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L’anima ecosostenibile del nylon
Aquafil, leader nella produzione di fibre sintetiche, produce il nylon in modo sostenibile partendo da reti da pesca dismesse, scarti tessili, componentistica plastica e vecchi tappeti.
"C'È SICURAMNTE una correlazione tra ciò che sta accadendo e il nostro comportamento nei confronti dell’ambiente. È colpa di tutti noi e dobbiamo assumercene pesantemente la responsabilità. Dipende tutto dal nostro comportamento”. Esordisce così Giulio Bonazzi, ad di Aquafil, nel presentare le iniziative in favore della sostenibilità promosse dall’azienda tessile con sede ad Arco, leader nella produzione di fibre sintetiche, in particolare di quelle in poliammide 6. Il settore tessile, come ha evidenziato Bonazzi, si caratterizza per essere uno dei più inquinanti, arrivando a produrre il 2-3% della produzione mondiale di CO2. Un dato che, senza interventi tempestivi, secondo la Ellen Macarthur Foundation, è destinato a salire al 26% entro il 2050. Aquafil ha deciso di fare la propria parte e già dal 2011 ha iniziato a produrre il nylon in modo sostenibile. Non più dal petrolio, quindi, ma dagli scarti tessili, dalle reti da pesca dismesse, componentistica plastica e vecchi tappeti, mediante un processo replicabile all’infinito. Da questo processo di rigenerazione è nato ECONYL® un nuovo filo avente le stesse caratteristiche del nylon, ma dall’anima ecosotenibile. Basti pensare che 10mila tonnellate di ECONYL ® permettono di risparmiare circa 70mila barili di petrolio, evitando l’emissione di più di 57mila tonnellate di CO2. Un prodotto, che è diventato un brand e che dal 2011, anno in cui è stato lanciato sul mercato, ha conosciuto un successo crescente nel mondo della moda, facendo diventare Aquafil il punto di riferimento di molti marchi, più di mille aziende, tra cui Prada, Burberry, Stella McCartney, Tommy Hilfiger e molti altri. Un percorso non facile quello della sostenibilità a sostegno del quale, secondo Bonazzi, giocherebbe un ruolo chiave l’Extended producer responsibility (Responsabilità estesa del produttore). Una strategia che, se supportata da una legislazione appropriata, imporrebbe al produttore di farsi carico dei costi ambientali dei propri prodotti, incentivando così la produzione di articoli maggiormente ecosostenibili. Ad essa vanno ad aggiungersi anche l’educazione e la sensibilizzazione nei confronti delle tematiche ambientali e l’eco-design, ossia la riprogettazione di prodotti e processi, affinché ogni manufatto, secondo quella che viene definita economia circolare, possa essere riutilizzato come materia prima per nuovi cicli di vita.