Stato degli studi Rossella lauRendi
profili costituzionali e orientamenti politici del principato di claudio
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profili costituzionali e orientamenti politici del principato di claudio
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UniversitĂ Mediterranea di Reggio Calabria Dipartimento di Scienze Storiche Giuridiche Economiche e Sociali Dottorato di Ricerca in Storia del Pensiero e delle Istituzioni Giuridiche Romane
Laboratorio di Epigrafia e Papirologia Giuridica
Scuola di Alta Formazione in Archeologia e Architettura della CittĂ Classica
opvscvla regina historica volvmen II
Porta Aurea di Ravenna fabbricata dall’imperatore Claudio nel 43 d.C.
Rossella Laurendi
profili costituzionali e orientamenti politici del principato di claudio
Reggio Calabria 2012
Comitato Scientifico Direttore Felice Costabile (Reggio Calabria)
Chiara Buzzacchi (Milano Bicocca) Giovanna Coppola (Messina) Oliviero Diliberto (Roma Sapienza) Valerio Marotta (Pavia) Marc Mayer y Olivé (Barcelona) Stephan Freyberger (München) Sergio Lazzarini (Como Insubria) Giovanni Luchetti (Bologna) Armando Torrent (Madrid) Peer-review: valutazione positiva di due referees sistema double-blind: p.p.c.
Distributore esclusivo «L’Erma» di Bretschneider via Cassiodoro 11 - I - 00193 Roma lerma@lerma.it Volume stampato con un contributo MIUR PRIN 2008 / IUS 18 “Revisione ed integrazione dei FIRA”.
Impaginazione Ignazio Andrea Federico © 2012 Iiriti Editore Viale Calabria, 72/a - 89133 Reggio Calabria Tel. 0965.757780 - Fax 0965.757604 www.iiritieditore.com - info@iiritieditore.com ISBN 978-88-6494-095-3
SOMMARIO
Prefazione p. 7.
I.
ADVENTVS CLAVDII
1. Da Augusto a Claudio. Nuovi equilibri socio-politici p. 9. 2. Saeculum Augustum e mistica di Stato. Il dies natalis Augusti p. 12. 3. Il dies natalis Claudii p. 15.
II. LA QUALIFICAZIONE COSTITUZIONALE DELL’INVESTITURA DI CLAUDIO
1. Antefatto: il problema storico-giuridico e la nuova documentazione p. 25. 2. Le fonti storiche sull’ascesa di Claudio al soglio imperiale p. 27. 3. La dottrina storica e romanistica ed il problema giuridico-costituzionale p. 34. 3.1 La storiografia italiana, britannica e sovietica dal Barbagallo alla Levick (1932-1996) p. 35. 3.2 La trattazione del Milazzo (1989) p. 39. 3.3 Esegesi critica di Cassio Dione p. 42. 4. I poteri di Claudio nella tradizione dionea p. 44. 4.1 Il totum imperium p. 44. 4.2 Il conferimento dei cetera principatui cohaerentia e il problema della “legittimità costituzionale” nell’attribuzione dell’imperium p. 46.
III. IMPER(IVM) RECEPT(VM)
1. Legende ed iconografie numismatiche dell’acclamazione imperiale di Claudio: valenza politica del messaggio e suo valore di legittimazione costituzionale p. 51. 2. Duplex interpretatio dell’imperium (a militibus) receptum e della omologatio senatus p. 73.
IV. LA RESPVBLICA FRA DEMOKRATIA E ARISTOKRATIA
1. La “volontà popolare” come fattore di legittimazione del conferimento del potere p. 79. 2. L’assunzione del nomen Caesaris ed i modelli di Claudio: imitatio Caesaris ed imitatio Augusti p. 82.
V. CONQUISTE E INTEGRAZIONE NELL’IMPERO
1. Britannia capta p. 93. 2. La Tabula Lugdunensis e la Tabula Clesiana. Visione ecumenica della romanità p. 99.
Tavole p. 117.
Bibliografia e abbreviazioni p. 129.
Indici Fonti: di tradizione manoscritta p. 147; epigrafi p. 149; papiri p. 149. Iuridica p 150. Nomi antichi: di persona p. 152; geografici, topografici e di popoli p. 154. Autori moderni. p. 155. Abstract p. 159
Fig. 1. Statua marmorea di Claudio da Lanuvium (Musei Vaticani).
PREFAZIONE * Questo breve studio, che viene ad aggiungersi alla ormai plurisecolare bibliografia sull’imperatore Claudio, si propone di affrontare alcuni aspetti strettamente giuridici del suo principato, aspetti talvolta trascurati dalla dottrina, o che appaiono oggi meritevoli di revisione alla luce di una nuova documentazione o di documentazione nota ma inadeguatamente o sbrigativamente esaminata. In ispecie, attraverso la lettura incrociata di fonti letterarie e numismatiche, viene esaminata ed approfondita la problematica inerente alle modalità, non propriamente in linea con le scelte dinastiche inaugurate da Augusto, con le quali il certo non giovane Claudio ascese al soglio imperiale. È stato recepito, ma in forma considerevolmente accresciuta nel testo, nelle fonti e nelle problematiche giuridiche affrontate, il mio articolo: Imper(ium) recept(um): la qualificazione costituzionale dell’investitura di Claudio, pubblicato in «Minima Epigraphica et Papyrolgica» XII-XV (2009-2012) 14-17, pp. 267-284. * Questo saggio è pubblicato con un contributo del Dipartimento S.S.G.E.S. dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, su fondi PRIN 2008/IUS 18 (ricerca in consorzio con gli Atenei di Palermo, Bologna, Genova e Milano Cattolica). Lo studio, nell’ambito del Dottorato di Ricerca in “Storia del pensiero e delle istituzioni giuridiche romane” dell’Ateneo di Reggio Calabria, è stato condotto nelle biblioteche del Dipartimento reggino, Apostolica Vaticana, della Pontificia Accademia di Archeologia, della Pontificia Università Lateranense, del Deutsches Archäologisches Institut Rom, e “Edoardo Volterra” dell’École Française de Rome: ne ringrazio i Proff. Francesco Amarelli, Marco Buonocore e Thomas Frölich. 9
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Ampliano le prospettive di ricerca alcune osservazioni relative alla ideologia ed alle iniziative di governo claudiane in materia di espansione ed integrazione dell’impero non solo con i piani di conquista di nuove province, ma anche di concessione della civitas Romana a peregrini. Il taglio poco discorsivo è dovuto alla volontà di evitare quella storia degli avvenimenti o quelle analisi su Claudio e sul suo operato di principe, che appaiono ormai consolidate e che sarebbe inutile ripercorrere qui, perché ben trattate in diverse monografie più o meno recenti. Si è perciò privilegiata la scelta di affrontare solo quelle problematiche storiche e giuridiche, dove vi fosse l’opportunità di apportare un contributo scientifico innovativo, anche a scapito della fluidità “narrativa” sulla vicenda claudiana. A questa, comunque, ho dedicato un filo conduttore emblematico: quello delle immagini commentate nelle Tavole fuori testo.
Fig. 2. Cammeo di Augusto attribuito a Dioscoride (circa 20 a.C.). 10
Fig. 3. Cammeo di Claudio (datato attorno al 41-43 d.C.).
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1. Da Augusto a Claudio. Nuovi equilibri socio-politici. «Quanto agli imperatori giulio-claudi, la tradizione ci presenta un Tiberio ipocrita, un Caligola pazzo, un Claudio imbecille, un Nerone istrionico e sanguinario. È una tradizione che nasce con un difetto d’origine: è impossibile giudicare “obiettivamente” uomini che hanno dovuto affrontare il problema di donar pace ad un mondo stanco dominato da un’attesa soteriologica e agitato dalla pressione di nuove forze sociali. Non si può contentar tutti: ed è naturale che gli imperatori giulio-claudi scontentassero tutti»1. Queste parole di Santo Mazzarino offrono, da un lato, un quadro sintetico ma incisivo dell’assetto socio-politico, esistente all’indomani della morte di Augusto e, dall’altro, della visione che di tale assetto ebbe quella parte della società romana determinante nella formazione dell’opinione pubblica e nella storiografia di estrazione senatoria. Il nuovo ed optimus status rei publicae, come la “propaganda” imperiale lo definiva2, aveva raggiunto un equilibrio tra le classi sociali, che sarebbe stato inevitabilmente soggetto a continui muMazzarino, L’impero 1973, p. 211. Sul dibattito storiografico dell’ammissibilità del termine “propaganda” per l’età augustea cfr. sintesi e bibliografia in Hurlet – Dalla Rosa, Un quindicennio di ricerca 2009, p. 171 n. 10, p. 194 s. 1 2
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tamenti, perché differenti da quelle di Augusto sarebbero state per molti aspetti le linee politiche dei suoi successori, e per la discontinuità delle contingenze, delle aspettative e delle esigenze del senatus e del populus di Roma. L’armonia tra il princeps e le classi privilegiate dei senatori e dei cavalieri, che Augusto aveva stabilito e Tiberio aveva cercato di mantenere, venne irrimediabilmente meno sotto la prefettura del pretorio di Seiano. Le circostanze, poi, della morte di Caligola offrono una idea chiara e sono il sintomo della profonda insoddisfazione che serpeggiava nell’ordo senatorius e nell’ordo equester, e tali circostanze – a dispetto di quanto sperava il senato palesemente incline a una restaurazione repubblicana – finirono con lo svolgere un ruolo decisivo nella scelta del nuovo e inopinato princeps. L’acclamazione di Claudio da parte dei pretoriani costituì per la prima volta l’elemento anche esteriormente decisivo, che prevalse sulle utopie del senato, dimostrando l’attaccamento delle forze armate a quella gens Iulia Claudia, che aveva garantito i ceti medi dall’onnivora avidità dei patres conscripti, e che da quei ceti riceveva a sua volta consenso e sostegno. A causa della giovane età e dell’inaspettata morte di Caligola, un successore del principe ucciso non era stato né designato né tantomeno pensato. Ma se lo fosse stato, difficilmente la scelta sarebbe caduta sullo zio dell’imperatore assassinato. Claudio infatti era non solo più anziano del nipote, ma a corte era sempre vissuto appartato, nonostante fosse terzogenito3 di Antonia Minore e Nerone Druso4 e Suoi fratelli erano il celebre e sfortunato Germanico e Livilla. Antonia Minore era nipote di Augusto per parte materna, e Nerone Druso era il figlio di Livia Drusilla la quale, pur avendolo ancora in grembo, nel 38 a.C. non aveva esitato a divorziare ed a sposare in seconde nozze Ottaviano, allora triumviro. Druso era stato partorito non nella casa del padre, ma in quella di Augusto, perché Livia l’aveva sposato quand’era in cinta di sei mesi dal primo marito: si ricordava che ciò aveva destato scandalo ed ironici 3 4
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avesse quindi l’imperatrice Livia come nonna paterna ed Augusto stesso come prozio materno5 (v. Tav. IV a p. 120). Tuttavia proprio Claudio, che al contrario di Tiberio e di Caligola non era stato mai adottato nella gens Iulia, fu, si potrebbe dire provvidenzialmente, l’uomo che riuscì ad evitare che si mutasse lo status rei publicae augusteo e che si verificasse una ennesima guerra civile6. Ponendosi quale anello di congiunzione fra le due forze centripete del governo di Roma, il senatus e i pretoriani, egli si propose quale garante della forma rei publicae augustea, l’unica che – sia pure per necessità – la nobilitas senatoria fosse disposta ad accettare in luogo dell’amissa libertas rei publicae. Peraltro come ci rivela Svetonio in un passo (Cal. XXII), che sembra essere stato trascurato ad onta del suo rilievo politico e costituzionale, ogni tentativo in senso contrario, speciemque principatus in regni formam convertere, non sarebbe stato né pensabile né tanto meno realizzabile. mormorii e che, per questa ragione, il senato avesse dovuto autorizzare le nozze contra mores maiorum con speciale delibera. Sulla vicenda cfr. Vell. Pat., Hist. II 79.2; Suet., Tib. IV e VI e Div. Claud. I; Tac., Ann. V 1.1 e XII 6.2; Cass. Dio XLVIII 44; Aur. Vict., Epit. de Caes. I 23 . Per la letteratura scientifica: Carcopino, Passion 1958, p. 65 ss.; Guarino, Coup 1981; Giunti, Adulterio 1990, p. 99 ss. e n. 88 (a p. 101); Salza Prina Ricotti, Amori 1992, p. 219 ss.; Fraschetti, Livia 1994, p. 123, p. 129 ss.; Cantarella, Passato 1998, p. 103 ss.; Ead., Matrimonio 2001, p. 25 ss.; De Simone, La c.d. cessione della moglie 2011, pp. 21-25. 5 In verità Claudio lo definisce av]onc[ulus, che significa propriamente “zio materno”, alla linea 2 dell’epigrafe di Lione, (CIL XIII 1668 = ILS 212) mentre sarebbe stato più esatto chiamarlo avunculus magnus, cioè “prozio materno”. 6 Flav. Jos., Ant. Jud. XIX 227. Secondo i più, è quasi certamente Claudio l’imperatore cui allude come salvatore da un’evitata guerra civile Curzio Rufo nelle Historiae Alexandri X 9. 3-6; sull’argomento si veda Atkinson, A Commentary 1980, pp. 25-35; Atkinson, Q. Curzio Rufo 2000, p. 575; Porta, Curzio Rufo 2005, pp. 13-15. 13
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2. Saeculum Augustum e mistica di Stato. Il dies natalis Augusti. Con il saeculum Augustum7 si assiste al sorgere di una teologia di Stato incentrata sulla figura divina del princeps oltre che sul culto della gens imperatoria. È questo un fenomeno di notevole importanza, nel quale si concretizza un validissimo strumento politico che si affiancherà, pur senza mai spodestarla, alla tradizionale religione romana, la religione dei maiores che Augusto volle sapientemente restaurare e riportare in auge, ma che nel contempo seppe arricchire di un nuovo culto, quello del divus Iulius e poi, quasi attraverso di quello, appunto della sua stessa persona8. All’indomani della morte di Cesare si procedette alla sua divinizzazione e all’erezione di un tempio in suo onore; il figlio adottivo, il giovane Ottaviano divenne automaticamente divi filius ed Antonio sacerdos divi Iulii9. La pretesa filiazione divina del giovane Cesare si palesò peraltro molto presto; al 36 a.C. circa risale una iscrizione dall’inequivocabile messaggio, Imp(erator) Caesar divi f(ilius)10 che ritroviamo quale legenda nelle monete triumvirali databili nell’arco di un decennio, dal 43 al 32 circa a.C.11. Quanto ad Augusto, tuttavia, non si attese che fosse morto per decretargli onori pari a quelli divini: Tacito, osserva polemicamente 7 Sulla stregua di quanto afferma Svetonio, Div. Aug. C, con questa espressione si soleva definire il periodo compreso fra il giorno della nascita di Augusto e quello della sua morte. 8 Rinvio alle nuove trattazioni di Costabile, Novi generis imperia 2009, pp. 43-88; Id., Storia 20123, pp. 269-277, con l’anteriore bibliografia specialistica, da integrare con Herklotz, Prinzeps und Pharao 2007. 9 Taylor, The Divinity 1931, p. 118; Charleswort, I triumviri 1988, p. 719. 10 ILLRP 417 11 Il triumvirato fu conferito per cinque anni il 27 novembre del 43 a.C. con l’approvazione della lex Titia, ma fu poi prorogato al 33 o al 32: cfr. bibliografia e status quaestionis in Vervaet, The Secret History 2010, p. 80 s.
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che, se solo da morto a lui templum et caelestes religiones decernuntur (Ann. I 10.8), quand’era vivo nihil deorum honoribus relictum cum se templis et effigie numinum per flamines et sacerdotes coli vellet (Ann. I 10.6). Evidentemente non bastava a spegner le polemiche l’espediente che dell’imperatore vivente si venerasse il Genius, e che il sacrifico in suo onore fosse segno e prova della lealtà verso il governo, oltre che puro atto di devozione religiosa. L’adesione al culto imperiale, che Augusto non promuoveva apertamente ma lasciava accendere, fu comunque un moto del tutto spontaneo, in ispecie nella parte orientale dell’impero, culturalmente incline a recepire una teologia di Stato imperniata sulla figura di un uomo eccezionale, che potenzialmente sarebbe potuto divenire Dio, anche prima della sua morte. A Roma le sue pretese di una discendenza divina per parte di madre furono invece oggetto di dissensi ironici, quando non chiaramente sarcastici ed anche sottilmente allusivi alla volgarità: Caesaris Augusti femina mater erat recita un graffito (CIL IV 6893) non a caso tracciato nella villa pompeiana dove soggiornavano i suoi stessi familiari dissidenti: la figlia Giulia ed il nipote Agrippa Postumo, nonché i figli di Antonio e Cleopatra12. Ma il clima era ben diverso fuori della domus Augusta e dell’Italia: al 9 a.C. risale infatti un editto bilingue del proconsole d’Asia Paullus Fabius Maximus che «ci rivela l’aspetto più significativo del nuovo culto: l’importanza ideologica del giorno natale dell’imperatore»13. Il proconsole «nell’applicare nella sua provincia la riforma cesariana di cui ancor oggi ci valiamo, stabilisce il nuovo calendario giuliano-asiano, costituendo il 23 settembre, giorno natale di Augusto, come principio dell’anno. Scrive perciò che “il giorno natale del dio Augusto fu per il mondo il principio dei Sull’argomento si veda in particolare Costabile, Novi generis imperia 2009, pp. 77-88. 13 Mazzarino, L’impero 1973, p. 156. 12
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Vangeli annunciati per opera di lui” (oppure: “attraverso di lui”). S’intende che lo stesso Paolo, governatore dell’Asia e sommo sacerdote del culto imperiale, annuncia i Vangeli facendosi strumento della Salvezza portata da Augusto. Una nuova età dell’oro ha avuto inizio dal giorno della sua nascita: gli uomini, che prima si pentivano d’esser nati nell’inferno del mondo, ora son lieti di vivere nel nuovo paradiso terrestre»14. Il dies natalis Augusti veniva celebrato in tutto l’impero come festività di Stato; gli Acta fratrum Arvalium ricordano, a partire dal 43 d.C., le cerimonie in suo onore: il 23 settembre si procedeva al sacrificio in Capitolio di un bos mas a Giove e di una vacca presso l’ara gentis Iuliae, il 24 si immolavano in Palatio un bos mas al divo Augusto e una vacca alla diva Augusta. Il giorno memorabile della sua nascita fu da Augusto stesso e da molti suoi sostenitori circonfuso da una sorta di divina predestinazione; le coincidenze, molte delle quali palesemente confezionate ex post, furono enfatizzate al fine di rendere il giorno natale di Augusto segno di una provvidenza divina: Quo natus est die, cum de Catilinae coniuratione ageretur in curia et Octavius ob uxoris puerperium serius affuisset, nota ac vulgata res est P. Nigidium compertam morae causa, ut horam quoque partus acceperit, affermasse dominum terrarum orbi natum15. Costabile, Storia, 20123, p. 271 con ampia bibliografia a nota 256. Suet., Div. Aug. XCIV. Rilevante è anche il prodigio narrato sempre da Svetonio, ibidem, secondo cui: Auctor est Iulius Marathus, ante paucos quam [Octavius] nasceretur menses prodigium Romae factum publice, quo denuntiabatur regem Populo Romano naturam parturire; senatum exterritum censuisse, ne quis illo anno genitus educaretur; eos qui gravidas uxores haberent, quod ad se quisque spem traheret, curasse ne senatus consultum ad aerarium deferretur. Mi sembra quanto mai ovvio il parallelo con l’episodio della strage degli innocenti descritta da Matteo II 1-16, secondo cui Erode il Grande avrebbe ordinato il massacro di bambini allo scopo di uccidere Gesù, della cui nascita a Betlemme era stato informato dai Magi. La storicità dell’episodio è dai più negata datane l’as14 15
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La medesima attenzione, riservata ad Augusto, nel segnalare e rilevare le vere o presunte coincidenze con il genetliaco degli imperatori non viene però rivolta nei confronti di tutti i suoi successori, e il caso di Claudio ne è un esempio oltremodo eclatante.
3. Il dies natalis Claudii. Tiberio Claudio Druso nacque a Lugdunum (Lyon) alle calende di agosto del 10 a.C.16: in quello stesso giorno nella città gallica veniva consacrato per la prima volta un altare ad Augusto17. Concomitanza non da poco, ma stranamente riferita da Svetonio18 – una delle fonti principali per ricostruire la figura di Claudio19 – senza alcuno di senza in Flavio Giuseppe, principale fonte della storia giudaica di età imperiale. Non dubiterei che il racconto evangelico sia stato costruito su di un topos di età augustea. Sembra che Svetonio nel riferire gli omina imperii relativi ad Augusto abbia attinto alla sua autobiografia; cfr. Plin., Nat. Hist. XV 130, dove si riferisce dell’invio dal cielo dell’“alloro trionfale” ad Augusto. Cfr. Vistoli, Via Flaminia 2010, p. 124, pp. 150-151. Su Augusto cfr. Barzanò, Il “topos” 1993, p. 266 s. 16 Il dies natalis è confermato dalla documentazione epigrafica. Cfr. CIL I2 p. 240, p. 248 e CIL VI 37834; Inscr.It. XIII.2, 490; Herz, Kaiserfdeste 1978, p. 1163. La Rocca, Ara reditus 1992, p. 102 n. 125 osserva che il natale di Claudio fu «celebrato prima del 37 d.C.», cioè prima della sua ascesa al trono. 17 La Rocca, Ara reditus 1992, p. 102 n. 128, nota che, rispetto all’ingresso di Ottaviano ad Alessandria alle Calende di Agosto, «Claudio, con una supplementare coincidenza di date, è nato esattamente due anni dopo l’erezione dell’altare dedicato a Roma ed Augusto alla confluenza tra l’Arar ed il Rodano». 18 Suet., Div. Claud. II. Sulla nascita di Claudio cfr. anche Sen., Apokol. III e VI e Cass. Dio LX 2-3. 19 Svetonio attinge sia alle opere dello stesso Claudio che ad altre perdute, certamente a lui favorevoli perché scritte sotto il suo principato, come si deduce da Tacito, Ann. I 1.2: Tiberii Gaique et Claudii ac Neronis res florentibus ipsis ob metum falsae …; attinge inoltre alle Historiae di Aufidio Basso ed alla Naturalis Historia (vedi n. 15) entrambe filoclaudiane, ma poi si fa influenzare in generale, assorbendone i giudizi di parte, da Cluvio Rufo e dai commentarii di Agrippina Minore (cfr. Suet., Div. Claud. XXXIV; Tac., Ann. IV 53.2; Cass. 17
Fig. 3. C. Suetonius Tranquillus, De vita Duodecim Caesarum, ms. 81, Biblioteca Civica di Fermo (XIV-XV sec.). Fig. 4. Assonometria ricostruttiva del templum divi Claudii e del complesso Meta-Compitum attorno al 54 d.C. (da disegno di Matilde Cante). Fig. 5. Denario di Claudio (51-54 d.C.) della zecca di Lugdunum con ritratto dell’imperatrice Agrippina II, che ne promosse l’apoteosi dopo la morte (cfr. Tavola X a p. 122). Fig. 6. Cammeo con l’apoteosi di Claudio post mortem.
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quegli abituali e così frequenti commenti sulla natura “augurale” e numinosa delle coincidenze che, come si è visto20, costellano quali segni di predestinazione la nascita, come l’imminente morte, degli imperatori. Di quei commenti la storiografia ed ancor più il genere biografico si compiacciono21, incluso altrove lo stesso Svetonio22, che tuttavia nel suo incipit sul divus Claudius se ne astiene totalmente. Dio LX 2.4-5), nonché dall’Apokolokyntosis Divi Claudii di Seneca. La dipendenza da fonti così contrastanti si riflette nel quadro sostanzialmente contraddittorio che il biografo dà di Claudio, come quando – per esempio – afferma (Div. Claud. XV) che in cognoscendo autem ac decernendo mira varietate animi fuit, modo circumspectus et sagax, interdum inconsultus ac praeceps, nonnumquam frivolus amentique similis, mentre poco prima (Div. Claud. XIV) aveva sostenuto che nec semper praescripta legum secutus duritiam lenitatemque multarum ex bono et aequo, perinde adficeretur, moderatus est. 20 Supra n. 15. 21 Cfr. exempli causa il caso del Sidus Iulium: fonti in Costabile, Novi generis imperia 2009, pp. 63-65; per il prodigio della lampàs, che illuminò la spedizione britannica di Claudio, cfr. Cass. Dio LX 19.4 e Sordi, Il De vita sua 1993, p. 213 s. Per i prodigi che preannunciano la morte dell’imperatore: Tac., Ann. XII 64.1 22 In Div. Claud. VII, si narra di un omen quando sulla spalla destra di Claudio si andò a posare un’aquila, al suo primo ingresso nel foro quale tardivo console del 37. E forse un’altra profezia – direi – va vista in Svetonio, Div. Claud. IV, ma rivolta adversus principem dalla fonte cui il biografo attinse: infatti la sorella Livilla, quando le predissero che un giorno il fratello sarebbe diventato imperatore, avrebbe apertamente compianto che a Roma toccasse un destino così ingiusto e indegno (soror Livilla, cum audisset quandoque imperaturum, tam iniquam et tam indignam sortem populi Romani palam et clare detestata est). Inoltre, anche la morte dell’imperatore è preceduta nella narrazione svetoniana da vari segni premonitori (Suet., Div. Claud. XLVI), fra cui una crinita stella, quam cometem vocant, segno di cui lo stesso Svetonio, Nero XXXVI, scrive quae summis potestatibus exitium portendere vulgo putatur. Che il biografo fosse seriamente convinto del valore delle premonizioni lo documenta l’epistolario pliniano a proposito di un sogno che Svetonio ebbe nell’imminenza di un processo, chiedendone per questo il rinvio: Plin. Epist. I 18. Inoltre, quanto agli omina imperii, è stato giustamente osservato che «è soltanto Svetonio, in età antonina, a farne un vero e proprio topos nell’ambito delle sue biografie imperiali». Così Barzanò, Il “topos” 1993, p. 269. 19
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Di certo le ragioni di questo silenzio potrebbero essere molte, e forse una di queste si potrebbe credere risieda nella circostanza che la successione al trono sia stata del tutto imprevista per Claudio; il biografo, infatti, sottolinea come per haec ac talia, maxima aetatis parte transacta, quinquagesimo anno imperium cepit quantum vis mirabili casu23. Tuttavia il silenzio svetoniano appare ancora più anomalo, se si tiene conto che la coincidenza del dies parentalis di Claudio con l’inaugurazione a Lugdunum dell’ara Augusti non fu la sola di quel giorno. Ve n’è infatti un’altra di cui Svetonio tace egualmente, ma che parimenti non poteva non conoscere: proprio alle calende di agosto ricorreva appunto l’anniversario – e quando nacque Claudio era esattamente il ventesimo – dell’ingresso di Ottaviano in Alessandria d’Egitto. Ragion per cui quel giorno era stato assunto da allora come festività del principato: non a caso in quell’anniversario, in tutte le città dell’orbe romano, s’insediavano i diversi sacerdoti e magistrati addetti al culto dei Cesari – seviri, Augustales, magistri Compitales etc. – dopo essere stati eletti24. Il 1 agosto del 2 a.C. fu inoltre inaugurato il tempio di Marte Ultore, promesso in voto al dio della vendetta dal giovane Ottaviano per fare scontare l’uccisione del padre adottivo Cesare. A questo punto mi sembra lecito supporre che la causa dell’inconsueto silenzio di Svetonio, sulla fatalità delle segnalate coincidenze natali dell’imperatore, possa dipendere da due fattori preminenti: il voluto disinteresse, da parte della storiografia di estrazione Suet., Div. Claud. X. Cfr. A.R. von Premerstein, in DE I 1895, p. 837 ss.; Taylor, Trebula 1956, p. 9; Olivier, Gerusiae 1958, p. 484 ss.; Degrassi, Una dedica 1964 in particolare p. 304; Herz, Untersuchungen 1975, p. 258 (che nota specificamente la coincidenza con la data di nascita di Claudio, condiviso da La Rocca, Ara reditus 1992, p. 78 ss.); Costabile, Istituzioni 1984, p. 186; Id., Senatusconsultum 2008, p. 151 ss. 23 24
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senatoria notoriamente ostile al princeps, da cui Svetonio attinse e della quale in molti casi sembra sposare la causa, a rilevare quelle fauste coincidenze, ma soprattutto l’atteggiamento, piuttosto parcus atque civilis25, dell’imperatore stesso nell’esaltazione della sua persona, a quanto riconosce il certo non simpatizzante biografo. Il regime assolutistico di Caligola, fondato sul culto dell’imperatore vivente in quanto dominus, rinunciando apertamente alle apparenze augustee26, aveva portato scompiglio e dissapori ovunque. Ma come Augusto fu «ammaestrato dal cesaricidio»27, Claudio lo fu dall’assassinio del nipote Caligola28. La posizione del novus princeps doveva in qualche modo placare sia l’indignazione della classe dirigente di Roma, sia l’antica tradizione religiosa giudaica fino a quel tempo rispettata, ma da Caligola terribilmente offesa con il tentativo di introdurre nel Tempio di Gerusalemme la sua statua, fallito solo per il suo assassinio. La lettera di Claudio agli Alessandrini in dissidio con la comunità giudaica della città, dimostra chiaramente, nella parte che riguarda il culto della sua persona, come egli, distinguendosi consapevolmente da Caligola, comprese bene la via da seguire al riguardo: nell’epistola, infatti, sottolinea come sia sua intenzione declinare «l’erezione di templi e di un sacerdote per me, perché non desidero essere arrogante nei confronti degli uomini della mia epoca e poiché considero templi ed affini come privilegi destinati da ogni tempo solamente agli dei»29. Fu, ritengo, quella tenace resistenza giudaica, che aveva Suet., Div. Claud. XII: At in semet augendo parcus atque civilis praenomine Imperatoris abstinuit, nimios honores recusavit. 26 Suet., Cal. XXII. 27 Citazione da Costabile, Storia 20123, p. 225. 28 Giustamente Amarelli, Trasmissione 20014, p. 134, attribuisce l'iniziativa della rescissio actorum Caligolae non al senato, ma a Claudio. 29 P. Lond. 1912 = CPJ n. 153. 25
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indotto addirittura il legato di Siria, Petronio, a disattendere gli ordini di Caligola, che quasi certamente spinse Claudio ad agire con estrema cautela nell’interesse dell’ordine pubblico e inevitabilmente della Ragion di Stato, e quindi ad evitare ogni provocazione che incrementasse i tumulti già esistenti in Alessandria. Il comportamento di Claudio fu estremamente razionale, teso a perpetuare il “provvidenzialismo” augusteo ma più nel nome dell’Urbe che del proprio: così la dottrina della Providentia Caesaris si coniuga in lui con quella dell’Aeternitas di Roma e dell’Italia, nonché con la concezione della Felicitas saeculi30 e della totius humani generis receptio in eius tutela (ritraducendo in latino dai verba edicti proconsulis Asiae: p©n tÕ tîn ¢nqrèpwn gšnoj e„j t¾n „d…an ¢nadeigmšnoj sic! khdemon…an)31. È stato correttamente sottolineato che «Claudio non era dio vivente, ma tuttavia consentiva che uomini a lui molto vicini, come il medico Scribonio Largo, in opere di carattere ufficiale (o semiufficiale), lo chiamassero costantemente deus noster Caesar, e indulgeva in qualche caso (soprattutto a Camulodunum, sua colonia nella Britannia, da lui conquistata) all’erezione di un suo tempio»32. Se Martin, Providentia 1982, p. 143 ss., p. 169 ss. Cfr. il S.C. Claudianum de aedificiis non diruendis: CIL X.1 1401 = ILS 6043 = FIRA I 45, da Ercolano. Buongiorno, Senatus consulta 2010, p. 236 ss. 31 Cfr. SEG IV 516 linn. 14-15, databile attorno al 44: si tratta di un edictum del proconsole d’Asia Paolo Fabio Persico alla città di Efeso e a tutta la provincia, in merito ad abusi nell’amministrazione finanziaria del tempio di Artemis Ephesina, nel quale l’alto promagistrato dichiara di voler provvedere alla provincia, «ma non soltanto per il suo anno (di carica). Sull’esempio del fortissimo e veramente giustissimo principe, che avendo accolto sotto la sua protezione tutto il genere umano, fra i benefici principali e a tutti grati anche questo ha elargito, che a ciascuno fosse assicurato il godimento del suo». Cfr. Garzetti, L’impero 1960, pp. 135-6. I provvedimenti a nome di Nerone sedicenne in favore delle province riferiti da Tac. Ann. XII 58.2 sono giustamente attribuiti a Claudio da Garzetti (p. 136 n. 2). 32 Mazzarino, L’impero 1973, p. 212. Cfr. anche nota seguente. 30
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Claudio si compiacesse intimamente di tale divino appellativo non è dato sapere; certo è che non poteva opporvisi; che poi acconsentisse all’erezione di un tempio a lui intitolato in Britannia è comprensibile, visto che era stato lui per primo a compierne la conquista33: a Roma tale atteggiamento poteva giustificarsi con l’opportunità di consolidare il dominio Fig. 7. Pavimento in opus sectile di età claudia, dalla su quei barbari senza ulteriori implica- Domus Tiberiana del Palatizioni fuori da quella lontana e selvaggia no (Roma, Antiquarium). provincia. In riferimento alle coincidenze con il natale di Claudio, è comunque rilevante ricordare quanto segnalato da Cassio Dione sulle concomitanti celebrazioni: Cass. Dio LX 5.3 ... aÙtÕj oÙd�n œxw tîn Ñnom£twn tîn ™j t¾n ¢rc¾n ferÒntwn ™dšxato: ™n g¦r d¾ tÍ toà AÙgoÚstou noumhn…v, ™n Î ™gegšnnhto, ºgwn…zonto m�n †ppoi di' ™ke‹non d� ¢ll' Óti Ð toà ”Arewj naÕj ™n taÚtV kaqišrwto kaˆ di¦ toàto ™ths…oij ¢gîsin ™tet…meto. «... per se stesso non accettò nulla al di fuori delle titolature concernenti il suo potere: e così nel primo giorno del mese di Agosto, nel quale era nato, si svolgeva una gara ippica, ma non per festeggiarne il compleanno, bensì perchè in quel giorno cadeva la ricorrenza dell’inaugurazione del tempio di Ares, e questo evento era stato sempre celebrato con agoni annuali».
Nonostante la scarsa preferenza all’adorazione della sua stessa persona, è proprio con Claudio, tuttavia, che si definisce dal punto di vista istituzionale il culto dinastico della gens Giulio-Claudia. È lui, 33
Fasolino, Aggiornamento 2006, pp. 180-186. Cfr. nota precedente. 23
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infatti, a divinizzare la nonna Livia e a rendere onori, oltre che al padre e alla madre, alla quale fece conferire il titolo di Augusta, e al fratello Germanico già onorato da Tiberio34, anche alla memoria della cognata Agrippina e di Marco Antonio, damnati sotto i primi due principi e riabilitati solo da Caligola. Fece costruire l’arco di marmo, già decretato dal Senato, dedicato a Tiberio e negli Acta fratrum Arvalium è testimoniata a partire dal 42 o 43 l’esistenza sul Campidoglio di un’ara gentis Iuliae, sulla quale, come abbiamo già segnalato, nel dies natalis di Augusto venivano offerti sacrifici. In conclusione, mi pare lecito ipotizzare che Claudio non abFig. 8a. Statua di Claudio da Ercolano, bia segnalato espressamente le rilavorata da originale probabilmente numerose coincidenze del suo di Caligola, memoria damnatus. giorno natale come segni di predestinazione all’impero, contrariamente a quanto aveva fatto Augusto e a quanto avrebbe fatto Settimio Severo, ciascuno nella propria autobiografia35, quanto meno per non dare adito alle stesse pretese teologiche del suo predecessore, attenendosi così ad una linea più 34 La divinizzazione di Livia fu un atto intriso di sapienza politica; essa rappresentava il punto di incontro tra la gens Claudia e quella Iulia. A differenza di Caligola, che divinizzò la sorella Drusilla, Claudio non fece un uso per così dire improprio dei caelestes honores; non si spinse mai a divinizzare né i genitori né tanto meno il celebre fratello Germanico. Chiaro segno di quell’uso del tutto statale del culto divino dell’imperatore, che in Claudio appare perpetuato nella medesima ottica strumentale che era già stata di Augusto. 35 Barzanò, Il “topos” 1993, p. 266 s.
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prudenziale e certo assai meno “personalistica”. La storiografia, anche quella palesemente a lui avversa, riconobbe questa sua prudenza36. Va tuttavia segnalato un elemento. In occasione di una sua visita a Lugdunum37, Claudio fece coniare monete che rappresentano allusivamente proprio quell’ara Rom(ae) et Aug(usti)38 inau- Fig. 8b. Denario di Claudio della zecca di Lugdunum rafgurata nella città quand’egli vi nacque; figurante l’Ara Augusti con l’allusione è chiara ma tuttavia equivo- legenda Rom(ae) et Aug(usti). cabile. L’altare fu consacrato il giorno stesso in cui nacque Claudio, ma non certo per quella ragione. Potrebbe trattarsi, anche in questo caso, di quella sottile ambiguità che mi sembra caratterizzare, come si vedrà, il linguaggio figurativo e la propaganda del principato di Claudio fin dal momento della sua acclamazione, avvenuta senza alcuna “predestinazione” né divina né tantomeno umana.
36 Suet., Div. Claud. XII, Cass. Dio LX 5,3. A ciò conducono anche i silenzi di Seneca e Tacito. 37 «Ad un incisore della zecca di Roma si deve anche il conio per il quadrante al tipo dell’altare (BMC nr. 227) coniato a Lugdunum nel 43-44 a.C. durante la residenza di Claudio»: così Laffranchi, La monetazione 1949, p. 47 n. 7; e analogamente Kaenel, Münzprägung 1986, p. 151 s. (Münztyp 81, RIC 70), p. 195, p. 241; e Giard, Catalogue 1989, p. 5; contra: Metcalf, Rome 1989, p. 51 ss.; Zehnacker, Le monnayage 1998, p. 215 s., p. 226, i quali ritengono che la zecca sia lionese. 38 Sull’altare di Roma ed Augusto a Lione, oltre Svetonio, Div. Claud. II, cfr. Strab., VI 3.2; Liv., Per. CXXXIX (sul testo ora Scheid, Culte impérial 2010, p. 288 n. 19); Cass. Dio LIV 32.1. Inoltre Fishwick, The Imperial Cult 1987, pp. 125-130.
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A Roman Emperor a.D. 41, Olio su tela del 1871
(collezione privata), di Lawrence Alma-Todema (1836-1912).
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