Luoghi dello scambio e città del Mediterraneo

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Concetta Fallanca De Blasio

MARRAKECH Domenico M. A. Milone TANGERI Luigi Zumbo DAMASCO Alessandra Vitanza

Volume II

SPALATO Renata Marino

MARRAKECH Domenico M. A. Milone

TRIESTE Gabriella Pultrone

LISBONA Natalina Carrà

TANGERI Luigi Zumbo

ANCONA Gabrio Celani

LA VALLETTA Rosario M. V. Russo

DAMASCO Alessandra Vitanza

LIVORNO Antonella Sarlo

HERAKLION Vincenzo de Nittis

ATENE Alessandra Barresi

BARCELLONA Raffaella Campanella

AJACCIO Anna Del Grande

BARCELLONA Raffaella Campanella

DUBROVNIK Antonio Taccone

VALENCIA Caterina Praticò

CAGLIARI Salvatore Mondello

VALENCIA Caterina Praticò

SPALATO Renata Marino

GRANADA Caterina Gironda

CATANIA Maria Giuffrida

TRIESTE Gabriella Pultrone ANCONA Gabrio Celani LIVORNO Antonella Sarlo

GRANADA Caterina Gironda LISBONA Natalina Carrà LA VALLETTA Rosario M. V. Russo

Storie, Culture, Progetti

Storie, Culture, Progetti

DUBROVNIK Antonio Taccone

LUOGHI DELLO SCAMBIO E CITTÀ DEL MEDITERRANEO

ATENE Alessandra Barresi

LUOGHI DELLO SCAMBIO E CITTÀ DEL MEDITERRANEO

Questo libro rilancia le finalità e costituisce di fatto il secondo volume del testo Luoghi dello scambio e città del Mediterraneo. Storie, culture, progetti edito nel 2003 a cura di Concetta Fallanca De Blasio e Alireza Naser Eslami. Si conferma, dopo un lustro di attività di ricerca, la tesi di fondo del primo lavoro, quella che la vera essenza della struttura urbana continua ad essere prevalentemente composta dagli spazi di relazione e tra questi, i luoghi dedicati allo scambio risultano essere fra gli elementi più significativi dell’impianto urbano. Le tensioni progettuali della maggior parte delle città del Mediterraneo sono sempre di più rivolte agli spazi portuali e ai quartieri commerciali che difendono la loro posizione di centralità geografica all’interno del tessuto urbano. Lo spazio del commercio tradizionale, anche nell’era dello shopping mall, continua ad assolvere un ruolo importante nei processi di riorganizzazione della città. Sembra ancora utile quindi, esplorare e comprendere le strutture fisiche e i significati profondi degli spazi di relazione dediti al commercio, per approntare proposte progettuali volte a mantenerne la vitalità e il ruolo che insieme contribuiscono a reinventare l’identità delle città del Mediterraneo.

HERAKLION Vincenzo de Nittis AJACCIO Anna Del Grande CAGLIARI Salvatore Mondello CATANIA Maria Giuffrida

ISBN 978-88-89955-27-7

F 55,00

9 788889 955277

a cura di

ConCetta FallanCa De Blasio

Concetta Fallanca De Blasio, professore Straordinario di Urbanistica, insegna presso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Svolge e coordina ricerche nel campo della progettazione urbana e della pianificazione territoriale nell’ambito delle attività del Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea di cui è direttore dal 2005.


Volume pubblicato dal Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea, con il contributo dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e della Fondazione CARICAL nell’ambito della ricerca Strategie di sviluppo delle città del Mediterraneo, Responsabile scientifico Concetta Fallanca De Blasio, e con il patrocinio dell’IRACEB, Istituto Regionale per le Antichità Calabresi e Bizantine.

Progetto grafico Enrico Iaria Editing Ignazio Andrea Federico Stampa Tipografia Iiriti © 2007 Iiriti Editore Via del Torrione, 31 89125 Reggio Calabria Tel. 0965.811278 www.iiritieditore.com ISBN 978-88-89955-27-7

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Luoghi dello scambio e cittĂ del Mediterraneo Storie, Culture, Progetti VOLUME II

a cura di Concetta Fallanca De Blasio



INDICE Il lievito dello scambio nella città di Concetta Fallanca De Blasio

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Il maghreb, il vicino oriente e l'egeo Marrakech. la “perla rossa” del marocco

di Domenico M. A. Milone I flussi commerciali nella genesi della città Città “capitale” La città nella storia La struttura della città La Medina di Marrakech Le mura e le porte della Medina La città nuova ed i Giardini pubblici Le espressioni del commercio Rotte attraverso il deserto “Un’attività benedetta da Dio”: il commercio Relazioni tra spazi del commercio e tessuto urbano Place Djemaa el-Fna: il “cuore” degli spazi di relazione Souk e Foundouk Prime Considerazioni Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

25 25 25 26 27 29 30 33 33 35 38 38 39 41 41

Tangeri. Porta tra due mondi

di Luigi Zumbo I flussi commerciali nella genesi della città Profilo storico della città Relazioni territoriali e scambi Marittimi Gli scambi commerciali: Marocco e Mediterraneo Relazioni tra spazi del commercio e tessuto urbano Una città multietnica: apertura e tolleranza verso civiltà e religioni diverse La città antica e la nouvelle ville Gli spazi commerciali e gli altri luoghi di relazione Le forme dello spazio commerciale Le espressioni architettoniche del commercio Le vie commerciali a cielo aperto I sùq attorno ad uno spazio I Funduq Il porto e la sua dogana Le nuove progettualità Il "Programme de mise a niveau" Il progetto di riqualificazione del sito di Fendak Chejra La riqualificazione delle piazze della Medina “Sulle tracce di Matisse”: la valorizzazione del patrimonio culturale Il nuovo porto: Tanger-Med Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Damasco. "Conchiglia urbana" dell’oasi di ghouta

di Alessandra Vitanza Flussi commerciali ed eventi storici nella genesi della città Siria: dominazioni e principali vie di comunicazione Damasco: profilo storico della città Crescita urbana: dal primo insediamento alla metropoli odierna Superficie urbana e perurbana Le emergenze urbane della città Le mura La cittadella gli spazi di relazione ed i luoghi di culto Dal Tempio pagano alla Grande Moschea I luoghi di relazione Il sistema commerciale di Damasco I Suq del quartiere storico di Bab Tuma ed il loro sviluppo

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Indice

Tensioni progettuali in scala urbana e mediterranea Le trasformazioni della città Istanze di pianificazione e recupero del centro storico Eredità culturale e propensioni future Souk e bazar nelle città del domani Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

96 96 97 99 100 102

Atene. le diverse declinazioni dei suoi spazi di relazione

di Alessandra Barresi Premessa L’evoluzione della struttura urbana Il periodo geometrico-preistorico Il periodo arcaico e classico Il periodo ellenistico, romano e bizantino Il governo ottomano e la guerra per l'indipendenza Il periodo più recente Sviluppo urbano e nuove prospettive L’evoluzione urbana nel XIX secolo Iniziative per una consistente pianificazione urbana per Atene durante il XX secolo La regione metropolitana di Atene tra presente, passato e futuro I luoghi dello scambio Gli spazi del commercio nell’antichità Gli spazi del commercio nel centro storico Le gallerie commerciali e le grandi mall Recenti interventi di riqualificazione urbana Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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l'ambito adriatico Dubrovnik. La città di pietra

di Antonio Taccone I flussi commerciali nella genesi della città Le norme ragusee per la qualità urbana Polo dei commerci nel Mediterraneo Relazioni tra spazi del commercio e tessuto urbano La progettualità recente Patrimonio dell’umanità e il Piano di Azione dell’UNESCO I piani di sviluppo della contea Un patto tra le due Ragusa Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

143 146 148 150 154 154 156 158 159

Spalato. Porta d’oriente per l’europa

di Renata Marino Premessa La genesi e la struttura della città Le permanenze e le evoluzioni della città La relazione città-porto Il centro storico, centro pulsante di tutta Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

161 162 164 173 la città

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Trieste. Città cosmopolita

di Gabriella Pultrone Premessa I flussi commerciali nella genesi della città Il ruolo della città nel sistema relazionale mediterraneo Il luogo e la storia Le fasi dello sviluppo urbano Relazioni tra spazi del commercio e tessuto urbano La componente straniera Spazi commerciali e altri luoghi di relazione

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Indice

Le espressioni architettoniche del commercio, della vita relazionale Edifici connessi alle attività commerciali ed economiche Altre espressioni della composita società triestina Edifici residenziali Tensioni progettuali Trieste oggi: trasformazioni in atto e prefigurazione di nuovi scenari Nuove progettualità per una città aperta al futuro Considerazioni conclusive Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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e della residenza

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Ancona. Città dorica

di Gabrio Celani Ancon dorica civitas fidei Ancona città portuale La Mole e i luoghi dello scambio Ancona e il suo porto oggi Ancona e il suo porto domani Bibliografia, Fonti iconografiche

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l'europa latina Livorno. Città di “nazioni”

di Antonella Sarlo le ragioni di una città di fondazione Le “condizioni” per la nascita della città nuova Dal disegno dell’urbs alla costruzione della civitas Livorno piazzaforte e base del commercio di deposito tra il XVIII e il XIX secolo Una città in transizione L’unità d’Italia e l’abolizione del porto franco: Livorno alla ricerca di un nuovo ruolo Da Livorno commerciale a Livorno industriale: strategie di sviluppo nel ventennio Dalla “memoria cancellata” alla “ricostruzione della memoria” I luoghi della città commerciale: permanenze e nuove progettualità I luoghi simbolici: originalità del modello sociale e modalità insediative delle “nazioni” I luoghi funzione: architetture e spazi per il commercio nella città storica Le nuove progettualità tra prospettive mediterranee, regionali e locali Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Barcellona. Una capitale del mediterraneo tra passato e futuro di Raffaella Campanella Archeologie invisibili e trasformazioni concrete Le Barcelonas sommerse Da la ben plantada a la ciutat grisa Da capitale olimpica a “nuova” capitale del Mediterraneo Aprire le braccia al Mediterraneo: il fronte a mare e il porto I molti cuori della “città di città”: gli spazi e le strutture del commercio Attraversare il tempo: manufatti storici tra passato e futuro Gli edifici del Porto Vecchio I mercati storici Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Valencia. Città nell’arc mediterranei

di Caterina Praticò Profilo storico della città I primi mille anni della città L’epoca Islamica Il secolo d’oro e l’età moderna La pianificazione urbana nel XX secolo Relazioni tra spazi del commercio e tessuto urbano Le vie del commercio Il sistema delle piazze I tre protagonisti della Piazza del Mercato I quartieri dell’alta borghesia del commercio e i loro mercati Spazi per il rito sociale. I bagni arabi

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Indice

Vicende urbane e tensioni progettuali L'utilizzo del letto antico del Turia La Valencia marittima. Il porto La città delle Arti e delle Scienze Una città mediterranea Bibliografia, Fonti iconografiche

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Granada. emporio arabo nell’europa cristiana

di Caterina Gironda Introduzione Genesi e sviluppo di una città-mercato Rapporto tra il sito e la formazione dell’urbe Dalle origini alla dominazione islamica La Riconquista cristiana e il declino economico della “città-mercato” Trasformazioni urbane tra multicultura e cambio sociale La città araba La metamorfosi della città cristiana La città romantica e la città geometrica Azioni e prospettive di salvaguardia per il patrimonio storico Gli strumenti di controllo: il Piano come progetto della città Politiche urbane e problematiche sociali Patrimonio storico e innovazione Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Lisbona. Città sul mar da palha

di Natalina Carrà Memoria e cultura urbana Premessa Dalle origini alle soglie dell’età moderna La nascita della nazione commerciale e marittima Dalla ricostruzione della città dopo il terremoto del 1755 alla Lisbona attuale I luoghi di relazione ed il tessuto urbano storico Le diverse espressioni urbane I mercati storici: origini ed evoluzione La Baixa Pombalina centro nevralgico del commercio tradizionale Il panorama commerciale: alterazioni strutturali recenti La cultura urbana nei processi di trasformazione della città Il ruolo della città antica nell’evoluzione della Lisbona moderna I progetti di rivitalizzazione: politiche urbane e politiche commerciali Le politiche commerciali Lisbona capitale atlantica dell’Europa: rapporti tra gli eventi e la città Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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il mediterraneo insulare La Valletta. L'isola della città di Malta

di Rosario M. V. Russo I Presupposti della lettura urbana l’isola nell’isola Quando il segno diventa simbolo Forme di resistenza e di rinnovamento urbano I progetti I piani Conversazione su: come rilanciare la città Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Heraklion. Una città di crocevia sulle rotte commerciali del mediterraneo di Vincenzo de Nittis Premessa La città sulle rotte del Mediterraneo Evoluzione storica delle tipologie insediative urbane Evoluzione storica del centro di scambio e dell’insediamento urbano di Heraklion

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Indice

La struttura urbana e gli spazi del commercio Le architetture del commercio e il rapporto con il tessuto urbano Le architetture di difesa dell’abitato e degli spazi commerciali La cinta muraria bastionata in una raffigurazione inedita della metà del XVI secolo Le strutture portuali e gli arsenali della città L’architettura dell’acqua e gli spazi relazionali Tensioni progettuali e trasformazioni in atto nella città odierna Trasformazione dell'aggregato urbano L'innovazione negli interventi di riqualificazione Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Ajaccio. Una città tra isola e continente

di Anna Del Grande I flussi commerciali nella genesi della città La Corsica e il suo “complesso” Profilo storico della città Flussi e reti territoriali La festa di St. Erasme relazioni tra spazi del commercio e tessuto urbano Il periodo genovese La “città di Napoleone” Verso l’epoca moderna espressioni architettoniche del commercio Place du Marché Rue Cardinal Fesch tensioni progettuali Tendenze recenti Opération Programmée d’Amelioration de l’Habitat de Renouvellement Urbain Bibliografia, Fonti iconografiche

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Cagliari. Città aperta

di Salvatore Mondello I flussi commerciali nella genesi della città Le origini ed i primi insediamenti fenici Il periodo Cartaginese e l’epoca romana Cagliari giudicale e pisana Il periodo aragonese Lo sviluppo commerciale e la dominazione spagnola Cagliari sabauda L'urbanistica della città contemporanea Il PUC (Piano Urbanistico Comunale) e la programmazione negoziata e complessa Nuove politiche per la città moderna: Cagliari e il Mediterraneo Il porto oggi Il progetto Elmas 2010 Il sistema economico dei primi anni novanta La new economy - L’avventura delle Ict nell’area cagliaritana e lo sviluppo locale Conclusioni Le tendenze e gli scenari di sfondo (Globale, locale, policentrismo, reticolarità) Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Catania. La città di Demetra con le spalle rivolte al mare

di Maria Giuffrida Genesi ed evoluzione di un nodo di terra Katà-anà: discontinuità e contrasti dalla fondazione alla distruzione­ Verso la modernità: tra ri-costruzione e proto-industrializzazione La “grande Catania”: distorsioni e alterazioni di un’utopia Relazioni tra spazi del commercio e struttura della città Il territorio dentro la città: relazioni generatrici nella città ricostruita Il mare dentro la città: allontanamenti e riappropriazioni nei progetti per la Marina Luoghi dell’identità e spaesamenti: struttura di un nodo commerciale metropolitano Memorie negate e riconciliazioni: rigenerazione e ricerca di un ruolo nuovo Una metropoli mediterranea imperfetta Possibili visioni di futuro Note, Bibliografia, Fonti iconografiche

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Indice dei luoghi

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Gli autori

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Il

lievito dello scambio nella città

di Concetta Fallanca De Blasio

“Ogni minoranza è un lievito nella pasta della società che l’ospita. Ci sono culture (e città) dure e compatte, omogenee, azime. (…) Ci sono invece città e culture – e sono la maggior parte del mondo mediterraneo solcato dall’arte e dal commercio – che sarebbero state poca cosa, polvere d’umanità, residui di scorribande e commerci di ogni genere se non fosse per la compenetrazione di dèi, mestieri e idee. Dèi, mestieri e idee prima stranieri e poi, impercettibilmente accorpati a ciò che è nostro, diverso dall’altro”1. Maurice Münir Cerasi

Il lievito della città è l’apertura culturale al nuovo che scongiura ogni stagnazione intellettuale e artistica e che consente di elaborare originali progressi a partire dall’ammirazione critica di visioni di altrui civiltà. Le città capitali del Mediterraneo sono tali perché aperte a tutte le genti e perché offrono ogni tipo d’incontro e di scambio. Il carattere cosmopolita di una città si legge dalla varietà dei volti e dei costumi che la animano, dalla ricchezza di eventi culturali promossi e, infine ma non ultimo, dalla disponibilità d’ogni bene che il mercato internazionale offre. L’interesse verso l’interculturalità e lo scambio si traduce in attenzione verso gli spazi e le architetture preposte a tali funzioni così come la decadenza di questi luoghi pubblici è indicatore di stagnazione culturale. L’essenza della struttura urbana è prevalentemente composta dagli spazi di relazione e tra questi, i luoghi dedicati allo scambio risultano essere fra gli elementi più significanti dell’impianto urbano. Le tensioni progettuali della maggior parte delle città del Mediterraneo sono rivolte agli spazi portuali e ai quartieri commerciali che insistono, con una continuità storica che deve fare riflettere, nelle parti urbane più centrali. Lo spazio del commercio in definitiva gioca un ruolo importante nei processi di riorganizzazione della città e quindi esplorare e comprendere la particolare categoria degli spazi di relazione dediti al commercio, anche attraverso le vicende storiche che li hanno trasformati sia nelle strutture fisiche sia nei significati, può valere alla messa a punto di strategie d’intervento finalizzate a mantenerne la vitalità e il ruolo che insieme contribuiscono a caratterizzare l’identità d’ogni città. In questa linea di ricerca si colloca il testo Luoghi dello scambio e città del Mediterraneo. Storie, culture, progetti edito nel 2003 a cura di Concetta Fallanca De Blasio e Alireza Naser Eslami e la presente edizione, che ne rilancia le finalità, costituisce di fatto il secondo volume. Le città scelte come casi di studio appartengono a cinque macro-aree culturali, contraddistinte da specifiche peculiarità e che contengono al loro interno numerosi altri livelli di riconoscibilità. L’area culturale del Maghreb rappresenta la parte meridionale dell’Occidente mediterraneo e le città di Marrakech, Tangeri, Fèz, Algeri, Tunisi e Tripoli ben testimoniano un particolare punto di vista della storia e delle vicende di questa parte del Bacino. L’area culturale del vicino Oriente e delle terre ottomane è rappresentata, in questi lavori, dalle città de Il Cairo, Gerusalemme, San Giovanni d’Acri, Damasco, Aleppo, Bursa e Istanbul. Si tratta di un territorio, a forma di grande arco, di affaccio costiero di un interno profondo, che si estende fino all’estremo Oriente e alla Cina, che raccoglie e offre merci esotiche all’Europa e che comprende tutte le mete di pellegrinaggio delle tre religioni monoteiste del Mediterraneo.

L’area culturale dell’ambito adriatico e dell’Egeo con le città di Atene, Dubrovnik, Spalato, Trieste, Venezia, Ancona e Bari rappresenta l’Est di un Occidente intriso dei geni e delle evoluzioni del mediterraneo dorico, greco, bizantino e ottomano. L’area culturale dell’Europa latina con la costa tirrenica italiana, la Francia e la Spagna e con le città di Napoli, Livorno, Genova, Marsiglia, Barcellona, Valencia, Granada, Siviglia e Lisbona. Il mediterraneo insulare con Ajaccio, Cagliari, Palermo, Siracusa, Catania, La Valletta, Heraklion, esiti originalissimi di molteplici e contrastanti culture che si coniugano con le tradizionali resistenze di un isolamento geografico che tende a volgere le spalle al mare e al contempo ad aprirsi ad ogni novità. Il presente lavoro si colloca in questo ambito di riflessioni e, attraverso una lettura interpretativa delle città individuate come casi di studio, offre una trattazione articolata per brani, tesa a chiarire determinati aspetti conoscitivi e interpretativi. Per ognuna delle trentasei2 città, diciotto delle quali presentate nel primo volume, sono affrontati quattro brani di trattazione. Il brano iniziale è finalizzato alla comprensione del ruolo giocato dalle dinamiche dei flussi commerciali nella genesi e nello sviluppo della città e del suo porto, attraverso la ricostruzione del profilo storico, la lettura delle reti terrestri e marittime anche dei commerci a lunga distanza e delle vie di pellegrinaggio. La lettura periodizzante con la registrazione degli eventi “epocali” che hanno modificato il corso della città è finalizzata a comprendere il senso delle trasformazioni del concetto di spazio del commercio. Il secondo è dedicato alle componenti strutturali del commercio, alle spinte economiche, alle motivazioni socio-culturali e alle ragioni politiche che ne hanno sostanziato il carattere. L’osservazione integrata delle componenti economiche connesse ai sistemi di scambio, di quelle socioculturali, in termini di rappresentazioni sociali (feste, processioni, pellegrinaggi, luoghi santi) e di quelle politiche, attraverso gli eventi di richiamo territoriale legati al potere civico (cerimonie, parate militari) porta a guardare con nuovi occhi agli spazi collettivi della città e a tutti gli spazi urbani a questi connessi. Il brano successivo si rivolge alla comprensione delle relazioni che intercorrono tra gli spazi del commercio e l’intero organismo urbano anche attraverso la lettura della forma e delle prestazioni delle strutture connesse e complementari agli spazi del commercio, quali arsenali, darsene, spazi di cabotaggio, dogane. Nello studio delle trasformazioni del tessuto urbano, svolto anche in relazione agli spazi del commercio di livello “urbano” - interi quartieri, percorsi, piazze, spiazzi-slarghi, sestieri, incroci, luoghi di fiere e mercati settimanali - un particolare interesse viene dedicato alle presenze straniere strutturate in specifici insediamenti. Rispetto a quest’ultimo elemento si cita ad esempio il caso dell’Albaycín di Granada, antico quartiere arabo ai piedi dell’Alhambra, originato dai Mori in seguito alla conquista spagnola e di tale interesse storico-culturale da essere inserito nel 1984 nel Patrimonio mondiale dell’umanità. L’ultimo brano di trattazione mira al cuore della ricerca, ed è dedicato alle espressioni architettoniche del commercio e alla lettura delle loro caratteristiche che si coniugano all’area culturale di riferimento: i souk maghrebini e del


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vicino Oriente, i bazar e i çars¸i turco-ottomani, la ripa genovese, i domaine marsigliesi che si evolvono nei docks d’ispirazione inglese, gli zoco e le alcaycerìas della Spagna andalusa. Si rivolge anche al sistema organizzato degli alloggi temporanei per merci e mercanti, composto dalla rete mediterranea dei caravanserragli territoriali integrata alla rete urbana, che si esprime nelle sfumature delle funzioni e nell’ampia variabilità delle denominazioni: wakala, han, fonduq, fanadiq, alhondiga, fondaco. Infine le tipologie architettoniche complesse che trovano la massima espressione nei kapaliçars¸i - i mercati coperti - e sono costituite da elementi di base riconoscibili e ricorrenti: volte, apoteche, magazzini, cella, taberna fino al minuscolo dolap. L’approfondimento delle specifiche realtà urbane articola e raggruppa secondo i casi la struttura pre-definita della trattazione in brani e si conclude con l’osservazione delle progettualità in corso per tendere a considerazioni sul futuro degli spazi storici del commercio nell’ambito della programmazione complessiva della città. I materiali urbani di cui si parla sono ovviamente eterogenei e sostanzialmente si identificano con specifiche tipologie che corrispondono alle principali aree culturali. Si tratta d’interi quartieri commerciali come nel caso d’Istanbul, Bursa e Il Cairo che sono delle vere e proprie cittadelle storiche localizzate al centro della città consolidata e dotate di architetture monumentali come i bazar o Kapaliçarsi, gli han, i fonduk e che s’irradiano in una rete di vie commerciali, Uzunçars¸i Caddesi - letteralmente mercato lungo - che coinvolge un terzo degli spazi della città storica. La loro distribuzione può presentare dinamiche vettoriali come nelle medine di Marrakech e Tangeri - così come si è già visto per quelle di Fes, d’Algeri, di Tunisi, di Tripoli, di Gerusalemme, di San Giovanni d’Acri e Aleppo - in un’articolazione di souk semplici e composti governata dalle polarità dei luoghi di culto e in alcuni casi della quaisariya (o Alcaycerìa nella spagna andalusa) mercato chiuso e coperto destinato alle merci più preziose. Nelle città dell’Europa mediterranea la casistica è altrettanto varia, i materiali architettonici possono permeare il tessuto urbano esprimendo singolari personalità, si compongono dei mercati storici all’aperto, veri e propri souk come Palermo, Siviglia e Napoli arricchiti della tipologia bassa medievale e rinascimentale delle logge; si esprimono per reti capillari come a Venezia con le polarità dei fondaci, a Genova con l’assialità ormai perduta della Ripa, e ancora a Marsiglia che reinventa un equilibrio spezzato nel ‘900 dalla realizzazione dei doks. Alle piazze del mercato storico si aggiungono alla fine del XIX secolo le gallerie commerciali urbane, i passages e gli splendidi e monumentali mercati le cui coperture sono ispirate al palazzo delle macchine dell’ultima esposizione di Parigi, che diventano nuclei della città moderna, nuovi elementi per l’organizzazione urbana e l’aggregazione sociale. Lo studio di queste realtà urbane e delle tensioni progettuali che le attraversano evidenzia la rilevanza urbanistica dei processi di riorganizzazione del commercio e sottolinea altresì come tanto nella storia che nell’attualità il mantenimento o l’inserimento del commercio può garantire livelli di complessità, articolazione e vitalità di importanti brani del tessuto urbano della città, così come il degrado delle reti commerciali locali può innescare o aggravare il decadimento di intere aree urbanizzate. Fatta questa premessa, la riflessione che segue si basa su un percorso articolato in una serie di considerazioni che possono essere sinteticamente anticipate e che verranno di seguito più diffusamente argomentate. La considerazione di partenza è che lo studio dei fenomeni spaziali e organizzativi degli spazi dedicati al commer-

Concetta Fallanca De Blasio

cio, in particolare quelli storici, può essere considerato un passo obbligato per la comprensione della realtà specifica della città mediterranea per proiettarsi verso progettazioni consapevoli dei significati e delle identità. Anche perché gli spazi propriamente destinati al commercio vanno considerati nel sistema più complesso degli spazi dello scambio, intesi questi come rete di strutture complementari che ne garantiscono il funzionamento e che ne motivano l’esistenza, come nel caso dei porti, così ad Heraklion, Ajaccio e Spalato, e delle loro pertinenze. In questo sistema complesso vanno contemplati anche gli insediamenti degli stranieri, storici e attuali, per comprendere meglio su quali fondamenti si sostanziavano gli equilibri delle città multietniche e anche per proiettare antiche acquisizioni verso i nuovi desideri di città che la realtà contemporanea non sembra ancora preparata ad accogliere. La presenza di quartieri per stranieri nelle città antiche o comunque di zone ad essi riservate, può essere occasione per riflettere sulla tendenza, ormai consolidata, delle città contemporanee verso assetti caratterizzati dalla multietnicità o multiculturalità. Del resto uno dei problemi attuali più pressanti è quello di affrontare i temi della città multietnica verificando la possibilità di convivere nella diversità. Di fronte al crescere di conflitti etnici e delle problematiche connesse all’integrazione, facendo tesoro delle esperienze passate, si potrebbe considerare l’arrivo dei migranti piuttosto che cosa altra dalle trasformazioni urbane, un’occasione per riflettere in termini propositivi sui possibili intrecci tra immigrazione e trasformazione degli spazi pubblici, sul contributo quindi che la presenza multiculturale può dare alla rigenerazione dello spazio pubblico e a quello adibito al commercio in particolare. In effetti, già in maniera spontanea, l’aggregazione dei migranti per etnie, oltre a connotare le parti urbane in cui s’insediano in termini di cultura residenziale, le connota anche dal punto di vista commerciale con la formazione di un tessuto minuto ma corposo d’attività commerciali e artigianali di diverso tipo. Letta in questo senso, ed intrecciata alle ormai “invecchiate” teorie di rivitalizzazione dei centri storici, la presenza dei migranti o degli stranieri, può contribuire, così come nel passato, a sostenere alcuni settori dell’economia, a restituire la vitalità di alcune parti urbane e può in definitiva contribuire alla formazione di una società multietnica non solo auspicata e conclamata ma concretamente realizzabile. Si tratta in definitiva, di pensare in termini di connessioni piuttosto che d’ingenue compartimentazioni, di favorire quindi l’inserimento degli stranieri aprendo a loro parti di città, nelle quali i nuovi abitanti possano in qualche modo conservare proprie tradizioni e manifestare la loro cultura apportando contributi urbanisticamente e socialmente integrati. Il consolidarsi di quartieri etnicamente connotati, sia sotto l’aspetto residenziale, sia caratterizzati dal tessuto produttivo, da attività economiche promosse da immigrati e di luoghi di ritrovo e d’incontro, può produrre effetti “vivificanti” se aggiunge lievito alla pasta della città. Una significativa presenza di negozi, ma soprattutto di laboratori artigianali etnici che rispondono alla domanda ormai inevasa nel nostro paese di “manufatti” per l’edilizia e l’arredamento, può alimentare lo sviluppo di una vera e propria economia plurale, arricchendo di significati quartieri ormai considerati marginali e che rivivono spazi strutturalmente multifunzionali, luoghi della residenza, del lavoro, del commercio, dello scambio, dominio di popolazioni mutevoli che cercano relazioni interpersonali. Esistono città del Mediterraneo, come Istanbul e Bursa, che hanno rinnovato completamente il loro tessuto urbano, nel-


Il lievito dello scambio nella città

la forma, nei materiali e nella distribuzione, pur mantenendo le cittadelle del commercio nelle loro pieghe più centrali con una sorprendente vitalità delle funzioni per un arco temporale continuo che copre almeno cinquecento anni di storia. Si tratta di valori che sono stati difesi nel tempo, ad Istanbul contrastando il progetto di D’Aronco che prevedeva la ricostruzione dell’Eski Bedesten in ferro e vetro e a Bursa con il coinvolgimento di Luigi Piccinato per il piano di ricostruzione del quartiere commerciale danneggiato anch’esso da un incendio e voluto esattamente nello stesso sito e con simili caratteri formali. Il caso di Istanbul può essere considerato emblematico per le quantità e qualità delle strutture del commercio costituite dal sistema dei Çars¸i e da numerosissimi elementi quali tre bedesten e oltre cento han. L’insediamento strutturante, quello che ha una valenza caratterizzante nella forma insediativa urbana, tanto da creare una città del commercio dentro il cuore della vecchia Istanbul, è il quartiere Bazar, il più esteso quartiere urbano interamente dedito al commercio esistente nel Mediterraneo e che, ancora oggi, mantiene integralmente le sue funzioni e un richiamo internazionale. Questo immenso quartiere si compone del Kapaliçars¸i o Gran Bazar, il mercato coperto e due bedesten, e si connette al centro commerciale di Eminönü attraverso l’Uzunçars¸i Caddesi, la vecchia Makrós Émbolos bizantina e nell’insieme queste parti urbane costituiscono, oggi come nel passato, poli strutturanti per l’intera città storica. La cittadella del commercio rappresenta un grande insieme spaziale ad alta densità d’attività commerciali e artigianali, di cospicuo peso regionale e nazionale, costituente un massiccio patrimonio edilizio e urbanistico, che ha mantenuto un ruolo vitale dentro lo spazio urbano storico di Istanbul, di cui rappresenta ancora il nucleo centrale. Nel futuro di questa sorta di città nella città che dipende sostanzialmente dalle politiche urbane che si deciderà di intraprendere, un ruolo determinante viene svolto dagli han che rappresentano i pochi brani di tessuto storico ancora presenti ad Istanbul. Negli ultimi decenni sono stati trasferiti in

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periferia i laboratori dalle lavorazioni inquinanti o rumorose e quelle che richiedono ampi spazi. Anche la funzione d’immagazzinamento ha trovato posto in altre parti della città. Per gli han sopravvissuti si richiedono interventi di recupero, finalizzati anche all’adeguamento sismico delle strutture, accompagnati da politiche mirate di riconversione all’uso integrato di laboratori artigianali, servizi e punti di vendita. I princìpi insediativi organici, tipici della cultura ottomana, vengono soppiantati da modelli urbani importati, sostanzialmente estranei alla cultura dei luoghi che lasciano Istanbul svuotata della sua reale essenza e la destinano a rappresentare nel tempo l’immagine stereotipata, tanto amata dagli europei, della sua silhouette di cupole, guglie e minareti. Ad una precisa logica insediativa che faceva precedere la centralità dei servizi e dei luoghi della socialità all’effettiva realizzazione degli spazi della residenza e che fissava pochi ma fondamentali principi lasciando una libertà aggregativa delle cellule alle quali oggi si riconoscono positive valenze organiche, si sostituisce un insieme di regole prive di tensione progettuale. L’emulazione di forme occidentali permea anche nei criteri di gestione della città, predominano i regolamenti simili a quelli adottati in Francia e così le logiche di gestione e crescita di tipo cellulare, ben descritte da Cerasi, abbandonano Istanbul nel suo percorso verso la modernità. Finisce con il prevalere “una concezione puramente tecnica ed ingegneresca della regolarità, senza possibile riferimento ad una concezione nuova dello spazio urbano e senza una vera alternativa alla concezione ottomana.”3. L’idea di città che è stata costruita nell’arco di quindici secoli, con un brusco cambio di finalità, ma con una coerente lucidità progettuale, si frantuma quindi al primo contatto con un concetto inadeguato di modernità che considera permanenze degne di rappresentare Istanbul le sole presenze monumentali e trasforma tutto il suo tessuto insediativo e la complessità dei suoi tracciati in lotti regolari e grandi viali alberati. La responsabilità storica va probabilmente attribuita all’incapacità di rinnovamento della cultura ottomana che cede all’influen-


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Concetta Fallanca De Blasio

za della cultura europea, in particolare francese, e stenta ad evolvere in recepimento, contaminazione e nuove elaborazioni culturali limitandosi a sterili emulazioni. Nel loro insieme, città come Istanbul, Edirne e Bursa rispondono a quel modello ottomano di città formato dalla sintesi di diverse culture urbane attraverso la definizione di un nuovo linguaggio urbano ed architettonico che elabora elementi autoctoni con tratti asiatici (persiani, cinesi, arabi) ed europei, acquisiti nel costante scambio culturale con l’Occidente. Le città sono i capisaldi del potere della classe dirigente ottomana che “tesa al dominio e alla conquista militare come strumento di espansione economica, relativamente isolata dalle più raffinate civiltà arabe e persiane per la distanza e per la sua base etnica e tribale di origine nomade, non possedeva una propria cultura urbana, cooptava (con o senza conversione, con o senza coercizione) i migliori elementi locali, richiamava dall’Oriente islamico eruditi, artisti e religiosi e dall’Occidente transfughi che portavano cognizioni e tecniche nuove”4. In questa logica di assimilazione di civiltà e di rielaborazione di elementi e criteri insediativi si colloca la storia particolarissima della trasformazione della Costantinopoli greca ortodossa nella Istanbul ottomana islamica. Nell’area culturale del Maghreb, l’identità storica di molte città quali Fèz, Marrakech, Tangeri, Algeri, Tunisi e Tripoli, accomunate da una cultura che si fonda sulla civiltà berbera e sulle sue alterne fortune nel contrastare i desideri di dominio da parte di alcuni Stati europei, del Vicino Oriente, del mondo arabo e dell’impero ottomano, si concentra nelle medine. All’interno di queste permangono le culture strutture urbane originarie, precedenti all’età moderna che ha imposto al Maghreb l’esperienza, sostanzialmente breve ma che ha lasciato profondi segni, della colonizzazione europea e poi dell’indipendenza degli Stati; questo processo, evidentemente non solo politico, ha comportato un serio ripensamento delle strutture urbane delle sue principali città. In effetti, a partire dal dominio coloniale (iniziato nel 1830 con la conquista francese dell’Algeria), la costruzione fisica delle città maghrebine (o nord africane) è avvenuta nel segno della discontinuità, facendo ricorso a componenti fisiche e metodi d’intervento - quali ad esempio la diffuMarrakech

Algeri

sione del modello haussmanniano o più in particolare della pratica dello sventramento o della percée - o di modi di composizione urbana tipici della cultura europea. La medina di Algeri ad esempio mantiene ancora una discreta densità degli spazi commerciali, anche se il principale vettore di scambio, la via dei souk è stata distrutta per realizzare una strada rettilinea sul modello dei boulevards con la creazione della grande piazza du Marché. Si tratta del primo intervento realizzato dai francesi e deve far riflettere il riconoscere oggi come questo può considerarsi il più efficace atto possibile se l’obiettivo era effettivamente quello di minare l’identità urbana a favore di un altro modello di cultura urbana. Anche la medina di Tripoli ha perso molti dei suoi souk e mantiene oggi quelli più centrali e prossimi alle moschee. La principale arteria dei souk si compone del souk el Turk, anche se è oggi occupato da negozi italiani e israeliti e un fondaco storico è stato completamente rimaneggiato per trasformarlo in cinema, dai souk più significativi che si addensano circondando sui quattro lati il cortile della moschea Karamanli. Nella medina di Fèz, nella Fèz el Balì, le arterie commerciali della Talea el Kibira e della Talea el Seghira confluiscono nel grande quartiere commerciale della Kissaria, composto da una dozzina di souk specializzati in un sistema inscindibile con i poli religiosi della moschea elQarauoiyyin e del mausoleo Moulay Idriss e le mederse, i fondouk e le corti artigianali. Anche nella Fèz el Jèelid il souk della cittadella e il Mellah, il quartiere ebraico, sono elementi strutturanti e mantengono funzioni e interesse commerciale. La medina di Tunisi è attraversata nella sua larghezza e lunghezza da irregolari arterie che si originano dalle sue principali porte e convergono nella polarità centrale del sistema della grande moschea Zitouna, delle maderse, dei fondouk e dei souk che trattano le merci più preziose. Le medine hanno conosciuto prima periodi d’abbandono e in seguito eccessi di zelo con interventi che rischiavano di farle divenire luoghi urbani museificati ad esclusivo uso e desiderio del turismo; adesso la tendenza sembra quella di restituirle alla città in quanto parte organica che ne conserva i caratteri identitari più profondi. Oggi le Associazioni per la salvaguardia delle medine, che operano nella direzione della riabilitazione fisica e socio

Tangeri

Fèz

Tunisi

Tripoli (Libia)


Il lievito dello scambio nella città

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economica di queste porzioni urbane, stanno puntando proprio alla rivitalizzazione degli spazi del commercio, poiché questi costituiscono le arterie del composito patrimonio urbano e le principali polarità addensandosi in apposite architetture concepite nel progetto complessivo dei grandi complessi religiosi. I princìpi che animano le attività di salvaguardia della medina, riguardano sostanzialmente il mantenimento della complessità del tessuto residenziale, commerciale e artigianale, la restituzione agli spazi delle funzioni d’origine, come nel caso di Fèz che vuole rendere attive le mederse e destinare i fondouk alle attività artigianali, e la formazione di figure professionali sapienti nel recupero con la creazione di laboratori delle medine affidati a maestri artigiani locali. Il principio d’addensamento degli spazi del commercio nei poli religiosi vale anche per la città Vecchia di Gerusalemme e in questo caso i simboli delle tre religioni monoteistiche che la riconoscono come città santa pervadono anche i souk. L’intero organismo urbano è attraversato dalle vie mercato Bab Amoud, Dolorosa, Bab Khan Zeit, Al Wad, Bab al Silseleh, Al Bashoura, David, ed è arricchito dai mercati coperti vie dei Mercati, souk al Katanin e Aftimos souk. In ogni caso, pur non mancando progetti con precise finalità di salvaguardia e rivitalizzazione, la potenzialità del recupero del sistema dei foundouk nel più ampio recupero delle medine e di molte città storiche mediterranee non è stata ancora del tutto compresa. La loro posizione, funzionale all’accoglienza dei mercanti stranieri, era scelta sulle strade di principale ingresso alle città, sugli assi territoriali e le vie di collegamento di notevole importanza; oggi questi manufatti costituiscono un patrimonio rilevante in termini quantitativi ma anche d’altissima qualità sia per la forma tipologica delle singole architetture sia per la loro strategica posizione nel tessuto urbano storico. Reinterpretare le loro funzioni e recuperarne il ruolo o il ridisegno dei vuoti urbani spesso ancora disponibili sui loro siti originali, col supporto d’adeguate analisi e strategie volte al sistema storico e urbanistico delle città, può contribuire a rivitalizzare luoghi pubblici d’originale significato e fascino e modificare significativamente il cuore delle medine. Il Cairo

Damasco

I materiali urbani storici destinati al commercio nella città mediterranea europea, che arricchiscono di significati la rete del tessuto commerciale della città consolidata, sono certamente meno riconoscibili di quelli già descritti e non comprendono vere e proprie cittadelle del commercio, si pensi, ad esempio, alla piena integrazione degli spazi del commercio al tessuto urbano storico di Ajaccio. Piuttosto, nella città europea prevalgono le centralità di carattere civico e a volte religioso localizzate, a volte insieme, attorno ad una piazza mentre il commercio, nella tipologia prevalente “casa-bottega”, si distribuisce e connette gli spazi dando luogo ad una struttura di relazioni tipicamente verticali. La casa-bottega è localizzata sul percorso del flusso di merci e persone e tutto il tessuto è coinvolto dalle relazioni che essa determina con la morfologia. Significativo in tal senso può essere considerato il progetto di ricostruzione dell’intera area della Baixa di Lisbona, redatto nel 1755 dopo il terremoto che aveva colpito e distrutto la città, nel quale il piano terra degli edifici che definiscono la struttura ortogonale dell’impianto urbano viene adibito ad attività commerciali, dotando così la città di un importante quartiere commerciale che ancora oggi conserva in gran parte il suo aspetto originale. Oltre alla casa-bottega le altre forme di strutture commerciali proprie della cultura europea mediterranea, il mercato all’aperto, la vendita ambulante, sono in ogni caso legate allo stretto rapporto con lo spazio pubblico della strada o della piazza. È il caso del Fontego nuovo (1577) edificato dai veneziani ad Heraklion: un unico corpo di fabbrica che si snoda lungo un’arteria del commercio dell’antica città con 29 botteghe al piano terreno e magazzini a tre piani per le granaglie, contraddistinto dalla particolarità del portico ad archi su colonne mutuato dal precedente Fontego della Farina a San Marco a Venezia. Si compongono delle grandi aree attrezzate per il commercio settimanale, dei mercatini stabili, delle piazze del mercato, delle strade porticate che qualche volta culminano nelle logge e delle architetture dei mercati coperti di fine ottocento. Rare le Gallerie commerciali italiane realizzate alla fine del XIX secolo, ispirate ai passages5 parigini descritti da Walter Benjamin e agli arcades londinesi, con coperture leggere e

Gerusalemme

Akko

Aleppo

Bursa


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Concetta Fallanca De Blasio

luminose in vetro e ferro. Nel 1870 si realizza la Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, inaugurata nel 1878 e ancora oggi uno dei più eleganti spazi commerciali coperti e subito dopo le Gallerie Principe di Napoli e Umberto I concepite come testate della Via Toledo. Le forme tradizionali secolari di commercio di strada solo recentemente si stanno rivalutando, perché per decenni sono state ostacolate6 dalle amministrazioni comunali che le consideravano elementi di disturbo delle funzioni urbane e di difficile gestione. Solo l’attaccamento locale ha evitato che fossero trasferiti in periferia gli innumerevoli mercati di strada, basti pensare che Milano ha dovuto difendere “persino la fiera ambulante che si svolge nei giorni di S. Ambrogio, protettore della città, vicino alla chiesa di S. Ambrogio”7. Anche la città di Palermo ha dimostrato in più occasioni affezione ai suoi quartieri mercato storici, la maggior parte d’origine araba quali la Vucceria, il Capo, il mercato di Via Papireto, il mercato di Piazza Rivoluzione (ex Fieravecchia) e dei Lattarini, di via dei Calderai e Piazzetta Meschita e infine Ballarò, per i quali venivano proposte nuove collocazioni in mercati coperti da realizzare appositamente. Oggi non si pensa più a trasferire i mercati cittadini, si tenta piuttosto la via del risanamento e recupero dei mercati storici, considerati patrimonio culturale della città e autentici simboli della Palermo mediterranea. Anche le storiche piazze del mercato e delle vettovaglie sono state per lungo tempo trascurate perché si sperava di “liberarle” dal commercio. Esemplare appare il recente recupero della storica Piazza delle Vettovaglie a Pisa, che viene restituita così alla città ritornando ad essere tra i luoghi più vitali. È stata rinnovata in tutte le sue componenti con un intervento integrale di restauro, recupero edilizio, rifacimento del sistema d’illuminazione, delle insegne e con un’organizzazione efficiente di lavaggio, raccolta e smaltimento dei rifiuti e con un piano efficace del commercio ambulante. Una maggiore fortuna è stata destinata alle logge superstiti, luoghi urbani coperti realizzati a partire dal XIII secolo fino ad oltre la metà del XVIII secolo e originariamente distinte in logge mercantili, a servizio della contrattazione dei mercanti, come la Loggia Morosini ad Heraklion del 1628, e vere e proprie logge commerciali destinate alla vendita di granaglie e lana, anche se il tempo le ha svuotate

di funzione e da poco le città si stanno riappropriando di queste belle architetture. Sono tipologie diffusissime, spesso poste al piano terra di palazzi pubblici o di chiese che per molto tempo sono state considerate di questi esclusiva pertinenza, confondendone la natura come nel caso della loggia di Dubrovnik, situata al piano terra del Palazzo del Rettore. Queste architetture sono presenti in tutta Europa, tra le più note la loggia dei Banchi a Pisa e a Genova, l’Orsanmichele, la loggia del Mercato Nuovo, la loggia del Pesce e la loggia del Grano a Firenze, la loggia della Cattedrale di Palermo e la lonja di Valencia o infine la loggia dei Mercanti d’Ancona di recente ristrutturata e adibita a Camera di Commercio. Anche i mercati coperti sembrano essere oggetto di nuove attenzioni, si registrano ottimi interventi di recupero che li restituiscono alle città. Uno dei più bei mercati coperti recentemente restaurati e oggi frequentatissimo è quello realizzato nel 1884 a Livorno, costituito da un ampio salone lungo 95 metri e largo 26, disposto su tre livelli per un’altezza complessiva di 35 metri ed illuminato da grandi finestre ad arco e da un lucernario in vetro e metallo. L’edificio è dotato di un centinaio di cantine alle quali si accede sia dall’esterno, per lo scarico delle merci, che dall’interno per servire i banchi di vendita. D’analogo interesse è l’intervento avviato nel 2002 per la ristrutturazione dell’edificio del Mercato centrale di Valencia, uno dei più grandi d’Europa, più volte ricostruito, ma sorprendentemente, a partire dal XIII secolo, sempre nello stesso sito, la grande Piazza del Mercato nella quale è ubicata anche la Lonja adibita in epoca rinascimentale alle transazioni commerciali. Va in ogni caso detto che nel rintracciare materiali e caratteri costitutivi della città europea, fisici e culturali, non si può prescindere, nella sua formazione, dal tener conto dei rapporti col mondo islamico che, nella lunga durata della sua storia, ha in qualche modo coinvolto l’intero Mediterraneo. L’espansione araba nel Mediterraneo si avvia dal 632, anno della Morte di Maometto e in soli due secoli consegue effetti sorprendenti. La Palestina è conquistata nell’estate del 634; l’anno successivo gli arabi conquistano Damasco e nel 638 Gerusalemme. La capitale dell’impero persiano “la grande e famosa Ctesifonte”, cade nel 637 e nel 651 l’impero

Istanbul

Atene

Dubrovnik

Spalato

Trieste

Venezia


Il lievito dello scambio nella città

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persiano non esisteva più. Tra il 640 e il 652 viene occupata l’Armenia bizantina. Nel 639 viene attaccato l’Egitto: Alessandria, si arrende nel 642, riconquistata dai bizantini tre anni dopo, viene definitivamente presa nel 646; gli arabi elevano al-Fustat, nucleo della futura Il Cairo, alla capitale della nuova provincia. Inoltre la conquista della Siria e dell’Egitto mette a disposizione degli arabi un lungo tratto di costa mediterranea dotata d’importanti porti e di una popolazione avvezza alla navigazione. Nel 652 viene conquistata Tripoli e sottomessa anche Cartagine. Nel 656 gli eserciti arabi penetrano nel Mar Nero e nel Mar Caspio e puntano ad Oriente, verso i confini della Cina. Sotto la dinastia omayyade, che aveva fissato la capitale a Damasco, l’espansione si volge ad Occidente. Nel 700 una nuova base navale araba impiantata a Tunisi consente il controllo, nell’arco di un lustro, di tutta l’Africa settentrionale e, attraverso le coste del Marocco, anche l’accesso all’Atlantico. Nel 711 la conquista del regno visigoto della Spagna intaccava il continente europeo. La fermata dell’avanzata dell’espansione ad Occidente avviene nel 732, quando Carlo Martello sconfigge gli arabi a Poitiers, episodio ritenuto fondamentale per la storiografia occidentale, ma che per gli arabi dovette contare meno del fallito attacco a Costantinopoli. La Sicilia viene progressivamente conquistata da ovest ad est, nell’arco di cinque decenni. Palermo è occupata nell’831 e anche se le città orientali sono difese con accanimento dai bizantini, Messina viene presa nell’859 e Siracusa conquistata nell’878. L’islamizzazione dell’isola è profonda e dura circa due secoli. Nella sola Palermo esistevano, nel X secolo “ben trecento moschee, testimonianza eloquente della misura della penetrazione musulmana”8. La perdita della Sicilia e di Malta crea serie difficoltà d’intervento all’impero bizantino nel Mediterraneo occidentale e influisce anche sulla sicurezza di navigazione del Tirreno e dello stesso Adriatico. La Sardegna viene abbandonata a nuove incursioni musulmane e verso l’880 alle foci del Garigliano, tra Campania e Lazio, i saraceni stabiliscono una loro base, con fortilizi e campi trincerati, che consente loro di saccheggiare per quasi 35 anni i territori circostanti, minacciando la stessa Roma. Anche l’Adriatico non è più un corridoio sicuro

tra Venezia e l’impero ottomano, nell’840 dopo una vittoria navale con una flotta veneziana riportata presso Taranto, gli arabi saccheggiano e conquistano Bari e mantengono, per un certo periodo, guarnigioni a Bari e Taranto. Bari viene riconquistata nell’871 e Taranto nell’880. Dai porti della Sicilia gli arabi lanciano, nella seconda metà del X secolo, una serie di ripetuti attacchi militari contro l’Italia meridionale, diretti soprattutto verso la Puglia e la Calabria. Con le Baleari, conquistate nel 902 e che rimarranno musulmane per più di trecento anni, tutte le isole del Mediterraneo occidentale sono di dominio arabo. Come avveniva già da tempo lungo le coste della Catalogna, la navigazione cristiana nel mar Ligure e nel mar Tirreno era ormai ridotta ad una modesta attività di cabotaggio, anche l’insediamento umano nelle aree costiere era notevolmente diminuito. Lo stesso Adriatico vide, per brevi periodi, minacciati i suoi collegamenti con l’Oriente bizantino. Delle tre isole bizantine di Cipro, Creta e Rodi che possono considerarsi le basi principali della marina di Bisanzio nel Mediterraneo orientale, rimaneva all’impero ottomano solo il controllo di Creta, in quanto Cipro era stata conquistata nel 649 e dopo cinque anni viene presa anche Rodi. Persino in quel bacino finisce per essere condizionata la navigazione bizantina, inoltre la postazione di Creta consentiva agli arabi incursioni nel cuore dell’impero, così nel 904 viene saccheggiata anche Tessalonica. La riconquista bizantina di Cipro e Creta, all’inizio della seconda metà del X secolo, ha un grande rilievo strategico perché ripristina una condizione di sicurezza nelle acque prossime dell’impero ottomano. Con riferimento ai caratteri fisici della città, nei territori dell’Europa mediterranea - dalla Spagna all’Italia meridionale alla penisola balcanica - che sono stati dominati dall’Islam o in ogni caso che ne hanno subito un’influenza più o meno diretta, si palesa in tutta evidenza come la componente urbanistica islamica si sia profondamente intrecciata alle preesistenze classiche. Si sono consolidate forme differenti, impregnate di riferimenti propri della cultura urbana islamica, individuabili oltre che nel tessuto “cellulare” e nella gerarchia degli spazi, anche in parti urbane riconoscibili come l’Alcayceria, tipico quartiere commerciale

Ancona

Bari

Napoli

Livorno

Genova

Marsiglia


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Concetta Fallanca De Blasio

arabo, o in manufatti quali il Corral de Carbon, entrambi a Granada oppure nel quartiere Alfama all’interno della parte storica della città di Lisbona. Una seconda considerazione è che possa essere di qualche utilità osservare e registrare le organizzazioni che in passato, ma anche nell’attualità, hanno concepito, in particolare nel Mediterraneo orientale, splendide architetture del commercio inserite in brani urbani densi e significativi, in un complesso di attività i cui indotti garantivano il finanziamento, oltre che del loro prestigio, anche della manutenzione d’edifici di culto, di attività sociali e formative-culturali. In tempo ottomano, e per alcuni aspetti ancora oggi, il sistema dei souk e soprattutto quello dei çars¸i era concepito come un servizio di pubblica utilità, tutte le strutture fisiche sorgevano per iniziativa governativa e venivano affidati onerosamente ai singoli negozianti e i proventi degli affitti destinati ad opere d’urbanizzazione e di sostegno sociale e di manutenzione degli edifici pubblici. Esisteva un mercato per ogni unità di quartiere che al pari del luogo di culto era considerato un servizio essenziale. La storia dei grandi luoghi di culto è sempre intrecciata agli spazi del commercio e questi ultimi vengono considerati i poli di pulsione della cultura mediterranea e al contempo gli strumenti per garantire la rendita utile e necessaria al sostentamento dei luoghi di culto e delle attività sociali assistenziali. In questa logica, con i proventi degli affitti dei negozi e delle attività connesse come la gestione dei fondaci urbani per l’alloggio temporaneo dei mercanti veniva assicurata continuità di finanziamenti anche ai villaggi urbani, per nuove opere d’interesse pubblico e per la manutenzione del patrimonio edilizio e urbano. Tutto questo avveniva nel mantenimento del valore degli aggregati urbani e nel perseguimento della principale finalità dell’interesse collettivo in termini di tutela del consumatore. Nel mediterraneo europeo si avverte la necessità di recuperare capacità progettuale e organizzativa delle forme tradizionali, secolari di commercio, nel rispetto dei significati storici e tradizionali, per la valorizzazione delle grandi aree attrezzate per il commercio settimanale, delle piazze “delle vettovaglie”, delle logge e delle belle architetture dei

mercati coperti, delle gallerie, dei passaggi coperti che in misura più o meno significativa ogni città possiede. Se il Kapaliçars¸i resiste ancora nel mantenere il suo carattere di produzione e di distribuzione destinata alla clientela del grande comprensorio di Istanbul, ma anche ad un livello nazionale per taluni prodotti, e internazionale nel caso di tappeti e Kilim, ciò è dovuto alla complessità economica che ha mantenuto e alla sua piena integrazione con il resto della città storica. I laboratori che producono pezzi unici di pregio manifatturiero d’alta artigianalità artistica, hanno consentito alla cittadella un pieno inserimento e il mantenimento delle quotazioni, nei circuiti economici contemporanei. Tutto ciò ha creato forme di resistenza interna alle trasformazioni che hanno frenato la tendenza così diffusa nelle città del Mediterraneo di dedicare i grandi spazi storici del commercio alla vendita destinata ai turisti, con prodotti di scarsa artigianalità, spesso di produzione semi-industriale e, in ogni caso, omologati in tutti i paesi. Scadimento che ha riguardato molti mercati storici, com’è successo a Gerusalemme, che in passato commerciava prodotti artigianali raffinati e oggigiorno espone nei suoi mercati articoli prodotti altrove nella logica, che a lungo non ripaga, del global souvenir. Il principio del raggruppamento degli spazi di vendita e produzione per tipologia delle merci che si riscontra nei souk delle medine di Fèz e di Tunisi e nei bazar de Il Cairo, di Istanbul e di Bursa, è ancora oggi sostanzialmente mantenuto con il doppio scopo di favorire l’acquirente nella comparazione dei prodotti e dei prezzi e al tempo stesso per stimolare competitività tra commercianti e artigiani che si esprime con la ricerca d’efficaci allestimenti espositivi delle merci, prezzi convenienti e l’elaborazione di un artigianato sempre più raffinato che possa superare in qualità e convenienza i pezzi offerti nello stesso settore d’appartenenza. Un principio che è valso nelle città europee del Medioevo e che ancora sopravvive nei mercati rionali o nei mercatini tematici, ma che è stato ribaltato nei criteri d’assetto della città con la ricerca di una distribuzione degli spazi di vendita finalizzata a ridurre la contiguità tra esercizi di settori similari e che è alla base di tutti i piani commerciali fino ad ora elaborati. Aprendo una breve parentesi sulla situazione italiana, si può notare come per grandi linee è possibile rintracciare, nella regolamentazione di questo settore, due diverse fasi storico-

Barcellona

Valencia

Granada

Siviglia

Lisbona

La Valletta


Il lievito dello scambio nella città

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evolutive, contrassegnate rispettivamente da un paradigma pianificatorio e, in seguito, da un paradigma liberista. Durante gli anni Settanta il processo di pianificazione si è manifestato con una sorta di tutela verso le strutture commerciali esistenti limitando l’ingresso nel mercato di nuovi operatori in conformità a parametri oggettivi che definivano il fabbisogno o l’eccesso d’offerta di servizi commerciali rispetto alla domanda esistente in ogni comune. Dal decennio successivo questo carattere di tutela, per certi aspetti vincolistico, si è allentato, a favore di una maggiore apertura verso l’insediamento di nuove strutture, soprattutto rispetto alla tipologia della grande superficie. Ciò nel tentativo di far coincidere l’interesse dei consumatori con l’esigenza di far funzionare la libera concorrenza, abbattendo le barriere istituzionali, tra i diversi operatori commerciali, in modo da promuovere servizi migliori o prezzi minori. In questo quadro, il soggetto pubblico non assume atteggiamenti pianificatori, ma, semplicemente, garantisce la concorrenza. La riforma nazionale del commercio segnala infine un importante passaggio nel dibattito politico-istituzionale. Enuncia principi su temi fondamentali in materia di tutela attiva del commercio tradizionale, mostrando implicitamente una consapevolezza delle esternalità negative di una modernizzazione a senso unico, fondata esclusivamente sulla presenza della grande distribuzione. Rispetto alla funzione commerciale i centri storici, nel confronto competitivo con i contenitori commerciali - concepiti con la logica del massimo profitto e localizzati in aree idonee ad utilizzare al meglio un gran bacino d’utenza e ridurre i rischi di concorrenza - non hanno certo un ruolo competitivo. In termini d’infrastrutture pubbliche il centro commerciale storico è sicuramente svantaggiato, poiché manca di una serie di prestazioni, quali parcheggi in numero adeguato, idonea accessibilità, congestione del traffico motorizzato, arredo urbano decadente; l’insieme di queste criticità rende complessivamente meno appetibile il centro storico rispetto ai centri commerciali collocati nella periferia. È necessario allora, anche sulla scorta di quanto già elaborato da regioni come l’Emilia Romagna o la Toscana, individuare le strategie e le azioni capaci, nel disequilibrio attualmente esistente tra Heraklion

Palermo

aree commerciali della città storica e i grandi outlet della città contemporanea, di ridare centralità al commercio tradizionale nell’ambito di un sistema distributivo moderno. La rete del commercio tradizionale al dettaglio esistente in luoghi centrali storici necessita quindi di processi di riqualificazione e d’innovazione, tali da evitare situazioni di rarefazione dell’offerta commerciale e di scadimento del servizio complessivo. Le migliori condizioni di vivibilità e sicurezza di tali aree sono da perseguire con interventi strutturali mirati, per evitare che la mancanza di qualità urbana si traduca in degradi fisici e sociali irreversibili. Gli interventi più idonei e riusciti risultano essere quelli attinenti all’accessibilità intesa come sistema integrato di trasporti e percorsi, ma anche come applicazione di tecniche e modalità che consentono un utilizzo attento di tali aree anche con soluzioni alternative ai mezzi privati. Il miglioramento e la sperimentazione d’innovative soluzioni viarie, infrastrutturali e d’arredo urbano si dimostrano, in molti casi, azioni necessarie per il ripristino di condizioni di fruibilità dei servizi commerciali nell’ambito dei centri storici e in tal senso la programmazione urbanistica può svolgere un ruolo indispensabile di supporto. Anche le già sperimentate zonizzazioni pedonali volte ad una migliore fruizione delle attività commerciali richiedono una programmazione urbanistica ancor più incisiva, per evitare situazioni d’offerta commerciale incompatibili con l’attrattività complessiva dell’area. Ci si riferisce ad esempio ai casi in cui una presenza eccessiva d’istituzioni finanziarie, oltre a privare l’offerta commerciale di rilevanti spazi in termini immobiliari, contribuisce ad innalzare le relative rendite e, soprattutto, ad impoverire l’attrattività commerciale dell’area; anche in questi casi, norme urbanistiche mirate, come il divieto del cambio di destinazione d’uso degli immobili nelle aree pedonali, possono contribuire a preservare il carattere commerciale del centro storico, ed in definitiva la sua identità. Importante è infine prestare la necessaria attenzione ed estendere questo tipo d’interventi anche alle aree con presenza di commercio collocate nei centri minori, nelle frazioni ma anche nelle periferie urbane, a volte connotate da situazioni al limite del degrado e fino ad oggi scarsamente al centro dell’attenzione.

Ajaccio

Cagliari

Siracusa

Catania


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Concetta Fallanca De Blasio

La necessità d’indagare sulle relazioni tra spazi e attività commerciali e città nel suo insieme, in quanto opportunità per riflettere sulle tematiche più generali di riorganizzazione della città, è stata anche sostenuta da due documenti - la Dichiarazione di Malaga e la Dichiarazione di Lille - che definiscono proposte di azioni e buone prassi finalizzate a recuperare e valorizzare il ruolo degli spazi commerciali all’interno della riqualificazione urbana. La trattazione dei casi di studio che traccia un’evoluzione delle strutture commerciali anche in termini di tipologia e di rapporto col contesto, mette in evidenza come, ancora oggi ed in continuità con la storia passata, le strutture commerciali, pur se in termini completamente differenti, continuano a giocare un ruolo dominante nei processi d’organizzazione urbana. Emerge cioè, la tendenza anche della città contemporanea di organizzare le sue forme in relazione alle esigenze del commercio. Può dirsi però che vale anche il contrario se si pensa che molte funzioni urbane legate alla socialità e all’incontro sono quotidianamente vissute nei nuovi spazi commerciali. Riflettendo in termini più generali si può concordare con la lettura di coloro che registrano nella città contemporanea occidentale una certa invasività del consumo, tanto da far parlare di transizione da una società del bisogno ad una società del desiderio. In altri termini, le modifiche che si individuano nei comportamenti collettivi sono relative all'emergere di nuove forme d'uso dello spazio legate ad una serie di repentine modifiche tecnologiche, economiche e sociali che hanno trasformato lo spazio della città nel segno crescente dello shopping. Vi è dunque una costante ed inesorabile espansione del commercio che invade ed informa lo spazio tutto della città contemporanea determinando trasformazioni profonde all’interno della società, poiché si va imponendo come attività onnipresente elevando la categoria del consumo ad espressione simbolo della nuova socialità. In definitiva, così come nel passato le attività commerciali strutturavano il tessuto urbano anche adesso, pur se con modalità e contenuti differenti, contribuiscono, insieme con le infrastrutture a cui sono intimamente legate, a delineare i nuovi assetti territoriali; creano l’immagine delle porte della città; definiscono, nel bene e nel male, nuove polarità.

È ormai un dato consolidato che non pochi fenomeni di trasformazione del territorio sono strettamente connessi alla gran quantità di nuovi edifici commerciali e alle dinamiche che essi generano in virtù della localizzazione. Agiscono come polo di richiamo insediativo ed esercitano una sorta d’azione suppletiva colmando la struttura insufficiente degli spazi pubblici. Sembra quindi che l’originaria funzione di collante sociale propria della strada e della piazza, sia oggi assorbita da questi nuovi contenitori commerciali. Vale a dire che all’interno di questi processi di trasformazione non solo urbana ma anche sociale la piazza diviene sempre più luogo marginale della socialità che nel frattempo ha individuato nuovi e più sicuri ambiti in cui esprimersi: passage, gallerie urbane, grandi magazzini, centri commerciali e così via. Nell’avanzamento tipologico di questi contenitori - dalle gallerie ai grandi magazzini ai centri commerciali e poi, via via, ai megastore, shopping center, outlet - si è infatti consolidato un modello evolutivo in cui scala urbana e spazio pubblico si sono sovrapposti per il determinarsi di nuovi rapporti tra pubblico e privato. Le vecchie regole che guidavano la costruzione dei centri commerciali, si stanno rapidamente dileguando, col risultato che l’epoca dei mall scatolone sembra volgere al termine. Ripercorrendo brevemente l'evoluzione del fenomeno del centro commerciale nella sua forma originaria di edificiomercato sperimentato in America negli anni Cinquanta, esso era inizialmente concepito come un insediamento isolato monofunzionale, monolitico e sovradimensionato, con forme architettoniche povere e anonime e separato dal resto del tessuto urbano e sociale. Nel tempo poi, questo archetipo si è ulteriormente evoluto, nel medesimo laboratorio statunitense e canadese, con la definizione di quelle che sono le tendenze attualmente dominanti. La diffusione generalizzata di questi complessi, vede la progressione continua della loro crescita dimensionale, limitata ormai solo dalle leggi economiche, e la fusione con forme diverse d'intrattenimento per tenere il passo con i mutevoli gusti del consumatore. Nelle proposte più recenti si è consolidata la tendenza ad interpretare i progetti esulando paradossalmente dal considerare la tipologia commerciale cui appartengono, ma

Kairouan

Alessandria

Tripoli (Libano)

Salonicco

Reggio Calabria

Mazara del Vallo


Il lievito dello scambio nella città

cercando piuttosto d’identificare le modalità attraverso le quali assumono necessariamente, anche in parallelo o in negativo, un “carattere urbano” considerando quindi, a partire dall’involucro e dalla simulazione urbana il rapporto figurativo e tipologico (sistema di forme, figure, tipologia, articolazione di parti e loro correlazioni) con la città. Questi nuovi spazi commerciali – shopping center, megastore, outlet ecc. – luoghi, non luoghi o super luoghi, che nel bene e nel male rappresentano la più grande macchina dei consumi che la società abbia mai sperimentato, richiedono di riflettere sulla possibilità di essere considerati essi stessi come potenzialmente risolutivi delle criticità dei quartieri periferici poichè possono essere oggi un'occasione per ripensare e rimodellare forme e usi della città contemporanea. Nel senso che, rispetto ai temi della perdita di forma della città contemporanea, questi elementi possono essere considerati come nuove centralità attorno cui organizzare fattivamente compiuti brani urbani. La funzione commerciale può anche essere, opportunamente valutata - ovvero pensata in modo integrato con altre funzioni urbane - una possibile soluzione al problema del riuso delle strutture obsolete o della trasformazione delle aree industriali dismesse. Emblematico in tal senso può considerarsi il progetto di riqualificazione urbanistica degli ex mercati generali all’Ostiense o il riuso degli zuccherifici di Rieti e Foligno a dimostrazione o a conferma che anche nella logica del riuso la funzione commerciale ha ruoli prevalenti in virtù della sua capacità attrattiva. Anche in Italia quindi l’esperienza inizia ad arricchirsi di nuove sensibilità poiché il commercio e la moderna distribuzione sono pensati con maggiore attenzione e rispetto dei valori della storia del territorio e delle comunità in esso insediate, nella consapevolezza che sia da un lato necessario e dall’altro premiante l’integrazione e il rispetto della storia e dell’identità dei luoghi. Il fenomeno della realizzazione di nuovi luoghi del commercio secondo la complessa specificità tipologico-funzionale dei centri commerciali può in conclusione essere considerato tra i fenomeni più rilevanti degli ultimi anni con riferimento alla costruzione della città. Le nuove strutture commerciali si configurano, nel territorio urbanizzato, come unità insediative complesse, centralità periferiche dalla forte accessibilità viaria e dalla dimensione monumentale; luoghi alternativi alla città storica, deputati alle attività di consumo e contraddistinti dalla compresenza di servizi ed attrezzature. Ma con analoga forza s’inseriscono nei processi di sostituzione del tessuto urbano centrale, poiché è in queste parti urbane che la città della contemporaneità vive al massimo grado la rappresentazione delle attività e lo svolgimento delle relazioni primarie della città. In questi nuovi luoghi le attività

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economiche si confrontano in un “gioco delle parti” che trae motivazioni sia dalla permanenza di relazioni urbane storiche, sia dalla modificazione dei fenomeni d’organizzazione spaziale e dei comportamenti sociali ad essi correlati. Pianificazione dei grandi centri commerciali e tutela attiva del commercio tradizionale dovrebbero in definitiva andare di pari passo, preso atto dell’elevatissima funzione sociale che il commercio promuove e attua, oggi come nel passato. La consapevolezza che una rete diffusa di commercio rafforza il ruolo d’aggregazione sociale e d’identificazione collettiva, induce quindi a qualificare le attività tradizionalmente presenti nei centri storici, nelle realtà urbane minori, nelle frazioni, unitamente al contesto in cui sono inserite, al fine di renderne l’offerta competitiva con quella che si sviluppa nelle aree suburbane ed extraurbane. Pensare e progettare nelle città e per le città attribuendo la giusta attenzione all’universo dello scambio di prossimità, interpretato non solo per il suo ruolo economico ma soprattutto per il valore di collante sociale, può valere a restituire piena centralità alla ricerca della qualità dei luoghi urbani in termini d’energia e vitalità espresse, per continuare ad investire sapientemente nel vero, principale lievito delle nostre città.

Note 1

Maurice Münir Cerasi, Ogni minoranza è un lievito nella pasta della città che l’ospita … in Architettura judaica in Italia: ebraismo, sito, memoria dei luoghi, Flaccovio Editore, Palermo, 1994. 2 Nel primo volume C. Fallanca De Blasio, A. Naser Eslami (a cura di) Luoghi dello scambio e città del Mediterraneo. Storie, Culture, Progetti, 2003, sono stati pubblicati gli studi dedicati alle prime diciotto città: Fèz, Algeri, Tunisi, Tripoli (Libia), Il Cairo, Gerusalemme, San Giovanni d'Acri, Aleppo, Bursa, Istanbul, Venezia, Bari, Napoli, Genova, Marsiglia, Siviglia, Palermo, Siracusa. Le immagini aeree riportate sono registrate dalla medesima quota (circa 1.200 metri s.l.m.) per offrire la possibilità di comparare i tessuti urbani che compongono le aree centrali delle trentasei città casi di studio e di altre sei città: Kairouan, Alessandria, Tripoli (Libano), Salonicco, Reggio Calabria e Mazara del Vallo, che sono state comunque interessate dalla ricerca sui luoghi dello scambio. 3 Cfr. Maurice Münir Cerasi, Il tessuto residenziale della città ottomana (secc. XVII-XIX), in Insediamenti e tradizione. Dal Mediterraneo all’Oriente, Storia della città 31-32, Electa Periodici, p. 115. 4 Cfr. M. Cerasi, Da Costantinopoli a Istanbul, in Leonardo Benevolo (a cura di), Metamorfosi della città, Libri Scheiwiller, Milano, 1995, p. 85. 5 Con i passage parigini, per la prima volta nella storia della città, la ragione sociale si fonde con il momento del consumo che si celebra nelle grandi vetrine dei negozi, fantasmagoriche esposizioni dei prodotti dell’industria. 6 “Ormai soltanto gli assessori più preoccupati dai temi dell’arredo urbano e dalle difficoltà che i mercatini periodici possono imporre al traffico, alla tranquillità di alcune zone della città, e al lavoro degli addetti alla pulizia delle strade, tentano ancora di scacciare o eliminare. È la facile credenza che una città più vuota o una piazza o una strada più vuote siano l’ideale”. Cfr. Michele Sernini, I centri commerciali 10 anni dopo, 1998, p. 43. 7 Cfr. M. Sernini, op. cit, p.55. 8 Cfr. Bernard Lewis, Gli arabi nella storia, Editori Laterza, 1998, p.126. L’autore riporta un’osservazione di Ibn Hawqal, viaggiatore del X secolo.



Il maghreb, il vicino oriente e l'egeo



Marrakech

la “perla rossa” del marocco di Domenico M. A. Milone

I flussi commerciali nella genesi della città Città “capitale” “... Era sera, il bagliore rosso sul muro si stava spegnendo. Finché  fu possibile, non staccai  gli occhi dal muro ed ero felice per il suo lento mutar di colore. Fu allora che scorsi, nella sua ombra una grande carovana di cammelli.  ... era un’immagine di pace e di tramonto. Il colore dei cammelli si confondeva con quello del muro.” (Elias Canetti da “Le voci di Marrakech”)

Considerata a buon diritto la più bella città del Marocco, da Marrakech, che significa “città”, ha avuto origine il nome dell’intero paese. Situata fra le cime nevose dell’Alto Atlante e la palmeraie che si estende a sud, Marrakech occupa il centro della fertile pianura dell’Haouz. Per dimensioni la città è la terza del Marocco, dopo Casablanca e Fès, ma di certo è la più importante. Similmente a Meknès, Fès e Rabat, Marrakech ha avuto la fortuna di essere una makhzen, cioè una città imperiale, poiché è stata a lungo residenza del sultano, di conseguenza capitale e quindi polo nevralgico di tutta la nazione. Dalle sue imponenti costruzioni si evince tutt’ora il peso di cui la città godeva quando era capitale sotto gli Almohadi, che l’hanno ampliata e trasformata; mentre oggi la città è la capitale del sud e della regione, poiché esercita la sua influenza dai confini del deserto del Sahara sino ai monti dell’Anti Atlante. Assieme a Fès, Marrakech si contende inoltre un altro importante ruolo: quello di capitale turistica, frutto di un antico ma pacifico antagonismo che da sempre mette a disputa le due città. Ma se Fès vanta di essere una città tipicamente araba, Marrakech dal suo canto è una grande metropoli berbera con circa 650 mila abitanti, dove da secoli confluiscono genti dei territori presaha­riani, dell’Anti Atlante e del Medio Atlante. La topografia urbana le assegna poi un altro posto di riguardo rispetto a Fès che appare nascosta e chiusa nel suo territorio: Marrakech invece si mostra al visitatore sin da lontano, grazie al minareto della Koutoubia che è già visibile al di fuori della piana dell’Haouz. La parte antica della città vanta una medina intra muros con sviluppo orizzontale, mentre racchiusi fra i dodici chi-

Veduta aerea della medina di Marrakech

lometri delle mura si snodano celebri souk, grandi spazi verdi, giardini lussureggianti e complessi monumentali. La guezil o città nuova, costruita durante l’epoca del protettorato, è sorta invece secondo modelli tipologici occidentali e mostra un impianto radiale che comprende grandi piazze e strade rettilinee. Grazie al suo patrimonio artistico, alle numerose strutture ricettive, alla bellezza di un sito naturalistico ricco di palmeti ed al fascino tipico di una metropoli berbera, Marrakech oggi vive di un’economia turistica che ogni anno accoglie migliaia di ospiti, sfruttando i collegamenti diretti con molte città d’Europa. Da un punto di vista della ricettività è infatti seconda solo ad Agadir, sebbene l’economia si basi parecchio sul commercio, l’artigianato e l’industria conserviera d’esportazione che la rendono un importante nodo artigianale ed economico del sud della nazione. La città, che trae la denominazione di “perla rossa” o “perla del Sud” dal colore tipico dei suoi edifici, è inoltre il centro amministrativo della regione; mentre in qualità di metropoli commerciale rappresenta un importante nodo stradale che congiunge tutte le maggiori vie di comunicazione, (come la ferrovia Tangeri, Rabat, Casablanca). Marrakech annovera parecchi monumenti e complessi storici significativi, come ad esempio: il pa­lazzo della Bahia, la Moschea della Koutoubia, i souk, il Museo Dar Si Saïd, le forti­ficazioni, la medersa Ben Youssef e le porte urbiche. Fra tutti questi, di sicuro i souk sono quelli che attirano maggiormente i turisti, sia per la numerosa gente che li anima che per le caratteristiche tipologiche dei vicoli stretti e coperti, in cui si possono ancora acquistare, fra le botteghe di souvenir per turisti, prodotti locali di fattura artigianale. La città nella storia “... la vera storia di Marrakech si legge sulle mura imponenti della medina: per gran parte dell’ultimo millennio, questa è stata una città sotto assedio. Il fatto stesso che le mura siano ancora in piedi, dopo oltre otto secoli dalla loro costruzione, è un altro segno di tenacia: Marrakech ha conosciuto gloria, distruzione, tirannia ed epurazioni, ma ogni volta la città è risorta dalle proprie ceneri.” 1


Concetta Fallanca De Blasio

MARRAKECH Domenico M. A. Milone TANGERI Luigi Zumbo DAMASCO Alessandra Vitanza

Volume II

SPALATO Renata Marino

MARRAKECH Domenico M. A. Milone

TRIESTE Gabriella Pultrone

LISBONA Natalina Carrà

TANGERI Luigi Zumbo

ANCONA Gabrio Celani

LA VALLETTA Rosario M. V. Russo

DAMASCO Alessandra Vitanza

LIVORNO Antonella Sarlo

HERAKLION Vincenzo de Nittis

ATENE Alessandra Barresi

BARCELLONA Raffaella Campanella

AJACCIO Anna Del Grande

BARCELLONA Raffaella Campanella

DUBROVNIK Antonio Taccone

VALENCIA Caterina Praticò

CAGLIARI Salvatore Mondello

VALENCIA Caterina Praticò

SPALATO Renata Marino

GRANADA Caterina Gironda

CATANIA Maria Giuffrida

TRIESTE Gabriella Pultrone ANCONA Gabrio Celani LIVORNO Antonella Sarlo

GRANADA Caterina Gironda LISBONA Natalina Carrà LA VALLETTA Rosario M. V. Russo

Storie, Culture, Progetti

Storie, Culture, Progetti

DUBROVNIK Antonio Taccone

LUOGHI DELLO SCAMBIO E CITTÀ DEL MEDITERRANEO

ATENE Alessandra Barresi

LUOGHI DELLO SCAMBIO E CITTÀ DEL MEDITERRANEO

Questo libro rilancia le finalità e costituisce di fatto il secondo volume del testo Luoghi dello scambio e città del Mediterraneo. Storie, culture, progetti edito nel 2003 a cura di Concetta Fallanca De Blasio e Alireza Naser Eslami. Si conferma, dopo un lustro di attività di ricerca, la tesi di fondo del primo lavoro, quella che la vera essenza della struttura urbana continua ad essere prevalentemente composta dagli spazi di relazione e tra questi, i luoghi dedicati allo scambio risultano essere fra gli elementi più significativi dell’impianto urbano. Le tensioni progettuali della maggior parte delle città del Mediterraneo sono sempre di più rivolte agli spazi portuali e ai quartieri commerciali che difendono la loro posizione di centralità geografica all’interno del tessuto urbano. Lo spazio del commercio tradizionale, anche nell’era dello shopping mall, continua ad assolvere un ruolo importante nei processi di riorganizzazione della città. Sembra ancora utile quindi, esplorare e comprendere le strutture fisiche e i significati profondi degli spazi di relazione dediti al commercio, per approntare proposte progettuali volte a mantenerne la vitalità e il ruolo che insieme contribuiscono a reinventare l’identità delle città del Mediterraneo.

HERAKLION Vincenzo de Nittis AJACCIO Anna Del Grande CAGLIARI Salvatore Mondello CATANIA Maria Giuffrida

ISBN 978-88-89955-27-7

F 55,00

9 788889 955277

a cura di

ConCetta FallanCa De Blasio

Concetta Fallanca De Blasio, professore Straordinario di Urbanistica, insegna presso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Svolge e coordina ricerche nel campo della progettazione urbana e della pianificazione territoriale nell’ambito delle attività del Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea di cui è direttore dal 2005.


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