Reggio Calabria. I luoghi dell'arte

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REGGIO CALABRIA I luoghi dell ’arte Lieux artistiques 978-88-89955-47-5

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REGGIO CALABRIA I luoghi dell ’arte Lieux artistiques



Reggio Calabria I luoghi dell ’arte Art and the City


Fotografie Photos

Antonio Sollazzo

Direzione artistica Artistic editing

Enrico Iaria

Traduzione Translation

Gail Mitchell

© 2007 Iiriti Editore

89125 Reggio Calabria Via del Torrione, 31 Tel. 0965.811278 - Fax 0965.338385 www.iiritieditore.com ISBN 978-88-89955-65-9

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Reggio CalabRia I luoghi dell ’arte Art and the City

Musei, edifici di culto e testimonianze architettoniche Museums, houses of worship and architectural testimonies



INDICE INDEX

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IL MUSEO NAZIONALE THE MUSEO NAZIONALE Roberta Schenal Pileggi

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LA PINACOTECA THE PINACOTECA

Maria Antonietta Mamone

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LA CITTÀ E LA RICOSTRUZIONE DEGLI EDIFICI DI CULTO THE CITY AND THE RECONSTRUCTION OF ITS HOUSES OF WORSHIP Ines Cutellé Abenavoli

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BASILICA CATTEDRALE MARIA SS. ASSUNTA IN CIELO BASILICA OF MARIA SS. ASSUNTA IN CIELO Ines Cutellé Abenavoli

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IL PICCOLO MUSEO SAN PAOLO THE PICCOLO MUSEO SAN PAOLO Ines Cutellé Abenavoli

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IL CASTELLO ARAGONESE THE ARAGONESE CASTLE Roberta Schenal Pileggi

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VILLA GENOESE ZERBI Serena Carbone



PRESENTAZIONE

Reggio Calabria, Art and the City 2008: perhaps it’s no coincidence that, a hundred years after the catastrophic earthquake which reduced the city to a pile of rubble, this richly and beautifully illustrated book records the artistic and cultural rebirth at the hands of those who firmly desired that it rise once again where it was and how it was. It was a long and drawn out reconstruction, accompanied by heated debates often leading to unfortunate choices involving, as the authors point out, the sacrifice of remarkable ancient architecture (the old Cathedral and the church of the Ottimati are just two such examples), the de-contextualizing of a great quantity of sacred furnishings as well as, we might add, the theft of many others and works of art. Photographs from the historic archives restore to us evocative, often unpublished images of the late-19th century town and its houses of worship. Emblematic are the photographs which show the dismantling of the exquisite Cosmati-style mosaic floor of the church of the Ottimati, then recomposed in its questionable presentday layout. So, too, the numerous articles

Reggio Calabria i luoghi dell’arte 2008: non è, forse, casuale che, a distanza di cento anni dal disastroso terremoto che ridusse la città ad un miserevole cumulo di rovine, venga presentato un prodotto editoriale che ne documenta, con un corredo di immagini ricco e di buona qualità, la rinascita artistica e culturale ad opera di quanti fermamente vollero che essa risorgesse dove era e come era. Una ricostruzione che si protrasse nel tempo, accompagnata da ferventi dibattiti cui si legarono scelte purtroppo opinabili che spesso comportarono, come osservano le autrici di questa pubblicazione, il sacrificio di antiche e pregevolissime architetture (si pensi all’antica Cattedrale e alla chiesa degli Ottimati), la decontestualizzazione di una straordinaria quantità di sacri arredi e, potremmo aggiungere, il trafugamento di molte altre suppellettili ed opere d’arte. La documentazione fotografica degli archivi storici degli Enti ci restituisce, a questo proposito, immagini suggestive e spesso inedite della città di fine Ottocento e dei suoi luoghi di culto Emblematiche sono le foto che testimoniano lo smantellamento del pregevolissimo pavimento musivo cosmatesco della chiesa degli Ottimati, ricomposto in maniera discutibile nell’attuale edificio. Come emblematici sono i numerosi articoli apparsi sulla stampa del tempo, contenti le perplessità dell’intellighentia reggina circa le forme architettoniche che i nuovi edifici di culto avrebbero assunto, ed emblematiche, infine, le antiche planimetrie di un monumento-simbolo della città, il castello, di cui si vollero salvare solo le quattrocentesche torri aragonesi. Le opere d’arte recuperate alle dispersioni post-terremoto sono oggi conservate nelle chiese cittadine e del circondario reggino a testimonianza della vitalità artistica e del gusto della committenza ecclesiastica desiderosa di ornare

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Il trasporto del mosaico pavimentale dall’antica cripta degli Ottimati © Archivio fotografico della Soprintendenza per il Patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico della Calabria

La cappella del SS. Sacramento della Cattedrale all’indomani del bombardamento del 1943 © Archivio fotografico della Soprintendenza per il Patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico della Calabria

printed in the press at the time expressing the doubts of the town’s intelligentsia regarding the architecture chosen for the new houses of worship, and just as emblematic are the old plans of the castle, a symbolic monument, of which only the 15th century Aragonese towers were saved. The works of art recovered after being scattered during the post-earthquake period are today preserved in the churches of Reggio and in the surrounding areas and bear witness to the artistic vitality and taste of the ecclesiastic purchasers who wished to embellish the houses of worship. A glance at the mixed marble decorations in the chapel of the SS. Sacramento in the cathedral is an eloquent example.

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In keeping with a certain continuity with the past is the new picture gallery, heir to the former Museo Civico where, for various reasons, important private collections came to be housed in the aftermath of the earthquake. This is the case of the Genoese collection, whose owner died in the catastrophe and generously left the collection inherited from his forefather Federico, a man of great culture and a fervent patriot, to the museum. The Monsolino-Lavagna Fieschi collection, on the other hand, was purchased by the Comune for the sum of £1,000. Slowly and with great effort the city was rebuilt and today both citizens and tourists can enjoy the cultural heritage where history and artistic documents from the past encounter the elegant architecture of Ernesto Basile and Camillo Autore and make Reggio’s historic centre a fine example of early-20th century artistic expression. This judgement, however, might seem just a little narrow as, if the symbolic places are those which have been highlighted in this book, then Reggio, like so many other cities in our country, exemplifies the “model Italy” so cleverly described by Salvatore Settis whose strength […] is all in the widespread living presence of a heritage […] which we come across[…]in the streets […] in the noble houses […] in the churches and which is one with our language, our music and literature, our culture.

in maniera splendida i luoghi della fede. Uno sguardo al rivestimento in marmi mischi della cappella del SS. Sacramento in Cattedrale ne costituisce eloquente esempio. In linea di sostanziale continuità con il passato si colloca la nascente Pinacoteca, erede – diremmo – dell’ex Museo Civico, nel quale confluirono per ragioni diverse all’indomani del sisma importanti raccolte private: così la collezione Genoese, il cui proprietario morì nel terremoto lasciando con atto di grande liberalità al suddetto museo la sua raccolta, ereditata dall’illustre avo Federico, uomo di grande cultura e fervente patriota; la collezione MonsolinoLavagna Fieschi, acquistata dal Comune per la somma di £ 1000. Lentamente e faticosamente la città risorta presenta oggi al cittadino e al turista i suoi “luoghi dell’arte”, dove la storia e i documenti artistici del passato incontrano le splendide architetture di Ernesto Basile e Camillo Autore e le eleganti forme degli edifici che fanno del suo centro storico un apprezzabile esempio dei linguaggi artistici del primo Novecento. Ma, a ben guardare, ciò potrà sembrare riduttivo poiché se i luoghi-simbolo della città rimangono quelli che hanno ben messo in luce le autrici di questa pubblicazione, Reggio esemplifica, come tante altre città del nostro Paese, quel “modello Italia”, acutamente descritto da Salvatore Settis la cui forza […] è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio […] che incontriamo […] anche senza volerlo nelle strade […] nei palazzi […] nelle chiese e che fa tutt’uno con la nostra lingua, la nostra musica e letteratura, la nostra cultura. Maria Teresa Sorrenti Storico dell’arte

Maria Teresa Sorrenti Art historian

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IL MUSEO NAZIONALE THE MUSEO NAZIONALE

The Museo Nazionale of Reggio Calabria is one of Italy’s most prestigious archaeological museums, with numerous important exhibits from the colonies of the Magna Graecia in Calabria. It was built thanks to the efforts of archaeologist Paolo Orsi who, as Superintendent in the early 20th century, carried out a number of excavations throughout Calabria, bringing to light a rich harvest of finds which required a more suitable collocation than the Museo Civico, created in 1882 by the Comune of Reggio Calabria. The design for the building, one of the first in Italy to be conceived to function solely as a museum, was entrusted to Marcello Piacentini, the most important architect of the period. Construction began in 1932 but the inauguration did not take place until 1959. Over the years, the museum has undergone considerable transformations. In 1981, the underwater archaeology section was set up to house the world-renowned bronze statues of Riace. Exhibits begin on the ground floor with a section of pre-history and proto-history, followed by a rich sector dedicated to Locri Epizephyrii; on the first floor are the exhibits from other Greek colonies and their territory (Rhegion,

Il Museo Nazionale di Reggio Calabria è uno dei musei archeologici più prestigiosi d’Italia, in quanto ospita numerose e significative testimonianze delle colonie della Magna Grecia fiorite in Calabria. La sua istituzione si deve all’archeologo Paolo Orsi, che, in qualità di Soprintendente, nei primi del ’900 aveva condotto numerose campagne di scavo in tutto il suolo calabrese, rinvenendo una gran messe di reperti che necessitavano di un’adeguata collocazione alternativa al Museo Civico allestito sin dal 1882 su iniziativa del Comune di Reggio Calabria. Il progetto dell’edificio, uno dei primi in Italia ad essere concepito fin dall’origine per fungere esclusivamente da museo, fu affidato al più importante architetto del tempo, Marcello Piacentini; la costruzione fu avviata nel 1932 ma l’inaugurazione ebbe luogo solo nel 1959. Nel corso degli anni il museo ha subito notevoli trasformazioni, come l’allestimento, nel 1981, della sezione di archeologia subacquea, destinata a ospitare, al piano inferiore, le celebri statue dei Bronzi di Riace. Il percorso espositivo prende avvio, al pianterreno, con una sezione di preistoria e protostoria, cui segue il ricco settore dedicato a Locri Epizefiri; al primo piano sono esposti i documenti relativi alle altre colonie greche e al loro territorio (Reggio, Metauros, Medma, Hipponion, Kaulonia, Krimisa), nonché ad alcuni siti indigeni (Laos, Tortora e Temesa). Sono infine presenti una sezione epigrafica e una sezione numismatica. La sezione di preistoria e protostoria offre un quadro esaustivo della storia del popolamento indigeno della Calabria dalla comparsa dell’uomo nel paleo-

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Antefissa a testa femminile in terracotta policroma, seconda metĂ del VI secolo a.C. Female head antefix in polychrome terracotta, second half of VI century BC

anche in oreficerie; vi sono inoltre piccoli capitelli corinzi in terracotta policroma, originariamente innestati alle gambe lignee dei letti su cui erano adagiati i defunti. Completano la documentazione su Reggio i materiali confluiti nelle collezioni del Museo Civico locale e quelli rinvenuti nel territorio annesso alla colonia greca e in parte occupato, nel corso del IV sec. a.C., da genti italiche di stirpe lucana. Un prezioso corredo proviene da una tomba a incinerazione, entro un cratere a vernice nera prodotto in Laconia, rinvenuta in località San Gregorio, comprensivo di una patera (coppa poco profonda) in bronzo, di cui si conserva il manico conformato a kouros,, e di un anello d’oro dal castone inciso con una figura femminile alata (520-500 a.C.).

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Statuetta in terracotta del tipo Tanagrina, III secolo a.C. Terracotta Tanagra statuette, III century BC

shod with a sandal are particularly interesting. The burial objects are made of pottery and terracotta, and even gold. There are also small Corinthian capitals in polychrome terracotta, originally inserted into the wooden legs of the beds on which the dead were laid out. Finally, the Reggio collection is completed with objects from the local Museo Civico and from the territories annexed to the Greek colony, partly occupied during the IV century BC by Italic peoples from Leucania. Discovered in San Gregorio, the precious contents from a cremation tomb in a black painted krater made in Laconia (or Lacedaemonia), include a bronze patera (shallow bowl), from which a kouros-form handle has been preserved and a gold ring with a female winged figure carved on the mounting (520-500 BC).


Orecchini in oro a cerchio con estremità a testa di antilope, fine III-inizi II secolo a.C. Gold hoop earrings with antelope head, late III-early II century BC

Pagine seguenti/Following pages Coppa in vetro con scena di caccia istoriata in oro, fine III-inizi II secolo a.C.

Kouros in marmo da Reggio Calabria, fine VI-inizio V secolo a.C.

Glass bowl decorated with hunting scenes in gold, late III-early II century BC

Marble kouros from Reggio Calabria, late VIearly V century BC

Important finds come from the Oppido Mamertina area: from Castellace a bronze lamina from a helmet with an inscription dedicated to Eracle Reggino (early V century BC), indication of the presence of a sanctuary to protect the northern frontier along the Tyrrhenian coast; the rich funeral trappings of a woman of Leucanian origin were found in Varapodio, including a glass bowl decorated with hunting scenes in gold, a pair of gold hoop earrings with antelope heads and toiletries (late III-early II century BC). Reggio’s artistic patrimony has recently been enriched by a precious kouros, a statue in Greek marble depicting a smaller than lifesize nude youth, simply carved at the front and more sculptured from the back. The hair is particularly fine, made up of rows of tight curls along the brow and temples and ringlets at the ears, as well as a soft plait at the nape. Crowning the head is a garland with small holes for attaching leaves and flowers. There are still many traces of red on the hair, perhaps purposely left like this or as a preparation to cover it with gold leaf. Dating back between the late VI and early V century BC, it has been attributed to an artist working in the Magna Graecia, probably in Reggio, and identified as a young athlete; it might have been originally used to mark the tomb of an aristocrat or as exvoto donated to a sanctuary.

Significativi i reperti dal comprensorio di Oppido Mamertina: da Castellace una lamina bronzea pertinente a un elmo, con iscritta la dedica a Eracle Reggino (inizi del V sec. a.C.), indizio della presenza di un santuario posto a protezione della frontiera settentrionale lungo la fascia tirrenica; da Varapodio il ricco corredo funerario, appartenuto a una donna di stirpe lucana, consistente in una coppa in vetro con scena di caccia istoriata in oro, una coppia di orecchini d’oro con terminazione a testa di antilope e oggetti per la cosmesi (fine III-inizi II sec. a.C.). Di recente il patrimonio artistico di Reggio si è arricchito di un preziosissimo Kouros, una statua in marmo greco che rappresenta un giovinetto nudo stante in dimensioni minori del vero, modellato in modo sobrio nella veduta frontale, più plasticamente in quella dorsale. Particolarmente raffinata è la capigliatura, costituita da file di riccioli a lumachella sulla fronte e sulle tempie e boc-

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Testa di acrolito in marmo di Apollo, 440-430 a.C. Marble acrolith head of Apollo, 440-430 BC

Particolare rilievo hanno i reperti dall’edificio di culto scavato da Paolo Orsi nel 1924 sul promontorio di Punta Alice nei pressi di Cirò marina, identificato come il tempio di Apollo Aleo ricordato dalle fonti letterarie in connessione con la città di Krimisa, nel territorio controllato da Crotone. Il tempio, innalzato attorno alla metà del VI sec. a.C., subì una riedificazione agli inizi del III, nel corso della quale gli ex-voto di maggior pregio furono deposti al di sotto del piano della cella, circostanza cui si deve la loro conservazione sino ai giorni nostri. Spiccano un diadema e decorazioni da applicare a vesti in oro, bracciali in argento, anelli in bronzo, due piccole statuette del dio Apollo con l’arco e la patera, in oro e in bronzo, un kouros in argento e un idoletto a figura maschile stilizzata in bronzo. Il reperto più importante è, tuttavia, la testa in marmo greco appartenente alla statua di culto di Apollo, raffigurato verosimilmente seduto e intento a suonare la cetra. La statua, alta circa 2 metri, era realizzata con la tecnica dell’acrolito, applicando cioè testa, mani e piedi in marmo a un’impalcatura di legno rivestita di stoffe pregiate in modo da suggerire busto e arti. La testa, che va immaginata completa di capigliatura applicata, occhi inseriti e colore sull’incarnato e le labbra, rivela un’ispirazione del grande scultore ateniese Fidia e si data attorno al 440-430 a.C. Sono esposti anche i piedi e la mano sinistra, nonché una parrucca in bronzo pertinente a un’altra statua del dio più antica (475-450 a.C.). Laos viene citata dalle fonti letterarie come centro fondato sul Tirreno dai Sibariti esuli dopo la sconfitta con Crotone nel 510 a.C., nonché come oggetto di occupazione, nel corso del IV sec. a.C., da parte dei Lucani; a costoro è stato attribuito l’abitato emerso nella frazione di Santa Maria del Cedro di San Bartolo di Marcellina vicino Scalea. Il museo di Reggio ospita il ricco corredo, consistente in circa un centinaio di oggetti, di una tomba a camera rinvenuta nel 1963 presso la necropoli annessa a tale abitato. Databile nel 330-320 a.C., apparteneva a un eminente membro dell’aristocrazia guerriera lucana, sepolto insieme alla compagna. Il defunto, che praticava l’attività guerresca nella cavalleria, come indicano uno

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Paolo Orsi’s finds from the temple of Apollo Aleo on the Punta Alice headland near Cirò Marina in 1924 are of particular significance. The temple, mentioned in literary sources connected to the town of Krimisa in the territory controlled by Crotone, was built around mid-VI century BC and underwent reconstruction in early III BC, during which the most valuable ex-voto were stored below the cella, thus conserving them. Outstanding are a diadem and gold decorations for garments, silver bracelets, bronze rings, two small statuettes of the god Apollo with his bow and a patera in gold and bronze, a silver kouros and a small bronze stylised male idol. The most important find, however, is the Greek marble head from a statue of the cult of Apollo, probably depicted seated playing his zither. The approximately two-meter tall statue was created using the acrolith technique; by joining the head, hands and feet in marble to a wooden scaffolding draped with fine materials in order to give the impression of body and limbs. The head should be envisaged complete with hair, eyes and lips, painted skin colour; it reveals the inspiration of the great Athenian sculptor, Phidias and can be dated back to about 440-430 BC. The feet and left hand are also displayed, as well as a bronze wig which belongs to another, older statue of the god (475-450 BC). Laos is quoted by literary sources as being founded on the Tyrrhenian by Sybarite exiles after their defeat by Crotone in 510 BC. It was also occupied during the IV century BC by the Leucanians who probably inhabited the area


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Bronzo A Bronze A

ne il trasporto. La testa della statua B si presenta liscia e deformata, evidentemente perché dotata di un elmo corinzio rialzato, nonché caratterizzata con la riproduzione della cuffia di cuoio o di feltro indossata dai guerrieri sotto l’elmo. La testa della statua A sembra essere stata in origine priva di elmo, come dimostra l’accuratissima resa dei capelli su tutta la calotta, e solo in un secondo tempo dotata di un elmo corinzio. Durante gli interventi di restauro avvenuti a Firenze e a Reggio stessa, si è appurato che le statue furono realizzate attraverso saldatura di parti fuse separatamente (testa, torace, braccia distinte in tre settori, mani, gambe, piedi, dita medie dei piedi), con un metodo di fusione indiretto o, come sostengono i restauratori che hanno affrontato il microscavo archeologico delle terre di fusione contenute dalle statue, diretto. Agli elementi in bronzo sono giustapposti particolari in materiali eterogenei: gli occhi del Bronzo A sono in avorio con iridi, non conservate, in pasta vitrea o pietre preziose; l’occhio superstite del Bronzo B ha la cornea in marmo bianco con iride ad anelli concentrici biancastro e rosato e pupilla nera, le labbra sono in rame; nel Bronzo A una lamina d’argento incastrata superiormente indica una fila di cinque denti; i capezzoli sono incassati nel petto e sono di colore rosa per l’uso di una lega a basso tenore di stagno. I Bronzi furono ancorati alla base colando del piombo fuso sia

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and was only later given a Corinthian helmet. Restoration work in Florence and in Reggio revealed that the two statues had been made by soldering together parts fused separately (head, chest, arms divided into three sections, hands, legs, feet, middle toes) through a method of indirect fusion or, as claimed by the restorers who carried out the archaeological microexcavation of the fusion of the foundry sands contained in the statues, direct. Details in various materials have been added on top of the bronze elements: the eyes of Bronze A are in ivory with irises, which have not survived, in glass paste or precious stones; the surviving eye of Bronze B has a white marble cornea and the iris is formed of whitish and pink concentric circles with a black pupil; the lips are in copper; in Bronze A a thin silver plate in the upper jaw reveals a row of five teeth; the nipples, set into the chest, are pink due to the use of an alloy with a low tin content. The Bronzes were anchored to the base by pouring molten lead into the feet and into the cavity purposely made in the base itself, exploiting the principle of communicating vessels. The two statues are arranged according to the same scheme of cross-rhythm weighting,


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Bronzo B Bronze B

however, statue B has a greater plasticity due to the fact that the inclination of the hips is also reflected in the shoulders, unlike statue A, whose shoulders are perfectly horizontal. Statue B has been modelled in a different style, it is more analytical and mobile compared to statue A, which is often geometric and rather static. Some scholars believe that, despite the differences, both statues can be dated to the same period, around mid-V century BC and attribute them to the same place of origin, probably Attica and the influence of the great sculptor Phidias. Others highlight the differences, dating Bronze A, very similar to Phidias’s style, at 460-450 BC, while Bronze B, influenced by the works of Polykleitos, at 430-420 BC. Most scholars believe the statues were made in and destined for somewhere in Greece. Their presence in the sea off the Calabrian coast might have been a consequence of the transportation of works of art which took place after the Roman conquest of the Mediterranean, when the Romans plundered the great Greek cities of their most imposing statues to decorate forums, public buildings and private residences in Rome. Other scholars however are convinced that the Bronzes come from a city in the Magna Graecia, such as Taranto or Locri, whose importance and wealth could well justify the presence of such prestige. As for a collocation in Greece, one hypothesis put forward is that of a donation; a group of statues realised by Phidias around 450 BC and

entro i piedi sia nell’incavo predisposto nella base stessa, sfruttando il principio dei vasi comunicanti. Le due statue sono organizzate secondo un medesimo schema di ponderazione a ritmo incrociato, tuttavia la statua B presenta una posizione più plastica dovuta al fatto che l’inclinazione del bacino si riflette anche sulle spalle, a differenza che nella statua A, dove le spalle sono perfettamente orizzontali. Anche nel modellato la statua B si rivela di stile diverso, in quanto più analitico e mobile rispetto al modellato della statua A, spesso geometrico e piuttosto statico. Alcuni studiosi pensano che, nonostante le differenze, le statue si possano datare a uno stesso periodo, intorno alla metà del V sec. a.C., e attribuirle allo stesso ambiente, presumibilmente quello dell’Attica gravitante attorno al grande scultore Fidia. Altri sottolineano le differenze, attribuendo al 460-450 a.C. il Bronzo A, fortemente legato allo stile di Fidia, e al 430-420 a.C. il Bronzo B, già influenzato dalle opere di Policleto. Buona parte della critica tende a ipotizzare una realizzazione e una destinazione della

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Bronzo A Bronze A

offered by the Athenians to be erected in the sanctuary of Apollo at Delphi to commemorate the Greek victory over the Persians at Marathon in 490 BC; Bronze B might be Miltiades, the strategist, Bronze A an Attic hero. Recently, based on analysis results of the foundry salts, which indicate Argos as a potential production site, it was suggested that they might belong to a donation erected in the agorà of this Peloponnesian town depicting the Seven of Thebes, Argive heroes who died in their attempt to attack the city of Thebes. Therefore, Bronze A is Tydeus, B is Amphiaraus and their authors are Hageladas of Argos and Alcamenes the Elder. One hypothesis for a site in the Magna Graecia is that Bronze B represents Euthymus, the Olympic champion from Locri, three-time winner of the boxing competition. Sculpted by Pythagoras of Reggio shortly after 470 BC, B could be Euthymus, in his role of strategist for the army of Locri, after defeating the monster of Temesa; Bronze A, work of a Magna Graecian artist datable to just before 435 BC, might be the athlete raised to cult status by his townspeople after his death.

statue in Grecia. La loro presenza nel mare antistante la costa calabra sarebbe conseguenza di un trasporto connesso ai viaggi di opere d’arte avvenuti a seguito della conquista romana del Mediterraneo, quando i Romani depredarono le grandi città greche delle più imponenti statue per ornare fori, edifici pubblici e residenze private di Roma stessa. Altri studiosi sono invece convinti che i Bronzi appartengano a una città della Magna Grecia, come Taranto e Locri, la cui importanza e ricchezza erano tali da giustificare la presenza di statue di questa portata. Per la collocazione in Grecia, si è pensato a un donario, un gruppo di statue realizzato da Fidia attorno al 450 a.C. e offerto dagli Ateniesi come dono votivo al santuario di Apollo a Delfi per commemorare la vittoria dei Greci sui Persiani a Maratona (490 a.C.); il Bronzo B potrebbe essere lo stratega Milziade, il Bronzo A un eroe dell’Attica. Di recente, sulla base dei risultati delle analisi sulle terre di fusione, che indicano come possibile luogo di produzione Argo, è stata proposta la pertinenza a un donario innalzato nell’agorà di questo centro del Peloponneso, raffigurante i Sette a Tebe, eroi argivi che attaccarono la città rimanendo sconfitti e morendo tutti; il Bronzo A sarebbe Tideo, il B Anfiarao e i loro autori Agelada di Argo e Alcamene il Vecchio. Per la collocazione in Magna Grecia, un’ipotesi è che si tratti dell’olimpionico locrese Euthymos di Locri, vincitore per tre volte nel pugilato: il Bronzo B, realizzato da Pitagora di Reggio poco dopo il 470 a.C., potrebbe rappresentare Euthymos dopo aver sconfitto, in qualità di stratega dell’esercito locrese, il mostro di Temesa; il Bronzo A, opera di un artista magnogreco databile poco prima del 435 a.C., l’atleta reso oggetto dai concittadini di un culto eroico dopo la morte.

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LA PINACOTECA The Pinacoteca

The Pinacoteca, or picture-gallery, has been housed in the Museo Nazionale since 1969 and is of great importance to the city of Reggio Calabria, both in terms of the history of the various collections which make up the whole and the artistic worth of the many authors who span several centuries. The town council has restored a prestigious exhibition centre at the heart of the city to house its artistic patrimony and recover the works of art which were formerly part of the old Museo Civico. Most of the paintings were originally on display in the Museo Civico, established in 1882 on the ground floor of the archbishop’s palace, and later came to the administration following the closure of ecclesiastic bodies (1866), while others were purchased. Some of the works were donated by illustrious families of Reggio, including the 59

Antonello da Messina San Girolamo penitente, particolare, prima metà del ’400 Antonello da Messina, St. Jerome penitent, detail, first half 15th century

La Pinacoteca, ospitata dal 1969 nelle sale del Museo Nazionale, ha una notevole importanza per la città sia dal punto di vista della storia delle collezioni che la compongono che per il valore degli autori presenti, che coprono un arco temporale molto ampio. L’Amministrazione comunale, per valorizzare il proprio patrimonio artistico e recuperare quindi le opere d’arte facenti parte dell’antico Museo civico, ha restaurato una prestigiosa sede espositiva nel cuore della città, di prossima apertura. In gran parte provenienti dall’antico Museo civico nato nel 1882 nei locali del pianterreno del palazzo arcivescovile, i dipinti erano allora pervenuti all’Amministrazione a seguito della soppressione di enti ecclesiastici (1866), oltre che da acquisti. A questi si erano aggiunte le donazioni di illustri famiglie reggine, di cui 59 tele di medio e piccolo formato da Domenico Genovese, che aveva acquistato le opere prevalentemente sul mercato antiquario napoletano. Tra queste, nature morte, ritratti di famiglia, soggetti desunti dal Nuovo e Vecchio Testamento, opere con scene di battaglie o paesaggi rurali quali Paesaggio con scene di caccia, Paesaggio con ruderi, bovini e ovini e, tra i più noti, il dipinto di soggetto biblico con La Battaglia di Giosuè a Gabaon e Re Roberto che fonda la chiesa di S. Chiara a Napoli del pittore reggino Vincenzo Cannizzaro (1740-1768). La donazione di Gaetano Monsolino comprendeva pale d’altare e tele seicentesche di ambito napoletano e di gusto naturalistico e barocco provenienti da enti religiosi soppressi. Le due tele raffiguranti La Deposizione e Il Martirio di

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Ignoto siciliano, Deposizione, XVII sec. Unknown sicilian artist, The deposition, 17th century

Pietro Novelli (?), Martirio di San Bartolomeo, XVII sec. Pietro Novelli (?), The Martyrdom of St. Bartholomew, 17th century

San Bartolomeo e un’altra Deposizione, copia del Van Dyck, sono appunto esempi di tale provenienza. Sempre dalla donazione Monsolino, un interessante dipinto raffigurante San Giovannino (San Giovanni Battista), seminudo e in atto di indicare un agnello alla sua destra, e una Madonna con Bambino, raffigurata nelle sembianze di una popolana, entrambi di fattura settecentesca napoletana. A questi soggetti si aggiungono, sempre provenienti dalla collezione Monsolino, alcuni pregevoli dipinti del paesaggista Ignazio Lavagna Fieschi (1814-1871), artista della scuola di Posillipo e discendente da un’antica famiglia nobiliare. In ordine cronologico le più importanti sono due tavolette lignee attribuite ad Antonello da Messina (1430-1479), concesse in prestito alla mostra antologica del grande pittore organizzata nel 2006 a Roma presso le Scuderie del Quirinale. Chiuse in teche climatizzate, le tavolette, appartenenti a un più ampio complesso pittorico perduto, raffigurano La Visita dei tre angeli ad Abramo e San Girolamo penitente. Databili poco oltre la prima metà del ‘400, sono state acqui-

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Antonello da Messina, La Visita dei tre angeli ad Abramo, prima metà del ’400 Antonello da Messina, The Visit of the three Angels to Abraham, first half 15th century

small and medium-sized paintings bought by Domenico Genovese, mainly on the Neapolitan antiques market. Among these are still-life scenes, family portraits, subjects from the Old and New Testaments, battle scenes or rural landscapes, such as Landscape with hunting scene, Landscape with ruins, cattle and sheep and, one of the best known, the biblical scene of the Battle of Joshua at Gabaon and King Robert founding the church of St. Chiara in Naples, by the painter Vincenzo Cannizzaro from Reggio (1740-1768). The donation by Gaetano Monsolino includes 17th century altarpieces and naturalistic and baroque paintings from suppressed religious bodies in the Naples area, including two paintings depicting The Deposition and The Martyrdom of St. Bartholomew and another Deposition, a copy of the work by Van Dyck. Other paintings from the Monsolino donation include an interesting portrayal of St. John the Baptist, semi-nude and pointing to a lamb on his right, and a Madonna with Child, depicted as a woman of the people, both 18th century Naples. Then there are some valuable works by Ignazio Lavagna Fieschi (1814-1871), a landscape artist from the Posillipo school and descendent of an ancient noble family. In chronological order, the most important are two wooden tablets attributed to Antonello da Messina (1430-1479), loaned in 2006 to the Scuderie del Quirinale in Rome for an anthological exhibition of the great painter’s works. Sealed in air-conditioned caskets, the tablets once belonged to a larger pictorial group, now


state dal Comune nel 1890 dal collezionista reggino Giovambattista Rota. Si segnala il trittico con Storie di Cristo e della Vergine di gusto cinquecentesco, attribuibile all’ambito dell’otrantino Giovanni Maria Scupula. Di grande rilievo e di epoca seicentesca sono La ragazza che lava i sedani di Eberhart Keilhau detto MonsÚ Bernardo (1624-1687), attivo anche a Bergamo e Roma e Il ritorno del figliol prodigo, del calabrese Mattia Preti (1613-1699). Acquistato in Inghilterra nel 1972 presso la Heim Gallery di Londra dal Ministero della Pubblica Istruzione e destinato al Museo Nazionale di Reggio

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LA CITTÀ E LA RICOSTRUZIONE DEI LUOGHI DI CULTO THE CITY AND THE RECONSTRUCTION OF ITS HOUSES OF WORSHIP

Calabria’s tormented history has left a lasting mark on the city of Reggio Calabria, especially regarding the conservation of buildings of historical and artistic interest. The very identity of the city, devastated over the centuries by invasions and repeated natural disasters, has undergone transformation and reinterpretation. Today, its ancient origins can be seen only in a few Greek and Roman remains, and in the castle, around which the urban nucleus developed during the Middle Ages, characterised by city walls with four entrance gates (Mesa, Dogana, Amalfitana and S. Filippo). The reconstruction plan following the 1783 earthquake was entrusted to the engineer Giovan Battista Mori by the Bourbon government, and introduced regular main roads leading from the main thoroughfare, Corso Garibaldi, as well as buildings designed to conform with the anti-seismic norms of the time. The new chessboard-like urban layout Chiesa degli Ottimati, pavimentazione medievale a mosaico Church of the Ottimati, medieval mosaic floor

I travagliati accadimenti storici caratterizzanti la regione calabrese sono manifesti in modo sensibile nella città di Reggio Calabria soprattutto per quel che riguarda la conservazione dei beni immobili di interesse storico artistico. L’identità stessa del luogo, colpito nei secoli da devastazioni dovute a invasioni e ripetuti e importanti eventi naturali, è stata nel tempo oggetto di trasformazione e reinterpretazione. Le sue antiche origini sono oggi visibili solo attraverso resti di epoca greca e romana o ancora attraverso il castello aragonese, attorno al quale in epoca medievale si sviluppava il nucleo urbano caratterizzato dalla cinta muraria con le quattro porte d’accesso (Mesa, Dogana, Amalfitana e S. Filippo). Il piano di ricostruzione post-terremoto del 1783, il cui incarico fu affidato dal governo borbonico all’ingegnere Giovan Battista Mori, dà luogo alla realizzazione in città di arterie regolari segnate da quella principale, il corso Garibaldi, nonché di edifici concepiti in base alle norme antisismiche del tempo. Con il nuovo sistema urbanistico “a scacchiera”, viene cancellato l’antico aspetto medievale che all’epoca Reggio ancora conserva. I lavori di rifacimento e di ampliamento della città durano diversi decenni, finché il nuovo e disastroso sisma del 1908 impose nuovi interventi relativi all’immediato soccorso e alla conservazione, per quanto possibile, dei caratteri originari del centro urbano, anche se ispirati e in conformità con le città moderne. È in questo periodo che viene sacrificata una parte del castello aragonese per favorire il prolungamento della via Aschenez, e che si diffonde l’uso del liberty nell’architettura civile.

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BASILICA CATTEDRALE MARIA SS. ASSUNTA IN CIELO BASILICA OF MARIA SS. ASSUNTA IN CIELO

Premise The cathedral of Reggio Calabria is today the centre of worship for citizens, embodying, and sometimes conserving, in its eclectic morphology the very history of the city, made up of domination, destruction and reconstruction. The first holy building dates back to the VI century, when Reggio was under Byzantine rule; razed by the Saracens (mid-X century), and quickly rebuilt after the regaining of Byzantine power, it must have corresponded to the political importance of the town, seat of the Duke of Calabria and centre of the Greek church. With the Norman occupation of Reggio in 1060, the church was restored to the jurisdiction of the Roman pontiff, the Normans built a Latin cathedral with three naves and a central semi-circular apse with two side apses closing the smaller naves. Following the Turkish raids, the Cathedral had to be largely rebuilt, and during his bishopric Mons. Matteo Ricci (1453-1490) had the ruined façade restored and built a bell tower adorned with statues. Facciata, particolare del rosone Façade, detail of rose window

Una necessaria e breve premessa delle vicende costruttive L’odierna cattedrale di Reggio Calabria, centro vitale dell’espressione e dell’esercizio spirituale reggino, riassume in sé, e a volte conserva, nell’eclettismo della sua morfologia, la storia stessa della città, fatta di dominazioni, distruzioni e ricostruzioni. Notizie della costruzione del primo edificio sacro si hanno a partire dal secolo VI, quando Reggio era già bizantina; distrutto dai Saraceni (metà sec.X) e presto riedificato in seguito alla riconquista bizantina, dovette essere sicuramente rispondente all’importanza politica del luogo, sede del Duca di Calabria e centro della chiesa di rito greco. Con l’occupazione normanna della città avvenuta nel 1060, restituita la chiesa reggina alla giurisdizione del pontefice romano, i Normanni costruirono la cattedrale latina, a tre navate con abside semicircolare centrale e due absidi laterali a chiudere le navate minori. A seguito delle incursioni turchesche, la cattedrale dovette essere in gran parte ricostruita. Durante il suo vescovato mons. Matteo Ricci (1453-1490) provvide al restauro della facciata che appariva già fatiscente e fece costruire il campanile adornato di statue. Il tempio fu ancor più arricchito da mons. Gaspare Ricciullo Del Fosso (1560-1592) che fece costruire l’altare maggiore, si curò di far restaurare la cappella di Santa Maria del Popolo e fece sì che si ultimasse la cappella della SS. Trinità, fatta erigere dal suo predecessore mons. Agostino Gonzaga (1537-1557).

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IL PICCOLO MUSEO SAN PAOLO THE PICCOLO MUSEO SAN PAOLO

The Piccolo Museo San Paolo was instituted in the 1970s to house a collection of historic and artistic works brought together through the efforts of Mons. Francesco Gangemi, parish priest of the church of San Paolo alla Rotonda. It became a legally recognised Foundation in 1984. The works are at present housed in the premises next to the church of San Paolo. They were partially catalogued by the Superintendence of Historic and Artistic Patrimony of Calabria in 1992 and still await a permanent home. The large collection contains heterogeneous works in terms of type, date and origin which are displayed on three floors. The two rooms on the ground floor are known as A, or the Antonello room, and B, or the Icon room, while C, or the Parchment room is in the basement. Finally, various types of fragments, including

Antonello da Messina, San Michele Arcangelo che uccide il drago, XV sec., particolare Antonello da Messina, The Archangel St. Michael slaying the dragon, detail

Il Piccolo Museo San Paolo nasce negli anni ’70 come collezione di beni storico artistici per opera di mons. Francesco Gangemi, parroco della chiesa di San Paolo alla Rotonda, e si trasforma in Fondazione con riconoscimento giuridico ufficiale nel 1984. Le opere del Piccolo Museo trovano attualmente ospitalità nei locali adiacenti la chiesa di San Paolo; il patrimonio che vi è custodito è stato in parte oggetto, nel 1992, di una campagna di catalogazione da parte della Soprintendenza per il patrimonio storico artistico della Calabria, e attende a tutt’oggi una sede definitiva. La consistente collezione che comprende opere eterogenee per tipologia, datazione e provenienza, collocata sui tre piani della struttura, è distribuita a piano terra in due sale, dette A o di Antonello e B o delle Icone, e nel seminterrato nella sala C o delle Pergamene. Un insieme di frammenti di varia natura, rappresentato da colonne bizantine, capitelli, acquasantiere, pannelli o fregi, è infine dislocato in tutta l’area del museo. La sala A comprende oltre un centinaio di dipinti databili dal XIV al XIX secolo, dei quali, nonostante la scarsezza delle documentazioni d’archivio, si osserva una maggiore organicità di studio riguardo ai legami con le paternità o scuole di appartenenza. Per alcune di queste opere infatti, sono state proposte attribuzioni a importanti nomi della storia delle arti figurative, come nel caso del San Michele Arcangelo che uccide il drago (cm 200 x 105), attribuito ad Antonello da Messina. Al dipinto viene spesso ricondotto un documento del

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IL CASTELLO ARAGONESE THE ARAGONESE CASTLE

The castle ruins stand on a hilly area the original morphology of which underwent modifications during town planning interventions after the 1908 earthquake. Its previously greater height meant that it could be used for defensive purposes and as an acropolis by the Greek settlers. In the Byzantine age, during the VI century AD, Belisarius, sent by the emperor Justinian to liberate Italy from the Goths, found that Reggio had no outer walls and started a reconstruction to protect the port. Between the IX and XI centuries, Reggio became the capital of the Themes of Calabria, assuming a primary role in the defence of the Byzantine empire against the Arabs who had consolidated a bridgehead in Sicily. On the hill of the castle there was probably an original nucleus made up of a watchtower, later extended into a defensive wall creating a kastron, a fortified centre to protect those inside, in particular the fortified residence of the great strategist. Following the Norman conquest (XI century), a fortress tower was probably erected against the walls used to shelter the garrison entrusted with defending the town. Some scholars believe

I resti del castello insistono in un’area collinare la cui morfologia originaria è stata modificata nel corso dei lavori urbanistici conseguenti al terremoto del 1908. La sopraelevazione, più accentuata di oggi, ne favorì uno sfruttamento a fini difensivi, nonché l’utilizzo come acropoli da parte dei coloni greci. In età bizantina, nel corso del VI secolo d.C., Belisario, inviato dall’imperatore Giustiniano a liberare l’Italia dai Goti, trovò Reggio sguarnita di mura e ne promosse una ricostruzione finalizzata a proteggere il porto. Tra il IX e l’XI sec. Reggio divenne capitale del Thema di Calabria, assumendo un ruolo primario nella difesa dell’impero bizantino dagli Arabi, attestati in Sicilia. Sulla collina del castello, un probabile nucleo originario rappresentato da una torre di avvistamento fu, col passare del tempo, ampliato in un recinto difensivo in modo da creare un kastron, un centro fortificato ove fosse garantita l’incolumità di quanto vi era all’interno, in primis della residenza fortificata dello stratega. A seguito della conquista normanna (XI sec.), fu con ogni probabilità eretta contro le mura una torre-fortezza destinata a dare ricovero alla guarnigione cui era affidata la difesa della città. Alcuni studiosi pensano che già nel corso del XII sec. lavori di ampliamento facessero assumere al castello la forma quadrangolare di 60 metri di lato con quattro torri angolari a pianta quadrata che altri invece datano al secolo successivo, riconducendola agli interventi sul sistema difensivo militare voluti da Federico II di Svevia. Nel corso del XIII sec. il castello subì trasformazioni edilizie e cambi di proprietà, rimanendo coinvolto anche nel secolo successivo nelle lotte fra Angio-

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VILLA GENOESE ZERBI

Overlooking the vivid green of the Lungomare, with an incomparable view of the Strait of Messina, the eclectic forms and colours of Villa Genoese Zerbi stand out as a highly original architectural model in the city of Reggio Calabria. The Villa was built on the same plot as the pre-1860 one, destroyed in the 1908 earthquake, but further back, as the norms of the new urban plan established that all buildings along the Lungomare were to stand about 50m from the sea and the railway line. The new building was completed between the 1920s and 30s. The few surviving photographs show that the style of the 19th century Villa, built along the lines of the old “Real Palazzina”, was very different from the present-day architecture. On corso Vittorio Emanuele, there was a wide portico with round arches and simple twin Renaissance-style columns, surmounted by a terrace overlooking the sea. Drawing up the project for today’s Villa was a rather long and complex affair, lasting well over ten years because of variations and formal re-workings. Marquis Felice Genoese Zerbi commissioned engineers Zerbi, Pertini and Marzatz to draw

Villa Genoese Zerbi, nel suo eclettismo di forme e colori, si staglia come modello architettonico unico in città sul verde intenso del Lungomare e l’impareggiabile prospettiva dello Stretto. L’edificio fu realizzato sullo stesso lotto della villa costruita prima del 1860 e distrutta dal terremoto del 1908, ma in posizione arretrata rispetto alla precedente. Le norme del nuovo Piano Regolatore prevedevano infatti, per tutti i fabbricati siti sul Lungomare, una distanza di circa 50 metri dalla linea di costa e dalla strada ferrata. La nuova costruzione fu completata fra gli anni Venti e Trenta del ‘900. Dalle poche testimonianze fotografiche superstiti si deduce che lo stile della villa ottocentesca, allineata sull’antica “Real Palazzina”, era molto diverso dall’architettonico odierno, giacché sul corso Vittorio Emanuele si innalzava un ampio porticato con archi di accesso a tutto sesto e colonne semplici e binate di natura rinascimentale, sovrastato dal terrazzo rivolto verso il mare. L’iter progettuale che portò alla definizione architettonica dell’attuale villa fu abbastanza complesso, tanto da protrarsi per ben dieci anni fra varianti e rielaborazioni formali. Il primo progetto, commissionato dal marchese Felice Genoese Zerbi agli ingegneri Zerbi, Pertini e Marzatz, risale al 1915. Non fu mai realizzato, in quanto questi vendette il terreno al marchese Saverio Genoese Zerbi, che commissionò all’ingegnere Domenico Zerbi la costruzione dell’attuale villa. Il plastico fatto realizzare dall’ingegnere Zerbi, ancora oggi custodito all’interno

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