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Lorenzo Corrado
Lorenzo Corrado
LʼElena da Feltre e le sue fonti
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Introduzione
LʼElena da Feltre è unʼopera centrale non solo per ciò che concerne lʼideologia estetica del compositore ma anche per alcuni eventi e circostanze che hanno contornato la genesi e la sua prima rappresentazione.
Essa è la prima opera che vede il ritorno di Mercadante al Teatro di San Carlo di Napoli, laddove era mancato da quasi otto anni (la Zaira del 1831 era stata la sua ultima opera rappresentata). In quegli anni, il compositore era Direttore della Cappella della Cattedrale di Novara, una carica che manteneva dal 1833, e viaggiava sporadicamente nellʼarea settentrionale (nel 1837 si dava al Teatro alla Scala la sua opera Il Giuramento). LʼElena da Feltre è anche il frutto della prima collaborazione fra il compositore e il librettista del momento Salvatore Cammarano, un sodalizio che durerà circa dodici anni e che produrrà ben otto titoli operistici.
La commissione di Barbaja, al suo ultimo contratto da impresario con il Teatro,1 sopraggiunge in un momento di svolta per la vita del compositore: nel maggio del 1837 (un mese dopo la commissione) muore il Maestro Nicola Zingarelli, compositore e direttore del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli. La sua morte apre le porte ad un triennio convulso per la sua successione: lʼaffare Conservatorio (è questa lʼespressione che compare piú volte nelle lettere inviate al suo amico Francesco Florimo) fa riferimento alla questione circa la nomina per il ruolo di direttore dellʼIstituto, un incarico conteso da Mercadante e da Gaetano Donizetti, e che solamente tre anni dopo, precisamente nel 1840, si risolverà, con decreto regio, con la nomina del primo a ricoprire tale carica che manterrà fino al
1 Riguardo al quadriennio conclusivo dellʼimpresario presso il Teatro di San Carlo di Napoli, cfr. pAoloGIoVANNI mAIoNe - FrANCeSCA Seller, Lʼultima stagione napoletana di Domenico
Barbaja (1836-1840). Organizzazione e spettacolo, «Rivista Italiana di Musicologia» 27/1-2, 1992, pp. 257-325.
1870, anno della sua morte.2 La questione è trattata esplicitamente in una lettera:
Accluse in questo plico ho rimesso a D. Gennarino la supplica per S.M. che Iddio guardi, con la lettera a S.E.il M. dellʼInterno per lʼaffare del Conservatorio e propriamente nel senso da te indicato. Sarò fortunato se potrò essere utile aʼmiei compatriotti impiegando i miei deboli talenti a pro della gioventú di un Conservatorio che mi glorio di appartenere per tanti titoli. Se il forestiere [Donizetti] dovrà essere preferito, procura tu con i tuoi rapporti dʼimpedire che il mio amor-proprio sia offeso.3
La genesi e la prima rappresentazione dellʼElena da Feltre si inseriscono temporalmente nellʼarco di questo triennio, e non possono, perciò, apparire disgiunte dalle conseguenze che queste possono comportare ai fini della nomina a direttore dellʼIstituto.4
Non stupiscono, infatti, lʼaccurata meticolosità e lʼeccessivo zelo cui il compositore si affida in moltissime lettere al Florimo e a Cammarano (riguardo alla messa in scena, al rispetto integrale della partitura, alla qualità degli interpreti, finanche alla precisa intonazione degli strumenti), al primo scrive: «Assisti particolarmente i cantanti – Va a qualche prova del Coro – Bada che le Campane non siano scordate – Lʼorgano che sia ben suonato – Che vada in scena matura – Che le decorazioni, vestiario corrispondi». 5 E al secondo: «Permettete che vi preghi di sorvegliare alla buona esecuzione ed alla messa in scena, non permettendo alterazioni, tagli, mutilazioni, credendo di essere stato breve abbastanza. Avendo tenuto un genere declamato ed espressivo, procurate che i cantanti sʼinteressino alla loro parte».
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Anche alcuni numeri musicali e specifici ruoli, come la parte del padre di Elena, Sigifredo (figura dalle chiare implicazioni politiche), sono supervisionati dallʼautore: «Bada che la parte del Padre Sigifredo, sia affidata ad un primo Basso, altrimenti sarebbe rovinato il Terzetto che chiude lʼatto primo, e che prepara gli altri»7 e ancora «Raccomando caldamente che il Basso che farà il padre sia buono, essendo
2 SANTo pAlermo - domeNICo deNorA, Saverio Mercadante, biografia, Fasano, Schena Editore, 2014, p. 138. 3 Lettera senza data ma probabilmente del 7-8 febbraio 1838, spedita al Florimo, cfr. SANTo pAlermo, Saverio Mercadante. Biografia, epistolario, Fasano, Schena Editore, 1985, pp. 181-182. 4 Scrive il compositore al Florimo: «Lʼesito mi sta sommamente a cuore, per le tante ragioni facili a comprendersi da te. La precisa interpretazione, il tuo zelo, la buona volontà deʼ cantanti, dellʼOrchestra, del Coro, dellʼImpresa, de copisti, possono molto concorrere a secondare le mie brame e sostenere un patriotta». Lettera del primo gennaio 1838, cfr. ivi, p. 179. 5 Ibidem. 6 Ivi, p. 178. 7 Ivi, p. 179.
impegnatissimo nel Terzetto che termina lʼatto P/mo».8
LʼElena da Feltre non ha un ruolo esclusivamente circostanziale, ma, come ho accennato allʼinizio, essa assume anche la monolitica veste di manifesto estetico di un nuovo modo di concepire lʼevento operistico. Nellʼormai famosa lettera al Florimo da cui è stato tratto, negli anni recenti, il sintagma di ʼriforma mercadantianaʼ, risulta esplicita questa rilevanza:
Ho continuata la rivoluzione principiata nel Giuramento: variate le forme, bando alle cabalette triviali, esilio ai crescendo, tessitura corta, meno repliche, qualche novità nelle cadenze, curata la parte drammatica, lʼorchestra ricca senza coprire il canto; tolti i lunghi assoli nei pezzi concertati che obbligavano le altre parti ad essere fredde a danno dellʼazione; poca gran cassa, pochissima banda.9
Lʼopera nuova per Napoli, dunque, vede ricalcare gli stilemi perseguiti nellʼopera precedente del Giuramento se non un loro assestamento qui, come nelle opere successive. Il merito di questa rivoluzione dovrebbe essere parimenti condiviso fra il compositore e il Florimo (questʼultimo aspetto, fra lʼaltro, poco studiato): allʼepoca del Marco Visconti, 10 il bibliotecario del Conservatorio diede a Mercadante dei consigli puramente estetici che il compositore ha saputo far suoi, pur riconoscendone il merito; rimarcando nuovamente lʼapplicazione con cui lʼopera è stata composta, scrive:
giacché ti ripeto che la studiai moltissimo, sia per la Drammatica, che per il canto, lʼinstrumentazione, tessitura, brevità, qualche novità: occupatene e non lasciarmi deluso, poiché avendo in essa praticati i consigli che mi dasti pel Marco-Visconti, desidero la tua critica per il lavoro, lasciando al Pubblico quella dellʼeffetto.11
La genesi
La genesi dellʼElena da Feltre è da racchiudere nellʼarco temporale di otto mesi. Lʼopera viene commissionata da Barbaja nellʼaprile del 1837, dopo una lunga trattativa: «Dopo unʼeterna corrispondenza con Barbaja si combinò la scrittura per unʼOpera senza lʼobbligo di venire alla piazza, posizione molto convenevole per i miei impegni da queste parti ma che mi priva per ora di poterti abbracciare unita-
8 Lettera spedita al Florimo del 26 novembre 1838, al ridosso della prima. Cfr. ivi, p. 189. 9 Ivi, p. 179. 10 Siamo nellʼestate del 1835, quando Mercadante lavora a questo nuovo soggetto operistico.
Purtroppo, lʼopera non vedrà mai la luce per una serie di motivi. Cfr. ivi, pp.143-144 e 147-148. 11 Cfr. nota 3.
mente al mio D. Gennarino ed amici tutti».12
Mercadante, in quegli anni, era ancora direttore della Cappella della Cattedrale di Novara, un impegno che necessariamente lo teneva lontano dalla piazza napoletana; vien da sé la convenienza dellʼofferta che lo esentava a non presenziare alle prove dellʼopera.13 Sempre allʼinterno della medesima lettera, vengono indicate il soggetto dellʼopera e il librettista: «Camerano mi ha spedito un argomento Elena degli Uberti, che mi piace, trovandoci forti passioni, movimento rapido di azione e buona distribuzione in generale, benché troppe arie».14 Lʼautore si dimostra parzialmente soddisfatto dellʼargomento, trovandovi alcuni degli stilemi caratteristici della sua riforma nonostante la presenza di troppe arie ne rallenterebbe notevolmente quella rapidità dʼazione ricercata.
Lʼopera viene terminata otto mesi dopo nel gennaio del 1838:
LʼElena da Feltre per la mia parte è stata compiuta e consegnata. Non saprei a chi raccomandarla meglio che allʼautore del dramma. Permettete che vi preghi di sorvegliare alla buona esecuzione ed alla messa in scena, non permettendo alterazioni, tagli, mutilazioni, credendo dʼesser stato breve abbastanza.15
Continuano le raccomandazioni al librettista per il rispetto integrale della volontà autoriale, contestualmente il compositore scrive anche al Florimo: «La mia nuova opera Elena da Feltre arriva a Napoli con la presente. Lʼeseguzione della medesima è intieramente affidata alla tua grandʼintelligenza, alla tua amicizia».16
Lʼopera, inizialmente in cartellone per la stagione 1837-38, viene rimandata a quella successiva 1838-39 a causa della persistente malattia della Toldi, colei che era stata scritturata come interprete della protagonista Elena. Già nella lettera dellʼ8 gennaio 1838, una settimana dopo che la partitura era stata completata e consegnata, Mercadante constata questa problematica in prima persona: «Sento con sommo dispiacere che la Toldi è ammalata. Non vorrei che Barbaja facesse qualche pasticcio sostituendo altra prima Donna non acconcia, da dove nascerebbe la necessità di alzare, sbassare, puntare e, per tutto dire, rovinare».17 Lʼufficialità del rinvio della
12 La lettera, spedita al Florimo, è priva di data ma può essere stata inviata intorno alla metà di aprile. Cfr. pAlermo, Saverio Mercadante. Biografia, epistolario cit., pp. 172-173. 13 È già stato fatto notare come il Florimo, e in minor misura Cammarano, interpretassero i voleri demandategli dallʼautore. 14 Cfr. pAlermo, Saverio Mercadante. Biografia, epistolario cit., p. 173. 15 Lettera spedita a Cammarano il primo gennaio del 1838, cfr. ivi, p.178. 16 Ivi. pp. 178-179. Il compositore conferma di aver spedito la partitura anche al Barbaja nella lettera dellʼ8 gennaio 1838: «Consegnai in Milano lo spartito completo al Sig. Gius. Villa da rimettere a Barbaja». Cfr. ivi, p. 180. 17 Ibidem.
prima avviene in una lettera successiva: «Barbaja mi ha scritto, che in grazia della malattia della Toldi, la darà lʼanno venturo».18
La preoccupazione profetica del compositore si avvera nella lettera successiva, quando lʼautore esplicita il suo disappunto per il rinvio dellʼopera, insinuando anche la volontà di voler favorire Donizetti nella nomina a direttore del Conservatorio:
LʼElena poteva rappresentarsi con la Palazzesi, il Reina e Barroilhet. Si è voluto favorire il socio, Cav. Donizetti e cosí, si è fatto scorrere inutilmente il tempo. Reina parte, gli altri Tenori che lo rimpiazzano sono di diverso genere, come non vedo Donne Soprano, come la Toldi o la Palazzesi. Al solito mi rovineranno il mio solito Spartito che ti assicuro di avere studiato moltissimo e curato in ogni sua parte.19
Ufficialmente rinviata, dunque, lʼopera scompare dalla corrispondenza, per ricomparire solo un mese prima dalla rappresentazione. Infatti, nella lettera del 26 novembre 1838, Mercadante riporta di aver trattato personalmente con il soprano Giuseppina Ronzi De Begnis per convincerla a interpretare il ruolo di Elena, parte che alla fine accetterà:
Col medesimo corriere di oggi ho scritto a Barbaja ed alla Peppina, ma con quella moderazione e circospezione necessaria in cosa tanto delicata. Questʼultima mi ha scritta una lunga lettera piena di amicizia e mostrandosi interessatissima per lʼaffare del Conservatorio e della citata Opera.20
Nella stessa lettera, vengono menzionati anche alcuni degli interpreti principali del cast: il famoso baritono Paul Barroilhet (nelle vesti di Guido) ed il celebre tenore Adolphe Nourrit (in quelle di Ubaldo). È utile qui notare come la classica disposizione dei registri vocali (Tenore/amoroso e Basso/antagonista) sia completamente sovvertito: Barroilhet interpreta il ruolo dellʼamante buono, mentre Nourrit quello di amante antagonista. La difficoltà nel bilanciare un siffatto cast vocale, a cui si aggiunge un pezzo da novanta come la De Begnis, è stato rimarcato anche dallʼautore nella stessa lettera: «il difetto di avere fatto amante il Basso Barroilhet ed il traditore al Tenore, lo rimarcai prima di comporre a Camerano, ma in quellʼepoca conveniva, trattandosi di Reina».21
Prima che lʼopera fosse rimandata alla stagione successiva, il tenore Domenico Reina avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Guido, mentre il Barroilhet quello di
18 Ivi, p. 182. 19 Ivi, p. 186. 20 Ivi, p. 188. 21 Ivi, p. 189.
Ubaldo. Una volta rinviata lʼopera, con il Reina che andò via da Napoli22 e con lʼarrivo al suo posto di Nourrit,23 i ruoli furono ribaltati, evidentemente per favorirne una disposizione piú omogenea.
La prima e le successive rappresentazioni
Riguardo al luogo della prima rappresentazione, essa andò in scena al Teatro di San Carlo di Napoli. La stessa certezza non è rinvenibile nelle fonti dellʼepoca e in quelle attuali per ciò che concerne il giorno esatto della prima rappresentazione. Soprattutto le fonti moderne sono molto precarie nello stabilirlo vertendo su due ipotetiche date con una discrepanza di cinque giorni: il 26 dicembre del 1838 e il primo gennaio del 1839.24
Scrutando fra le notizie musicali dei periodici del tempo, ne «LʼOmnibus» ho trovato una piccola recensione riguardo la possibile prima: «vi furono applausi di convenienza alla fine del I atto, di compiacenza alla fine del II atto, di amabilità nel duetto tra la donna (sig. Ronzi) e il basso (sig. Bariolhet), sinceri nella scena ed aria del tenore (Nourrit) con chiamata di costui sulla scena, e di cortesia alla fine dellʼOpera». 25
La recensione è stata pubblicata nel periodico del giorno 29 dicembre del 1838 e quindi tre giorni dopo la data del 26. Appare, dunque, abbastanza presumibile confermare questʼultima come data della prima rappresentazione in quanto, se prendessimo in considerazione la data del primo gennaio 1839, il periodico su citato offrirebbe una recensione di uno spettacolo la cui prima si sarebbe dovuta rappresentare tre giorni dopo. Per completezza, riporto gli altri interpreti (con i relativi ruoli) che presero parte alla prima: Pietro Gianni, Sigifredo; Teofilo Rossi, Boemondo; Giuseppe Benedetti, Gualtiero.26
22 Cfr. nota 18. 23 Nourrit giunse al Teatro di San Carlo successivamente alla definizione del primo cast e presumibilmente nellʼestate del 1838, ossia a ridosso della prima dellʼopera di Donizetti, il Poliuto. 24 Le varie fonti analizzate sono discordanti: GIoVANNI CASSANellI, Mercadante e la sua riforma.
Elena da Feltre, Bari, Mario Adda Editore, 2012, p. 88; JoHN BlACk, The italian romantic libretto: a study of Salvatore Cammarano, Edinburgh, The University Press, 1984; CArlo mArINellI roSCIoNI, Il Teatro di San Carlo. La cronologia 1737-1987, Napoli, Guida editore, 1988, p. 257;
«Il Lucifero» I, 1838-1839, riportano il primo gennaio 1839 come data della prima. Le fonti che riportano, invece, la data del 1838 come anno della prima sono: kAreN m. BryAN, An experiment in form: the reform operas of Saverio Mercadante 1795-1870, PhD diss., Indiana University, 1996 e pAlermo - deNorA, Saverio Mercadante, biografia cit.; anche il libretto della prima (cfr. nota 41) e alcune fonti manoscritte musicali (cfr. paragrafo Fonti musicali) riportano lʼautunno 1838 come periodo della prima rappresentazione. 25 «LʼOmnibus» VI, 35, 29 dicembre 1838, p. 140. 26 In mArINellI roSCIoNI, Il Teatro di San Carlo cit., gli ultimi due ruoli non vengono elencati.
Lʼopera sarà replicata solamente unʼaltra volta nella stagione corrente, evento abbastanza inusuale per un titolo nuovo nel panorama operistico dellʼOttocento. Le cause di questo insuccesso sono reperibili in tre circostanze. La prima è dovuta alla malattia di un cantante del cast; la notizia è data allʼinterno del periodico «LʼOmnibus»:
LʼElena da Feltre del maestro Mercadante che ci dava molto a sperare, dopo la prima sera di dubbio successo, non si è potuta piú riprodurre. Barrohillet, il bravo artista che solo per tre anni ha sostenuto tutte le fatiche che il Teatro S. Carlo presenta ad un primo basso cantante, per sua e pubblica sventura si è gravemente ammalato, ed ecco, che lʼElena non si è potuta piú riprodurre.27
Anche il ruolo della critica, da sempre poco clemente nei confronti delle prime rappresentazioni, ha avuto un peso non indifferente; da «Il Lucifero» leggiamo una pungente recensione:
Per quanto voglia accordarsi a questa sua musica, essa potrà contendere con la precedente in sapienza non in beltà. Nel Giuramento la solenne maestria del concento è pareggiata dalla leggiadria e spontaneità persuasiva deʼ motivi; laddove nellʼElena da Feltre queste due ultime cedono tutto il luogo alla prima. […] Del Giuramento, uditolo una volta appena, scrivemmo tutto quel bene che per noi si seppe; e se dovessimo riscriverne, ciò non sarebbe che per aggiungervi poche altre lodi. Siamo certi che tornando ad ascoltar lʼElena, nulla vi troveremo che non sia una lezione di contro-punto; ma non tutto ciò che giova nel Conservatorio diletta in teatro.28
In ultimo, rileviamo lʼattività della censura che avrebbe potuto contribuire, in parte, allʼinsuccesso dellʼopera. È risaputo, soprattutto nei decenni successivi al concilio di Trento e con particolare riferimento alla città di Napoli, come lʼattività censoria prediliga un oscurantismo che coinvolge non solo la stesura del libretto, ma anche la sua successiva diffusione. Lʼorgano censorio borbonico era particolarmente incline a vagliare i libretti nelle loro sfumature filo-cattoliche al fine di favorirne, invece, una loro laicizzazione. Nel caso dellʼElena da Feltre, per esempio, il giorno dopo la prima rappresentazione, il censore Ruffa ha richiamato, e multato, il librettista Cammarano, costringendolo a modificare alcuni versi del libretto proprio in direzione di questa prospettiva: i versi «Qual mi presto innanzi a Dio, Qui mʼatterro aʼ piedi tuoi» e altri di questo genere sono stati additati come il corpo
Lo sono invece in mAIoNe - Seller, Lʼultima stagione napoletana di Domenico Barbaja cit., pp. 257-325. 27 «LʼOmnibus» VI, 38, 19 gennaio 1839, p. 152. 28 «Il Lucifero» I, 49, 9 gennaio 1839, p. 196.
del reato e costretti alla rimozione. Riporto la lettera di richiamo del censore Ruffa al librettista: «Al signor Barbaja. Cammarano multato di tot ducati per essere stato richiamato al cospetto del Sig. Ruffa per il cambiamento dei versi della Elena da Feltre».29
Nonostante il dubbio successo della prima, Mercadante sembra molto compiaciuto del suo esito. Proprio dalla cittadina, scrive una lunga lettera in cui dispensa lodi e gratitudine ai protagonisti che hanno accompagnato le fasi delle prove e la prima assoluta, la riporto integralmente:
Approvo moltissimo la condotta tenuta da te e D. Gennarino riguardo a Festa… Era necessario dʼinteressarlo e procurare che la mia Opera fosse in ogni sua parte eseguita bene onde fare che il giudizio del Pubblico sia piú giusto ed il Compositore abbia a lusingarsi di essere meglio inteso. Mille baci per esserti opposto alla giunta di cadenza nellʼaria di Bariolet… questi benedetti cantanti non vogliono rischiare, come si farebbe a trovare nuovi effetti?... Sʼio non avessi seguito i tuoi consigli, starei ancora colle maledette cabalette, ripetizioni, lungaggini, e cet… Questa mia nuova carriera la devo a te, che mi hai scosso dal mio letargo ridonandomi a nuova musical vita. Le tue riflessioni sulla Ronzi sono giustissime, ma come aver da fare?... con qual coraggio mettere in carta, non la voglio?... Essa, da quanto mi dici, è sempre gran cantante ed io ho lusinga che saprà superare gli ostacoli degli anni, della pinguedine col suo merito e con la tua cooperazione. In una parola, io mi chiamo soddisfatto che un lavoro da me tanto curato, sia daglʼintelligenti stato inteso, e dagli esegutori preso con amore, con zelo. Qualunque ne sia lʼesito ti prego di esternare la piú viva gratitudine alla Ronzi, a Nourit, a Bariolet, Gianni: mi ha consolato in rimarcarmi i due finali e la sinfonia poiché i pezzi da me piú accarezzati ed amati. Ringrazia tanto il bravo Camarano per le pene che si è date per la messa in scena, cosa essenzialissima in questʼOpera di tanto interesse. Lo stesso fa collʼamico M.tro Cordella per il quanto si è prestato per lʼOpera in generale e in particolare per lʼaria di Nourit, che convengo nellʼimpossibilità di cantarla comʼera scritta e nella necessità di puntarla.30
Soprattutto nei confronti di Cammarano, Mercadante dimostra la sua piú viva gratitudine e soddisfazione per il libretto, contenente, a suo dire, quelle caratteri-
29 BlACk, The italian romantic libretto cit., p. 54; gli interventi di laicizzazione del libretto hanno interessato anche lʼaltra opera di Mercadante, nella ripresa napoletana del Giuramento qualche mese prima. Le modifiche sono riportate in mAIoNe - Seller, Lʼultima stagione napoletana di
Domenico Barbaja cit., pp. 284-291. 30 Lettera da Novara del 7 gennaio 1839, successiva di poco alla prima rappresentazione. Cfr. pAlermo, Saverio Mercadante. Biografia, epistolario cit., pp. 191-192.
stiche che lui ricercava nei soggetti operistici attinenti al periodo della riforma. È proprio il compositore che di suo pugno tesse le lodi per il lavoro testé compiuto allʼinterno di una lettera che ha per oggetto la stesura della nuova opera Monaldeschi, ossia Cristina di Svezia, in cui si dimostra molto critico riguardo alla prima bozza:
Quando io prego e pongo per patto di scrittura che il bravo Cammarano deve compormi il libro, intendo che sia composto espressamente per me, poiché Cammarano sa ciò che mi conviene, ciò che desidero, e mi contenta come fece con lʼElena. […] Io voglio da voi unʼOpera che abbia a girare tutta Italia, come lʼElena, che mʼabbia a dare campo allʼimmaginazione, alle novità.31
Trascorsi alcuni giorni e comparse le prime recensioni sui giornali, Mercadante deve raffreddare la sua contentezza e constatare che la prima non ha ottenuto i risultati sperati. Punta il dito contro la De Begnis, anagraficamente non piú in forma come prima: «LʼElena è lʼOpera che in giornata gira piú di ogni altra, mi da del lucro e della gloria, mentre il Paese [Napoli] dove fu data la prima volta ancora non lʼha apprezzata e ciò per la sola prima Donna, poiché ci vuole una giovane e non una vecchia».32
Lʼopera ritornerà sempre al Teatro di San Carlo nella stagione successiva 183940, questa volta con ben otto repliche e con il favor di critica.33
Da «LʼOmnibus» del 12 Ottobre 1839 è riportata questa recensione: «LʼElena del Mercadante è tal musica che ridata qui mostra e conferma sempre il gran valore del maestro»,34 ed in quello del 26 ottobre «lʼElena da Feltre che torna di sera in sera piú gradita, e ad onor del vero dobbiam far lode a Basadonna che cantò lʼaltra sera con moltʼanima sua».35
Il periodico, oltre a fornirci una recensione di tuttʼaltro favore se paragonata a quella immediatamente successiva alla prima, loda la prestazione di Giovanni Basadonna che ha sostituito il Nourrit morto suicida pochi mesi dopo la prima dellʼElena dellʼanno precedente. Quello del tenore non è stato lʼunico ruolo a subire un cambio di interprete, anche la De Begnis è stata sostituita da Matilde Palazzesi, fra le papabili a ricoprire il ruolo di Elena nella prima assoluta e con la contentezza dellʼautore.36
Dopo che lʼopera è stata rappresentata per il secondo anno di fila al Teatro di San Carlo e con la dovuta rivalutazione della critica, lʼElena da Feltre inizia la sua
31 Lettera da Novara a Cammarano, cfr. ivi, p. 203. 32 Lettera spedita da Novara il 14 giugno 1839. Cfr. ivi, p. 199. 33 Il numero di repliche è riportato in mArINellI roSCIoNI, Il Teatro di San Carlo cit., p. 261. 34 «LʼOmnibus» VII, 24, 12 ottobre 1839, p. 96. 35 Ivi, 26, 26 ottobre 1839, p. 104. 36 Cfr. mArINellI roSCIoNI, Il Teatro di San Carlo cit., p. 261.
carriera operistica. Già John Black sostiene che lʼopera rimase nei cartelloni italiani per almeno cinque anni, per poi essere rappresentata solo sporadicamente fino al 1857.37 Grazie alla consultazione della corrispondenza, si può constatare la diffusione che lʼopera ebbe negli anni successivi alla seconda rappresentazione napoletana, solcando i palcoscenici di alcuni dei teatri piú importanti già sei mesi dopo: «Fui in Reggio in occasione della gran fiera per dirigere lʼElena da Feltre, che ottenne il piú strepitoso successo, che si possa immaginare: ti basti che già in Padova, Venezia, Genova, Bologna Verona, Ravenna, Siena si è deciso di riprodurre d/ta Opera, corrente anno»38 e ancora «Rapporto allʼElena, già ti dissi che mi affidavo a te. QuestʼOpera continua a far furore da per tutto: in Pisa ha rivoltato; sabato 20 corr. si darà qui e spero bene assai».39
Fra le repliche in palcoscenici principali non possiamo non menzionare quella scaligera nellʼagosto del 1843, oltre a quelle avvenute al di fuori dei confini italiani: Lisbona, Teatro de São Carlos, 1840; Londra, Covent Garden, 1841; Madrid, Teatro de la Cruz, 1841 e infine Corfú, Teatro di San Giacomo, stagione operistica 1842-43.40
Le fonti poetiche e il libretto
Lʼazione si svolge nella città di Feltre intorno al 1250. A fare da sfondo al dissidio interiore di Elena vi è la contesa politica fra guelfi e ghibellini, rappresentati in scena rispettivamente da Boemondo, Ubaldo ed Imberga e da Sigifredo, Gualtiero ed Elena.41
Non è facile ricostruire le fonti poetiche e letterarie da cui il soggetto operistico ha attinto. Già John Black aveva rilevato che «le fonti dellʼElena da Feltre
37 BlACk, The italian romantic libretto cit., p. 59. 38 Lettera da Novara al Florimo, 3 giugno 1839. Cfr. pAlermo, Saverio Mercadante. Biografia, epistolario cit., p. 196. 39 Ivi, p. 202. 40 Lʼelenco completo di tutte le rappresentazioni dellʼopera è consultabile su: <http://corago. unibo.it/opera/Z000053381> (ultima consultazione 13 luglio 2021). 41 Prendo in considerazione il primo libretto stampato a Napoli nel 1838 e consultabile online: <https://books.google.it/books?id=VI8prxcwXAoC&printsec=frontcover&hl=it&source=g bs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false>, p. 4 (ultima consultazione 13 luglio 2021).
Segnalo, inoltre, unʼincongruenza storica: la famiglia Uberti è notoriamente appartenuta alla fazione ghibellina (basti considerare lʼesponente piú di spicco nella persona di Farinata degli
Uberti) ma, nel testo operistico, Sigifredo e la figlia appartengono alla fazione opposta, quella dei guelfi. Fra le possibili cause di questa distorsione sicuramente può essere annessa quella della censura ma è pur vero che fra le risme delle varie correnti familiari, vi possa essere qualche esponente che non avalli incondizionatamente posizioni esplicite familiari, percorrendo binari diversi. Anche Bianchino da Camino, in questo senso, ne è una lampante testimonianza: rimase fedele alla fazione guelfa nonostante alcuni esponenti della sua famiglia passarono alla fazione opposta.
sono sconosciute».42 Una constatazione figlia indubbiamente della mancanza dellʼargomento allʼinterno della struttura del libretto operistico. Questa sezione preliminare, alla quale lʼautore del testo si affida per chiarire le fonti letterarie alla base della trama operistica, è alle volte indispensabile per ricostruire le fonti stesse. È una mancanza abbastanza inusuale per lʼepoca: basti confrontare due libretti musicati da Mercadante, uno precedente e lʼaltro successivo allʼElena da Feltre, ossia il Giuramento (1837) e il Bravo (1839). Entrambi i testi di Gaetano Rossi riportano lʼargomento, nel quale lʼautore indica da quali fonti letterarie si è ispirato per la stesura del libretto.43
A questa mancanza bisogna, inoltre, aggiungere lʼirreperibilità di rappresentazioni nel panorama europeo, soprattutto di pièce teatrali, che possano avere un qualcosa di familiare con il soggetto di Cammarano.
Un documento assolutamente inedito (Appendice 1), autografo del librettista napoletano e conservato allʼinterno di una miscellanea, viene in mio soccorso, restringendo il campo di ricerca nellʼindividuare le fonti letterarie del libretto, lo riporto integralmente:
I fatti di Eccelino III da Romano occupano la pagina piú sanguinosa del medio-evo: son purtroppo note le atrocità di questo scellerato usurpatore e di quelle piú anco di chi lo rappresentava nelle terre da lui depredate. Sotto il torneo giogo dʼuno di questi suoi luogotenenti (di lui piú vili, barbari non meno) ha luogo lʼavvenimento che io svolgo nel mio Dramma: esso è parte imitato da Schiller.44
Pur senza menzionare esplicitamente il titolo dellʼopera, Cammarano certamente fa riferimento allʼElena da Feltre. Lo si deduce facilmente dallʼambientazione storica che fa da sfondo al dissidio interiore della protagonista (I fatti di Eccelino III rimandano alla contesa fra Guelfi e Ghibellini materializzati in scena); il riferimento ad uno dei suoi “luogotenenti” come rappresentante di un potere autocratico (Ezzelino III non è un personaggio dellʼopera, ma agisce indirettamente nelle vesti di un suo luogotenente, Boemondo).
Veniamo ora alla novità principale, lʼ“avvenimento” a cui lʼautore fa riferimento (ossia lo strazio interiore di Elena combattuta fra lʼamore paterno e quello coniugale, e che rappresenta il perno necessario dellʼopera) è «parte imitato da Schiller».
Con la stessa cautela di Cammarano nellʼindicare la materia poetica del suo “Dramma”, avanzo una possibile ipotesi al riguardo.
Ritengo, innanzitutto, che lʼinfluenza schilleriana abbia solo in parte suggestionato la fantasia di Cammarano, il quale ha tratto ispirazione, per la stesura del suo
42 BlACk, The italian romantic libretto cit., p. 59. 43 I libretti hanno attinto rispettivamente da Angelo, tyran de Padoue di Victor Hugo e La Vènitienne di Auguste Anicet-Bourgeois e The Bravo di James Fenimore Cooper. 44 Biblioteca Nazionale di Napoli Vittorio Emanuele III, Miscellanea, Mss. B. XII, 153.
dramma, da un singolo evento, da una specifica situazione cavata dalle pièce teatrali di Schiller. Fra i titoli del drammaturgo tedesco, infatti, non vi sono trasposizioni facilmente e immediatamente riconducibili allʼElena da Feltre, quanto, invece, un argomento specifico, ossia quello della donna divisa fra lʼamore paterno e quello coniugale contrastato da intrighi di corte e soprusi di un governo assolutistico.
È quanto, in sostanza, accade nella Luise Miller schilleriana, lʼamore ostacolato da un potere autocratico fra Luise, figlia di un maestro di musica, e Ferdinand, figlio di un ministro di un piccolo stato tedesco. Il padre della protagonista viene incarcerato e sfruttato come pedina di ricatto nei confronti della figlia, che per salvarlo deve rinunciare al sentimento dʼamore che lega i due giovani.45
La disparità di casta dei due amanti (causa dellʼinconciliabilità del loro amore in Schiller) è assente in Cammarano: fra lʼamore di Elena e Guido si contrappone un puro capriccio, ossia quello di far sposare questʼultimo con Imberga, la figlia del luogotenente Boemondo. Anche in questo caso, il potere assolutistico della corte sfrutta il sentimento paterno di Elena, rinchiudendo il padre in carcere e imponendole di rinunciare al suo amore per Guido, pena la condanna a morte del padre.
Cammarano conosceva probabilmente la pièce di Schiller già prima della traduzione italiana a cura di Andrea Maffei del 1852 (quella da lui utilizzata successivamente per la trasposizione operistica verdiana dellʼomonima tragedia).46 Già prima di quella data, infatti, esistevano almeno due traduzioni di Kabala und Liebe che, verosimilmente, Cammarano poteva conoscere: la prima del 1817 dal titolo Amore e raggiro a cura del letterato parmense Michele Leoni,47 la seconda del 1834, con identico titolo del precedente, pubblicata a Milano dallʼeditore Placido Maria Visaj.48
Se da un lato, dunque, il richiamo schilleriano nella fattispecie della trama e delle compagini agenti sulla scena sia evidente, dallʼaltro il contesto storico che sottende la vicenda non ha nulla di familiare con le tragedie del drammaturgo tedesco (fatto salvo il potere assolutistico che incombe sulle scelte dei personaggi).
Cammarano sceglie di localizzare il dramma in Italia nel 1250, quando la contesa politica era divisa fra guelfi e ghibellini e quando gli eventi sanguinosi di Ezzelino III imperversavano il settentrione. Il condottiero ghibellino, proprio negli anni di genesi dellʼopera, era sotto una rivalutazione critica e censurabile della sua figura da parte di tutto il mondo intellettuale. Pochissimi mesi dopo la prima dellʼElena, per esempio, al Teatro alla Scala di Milano va in scena lʼOberto verdiano (testo di Temistocle Solera) la cui ambientazione storica ha luogo proprio nellʼItalia medievale del XIII sec; oppure la tragedia di Carlo Marenco del 1832 il cui titolo riprende
45 FrIedrICH SCHIller, Teatro, prefazione di Hans Mayer, trad. it. di Barbara Allason e Maria
Donatella Ponti, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1969, pp. 235-329. 46 Cabala ed amore, dramma di Federico Schiller, trad. it. di Andrea Maffei, Milano, Ed. Pirola, 1852. 47 Amore e raggiro, dramma di Schiller, trad. it. di Michele Leoni, Firenze, Leonardo Ciardetti, 1817. 48 Amore e raggiro: dramma in cinque atti in prosa di F. Schiller, Milano, P.M.Visaj, 1834.
il nome del famoso condottiero.49
Non è un caso, dunque, che Cammarano decida di trasporre la vicenda di Luise/ Elena nel periodo storico in cui non vigevano regole, o meglio solo quelle promulgate da un solo uomo al potere. E non è neanche un caso che in quegli anni la rivalutazione storica di Ezzelino trovi il suo culmine proprio nella decade ʼ20-ʼ30, in cui la miccia del moto risorgimentale scuote nuovamente le potenze assolutistiche europee.
Ricercare le fonti storiche che Cammarano può aver consultato per imbastire il suo dramma è molto complesso. A lui erano sicuramente note le gesta poco nobili del condottiero e il documento che ho sopra riportato ne è una prova lampante. Tuttavia, ritengo che un testo in particolare possa aver fornito le basi storiche necessarie a Cammarano, se non altro per la fama di cui gode questa fonte fra gli intellettuali dellʼepoca.
Mi riferisco al testo di Pietro Gerardo del XVII sec., che riporta alcune gesta condotte da Ezzelino III da Romano a discapito proprio del signore di Feltre, Bianchino da Camino:
Ezzelino posto ad ordine un grosso essercito si partì di Padoa, e andò per soggiogare Feltre, e Belluno, le qual città erano di Bianchino da Camino [...]. I Feltrini, vedendosi il campo a torno la città vennero subito a patti con Ezzelino di darla allʼImperatore con conditione che Bianchino da Camino potesse uscire con tutte le sue famiglie, il qual uscito andò a Belluno. [...] Lʼanno seguente 1249, Ezzelino tornò con le sue genti alla città di Bellon, e quella finalmente hebbe, e Bianchino da Camino salvassi suʼl fiume di Livenza.50
Nellʼopera di Mercadante, Sigifredo (il padre della protagonista) compie le stesse gesta di Bianchino da Camino descritte nel testo di Pietro Gerardo; ciò farebbe supporre la presenza di un contesto storico effettivamente esistito che faccia da sfondo alla trama del libretto tratto da Schiller e la conseguente associazione del personaggio storico di Bianchino da Camino con quello di Sigifredo.51
Se confrontiamo le duplici gesta, infatti, si nota che entrambi hanno dovuto esiliare dalla città di Feltre perché caduta sotto il potere di Ezzelino (ciò accade nellʼopera nellʼantefatto); entrambi si sono rifugiati nella città vicina di Belluno; infine, entrambi sono stati costretti ad abbandonarla perché questʼultima è caduta
49 CArlo mAreNCo, Ezzelino terzo, tragedia, Torino, Giuseppe Pompa, 1832. 50 pIeTro GerArdo, Historia dʼEzzelino terzo da Romano, nella quale non solo si contiene la vita, ma anco lʼorigine, e fine della sua famiglia. Con le guerre, e successi notabili, occorsi nella Marca
Triuisana dal 1100 finʼal 1262. Raccolta da diverse antiche historie, Vicenza, Francesco Groffi, 1610, pp. 70v-r. 51 Fra lʼaltro, il tema dellʼesilio (presente nel dramma ma non nella pièce schilleriana) può essere stata tratta proprio dal testo di Gerardo.
sotto il potere del condottiero.
Se questʼassociazione può sembrare bizzarra, a mio favore cito le parole di Elena Randi, desunte dal suo libro Il teatro romantico, in cui si può riscontrare come non sia la prima volta che poeti e drammaturghi si rifanno al testo di Gerardo: «Le gesta di Angelo sembrano tratte, almeno in parte, da quelle di Ezzelino III da Romano, […] sul quale senza dubbio Hugo ha letto Vita e gesti di Ezzelino III da Romano di Pietro Gerardo».
52
Esiste, però, unʼipotesi leggermente contraria a quella proposta sinora, ossia ritenere il libretto di Cammarano una trasposizione operistica di un testo preesistente (come avveniva per la maggior parte dei libretti), e non una semplice suggestione commista ad una cospicua dose di fantasia e ricerca storica (come ho fin qui proposto). Questa ipotesi si concentra in particolar modo sullʼesistenza di una pièce teatrale dal titolo Elena degli Uberti, una tragedia di Enrico Franceschi rappresentata la prima volta al Teatro Nuovo di Firenze il 9 febbraio 1852 ed indi stampata nello stesso anno. Le differenze fra il testo della pièce e quello del libretto sono minime: differiscono nella suddivisione in atti (cinque contro tre) e per i nomi differenti di alcuni personaggi, ma la sostanza è la stessa. Alla luce di questo raffronto, John Black sostiene che vi sia una stessa matrice genetica alla base dei due testi, anziché una trasposizione teatrale successiva del libretto di Cammarano.53 A fronte di quanto sinora ho proposto, ritengo, invece, che la tragedia di Franceschi sia in realtà una semplice trasposizione inversa del dramma di Cammarano.
Le fonti musicali
La partitura autografa dellʼElena da Feltre è tuttʼoggi irreperibile. Vi è traccia nella corrispondenza di due copie autografe; la prima fu spedita sicuramente allʼamico Florimo affinché questʼultimo potesse esprimersi in un giudizio. Infatti, nella lettera del primo gennaio 1838, Mercadante scrive: «La mia nuova Opera Elena da Feltre arriva in Napoli con la presente».54 La seconda, invece, è stata spedita allʼimpresario Barbaja; sempre al Florimo scrive una settimana dopo la prima lettera: «Consegnai in Milano lo spartito completo al Sig. Gius. Villa da rimettere a Barbaja».55 Queste sono state le uniche copie autografe in possesso dellʼautore; ne abbiamo certezza perché, in occasione di una richiesta di modifica della parte del tenore Nourrit, il compositore si giustifica nellʼimpossibilità di puntarla in quanto non possiede piú una partitura dellʼopera:
52 eleNA rANdI, Il teatro romantico, Urbino, Editori Laenza, 2016, pp. 174-175. 53 Lʼipotesi è sostenuta anche da BlACk, The italian romantic libretto cit., p. 59. 54 Lettera inviata al Florimo, cfr. pAlermo, Saverio Mercadante. Biografia, epistolario cit., p. 178. 55 Ivi, p. 180.
Ti dissi che mi fu impossibile contentare lʼimmenso Nourrit, atteso che dellʼElena nulla conservai ed anco i primi schizzi furono lacerati nel cambiamento di casa che feci lo scorso 7bre - Come aggiustare e rifare unʼAria senza ricordarsi di ciò che la precede, di ciò che la segue? Le stesse ragioni dovevano servire per la frase del Terzetto, che somiglia alla Norma, e che ti autorizzai amplamente per mascherarla e fare ciò che meglio stimavi per il meglio.56
Per fortuna non sono poche le fonti primarie che possono sopperire alla mancanza della partitura autografa; Karen Bryan ne riporta tre (di cui due solamente riscontrate) dellʼElena da Feltre: la prima è quella conservata presso la Biblioteca del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli; la seconda si trova presso la Biblioteca del Conservatorio di Musica Luigi Cherubini di Firenze (questʼultima è una fonte non manoscritta, bensí edita a stampa dallʼeditore Francesco Lucca); la terza allʼinterno dellʼArchivio Storico di Ricordi.57
Le copie manoscritte complete dellʼopera sono due: la prima è quella napoletana, conservata nella Biblioteca del Conservatorio e riportata da Bryan; la seconda, invece, si trova presso il Fondo Musicale “Giuseppe Greggiati” di Ostiglia in provincia di Mantova.
La fonte napoletana, con collocazione 3.5.11, è costituita da cc. 368. La c. 1r, di cui ne allego lʼimmagine (figura 1), riporta la seguente didascalia, non uniforme, scritta con tipi di inchiostro differenti e calligrafie diverse: Elena da Feltre | Dramma tragico in tre atti di Salvatore Cammarano | Musica | Del Maestro Saverio Mercadante | Rappresentato al Real Teatro S. Carlo lʼanno 1838 | Atto primo, secondo, e terzo. La segnatura del secondo e terzo atto, a cui si aggiunge quella che attesta lʼautore del libretto e lʼanno ed il luogo della prima rappresentazione, sono successivi rispetto alla segnatura dellʼatto primo, al titolo dellʼopera e al suo autore, oltre che scritti con un inchiostro nero differente. Questa disomogeneità calligrafica farebbe supporre che la fase di copiatura sia stata frutto di piú mani e realizzata in tempi differenti.
La fonte è datata ca. 1860, di molto successiva alla prima rappresentazione ma circoscrivibile al periodo in cui lʼautore era al culmine della sua esperienza di direttore del Conservatorio di Napoli. Questo dato, di per sé molto significativo, attesta che questa partitura manoscritta fosse nota al compositore, aumentandone cosí la valenza autoriale.
56 Ivi, p. 191. 57 BryAN, An experiment in form cit., p. 199. Purtroppo, a seguito di una ricerca nellʼArchivio
Storico di Ricordi, non è stata riscontrata nessuna partitura né manoscritta né edita a stampa.
Figura 1: SAVERIO MERCADANTE, Elena da Feltre, copia manoscritta, c. 1r (Biblioteca del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli, 3.5.11).
Sempre allʼinterno della Biblioteca del Conservatorio di Napoli sono custodite altre due partiture manoscritte: si tratta dellʼAtto I dellʼopera di cc. 172 – con segnatura 0(A).7.0(11) e databile fra il 1861 e il 1890, quindi successiva alla fonte precedentemente descritta – e la sinfonia dʼapertura dellʼopera – segnatura 26.7.1(1-56) e databile fra il 1811-1840 – con annesse parti staccate degli strumenti per un totale di cc. 202.
La seconda partitura completa, ossia quella conservata presso il Fondo Musicale “Giuseppe Greggiati”58 di Ostiglia con segnatura Mss. Mus. B 141, è antecedente alla fonte napoletana e databile fra il 1838 e il 1840. Nonostante la partitura manoscritta
58 Era un sacerdote nato a fine Settecento a Ostiglia con la passione per la musica tanto da diventare un collezionista di manoscritti e di edizioni a stampa.
non sia autografa del sacerdote Greggiati, ad essa è anteposto un frontespizio (figura 2) scritto di suo pugno con le informazioni a lui note circa lʼopera. Il sacerdote, infatti, era solito preporre alle fonti manoscritte un generico frontespizio in cui riassumeva tutte le informazioni riferibili alla composizione.
Figura 2: SAVERIO MERCADANTE, Elena da Feltre, frontespizio (Ostiglia, Fondo Musicale “Giuseppe Greggiati”, Mss. Mus. B 141).
Oltre alla partitura completa, nel Fondo sono conservate anche altre sei partiture di numeri musicali specifici. Quattro di queste (ossia la cavatina «Parmi che alfin dimentica», la romanza e duetto «Madre che in ciel», il duetto «Ardon già le sacre faci» e la romanza «Ah si? del tenero amor mio») sono autografe del sacerdote e riportano la data di agosto 1843. Le altre due, non autografe e databili successivamente fra il 1841 e il 1860, sono il coro dʼintroduzione «Ti scuoti Ubaldo» e la scena «Miei prodi sorgete allʼarmi».
Giova ricordare che lʼopera, nel corso delle sue repliche italiane, fu rappresentata anche al Teatro Sociale di Mantova nel carnevale del 1840. È presumibile ritenere, dunque, che queste partiture autografe del sacerdote, e le copie, siano state prodotte successivamente alla replica mantovana.
Concludo riportando le cospicue fonti a stampa, segno tangibile non solo della discreta diffusione dellʼopera a cavallo degli anni ʼ30-ʼ40, ma anche della fattiva collaborazione fra il compositore e i maggiori editori del tempo, vale a dire Giovanni Ricordi e Francesco Lucca.
I rapporti epistolari con i due editori denotano lʼinteresse nei confronti della nuova opera; il 17 gennaio del 1839, poche settimane dopo la prima, il compositore scrive allʼeditore Francesco Lucca:
LʼElena da Feltre, Melodramma in tre atti, è del Sig. Cammarano. Io non dimentico i doveri che ho con te per le varie partizioni in stampa che gentilmente mi hai procurato, e ti prego di pazientare sino alla Primavera ondʼio possa di concerto con te, farti cosa grata, che se non in tutto, almeno in parte di compensi deʼtanti sacrifizj, giacché ora mi trovo occupatissimo della nuova Opera [il Bravo].59
Meno frequenti nella corrispondenza sono i rapporti epistolari con lʼeditore Ricordi; lʼElena da Feltre viene citata solamente allʼinterno di una lettera, nel cui corpo Mercadante informa lʼeditore della spedizione della nuova cavatina di Elena.60
Le fonti a stampa, indispensabili per una futura collazione in vista di unʼedizione critica, sono tutte disponibili nei duplici esemplari pubblicati dalle due case editrici: una riduzione per pianoforte solo, una riduzione per pianoforte e voce ed una terza a cui si aggiunge anche la parte corale.
59 pAlermo, Saverio Mercadante cit., p. 193. 60 «Col vetturino Riva, ti ho spedito la nuova cavatina dellʼElena ridotta», ivi, p. 206.
Figura 3: SAlVATORE CAMMARANO, appunto su Elena da Feltre (Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo © Biblioteca Nazionale di Napoli, Miscellanea, Mss. B. XII, 153).