periodo non c’era attenzione quando si costruiva. Vogliamo rendere più bello il contesto, un gesto di valorizzazione, che possa rendere anche quella collina un luogo così amato come lo è la Cappella del Barolo. Qual è il bilancio di questi vent’anni di iniziative, collaborazioni ed eventi artistici?
Tante bellissime storie! In questi vent’anni abbiamo conosciuto persone straordinarie, artisti di fama mondiale che sono diventati veri e propri amici. Il contesto ha aiutato molto: il cibo, il vino e il paesaggio bucolico rendono tutto più semplice e più accogliente. Qui da noi c’è una tranquillità che magari un museo non ti può garantire perché quando un artista è invitato a inaugurare una mostra, ci sono un peso e un’ansia da prestazione che sono molto diversi rispetto a quello che succede quando arrivi ad Alba, in un contesto rurale. Patti Smith, per esempio, è stata recentemente qui una settimana e la barista il primo giorno era un po’ sconvolta perché non se l’aspettava ma dall’indomani la trattava come una persona del luogo, si era creato un legame. Kiki Smith, invece di stare una settimana si è fermata sei mesi... Anche Marina Abramović mi ha fatto molto sorridere perché è riuscita ad andare a passeggio quasi nell’anonimato e ciò nonostante il delirio della Fiera del Tartufo. Se invece ci si chiede se l’arte fa vendere il vino, la risposta è "Zero!" Non muove una bottiglia. Però c’è una percezione nei nostri confronti come di persone che tengono al territorio e vogliono valorizzarlo e riempirlo di contenuti interessanti. Quindi, quello che ci ha dato è sicuramente l’immagine di una famiglia che crede, investe e ama il luogo in cui è nata. Il problema della salvaguardia dell’ambiente è sempre più attuale. Come lo vive un’azienda che dell’ambiente, la natura e il territorio ha fatto la propria economia?
Il mondo agricolo è particolare perché un giorno ti può distruggere il lavoro di dodici mesi. Nel 2014, dei cinque vigneti del Barolo (cinque etichette diverse) ne abbiamo potuta produrre solo una perché la grandine ci ha portato via tutto in una notte. L’anno successivo la gelata di maggio ha portato via il 20% dell’uva, paradossalmente
Nel 2017 Ceretto ha organizzato la conferenza stampa per la presentazione delle nuove annate in CityLife.
bruciata dal gelo. Viviamo sempre un po’ incrociando le dita in un mondo che negli ultimi vent’anni abbiamo visto cambiare tanto. Nel nostro piccolo siamo molto sensibili all’argomento e per fortuna il territorio si sta attivando. Il problema delle pratiche sostenibili è che dovrebbero essere più diffuse perché noi produttori di un bene così elitario siamo una goccia in un oceano. Da quindici anni lavoriamo in totale conduzione biodinamica, che è molto complicato e molto impegnativo ma ci sentiamo di doverlo fare perché da qualche parte bisogna iniziare. Da una decina d’anni abbiamo inoltre convertito tutto al fotovoltaico, non siamo autonomi ma siamo già molto indipendenti. Ora abbiamo deciso di eliminare carta e plastica. Sono piccoli gesti ma proprio perché siamo un’eccellenza, l’unica cosa che possiamo fare, oltre alla coltivazione rispettosa, è quella di dire che si può fare, essere un megafono. Che rapporto ha con le grandi città?
Pensare di vivere in una grande città mi pare impossibile: io apro le finestre e sono nel verde. Ogni volta che in una grande realtà urbana, come Torino, Milano o altre città, trovo del verde sono felice. A CityLife è come essere in una piccola cittadina, collegata con un sistema di infrastrutture funzionale. Un quartiere molto simile al centro delle piccole cittadine italiane.
Il quartiere ridisegnato da CityLife ha cambiato lo skyline del capoluogo lombardo. Cosa pensa della nuova Milano?
Conosco bene il progetto di CityLife e lo seguo fin dall’inizio perché mio marito è architetto, ha il suo studio in CityLife e ha collaborato con Daniel Libeskind! Aldilà di aver finalmente dato uno skyline a Milano come meritano tutte le città di grande vivacità, è un progetto molto bello con i grattacieli, con il parco e una dimensione di case che ricreano quasi un quartiere, dove ti senti protetto, come in un piccolo villaggio ma con tutte le belle cose che una città può dare. E del progetto di arte pubblica ArtLine Milano che installa opere d’arte contemporanea nel nuovo grande parco di CityLife?
Penso che il progetto di collocare opere d’arte all’aperto sia bellissimo: alla gente piace vedere cose belle. Le cito un esempio che ci è molto vicino: la Cappella del Barolo realizzata vent’anni fa. Se non fosse stato per l’azione del tempo, io non avrei dovuto dedicare un minuto per ridipingerla, perché nessuno ha mai osato toccarla. Secondo me, anche se l’arte contemporanea può essere ostica perché ha bisogno di una chiave di lettura, quando le cose sono belle, ti entrano nell’animo. Mi diverte sempre tantissimo quando vado su alla Cappella vedere che c’è gente seduta vicino, che ci gioca, sentendosi parte di qualcosa di bello. �
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LIFESTYLE FUORI MURA
Ci vediamo...
...per un bicchiere in fioreria testi Katia D'Addona
Flower-bar, bistrot con giardino e giungle urbane: accanto allo shop, le fiorerie propongono nuovi modi di vivere a contatto con i petali colorati, trasformandosi in un moderno locus amoenus per il tempo libero in cittĂ . Qui una guida agli indirizzi imperdibili a Milano.
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LIFESTYLE FUORI MURA
1 - FIORI MICHELA POZZATO
SANT’AMBROGIO
Dal 2010 le vetrine di Fiori hanno portato un tocco di classe in più in uno dei quartieri storici della città. Una volta entrati, complice anche il design accogliente realizzato dall’architetto Claudio La Viola, è difficile non cedere alla tentazione di perdersi tra i colori di fiori e piante fiorite. La titolare Michela Pozzato conosce tutti i dettagli per portare in uno spazio, un evento, un matrimonio o una semplice giornata una boccata d’aria fresca. Soluzione ideale anche per i romantici dell’ultimo minuto: aperto fino alle 20 e 30, effettua consegne in giornata in tutta Milano e su richiesta anche fuori città. Via Vincenzo Monti, 36 www.fiorimichelapozzato.com
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4 - FIORERIA CUCCAGNA
PORTA ROMANA
Un piccolo rifugio all’interno di una cascina dove annusare, scegliere, comprare e parlare di fiori. Per chi si aggira in Porta Romana, Fioreria Cuccagna concede una pausa green dai frenetici ritmi della routine. Lo spazio curato dall’architetto dei giardini Irene Cuzzaniti e dalla giardiniera e fiorista Maria Sole nasce con una vocazione per la condivisione: al suo interno ospita workshop su tematiche legate alla natura e al rispetto per l’ambiente e corsi specializzati, tra cui “Fatti il mazzo”, per imparare a creare composizioni con le tecniche dei professionisti. Lo shop accoglie fiori di stagione, essenze rare e bouquet dal look romantico creati per il marchio milanese Blazé. www.lafioreriacuccagna.info Via Cuccagna, 2 (interno Cascina Cuccagna)
2 - FIORAIO BIANCHI CAFFÈ BRERA
Elegante, casual e chic. Fioraio Bianchi ha aperto quarant’anni fa nel cuore di Brera ed è diventato subito un’istituzione per gli amanti dei classici bouquet. Oggi le composizioni create nel suo laboratorio addobbano anche hotel, showroom ed eventi privati. Qualche anno fa, il fondatore Raimondo Bianchi ha ampliato il negozio con uno spazio bistrot. E da allora è entrato nella mappa del lifestyle milanese ricercato e sensibile alla raffinatezza d’oltralpe. Décor vintage, colori caldi, tavoli rotondi e sale piccole impreziosite da delicate composizioni floreali. Un’atmosfera dall’autentica allure parigina in cui immergersi per un caffè o a pranzo e cena per un classico della tradizione italiana rivisitato dallo chef Ruggero Rana. Via Montebello, 7 www.fioraiobianchicaffe.it
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3 - POTAFIORI DI ROSALBA PICCINNI
PORTA LODOVICA
La storia di Potafiori, fioreria e ristorante in zona Bocconi, è intrecciata a quella della sua proprietaria Rosalba Piccinni. “Cantafiorista”, come lei stessa si definisce, un disco pop-jazz e concerti al Blue Note sul curriculum, Rosalba ha portato prima a Bergamo e poi a Milano dal 2009 la convinzione che i fiori stanno bene in ogni momento della giornata. E così ha aperto di recente un bistrotfioreria in via Salasco, dove alberi, fiori e composizioni vegetali accompagnano una cucina ben assortita dalla colazione alla cena. E nel laboratorio creativo Fiori, in via Broggi, crea composizioni e organizza eventi privati e aziendali, occupandosi di ogni dettaglio: allestimento, catering e ovviamente fiori e musica. www.fiorirosalba.it Fiori - Via Giuseppe Broggi, 17 www.potafiori.com Potafiori – Via Salasco, 17
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Tutti i workshop previsti sono organizzati nel rispetto delle norme sanitarie anti-Covid.
5 - WILD – LIVING WITH PLANTS PORTA VENEZIA
Le piante di questo store in Porta Venezia sono circondate da stampe, libri e vasi. E da tutto il necessaire per creare un angolo di “giungla urbana” a casa o in ufficio. Macramé per le piante sospese, kokedama per chi vuole riprodurre giardini verticali all’interno o all’esterno e tante altre soluzioni che assecondano spazio e arredo, indoor e outdoor. Di ispirazione nordica, l’idea di una houseplant boutique ha fatto il suo ingresso in Italia proprio attraverso questo spazio a due piani in via Sirtori. Qui tutti scopriranno di avere un pollice verde, seguendo i laboratori in programma. Come il workshop Terrarium per imparare a realizzare un piccolo giardino domestico racchiuso in un contenitore di vetro. Via Giuseppe Sirtori, 11 www.wildmilano.it
6 - AU NOME DE LA ROSE Rose, rose e ancora rose. Il franchising francese che ha conquistato a tal punto i milanesi da aprire cinque boutique nel capoluogo meneghino, ha trasformato la passione per il fiore più romantico in un culto urbano. Declinato in eleganti bouquet, vasi shabby-chic di diverse dimensioni e curiosi alberelli. E in tisane, tè, candele, cosmetici, profumi e marmellate. Tutte ovviamente al profumo di rose che arrivano ogni giorno da Kenya, Olanda ed Ecuador. Uno scrigno di piccoli lussi floreali aperto fino alle 20:30 e quindi ideale per il famigerato mix "giornata piena-invito a cena". Piazza Wagner, 1 Via Cesare Battisti, 1 Piazza Cinque Giornate, 7 Corso Buenos Aires, 2 Via Mercato, 20 www.aunomedelarose.fr aunomdelaroseitalia.com
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TECNOLOGIA
Ma dove ho messo i miei occhiali?
Ritorno al futuro con i Google Glass testi
foto
Simone Sirgiovanni
Google LLC
La nostra storia tecnologica è costellata di dispositivi che non l'hanno semplicemente resa più comoda, ma hanno rivoluzionato il nostro modo di viverla. Questa è l'epoca dei cosiddetti wearable, dispositivi indossabili che promettono di accompagnarci 24/7 nel nostro quotidiano. E i colossi tecnologici come Google cavalcano l'onda stimolando il cambiamento. Siete pronti a sostituire il vostro paio di occhiali?
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TECNOLOGIA
A
TTENZIONE. Un utilizzo intensivo degli occhiali a realtà aumentata potrebbe interferire con il normale funzionamento delle vostre percezioni. Se ne consiglia un uso limitato nel tempo e nello spazio e, in caso di disorientamento, si suggerisce di ricorrere ai buoni vecchi libri per trovare le informazioni desiderate. Grazie.
I
l mondo dei wereable (dispositivi indossabili) sta acquisendo una fetta sempre più ampia del mercato tecnologico tanto che alcuni studi rilevano un incremento del 30% anno su anno. Le strategie dei produttori sono differenti, alcuni puntano sulla diversificazione, altri sul prodotto rivoluzionario. Quest'ultimo è il caso del colosso di Mountain View che con i suoi Google Glass Enterprise Edition 2 punta a farci vedere la realtà in un modo completamente differente. Il primo tentativo di Google avvenne nell'ormai lontano 2014 con il lancio dei Google Glass Explorer Edition, una versione acquistabile da aziende e privati a 1.500 dollari + tasse. Probabilmente il mercato non fu pronto a una rivoluzione simile, fatto sta che solo due anni dopo Google ne interruppe ufficialmente la vendita. Nel 2017 provò allora con una versione destinata esclusivamente alle aziende, la Enterprise Edition in vendita a 1.500 euro con la possibilità di provarli gratuitamente per un periodo e riconsegnarli qualora il prodotto non fosse ritenuto utile per il proprio business. E così fu. La maggior parte degli occhiali smart fu restituita al mittente. Ma stiamo parlando di Google, non di un colosso qualsiasi. Quindi nel maggio del 2019 ci riprova con i Google Glass Enterprise Edition 2 attualmente in vendita alle aziende partner impegnate nel settore professionale al prezzo di 999 dollari. Non sono un oggetto di design, nè un semplice paio d'occhiali con una telecamerina nascosta e nemmeno l'ultimo ritrovato tecnologico da esibire alle convention pubbliche. Sono un paradigma tecnologico che permetterà a chi li indossa di avere davanti ai propri occhi una realtà più completa rispetto a tutti gli altri esseri viventi grazie alla realtà aumentata. Ma facciamo un piccolo passo indietro: cos'è questa realtà aumentata di cui tanto sentiamo parlare? Niente di incomprensibile, si tratta semplicemente dell'arricchimento della nostra normale percezione con una serie di informazioni esterne. È come se stessimo guardando il Duomo e di fianco a lui vedessimo l'anno di costruzione, lo stile, il committente, il numero di guglie, ecc... È chiaro che abbiamo bisogno della tecnologia per "aumentare" questa realtà. E chi meglio di Google può intervenire quando si parla di informazioni? D'altra parte rimane ancora la nostra principale fonte di conoscenza quando non sappiamo o non ricordiamo qualcosa!
UN CONCENTRATO DI POTENZA SUL NOSTRO NASO Processore Qualcomm quad-core da 1.7GHz, 3 GB di RAM, memoria flash da 32GB, batteria da 820mAh con supporto alla ricarica rapida, giroscopio/accelerometro a sei assi, uno speaker integrato e tre microfoni, Wi-Fi, Bluetooth, fotocamera da 8MP con campo visivo di 80°, lenti con schermo da 640×360 pixel, utilizzabili con un touchpad multi-touch e... gestures. Queste le caratteristiche di un paio d'occhiali che costa 999 dollari e promette di facilitarci la vita.
Tornando al nostro giochino ipertecnologico, i nuovi Google Glass sono in vendita in due versioni: la prima presenta una montatura resistente e molto simile a un normale paio d'occhiali, la seconda una montatura decisamente più aggressiva e futuristica che richiama un po' il design della prima versione. Ma cosa potrebbero fare nel concreto questi dispositivi smart? Sicuramente "aumentarci" le giornate con le principali notizie del giorno, aggiornamenti dei nostri amici sui social network, previsioni meteo, ritardi o deviazioni dei nostri mezzi pubblici preferiti, indicazioni stradali, sul traffico e tanto altro. Poi potremo leggere i messaggi sms e whattsapp ed effettuare chiamate e videochiamate con semplici comandi vocali grazie alla connessione bluetooth senza mettere la mano in tasca! Probabilmente ora siamo più pronti rispetto a 6 anni fa quindi è facile scommettere che i Google Glass saranno presto venduti anche al pubblico. Ma anche se non lo fossero a breve immaginiamone l'utilità aziendale in settori come quello della produzione, della logistica, della tecnologia e della sanità. Sicuramente potrebbero essere un ulteriore step tecnologico nella semplificazione di alcuni problemi lavorativi complessi. Staremo a... vedere! � I nuovi Google Glass Enterprise Edition 2 sono prodotti in due versioni che differiscono per la montatura, più tradizionale nell'immagine in basso, più futuristica in quella in alto. CITYLIFE MAG › 41
NUMERO 9 - SETTEMBRE 2020
ARCHIT ET T URA
NAT URA
DESIGN
INT ERIOR
ART E
VIAGGI
T ECNOLOGIA
Sguardo al futuro
Shopping time
Intervista esclusiva allo Studio BIG sul nuovo accesso a CityLife.
L’intervista
I luoghi iconici
Roberta Ceretto: una vita
Storia del velodromo Vigorelli,
tra arte, vigne e territorio.
pronto alla rinascita.
Direttore creativo
SIMONE SIRGIOVANNI
Redattori e copywriter
EMANUELA BRUMANA KATIA D'ADDONA LODOVICA DAL POZZO MARIANA DE MARCO PATRIZIA GIORDANO MICHELA MORO SIMONE SIRGIOVANNI
Inserto CityLife News a cura di EMANUELA BRUMANA
Correttrice di bozze KATIA D’ADDONA
FERDINANDO CUNSOLO ALBERTO FANELLI GISEL ROMERO SIMONE SIRGIOVANNI MARIO TIRELLI
Tabloid L’inserto sul mondo lifestyle in CityLife.
NUMERO 9 • SETTEMBRE 2020 • TRIMESTRALE
CEO CityLife
ARMANDO BORGHI
Direttore commerciale CityLife
NON PERDERTI IL PROSSIMO CITYLIFE MAG NUMERO 10 • DICEMBRE 2020
GIORGIO LAZZARO
Coordinamento CityLife MARIANA DE MARCO
Stampa
GRAFICHE FILACORDA srl
Un ringraziamento speciale a... BJARKE INGELS, ANDREAS KLOK PEDERSEN, JESSLYN GUNTUR, LORENZO BODDI e tutto lo studio di BIG per la disponibilità e l’entusiasmo nel raccontarsi sul nostro magazine CLAUDIA PASINI per il consueto sostegno nel fornirci tutte le indiscrezioni sugli eventi MARCO BECCATI per il prezioso supporto nella realizzazione dell’intervista allo studio BIG MARINA REISSNER per averci raccontato tutti i segreti del Velodromo Vigorelli PAOLO STELLA per il racconto sulle novità degli Orti Fioriti La famiglia dello splendido appartamento della rubrica Interior e il loro architetto VALENTINA RONZONI per averci raccontato le scelte di layout Il fotografo FERDINANDO CUNSOLO e CHIARA TARTAGLIA, ballerina del Teatro San Carlo di Napoli, per lo strepitoso scatto di copertina ROBERTA CERETTO per l’appassionato racconto sul mix tra vino e arte della loro azienda di famiglia MARIAGRAZIA POZZI per il supporto nel fornirci preziosi dettagli sulle nuove residenze Libeskind II WILFREDO PRIETO per averci raccontato il suo percorso artistico e dell’opera ideata per il Parco di CityLife ALBERTA GARUSI, EUGENIA PIRRO e CARLOTTA CALDERONI per essere il nostro tramite con le novità dello Shopping District GIUSEPPE RANDAZZO e PIERLUIGI ROSSI per le informazioni relative agli eventi di Generali SARA REALE per gli aggiornamenti della nuova stagione del GUD MASSIMO MAPELLI e BARBARA ALZATI per tutti i dettagli sulla Salomon Running GIULIA OLIVARI per averci raccontato le novità di Porsche in CityLife e non solo MAURA DALLA PRIA e FIORELLA PALMIERI per il racconto di Wanderlust Milano 2020 FRANCESCA BALDAN, LAURA AMBORSI, VANIA RINALDI, DANILA BARBIERI e ISABELLA MARTONI per le novità su Croff FRANCESCA CAMURRI e STEFANIA OGGIONI per il racconto della nuova apertura di Wagamama ...e a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questo nuovo numero.
I numeri arretrati di CityLife Mag sono disponibili sul sito www.city-life.it CityLife Mag è pubblicato da ELLEDIPI srl, 34 passage du ponceau - 75002 Parigi - Capitale sociale 20.000 € - P. IVA FR 56 450 149 208
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Foto: Ferdinando Cunsolo
LODOVICA DAL POZZO
Fotografi
Ferdinando Cunsolo
Direttore editoriale
Pausa green e profumata: i fioristi più trendy di Milano.
ASTER AZZURRO Non solo rossi, gialli e arancioni, in autunno gli Orti Fioriti CityLife si arricchiscono della sfumatura azzurra degli aster. Simili a margherite, sono anche noti come “settembrini� proprio per il periodo di fioritura che va da inizio settembre a ottobre inoltrato.
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Architects have to become designers of eco-systems. Not just designers of
beautiful facades or beautiful sculptures, but systems of economy and ecology, where we channel the flow not only of people, but also the flow of resources through our cities and buildings. Bjarke Ingels
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SALOMON RUNNING: IL PRIMO EVENTO SPORTIVO DI MILANO DOPO IL LOCKDOWN Pagina 2
TORNA WANDERLUST 108, CON IL SUO MIX DI CORSA, YOGA E MEDITAZIONE Pagina 4
LE NOVITÀ IN DIRETTA DAGLI ORTI FIORITI DI CITYLIFE Pagina 8
CITYLIFE NEWS NOVITÀ - EVENTI - CURIOSITÀ
Settembre 2020
www.city-life.it
Inserto
LA NOSTRA RIPARTENZA
Dopo mesi di stop Milano torna a vivere, a correre, a stare insieme. Anche CityLife parteciperà al risveglio del capoluogo con numerosi eventi. Si ricomincia dallo sport. Due gli appuntamenti attesi e imperdibili: la Salomon Running, di cui quest’anno CityLife sarà Title Sponsor PAGINA 2 e la Wanderlust 108, che torna a svolgersi come sempre nel nostro parco PAGINA 3 . Infine, il consueto aggiornamento dagli orti, che non mancano di stupire con qualche novità e un atteso ritorno PAGINA 4 .
SIAMO TUTTI #CITYLIFERS
L’enorme scritta che per due volte è comparsa in piazza Tre Torri è stata un regalo per chi vive e frequenta CityLife e ha dato la possibilità di condividere la gioia per il ritorno a una quotidianità fatta di shopping, aperitivi, appuntamenti, chiacchiere, amici.
I
condiviso o che si sono fatti scattare dalle hostess. Un’idea che ribadisce la dinamicità, la voglia di vivere e condividere dei frequentatori del distretto. La scritta è stata riposizionata dal 7 settembre per celebrare il tanto atteso back to school: il rosso delle lettere, questa volta, viene via via coperto dai cartoncini colorati dai bambini.
SAPORI D'ORIENTE I colori e i profumi, ma soprattutto i sapori della cucina asiatica di Wagamama arrivano in CityLife. La catena nata vent’anni fa a Londra porta all’ombra delle torri la sua ventata di kaizen, filosofia orientale fatta propria dal brand e che letteralmente significa “buon cambiamento”.
S. Sirgiovanni
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Collezioni di design contemporanee e informali, pensate per dare brio alla vita di tutti i giorni sempre tenendo bene a mente la quotidianità delle persone: questo è Croff, lo storico brand del gruppo Upim dedicato all’home decor, che adesso si trova anche in CityLife, in uno store di 140 metri quadri.
S. Sirgiovanni
n estate, una scritta lunga 20 metri e alta 3 ha accolto i frequentatori di CityLife Shopping District. Un benvenuto per chi ha ripreso a vivere il distretto, ritornando a una normalità che per mesi è stata messa in pausa. Il rosso fiammante delle lettere è stato via via coperto dalle foto che i #CityLifers hanno
CROFF ARRIVA IN CITYLIFE
Al momento della stampa gli eventi di settembre sono confermati salvo diverse disposizioni del Governo causa COVID CITYLIFE NEWS è l’inserto di CITYLIFE MAG che racconta gli eventi, le nuove aperture e gli appuntamenti imperdibili che si svolgono nel distretto o che hanno come sponsor CityLife. Il progetto immobiliare nato nel 2007 è arrivato a maturità offrendo un nuovo lifestylea coloro che hanno scelto di viverci e, più in generale, alla città di Milano. -1-
Settembre 2020
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TORNA IN CITYLIFE LA SALOMON RUNNING
A Milano, finito il lockdown, si ricomincia a correre. È fissato per il 27 settembre il primo evento sportivo che attraverserà la città e CityLife sarà Title Sponsor delle due gare principali della manifestazione.
“D
on’t stop MI now”: è con questo slogan che Milano si appresta a ripartire anche con le manifestazioni sportive. Il primo evento in calendario è la Salomon Running, l’urban trail più partecipata d’Italia, fissata per il 27 settembre.
Come da tradizione, la corsa attraverserà i luoghi iconici e più green di Milano, ma quest’anno il fulcro della manifestazione sarà CityLife, con il grande parco e il distretto commerciale. Il Villaggio Commerciale avrà come sempre sede in viale Boezio dove si troveranno anche la linea di partenza e quella di arrivo. Uno dei tre percorsi, quello più breve, girerà intorno al distretto e ne attraverserà i sentieri del parco. CityLife sarà Title Sponsor di due gare, la CityLife Top Cup 18km, ossia la più lunga in termini di percorso, e la CityLife Fast Cup 10km, la gara più veloce dell’edizione. «Siamo molto orgogliosi di poter dare un contributo importante alla Salomon Running Milano, da anni un evento sportivo di riferimento per la città che in questa edizione assume un significato ancora più rilevante perché vuole essere un momento di condivisione e ripartenza»
ha dichiarato Armando Borghi, Amministratore Delegato di CityLife. «I valori di wellbeing, socialità e connessione con la natura che caratterizzano la Salomon Running sono gli stessi che animano CityLife e che ci hanno consentito di diventare un esempio di rigenerazione urbana all’avanguardia che ha già restituito alla collettività un’area oggi fruibile da tutti e I TRE PERCORSI DI GARA Tre sono i percorsi a disposizione dei partecipanti alla Salomon Running 2020. CityLife Top Cup 18 km è la gara che coprirà la distanza più lunga, favorendo il passaggio attraverso zone più verdi. Si partirà da viale Boezio, per poi passare vicino alle residenze di CityLife, all’interno di CityLife Shopping District, verso il centro congressi MiCo, il Portello e il Parco Industria Alfa Romeo, fino al Monte Stella per poi tornare lungo via Gattamelata, attraversare il Velodromo Vigorelli e il parco di CityLife -2-
costantemente rinnovata.» L’intero evento sarà organizzato nel pieno rispetto delle normative sanitarie vigenti, per la totale sicurezza dei partecipanti: per questo potranno partecipare al massimo 4000 persone (tutte le informazioni, gli aggiornamenti e i form per le iscrizioni si trovano sul sito www.runningmilano.it).
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fino all’arrivo in viale Boezio. Come si può intuire dal nome, la CityLife Fast Cup 10 km sarà la gara non competitiva più veloce della Salomon Running 2020: il percorso sarà simile a quello della 18 chilometri, ma taglierà la parte di San Siro. Infine c’è la Monzino Run: 5 chilometri dedicati ai meno allenati che si svilupperanno intorno a CityLife, da viale Boezio attraverso le residenze, CityLife Shopping District, il centro congressi MiCo e il Velodromo Vigorelli, con ritorno verso il parco di CityLife.
Settembre 2020
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MINDFUL TRIATHLON A MILANO È stata confermata la tappa italiana di Wanderlust 108, il festival dedicato al benessere e alla consapevolezza. Un evento che unisce corsa, yoga e meditazione che quest’anno invade anche la rete con la sua prima versione digital in streaming.
Wanderlust 108 è noto anche come Mindful Triathlon perché in una giornata si uniscono corsa, yoga e meditazione; quest’anno l’intero evento si presenta in una nuova veste: il festival live e uno digital che si rifà a quel “distanti ma uniti” che abbiamo imparato a declinare in diverse sfere della nostra vita. Così, anche coloro che saranno geograficamente lontani potranno partecipare alla pratica grazie alla diretta streaming. Le attività sia live che digital coinvolgeranno esperti di vita sana, alimentazione e yoga, come Emanuela Caorsi per
Che cosa significa quel “108” che segue il nome dell’evento? È un numero sacro dello yoga, che rappresenta ciò che lega e connette tutti noi. 1 come numero che simboleggia l’unione: siamo tanti frammenti di un’unica entità che partecipa dello stesso desiderio di amore; 0 come un cerchio chiuso e in sé completo e 8, numero dell’infinito, di quel tutto a cui aspiriamo a riconnetterci.
S. Rinaldi
Alla luce del ritrovato interesse per tali discipline la tappa milanese di Wanderlust 108 si preannuncia come una grande, attesa festa. Il più importante festival di yoga e musica del mondo tornerà in CityLife grazie a 2night Spa, organizzatore e produttore, e alla rivista Vivere lo Yoga come media partner. E quest'anno si raddoppia: appuntamento il 19 e il 20 settembre, per permettere ai tanti interessati di partecipare in sicurezza.
PERCHÉ 108?
l’alimentazione olistica o Jennifer Ursillo per lo Hiit Yoga, mentre sul palco si alterneranno lezioni di yoga con Denise Dellagiacoma e Lucrezia Montrone e meditazione con Ela Mare, e tanti altri ancora. Come sempre ci sarà spazio anche per workshop, focus sul cibo salutare e mercatini artigianali.
Le tipologie di biglietti sono quattro e prevedono l’accesso all’evento in CityLife o al festival digitale più alcuni gadget della manifestazione. Tutte le informazioni aggiornate su biglietti e programmi sono disponibili sul sito della manifestazione: wanderlust.com/it/108-events/ milano
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S. Rinaldi
D
urante il lockdown in molti si sono avvicinati a discipline che permettessero di unire attività fisica e benessere mentale. Mindfulness, yoga in tutte le sue declinazioni, meditazione: un mosaico composto da diversi tasselli il cui scopo è dare forma alla versione migliore di sé.
Settembre 2020
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CICLO E RICICLO I Il primo grande cambiamento è un nuovo accesso da via Stratos che rende ancora più agevole l'ingresso agli Orti Fioriti per i tanti visitatori. Un’altra novità riguarda l’installazione di una tettoia “gemella” rispetto a quella presente nell’area del GUD, per ospitare eventi e momenti didattici riservati a scuole e visitatori, in un contesto più comodo e protetto. Oltre a queste new entry “strutturali”, gli Orti Fioriti CityLife si sono presentati al pubblico con un nuovo spazio dedicato agli alberi da frutto: «L’idea è quella di creare un proseguimento del viale alberato del parco all’interno degli orti. Sono state scelte varietà antiche di fichi, pere, susine e mele, tipiche della pianura lombarda che si sono perse con la frutticultura industriale», ci racconta sempre Paolo Stella.
E ancora, nuove aiuole con piante da fiore e un lavoro sulla Pergola delle zucche, che ospita ora anche altri rampicanti. Non potevano mancare le tre star della scorsa stagione: sono tornate le
M. Tirelli
«I tempi necessari alla natura perché l'orto si mettesse in moto sono trascorsi, così negli scorsi mesi abbiamo lavorato per migliorare la fruibilità di questo spazio» ci spiega Paolo Stella della Cooperativa del Sole, che da anni gestisce, per conto di CityLife, gli Orti Fioriti assieme al suo staff.
Nuovi alberi da frutto, altri fiori e le nostre galline: tante le novità che hanno segnato la riapertura degli Orti Fioriti, che da settembre torneranno a organizzare visite guidate e corsi per appassionati.
A. Fanelli
l ritorno alla socialità ha voluto dire, per CityLife, anche aprire gli Orti Fioriti, che durante l'inverno e nei mesi primaverili hanno continuato a crescere, germogliare e si sono presentati con qualche novità.
galline – le stesse che vi abbiamo presentato nei numeri del 2019 – dopo aver passato i mesi più freddi e il lockdown nella sede della Cooperativa del Sole a Corbetta. Ad attenderle hanno trovato una nuova ampia zona a loro dedicata. In via sperimentale è invece la creazione di un’area di compostaggio delle risulte dell’orto (foglie secche, rami di potatura) che prima erano smaltite altrove; adesso si compostano in loco, sottolineando TORNA GUD!
un altro importante aspetto della vita nell’orto: il ciclo e riciclo che trasforma un rifiuto in una risorsa.
Dal 12 settembre sono ricominciati i corsi, che continueranno fino al 14 ottobre: il sabato mattina sono in programma laboratori per bambini e adulti su diversi temi, dalla cura dell'orto al giardinaggio alle composizioni floreali. Questi incontri sono gratuiti, ma a numero chiuso: per partecipare bisogna prenotarsi scrivendo a tecnico@cooperativadelsole.it •
Le sempre più amate bowl di riso, centrifugati rinfrescanti e sfiziosi snack: la ricetta vincente di GUD in CityLife non cambia e anche il locale inserito negli Orti Fioriti ha riperto, registrando da subito un grande successo, complice anche la location all'aperto. -4-