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Riabilitazione post-infartuale...................................................... »
15. Insufficienza mitralica: trattare l’ischemia, ACE inibitori, rivascolarizzazione ± plastica della valvola mitralica.
3. RIABILITAZIONE POST-INFARTUALE
Alimentazione
1a -24a ora: nulla per bocca, solo soluzioni ev. 24a -72a ora, in condizioni stabilizzate, senza dolori, scompenso, shock e aritmie, il paziente inizia con una dieta liquida e poi semiliquida, povera di sali, grassi e zuccheri, facilmente digeribile e povera di scorie al fine di ridurre il numero delle defecazioni, che rappresentano uno sforzo eccessivo per questi pazienti (utile può risultare l’impiego di lassativi vedi cap 40). Evitare cibi troppo caldi e troppo freddi. La sorgente proteica preferibile è il pollame e il pesce, evitare grassi insaturi e colesterolo (latte intero, gelati, formaggi, olio, uova, carni rosse). 1.200-1.500 Kcal suddivise in piccoli pasti, per ridurre l’aumento della gittata cardiaca e del consumo di ossigeno post-prandiale.
Riabilitazione motoria
Se l’infarto non è complicato il paziente si può sedere in poltrona dopo 24-48h e iniziare a camminare in 24-72h. Quando un paziente è in grado di svolgere tutte le attività di un livello (vedi tab26.3.1) senza accusare disturbi, tipo tachicardia (aumento di frequenza > 20) e alterazioni pressorie (aumento > 20-30 mmHg), può passare al livello successivo.
Tab. 26.3.1
Protocollo di Newton
1º livello: riposo a letto; può mangiare da solo; può stare seduto sulla comoda; ogni 2 ore (di giorno) esercizi di respirazione profonda; igiene personale: si lava da solo le mani, la faccia; pulisce i denti; si pettina, si rade, si trucca; movimenti passivi delle braccia e delle gambe. 2º livello: quanto sopra più seduto sulla sedia per 20 min 2 volte al giorno e movimenti attivi delle braccia e delle gambe 2 volte al giorno. 3º livello: quanto sopra più seduto sulla sedia 20 min 3 volte al giorno, mangia seduto sulla sedia. 4º livello: quanto sopra più cammina 100 metri in 3 min 2 volte al giorno, esercizi: ruotare il tronco e piegarsi di lato 3 volte. 5º livello: come sopra più si veste da solo, seduto sulla sedia 30-60 min 2-3 volte al giorno, movimenti del tronco 5 volte al giorno, cammina 200 metri in 6 min 2 volte al giorno, passeggia quando lo desidera. 6º livello: come sopra più movimenti del tronco 10 volte e cammina 400 metri in 10 min. 7º livello: come sopra più i movimenti del tronco 15 volte e cammina 400 metri in 10 min 2 volte al giorno, sale e scende le scale.
Quando si è al livello 6º è utile un test da sforzo a basso livello, come camminare 3 min a 2,5 km/h in piano, poi 3 min a 2,5 km/h in salita di 10º, poi 3 min a 5 km/h in salita di 10º. Il test termina dopo 9 min o quando insorgono segni o sintomi di ischemia o la frequenza è superiore a 120 batt/min. Per i primi 3 mesi è consigliabile una progressiva attività fisica, controllando la frequenza cardiaca. Successivamente l’attività fisica potrà essere più importante: almeno 20 min 3 volte/sett, raggiungendo l’85% della frequenza teorica. È opportuno eseguire un test da sforzo ogni anno, o meglio ogni 6 mesi, in caso di positività eseguire coronarografia. Di solito un paziente con infarto non complicato può guidare la macchina in 1-2 sett e rientrare al lavoro in 3-4 sett.
Trattamento farmacologico
1) Con test da sforzo normale: La mortalità a un anno è del 2%. Sarà importante modificare i fattori di rischio (vedi cap 25) es: fumo, la sua sospensione riduce del 20-30% la percentuale di morte e reinfarti e ritarda
la ricomparsa dell’angina; dopo 3 anni di sospensione il rischio è ridotto quasi a livello dei non fumatori, ipertensione (vedi cap 32), dislipemia (vedi cap 69), endocrinopatie (vedi cap 68), obesità (vedi cap 70), stress ecc. 2) Nei pazienti più a rischio (angina residua, test da sforzo positivo, ipertensione e aritmie maligne) è indicato un esame coronarografico e un intervento terapeutico. Antiaritmici Non sono indicati nei pazienti asintomatici o oligosintomatici. L’impiego di Encainide, Moricizina e Flecainide in pazienti con aritmie ventricolari asintomatiche è associato a un aumento della mortalità. Forse utile l’Amiodarone e in certi casi il defibrillatore impiantabile. Il loro impiego è richiesto nel 20% dei pazienti. Per quanto non ci sia un accordo univoco possiamo dire che è consigliata una terapia antiaritmica profilattica: sempre, nei pazienti con fibrillazioni ventricolari o tachicardie ventricolari sostenute; sempre per 12 mesi, nei pazienti con battiti ectopici ventricolari (BEV) e con BEV ripetitivi (rappresentano il 10-20% dei casi); sempre per 6 mesi, con BEV 4-9/h, frazione di eiezione (EF) < 40%, se coesiste QT lungo o potenziali ventricolari tardivi; sempre per 12 mesi, se BEV < 10/h, EF < 40% o QT lungo o con coppie > 10/h o con coppie precoci (R-R < 450 msec) o episodi di tachicardia ventricolare con oltre 5 battiti. Sono stati proposti vari trattamenti, ma i risultati finora pubblicati non sono sufficientemente conclusivi per consentire di raccomandarne uno piuttosto che un altro. Antiaggreganti L’Aspirina 100 mg/die riduce del 25% la frequenza di reinfarto e la mortalità, preferibilmente per tutta la vita, associato al Clopidogrel per 3-12 mesi. In caso di impianto di stent coronarici medicati il Clopidogrel va continuato per almeno 12 mesi, per il rischio di trombosi acuta dello stent, mentre per i non medicati almeno 1 mese idealmente per 12 mesi. Dicumarolici Efficacia uguale a quella degli antiaggreganti, ma maggiori complicanze. Utili per 3 mesi negli infarti anterolaterali estesi in associazione all’Aspirina. Un trattamento dicumarolico cronico è consigliato in caso di fibrillazione atriale e/o aneurisma ventricolare sinistro, scompenso e in caso di intolleranza all’Aspirina e al Clopidogrel con un INR tra 2-3. β bloccanti Sono stati proposti vari schemi, senza differenze significative, fra i vari tipi, per dosaggi equivalenti. Sarebbero indicati, secondo alcuni Autori, solo in pazienti ad alto rischio o che hanno avuto complicanze, altri li consigliano purché non vi siano controindicazioni. Riducono del 20-30% la frequenza del reinfarto e la mortalità nel primo anno. Digitale Il suo impiego va limitato ai casi con specifica indicazione; alcuni hanno riportato una maggiore mortalità nei pazienti trattati. Calcio antagonisti Il Verapamil, la Nifedipina e il Diltiazem non hanno mostrato efficacia. In casi selezionati con buona contrattilità miocardica possono risultare utili quelli che non determinano tachicardia, tipo il Diltiazem e il Verapamil o l’Amlodipina. Ace-inibitori Utili nel ridurre la mortalità del 20-25% e il reinfarto, soprattutto nei casi con disfunzione ventricolare sinistra sintomatica o asintomatica ma frazione di eiezione < 40% (vedi cap 32 par 3). Dati più recenti dimostrano la loro utilità anche in pazienti con normale frazione di eiezione, meno utili nei pazienti a basso rischio. In caso non siano tollerati possono essere utili gli ARB (Chyu, Current Therapy 2020). In assenza di disfunzione renale o iperkaliemia, i pazienti postinfartuati con FE<40% o in scompenso cardiaco dovrebbero utilizzare antagonisti dell’Aldosterone. Inibitori della HMG-CoA Reduttasi (vedi sopra).
Grassi ω-3, tipo l’ac. decosaesanoico e eicosapentanoico, riducono il rischio di recidive e di morti (Lavie, JACC 54, 585; 2009). Dosaggio consigliato 800-1000 mg die (Lavie, JACC 54, 585; 2009) (vedi cap 69). Terapia chirurgica (vedi cap 25). 3) Nel caso di scompenso o frazione di eiezione inferiore al 30% (mortalità ad un anno superiore al 25%): terapia medica con digitale, diuretici e vasodilatatori, eventualmente associati ad antiaritmici (vedi cap 31 par 1). Si può considerare l’impianto di un defibrillatore profilattico se si associano tachicardie e fibrillazioni ventricolari, indotte o meno in caso di studio elettrofisiologico o in caso di alto rischio nelle ischemie inducibili (Reeder, Current Therapy 2012). Se la frazione di eiezione è tra 30-40% si dovrebbe eseguire un holter per 48h per controllare eventuali tachicardie ventricolari non sostenute. La terapia chirurgica è riservata a casi selezionati come l’aneurisma del ventricolo sinistro, la rottura del setto interventricolare, l’insufficienza mitralica post-ischemica.