La città Metropolitana per la Regione dello Stretto

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La cittĂ Metropolitana per la Regione dello Stretto

a cura di Enzo Tromba, Josè Gambino



La cittĂ Metropolitana per la Regione dello Stretto

a cura di Enzo Tromba, Josè Gambino


Š2009 Iiriti Editore Via del Torrione, 31 89125 Reggio Calabria Tel. 0965.811278 info@iiritieditore.com www.iiritieditore.com ISBN 978-88-6494-012-0

In copertina: Francesco Musane, Sulle ali del vento, tecnica mista su tavola, 30x30 cm


INDICE Presentazione Edoardo Mollica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Introduzione Enzo Tromba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 PARTE I LE RIFLESSIONI INIZIALI CAPITOLO I L’area dello Stretto: l’incrocio di tre conurbazioni Josè Gambino, Enzo Tromba

1. La conurbazione dello Stretto individuata dai grandi maestri della geografia italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2. Le relazioni antropiche all’interno della conurbazione dello Stretto . . . . . . . . . . . . 13 3. La conurbazione delle due frecce sicule e la “conurbazione dell’arco calabro” . . . . 13 4. La conurbazione dello Stretto come ecometropoli e come tecnopoli . . . . . . . . . . . . 15

CAPITOLO II Le aree metropolitane: delimitazione e proposte di istituzione Josè Gambino, Enzo Tromba

1. La proposta della Provincia regionale di Messina per la delimitazione dell’area metropolitana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 2. L’area metropolitana di Messina sulla base della delimitazione definitiva effettuata dalla Regione Sicilia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 3. Le proposte per l’area metropolitana di Reggio Calabria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 4. La recente istituzione di Reggio Calabria città metropolitana e la situazione delle future 14 città metropolitane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 5. Ipotesi Provincia di Reggio Calabria e Messina: l’area metropolitana integrata dello Stretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 6. Ipotesi Regione Calabria l’area metropolitana dello Stretto, progetto di legge 142 e proposta di legge 3/8ª . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 7. La necessità di istituzione di un’area metropolitana unica per le due sponde dell’area dello Stretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

CAPITOLO III Forme innovat ive di cooperazione interregionale: interreg iii Josè Gambino, Enzo Tromba

1. La costituzione della “Regione - città mediterranea” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 2. La cooperazione interregionale in Europa: gli esempi delle aree dell’Orensud e della Manica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 3. I Accordo Integrativo APQ Società dell’Informazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44


PARTE II LA REGIONE DELLO STRETTO

Gli scenari di riferimento

CAPITOLO IV

Francesco Calabrò

1. La Strategia di Lisbona. L’Area di Libero Scambio del Mediterraneo . . . . . . . . . . . . . 47 2. Il Quadro Strategico Nazionale e Il Documento Strategico per il Mezzogiorno . . . . . . 48 3. I Programmi Operativi Regionali della Sicilia e della Calabria . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

Dal dibattito all’operatività

CAPITOLO V

Francesco Calabrò, Lucia Della Spina

1. Le risorse identitarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 2. Strumenti per il governo del processo: il Programma Operativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 3. Concertazione e partecipazione: la Road Map per la città metropolitana dello Stretto . . . . 57 4. Prospettive e argomenti di discussione per le scelte strategiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 5. Le valutazioni come momento di accompagnamento e di sintesi di percorsi e strumenti innovativi per il governo del territorio . . . . . . . . . . . . 59 CAPITOLO VI Dalla “città per il Ponte” al “Ponte per le città” Josè Gambino

1. No al Ponte sullo Stretto, Sì al Ponte per lo Stretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 2. Il “Ponte per lo Stretto” come “Ponte d’arte, del mito, delle civiltà mediterranee . . . . 66 CAPITOLO VII La necessità della continuità fisica: il collegamento stabile a carattere urbano Alessandro Rugolo

1. La condizione attuale del sistema dei trasporti nell’area dello Stretto . . . . . . . . . . . . . 70 2. Il concorso per l’attraversamento stabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 3. Il ponte di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 4. La diffusione dei tunnel in alveo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 5. Il sistema esigenziale per l’attraversamento stabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 6. Ipotesi di posizionamento del tunnel e di un nuovo assetto infrastrutturale . . . . . . . . . 78 Approfondimenti Il progetto Inter-Metrex . . . Una visione per il dibattito

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Atti del convegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123 Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145 Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146 6


presentazione

Il 2008 è stato l’anno della memoria dell’ultimo terremoto che distrusse completamente le città di Reggio Calabria, Messina e Villa San Giovanni, una ricorrenza dal significato simbolico che ha portato a ripensare il futuro di queste città. Uno dei risultati più significativi è stato il conferimento a Reggio Calabria del rango di Città Metropolitana; tale passaggio legislativo costituisce un opportunità di portata eccezionale, ma non è scontato che i processi che scaturiranno avranno come effetto una maggiore competitività. Ora che occorre passare alla fase realizzativa, il rischio è di utilizzare strumenti inefficaci, seguendo percorsi inadeguati rispetto alle sfide del futuro, facendo del rango di città metropolitana un mero pennacchio. Uno dei maggiori rischi è tentare di governare processi di sviluppo attraverso strumenti urbanistici in senso stretto, anche nella loro forma più evoluta (Piani strutturali ecc.). Il presente lavoro ha come obiettivo la focalizzazione su alcuni aspetti salienti di un possibile percorso innovativo per la costruzione della Città Metropolitana dello Stretto, un Grand Project che disegni gli assetti futuri dell’area superando gli attuali confini regionali per tenere conto delle effettive relazioni esistenti e delle potenzialità emergenti. Il percorso viene innanzitutto contestualizzato (cap. V) rispetto a quelle che sono le dinamiche a scala più ampia: le politiche europee coerenti con la Strategia di Lisbona, che mettono al centro il fattore competitività e individuano le città come i luoghi elettivi dove sviluppare tale fattore, e quelle che invece proiettano il Vecchio Continente verso il Mediterraneo, una volta conclusa la fase di espansione verso est, con l’istituzione nel 2010 dell’Area di Libero Scambio, conferendo così una rilevanza strategica alla regione dello Stretto. Questo significa ripensare la politica euromediterranea puntando a riscoprire le possibili complementarietà nel settore agricolo e industriale, in grado di stimolare processi di co-sviluppo. I distretti industriali potrebbero assumere in questo contesto un ruolo chiave per la costituzione di una nuova area economica del Mediterraneo, in parte alternativa a quella di libero scambio. Si porrebbero le basi perché tra il Mezzogiorno - e la Calabria in particolare - e i paesi del bacino mediterraneo, possa iniziare un’integrazione di portata strategica, perseguita attraverso una accorta e tenace ricerca negoziata di innovative interdipendenze settoriali. 7


Le imprese coordinate tra loro in reti strette offrirebbero un made in Calabria ampliato nelle produzioni e in forte sintonia con le istanze della domanda. Le imprese dei settori dei beni di consumo e strumentali raggiungerebbero la massa critica necessaria per contare su un adeguato sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica. Molti settori potrebbero essere riscattati dalla progressiva marginalità e, in un continuo e diretto doppio scambio di informazioni e conoscenze, si potrebbero individuare nuovi materiali, prodotti, processi e soprattutto si sperimenterebbero e metterebbero a punto molteplici nuove applicazioni, tutte mirate. La rete stretta comporta un diverso approccio alla produzione poiché nell’orientare il valore d’uso, non è portata a compiere prevaricazioni in funzione del valore di scambio. Tale approccio potrebbe offrire non più soluzioni ma massa di soluzioni, inserendo nell’attuale rallentamento dell’espansione capitalistica elementi di una nuova socialità. Potrebbe diventare il primo passo verso una transizione dal potere di mercato - cui è funzionale la globalizzazione neoliberista - a una più completa democrazia, come possibile costruzione di un nuovo socialismo di mercato. Quali strumenti utilizzare per dare corpo al Grand Project? Forse è il caso di partire da un progetto concertato (cap V) con i cittadini e le istituzioni locali, prima di individuare la forma istituzionale più adatta per il nuovo soggetto metropolitano: viene in soccorso, in questo caso, la metodologia dell’intervento pubblico programmato, che consente di fissare obiettivi condivisi e di perseguirli con modalità, tempi, risorse e soggetti prestabiliti. È questo il senso della proposta di istituire un Tavolo di concertazione per la messa a punto di un “Programma Operativo per la realizzazione della Città Metropolitana dello Stretto”; un ruolo fondamentale in questo tipo di approccio è svolto dalla cultura della valutazione, in grado di migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’azione pubblica. Prima ancora di avviare il processo di programmazione concertata e partecipata è possibile, però, evidenziare due aspetti cruciali ai fini del disegno futuro: - la necessità di un collegamento stabile a carattere urbano (cap. VII), che consenta di saldare anche fisicamente le due sponde, accelerando il processo di integrazione e soprattutto il sistema delle relazioni e degli scambi. Il tunnel in alveo “Ponte di Archimede” appare, a una prima verifica intuitiva, la soluzione capace di soddisfare siffatte esigenze; - il sistema delle risorse identitarie (naturalistiche, storico-architettoniche, archeologiche, i beni demo-etnoantropologici e le infrastrutture culturali) (cap. V) sulle quali puntare per costruire scenari sostenibili di sviluppo.

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Prof. Edoardo Mollica


Introduzione

La competizione nell’era globale non è più tra gli stati nazione ma tra le grandi aree urbane in grado di creare un’economia competitiva e dinamica che realizzi una crescita economica sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Si distingueranno Reggio Calabria e Messina, attivando processi di una trasformazione urbana virtuosa trainati da eventi straordinari, come quello della creazione della Città Regione dello Stretto? La nostra ferma e convinta risposta è sì. Le due città saranno accomunate da un pragmatismo strategico e da un governo pubblico che dovrà realizzare l’occasione del “grande evento”, per potersi posizionare sulla scena della competitività del Mediterraneo e quindi del mondo. A tal fine abbiamo voluto dare il nostro contributo con questo scritto, che vuole essere una sintesi tra programma e progetto per arrivare alla costituzione della Città Regione dello Stretto con un’interconnessione tra flessibilità e partecipazione che ci permetta di essere protagonisti della competitività globale. Il primo passo è osservare lo stato di fatto e individuare le possibili sinergie nel campo della riqualificazione dei trasporti, pensando a quanto sostiene De Rita, e cioè che il futuro si gioca sulle grandi commissioni infrastrutturali quali il ponte digitale, lo sviluppo dei distretti produttivi, turismo, università, sanità, beni culturali. Una Città Regione solida e strutturata insomma, per dare servizi di elevata qualità ai cittadini residenti e alle imprese, e assicurare una crescita dei livelli di competenza che ci rendano competitivi nella società globale. Un progetto ambizioso? Certamente. Le due città hanno il dovere d’essere ambiziose e di dimostrare che sono capaci di realizzare progetti importanti. Ma non basta. Bisogna avere molta voglia di fare, individuale e collettiva, ed entusiasmo. Ecco perché questa può definirsi una sfida, una circostanza che mette alla prova la capacità delle due città di rinnovarsi, di abbandonare le logiche antagoniste per assumere nettamente e decisamente la strategia riformista della codeterminazione. È una sfida alta, centrale, che deve contrastare quell’atavica sfiducia e scetticismo che pervadono le nostre realtà e spingere ad investire nel capitale umano. Significa dialogare di valori con quest’idea-forza capace di coinvolgere le nostre comunità, e partecipare da cittadini al rinnovamento. 9


La Città-Regione dello Stretto crea un ambiente favorevole per la crescita delle piccole e medie imprese ed è in linea con la Strategia di Lisbona, che chiede di agevolare la creazione di “reti” e “unioni”che permettano di proporsi in maniera credibile sui mercati internazionali. Il punto focale che secondo noi emerge da tutti questi anni di dibattimenti sull’argomento, è che per attuare quest’idea serva una governance della strategia. In un recente convegno con i vertici istituzionali delle due città e delle due province, insieme a una nutrita schiera di accademici delle due università, si è arrivati a una conclusione: occorre “un metodo aperto di coordinamento” basato sulle linee guida di protocolli d’intesa già siglati dalle istituzioni, sui piani nazionali, sulla peer review, sui benchmark, per mettere a punto infine i motori che ci condurranno alla nascita della Città-Regione dello Stretto.

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Dott. Enzo Tromba


Capitolo I L’area dello Stretto, incrocio di tre conurbazioni Josè Gambino, Enzo Tromba

1. La conurbazione dello Stretto individuata dai grandi maestri della geografia Italiana Tra le conurbazioni italiane viene annoverata anche quella «dello Stretto» tra le città di Reggio Calabria e Messina. Il primo ad individuarla è Aldo Sestini, il quale afferma che «le due città formano una coppia di città gemelle e, benché disgiunte dal mare, esse sembrano costituire in effetti una conurbazione, poiché sono evidenti i loro stretti rapporti di vita e perché le due città si circondano di un popoloso anello suburbano, sicché i due comuni assommano 361.500 abitanti, ai quali si potrebbero aggiungere i 10.000 di Villa San Giovanni. Il Sestini si è fermato però alla sola enunciazione; la trattazione più specifica e ampia la dobbiamo a Gambi, che ne parlò per la prima volta al Congresso Geografico di Stoccolma del 1960. Gambi, che considera la conurbazione una realtà già evidente, individua sul limitato raggio dello Stretto che separa le due città una forza che domina su ambo le rive di quel braccio umano e sulle rispettive aree montane e pianeggianti. Questa forza, non è nè Reggio Calabria nè Messina, ma la «conurbazione dello Stretto», che in Messina è protesa sulle rive siciliane per almeno 18 km fino a Faro e Granatari verso nord e a Tremestieri a sud, e sulle rive della Calabria ha i principali capisaldi in Reggio Calabria e in Villa San Giovanni (insieme con i centri di Pezzo, Campo Calabro, Rosalì, ecc.) e include i 15 km della riviera intermedia, coi numerosi nuclei minori di Catona, Gallico, Archi, ecc., la cui frangia suburbana giunge sull’estremità dei monti Peloritani fino ai villaggi più a ovest, sul rovescio di quei monti, fino a Villafranca, e lungo l’opposta riviera bruzia per lo meno fino a Scilla e Bagnara e sui primi terrazzi pleistocenici dell’Aspromonte per un raggio di 7 o 8 km intorno a Reggio Calabria (fino a Sambatello e Vito, Armo e Oliveto) e per 18 km lungo la riviera meridionale fino a Pellaro. La conurbazione dello Stretto è singolare perchè, diversamente da qualunque altra in Italia, non ha avuto origine da un particolare slancio industriale, ma delle funzioni di area di giuntura tra la penisola e la Sicilia che la regione dello Stretto ha svolto da quando l’unificazione costituzionale e amministrativa della nazione è stata fecondata da una maggiore permeabilità sociale tra il nord e il sud. La conurbazione dello Stretto si distingue, inoltre, per la sua posizione a cavallo dei confini tra due regioni politicamente e fiscalmente diverse; confini e disparità giuridiche che ha però ignorato, un po’ come certe conurbazioni 11


degli Stati Uniti formatesi su aree di stati diversi. Un primo impulso a unificare le due rive dello Stretto, in termini economici e giurisdizionali, si manifestò fin dai secoli più remoti: con Anassila agli inizi del V secolo a.C. così come in età bizantina, fra i secoli IV e IX d.C. I legami fra le due rive furono strettissimi in ogni epoca, anche quando le due aree erano parte di stati diversi e nemici. Negli ultimi cinque secoli il declino economico del Meridione e una catena di dolorose vicende hanno reso meno efficiente l’unità della regione. Questa unità però ha ripreso a configurarsi via via che furono istituiti transiti discretamente rapidi e regolari fra i principali poli della conurbazione, cioè dopo l’apertura dei servizi con i ferry-boat nel 1900 fra Messina e Reggio Calabria e nel 1905 fra Messina e Villa San Giovanni. Com’è naturale, le distruzioni del 1908 infransero ogni più timida delineazione della nuova unità urbanistica, ma dopo il 1950, a ricostruzione ultimata delle due maggiori città e con l’avvio di una politica di sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno, la conurbazione è divenuta a poco a poco una realtà. Di conseguenza, per quanto la loro principale destinazione sia quella di transito di auto e treni, i ferry-boat assicurano anche il servizio passeggeri fra le due sponde, al pari di comuni battelli lacustri, anche se non abbastanza rapidi nè frequenti per un collegamento efficiente fra le diverse parti di un’antica entità urbanistica. Ha avuto, perciò, fortunata accoglienza l’istituzione nel 1956 di regolari e veloci servizi di trasporto, per soli viaggiatori, effettuati con aliscafi ideati e costruiti in un’industria di Messina, che in un quarto d’ora uniscono Messina e Reggio Calabria. La conurbazione però non trae origine, ma solo occasione, dalla particolare intensità di traffici dovuti alla topografia della regione. L’origine vera della comunità di vita fra le due rive dello Stretto da cui è nata la conurbazione odierna, sono stati i mercati sviluppatisi in questa regione in età bizantina, quando vi fu iniziato l’allevamento serico, e specialmente dopo la conquista del Guiscardo, quando si forma un grande focolaio di quest’industria in Italia, integrato dalla Fiera di agosto di Messina, una delle più importanti fiere medievali del Mezzogiorno, rinomata in modo particolare per la seta ma anche per la lana, i cuoi, gli oli, ecc. Una fiera che non generava solo affari e impulso alla nascita di nuove industrie, ma grazie alla rete di relazioni stabilite, era veicolo di cultura: da qui il centro di studi umanistici di Messina, prima nel monastero basiliano di San Salvatore e poi nella Universitas Studiorum creatasi a poco a poco, verso la fine del quindicesimo secolo, con i dotti fuggiaschi da Costantinopoli. In sostanza, il denominatore comune dei tre capisaldi della conurbazione è un nodo ferroviario e un porto speciale per ferry-boat (maggiore, come è naturale, quello di Messina, che concentra la totalità del traffico isolano con la penisola, ma ragguardevole anche quello di Villa San Giovanni, da cui transita l’85% di questi traffici). 12


2. Le relazioni antropiche all’interno della conurbazione dello Stretto Nel complesso, allo stato attuale i movimenti pendolari giornalieri tra Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni riguardano circa 9000 persone: una cifra alquanto bassa rispetto al totale della popolazione residente sulle due sponde dello Stretto (circa 560.000 abitanti), per cui si può dire che su 100 persone solo 2 sono solite spostarsi giornalmente tra l’area urbana messinese e le sponde calabresi e viceversa. Se dall’aspetto quantitativo si passa all’esame qualitativo per individuare le ragioni del pendolarismo diurno, si può affermare che l’interscambio riguarda solo pochi aspetti della vita civile ed economica. Una delle basi fondamentali su cui si regge ancora la conurbazione dello Stretto è la funzione delle strutture culturali, uno dei pochi aspetti consolidatisi nel tempo; se nel passato i movimenti pendolari degli studenti erano unidirezionali (da Reggio Calabria verso Messina), oggi sono bidirezionali (da Reggio Calabria verso Messina per alcuni tipi di studio, da Messina verso Reggio Calabria per altri). L’interscambio attinente la popolazione attiva riguarda un numero limitato di categorie professionali. In città come Messina e Reggio Calabria, prevalentemente legate alla pubblica amministrazione e ai servizi, è evidente che le categorie maggiormente interessate alla pendolarità all’interno dell’area dello Stretto riguardano soprattutto la sfera della scuola, dell’università, della sanità, della magistratura, di altri uffici statali e le libere professioni. Non c’è un interscambio stabile tra le due sponde per quanto concerne la fruizione del tempo libero, tant’è vero che non sono previste corse nelle ore notturne. Per quanto concerne le ore diurne, gli aliscafi funzionano a pieno ritmo solo nei giorni di piena attività lavorativa, mentre le corse sono sensibilmente ridotte di sabato e annullate la domenica. Si può dire che il turismo delle ferie, “salta” in modo reciproco le due città, ma coinvolge i rispettivi retroterra turistici, con la differenza che i reggini sono attratti da località culturali-balneari (Taormina e Giardini Naxos), i messinesi da località montane (Gambarie). L’unità dello Stretto può ricevere impulso anche dagli organi di stampa locali, che ad oggi non comprendono pagine dedicate alle due città, cosa che creerebbe un flusso di informazioni utile a stimolare attenzione e interesse verso le due realtà territoriali. 3. La conurbazione delle due frecce sicule e la “conurbazione dell’arco calabro” Le significative analisi condotte dai geografi nel corso degli ultimi decenni hanno messo in luce la presenza lungo le due sponde di aree urbane che andavano indagate non come entità a se stanti, ma come parti integranti di un unicum. Difatti tra Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni si riscontravano una serie di legami che avevano dato luogo a un organismo urbano tripolare: la conurbazione dello Stretto. Oggi la realtà urbana disposta intorno allo Stretto si presenta in forme 13


rivoluzionarie rispetto al passato, sia pure recente, tant’è che si può affermare che l’area dello Stretto fa parte, nello stesso tempo, non di una, ma addirittura di tre conurbazioni: la “conurbazione dello Stretto”, la “conurbazione delle due frecce sicule” e la “conurbazione dell’arco calabro”. La prima conurbazione - dello Stretto - ha forma triangolare, carattere interregionale e si basa solo su tre comuni (Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria); le altre due hanno forma lineare, riguardano una sola regione (la Sicilia o la Calabria), si articolano in una moltitudine di entità comunali e si specchiano quasi l’una di fronte all’altra, adagiandosi ambedue su due mari: lo Jonio e il Tirreno. La seconda conurbazione - cioè quella relativa alla Sicilia orientale - è già formata e può essere definita la “conurbazione delle due frecce sicule”, in quanto da Messina si dipartono due direttrici o frecce, rispettivamente orientate verso sud-est (freccia jonica) e verso nord-ovest (freccia tirrenica). Tale definizione è dovuta alla considerazione che queste due entità urbane nastriformi non sono statiche nel tempo ma soggette a spingersi via via più lontano dal punto di partenza, cioè da Messina, coinvolgendo vaste aree costiere sia verso S. Agata Militello, sul Tirreno, sia verso la Piana di Catania, sullo Jonio. In effetti, nel corso dell’ultimo decennio i centri costieri jonici del messinese si sono quasi interamente saldati in un’unica entità insediativa con i limitrofi centri etnei, con la saturazione della tradizionale area di transizione costituita dalla bassa valle dell’Alcantara. Lungo la fascia territoriale tra Messina e Catania si può così leggere un organismo insediativo lineare costiero nel quale vanno potenziandosi specifici caratteri urbani: dalla cuspide nord-orientale della Sicilia, tale organismo procede sul versante tirrenico, senza soluzione di continuità, fino alla Piana di Milazzo, toccando in seguito le sedi litoranee dei Nebrodi nord-orientali. Questa entità nastriforme, lunga oltre un centinaio di chilometri sul versante jonico e circa 150 su quello tirrenico, si articola in oltre 30 unità amministrative con una popolazione complessiva di oltre 1.200.000 abitanti e tende a dilatarsi ulteriormente, sia verso sud, spingendosi verso Siracusa, mediante il potenziamento insediativo della Piana di Catania, che verso ovest. La terza conurbazione relativa alla Calabria meridionale, definita la “dell’arco calabro”, ha la forma di una sezione di circonferenza che abbraccia quasi tutta la fascia litoranea della provincia reggina. A differenza della “conurbazione delle due frecce sicule”, questa è ancora allo stato embrionale, in quanto presenta interruzioni molto più frequenti e potenzialità urbane attualmente molto più limitate. Si può intravedere a medio termine, nella sponda opposta alla Sicilia nord-orientale, la formazione di una corrispondente entità lineare jonico-tirrenica nella sezione meridionale della Calabria che, procedendo dalla bassa valle del Mesima verso la sezione meridionale reggina, si snoda lungo la Piana di Gioia Tauro, dove si innesta alla griglia stradale che fa da supporto alla rete insediativo policentrica tipica di 14


questa sezione territoriale. A partire da Scilla, la particolare configurazione orografica della fascia costiera provoca una strozzatura tra la Piana e l’area dello Stretto, dove la continuità della struttura insediativa è interrotta brevemente dalle aste terminali delle fiumare; il modello insediativo lineare procede poi verso nord nel versante jonico aspromontano, toccando la stretta cimosa costiera fino a Capo dell’Armi e da qui si protende verso la Locride. Rispetto a quella siciliana, tale struttura insediativa si articola in un minor numero di unità amministrative (poco più di una ventina) e assorbe un carico demografico nettamente inferiore (poco più di 300.000 ab.). Queste considerazioni stimolano la riflessione su quali potranno essere le relazioni tra la conurbazione di più antica formazione (dello Stretto), la conurbazione di recente formazione (delle due frecce sicule) e la conurbazione embrionale (dell’arco calabro). Crediamo che sia necessario potenziare la conurbazione dello Stretto, che rappresenta il naturale trait d’union tra le altre due. 4. La conurbazione dello Stretto come ecometropoli e come tecnopoli Il futuro dell’area va programmato inserendo la questione trasporti nella programmazione di una rete di provvedimenti innovativi nella cultura e nella gestione della pianificazione urbana. Una delle idee guida fondamentali per un nuovo modello di sviluppo dell’area in esame riguarda l’attuazione dell’ecometropoli dello Stretto, un’area urbana a misura d’uomo in cui si tengano nel dovuto conto da un lato le esigenze di protezione civile, dall’altro le esigenze di valorizzazione delle risorse naturali e culturali. Per quanto concerne questo secondo aspetto, occorre predisporre interventi differenziati nel tempo: “integrativi” a breve termine; “alternativi” a medio termine; “successivi” a lungo termine. Gli interventi integrativi si riferiscono a beni già conosciuti ma sotto-utilizzati, sicché sarebbe opportuno varare una serie di provvedimenti mirati non a rivoluzionare la tipologia di fruizione, ma piuttosto a razionalizzarla. Si tratta, quindi, di provvedimenti che possono essere realizzati in tempi relativamente brevi basati su forme di restauro tecnico o su una più efficace comunicazione culturale. Gli interventi alternativi si riferiscono a beni esistenti ma che allo stato attuale non sono utilizzati affatto o sono utilizzati per finalità diverse rispetto a quelle cui dovrebbero essere organicamente destinate. Si pensi al reiterato luogo comune secondo cui, in seguito ai terremoti, Messina e Reggio Calabria non possiederebbero più beni architettonici, scultorei e pittorici di grande pregio storico - artistico. Messina potrebbe, ad esempio, valorizzare i beni culturali complessi, quali i villaggi collinari che fanno da corona alla città, che possono configurarsi come “piccoli centri storici”, degni di interesse a testimonianza di peculiari modelli di insediamento; il quartiere settecentesco del Tirone, la Cittadella, la città muraria cinquecentesca. 15


Gli interventi successivi riguardano beni che non esistono ma che andrebbero realizzati per recuperare quella memoria storica collettiva perduta dalle città dello Stretto dopo il 1908. Si tratta di interventi che possono essere attuati in tempi lunghi, ma ai quali si dovrebbe cominciare a pensare già da adesso: per esempio realizzare un “Parco della memoria storica”, con valenza formale e funzionale, articolato in una serie coordinata di quartieri storici che richiamino alla memoria la testimonianza significativa di una particolare epoca: quartiere greco, romano, arabo, normanno, e così via. Da un punto di vista funzionale, il Parco dovrebbe avere un ruolo economico-produttivo attraverso la valorizzazione delle attività artigianali di pregio storicamente presenti nel territorio. La realizzazione dell’ecometropoli non solo avrebbe una ricaduta positiva sull’ambiente, ma contribuirebbe a generare nuova occupazione. Un ponte letterario lanciato tra mito e tecnologia, storia e realtà virtuale, è il “Parco Letterario dello Stretto Stefano D’Arrigo-Horcynus Orca”. Situato tra Scilla e Cariddi, crocevia fra le civiltà di Levante e di Ponente, il Parco propone il recupero e la valorizzazione di un’identità culturale smarrita, intesa come tensione che combina i segni del passato con le sfide del futuro, puntando sulla valorizzazione degli ecosistemi locali. Una strategia che tocca nel profondo il patrimonio identitario delle comunità locali, elevandolo a risorsa e rendendolo, perciò, plasmabile e utilizzabile. Il Parco si qualifica come costruzione reticolare di identità collettive, di identificazione in valori e opere comuni, di appartenenza simbolica a un identico universo culturale, di elaborazione di una rete semantica di valori ed esperienze condivise, un progetto che nasce da una nuova idea di cultura capace di attirare e interessare anche i più giovani e di fondere il contatto con la natura con opportunità di riflessione. Sulla sponda messinese, il Parco Letterario insiste sull’area di Capo Peloro, la punta nord-orientale della Sicilia, con sede nella cinquecentesca Torre degli Inglesi, già restaurata, attrezzata al suo interno con laboratori multimediali per la conoscenza delle scienze della terra, della fisica del caos e dell’ecologia marina; un museo, un sito archeologico, una biblioteca del mare e una suggestiva sala immersiva, mentre nell’edificio dell’ex tiro al volo opereranno il centro direzionale, un centro di accoglienza per visitatori e spazi mostra sulla cultura del Mediterraneo. Scilla accoglierà una sala multimediale, con un archivio telematico, il Centro di Documentazione del Mediterraneo e alcuni ambienti espositivo-interattivi con aree tematiche specifiche: Bagnara e le Femminote, Il Mito, Pesca e Pescatori, Ecosistema dello Stretto. Gli obiettivi del Parco possono essere ricondotti a tre azioni principali: - promozione culturale, che include recupero e salvaguardia del patrimonio culturale locale attraverso una sua rifunzionalizzazione che mantenga i legami con il passato 16


- valorizzazione del territorio, nel rispetto del paesaggio quale contenitore dell’identità culturale della popolazione - sviluppo economico e occupazionale delle comunità interessate, puntando sulle risorse locali. Per valorizzare efficacemente le risorse ambientali e culturali dell’area dello Stretto e attivare un processo di sviluppo endogeno e stabile, è necessario interpretare l’area come una realtà sistemica unitaria e mettere in rete le risorse locali, sviluppando relazioni tali da interagire con i servizi e le attività produttive che su di esse gravitano, per realizzare così un modello di “Area culturale di eccellenza dello Stretto” che sia al contempo polo letterario, archeologico, etnoantropologico, scientifico, di ecologia marina e botanica, turistico e delle telecomunicazioni. Una serie di interconnessioni insomma, che conducano a un sistema reticolare territoriale bipolare (costa siciliana e costa calabrese). Bisogna, perciò, dire no a una pianificazione frammentata dal paesaggio, e programmare un Piano eco-paesistico integrato che coinvolga i tre comuni dello Stretto: solo un piano rivolto all’intero territorio può rispondere alle esigenze di un paesaggio inteso come progetto. Il suddetto Piano deve partire dal presupposto che il paesaggio è un’entità complessa e mutevole nello spazio e nel tempo e dunque inevitabilmente dinamica, per cui non si può puntare a una sua mummificazione, ma a una trasformabilità rivolta verso nuovi equilibri. La dimensione paesistico-ambientale dovrà essere integrata con quella territoriale e, nelle sue prospettive logiche, corrispondere alle dimensioni dello sviluppo locale. Per quanto concerne la razionalizzazione di elementi già esistenti, bisognerà rimuovere i detrattori ambientali che hanno determinato il degrado del paesaggio morfologico costiero, sottoposto all’erosione del litorale, del paesaggio morfologico collinare - condizionato dalle grandi cicatrici delle cave, del paesaggio lacustre e marittimo - condizionato da diffuse forme di inquinamento, del paesaggio culturale, dequalificato dall’abbandono di beni storici di pregio. Spostando l’ottica prospettica sulla tecnopoli, nel passato recente la cultura urbanistica aveva messo in atto una particolare forma insediativa: l’isolato, elemento significativo dell’identità urbana di Messina da recuperare, tutelare e valorizzare. Gli isolati del centro realizzati dopo il terremoto del 1908, sono basati su una struttura quadrata compatta all’esterno ma che, al suo interno, accoglie un grande cortile, in origine pensato per il gioco e la socializzazione, oggi spesso segnato dall’incuria e utilizzato quasi esclusivamente come area di transito e ingresso alle varie sezioni del palazzo o parcheggio. Nel futuro, questi cortili dovranno essere recuperati nella loro funzione originaria di giardini fioriti attrezzati per la socializzazione, da destinare alla fruizione dei bambini e degli anziani. Ogni isolato avrà così al suo interno uno spazio attrezzato a verde 17


da destinare alla ricreazione e allo sport, rispondendo anche a finalità educative (rispetto dell’ambiente) e urbanistiche (rigenerazione territoriale): un luogo di relazioni sociali infra-generazionali e inter-generazionali nato dalla trasformazione di edifici in cemento in centri di humanitas. Per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione delle zone litoranee interessate ai lavori per il ponte e ai suoi raccordi, non potranno costituire delle “isole”, ma dovranno integrarsi in un’azione complessiva di recupero di tutto il waterfront dell’area dello Stretto, che finora ha dato risultati positivi solo nell’azione operata in corrispondenza del lungomare del centro di Reggio Calabria. Allo stato attuale, si sta commettendo l’errore di predisporre progetti che riguardano singole sezioni, anche distanti l’una dall’altra, come ad esempio i progetti o le proposte rilevabili a Messina per Capo Peloro, per l’area della Fiera Campionaria, la zona portuale, la cittadella, la via del mare, il secondo approdo a sud. Inoltre, non si può pensare di sviluppare il fronte litoraneo messinese senza trovare un raccordo preventivo con le sponde di Reggio Calabria e Villa San Giovanni. La valorizzazione territoriale passa, perciò, attraverso la predisposizione della cornice marittima dello Stretto, che deve prevedere l’attuazione di interventi integrati nei due litorali. Occorre inoltre un riassetto complessivo delle colline dei Peloritani e dell’Aspromonte, in modo da formare un paesaggio sistemico: il polmone verde. La costituzione di questo polo deve basarsi su una serie di iniziative mirate al recupero dei beni storici e ambientali, al ripristino di oasi di gelseto associate alla realizzazione di un museo della seta, a testimonianza dell’importanza plurisecolare di quest’attività nelle due aree, alla costituzione di parchi extraurbani in entrambi i territori. In sostanza, bisogna creare un equilibrato rapporto città-natura trasformando le aree soggette a desertificazione in aree rivitalizzate nelle forme e nelle funzioni, programmandone una fruizione multivalente. È da sottolineare, peraltro, che i Peloritani e l’Aspromonte costituiscono una serbatoio di biodiversità che coniuga natura e cultura. Possiamo prendere come esempio alcuni villaggi collinari di Messina, nei quali insistono testimonianze storico-artistiche che vanno recuperate e valorizzate, nel contesto di una rigenerazione del paesaggio verde limitrofo. Un altro problema fondamentale per il futuro dell’area dello Stretto è ridare centralità mediterranea a questa fascia territoriale puntando sul terziario avanzato. Purtroppo Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Messina si trovano in un assetto di retroguardia, in quanto le attività terziarie risultano in gran parte parassitarie o poco produttive. L’avanzamento dell’area dello Stretto verso la società post-industriale può trovare uno dei suoi punti di forza nella diffusione dei parchi scientifici, generalmente definiti come aree attrezzate - in gran parte - per la ricerca, in cui laboratori e imprese interagiscono accelerando l’adozione dell’innovazione e indirizzandone gli sforzi. 18


I parchi scientifici offrono l’opportunità di fornire servizi alle imprese, come attrezzature di ricerca, spazi e facilitazioni (i cosiddetti incubators) ad aspiranti imprenditori nella fase di avviamento della loro attività: così gli Science parks fungono spesso da polo di attrazione per tecnici qualificati. Si tratta di favorire un’interrelazione tra il “capitale umano”, attualmente un fattore strategico di sviluppo, e il territorio, al fine di innescare quel circuito virtuoso di espansione che, in altri tempi, ha prodotto le grosse concentrazioni industriali e le relative culture (Silicon Valley in California, la Route 128 intorno a Boston, il Research Triangle Park nel North Carolina). Per quanto concerne l’Italia, l’ubicazione di questi poli spesso privilegia le aree metropolitane in cui la delocalizzazione industriale, con la conseguente necessità di attuare un riuso organico degli spazi lasciati liberi, può trovare un significativo riscontro nella progettazione di iniziative rivolte a potenziare l’innovazione nella regione. Si registra così una proliferazione di progetti, nell’ambito dei quali si segnalano le iniziative perseguite da grandi gruppi imprenditoriali privati nelle due metropoli dominanti dell’Italia settentrionale: il progetto della Pirelli a Milano per il riuso della Bicocca e il progetto Tecnocity della Fondazione Agnelli a Torino. La realizzazione della tecnopoli dello Stretto va perseguita inserendo, oltre a settori d’intervento con aspecificità territoriale (cioè sezioni di ricerca che dovrebbero rispondere a interessi di evoluzione del sistema scientifico internazionale), anche quelli con spiccata specificità territoriale, che tengono conto cioè delle esigenze sociali, economiche e ambientali di quest’area, in modo da innescare una sinergia di interessi tra investitori, ricercatori e la società che ne riceve i benefici. Per quanto concerne i settori di intervento con aspecificità territoriale, non riteniamo opportuno, almeno in questa sede, formulare ipotesi, viste le infinite possibilità di localizzazione. Ci sembra importante invece segnalare la necessità di individuare, all’interno del parco scientifico, taluni poli che si integrino in modo diretto con la specificità territoriale dell’area dello Stretto. Se si fa riferimento a un parco scientifico nell’area dello Stretto, a nostro avviso un settore di intervento prioritario potrebbe essere costituito dalla localizzazione di un polo antisismico, considerato che Messina e Reggio Calabria sono conosciute in tutto il mondo per il terribile terremoto del 1908, e che lo Stretto costituisce in assoluto una delle aree maggiormente soggette al rischio di catastrofi naturali. Questo centro dovrebbe porsi un obiettivo sia macrospaziale, fornendo un contributo all’evoluzione degli studi in questo importante campo d’indagine, che microspaziale, contribuendo in modo significativo a un’organica pianificazione antisismica dell’area. L’analisi teorica dovrebbe poi associarsi all’analisi pragmatica, con la partecipazione non solo degli enti di ricerca ma anche delle industrie interessate, per esempio, allo 19


sviluppo di nuovi materiali e/o nuove tecniche di costruzione specifiche. Il polo antisismico dovrebbe interessarsi non solo della politica dell’a priori (cioè della prevenzione) ma anche dell’a posteriori, indicando quali interventi attivare dopo un evento sismico, e non dovrebbe costituire una cellula isolata, ma un anello importante di una catena su scala mondiale che potrebbe avere altri poli importanti, per esempio, a San Francisco, a Osaka, ecc. A tal riguardo, si potrebbero attuare dei gemellaggi con le città interessate al rischio sismico che abbiano un significato non solo simbolico ma anche operativo, attraverso l’organizzazione di incontri tra amministratori, responsabili delle unità operative antisismiche ed esperti tecnico-scientifici, al fine di avviare un interscambio di idee e proposte finalizzate a una più adeguata difesa antisismica della popolazione e delle strutture. Le facoltà di Architettura e Ingegneria a Reggio Calabria e di Scienze e Ingegneria a Messina, infine, potrebbero costituire un supporto scientifico fondamentale. Si potrebbe prevedere anche la realizzazione di un polo delle tecnologie verdi, con una ricaduta del terziario avanzato sulla costituzione dell’agricoltura ecologica, cioè di un’agricoltura che non sia più né agente attivo né agente passivo dell’inquinamento. L’interrelazione tra agricoltura e terziario avanzato può trovare adeguate strategie d’intervento nell’agrimatica, nell’agrirobotica, nel marketing, nella biotecnologia. Considerato che Sicilia e Calabria sono fortemente interessate dall’agrumicoltura, che l’area dello Stretto è sede di una produzione peculiare come quella del bergamotto e che a Reggio Calabria opera da tempo l’Istituto Sperimentale per le essenze, a nostro avviso un settore importante all’interno di questo polo andrebbe assegnato al comparto agrumicolo. Si potrebbe ancora ipotizzare un Polo dei trasporti, che potrebbe avere una valenza particolare, considerato che lo Stretto svolge la funzione di asse strategico dei transiti marittimi nel Mediterraneo ed è oggetto di studi di interesse internazionale per il collegamento stabile tra la Sicilia e il continente. Messina, peraltro, continua ad essere un punto di esportazione su scala mondiale di sistemi veloci di collegamento marittimo. Il suddetto polo, quindi, potrebbe sfruttare queste tre specificità al fine di dare un impulso vitale al settore dei trasporti, centrale nella storia economica e sociale dello Stretto. Per quanto concerne la localizzazione della tecnopoli, si possono avanzare due ipotesi: l’ipotesi monocentrica, imperniata su un unico sito, e l’ipotesi policentrica, ossia su più siti, forse la più appropriata. Potrebbe articolarsi almeno in due siti - uno sulla sponda sicula e uno su quella calabra: due progetti che non dovrebbero replicarsi per quanto concerne funzioni e obiettivi, ma integrarsi, per assicurare il più ampio ventaglio possibile di settori di intervento, in sinergia anche con le facoltà universitarie operanti a Messina e a Reggio Calabria e altre istituzioni scientifiche. La tecnopoli, pur costituendo un importante fattore di sviluppo, rischierà di diventa20


re una «cattedrale nel deserto» se l’organizzazione complessiva del territorio non si permeerà dell’atmosfera e delle strutture tipiche della società post-industriale: sarà dunque cruciale dare corpo all’idea di fare di Messina e Reggio Calabria due città cablate. I centri di ricerca dovrebbero in realtà essere considerati nodi di una rete tecnico-scientifica, serbatoi di conoscenza che la comunicazione e l’interazione potrebbero rendere più produttivi sul piano dell’innovazione tecnologica. Si propone dunque la costituzione di una struttura capace di potenziare il coordinamento delle attività di ricerca presenti sul territorio. Tale struttura si potrà articolare in un Telescience Park (TP) e in Centro di Consulenza e Coordinamento Tecnologico (CCT). Il Telescience Park avrebbe la funzione di: - promuovere attività interattive dei centri di ricerca fra loro e con le imprese - sviluppare attività di formazione e aggiornamento - dare assistenza tecnico-scientifica alla diffusione dell’innovazione. Il Centro dovrà possedere competenze nel campo dell’informatica e delle telecomunicazioni (telematica); essere in grado di mediare fra le tecniche specifiche dei vari settori e le competenze informatiche per le attività di consultazione della banca dati; costituire un canale di informazione primaria per i nodi collegati e per utenti esterni alla rete; assicurare i servizi generali comuni, molti dei quali gestibili a distanza (ad es: servizio di teleconferenza, centri stampa, video, audiovisivi, sale riunioni). Inoltre, dovrà possedere competenze metodologiche per fornire ai richiedenti programmi e progetti nei settori indicati come prioritari. Con l’esperienza acquisita, il CCT potrebbe offrire alle imprese la consulenza di esperti qualificati della rete di Telescience Park, per valutare e progettare l’introduzione di nuove tecnologie di processo laddove risultino potenzialmente attraenti. A questo riguardo converrebbe introdurre anche un Teleport, termine che definisce l’insieme di infrastrutture di telecomunicazioni avanzate capaci di ricevere e distribuire su un territorio delimitato un elevato numero di comunicazioni e informazioni ad alto contenuto tecnologico. In questo senso, si può comprendere la dimensione tecnica del problema: tra un Teleport e una normale rete telefonica corre la stessa differenza che in passato si stabiliva tra una baia naturale e un porto attrezzato con gru, banchine e magazzini. Un nucleo importante del Teleport potrebbe essere costituito da una rete di linee che colleghino tra loro grandi unità centrali di calcolo e queste ultime ad altri centri di ricerca europei. Gli utenti di Teleport avranno così a disposizione una rete in grado di reperire prontamente le informazioni tecnico-scientifiche necessarie, accedere alle banche dati nazionali ed estere più diverse, mettere a disposizione delle piccole imprese il patrimonio di informazioni tecnico-scientifiche disponibili nelle megastrutture di ricerca nazionali ed estere. 21


L’equazione spazio-telecomunicazioni si trasformerà così in un fattore rivoluzionario dei tradizionali equilibri, spalancando nuove possibilità di organizzazione della produzione, con imprevedibili conseguenze sul piano della distribuzione territoriale delle attuali infrastrutture civili, abitative e sociali.

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