Corriere Ortofrutticolo - Settembre 2016

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Vita dura per chi esporta… ✍ Lorenzo

In agosto ci siamo occupati della distanza davvero siderale che ormai divide l’agricoltura comunicata sui media dall’agricoltura reale. Alla pubblica opinione viene proposta una immagine falsata, stravolta di un comparto che per la sua importanza, per il suo peso reale nell’economia del Paese, meriterebbe una grande operazione-verità, non queste favolette, non questa propaganda ministeriale o alimentata da sindacati agricoli a caccia di nuovi tesserati. Sempre in agosto Marco Salvi, presidente degli esportatori di ortofrutta, ha lanciato l’allarme: l’export è fermo sui nuovi mercati perché manca la politica, mancano gli accordi bilaterali tra i governi e il danno per il settore è enorme, anche perché gli altri paesi non stanno con le mani in mano. “Il nocciolo della questione è il rapporto del settore ortofrutticolo italiano con la politica e il governo del nostro Paese. Un male antico. La politica e i governi che ne sono espressione, in generale, hanno sottovalutato e sottovalutano il settore, il suo peso economico in termini di fatturato e di occupazione, il suo valore per il made in Italy nel mondo e ancora prima per la salute e la dieta corretta dei cittadini, per l’ambiente, per le tradizioni e l’economia di vaste aree del nostro Paese”, ha scritto il nostro Antonio Felice. Perché? La risposta è facile: nessuno racconta alla politica l’ortofrutta così com’è. Nessun ministro viene a Berlino o a Madrid a vedere cosa fanno le imprese italiane che esportano. A Rimini - come quasi sempre - ci sarà il ministro italiano a tagliare il nastro del Macfrut (e vorrei vedere non ci fosse). Poi una visita veloce agli stand con codazzo di autorità e giornalisti e via, tutto finisce lì. Non tutte le colpe sono della politica però. Come ha scritto sempre Felice, manca chi rappresenti in modo unitario e autorevole il settore (fatto di privati-produttori, privati - commercianti, coop, Op, Unioni, Mercati, grossisti) davanti ai ministri o agli assessori regionali competenti (non meno importanti). Manca la rappresentanza unitaria del settore, la cosiddetta cabina di regia, quella che dovrebbe fare lobby a nome di tutto il comparto. E non a caso Salvi ha riproposto il tema nella sua denuncia di agosto, anche se la sua mi sembra una vox clamans in deserto. Come si vede, il collegamento tra l’immagine falsata, stravolta dell’agricoltura e l’incapacità di rappresentanza, di fare lobby, sono temi strettamente legati. Si chiede al settore di esportare sempre di più, ma in giro tira brutta aria per chi fa questo mestiere. Tira aria di protezionismo, di dazi, barriere e dogane riemergenti da un oblio ventennale. Il libero mercato, in tempi di crisi, non piace più. I trattati internazionali di libero scambio li firmano gli altri, la vecchia Europa coi suoi 27 paesi soci arranca, è ferma, è piena di dubbi, non sa Frassoldati

Settembre 2016

più cosa vuole. Il Ttip viene ripudiato (a sorpresa) da Germania e Francia. La politica che fa? Liscia il pelo alle pubbliche opinioni, e le pubbliche opinioni hanno individuato nel libero mercato la causa di tutti i mali, aiutate in ciò da vecchi e nuovi demagoghi, sia di destra che di sinistra, accomunati dal comune odio per la libera economia. In Italia storicamente non c’è un clima favorevole a chi fa impresa. Pensate alla politica. Contro il libero mercato sono schierati nell’ordine: Grillo e il suo movimento, Salvini con la Lega nord, tutto il variegato fronte a sinistra del Pd, e lo stesso Pd tanto per cambiare è abbastanza diviso al suo interno. Al governo c’è un solo ministro, Carlo Calenda, davvero impegnato sul fronte internazionalizzazione; il resto è silenzio, compreso il ministro dell’Agricoltura Martina che sul fronte export vede (e agevola) solo il vino e per il resto si limita ad assecondare i desiderata della Coldiretti. Il mondo agricolo vuole il libero scambio? Mah, vuole l’export ma non vorrebbe l’import, che è come chiedere la botte piena e la moglie (non) ubriaca. Salvate il soldato Paolo De Castro, viene da dire. Il nostro ex ministro, oggi europarlamentare, è il solo che parlando di trattati internazionali a rischio come il Ttip, cerca di ragionare. Altra vox clamans in deserto. I movimenti illiberali antiglobalizzazione hanno poderosi alleati nella crisi del ceto medio, nell’ignoranza delle pubbliche opinioni, negli effetti manipolatori dell’informazione televisiva, nel variopinto esercito di nani, ballerine, artisti da circo, cuochi, masterchef, sedicenti critici gastronomici, radical-chic dell’illusionismo agroalimentare, puristi del ruralismo a tutti i costi, quelli che “solo il piccolo è bello”, gli intransigenti del km zero, quelli che invitano a farsi l’orto in terrazza, insomma tutti quelli che parlano prescindendo dai numeri, dai dati economici e che strappano applausi parlando delle “nostre eccellenze che il mondo ci invidia e ci copia”. Se il contesto è questo, allora nessuna sorpresa che – come certificato dal centro studi indipendente Gta (Global Trade Alert) – le misure protezionistiche, i dazi, le tariffe all’import, gli aiuti di Stato siamo esplosi dal 2009 ad oggi con quasi 4mila misure di barriere al commercio, di cui 340 solo da gennaio ad oggi, ad opera in particolare dai paesi del G7 più l’Australia. Giustamente Macfrut 2016 punta gran parte delle sue carte sull’internazionalizzazione, ma la politica la vuole davvero questa internazionalizzazione? E se la vuole, perché non la agevola?

EDITORIALE

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RINASCITE Otto mesi senza governo in Spagna e il Pil viaggia verso un +3%. E noi che avevamo abolito il ministero dell’Agricoltura e lo abbiamo fatto rinascere! *

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CONTOEDITORIALE

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Sul sostegno all’export Marco Salvi ha ragione ma le colpe non sono solo quelle della politica di Antonio Felice Marco Salvi ha tutte le ragioni di questo mondo a denunciare, come ha fatto di ritorno dal Prognosfruit di Amburgo all'inizio dello scorso agosto, le condizioni di svantaggio competitivo in cui sono costretti ad operare i nostri esportatori: l’export italiano è fermo sui nuovi mercati perché non sono stati stretti accordi bilaterali tra i governi e il danno per il settore è fortissimo. Il nocciolo della questione è il rapporto del settore ortofrutticolo italiano con la politica e il governo del nostro Paese. Un male antico. La politica e i governi che ne sono espressione, in generale, hanno sottovalutato e sottovalutano il settore, il suo peso economico in termini di fatturato e di occupazione, il suo valore per il made in Italy nel mondo e ancora prima per la salute e la dieta corretta dei cittadini, per l’ambiente, per le tradizioni e l’economia di vaste aree del nostro Paese. Una risposta è che nessuno abbia raccontato e racconti l’ortofrutta ai politici come si deve, ma è una risposta banale. Invece il tema è che nessuno ha ed ha mai avuto il ‘peso’ o meglio il mandato di rappresentare in modo unitario ed inequivocabile davanti ai ministri competenti un settore da sempre e ancora oggi troppo frastagliato e diviso. Non basta, purtroppo, che qualcuno faccia con i politici la voce grossa, e magari sottobanco chieda vantaggi per singoli comparti, per singole categorie, per singole filiere, per singole cooperative o loro Unioni, per singole aziende. I problemi generali, che investono tutti, come questo dell’export, andrebbero portati avanti da una voce sola. Salvi è una voce autorevole, il suo intervento di ri-

torno dal Prognosfruit lo conferma perché mette il dito nella piaga con la chiarezza propria di chi sa di che cosa sta parlando e l’autorevolezza di chi ha la coscienza a posto. Ma questa cabina di regia, di cui da anni si discute, e di cui lo stesso nostro direttore Frassoldati si è fatto più volte paladino e sostenitore negli ultimi mesi, di cui lo stesso presidente di Fruitimprese si è occupato, richiede alcuni passi che nessuno - a quanto ci risulta - ha ancora fatto. Innanzitutto è necessario avviare un dialogo concreto, all’inizio magari anche solo bilaterale tra i portatori di diversi interessi, in cui però sia chiara la premessa fondamentale: che ognuna delle parti in causa sia disponibile a rinunciare a qualcosa, a fare un passo indietro, per raggiungere il risultato di una grande alleanza che potrebbe essere rappresentata da un organismo anche molto leggero, poco costoso ma che su singole questioni possa davvero rappresentare tutti, avendo delega di esprimere il negoziatore di tutte le filiere, le categorie, le organizzazioni, davanti al governo. Finché ciò - e parliamo soprattutto di questo passo indietro - non avverrà, le colpe non saranno solo quelle della politica, che peraltro ne ha parecchie e che a volte sembra avere persino la spudoratezza di prenderci per il naso, arrivando a tagliare il nastro, a stringere le mani quando è tutto fatto, pronta a salire sul carro del vincitore, a chiedere più che a dare, riottosa a capire che c’è il mercato al centro dell’economia. Detto questo, il nostro settore accusa una grave lacuna: non ha mai creato la lobby dell’ortofrutta, pronta a intervenire a Roma, a Bruxelles, nei programmi Tv che contano e sulla grande stampa, dovunque sia necessario per tutelare gli interessi di produzione, commercio, filiera in modo unitario.

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Direttore responsabile: Lorenzo Frassoldati Redazione: Emanuele Zanini Hanno collaborato: Chiara Brandi Mariangela Latella Sede operativa via Fiordiligi, 6 37135 Verona Tel. 045.8352317-Fax 045.8307646 e-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it Editore Gemma Editco Srl Coordinatore editoriale Antonio Felice Comitato di indirizzo Lucio Bussi, Antonio Felice, Lorenzo Frassoldati, Corrado Giacomini, Claudio Scalise (coordinatore), Luciano Trentini Sede legale e amministrativa: via Fiordiligi, 6 37135 Verona E-mail: redazione@corriereortofrutticolo.it P.IVA 01963490238 Fotocomposizione e stampa: Eurostampa Srl - via Einstein, 9/C 37100 Verona Autorizzazione Tribunale di Verona n. 176 del 12-1-1965 Spedizione in abb. postale comma 26, art. 2, legge 549/95 La rivista viene distribuita in abbonamento postale c/c n. 11905379 Abbonamento annuo: 70 euro per due anni: 100 euro abbonamenti@corriereortofrutticolo.it Chiusura in redazione il 07.09.2016

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Profilo: Corriere Ortofrutticolo si è affer-

mato come rivista “di filiera” del settore ortofrutticolo italiano. La rivista collega chi produce, chi commercializza e chi vende al pubblico, oltre ai settori connessi (dai macchinari ai trasporti). La diffusione è capillare in Italia, dove si è allargata alla grande distribuzione alimentare e al dettaglio.

Diffusione: 6.000 copie. Ripartizione del

mailing: Dettaglianti 23%, Produttori 22%, Grossisti 19%, Distributori 12%, Import-export 6,5%, Servizi 5%, Tecnologie e Trasformati 2,5%, Altri 10%

Settembre 2016

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IL PUNTO SULLA MACFRUT 2016. LaGDO. fieraCosì nellacambia sede diilRimini repartohaortofrutta messo il turbo

RUBRICHE EDITORIALE Vita dura per chi esporta…

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CONTROEDITORIALE Sul sostegno all’export Marco Salvi ha ragione, ma le colpe non sono solo quelle della politica 4 NOTIZIARIO

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ATTUALITÀ Primo Piano - Farmers’s Market Agevolati. Ma è giusto? 19

Tra Venezia e Lubecca la spinta di Grimaldi

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Sull’orlo del fallimento la trattativa Europa - Stati Uniti

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Cresce l’interesse dell’India per le mele di origine europea

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Mondo flash

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SCHEDA PRODOTTO

Primo Piano - Farmers’s Market Nati negli US, sono 1.364 in Italia 20 Primo Piano - Farmers’s Market Di Pisa: “Fedagro esprime preoccupazione. Vanno regolati” 22 Copertina - Protagonisti SALVATORE NOVELLO Autenticamente Sicilia

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Macfrut con il turbo

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L’INTERVISTA Piraccini fiducioso. Il salone all’altezza della migliori fiere internazionali

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Allarme di FruitImprese: l’export non ha un sostegno sufficiente

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FRUTTA ESTIVA. La qualità deve salire

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Piccole e senza semi le angurie di Sardegna

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MELA

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PERA

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NOTIZIARIO

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Ortofrutta donata alle popolazioni colpite dal terremoto Il terremoto che ha colpito la popolazione di alcune zone dell’Italia centrale a partire dalla tragica notte tra il 23 e il 24 agosto ha suscitato una diffusa solidarietà nel settore ortofrutticolo italiano. La rete dei Grandi Mercati, Italmercati, è in costante collegamento con la Protezione Civile per rispondere alle necessità delle persone alloggiate nei Centri di assistenza. La solidarietà dei Grandi Mercati Italiani si è manifestata subito mettendo a disposizione derrate di ortofrutta e di altri alimenti che la Rete ha inserito in un programma di consegne alla Protezione Civile con attenzione alle esigenze reali e ai consumi effettivi della popolazione colpita. “Tutta la macchina organizzativa degli aiuti – ha dichiarato a inizio settembre il presidente di Italmercati, Fabio Massimo Pallottini – è in fase di stabilizzazione e ciò ci permette di rimodulare in modo corretto il programma di consegne”. Nei giorni immediatamente seguenti alla tragedia, dal Centro Agro-alimentare di Roma CAR erano partiti i primi 200 quintali di prodotto ortofrutticolo e circa 7 quintali di carne, tutto prodotto donato dagli operatori. Nel contempo le società di movimentazione merce e logistica avevano dato il loro contributo per la raccolta dei prodotti, il loro stoccaggio ed il loro trasporto fino ai 14

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campi assegnati al CAR dall’Agenzia della Protezione Civile della Regione Lazio. In rapida successione, alla gara di solidarietà promossa da Italmercati si sono aggiunti i Mercati di Verona, Firenze, Torino, Milano, Napoli e Bologna. Gli aiuti dai singoli Mercati raggiungono il CAR, che è il Mercato più vicino alla zona colpita e ha messo a disposizione un coordinatore delle operazioni, e da qui entro 12 ore raggiungono i campi della Protezione Civile. “E’ nostro impegno – ha dichiarato Pallottini – fare di Italmercati non solo un sistema efficiente ma anche solidale. Ciò non sarebbe possibile senza l’apporto degli operatori grossisti ai quali va il nostro ringraziamento. Nei tragici frangenti del terremoto e nella fase successiva hanno dimostrato di avere un grande cuore”. Vincenzo Falconi, direttore dell’Unione nazionale Italia Ortofrutta, ha vissuto dal vivo, in prima persona, il terribile terremo-

to. Il manager laziale si trovava in vacanza nella casa di famiglia in una frazione di Amatrice, sua zona d’origine e uno dei paesi maggiormente colpiti dal sisma. Fortunatamente l’abitazione è rimasta in piedi e Falconi e i familiari non sono rimasti feriti. “Siamo stati svegliati da un boato tremendo. Tremava tutto. Sembrava di avere un treno sotto casa”, ha commentato a caldo Falconi al Corriere Ortofrutticolo. “Ho subito messo al riparo i miei familiari. Siamo usciti di casa e abbiamo trascorso il resto della notte in macchina in attesa che facesse giorno. Siamo stati fortunati. Anche perché a poca distanza da noi non è rimasto quasi più nulla. Amatrice non esiste più. È venuto giù tutto. Con la luce del giorno ci siamo trovati davanti un panorama agghiacciante”. Falconi, da uomo generoso qual è, si è messo subito a disposizione per dare un aiuto ai soccorritori giunti sul posto.

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presenza di patogeni sempre piĂš aggressivi, impone scelte che offrano garanzie maggiori. Rispetto ai paesi esteri non è la Bremia il principale patogeno che condiziona la vita dei produttori italiani ma il Fusarium. Fuzila e E01F E01F.30350 .30350 sono le proposte estiv estive e per E01F E01F.30350 .30350 (presto a avrĂ vrĂ un nome) è un nuo nuovo vo prodotto, complementare a Fuzila, per la raccolta nei periodi piĂš caldi di luglio ed agosto, di ottimo sapore e presentazione del fondo. Leggete ll’articolo ’articolo completo sulla nostra pagina F Facebook! acebook! (Enza Zaden Italia). Steven Zeevat (Global Portfolio Manager)


Il sindaco Sala nomina Ferrero alla presidenza di Sogemi Cesare Ferrero (nella foto) è il nuovo presidente di Sogemi, la società che per conto del Comune di Milano gestisce i Mercati all’ingrosso della metropoli lombarda. La nomina è stata conferita dal sindaco Giuseppe Sala. Ex country manager e amministratore delegato di BNP Paribas Real Estate Italia, Cesare Ferrero presiede dunque le attività del consiglio di amministrazione della Spa. C’è attesa per le sue decisioni perché i mercati di Milano hanno urgenza di una ristrutturazione che li riporti all’altezza delle esigenze degli operatori e del territorio. Ferrero ha ricoperto vari ruoli manageriali ed è stato, in particolare, presidente e amministratore

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delegato di Grandi Stazioni. Ha preso il posto di Paolo Zinna, che ha ricoperto l’incarico solo per alcuni mesi dopo le dimissioni (con coda polemica) di Nicolò Dubini.

Approvata la legge contro gli sprechi di cibo. Incentivi alle donazioni Stop agli sprechi. Il Senato ha approvato a inizio agosto definitivamente la legge per la limitazione degli sprechi alimentari. Tra gli

obiettivi principali della norma ci sono l’incremento del recupero e della donazione delle eccedenze alimentari, con priorità della loro destinazione per assistenza agli indigenti. Allo stesso tempo si favorisce il recupero di prodotti farmaceutici e altri a fini di solidarietà sociale. Importante anche il contributo alla limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e all’educazione dei cittadini. "Questa legge - ha dichiarato il ministro Maurizio Martina - è una delle più belle e concrete eredità di Expo Milano 2015. L’abbiamo presentata lo scorso anno nel nostro “Piano SprecoZero” proprio durante l’Esposizione universale ed è una traduzione in fatti dei principi della Carta di Milano. Un provvedimento che conferma l’Italia alla guida della lotta agli sprechi alimentari, che ancora oggi hanno proporzioni inaccettabili. 12 miliardi di euro

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solo nel nostro Paese. Con questa norma ci avviciniamo sempre di più all’obiettivo di recuperare 1 milione di tonnellate di cibo e donarlo a chi ne ha bisogno attraverso il lavoro insostituibile degli enti caritativi. È molto importante il rafforzamento del tavolo indigenti del nostro Ministero, che ora potrà diventare un vero e proprio laboratorio operativo per ridurre gli sprechi e aumentare l’assistenza ai più bisognosi. Un modello che ci rende unici in Europa e che punta ad incentivare e semplificare il recupero più che a punire chi spreca." Donare diventa più semplice grazie alle disposizioni di carattere tributario e finanziario della legge. Vengono previsti tagli degli adempimenti burocratici, e introdotte modalità e requisiti semplificati di comunicazioni telematiche all’amministrazione finanziaria. Le disposizioni si aggiungono

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a quelle già contenute nella legge di Stabilità 2016 che ha alzato la soglia di comunicazione della donazione da 5 a 15 mila euro. Si istituisce un Fondo presso il Ministero delle politiche agricole con dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, destinato al finanziamento di progetti innovativi che possono prevedere il coinvolgimento di volontari del Servizio civile nazionale - finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze, nonché per promuovere la produzione di imballaggi riutilizzabili o facilmente riciclabili. Il provvedimento interessa i Mercati all’Ingrosso così come le catene della grande distribuzione fino ai piccoli distributori. Sull’argomento si è espresso il presidente di Italmercati, Fabio Massimo Pallottini, confermando la collaborazione dei Grandi Mercati.

Con 'Ciao Gusto’ Conserve Italia spinge sull’online nel Regno Unito

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Rafforzare la presenza commerciale nel Regno Unito, puntando sulla sinergia dei brand dell’eccellenza alimentare made in Italy e sulle potenzialità delle piattaforme di vendita online. Questo l’obiettivo del progetto 'Ciao Gusto', avviato da Conserve Italia insieme ad altre 24 aziende leader dell’agroalimentare italiano sul sito di ecommerce Ocado. “Conoscevamo da tempo le grandi potenzialità di Ocado, che è il primo retailer online in Regno Unito per la vendita di food&beverage - spiega Cesare Concilio, direttore commerciale estero di Conserve Italia -. All’indomani del voto che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa,

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abbiamo ciononostante deciso di aderire con entusiasmo all’idea di creare una sorta di shop in the shop (negozio nel negozio), con la finalità di commercializzare online in un’unica vetrina grandi eccellenze del made in Italy, quali la pasta, il vino, i formaggi, il pomodoro, ecc. Al momento sono 31 i brand presenti”. Frutto di oltre un anno di lavoro, il progetto 'Ciao Gusto' ha avuto una spinta propulsiva proprio da Conserve Italia, che già vantava una forte presenza commerciale e una capillare rete distributiva nel Regno Unito insieme ad una presenza ultradecennale nella piattaforma Ocado. Quest’anno i prodotti Cirio hanno fatto registrare su Ocado un fatturato doppio rispetto a quello di tre anni fa. Mettere insieme diversi brand dal forte richiamo crea un effetto trainante per gli acquisti.

Confezionamento mele: operativa la nuova stazione di Rivoira Dal 23 agosto ha iniziato ad essere operativa la nuova e avveniristica stazione di confezionamento delle mele del Gruppo Rivoira di Verzuolo (Cuneo). Si tratta di una struttura all’avanguardia, completamente automatizzata, formata da due torri automatiche di stoccaggio alte 30 e 24 metri. Lo stabilimento è stato realizzato su tre livelli con una superficie co-

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perta di oltre 20 mila metri quadrati in grado di immagazzinare in modo automatico nella torre più alta 6.500 tonnellate di mele precalibrate, l’equivalente di 18 mila bins. Nel piano interrato, a sei metri sotto terra, sono presenti due calibratori in grado di lavorare 35 tonnellate di mele ogni ora. Al piano terra sono state collocate cinque linee di confezionamento in grado di servire 120 camion alla settimana. Al primo piano è stato sistemato il magazzino con gli imballaggi. Il prodotto confezionato sarà quindi stoccato nella seconda torre che contiene 2 mila tonnellate di merce (pari a 100 autotreni), da dove verranno composti i carichi dei camion in modo automatizzato. L’operatività è stata avviata con i primi volumi di prodotto semilavorato di mele Gala. La stazione automatizzata, su cui il gruppo Rivoira ha investito oltre 20 milioni di euro, dovrebbe andare a pieno regime entro la fine di settembre. (e.z.)

Per la prima volta una Borsa Merci nel Mercato: succede a Verona Per la prima volta una Borsa Merci diventa operativa dentro un Mercato ortofrutticolo. Succede a Verona. Soddisfazione del presidente della Camera di Commercio Giuseppe Riello. E Veronamercato qualifica la propria piattaforma di servizi.

Collegamento ferroviario da Trieste porto alla Slovacchia

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Un nuovo collegamento con la Slovacchia amplia il ventaglio delle destinazioni ferroviarie del Porto di Trieste per l’Est Europa. Dopo il recente aumento dei convogli diretti a Budapest (Ungheria), diventati cinque alla settimana, il 6 settembre è partito un nuovo treno verso il terminal di Dunajská Streda, situato a sud di Bratislava. Il servizio nasce da un progetto di MSC, sviluppato con Metrans, uno degli operatori ferroviari di riferimento per l’Est Europa. In meno di 24 ore il treno, che all’inizio ha cadenza settimanale, raggiunge l’hub di Dunajská Streda, dal quale si sviluppa il network ferroviario di Metrans, e da cui è possibile raggiungere la Repubblica Ceca. Il servizio va a rafforzare i collegamenti ferroviari con il mercato di riferimento per il traffico container gestito da Trieste Marine Terminal al Molo VII. L’obiettivo del progetto resta quello di aumentare la frequenza dei treni nell’ottica di uno sviluppo costante del mercato internazionale e dei relativi traffici. Per il commissario dell’Authority, Zeno D’Agostino “Questo nuovo servizio dimostra come Trieste stia rinascendo nel settore ferroviario. Nessun altro scalo italiano ha tale vocazione verso l’Est”.

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PRIMO PIANO

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FARMER’S MARKET

UNA LEGGE CHE FA DISCUTERE. Dal 25 agosto in vigore la 154/16

Agevolati. Ma è giusto? Mariangela Latella Non si arresta il boom dei farmer’s market in Italia. La legge 154 pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso agosto, che accorda una maggiore autonomia regolamentare ai Comuni, è destinata, stando agli operatori, a spingere verso un ulteriore aumento dei ‘mercati del contadino’ dopo le cifre record già registrate negli ultimi anni. Solo tra il 2010 e il 2013 i mercati contadini sono aumentati del 44%. Lo rivela la mappatura della filiera corta, la più aggiornata esistente al momento, condotta da Davide Marino e Rossella Guadagno che sarà pubblicata il prossimo novembre da Franco Angeli Editore all’interno del volume “Agricoltura urbana e filiere cor-

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La maggiore autonomia concessa ai Comuni in materia di Mercati Contadini fa prevedere un’ulteriore crescita di queste iniziative. Ambulanti e fruttivendoli in difficoltà te. Un quadro della realtà italiana” di cui anticipiamo alcune risultanze in esclusiva. "Il fenomeno dei farmer’s market - ci spiega il curatore della ricerca, il professor Davide Marino, docente di Estimo e contabilità ambientale presso l’Università del Molise - presenta un punto di forza legato al concetto di filiera corta e al boom di domanda per questo genere di prodotti. D’altro canto, il punto debole, è la loro limitata capillarità". Secondo la ricerca, in Italia ci sono 1.364 mercati contadini a fronte di oltre 1 milione di azien-

de agricole a livello nazionale. Per il 90% circa fanno capo alla rete di Campagna Amica della Coldiretti. Le regioni i cui sono maggiormente diffusi sono: Lombardia (242); Emilia-Romagna (202); Piemonte (146) e Veneto (133) mentre hanno meno presa al Sud anche in ragione della tipologia del tessuto produttivo fatto da piccolissime aziende che fanno fatica ad organizzarsi per la vendita. Ma, come emerge dallo studio, questi produttori spesso sono disposti a farsi anche 700 km per raggiungere i mercati contadini

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FARMER’S MARKET

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Nati negli US, sono 1.364 in Italia I farmers’ market, o mercati contadini, sono un fenomeno della vendita diretta che ha ricevuto impulso dalla tendenza culturale che spinge per lo sviluppo della 'filiera corta'. Sono nati e si sono sviluppati negli USA a partire dagli anni Ottanta in risposta ad una precisa richiesta di prodotti locali e di sicurezza alimentare. In Italia si diffodono dall'inizio degli anni Duemila e trovano una prima disciplina nella legge 228 del 2001 dedicata alla modernizzazione agricola che prevede agevolazioni per i produttori agricoli, l'anello debole del-

la catena distributiva. L'impianto normativo, integrato con il decreto legislativo del 2007, è stato innovato con la legge 154 dell’agosto 2016 che delega il governo a varare una nuova legge quadro e che, nello stesso tempo, assegna ai Comuni un maggiore potere regolamentare e organizzativo. È difficile sapere il numero ufficiale dei farmers' market attivi nel Paese perché l'Osservatorio previsto dalla legge 228 non è mai stato attivato. Tuttavia sarebbero 1.364 secondo la ricerca citata in anteprima nel nostro articolo.

Una ricerca di prossima pubblicazione svela l’identikit di un fenomeno destinato a crescere nonostante l’opposizione delle categorie del commercio. Per questo servono accordi di filiera di altre regioni. "Qui da noi - precisa Francesco Fiore, direttore della Confagricoltura Napoli - dove le dimensioni medie aziendali sono inferiori all’ettaro, i produttori fanno fatica ad accedere alla GDO. Per questo hanno preso piede facilmente i tre farmer’s market che abbiamo organizzato da 15 aziende e due uscite a settimana ciascuno, in cui convergono produttori provenienti da tutta la regione. In relazione alle novità normative, abbiamo già avuto un primo confronto con il Comune a seguito del quale, prevediamo di avviare delle attività didattiche e formative". Nonostante il successo, rimane tuttavia ancora bassa la diffusione dei mercati contadini in Italia,

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persino nei centri in cui sono più numerosi. "A Roma - sottolinea Marino - abbiamo registrato 33 farmer’s market, uno ogni 87mila abitanti. Questo rivela che le potenzialità di crescita sono notevoli anche per la grande domanda, ma occorre che i piccolissimi produttori siano aiutati nella fase organizzativa della vendita che rappresenta un extra rispetto alla loro attività e che si superino, anche con l’intervento dei Comuni, i conflitti di filiera". I mercati contadini non possono essere visti di buon occhio, infatti, innanzitutto dai diretti concorrenti, ossia venditori ambulanti e piccoli dettaglianti che da anni perdono quote di mercato sulla vendita di prodotti ortofrutticoli.

Secondo i dati FIVA, la Federazione italiana dei venditori ambulanti, infatti, gli acquisti presso i fruttivendoli ambulanti hanno perso dal 2008 al 2014 circa il 10% di quota di mercato. "Quello che non va giù - chiarisce Armando Zelli, segretario generale FIVA, che tra il 2010 e il 2015 ha registrato un calo dei fruttivendoli del 23%, da 16.777 a 12.806 - è che la normativa che disciplina i farmer’s market presta il fianco a una serie di agevolazioni dirette o indirette come l’esonero dal rispetto delle norme sul commercio con riferimento, ad esempio, alle licenze o agli orari di apertura e chiusura. A questo si aggiunga che, per la legge sull’IVA, se i singoli produttori non superano 7-8mila euro di giro d’affari, come spesso accade, non sono neanche soggetti alla dichiarazione. Agevolazione, quest’ultima, che si estende automaticamente anche alla quota dei cosiddetti prodotti non propri che possono essere venduti nel mercato contadino con lo stesso regime fiscale così come previsto dalla legge 228 del 2001 e che supera spesso anche un terzo del totale". Considerato che con i farmer’s market l’agricoltore riesce a riconquistare quella parte di guadagno che normalmente viene assorbito dalla catena distributiva, arrivando ad incassare anche il 60% in più sul prezzo normalmente pagato al produttore, il tema della vendita di prodotti non propri diventa uno dei più caldi dal momento che, in assenza di controlli, può tradursi in un canale commerciale alternativo e privilegiato che vede nei mercati all’ingrosso uno dei principali punti di approvvigionamento. "Per questo – afferma Elisabetta Montesissa, responsabile nazionale di Campagna Amica – chiediamo ai nostri agricoltori di acquistare esclusivamente dagli iscritti alla nostra rete di mercati contadini. Effettuiamo almeno un controllo l’anno ma confidiaSettembre 2016



FARMER’S MARKET

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Di Pisa: “Fedagro esprime preoccupazione. Vanno regolati” "Esprimo preoccupazione per le disposizioni presenti all’interno della legge 154 che prevedono lo sviluppo dei prodotti provenienti da filiera corta, dell’agricoltura biologica o comunque a ridotto impatto ambientale”, affidando ai Comuni la responsabilità di "definire modalità idonee di presenza e valorizzazione” di tali prodotti. La realtà dei farmer’s market non può essere negata, ma deve essere assolutamente regolamentata all’interno di un quadro normativo chiaro e dettagliato, rispettando le stesse regole amministrative e fiscali a cui sono sottoposti i commercianti ortofrutticoli, poiché in mancanza di ciò si creerebbero gravi squilibri all’interno della filiera. All’interno di un settore così complesso come quello agroalimentare, in cui gli attori sono molto diversi, ma allo stesso tempo necessariamente legati l’uno con l’altro, è necessario avere una regolamentazione specifica per ogni comparto così da evitare che si creino problemi fra le varie categorie. Proprio per questo motivo servono patti di filiera che tutelino tutti gli operatori e maggior coordinamo che, con gli obiettivi di semplificazione amministrativa della nuova legge 154, i Comuni arrivino a coordinare i diversi livelli di controllo attualmente esistenti anche per evitare sovrapposizioni". In questo senso l’iniziativa di CIA ‘La Spesa in campagna’, che raccoglie 300 mercati in quasi tutte le regioni d’Italia, con alcune provincie più attive di altre (come Torino, Alessandria, Padova, Venezia, Firenze, Lucca, Modena, Reggio Emilia, Salerno o Paler-

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Valentino Di Pisa, presidente di Fedagro

mento fra le attività dei produttori e dei commercianti, permettendo così ad ognuno di svolgere le proprie attività senza alcuna invasione di campo, senza sovrapposizioni ed interferenze, ma piuttosto con la chiarezza necessaria per garantire al consumatore qualità e rintracciabilità". Questa la dichiarazione del Presidente di Fedagromercati, Valentino Di Pisa, sul tema dei farmer’s market in seguito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 154/2016 che prevede disposizioni legate ai prodotti provenienti dalla filiera corta, entrate in vigore il 25 agosto.

A Roma sono attivi 33 Farmer’s market. Pallottini del CAR: “I Comuni sono chiamati a sviluppare sinergie virtuose tra i Mercati Contadini e quelli rionali, altrimenti questi ultimi andranno in difficoltà”

mo) punta ad avvicinare il consumatore direttamente alle aziende agricole che vengono promosse dentro lo stesso farmer market. "Non chiediamo l’esclusiva alle aziende della rete - precisa Tommaso Buffa, direttore di ‘La spesa in campagna’ - e siamo anche presenti in mercati realizzati in collaborazione con altre associazioni come, ad esempio, Slow Food. Sui controlli, chiediamo agli stessi consumatori di comunicarci eventuali anomalie". Cosa si aspettano gli operatori dalla riforma del settore annunciata dalla legge 154 che assegna ai Comuni un maggiore margine di intervento e regolamentazione? "Non credo che i farmer’s market siano la risposta ai problemi dell’agricoltore - spiega Fabio Massimo Pallottini, direttore generale del CAR, il Centro agro-alimentare di Roma - tuttavia la maggiore voce in capitolo dei Comuni potrebbe portare a ipotizzare nuove sinergie virtuose come, ad esempio, tra mercati contadini e quelli rionali che da qualche anno registrano una certa difficoltà". Tra le esperienze più riuscite che si annoverano in Italia c’è quella lanciata più di dieci anni fa dalla Regione Toscana che ha fatto emergere l’esperienza di farmer market di successo come quello di Montevarchi, di Volterra o anche di San Miniato. "All’epoca sfruttammo un filone di contributi residuale di finanziamenti statali - ci spiega Laura Bartolini, responsabile del progetto ‘Filiera corta’ della Regione Toscana con cui abbiamo strutturato un piano di finanziamenti triennale per i Comuni affinché dessero impulso a queste iniziative. Siamo arrivati a realizzare una rete regionale di un’ottantina di mercati che adesso camminano con le loro gambe constatando che funzionano meglio nelle zone semirurali caratterizzate dalla presenza di grandi paesi ma anche da una periferia campagnola ricca di aziende produttrici". Settembre 2016




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PROTAGONISTI

SALVATORE NOVELLO. La valorizzazione dell’uva di Mazzarrone

Autenticamente Sicilia Antonio Felice “Sul mercato ci sono troppe varietà di uva da tavola, soprattutto troppe varietà senza semi, alcune delle quali molto simili tra loro. Il consumatore non è messo nelle condizioni di scegliere, fa confusione e invece dobbiamo dargli certezze, dobbiamo fare chiarezza. Ma c’è un aspetto ancora più importante della chiarezza che condiziona il mercato e in parte spiega anche la partenza non proprio facile di quest’anno: c’è in circolazione troppo prodotto con poco gusto. Dietro a questa carenza possiamo parlare di uva dopata. Se non si fanno prodotti buoni, di qualità vera, non ci si può poi lamentare di prezzi e mercato. L’esperienza ci dice che se vendiamo uva buona ce la leva-

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Un’azienda orientata all’export che fa riscoprire il gusto della tradizione

Sopra, Salvatore Novello

no dalle mani”. Ha le idee chiare Salvatore Novello di Mazzarrone, titolare della Novello&C., un’azienda di medie dimensioni, orientata all’estero per oltre il 90% delle vendite, un esempio per un territorio estremamente vocato alla produzione di uva da tavola ma generalmente considerato scarsamente innovativo, troppo ancorato al passato. Salvatore Novello ha lavorato in questi anni a trasformare questo presunto punto di debolezza in un punto di forza. E c’è riuscito, tracciando un percorso di crescita tutt’altro che concluso. “La nostra visione strategica - afferma - è quella di riportare gli antichi sapori sulle tavole dei consumatori. Lo abbiamo fatto dall’inizio ma da due anni questo è diventato un progetto con un

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CHI è

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NOVELLO & C.

Fondata nel 1993, con alle spalle attività già dedicate alla produzione di uva da tavola da tre generazioni, Novello & C. commercializza sui principali mercati italiani, europei ed internazionali, ed è presente nelle più importanti catene della GDO e nei migliori negozi specializzati. L’azienda è situata a Mazzarrone, provincia di Catania, nel noto distretto collinare ad alta vocazione nella coltivazione di uva da tavola per le sue condizioni geografiche e pedo-climatiche, una vocazione riconosciuta e certificata dal marchio IGP. I terreni di natura calcarea e tendenzialmente sabbiosi della zona, le temperature alte più della metà dell’anno, i venti frenati dai monti Iblei conferiscono infatti un

PROTAGONISTI

proprio nome e un proprio marchio: Autentica, un aggettivo riconoscibile anche nelle principali lingue straniere, un progetto legato a una tecnica produttiva tesa ad esaltare le caratteristiche dell'uva che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo, la varietà Italia. Puntiamo sul profumo di moscato tipico della cultivar, sul colore paglierino tipico dell’uva che nasce dai terreni bianchi della nostra zona, sulla finezza della buccia e alla fine sul nostro territorio. La chiave del successo è presentarsi con offerte che sappiano attrarre il consumatore per il loro gusto e la loro unicità rintracciabile”. Se la portabandiera di Autentica è l'uva Italia, il progetto resta comunque aperto a tutte le altre varietà. Il disciplinare prevede il rispetto delle piante e il divieto di alcune pratiche agricole più industrializzate come l'uso di ormoni e fitoregolatori che tendono ad appiattire i gusti e a far perdere le caratteristiche insite nel prodotto. “Autentica si affianca al nostro marchio aziendale, Novello, ben introdotto in mercati esigenti come Francia, Belgio e Svizzera, ma non è per tutti, la dobbiamo collocare nei mercati e nei punti vendita giusti, che sappiano recepire il messaggio, cogliere la qualità coniugata con la tipicità. Due insegne straniere importanti hanno recepito il progetto con entusiasmo. Il progetto è partito lo scorso anno con piccole quantità. Quest’anno marchiamo con Autentica il 20% del prodotto che andiamo a commercializzare (poco meno di mille tonnellate, n.d.r.) ed è un prodotto che controlliamo in modo particolare dal campo alla spedizione”. Salvatore Novello non crede più di tanto alle varietà senza semi che rappresentano solo il 5% della produzione propria dell’azienda e per le quali non ha particolari programmi di sviluppo. Perché? “Troppe varietà in circolazione, troppe ma che si assomi-

ambiente favorevole per una crescita e una maturazione ideali. Il risultato è un’uva da tavola con una maggiore consistenza, concentrazione di zuccheri e un fruttato gradevole. Novello fa parte del Consorzio di tutela dell'Uva da tavola di Mazzarrone IGP e conta sull’azienda di produzione della famiglia Novello ‘Terreassolate'. Al marchio IGP, sulle confezioni, si aggiungono il marchio Novello, già affermato da anni in particolare su mercati esteri esigenti come Francia, Belgio e Svizzera, e il marchio Autentica creato più recentemente per valorizzare le particolarità dell’uva da tavola legate al territorio. E’ per quest’ultima iniziativa, che contiene diversi elementi di originalità, che questa azienda siciliana e il suo numero uno meritano di essere riconosciuti tra i Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana promossi dalla nostra rivista. La produzione Novello va quasi interamente sui mercati esteri (90% circa), principalmente appunto in Francia, Belgio e Svizzera ma anche in Germania e sui mercati arabi. Il fatturato annuo si aggira sugli 11 milioni di euro e la produzione è intorno alle 8.500 tonnellate. La varietà Italia rappresenta circa il 50% della produzione (e su di essa poggia in larga misura il progetto Autentica), la varietà Vittoria oltre il 25%, la restante produzione si divide tra le varietà Red Globe, Black Magic, Sugraone Seedless, Big Perlon. Per una precisa scelta aziendale, solo il 5% è rappresentato da uve senza semi. Novello ha inoltre una produzione minore di albicocche e pesche. La capacità produttiva è raddoppiata negli ultimi 10 anni. L’azienda da tempo ha scelto di ridurre l'uso dei fitofarmaci a favore di prodotti a bassa residualità e tossicità e biologici. Metodi colturali, equilibrati programmi di difesa e di nutrizione, operazioni di defogliazione ripetute, diradamento e acinellatura, eseguite con cura permettono di ottimizzare l'efficacia dei trattamenti con la conseguente riduzione delle dosi e della frequenza degli stessi. Non a caso Novello ha ottenuto le certificazioni Globalgap-Grasp, Brc, Ifs, Iso 22005-2008. La quasi totalità dell’uva commercializzata, quando non è di produzione diretta, proviene da produttori certificati Globalgap. Con una rigorosa applicazione dello schema di autocontrollo alimentare Haccp e l'applicazione di un proprio disciplinare di produzione, Novello intende garantire ai consumatori prodotti rispettosi delle norme alimentari.

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PROTAGONISTI

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CHI è

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SALVATORE NOVELLO

50 anni, sposato con tre figli, è nell’uva da tavola da sempre. Il papà Vincenzo e prima di lui il nonno erano agricoltori di Mazzarrone, tra i tanti in un distretto di fortissima vocazione in questo prodotto. A metà degli Anni Novanta, quando Salvatore lavorava ormai da lungo tempo nell’azienda di produzione della famiglia, il padre decise di avviare la commercializzazione in proprio del prodotto. E disse al figlio: “La commercializzazione ha tanti difetti, proviamo a toglierne qualcuno”. La cosa ha funzionato. I Novello sono passati presto dalla vendita del proprio prodotto a vendere anche il prodotto di altri coltivatori di Mazzarrone, a concentrare l’offerta. Il processo di crescita è stato rapido e continuo. Salvatore ha allargato la strada dei mercati esteri, l'azienda si è progressivamente dotata di magazzini adeguati e di tecnologie per la lavorazione e l’imballaggio, ha affinato le conoscenze nella logistica, si è dotata di un ufficio marketing dando infine alla Novello una forte identità legata al territorio e alla qualità delle produzioni. Pur non essendo la più grande azienda del distretto dell’uva da tavola di Mazzarrone, la Novello oggi si può considerare un modello, un caso da prendere ad esempio. Si può dire che ha indicato la strada per trasformare potenziali punti di debolezza del distretto in punti di forza: puntando sul riscatto della tradizione, offrendo qualità autentica (non a caso questo aggettivo è il marchio su cui la Novello punta), autenticamente siciliana. Salvatore Novello ha identificato presto uno dei punti critici da superare: costituendo la produzione propria circa il 10% del prodotto commercializzato, era necessario mettere in circuito delle idee che dessero omogeneità alle produzioni di tutti i coltivatori partner, i fornitori della Novello. E’ nato così un evento annuale che si svolge all’inizio di ogni campagna in cui si fa cultura produttiva e di impresa, al quale partecipano tecnici ed esperti di livello nazionale e internazionale. Ad esso si affiancano i contatti di lavoro continui interni al network produttivo che lavora con la Novello. Papà Vicenzo ha lasciato in eredità una profonda conoscenza della vite e del lavoro in campagna e questo patrimonio continua ad essere messo a valore per ottenere qualità. Un ruolo importante nella Novello&C. ha oggi anche il cugino di Salvatore, Giuseppe Cavallo, socio e responsabile degli acquisti.

gliano nel colore e nella forma pur avendo gusto e tenuta differenti. Questo ha creato e sta creando confusione nel mercato. Una confusione di cui non avevamo bisogno. Inoltre, la resa produttiva delle seedless, sui terreni di Mazzarrone, è inferiore a quella delle varietà tradizionali, appunto l’Italia e la Vittoria, che puntiamo invece a recuperate in pieno esaltandone le caratteristiche e la qualità”. Prudente Salvatore Novello è sui club varietali che stanno sorgendo nel mondo e che tendono a colonizzare i produttori anche italiani: “Può essere un terreno mi-

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Giuseppe Cavallo, socio e responsabile acquisti della Novello & C.

nato, un limite alla crescita - afferma - a meno che le grandi dimensioni aziendali non permettano a un singolo produttore di stare sotto più ombrelli in modo da tutelarsi e di riuscire a cogliere ciò che di buono emerge dalle varie parti. In ogni caso, non è la nostra scelta. I grandi club varietali snaturano l’identità, le vocazioni territoriali di cui noi ci stiamo occupando. Il nostro punto di vista è che su questo terreno, sul recupero della tradizione e delle vocazioni del territorio, non si sia mai fatto abbastanza in concreto e che sia venuto il momento di crederci perché è lo stesso mercato a chiedercelo”. La Novello mette una grande attenzione alla gestione aziendale e agli investimenti: l’intero ciclo aziendale è monitorato scrupolosamente. “Se non riusciamo a vendere un chilo d’uva ad almeno 65-70 centesimi sappiamo che, almeno nel medio periodo, ci rimettiamo: come azienda, come produttori a noi collegati, come sistema. Non vanno mai persi di vista i costi complessivi dell’intero ciclo aziendale. C’è ancora qualcuno che si sente almeno un po’ rassicurato da vendite che coprono i 35 centesimi dello stretto costo di produzione ma è una strada che porta, nel medio periodo, al fallimento”, avverte Salvatore Novello. Un’altra caratteristica di quest’azienda è l’apertura culturale. Lo si nota appena si varca la soglia del nuovo stabilimento. In mezzo alle uve di Mazzarrone, sorgono uffici con un design che ricorda Brera piuttosto che Londra o Stoccolma. Ma c’è di più. La convention annuale della Novello è un’altra iniziativa che non ti aspetti ai piedi dei monti Iblei. L’ultima edizione, lo scorso maggio, ha portato a Mazzarrone tecnici di grande competenza, tra i quali Graziano De Filippis, responsabile qualità e agronomo del Gruppo Giuliano, primo produttore di uva da tavola in Italia.

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ATTUALITÀ

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TEMPO DI FIERE. A Rimini Cesena Fiera alza l’asticella della sfida

Un Macfrut con il turbo “La fiera ha messo il turbo. E' un’edizione totalmente differente da quella che eravate abituati a vedere. E quest’anno l’elemento che fa la differenza è la forte connotazione internazionale, frutto di un impegno congiunto con le istituzioni e l’ICE”. Sono le parole di Renzo Piraccini alla presentazione romana di Macfrut 2016, al Ministero dell’Agricoltura di via XX Settembre. In effetti i numeri parlano: 7 padiglioni per un totale di 40 mila metri quadri di superficie occupata (il 20% in più del 2015); oltre mille espositori (139 new entry di cui 26 esteri); spazi sold out già a tre mesi dalla kermesse. Previsti molti buyer provenienti dall’estero, con il Perù Paese partner e Sicilia Regione partner. Il 22% degli espositori viene da oltre confine. “In 5 anni vogliamo riportare Macfrut ai vertici del sistema fieristico internazionale e farlo diventare uno strumento per favorire l’internazionalizzazione della filiera ortofrutticola italiana”, sottolinea Piraccini. E aggiunge: “Il

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Pieno appoggio del ministro Martina e dell’assessore regionale Caselli all’impegno messo in campo dal presidente Piraccini e dal suo staff. Più buyer dall’estero Macfrut a Cesena non tornerà più. Il motivo è che non ci starebbe; le dimensioni raggiunte sono ormai troppo grandi. La Fiera di Rimini è ottimale per noi. Saremmo disposti a spostarci sempre e solo mettendo davanti a tutto gli interessi degli operatori". Molte aziende hanno scelto Macfrut per incontrare i fornitori, ad esempio il retailer tedesco Rewe, o organizzare meeting e convention, tra questi Sun World, Rosaria, Terremerse, Gruppo Apofruit, CCPB, Eurepack, Bestack e Coldiretti. Particolarmente interessanti le iniziative di Zespri e Consorzio Jingold proprio nell’anno in cui è stato scelto il kiwi come simbolo della manifestazione. Il prossimo anno il frutto emblema sarà la fragola, protagonista anche dell’ISS “Simposio internazionale sulla fragola” che sarà ospitato da Macfrut nel

2020. Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole, presente all’inaugurazione a Rimini, ha detto: "Macfrut 2016 è una edizione importante. È stato compiuto un salto di qualità nella concezione e nello sviluppo di questa fiera, punto di riferimento per il comparto e per l'esperienza agroalimentare italiana. Crediamo nell'ortofrutta, che per l'Italia vale oltre 12 miliardi di euro, e la sosteniamo con tutti gli strumenti a disposizione. I punti cardine sono: ricerca, innovazione ed internazionalizzazione. Sui primi due punti, penso in particolare al piano per le biotecnologie sostenibili e a quello per l'agricoltura di precisione che vedono focus specifici sul settore ortofrutticolo. Importante anche il lavoro fatto per il Made in Italy all'estero con il Ministero dello Sviluppo economico

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ATTUALITÀ

L’INTERVISTA. Piraccini fiducioso. Il Salone all’altezza delle migliori fiere internazionali Macfrut 2016, un’edizione che non cerca conferme, bensì motivi di crescita per affermarsi definitivamente. Nel 2015 la rassegna si è trasferita da Cesena a Rimini compiendo un salto di qualità in termini di spazi espositivi, ma anche dal punto di vista dell’offerta e del respiro internazionale. L’edizione 2016 viaggia su un doppio binario: più presenze estere già programmate (espositori e buyer), più innovazione grazie alle novità tecniche portate in fiera dalle aziende. E un’ulteriore novità sarà rappresentata da un’area dinamica con serre e la riproposizione di un campo vero e proprio. Ma non va dimenticato che la fiera si inserisce in un contesto ortofrutticolo estremamente dinamico che coinvolge il mondo intero. Gli operatori sanno bene che il mercato deve essere affrontato a livello globale e Macfrut da anni sta investendo proprio in questa direzione. Ne parliamo con Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera. Presidente, in base alla sua esperienza, come vede l’attuale momento del mercato ortofrutticolo? "Se ci riferiamo ai problemi di casa nostra, in Italia, direi che ci stiamo lasciando alle spalle un periodo terribile con consumi arrivati ai minimi storici. Dati alla mano, come evidenziato dall’osservatorio di Macfrut, da inizio anno stiamo assistendo ad una inversione di tendenza con i consumi che lentamente stanno risalendo. Ma c’è ancora tanta strada da fare se si vogliono raggiungere livelli sufficienti. La produzione comunque deve da un lato regolarsi rispetto ai trend di mercato, dall’altro credere più fermamente che nel mondo ci sono ancora ampi spazi che possono essere occupati. Ma la filiera non è solo produzione ma tecnologie, packaging e servizi che stanno vivendo una fase di sviluppo soprattutto in export. Macfrut vuole fare proprio questo: mettere in contatto diretto le imprese con i potenziali clienti, di qualsiasi parte del globo essi siano". Il Macfrut 2016 in che maniera declina questa propensione all’export? "Ci siamo rivolti soprattutto alle imprese specializzate che operano nelle principali aree di produzione e di consumo. Sottolineo imprenditori, operatori, coloro che sono interessati a vendere e ad acquistare, sia prodotti che tecnologie e servizi. In tante fiere, talvolta anche nella nostra in passato, vi sono stati stand esteri troppo istituzionali. Questi vanno bene, ma se non sono accompagnati dalle imprese e dagli operatori commerciali rischiano di portare poco profitto".

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Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera Spa

Quali operatori avrete da oltre confine? "Porto solo qualche esempio: il Perù, Paese partner del 2016, parteciperà non solo con la parte istituzionale, ma anche con 16 imprese fra le i più attive del Paese. Quest’anno il sud America ha scommesso molto sulla nostra rassegna, basti pensare che avremo stand di operatori di Brasile, Colombia, Argentina, Repubblica Dominicana, Paraguay, Messico, Costarica. Gli imprenditori di questi Paesi offrono frutta esotica, mentre cercano tecnologie e frutta in contro-stagione. Insomma, sarà possibile fare affari a tutti i livelli". Cosa intendete con la nuova “area dinamica”? “Abbiamo allestito due serre da 100 mq l’una con colture tradizionali e fuori suolo, e un vero e proprio campo di 400 metri quadrati in cui opererano alcuni droni che danno prova di come il loro utilizzo possa facilitare il lavoro in campo. Abbiamo dimostrazioni anche su metodi di irrigazione a basso consumo idrico. E poi puntiamo su altre innovazioni. Abbiamo 35 novità in tutti i comparti della filiera. Novità che le aziende espongono per la prima volta. Dalla genetica delle aziende sementiere passando alle tecnologie del pre e post raccolta, fino alla quarta gamma: il settore ortofrutticolo, quando vuole, sa essere molto innovativo". La quarta gamma ha conosciuto trend di crescita straordinari e Macfrut scommette quest’anno su

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Legnago, Verona Paolo, agricoltore

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e l'ICE, che ha consentito di aumentare il numero di buyer presenti a Macfrut." Simona Caselli, assessore all’Agricoltura Regione Emilia Romagna, si spende per Macfrut come è logico che sia: “Siamo di fronte a una rassegna che ha saputo crescere, qualificarsi e caratterizzarsi come un appuntamento fondamentale per gli operatori italiani ed esteri. Una manifestazione che rappresenta un importante valore aggiunto per il nostro territorio. Aggregazione a livello produttivo e commerciale, ma anche più innovazione e ricerca sono le strade per competere oggi sui mercati internazionali. È una ricetta che vale anche per l’Emilia-Romagna e che come Regione cerchiamo di promuovere attraverso le risorse del Programma regionale di sviluppo rurale. Aumentare la quota di export dei nostri prodotti, intercettare nuovi Paesi di destinazione e nuove fasce di consumatori è fondamentale e per farlo dobbiamo puntare sulla qualità dei prodotti e accrescere il gioco

Il ministro Maurizio Martina e l’assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna, Simona Caselli, entrambi sostenitori di Macfrut

di squadra lungo tutta la filiera. Anche di questo parliamo nell’incontro che come presidente di Areflh, l’associazione delle Regioni ortofrutticole europee, ho pro-

Il Perù partner internazionale e la Sicilia partner nazionale. Ribadito il ruolo di fiera di filiera

prio a Macrfut con le Organizzazioni dei produttori”. Amora Carbajal, direttore dell’Ufficio Commerciale Perù in Italia: “Oggi il Perù è fra i dieci più importanti Paesi fornitori di alimenti del mondo per cui si verifica una simmetria fra le capacità di importazione e di esportazione fra il nostro Paese e l’Italia. Macfrut per noi rappresenta una grande opportunità per esplorare relazioni commerciali”.

L’INTERVISTA questo comparto. "Va riconosciuto che la nostra manifestazione già diversi anni fa ha puntato sulla quarta gamma. Le abitudini di vita degli ultimi 15 anni hanno fatto sì che questo comparto conoscesse un grande successo. Negli ultimi anni il settore sta proponendo tantissime innovazioni. Tutte le principali imprese del settore sono al Macfrut. E per il 2017, l’edizione che si svolgerà in maggio, abbiamo in mente di potenziare ulteriormente questo salone espositivo". Da quali Paesi provengono i buyer? "Il successo della manifestazione si gioca su questo fronte. Abbiamo invitato, contattato e praticamente preso per mano, conducendoli in fiera, oltre un migliaio di buyers. Abbiamo lavorato molto sul Medio Oriente. Abbiamo coinvolto Carrefour Arabia Saudita e Al Jazeera, oltre a NRTC di Dubai, uno dei principali importatori di ortofrutta del Medio Oriente con oltre 500 impiegati. Dall’Iran ci sono 20 operatori, e tanti da India e Pakistan. Per la prima volta sono presenti a Macfrut alcuni importato-

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ri della Malesia. Senza contare i tanti buyer dell’Est e Nord Europa. Dopo il debutto positivo del 2015, quest’anno il nostro ufficio estero ha potenziato e migliorato la piattaforma online 'business meeting' tramite la quale gli operatori si fissano in autonomia gli incontri durante i giorni di fiera. Uno strumento utile per non perdere tempo e incontrare il maggior numero di imprenditori possibile”. Visitando fiere come quella di Madrid, si nota un forte sostegno delle Regioni alla loro rassegna nazionale. Perché in Italia questo non avviene? "Credo che ci sia meno sensibilità. Sono ancora poche le Regioni, intese come Istituzioni, che supportano e sostengono le aziende a Macfrut. Fra queste, cito Sicilia, Veneto, Basilicata ed Emilia Romagna. Per cercare di dare un nuovo impulso all’impegno delle Regioni sul fronte della valorizzazione dell’ortofrutta, da quest’anno abbiamo pensato di eleggere anche una Regione partner. Per il 2016 è la Sicilia, grazie ad un nutrito gruppo di imprese e di consorzi presenti in fiera".

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Allarme di FruitImprese: l’export non ha un sostegno sufficiente “Si parla tanto di apertura di nuovi mercati, ma in realtà subiamo più chiusure alle esportazioni di quanto non beneficiamo per l’apertura di nuovi sbocchi. Soffriamo ancora per l’embargo russo e subiamo forti limitazioni in Nord Africa a causa dell’instabilità politica e delle tensioni sociali in atto. Per non parlare delle barriere fitosanitarie che per esempio stanno limitando le esportazioni di kiwi in Canada e delle susine in Brasile. Mi sembra che sull’export invece di fare un passo avanti si vada indietro”. È un Marco Salvi deluso quello rientrato da Amburgo, dove ha partecipato alla quarantesima edizione di Prognosfruit dedicata

Marco Salvi: “I nostri competitor possono contare su accordi bilaterali che agevolano le loro esportazioni”. Esortazione a creare presto la cabina di regia annualmente alle previsioni produttive di mele e pere. Per il presidente di Fruitimprese quello della competitività è un problema italiano, mentre la concorrenza corre ad altre velocità. “Non siamo abili come i nostri competitor a lavorare con forza e tenacia per aprire accordi bilaterali. Si sperava di cogliere qualche occasione importante con Expo, ma non è cambiato molto. La politica di casa nostra decanta le eccellenze italiane ma se poi non riusciamo

a farle arrivare a destinazione (e sono molti i Paesi che le vorrebbero), diventa tutto inutile. Le istituzioni viaggiano con un altro passo rispetto alle imprese. Servirebbe un’accelerata”. L’imprenditore ferrarese rilancia la sua ricetta per tentare di recuperare il terreno perduto: “Lo ripeto ancora una volta. Per fare un salto di qualità serve una cabina di regia che sappia creare una strategia comune e individuare i principali Paesi obiettivo delle

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nostre esportazioni. Penso prima di tutto all’Asia come macro area strategica e alla Cina in particolare. In questo progetto è chiaro che è fondamentale la collaborazione tra istituzioni e operatori”. Salvi ricorda inoltre “che è bene non dimenticare che per mantenere le superfici coltivate a ortofrutta e di conseguenza conservare i numerosi posti di lavoro che questo settore conta, è necessario aprire nuovi sbocchi commerciali. Si parla tanto di caporalato, ma la partita vera per il settore si gioca su altri fronti”. E poi i tempi. Perché serve fare in fretta per rimanere competitivi fuori dall’Italia e dall’Europa. “Gli altri Paesi si stanno già attrezzando. L’importante è occupare nuovi spazi nei mercati emergenti. Se non lo facciamo saranno gli altri a farlo. Bisogna tirarsi su le maniche e lavorare in questa direzione e magari, quando si organizzano

Marco Salvi, presidente FruitImprese, richiama il governo a sostenere il settore

missioni istituzionali in giro per il mondo sarebbe il caso di invitare non solo i colossi dell’energia, ma anche dare attenzione al nostro settore ortofrutticolo”. Per cercare di favorire il cambio di marcia, il presidente di FruitImprese lancia un appello: “Ora organizziamo un tavolo di lavoro assieme al Mipaaf e al Mise per svi-

luppare progetti concreti sull’export e far fare al nostro settore davvero il salto di qualità di cui ha estremamente bisogno. Altrimenti saranno gli altri a sfruttare le possibilità nei mercati emergenti, mentre noi rimarremo fermi, senza avere la possibilità di vedere le nostre eccellenze ortofrutticole vendute in tutto il mondo”. (e.z.)

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FRUTTA ESTIVA. Primo bilancio con l’intervento di alcuni protagonisti

“La qualità deve salire” Giancarlo Minguzzi, presidente della OP Minguzzi di Alfonsine (Ravenna) e di Fruitimprese Emilia Romagna, l’associazione che riunisce le grandi imprese private commerciali dell’ortofrutta della regione, traccia un primo provvisorio bilancio della campagna della frutta estiva. “L’evoluzione quantitativa e qualitativa di pesche, nettarine, albicocche e susine ha fatto sì che la campagna estiva 2016 non sia stata disastrosa come le due precedenti. Le albicocche hanno avuto una costanza buona di mercato specialmente con le nuove varietà, a parte l’inizio con la varietà Ninfa (di qualità scadente). I prezzi si attestano alla produzione fra i 70 centesimi e l’euro al chilo. Stesso discorso sulle susine: qui l’attenzione sulla qualità è importante anche in considerazione del fatto che su questo articolo la Spagna ho molto investito negli ultimi anni. La produzione delle Angeleno si presenta disomogenea, con calibri medi e si prevedono buoni prezzi per i calibri più sostenuti”. “Sul fronte pesche e nettarine -

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La concorrenza spagnola potrà fare danni maggiori se non ci sarà un più deciso rinnovamento varietale per pesche e nettarine. Abbastanza bene le albicocche aggiunge Minguzzi - si è avuta una minore pressione da parte della Spagna nella parte iniziale della stagione (maggio e giugno), e i prezzi sono attorno ai 50/60 centesimi al chilo. Nel mese di luglio con la varietà Big Top i prezzi si attestano sui 45/50 centesimi. Nel mese di agosto abbiamo notato una flessione delle quotazioni dovuta a una maggiore offerta del prodotto piemontese, quindi i valori si attestano attorno ai 40 centesimi alla produzione. L’andamento stagionale del mese di settembre dirà una parola definitiva sul mercato, anche tenendo conto del maggiore numero di articoli offerti dalla GDO come uva, pere e mele”. Minguzzi sottolinea che il futuro della frutta estiva si gioca su un elemento chiave: la qualità. “Il calo dei consumi si combatte conquistando il consumatore con la

frutta buona. Bisogna abbandonare le varietà più produttive a vantaggio delle tipologie di maggior qualità organolettica. Discorso che vale per susine e albicocche , e a maggior ragione per pesche e nettarine, produzione che registra un preoccupante calo di investimenti e quote di mercato sia in Italia che all’estero”. Queste le valutazioni della Cooperativa Terremerse. Albicocche in sofferenza fino alla prima decade di luglio. La scarsa qualità ha giocato un ruolo importante; le piogge di giugno hanno condizionato il prodotto che si arrotava facilmente ed era scarso di grado brix. Inoltre, la partenza lenta della stagione estiva in termini climatici, ha impattato sulla domanda che è stata inferiore rispetto alla stagione precedente. Oltre tale data la situazione è sostanzialmente cambiata. L’offerta

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limitata di prodotto (quello vecchio non è stato messo in conservazione per problemi qualitativi) e l’effettiva partenza della stagione estiva con l’incremento delle temperature che si sono riportate su medie normali hanno avuto un effetto trainante sia sui consumi sia sui prezzi. Per le susine, le varietà gialle raccolte nella parte iniziale della campagna hanno spuntato prezzi inferiori a quelli dello stesso periodo della stagione precedente. La qualità è stata fino a luglio scadente per basso grado brix. Dalla prima decade di luglio i prezzi sono stati in lenta ripresa, attestandosi su valori analoghi a quelli della scorsa stagione. Per quanto riguarda le varietà a polpa soda (rossa o nera) le prime indicazioni danno invece una domanda crescente in grado di impattare positivamente sui prezzi. Per pesche e nettarine, a un primo confronto rispetto alla

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stagione 2015, si evince che quest’anno non ci sia stato il calo di quotazione registrato nello scorso anno, specialmente sui calibri destinati al mercato estero (A, B, C). Più in difficoltà i calibri A+ il cui andamento è stato sicuramente influenzato dalla scarsa domanda dovuta principalmente a motivi climatici. Con l’arrivo effettivo dell’estate la domanda è cresciuta (soprattutto per le pesche a polpa gialla e di calibro grosso). Complessivamente i prezzi indicativi sono stati sostanzialmente migliori rispetto a quelli del 2015 a parità di periodo. Per il prodotto biologico invece i valori di riferimento rispetto alla campagna 2015 sono stati in notevole incremento. Sull’andamento stagionale di pesche e nettarine abbiamo sentito anche Marco Eleuteri, direttore commerciale dell’AOP Armonia di Battipaglia (Salerno), che vede

più criticità che elementi positivi. “A metà agosto abbiamo concluso la campagna con la pesca Saturnia, mentre, anche se con bassi quantitativi, arriviamo ai primi di settembre con pesche e nettarine sferiche. E' chiaro, almeno per noi, che le maggiori quotazioni registrate sul mercato non hanno bilanciato la minor produzione registrata da molti dei nostri produttori. Questo vuoi per il minor carico medio di frutti riscontrato soprattutto su quelle varietà che hanno sofferto maggiormente la mancanza di freddo durante l’inverno, vuoi per le conseguenze fito-patologiche delle copiose piogge di maggio e giugno (monilia in primis) o per gli ingenti danni causati dalle violente grandinate che in quegli stessi due mesi hanno colpito estese zone del nostro Paese, rendendo molte partite non idonee alla commercializzazione. Insomma, economicamen-

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te, le migliori quotazioni di quest’anno hanno alleviato il dolore, ma non curato la malattia”. “In Italia - sottolinea Eleuteri - la strutturale debolezza del comparto produttivo è ogni anno sempre più evidente. Del resto per la prima volta quest’anno, come illustratoci da Ignaci Iglesias al recente convegno del 23 luglio scorso al CREA di Roma, la Spagna supererà l’Italia per le quantità di pesche e nettarine (sferiche più piatte), grazie soprattutto proprio alle platicarpa, che in Spagna hanno raggiunto i 15 mila ettari, mentre in Italia non arrivano a 500”. La ricetta di Eleuteri per invertire la rotta è “riuscire ad avviare in tempi brevi una serie coordinata di azioni che partano da maggiori investimenti (sarà cruciale in tal senso il ruolo delle OP a sostegno degli agricoltori associati, attraverso formule finanziarie moderne e sostenibili per tutti), in primis nella ricerca diretta soprattutto all’innovazione varietale (senza ricerca non c’è futuro). Poi, i nostri appezzamenti andrebbero protetti di più e meglio almeno per limitare gli effetti negativi del clima che cambia. Penso ad esempio alle reti anti-grandine: non ricordo in tempi recenti grandinate così diffuse come quelle che quest’anno hanno falcidiato migliaia di ettari. Infine dovremmo commercializzare sempre di più il nostro prodotto prendendo ad esempio le logiche di marketing utilizzate per altri prodotti agroalimentari considerati più ‘cool', come vini o formaggi, per rendere in questo modo più attrattivi i nostri prodotti ed aumentarne il valore aggiunto”.

Minguzzi: “Non c’è stato il disastro del 2014 e 15”. Eleuteri: “Dobbiamo reagire ad una strutturale debolezza finché c’è tempo”

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Piccole e senza semi le angurie di Sardegna La OP Campidanese ha registrato nel corso dell’estate un buon successo con le mini seedless Gavina ed Eleonora. Bene anche il melone Majores Estate di soddisfazioni per l’OP Campidanese di Terralba (Oristano): dal successo commerciale della mini anguria seedless Gavina, ai buoni riscontri del melone Majores e alla novità di Eleonora, nuovo brand per l’anguria sugar baby senza semi. Partendo proprio dalla novità dell’estate, ai primi di agosto l’Organizzazione di produttori sarda ha lanciato sul mercato il nuovo marchio che riprende il brand aziendale l’Orto di Eleonora. La sugar baby a buccia nera Eleonora, con peso variabile tra i 4 e gli 8 chili, croccante, molto dolce con un grado brix che arriva a 13 gradi, ha pure una elevata shelf life che può raggiungere i 16 giorni con rese di tutto rispetto. “Per quest’anno abbiamo effettuato un test su 6 ettari di terreno e 2.500 quintali di volumi prodotti - afferma Salvatore Lotta, direttore commerciale dell’OP -. I primi riscontri ottenuti sono molto positivi. Nei punti vendita della grande distribuzione coinvolti nel progetto è stato un successo”. “L’obiettivo per il 2017 è mettere a dimora altri 70 ettari e sostituire la gran parte di Sugar Baby con semi”, annuncia Lotta. “L’intenzione infatti è quella di abbandonare progressivamente il cocomero con seme anche per essere maggiormente competitivi sul mercato estero”. Le note positive non finiscono qui. Anche l’estate di Gavina ha dato i frutti sperati. Grazie ai maggiori investimenti dei produttori associati, i volumi dell’anguria senza semi, uno dei cavalli di battaglia del gruppo sardo, so-

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no aumentati del 40% raggiungendo le 4 mila tonnellate. “Ma quello che più conta – fa notare Lotta – è che Gavina, progetto lanciato dieci anni fa, non ha accusato alcun ribasso di prezzo rispetto al 2015, come invece è capitato ad altre mini. È giusto sottolineare infatti che quest’anno in generale si sono registrati cali di prezzi delle mini angurie anche del 70%, a causa principalmente dei massicci investimenti su questo prodotto con 3 mila ettari in più in Italia solo quest’anno. L’aumento incontrollato e senza programmazione di questo prodotto ha causato il crollo delle quotazioni. Ma così non è stato per Gavina, che ha mantenuto valori attorno agli 80-90 centesimi al chilo, contro i 30-40 delle altre tipologie”. L’intera produzione di Gavina, 170 ettari complessivi coltivati nell’area di Oristano, è destinata alla grande distribuzione, per il 35% a quella estera (percentuale quasi raddoppiata rispetto allo scorso anno). “Dopo un 2015 complesso, il 2016 si sta dimostrando stratosferico”, afferma entusiasta il manager della Campidanese. Notizie positive anche sui meloni, nonostante qualche problema sui

Savatore Lotta, OP Campidanese

prezzi ad agosto, dopo una partenza brillante. “La qualità è stata sempre elevata”. Promossa anche la stagione del mini melone Majores, un Piel de Sapo con peso ridotto che varia da 1 a 2,5 chili e un grado brix molto elevato che può raggiungere i 18° e una conservabilità che tocca i 20 giorni. La produzione è in crescita con un raddoppio delle aree dedicate, passate da 25 a 50 ettari. “A livello commerciale ci sono stati ottimi riscontri, specie all’estero, a partire dall’Olanda, da dove poi la merce è stata redistribuita in Europa e nel Regno Unito”. Nel frattempo il gruppo sardo si sta organizzando anche per la raccolta delle verdure autunnali, da fine ottobre, a partire dal pomodoro Camone, di cui è stato rifatto il packaging, al cuore di Bue fino al Datterino e Costoluto, oltre ai carciofi (spinoso sardo, violetto, romanesco, etc). OP Campidanese punta quest’anno a chiudere l’annata con un fatturato di 22 milioni di euro contro i 16,8 del 2015. Lotta lancia un appello a istituzioni e aziende produttive sul tema aggregazione. “C’è troppa poca sinergia tra le aziende e poca programmazione. Servono leggi ad hoc per stimolare maggiormente l’aggregazione. Non bisogna vedere le imprese che operano nel nostro stesso settore come competitor ma come alleati per raggiungere obiettivi comuni. Serve riorganizzarci controllando produzioni e qualità. Ma la politica deve intervenire con concretezza”. e.z.

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Tra Venezia e Lubecca la spinta di Grimaldi Accordo per la creazione di un corridoio intermodale tra l’Adriatico e il Baltico in grado di collegare Italia e Grecia con la Scandinavia e la Russia L’Autorità Portuale di Venezia, il Lübecker Hafen-Gesellschaft (l’Autorità Portuale di Lubecca) ed il Gruppo Grimaldi hanno siglato un accordo per la creazione di un collegamento intermodale (nave+ferrovia+nave) tra i Porti di Venezia e Lubecca per collegare il Mar Adriatico e il Mar Baltico e quindi Scandinavia, Finlandia e Russia con Italia e Grecia. Obiettivo comune delle parti coinvolte nell’accordo è arrivare a un collegamento integrato che, attraverso partenze treno giornaliere in andata e ritorno, possa servire i numerosi traffici traghetto nei due porti. Le merci - che viaggiano lungo le Autostrade del Mare sulla rotta Patrasso-Venezia tramite il collegamento ro/ro trisettimanale messo in opera da Grimaldi - verranno caricate su treno dirette via Brennero al porto di Lubecca per poi ripartire alla volta dei Paesi scandinavi, baltici e della Russia. Il Porto di Lubecca è il 4° scalo europeo per traffici ro/ro con 4 terminal, 18 accosti dedicati a questo particolare traffico e oltre 21 milioni di tonnellate di merce movimentata da e per il Nord Europa (l’equivalente di 700 mila trailer) ogni anno. La sua posizione geografica - Lubecca è il Porto più a Sud-Ovest del Mar Baltico assieme all’altissimo know how nel campo del traffico intermodale rendono lo scalo tedesco uno fra i partner ideali nel Mar Baltico per questo tipo di traffici. La soluzione sfrutta anche il fatto che Venezia è il porto italiano più vicino e funzionale alle merci che passano via Brennero e che, uni-

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tamente ai collegamenti esistenti lungo tutto il corridoio Scandinavo-Mediterraneo, consente alle merci europee di giungere velocemente in Scandinavia e Paesi Baltici, fino alla Russia. Fra i vantaggi che ciascun partner dell’accordo può portare all’iniziativa, vi sono i collegamenti marittimi assicurati dal Gruppo Grimaldi, che tramite la controllata Finnlines, leader nei trasporti ro/ro e ro/pax nel Mar Baltico e del Nord, prevedono 38 partenze a settimana da/per Lubecca da/per la Svezia, 17 da/per la Finlandia e due da/per la Russia. Il nuovo ponte ferroviario tra Venezia e Lubecca, operato tra gli altri dall’operatore ECL European Cargo Logistics, prevede dai 2 ai 6 treni a settimana ciascuno da 30 container o trailer che copriranno in sole 26/30 ore i 1.362 chilometri che separano Venezia dal porto tedesco. Un ulteriore servizio “green” e veloce che si aggiunge a quelli già attivati a novembre scorso tra Venezia e Francoforte (sempre via Brennero) e a da giugno verso il porto di Rostock. Si tratta di servizi di successo che, in breve tempo sono già stati raddoppiati, e che consentono di portare sul mercato tedesco e oltre, le merci provenienti via mare in soli tre giorni e viceversa. Il Porto di Venezia continua così la sua “cura del ferro” che fa segnare numeri da record, +39,7% nei primi 6 mesi del 2016, un risultato raggiunto grazie ai lavori di infrastrutturazione realizzati dall’Autorità Portuale in questi anni.

Tramaco accelera con l’Egitto Con quasi 1.100 container movimentati nei porti di Ravenna e Koper durante i mesi di maggio e giugno, pari a circa 15 mila tonnellate di prodotto,Tramaco si è confermata leader nel servizio di transito di frutta che dall’Egitto deve raggiungere velocemente i mercati del Nord Europa. Come spiega infatti Riccardo Martini, amministratore delegato della società di logistica ravennate, oltre il 90% dei carichi rispediti dal porto di Ravenna e dal porto di Koper tramite la filiale Tramaco Logistika Doo., erano destinati principalmente in Germania, Olanda e Regno Unito. “Una primavera particolarmente calda in Egitto, che ha garantito da subito alti valori zuccherini, unitamente alla svalutazione della lira egiziana nei confronti dell’euro, hanno favorito buoni prezzi ad inizio di stagione - precisa Martini e di conseguenza la necessità degli esportatori egiziani ad utilizzare i porti del Nord Adriatico, che garantiscono consegne in tutt’Europa in 5/6 giorni dalla partenza dall’Egitto, facendo risparmiare diversi giorni rispetto ai servizi marittimi diretti sul Nord Europa”. “Siamo particolarmente soddisfatti di questi risultati - sottolinea Martini - perché premiano il costante impegno di tutta la filiera logistica. A Ravenna in particolare, con la nave MSC arrivata sempre nel weekend, si è lavorato tutti i sabati e domeniche per garantire l’immediata prosecuzione dei carichi verso le destinazioni finali. Determinante il contributo del terminal TCR".

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Sull’orlo del fallimento la trattativa Europa - Stati Uniti "I colloqui con gli Stati Uniti sono di fatto falliti perché noi europei, naturalmente, non dobbiamo soccombere alle richieste americane: nulla si sta muovendo in avanti". Con queste parole il ministro dell’economia della Germania Sigmar Gabriel, in un’intervista alla rete televisiva pubblica ZDF diffusa a fine agosto, ha messo una pietra tombale sugli accordi di libero scambio tra l’Europa e gli USA. La Transatlantic Trade and Investment Partnership (nota appunto come il TTIP) era stata concepita per creare la più grande zona di libero scambio al mondo. Ma le trattative si erano subito impantanate sui termini dell’accordo, avevano incontrato la crescente opposizione all’intesa da parte di Francia e Germania e successivamente la situazione è ancora peggiorata sull’onda dello shock seguito al voto della Gran Bretagna per lasciare l’UE. Come hanno sottolineato anche i più autorevoli quotidiani italiani, la prospettiva di raggiungere un’intesa entro la fine dell’anno o meglio prima delle elezioni presidenziali americane sembra sfumata del tutto e con essa la stessa possibilità di arrivare ad un accordo in tempi ragionevoli. Nell’intervista alla rete ZDF, il ministro Gabriel si è mostrato più ottimista sulle prospettive di un accordo di libero scambio Canada-UE, che ha definito “un grande passo avanti”, aggiungendo che avrebbe combattuto per la sua ratifica. L’accordo noto come CETA è stato formalmente concluso nel 2014 ma richiede ancora l’approvazione di 28 stati membri dell’UE e del Parlamento europeo. Sulle dichiarazioni di Gabriel è intervenuto con fermezza Paolo De Castro, relatore permanente per il TTIP della Commissione Agricol-

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Anche la Germania non crede più al TTIP. Stupore di De Castro per la posizione tedesca tura del Parlamento UE. “Stupisce la dichiarazione del ministro dell’economia tedesco, principalmente perché sarà possibile dare dei giudizi solo a negoziato concluso, e non è certo questo il momento e non vi sono round negoziali in corso", ha sottolineato De Castro. "Sembra una dichiarazione pensata a scopo elettorale, anche perché nel vertice di fine giugno tutti i capi di governo europei hanno confermato all'unanimità il mandato alla Commissione per

continuare a negoziare. Per la posizione americana, bisognerà ormai attendere la conclusione della campagna elettorale per capire quale sarà la direzione che verrà adottata dalla futura amministrazione statunitense. Ad ogni modo è bene specificare che nessuna delle parti ha ceduto, i negoziati si stanno svolgendo, e anche se al momento un accordo sembra molto distante non credo però che si possa parlare di fallimento definitivo".

Brexit, adesso Londra guarda all’Africa per l’import di ortofrutta Meno frutta e verdura locale e sempre più prodotto proveniente dall’Africa. Sono questi due effetti che si vanno ad aggiungere alla lista delle conseguenze della Brexit. Se infatti l’incertezza sulle politiche migratorie pone un forte interrogativo circa il futuro dei lavoratori stagionali (soprattutto di origine est-europea) per la raccolta di ortofrutta - mettendo a serio rischio la produzione britannica -, la non più libera circolazione delle merci potrebbe compromettere gli scambi con il Vecchio Continente. L’UE è il principale fornitore di prodotti alimentari del Regno Unito, con gli Stati membri che rappresentano 9 tra i 10 importatori maggiori. Tuttavia, un sondaggio pubblicato da Barclays a inizio agosto ha rivelato che circa un terzo dei retailer britannici sta

prendendo in considerazione la possibilità di incrementare i volumi di approvvigionamento dai Paesi extraeuropei e il 38% si aspetta che tale cambiamento vada a vantaggio dell’import di prodotti di provenienza africana. Negli ultimi vent’anni il Regno Unito è diventato sempre più dipendente dalle importazioni di frutta e verdura, con un tasso di autosufficienza del 58% per gli ortaggi e dell’11% per la frutta, una percentuale davvero bassa, dovuta soprattutto al forte aumento degli acquisti di prodotti come ananas, meloni e avocado. Nel 2015 Spagna e Paesi Bassi hanno rappresentato quasi il 70% delle importazioni di verdure fresche della Gran Bretagna. Tra i principali beneficiari della nuova tendenza potrebbe esserci il Kenya, già quarto fornitore.

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MONDO

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Cresce l’interesse dell’India per le mele di origine europea L’importanza del mercato indiano per il comparto mele non è del tutto nuova. E mentre le fasi di raccolta si stanno ormai svolgendo a pieno ritmo nella maggior parte dei Paesi europei, la stagione commerciale verso il Subcontinente asiatico prende il via a metà settembre, preannunciandosi soddisfacente e caratterizzata da buoni prezzi. L’elevata produzione registrata la scorsa stagione in Europa ha allungato i tempi per lo smaltimento degli stock nei magazzini ma a breve il mercato indiano sarà pronto ad assorbire elevate quantità di merce di origine europea, iniziando dalle Royal Gala per poi implementare l’assortimento varietale nel corso dei mesi. I produttori europei, rispetto ai concorrenti del Nord e del Sud America, riescono ad inserirsi più tempestivamente sul mercato indiano in controstagione: “Un vantaggio che garantirà loro una fornitura discreta in termini di volumi, che saranno simili o addirittura superiori a quelli dello scorso anno”, afferma Tarun Arora, direttore di IG International, società indiana leader nell’import-export di ortofrutta fresca. Secondo il manager, lo spostamento dell’interesse dei produttori statunitensi dalla Red Delicious ad altre cultivar, renderà l’India sempre più dipendente dall’Europa proprio rispetto a questa varietà, che insieme alla Royal Gala resta la più richiesta dai consumatori locali. Circa le varietà club, invece, Arora riscontra un aumento dell’interesse che si traduce in una tendenza al rialzo delle vendite, anche se ad un tasso di crescita decisamente inferiore rispetto a quello registrato in molti altri Paesi. In questo caso, uno dei principali fattori a frenare la domanda è il

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La società leader nell’import export di ortofrutta, la IG International, ritiene che la nuova campagna commerciale sarà favorevole agli esportatori europei prezzo. “Solo pochi marchi guardano all’India come ad un mercato attraente in cui portare avanti grandi campagne promozionali. Attualmente l’unica varietà club presente con volumi discreti è Evelina mentre Pink Lady e Kanzi sono sul mercato in quantità limitate”, sottolinea Arora. L’India intanto è al centro di crescenti interessi anche per il settore dei piccoli frutti. Il ministro dell’agricoltura della Serbia Branislav Nedimovic e l’ambasciatore indiano a Belgrado Narinder Cioran hanno concordato sulla necessità di incrementare la coo-

perazione tra i due Paesi in campo agricolo e sull’interesse indiano per l’importazione in India di frutti di bosco dalla Serbia. L’ambasciatore indiano ha evidenziato che l’incremento degli standard di vita di una parte della popolazione indiana accresce la richiesta di frutta di elevata qualità, tra cui i frutti di bosco. Il ministro Nedimovic ha sottolineato che le linee guida e gli orientamenti della sua azione saranno rivolti a promuovere l’esportazione di prodotti alimentari ad alto valore aggiunto, che saranno il motore dello sviluppo del settore. (c.b.)

Grecia, il big della GDO salvato dal suo concorrente La crisi economica accelera gli accorpamenti nella GDO in Grecia. Il retailer Sklavenitis è pronto a salvare dal fallimento il gruppo Marinopoulos, di cui era stato, fino a ieri, il principale concorrente. Lo riferisce il sito finanziario Euro2day.gr. L’accordo prevede la creazione di una nuova società con gli attivi di Marinopoulos , detenuta al 100% da Sklavenitis, che si è impegnata a investire 125 milioni di euro. Le banche coinvolte nell’operazione hanno dato il via libera a un prestito di 360 milioni di euro. Il gruppo Marinopoulos, entrato nel giugno scorso nella procedura fallimentare, è stato colpito duramente dalla crisi greca, tanto da arrivare ad aver accumulato un debito di 1,3 miliardi

di euro, la metà dei quali verso fornitori, mentre circa 4 milioni di euro nei confronti dei suoi dipendenti. Marinopoulos è una società fondata nel 1962 ed è considerata la più grande catena di distribuzione greca, presente anche a Cipro, Bulgaria e Albania. Dagli anni Novanta, il gruppo greco aveva un’intesa con i francesi di Carrefour che, dal 2012, a causa della crisi, hanno tuttavia avviato un progressivo ritiro dal Paese, cedendo la totalità dei propri punti vendita alla controparte greca, restando presenti sul mercato con un accordo di franchising in esclusiva, chiuso però nel febbraio 2016. Il disimpegno di Carrefour ha avuto contraccolpi troppo pesanti su Marinopoulos.

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MONDOFLASH

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PERÙ

La produzione di mirtilli a 20 mila tonnellate Il presidente di Sierra Exportadora Alfonso Velásquez ha dichiarato che nel 2016 il Perù raggiungerà le 20 mila tonnellate di mirtilli, cifra doppia rispetto al 2015. La crescita è dovuta all’incremento degli ettari e delle aziende che hanno deciso di investire nella coltura. Nel 2014 il Perù contava su 1.900 ettari a mirtillo, nel 2015 su 2.500 ettari e conta di arrivare quest’anno a 3.200 ettari. Interessante è che le produzioni si stanno sviluppando in aree diverse del Paese e lontane tra loro con beneficio dell’offerta che si allarga da settembre ai mesi di ottobre e novembre. Sierra Exportadora, organismo governativo a supporto delle produzioni andine, si sta impegnando nel miglioramento genetico del mirtillo peruviano, che conta oggi sulla varietà Biloxi, al fine di ottimizzare la produttività e avvicinare alla coltura, anche attraverso un programma di assistenza tecnica, i piccoli produttori. La regione a più alta produzione è La Libertad, altre aree produttive sono Lambayeque, Ica, Lima, Áncash e Cajamarca. La coltura conta in Perù su un colosso produttivo e commerciale, il Gruppo Camposol, che da solo produrrà quest’anno 13 mila tonnellate di mirtilli esportandone 5 mila, il 160% in più del 2015. Camposol conterà presto su 1.600 ettari a mirtillo rispetto ai mille dello scorso anno. Gli ettari potranno essere 2.000 nel 2017. Il mercato più importante per Camposol è l’Unione Europea, che assorbe il 65% dell’export di mirtilli ma crescono le esportazioni verso i Paesi asiatici. Camposol è il primo produttore al mondo di avocado e il maggior esportatore peruviano di asparagi. Produce anche mango, uva da tavola, peperoni, carciofi, mandarini che esporta in Europa, Stati

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Uniti e Asia. Nel rank delle aziende ortofrutticole peruviane occupa con largo margine la prima posizione.

ARGENTINA

Campagna dei limoni molto positiva Ottima qualità per i limoni argentini prodotti nella regione di Tucumàn. L’80% del prodotto destinato all’esportazione è stato ormai raccolto. I produttori sono fiduciosi sulla campagna commerciale grazie ad un elevato livello organolettico degli agrumi garantito anche dall’aumento di verifiche e controlli fitosanitari effettuati sulla merce destinata all’export. Secondo i primi dati forniti a metà agosto gli agrumi argentini esportati sui mercati internazionali ammontavano a 305.403 tonnellate, di cui 206.244 destinati all’Europa. Il limone rappresenta il 77,3% del totale.

RUSSIA/1

Si rafforza la cooperazione con il Marocco Si è concluso con soddisfazione delle parti l’incontro tenutosi il 30 agosto a Mosca tra le Autorità russe del Rosselkhoznadzor (Servizio federale per il controllo veterinario e fitosanitario) e i rappresentanti dell’Ambasciata marocchina. Il colloquio è stato “piuttosto fruttuoso e ha migliorato la cooperazione bilaterale tra le parti al fine di garantire un commercio efficace e sicuro dei prodotti regolamentati”, si legge in una nota dell’organo federale russo. I prodotti in questione sono, in particolare, quelli ortofrutticoli. Il Marocco esporta da anni elevate quantità di agrumi in Russia e negli ultimi tempi, anche grazie alla chiusura del mercato a molti Paesi a causa dell’embargo, sono in crescita le spedizioni di

prodotti quali pomodori, pesche, pere, mele e altri. Le Autorità marocchine si sono mostrate disponibili ad intraprendere una stretta collaborazione con il Rosselkhoznadzor per garantire la sicurezza degli scambi e hanno sottolineato che l’aumento delle esportazioni di frutta verso la Russia è trainato dalla volontà del Marocco di accaparrarsi la nicchia di mercato precedentemente occupata dalla Turchia. Per raggiungere tale obiettivo, è intenzione del Marocco allungare ulteriormente la lista dei prodotti esportati in Russia direttamente via mare, garantendo così il controllo rigoroso del rispetto dei requisiti fitosanitari e l’impossibilità di entrata di merce proveniente da Paesi sottoposti a veto tramite triangolazioni. (c.b.)

RUSSIA/2

La X5 Retail alla conquista della Siberia La catena russa X5 Retail Group ha annunciato l’inizio dell’attività nel Distretto Federale della Siberia e la costituzione della rete commerciale siberiana “Pyatyorochka”. A Novosibirsk sono stati aperti 5 supermercati “Pyatyorochka” con aree commerciali di 2.890 metri quadrati. Nei supermercati si possono trovare i prodotti di oltre 50 produttori provenienti dalla Siberia. I produttori locali rappresentano il 17% del fatturato dei negozi. Entro la fine dell’anno il retailer prevede di aprire più di 60 supermercati “Pyatyorochka” a Novosibirsk, Kemerovo, Novokuznetsk e Omsk e nel corso dei prossimi due anni oltre 150 negozi nelle regioni di Novosibirsk, Kemerovo, Tomsk e Altay. Per la fine del 2017 a Novosibirsk aprirà anche un centro di distribuzione con una superficie di 35 mila metri quadri e nel 2018 saranno inaugurati altri due centri. Al 30 giugno 2016 la rete comprendeva 7.936 negozi.

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Emanuele Zanini Nel comparto delle mele anche quest'anno alcune incognite non mancano - dal persistere dell'embargo russo alla nuova grande produzione della Polonia che rischia di dare fastidio alle altre produzioni europee - ma nel complesso si prevede una stagione migliore rispetto alle due precedenti, specialmente grazie ad una qualità del prodotto superiore. Nella zona italiana maggiormente vocata alla coltivazione del frutto, il Trentino Alto Adige, le prime impressioni dei principali gruppi parlano di un generale cauto ottimismo. Per il consorzio Melinda è partita all’insegna della regolarità la nuova stagione di raccolta, grazie ai primi stacchi della varietà Gala. Ai primi di settembre sul mercato oltre alle prime mele della tipologia precoce rossa erano ancora presenti le ultime partite di Golden della stagione passata (la varietà regina di Melinda che rappresenta il 75% del paniere di mele offerte) che mentre scriviamo stanno lasciando il posto alle nuove produzioni. Il gruppo consortile di Cles per quest’anno prevede un leggero calo produttivo, attorno al 2% rispetto al 2015, ma comunque mantenendo un livello dei volumi piuttosto elevato che raggiungerà le 395-400 mila tonnellate, di cui il 75% rimarrà in Italia e il restante 25% verrà inviato all’estero. “Una differenza netta sulla scorsa stagione, invece - aggiunge Federico Barbi, responsabile commerciale di Melinda - sarà la percentuale di prodotto destinato all’industria. Se nell’annata passata ben il 35% delle aree coltivate aveva subito danni più o meno rilevanti a causa della grandine, Settembre 2016

MELA

Offerta differenziata e di qualità ma la Polonia mette paura Le mele italiane si presentano quest’anno con caratteristiche qualitative decisamente superiori rispetto alla precedente campagna. Nuove varietà da Melinda

quest’anno la percentuale è pressoché pari a zero”, afferma Barbi, ovviamente incrociando le dita perché questa situazione rimanga tale anche nelle prossime settimane. “Pertanto grazie alla buona qualità della frutta quest’anno le mele di seconda categoria saranno ridotte al minimo”. Le pezzature dei frutti sono leggermente inferiori sul 2015 anche se è presente un numero superiore di pomi per pianta. Tuttavia scarseggia la merce con calibri superiori all’80. Dal punto di vista commerciale sul mercato italiano la situazione appare piuttosto regolare. All’estero invece l’area del Nord Africa, che negli ultimi anni ha ricoperto un ruolo strategico per Melinda e non solo, rimane un’incognita a causa delle note tensioni sociali e dell’instabilità politica che crea anche ai mercati. “Pur rimanendo presenti, nonostante i ritiri inferiori a partire da gennaio scorso, siamo consapevoli delle

difficoltà in corso”, afferma Barbi. “Pertanto abbiamo rivalutato alcune destinazioni europee, su cui siamo tornati a investire, in particolare l’Est Europa e la Spagna, sulla quale abbiamo ottenuto un exploit, in particolare con la Golden”. Il consorzio trentino nel frattempo guarda avanti con l’acquisto in esclusiva commerciale di tre nuove varietà club: Kizuri, Gradisca e Galant (quest’ultima assieme a La Trentina). “Sono tre tipologie con colorazione tra il rosso, rosa e arancione, con la Galant resistente alla ticchiolatura e le altre due che, prodotte ad altitudini elevate, si affiancheranno a Evelina. Per noi sarà fondamentale poterle vendere a marchio Melinda, sia sul mercato interno che quello estero con la Galanti particolarmente indicata per il segmento del biologico. Al momento ci sono delle idee ma svilupperemo delle precise strategie commerciali e promozionali. Queste tre tipolowww.corriereortofrutticolo.it

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MELA

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PREVISIONI UE. Oltre 12 milioni di tonnellate Calano in Italia tutte le varietà tradizionali Ad inizio agosto ad Amburgo, i produttori melicoli europei si sono riuniti come di consueto in occasione del Prognosfruit per presentare e commentare le previsioni di produzioni di mele per la stagione entrante. Le stime di produzione per il 2016 prevedono un raccolto di mele in Europa di 12.005.000 tonnellate. Si stima dunque una diminuzione del 3% rispetto al raccolto consuntivo dello scorso anno che ammontava a 12 milioni 325mila tonnellate.

Uno sguardo alla situazione italiana

Per l’Italia si prevede una produzione sostanzialmente identica a quella della scorsa stagione. Per il 2016 infatti si stima un raccolto di 2.281.814 ton. Come sottolinea Assomela, il Consorzio delle Organizzazioni di Produttori di mele italiani che rappresenta l’80% della produzione melicola nazionale, gli andamenti della produzione per la stagione entrante sono diversi per le regioni italiane: per Alto Adige e Trentino ci si aspetta un calo del 3%. Per il gruppo delle altre regioni, invece, si prevede un aumento della produzione dell’8% rispetto alla scorsa stagione. Calano le varietà tradizionali, tra cui Golden Delicious (-4%), Red Delicious (-2%), Fuji (-3%). Un abbassamento piuttosto marcato si prevede per la Granny Smith (-10%). Un lieve aumento è previsto per la varietà Gala (+3%), mentre crescono in modo significativo la Cripps Pink (+18%), che torna così vicino ai livelli di produzione del 2014 dopo il calo della scorsa stagione, e le cosiddette “altre varietà” (+27%) che comprendono in modo particolare nuove varietà club. La raccolta piena inizierà regolarmente entro la metà di agosto con le varietà e nelle aree più precoci, in leggero ritardo rispetto allo scorso anno, ma in linea con le ultime stagioni. Per ora i calibri sono nella norma, la qualità dei frutti ottima e non si segnala nessun problema fitosanitario specifico. Dal punto di vista organolettico e qualitativo la situazione al momento è giudicata molto buona. La grandine ha interessato solo aree piuttosto limitate, con danni mediamente leggeri. Tenuto conto dell’andamento climatico degli ultimi mesi si prevede che la quantità di mele da destinare alla trasformazione sarà leggermente inferiore rispetto alla scorsa stagione.

Scenario internazionale

A causa di gelate primaverili, si prevedono cali consistenti della produzione in Austria, dove si

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registra un critico -88%, Slovenia, dove si stima un raccolto in diminuzione dell’83% ed in Croazia (65%). Anche per altri paesi tradizionalmente produttori il raccolto si abbasserà rispetto alloscorso anno: -18% per il Belgio, -20% per il Portogallo e 14% per l’Ungheria dopo il pesante caloche aveva caratterizzato anche il raccolto dello scorso anno. Segno negativo si prevede anche per il terzo produttore di mele in Europa, la Francia, per la quale si stima un raccolto in discesa del 7%, anche se perfettamente il linea con la produzione degli ultimi 3 anni. In Germania, dopo il raccolto non entusiasmante della scorsa stagione, la produzione attesa è superiore dell’8% rispetto all’anno passato e dovrebbe così superare il milione di tonnellate. Dovrebbe crescere ancora il raccolto della Polonia: dopo la produzione record di 3.979.000 ton. del 2015, per il 2016 si stima una produzione superiore a 4 milioni di ton. con un aumento rispetto alla scorsa stagione del 4%. Grecia, Regno Unito e Spagna segnano un aumento della produzione, rispettivamente del 9%, 3% e 6%. Con una primavera con temperature favorevoli e bassi livelli di piovosità, la fioritura è stata in generale molto buona. Forti grandinate e gelate hanno colpito soprattutto i paesi del Nord Est Europa nei primi mesi dell’estate determinando un drastico calo della produzione. La grandine ha interessato vaste aree della Polonia, che comporterà una minore disponibilità di mele da tavola. Nelle restanti zone per ora, a parte qualche danno dovuto al maltempo, non si prevedono grosse criticità per i frutti che dovrebbero essere dunque di buona qualità. In generale quindi, considerati i recenti danni da grandine, la quota di mele destinate al consumo fresco sarà inferiore a quello dello scorso anno, con una maggiore quota di raccolto che verrà destinata alla trasformazione.

L’andamento varietale

In Europa dovrebbero calare praticamente tutte le varietà “tradizionali”: per la Golden Delicious ci si aspetta un calo del 7%, per la Fuji del 9% e per la Gala del 4%. Dovrebbero scendere anche Red Delicious del 2%, Granny Smith del 4% e Jonagold dell’11%. Si stima invece segno positivo per Cripps Pink, che con il +7% dovrebbe raggiungere il raccolto più consistente di sempre, la Braeburn (+3%) e le nuove varietà che fanno registrare un importante +14%.

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Impianti di coltivazione di mele in Val Venosta, una delle zone più vocate in Europa e nel mondo

La crescita del gruppo delle nuove varietà conferma un positivo indirizzo verso l’innovazione con nuove varietà di elevata qualità organolettica ed apprezzate dai consumatori.

Le prospettive per stagione 2016/2017

Premettendo che le informazioni che provengono da Prognosfruit vanno analizzate nell’ambito di un contesto generale e tenendo conto di una serie di elementi che potrebbero influenzare il mercato, i dati presentati sono in grado di fornire un quadro di riferimento abbastanza chiaro per la stagione entrante, come sottolinea Assomela. Il volume di mele disponibile nella zona comunitaria, pur restando elevato, si riduce rispetto alla stagione precedente. Il prolungamento della chiusura del mercato russo e la instabile situazione economica e politica nei principali paesi Nord Africani rimangono elementi importanti per la commercializzazione delle mele, che potrebbero influire sfavorevolmente sul corso della stagione 2016/2017. A favore giocano peraltro la vendita totale delle mele dell’annata precedente, che consentirà di iniziare la stagione entrante nelle migliori condizioni ed una disponibilità di mele da tavola ridotta rispetto rispetto alla campagna precedente. Da considerare anche la progressiva maggiore disponibilità di varietà moderne ed apprezzate dal mercato ed il ruolo dell’industria di trasformazione, che potrebbe rappresentare una valvola disfogo interessante per i frutti di bassa qualità. Anche in questa stagione l’esportazione oltre i con-

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fini potrebbe, tra l’altro, essere sostenuta da un tasso di cambio favorevole per gli operatori europei ed italiani. Infine, state la pressione interna nel bacino Europeo e il tasso di cambio sfavorevole per operatori di paesi “terzi”, non si prevede un aumento della importazione da paesi dell’Emisfero Sud. In questo contesto le aspettative per la stagione commerciale 2016/2017 restano ragionevolmente positive, soprattutto per la forte organizzazione del sistema melicolo italiano, che rappresenta un fattore di competitività determinane, in particolare per guidare il processo di innovazione varietale e per l’esportazione. L’export è infatti una chiave preziosa per gli operatori italiani che devono essere sostenuti quanto più possibile nell’apertura di nuovi canali in paesi fino ad ora preclusi agli scambi commerciali del settore. Dai dati illustrati a Prognosfruit si rileva infatti come la presenza di mele italiane in Paesi potenzialmente importanti, come in Cina ed in Estremo Oriente, sia del tutto marginale. Altri Paesi, come la Francia, gli USA, altri competitors dell’Emisfero Sud e recentemente la Polonia, hanno già una presenza più strutturata in tali aree. Nel prossimo futuro l’impegno del sistema produttivo melicolo orienterà ancora maggiore energia verso l’export, ma per un effettivo successo resta indispensabile un vero approccio di sistema, partendo da una chiara scelta politica di base, per un preciso e maggiore coinvolgimento delle strutture ministeriali competenti ed anche degli organismi specializzati in promozione,compreso il sistema fieristico nazionale.

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gie – conclude Barbi – ci consentiranno di ridurre la produzione di Golden”. Dopo alcuni test, infatti, il primo impianto “vero” verrà realizzato nella prossima primavera con le prime vendite previste nel 2018 ma con volumi significativi soprattutto dal 2019. A livello di volumi il consorzio La Trentina, andrà in controtendenza, registrando un aumento della raccolta che passerà dalle 60 mila tonnellate del 2015 alle 70 mila tons di quest'anno. Un incremento dovuto all'aumento del 15% delle aree coltivate grazie all'ingresso di nuovi soci (oltre mille in totale) nel gruppo, che oggi conta 1.300 ettari coltivati a mele . “Un fattore – sottolinea il direttore Simone Pilati – che dimostra come il nuovo assetto organizzativo del consorzio sia stato riconosciuto dalla base agricola”. A livello produttivo la stagione è partita positivamente con Gala e proseguita sulla stessa lunghezza d'onda con Red Delicious, “grazie ad una qualità notevole dei frutti”, commenta Pilati. “Le piogge alternate al sole e al caldo mai eccessivo hanno consentito una maturazione perfetta delle mele. In questo modo riusciremo a gestire al meglio lo stoccaggio del prodotto per tutta la stagione arrivando fino ad aprile con Gala, a giugno con la Red e via via tutte le altre, senza alcun problema di qualità”. Attorno a metà settembre sono previsti i primi stacchi delle Golden mentre per fine mese le Granny Smith per concludere con le Fuji e le altre varietà tardive. “Quest'anno il livello qualitativo – assicura Pilati – è ottimo per tutte le tipologie”. Il manager trentino conferma come sia per Gale che per Red il mercato stia dando buone risposte. “in più quest'anno – insiste – rispetto al 2015 c'è la forza del prodotto, davvero di ottima qualità”. Sul fronte export, stabile attorno al 50%, le potenzialità rimangono buone, grazie all'ampia diversificazione delle destinazioni (una

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Federico Barbi di Melinda e Simane Pilati, direttore la Trentina

quarantina). “L'eccellente prodotto di quest'anno e la conseguente ottima tenuta della conservabilità, ci consentirà di penetrare anche mercati lontani come l'Asia, il Canada, il Brasile”. I problemi rimangono semmai nell'area del Nord Africa, specialmente in Algeria. “Qui il mercato è precluso a causa della mancanza di autorizzazioni al commercio. Peccato perché è un Paese strategico, specie per le Golden. In Egitto invece si lavora a pieno regime”. Spostandosi in Alto Adige - che anche quest'anno raggiungerà la soglia del milione di tons di mele prodotte - per il consorzio Vog di Terlano (Bolzano) si prevede un lieve aumento, attorno al 3%, per Gala, Red e Braeburn, mentre la Golden manterrà il livello dello scorso anno. La Granny invece subirà un calo produttivo del 6%. Solo la Fuji inverte la tendenza e registra un netto -14%, molto al di sotto rispetto all’anno precedente. Per le mele a club, dopo un’annata 2015 piuttosto sfavorevole, si prospetta un raccolto pieno. Anche per Vog il raccolto 2016 dal punto di vista qualitativo è previsto di gran lunga superiore a quello dell’anno precedente: non avendo dovuto sopportare i picchi di calore dell’estate del 2015, le mele si presentano quest’anno di buona qualità e consistenza, che fanno presagire ad un'ottima conservabilità e shelf-life. Per i soci del Consorzio, la raccolta è iniziata il 10 agosto con i primi carichi di Gala nella terza settimana di

agosto. “I mercati sono ricettivi, le mele d’oltremare sono disponibili in quantità limitate e quotate a prezzi alti – dichiara Gerhard Dichgans, direttore del Vog – la domanda delle nuove Gala è stata subito molto attiva sia in Germania che nei Paesi scandinavi, ma anche da tutto il bacino mediterraneo”. “Anche quest’anno il raccolto record della Polonia costituisce un fattore di criticità, sia per gli stessi coltivatori polacchi, sia per i produttori dell’Europa occidentale, che avvertiranno la pressione sui prezzi”, fa notare il manager altoatesino. “Questo a fronte della riconferma dell’embargo della Russia e della crisi finanziaria di alcuni dei principali Paesi importatori del Nord Africa”. Sull’altro versante il cambio euro/dollaro favorisce l’esportazione verso i mercati del bacino mediterraneo e oltreoceano. Negli ultimi anni questi Paesi sono diventati mercati strategici per i distributori di mele dell’Alto Adige. “La domanda di mele fresche ad inizio stagione è alta. Dopo una stagione che per molti aspetti ha deluso consumatori e clienti – spiega Dichgans – quest’anno possiamo disporre di frutta di ottima qualità con un’apertura di stagione vivace. Inoltre il ritardo nel raccolto dell’Europa del Nord consente alle mele dell’Alto Adige di guadagnare spazio sul mercato nelle prossime settimane”. Anche il raccolto delle nuove mele club è di buon auspicio. “Con Jazz®, Pink Lady® e Kanzi® lo Settembre 2016


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Il From punta al raddoppio sul promettente mercato indiano Per le mele italiane l'India rappresenta un mercato sempre più interessante, dalle enormi potenzialità, che nell’annata appena partita potrà diventare una destinazione in grado di dare più di qualche soddisfazione. Lo sa bene il Consorzio From - creato nel 2009 dai quattro big del comparto in Trentino Alto Adige, ovvero Melinda, La Trentina, VOG e VIP – che, dopo la chiusura, a causa dell’embargo, della Russia, iniziale mercato di riferimento per le vendite, sta indirizzando la propria attività commerciale proprio sull'India. “In questo Paese – sottolinea il direttore Nicola Zanotelli – già lo scorso anno abbiamo registrato una domanda superiore all'offerta, nonostante il prodotto offerto non fosse di elevata qualità. I prezzi tuttavia sono stati soddisfacenti. Quest'anno invece il livello qualitativo è nettamente migliore - aggiunge il manager di From - e contiamo in generale di raddoppiare i volumi, passando da 5 mila a 10 mila tonnellate, per la quasi totalità destinate al mercato indiano”. Le prospettive sono incoraggianti: “Gli indiani conoscono principalmente le mele degli Stati Uniti, che nel Paese asiatico inviano in media qualcosa come 100 mila tonnellate di volumi (in particolar modo Red Delicious e Gala), sebbene quest'anno si siano fortemente ridotti i quantitativi. In queste ultime stagioni abbiamo dimostrato che siamo un’ottima alternativa alle mele statunitensi. Il mercato indiano con 1,2 miliardi di consumatori ha potenzialità infinite ma non è facile da gestire. Da una parte perché la popolazione che realmente si può permettere le nostre mele è ristretta, dall'altra perché ci sono delle carenze dal punto di vista logistico. La catena del freddo è pressoché assente. Le aziende del settore sono molte e frammentate. Infine lo sbarco della merce si concentra quasi totalmente su due porti, quello di Chennai, nel sudest del Paese, e di Mumbai. Sebbene in India si preferiscano le varietà rosse proveremo ad effettuare dei test con la Golden. Le chances comunque per ottenere buoni risultati ci sono”. Sul panorama generale, invece, le incognite rimangono: la Polonia rischia di essere una mina vagante in grado di disturbare le produzioni europee, comprese quelle italiane, mentre l'instabilità politica e sociale del Nord Africa crea ancora un clima di eccessiva incertezza. Poi continua a pesare l'embargo russo: “A due anni dal blocco - sottolinea Zanotelli - siamo ancora in contatto con i nostri clienti russi, e il nostro marchio rimane conosciuto. Indubbiamente una volta riaperto quel mercato ci sarà da lavorare molto per ripartire”. (e.z)

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scorso anno abbiamo chiuso un mese prima – conclude Dichgans -. Quest’anno siamo in grado di garantire i volumi ai clienti e di pianificare una stagione piena. E per le Envy®, il Vog raddoppia il volume del raccolto. Questa varietà è stata presentata per la prima volta lo scorso anno in Italia e in Spagna e ha avuto un notevole successo, tanto che già oggi i clienti chiedono quando potranno fare il primo ordine”. “La stagione che si sta aprendo non sarà facile – conclude Dichgans - ma offre nuove opportunità e prospettive positive”.

MELA

Gerard Dichgans, direttore di VOG e Josef Wielander, direttore di Vi.P

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C'è un certo ottimismo anche in casa di Vi.P, l'associazione delle cooperative della Val Venosta. I primi raccolti di Gala sono iniziati nella settimana 36 (dal 5 settembre) con riscontri più che soddisfacenti. “Le bellissime e soleggiate giornate di queste settimane alternate alle notti molto fresche hanno donato una colorazione eccezionale alle mele”, afferma soddisfatto Josef Wielander, direttore di Vi.P. “Dalle prime valutazioni pare che mancherà attorno al 15% del prodotto in generale a causa delle gelate primaverili. Inoltre sembra che mancheranno frutti con pezzatura medio-grande, in particolare con calibri 80 e oltre. Un po' un peccato perché il mercato appare dinamico. Ad ogni modo siamo fiduciosi di ottenere buoni risultati da una campagna che appare migliore di quelle scorse”. Intanto la prima parte del 2016 ha portato i frutti sperati al gruppo altoatesino, supportato anche dal rinnovo del marchio con le due coccinelle che ha portato fortuna. “Il giudizio sulla stagione è positivo - continua Wielander non ci sono da fare salti di gioia, però la remunerazione è superiore a quella dello scorso anno, e noi possiamo ritenerci soddisfatti per i nostri contadini. Ora attendiamo con cauto ottimismo le risposte per la nuova annata appena partita”. www.corriereortofrutticolo.it

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Premesse piuttosto incoraggianti per il comparto delle pere. L'andamento iniziale della stagione conferma, per lo più, le indicazioni fornite dal Prognosfruit di Amburgo a inizio agosto. Al 7 settembre la raccolta di Abate e Kaiser era in pieno svolgimento, come precisa il presidente dell'Organismo interprofessionale pera Gianni Amidei, “mentre per Conference e Decana si è quasi terminato. Il raccolto in linea generale potrebbe essere inferiore anche alle prime indicazioni (almeno per Abate, Conference e Kaiser), con un -5, -10% sulle prime previsioni che segnavano già dei cali produttivi, sia a livello italiano che europeo. Ad oggi – sottolinea Amidei – il prodotto si presenta bene, per colore, forma e durezza. Ci sono le prerogative per realizzare una buona stagione”. Di conseguenza per il numero uno dell'Oi Pera le quotazioni potrebbero ulteriormente alzarsi rispetto alle prime indicazioni che già offrivano valori medio-alti. “Per le pere estive come Carmen e Santa Maria il mercato finora è stato piuttosto dinamico – spiega Amidei – con vendite più spedite rispetto agli ultimi anni, sia in Italia che all'estero con prezzi che nella media si sono attestati attorno ai 70-75 centesimi per frutti di calibro 60+”. Come organismo interprofessionale continua il monitoraggio riguardo le previsioni di raccolta mentre si danno suggerimenti agli operatori aderenti su come muoversi in fase di raccolta. A tal proposito in occasione del Macfrut di Rimini l'Oi organizza una riunione per discutere della stagione, che va ad aggiornare l'incontro del Comitato di coordinamento dell'organismo dello scorso agosto incentrato sull'analisi della situazione produttiva delle Settembre 2016

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Quest’anno è un’altra storia Il mercato delle pere è in ripresa “Ci sono tutte le premesse per una buona campagna commerciale” afferma Luca Granata di Opera. L’estero cresce del 25%. Bastoni: “Buona partenza” pere a livello europeo. In linea di massima ad inizio settembre la campagna di raccolta delle pere era circa a metà. Come anticipato erano ancora in fase di raccolta (più o meno avanzata) le varietà Kaiser, Decana e soprattutto la regina del mercato, la Abate. Proprio per questo, è improntato come sempre a grande

Prognosfruit. In Spagna il raccolto più contenuto degli ultimi 10 anni I dati previsionali presentati a Prognosfruit 2016 ad Amburgo, con la collaborazione di CSO Italy, evidenziano un’offerta complessiva di pere per il 2016 pari a 2.170.000 tonnellate nella UE28, un valore che segna un 9% sia rispetto al 2015 sia rispetto alla media produttiva del periodo 2013-2015. Si tratta di una delle produzioni più contenute dell’ultimo decennio. Quasi tutti i Paesi produttori vedono una flessione di offerta rispetto all’anno scorso: Belgio 10%, Francia -14%, Italia -11% e Spagna -12%. Il Portogallo presenta un quantitativo della cultivar Rocha sugli stessi livelli del 2015 ma molto più basso rispetto all’ultimo decennio. La produzione olandese potrebbe confermare il livello di offerta dell’anno precedente, segnando +1% sul 2015, anche grazie all’assenza dei problemi climatici che hanno frenato le rese nel vicino Belgio. In queste aree (Portogallo, Belgio e Olanda) si conferma

l’espansione delle superfici a pere mentre, nel resto dell’Europa, queste appaiono in diminuzione. In Spagna è atteso il raccolto più contenuto degli ultimi 10 anni. Tra gli altri Paesi europei, si prevede un calo in Germania e Polonia (rispettivamente -16% e 19% sul 2015) e variazioni ancor più negative in Croazia, Slovenia, Bosnia e Repubblica Ceca. Mostrano invece il segno positivo l’Ucraina (+2%), la Romania (+16%) e la Moldavia (+1%). Si conferma la progressiva espansione dell’offerta della Turchia (+5%) e del Regno Unito (+12%). Sul piano varietale, Conference rappresenta oltre il 40% del totale dell'offerta europea ma vede scendere il proprio potenziale produttivo del 5% sul 2015. Abate Fetel e William scendono entrambe di oltre 10 punti percentuali sulla passata stagione ed anche rispetto alla recente media storica. Solo Rocha denota una certa stabilità.

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Gianni Amidei presidente dell’OI Pera, Luca Granata di Opera e Ilenio Bastoni, presidente di Origine Group

cautela il commento di Luca Granata, direttore generale del Consorzio Opera Sca, il polo aggregativo che rappresenta 210 mila tonnellate di pere (tra Emilia Romagna, Veneto e bassa Lombardia), pari a circa il 30% della produzione nazionale. “Si stanno confermando le previsioni della vigilia”, dice il manager rodigino. “A fronte di un calo generale delle quantità raccolte valutabile in un 10-11%, registriamo una buona pezzatura accompagnata da un buon grado zuccherino. Il calo dell’offerta rilevato anche in tutti i Paesi europei produttori di pere pone le premesse per una buona annata commerciale, anche se ovviamente ci sono ancora tante variabili di cui tenere conto”. “La raccolta ad oggi è circa al 50% del totale e sta proseguendo regolarmente” precisa Granata, e in particolare per la Abate “siamo tornati a una pezzatura buona se non buonissima, il che lascia pensare a condizioni di mercato più favorevoli, tenendo anche conto della minore offerta”. Finora il venduto rappresenta appena il 5% della produzione totale (“finché c’è caldo è normale che la gente preferisca consumare soprattutto frutta estiva”, sottolinea il manager veneto) comunque sia i volumi commercializzati sia i prezzi “sono uguali se non superiori a quelli dell’anno scorso a parità di data”, grazie ad un equilibrio migliore tra offerta - più

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bassa - e domanda - uguale o in leggera crescita - rispetto all’anno scorso. Sul fronte export Granata conferma le percentuali del bilancio consuntivo approvato il 1° agosto scorso: +25% di export rispetto alla campagna 2014-2015, con le vendite all’estero che rappresentano il 40% a valore e il 36% a volume sulla produzione totale dei soci di Opera. Esportare di più si può? “Prevediamo di mantenere questi livelli e anche di aumentarli se ci saranno le condizioni. All’estero si fanno grandi volumi ma bisogna valutare a quali condizioni e a quali prezzi in rapporto alla remunerazione del prodotto, che è quello che conta per le mille imprese agricole nostre associate”. Si dice che nel cantiere di Opera Sca siano in arrivo importanti novità, su cui però Granata tiene la bocca rigorosamente chiusa. Facile prevedere che riguarderanno lo sviluppo organizzativo “che progressivamente porterà i soci ad affrontare il mercato in qualsiasi area geografica come un’azienda realmente unica”, come recitava il comunicato ufficiale dell'1 agosto. Aggregazione e politica di marca sono le stelle polari della mission di Opera. "Solo così si potrà ottenere una migliore valorizzazione della nostra produzione di pere e la reale sostenibilità economica per un elevato numero di aziende agricole impegnate nella coltivazione del pero”.

Anche Ilenio Bastoni - presidente di Origine Group, consorzio nato dall'alleanza strategica tra nove player di primo piano del settore (Afe, Apofruit, FruttaC2, Granfrutta Zani, Kiwi Uno, OP Kiwi Sole, Pempacorer, SalviUnacoa, Spreafico) - preferisce non sbilanciarsi troppo sulle previsioni. “La produzione si presenta da un punto di vista quantitativo leggermente inferiore rispetto allo scorso anno”, conferma il manager, che come è noto è anche il direttore generale di Apofruit. “Il clima ha favorito la qualità delle pere e calibri sostenuti, il che consentirà di avere pezzature mediamente superiori rispetto allo scorso anno". La fiducia non manca: “Il mercato è partito con il piede giusto, con prezzi interessanti. Le prospettive sono positive”, assicura Bastoni. Per Origine quindi ci sono le condizioni per migliorare ulteriormente i numeri del primo anno di attività. Focalizzato su due prodotti d’eccellenza come pere e kiwi con azioni commerciali indirizzate specialmente all'estero e in particolare in Asia e Medio Oriente, il gruppo nell'annata 2015-2016 ha commercializzato 220 mila tonnellate tra i due prodotti, di cui 85 mila tons di pere e 135 mila tons di kiwi. “Volumi - dice il presidente, Ilenio Bastoni - che sono andati ben oltre le aspettative e che motivano la soddisfazione dei soci del consorzio”. (em.zan. - l. frass.) Settembre 2016


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