La Cascata Scena estesa e non censurata di Nemici di Letto di Gina L. Maxwell
Traduzione amatoriale a cura del Team CrazyforRomance, vietata la riproduzione. Continua a seguirci ogni domenica per altre traduzioni inedite su: www.crazyforromance.blogspot.it .
Senza aprire gli occhi o abbandonare la sua posizione da diva, Vanessa urlò per sovrastare il rumore della cascata. “Ci stai mettendo una vita li, non mi ero resa conto che in realtà dovevi tesserla la coperta prima di sistemarla.” Oh, davvero? Il suo parlare schietto portò un sorriso furbo sul suo viso e gli fece uscire il suo lato giocoso. “Adesso arrivo!” Saltellando lungo il bordo della piscina naturale verso il sentiero che conosceva abbastanza bene da poterlo percorrere al buio, si arrampicò sulla formazione rocciosa in cima alla cascata. Una volta che fu in piedi stabilmente su una grossa pietra che sporgeva sopra il flusso dell’acqua che si muoveva veloce, mise le mani a coppa intorno alla bocca e richiamò l’ attenzione della bellezza al bagno che stava a circa 10 metri sotto di lui. Quando lei lo vide saltò rapidamente in piedi e urlò qualcosa che sembrava terribile come un insulto alla sua intelligenza. Fare finta di non essersi mai tuffato proprio da quel punto centinaia di volte prima di allora forse era crudele, ma il monello birichino dentro di lui non poteva resistere a un piccolo scherzo. “Non preoccuparti, sono certo che andrà tutto bene, non sembra troppo difficile!” Senza un’altra parola saltò più lontano possibile dal bordo della roccia e godette della sensazione della caduta libera con l’acqua che correva rombando. Entrò in acqua coi piedi e si lasciò affondare nelle fresche profondità sentendosi rivitalizzato all’istante mentre arrivava fino al fondo del lago per poi spingersi coi piedi per tornare in superficie. “Ma sei fuori di testa? Potevi scivolare e aprirti il cranio in due.” Lui guardò nella sua direzione e vide un’infuriata ninfa in ginocchio, aggrappata alla sua roccia, che lo fissava mettendocela tutta per farsi vedere arrabbiata. “Che succede, Rossa?” le chiese mentre nuotava verso di lei. “Hai paura di perdermi per colpa di un piccolo tuffo dalla scogliera?” “Certo che no. Ero preoccupata di non trovare la strada per tornare indietro dalla montagna da sola dopo che avresti sanguinato come un idiota.” Dannazione, amava quella sua boccaccia. Ridendo, la trascinò in acqua con lui. Presto
stava ridendo con lui, e trascorsero una buona mezz’ora a schizzarsi e inzupparsi l’un l’altra in un gioco di dare e avere inseguendosi come il gatto col topo. Respirando affannosamente dopo aver giocato, si sollevarono sulla roccia dove Vanessa si era sdraiata a prendere il sole prima. Le loro gambe penzolavano nell’acqua mentre si appoggiavano indietro sulle mani. Lei sospirò forte e fissò lo scenario davanti a loro. “Questo posto è magico, Jackson.” Si girò a guardarlo. “Grazie per avermi portato qui. Per aver condiviso questa parte della tua vita con me.” Le sue parole gli fecero contrarre l’inguine e gonfiare il cuore. Voleva condividere molto di più con lei se glielo avesse permesso. E aveva intenzione di dirglielo. Ma non adesso. Ora voleva solo perdersi nel suo odore, nel suo sapore, nel suo corpo, in lei. Sporgendosi, la baciò, lento e gentile, assaporando l’appassionata risposta che gli stava dando. Si chiese se avesse una vaga idea di quanto facilmente lei gli facesse svelare se stesso. Lui si ritrasse. “Sei mai stata in piedi sotto una cascata?” lei scosse la testa. “Vieni” Jax la guidò verso la parte destra della cascata principale, dove l'acqua cadeva ancora sul muro di roccia ma senza la portata e la forza che aveva nel centro. C'era inoltre una sporgenza abbastanza grande da poterci stare in piedi nelle vicinanze dell'acqua. Prendendola per mano per aiutarla a sostenersi, la tenne salda finché non riuscì a fare dei passi sicuri da sola. Un sorriso ampio le si stampò in faccia mentre alzava le braccia nell'aria per tagliare la sottile cortina d'acqua che sgorgava dietro di lei. Jax era stregato mentre la guardava che piegava la testa all'indietro e rideva con la gioia pura che si prova quando hai esperienza di una delle meraviglie di madre natura. Cresciuto in una città lontana dal mare, non aveva mai saputo di avere una tale affinità per l'acqua finché non si era trasferito nelle isole. La prima volta che aveva visto il Pacifico, l'oceano lo aveva chiamato a se come la luna chiama un lupo solitario. E da allora, l'acqua era diventata una parte importante per lui come il combattere. E questo era il motivo per cui fare sesso che implicasse l'acqua – sia in una doccia, in una vasca idromassaggio, sotto la pioggia o una cascata – era una cosa che lo eccitava moltissimo.
Ed era anche il motivo per cui il suo uccello si era ingrossato e spingeva contro i confini del suo costume da surf. Jax si avvicinò, imprigionandola contro una roccia che era stata lisciata da centinaia d'anni di acqua corrente. Il sorriso di Vanessa si spense per la salda presa delle sue mani su entrambi i lati del suo collo. Il suo respiro divenne affannato, le sue pulsazioni schizzarono sotto il suo tocco, e le sue pupille quasi cancellavano il verde dei suoi occhi. Sfregò un pollice sul suo labbro inferiore, il modo in cui la carne piena lasciava spazio al suo tocco era così dannatamente erotico. “Hai una vaga idea di quello che mi fai?” la sua voce sembrava dura e rotta, come se l'avesse persa il giorno prima e stesse cominciando solo ora a tornare. “Ogni volta che ti guardo, perdo fottutamente la testa.” “Bene.” lei fece passare le unghie sui suoi addominali, lasciando tracce di bollente desiderio al loro passaggio. Poi mordicchiò la punta del suo pollice. “Allora siamo in due.” Sentendo il bisogno di baciarla come se fosse l'aria che respirava, Jax si chinò prese possesso della sua bocca. Muoveva le labbra sulle sue, spingendola contro le rocce finché l'acqua non le circondò il corpo, un bordo fluido sulle morbide curve che tentavano il suo io più primitivo. Le braccia di lei si ancorarono alle sue, le sue mani si aggrapparono alle sue spalle, e se lo spinse contro in modo che neanche l'aria poteva passare tra di loro. Spostando la metà inferiore del suo corpo, posizionò una delle sue gambe tra quelle di lei, agguantò il suo sedere con entrambe le mani, e la trascinò sulle sue cosce. Senza ulteriori istruzioni, lei roteò I suoi fianchi in modo da strofinare il suo sesso sul suo muscolo sodo. La sua lingua danzava con quella di lei alla musica roboante delle cascate che li circondavano. Lei sapeva di menta, caffè.. e lei. Nessuna aveva un sapore come il suo. Nessuna gli dava le sensazioni che gli dava lei. Nessuna l'aveva toccato – fisicamente ed emotivamente – come lei. “Fai l'amore con me, Jackson.” Cazzo, si. Aspetta.. raccogliendo ogni filo di forza di volontà che aveva disse, “Non qui.” Lei rispose con un “Si, qui.” e gli morse il labbro inferiore prima che la sua lingua entrasse nella sua bocca e spargesse le sue intenzioni ai quattro venti.
Quella donna era pericolosa. Aveva il potere di fargli perdere il controllo, qualcosa che non aveva mai provato prima con nessun'altra. Poteva facilmente perdersi nei suoi occhi smeraldo, perdersi per l'odore della sua pelle, o per il potere dei suoi baci. E non era sicuro che gli importasse di poter mai trovare una via d'uscita per tutto questo. Jax spostò il suo peso e sentì I suoi piedi scivolare leggermente sulla roccia, ricordandogli esattamente del perché avesse detto di no prima di cominciare. Staccò la sua bocca da quella di lei, ma prima di poter ripetere quello che aveva già detto e passare alla spiegazione sulla sicurezza, una delle mani di lei si insinuò verso il basso per passare sulla lunghezza del suo uccello duro prima di stringergli leggermente le palle. Fece un secco respiro attraverso I denti serrati e lasciò perdere con un gemito mentre si spingeva contro il suo palmo. Lei lo guardò con un sorriso malizioso, chiaramente orgogliosa di se stessa per avergli strappato una tale reazione. “Pensi sia divertente quando mi fai andare fuori di testa vero?” le chiese. Lei annuì, con uno scintillio da monella negli occhi incorniciati da umide ciglia appuntite. Le sue labbra, gonfie e rosse per I suoi baci, avevano il minimo accenno di un sorriso, come se sapesse che godere troppo di quel momento l'avrebbe portata in guai peggiori di quelli in cui già era. Donna intelligente. Donna testarda. Jax slacciò I suoi pantaloncini da surf e tirò fuori il lungo laccio piatto dalle asole. Poi unì i polsi di Vanessa dietro la sua schiena e li legò. “Ora,” disse, esultando per il sguardo shockato sul suo viso. “Vediamo quanto pensi sia divertente quando le regole sono ribaltate, Principessa.”
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Vanessa cercò di tirare i sui polsi dietro di lei per liberarsi. Non ci riuscì. Erano assicurati uno sull'altro con il laccio preso dai pantaloncini di Jax e giacevano nella parte bassa della sua schiena. “Okay,” disse calma, “Hai la mia attenzione. E adesso cosa?” Lui non rispose con le parole, ma guidandola con le mani. Girò i suoi fianchi verso di lui,
trascinandola più in alto sulle sue gambe finché solo le punte dei suoi piedi toccavano la roccia. La frizione mandò vibrazioni di lussuria che formicolavano nelle sue profondità, facendola bagnare in un modo che non aveva nulla a che fare con le cascate. Lo sguardo bollente negli occhi di Jax le diceva che lui sapeva esattamente che sarebbe successo. Mettendo le sue mani sul suo petto, gentilmente le spinse le spalle all'indietro sulla liscia superficie rocciosa. Con il corpo leggermente inclinato, le mani legate, e I piedi che a mala pena toccavano la superficie della roccia, non c'era molto che potesse fare. Vanessa era completamente alla sua mercé. Il suo cuore cominciò a correre e il rombo del sangue che correva nelle sue orecchie si univa a quello della cascata. Ancora una volta si trovò a percorrere una linea sottile, incapace di lasciarsi andare in un modo o nell'altro. La Vanessa che pretendeva rimaneva al comando in guerra con la nuova Vanessa che agognava la libertà di lasciar andare quel controllo. La libertà di sottomettersi a qualcun altro. No, non qualcun altro, se ne rese conto. Solo lui. In qualche modo lei sapeva che non farebbe mai più sentita in questo modo con nessun altro se non Jackson. “Perfetta.” disse. apprezzando il suo lavoro mentre faceva passare un dito al centro del suo corpo, causandole brividi lungo la spina dorsale. Arcuando la schiena si ricordò che aveva le mani legate dietro di lei. Cedere il controllo era una cosa, ma non era sicura di poter sopportare di essere fisicamente legata e inerme. “Io..” sebbene circondata dall'acqua, la sua gola completamente asciutta. Si leccò le labbra fece del suo meglio per mandar giù la saliva. “Non penso..” “Non pensare. So di cosa hai bisogno, V. Non solo il tuo corpo, ma tutto di te.” appoggiò I suoi avambracci ai due lati del suo corpo e si piegò su di lei, con il suo fiato caldo che le sventolava l'orecchio mentre parlava. “Fidati di me.” Fidati di me. Le sue parole erano un misto di comando e preghiera con un accenno di sfida. Jackson le elargiva piccole leccate leggere come piume sul labbro inferiore, ma quando lei alzò la testa per catturare la sua bocca, lui si tenne appena fuori portata. Gli
occhi seri fissi in quelli di lei, per bloccare la sua protesta. “Ti fidi di me?” Si fidava. La sua mente continuava ad essere contraria, ma il suo cuore si fidava di lui implicitamente. Vanessa annuì. “Non va abbastanza bene.” la sua voce era tesa, quasi come se si stesse rinforzando per sostenere una risposta che non voleva sentire. “Dammi le parole, V.” Senza esitazione, lei cercò di rassicurarlo con gli occhi nel modo in cui avrebbero voluto farlo le sue mani, e disse, “Mi fido di te” Ogni muscolo della sua faccia fremette mentre il sollievo era sostituito dalla familiare intensità che Jax trasudava. Il desiderio li colpì come un fulmine in ogni punto in cui la pelle incontrava altra pelle. Potenti correnti viaggiavano lungo di lei prima di unirsi e pulsare profonde nel centro del suo essere. Il bisogno era diventato una cosa vivente dentro di lei, e chiedeva delle risposte. Pretendeva di essere soddisfatto. “Bene,” disse Jax. “Perché ho intenzione di darti una lezione.” “Che tipo di lezione?” “Il tipo dove tu impari che se ti dico qualcosa, ho le mie dannate ragioni.” Spostò I triangoli di materiale che le coprivano I seni verso l'esterno lungo il nastrino basso del reggiseno finché non fu completamente esposta. I suoi capezzoli si indurirono mentre la brezza tropicale e l'umidità della cascata passava sopra di loro. “Allora, qual'era la tua ragione per dire di no?” “Non è sicuro qui.” mise I palmi sul suo seno, impastandoli con le sue dita forti, passando le punte grezze dei suoi pollici sui suoi boccioli sensibili. Il calore fluiva nel suo sesso e lei ruotò il bacino sulla sua coscia, cercando di alleviare un po' della sofferenza. “È troppo facile scivolare su queste rocce se siamo distratti.” “Allora perché-” l'ultima parte della sua domanda fu rimpiazzata da un sonoro Uhm e un'altro giro dei fianchi quando Jackson le strizzo I capezzoli. Lei sentì a mala pena la sua risatina profonda sopra il suono dell'acqua che si tuffava nella piscina naturale, ma non c'era modo di ignorare il suo sorriso da lupo mentre le sue mani scivolavano lungo le sue costole e giù per il suo stomaco. “Perché tu sei l'unica che sta per essere distratta. Ora.” disse, ancorando le dita nel davanti e nel didietro della parte bassa del suo bikini, “Basta domande.” con un veloce movimento spostò il
materiale di lato. Il contatto ustionante pelle contro pelle l’avrebbe messa in ginocchio se non fosse stata a cavalcioni sulle sue gambe. Le labbra del suo sesso, gonfie e scivolose pizzicavano per la pressione della sua coscia dura. Ma quello era nulla in confronto a quello che le fece dopo. Agguantandole le gambe, Jax la guidò con un movimento che la faceva sfregare sulla sua gamba – avanti e indietro, avanti e indietro – con la leggera peluria che aggiungeva sensazioni alle sensazioni. Ogni rotazione del suo bacino la faceva sciogliere all’interno, un pezzetto alla volta. Il suo clitoride si sentiva come se lo stesse stuzzicando lui con le dita con lunghe, lente passate, ma le sue mani erano ancora aggrappate ai suoi fianchi sostenendola. Cercò di muoversi più velocemente per cominciare la corsa verso il suo crescente orgasmo, ma la sua presa salda la teneva a quel ritmo lento che la stava facendo impazzire finché non pensò che ne poteva morire. “Proprio così, piccola.” La sua pelle super sensibile non fece nulla per proteggere i suoi nervi scoperti dal sentire come se ogni goccia d’acqua le colpisse zone erogene che la scienza non aveva ancora scoperto. I suoi seni fluttuavano e i suoi capezzoli si erano induriti fino al punto di farle male. Lui abbassò la testa e ne succhiò uno tra i denti, lambendolo con la punta della lingua prima di fare lo stesso con l’altro. Vanessa ansimò, le sensazioni erano devastanti e la stavano portando sempre più vicina a quel magnifico punto di non ritorno. “Oh, sono così vicina. Sto per –“ “No,” disse calmo. “Aspetterai.” Lei lo fissò nei suoi occhi color caramello e lo implorò. “Ti prego, Jax.” Lui si sporse sul suo corpo, le morse il lobo di un orecchio. Il dolore acuto sfrecciò dritto verso il suo clitoride, che formicolava per ogni piccolo movimento, e ancora lui la stava sfregando sulla sua gamba con quel lento movimento che la faceva star male. Lei non aveva più bisogno di un ritmo più veloce. Era così sensibile che avrebbe potuto andarsene in ogni minuto. Sarebbe stato così semplice lasciarsi andare, lasciarsi esplodere e cadere. Ma in un così piccolo lasso di tempo, si era allenata a desiderare
ardentemente che lui prendesse il controllo durante il sesso. A bramare la propria sottomissione. Dopo aver ammorbidito le punte con le labbra, tornò a parlale nell’orecchio. “Chi può dirti quando puoi venire, Principessa?” Gli occhi di lei si chiusero, il tono di commando della sua voce era come un balsamo per la sua anima, non importava quanto sarebbe stata frustrata. “Tu.” “Dio, non hai idea che cosa mi fa sentirti dire questo.” Le sue mani si spostarono per aggrapparsi al suo sedere prima che si mettesse in piedi di nuovo e le dicesse, “Vai avanti, V. lascia che ti guardi mentre esplodi.” Senza esitazione lei sostenne il suo sguardo mentre si sfregava più forte e più veloce sulla parte superiore della sua coscia. I loro bacini erano così vicini ora che la parte interna della gamba di lei si sfregava contro di lui in un modo che gli fece contrarrei muscoli della mascella. Le dita di lui affondarono nella carne del suo sedere, spronandola. Le vibrazioni dentro di lei salirono alte, si sparsero in modo più ampio, finché la consumarono fino al punto di combustione. Finalmente, con un ultimo, forte sfregamento la tensione esplose. Il mondo intorno a lei cessò di esistere mentre una serena oscurità la avvolgeva e si afflosciò sul suo forte torace. Sentì il legaccio intorno ai suoi polsi sciogliersi e il suo costume rimettersi apposto per coprirla, poi divenne leggera, come senza peso, mentre lui la prendeva in braccio e la cullava. Con quel poco di forza che aveva ancora allacciò le braccia dietro il suo collo e aprì gli occhi per trovarlo che la stava fissando. Poteva quasi vedere il turbinio di pensieri nella sua mentre, lui sembrava così intenso. Ma non importava quanto duramente ci provasse, non poteva indovinare quali fossero. Avevano a che fare con quello che era appena successo? O qualcosa di questo posto? Erano buoni o cattivi? Merda, quando era diventata così nevrotica? “Va tutto bene?” gli chiese. Lui sbatté gli occhi, poi le fece il sorriso che la faceva sciogliere dentro. “Meglio che bene. Sei affamata?” “da morire.”
“Bene. Ho portato alcune cose che penso ti possano piacere.” La trasportò sulle rocce facilmente come se fossero state piatte, asciutte e lei pesasse poco più di una piuma. Una tale grazia in un uomo così grosso non solo sfidava i principi della fisica, ma li schiaffeggiavano in faccia. Le fece anche accendere dentro qualcosa di fiero. Una volta raggiunte le coperte, Jax la posò per terra e ed iniziò a frugare nel piccolo frigo box. I raggi solari rimbalzarono sulla sua pelle abbronzata e sull’immagine scura del suo tatuaggio. Le onde sembravano incresparsi e distendersi con la stessa naturale semplicità con cui i suoi bicipiti si contraevano e rilassavano. Adorava le sue braccia. Così forti e possenti. Vanessa non riusciva a ricordare di essersi mai sentita più protetta e al sicuro di come quando Jackson la teneva stretta a sé. Si distese sul plaid accanto a lui e disse, “ All’improvviso mi sento affamata...ma non di cibo.”
La bocca di Jax si
sollevò ad un angolo quando si voltò per guardarla. Quello che hai in mente è previsto come dessert, principessa. E generalmente viene servito come ultima pietanza, dopo i piatti principali.” Vanessa si morse per un istante il labbro e poi ricordò quello che una sua collaboratrice le aveva raccontato una volta. Durante le occasioni “speciali”, ai suoi bambini era permesso mangiare il dessert come cena e guardare film fino a tardi. “Questo è un giorno speciale, non sei d’accordo? Quindi, dovremmo aver diritto a ricevere prima il nostro dessert.” “Uhm..non saprei.” Disse lui dubbioso “Questo, sembra una terribile infrazione alle regole.” Si mostrò per un secondo delusa ma poi vide Jax scoppiare a ridere. Lo colpì ripetutamente sul braccio cercando di allontanarlo quando lui la placcò per darle un bacio riappacificatore. I suoi tentativi di resistergli durarono solo qualche secondo perché anche lei iniziò a ridere cedendo alle sue irresistibili labbra. Un minuto dopo le cose erano definitivamente appianate e Jackson le consentì di passare direttamente al “dolce”. Ma si trovò spiazzata quando lui continuò a tirar fuori contenitori di plastica dal frigobox anziché continuare a deliziarla con il suo bacio. Decise di lasciargli gestire il gioco e vedere cosa avesse in serbo per lei. Jackson recuperò una bottiglia dalla borsa e due calici dallo zaino. “Sete?”
“Oh, champagne! Assolutamente sì.” Tenendo sollevata la bottiglia sull’erba, ne estrasse il tappo ed attese che la schiuma diminuisse. Poi versò lo champagne nei bicchieri e ne porse uno a Vanessa. Ripose la bottiglia nel frigo box e si girò verso di lei stringendo tra le mani una piccola scatola bianca. Quando i loro occhi s’incrociarono, la comicità di quella situazione era del tutto scomparsa rimpiazzata da un’intensa serietà. Qualcosa che Vanessa aveva visto in Jackson solo di rado. Lo conosceva soprattutto come mister fascino & provocazione. Ed ebbe la netta sensazione che non fossero in molti ad aver conosciuto questo lato della sua personalità. Un aspetto del suo carattere che aveva saputo nascondere dietro la facciata scherzosa e civettuola che si era minuziosamente costruito. Una superficie invisibile a cui lui aveva alluso durante le loro conversazioni sul loro passato. E che ora le stava nuovamente mostrando senza veli...per quale ragione? Perché proprio lì ed in quel momento? “Champagne e regalo?” Gli chiese sollevando un sopracciglio. “Sbaglio o qualcuno sta aumentando la posta in gioco?” “Non sto facendo nessun gioco con te, Vanessa. È estremamente importante che tu lo capisca.” Per lungo tempo, lei lo aveva studiato nella speranza di scorgere il suo segreto negli occhi color caramello o nelle linee severe della sua mascella. Ma senza riuscirci, quello che aveva trovato fu, invece, sincerità. Qualcosa di onesto, qualcosa di puro, che la convinsero di non essere solo la preda di turno. Un’altra tacca sulla sua testiera. “Ti credo” Rispose lei dolcemente Un palpabile senso di sollievo calò su di lui. “Aprila!” Sollevò il coperchio e ne tirò fuori una bellissima collana. Alla sua estremità pendeva un ciondolo costruito da due pezzi. Nella parte superiore pendeva un vetro quadrato color acquamarina e nella parte inferiore una stella marina in peltro. Gli sorrise sentendo le lacrime affiorarle agli occhi. “Una stella marina” Lei gli sorrise tra gli occhi pieni di lacrime. “Una stella di mare.” Lui le fece quel brillante sorriso che gli faceva venire le fossette. “Quello che vuoi. Vieni, lasciati aiutare a metterla.”
Qualche secondo dopo era allacciata e il metallo freddo della stella di mare si scaldò posizionato al centro del suo torace. “La adoro, Jackson. Grazie mille.” “Prego, Principessa. “ la baciò deciso e veloce. “Adesso, mangiamo.” Appoggiando il suo bicchiere in cima al refrigeratore vicino alla bottiglia, cominciò a rimuovere I coperchi a tutti I contenitori. Uva bianca ghiacciata, grossi pezzi di ananas succoso, enormi fragile rosso-rubino e spicchi d’arancio pelati. La vista era praticamente orgasmica. Prese un chicco d’uva e si deliziò per il sonoro schiocco che fece mentre lo mordeva tra la pelle e il succo, la combinazione perfetta di acido e dolce le fluiva in bocca. “Mmm, è così buono. Che cosa c’è in quei due contenitori?” “Ah, bene, se la frutta è la torta, questi potrebbero essere la glassa,” disse rimuovendo I loro coperchi. “Panna montata fatta in casa e riccioli di cioccolato fondente” “Se non ti stessi già permettendo di usare i tuoi modi perversi con il mio corpo, con questo te lo avrei permesso. Tanto per dire.” “Buono a sapersi.” Prese fuori una fragola, la immerse nella panna, poi spruzzo le scagliette di cioccolato sulla punta. Vanessa guardò il decadente miscuglio come se la sua vita dipendesse dall’assaggiarlo. Jax spostò il peso del corpo sulla sua mano libera dietro di lei, sporgendosi vicino al suo corpo, con in mano la fragola davanti a lei. Quando fu a solo pochi centimetri, lei aprì la bocca, ma lui la tirò indietro. “No.” Il tono di comando che usava durante i loro incontri sessuali la sorprese e le mandò un’ondata di piacere tra le gambe mentre lo guardava interrogativa. “Te lo dirò io quando.” Se un uomo le avesse parlato in quel modo prima, lei gli avrebbe riso in faccia e detto di baciarle quel suo culo bianco come un giglio. Ma raramente lei era uscita con uomini prepotenti e a cominciare proprio da quella ragione. Molti anni prima aveva preso la decisione di non cedere mai il controllo ad un uomo come invece aveva fatto sua madre, e questa si era insinuata nella sua vita di tutti i giorni finché non era diventata una vera maniaca del controllo. E nella maggior parte dei casi le era stato davvero utile, specialmente nella professione. Ma quello che non aveva mai realizzato fino ad un paio di giorni prima era che il bisogno di controllo l’aveva resa esausta e frustrata. Dopo anni in cui non aveva mai allentato la
pressione, il suo cervello aveva disperatamente bisogno di una pausa. Una possibilità di lasciarsi andare e credere che qualcun altro sarebbe potuto subentrare e darle quello di cui aveva bisogno senza approfittarsi della sua vulnerabilità. Jackson le dava proprio quello. Lui era così in sintonia con lei e il suo corpo. Sapeva che lei desiderava passare il controllo perfino prima che ne fosse consapevole lei stessa. Sapeva quanto lontano poteva spingerla e quando era abbastanza lontano. E in quei pochi giorni soltanto in cui erano stati insieme, aveva in qualche modo allenato il suo subconscio ad abbandonare istantaneamente il suo bisogno di controllo quando scivolava nel suo ruolo più dominante con lei. Sentire se stessa scivolare nel suo ruolo, opposto a quello di lui – insieme al modo elettrico in cui i sui nervi fremevano in attesa del suo tocco, dei suoi baci, dei suoi morsi – era un sovraccarico erotico già di per se. Jax portò la fragola alla sua bocca di nuovo, ma questa volta lei tenne le sue labbra così com’erano, leggermente socchiuse. Sporcò il labbro superiore con la panna cosparsa di cioccolato. “Usa quella bella lingua che ti ritrovi e lecca via la panna. Lentamente.” Guardando in su verso di lui attraverso le ciglia, fece come le era stato detto, leccando tutto sul suo cammino e portandosi il tutto in bocca. Chiuse gli occhi su un gemito beato mentre il cioccolato e la panna si mescolavano insieme. “Dannazione quello era sexy.” Aprendo di nuovo gli occhi, vide quel color nocciola diventare ancora più profondo tanto da frustrarla col suo calore. “Adesso è il mio turno.” Questa volta lo fece sul labbro inferiore, poi si chinò su di lei per leccarlo lentamente con la lingua. “Mmm,hai ragione. È buono.” Morse la fragola, poi usò il lato appena aperto per far scorrere il succo sue labbra. “Ma questo sarà anche meglio.” Rimise a posto la fragola mezza mangiata con il resto, affondò le mani nei suoi capelli bagnati, e scese sulla sua bocca con una fame vorace. Usando i capelli impugnati, le mise in angolazione la testa e approfondì il bacio, divorandola in modi che le spensero il cervello e le accesero i sensi. Pensare non era più un peso che doveva portare. La sua sola responsabilità adesso era concentrarsi sulla vista dell’uomo sopra di lei, la sensazione della sua bocca e delle mani sul suo corpo, sentire i respiri spezzati che condividevano e i rochi ordini nelle sue orecchie, e odorare e assaggiare
la loro
combinazione unica di caprifoglio, oceano, sudore e eccitazione. Interrompendo il bacio, lui premette la fronte contro la sua. Entrambi tentavano di riprendere fiato. Lei l’aveva quasi fatto. Poi le mani di lui lasciarono i capelli e si mossero giù sul collo e alla fine si fermarono sul suo seno per dargli una leggera strizzata e un
pizzico sul capezzolo attraverso il bikini. Lei inspirò e arcuò la schiena in una preghiera per avere di più. “Così reattiva, la mia pupule wahine,” disse con ammirazione. “Togliti il costume, poi appoggiati ai gomiti. Puoi lasciare le gambe stese o piegarle, ma le voglio aperte. Sto per farti diventare il mio banchetto.” #
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Jax guardò Vanessa sciogliere tutti e quattro i fiocchi che tenevano su il costume sul suo flessuoso corpo e posare i lembi penzolanti di lato. Nonostante avesse usato una tonnellata di protezione solare per tutta la settimana per evitare di ustionare la sua pelle chiara, aveva preso abbastanza sole da farle venire un leggero segno e qualche nuova lentiggine. Non aveva mai pensato che l’abbronzatura fosse particolarmente sexy, ma amava il modo in cui i suoi seni e il triangolo sul suo sesso erano bianchi come il latte contro la leggera abbronzatura di tutto il resto. Lei si chinò indietro come le aveva chiesto, reggendosi sugli avambracci. Le sue gambe erano piegate alle ginocchia, ma separate solo di pochi centimetri. Strinse gli occhi abbastanza da chiarire il punto. “Più aperte, wahine. Voglio vedere quanto sei bagnata per me.” Sapeva che prendere ordini da lui la metteva ancora un po’ a disagio, ma faceva parte del piacere. Per lui, mettere a proprio agio significava compiacere, e non avrebbe mai avuto spazio nel suo modo di fare l’amore. Le cose erano meglio con la donna leggermente al limite. Quando lei non sapeva mai cosa avrebbe scelto di fare dopo. Lentamente lei allargò le gambe. Gli occhi di lui puntati sulle sue pieghe mentre si aprivano come un fiore che sboccia crogiolandosi al sole. Brillando dei suoi succhi e arrossite di ombre di rosa, attiravano la sua bocca, le sue dita, il suo cazzo. Afferrando uno spicchio di arancia, Jax s’inginocchio tra le sue gambe e si sostenne con la mano appoggiata sulla coperta all’altezza delle sue costole. Premendo con pollice e indice, spruzzò il succo sulle sue labbra, poi la leccò e la baciò finché non scomparirono tutte le tracce di agrume. Prese un acino d’uva, lo morse per metà, poi stuzzicò un capezzolo con la polpa succosa, guardandolo tendersi e gocce di succo scivolare lungo il tondo gonfiore del suo seno. Imboccò Vanessa con il resto dell’acino poi abbassò la testa per prendere in bocca il capezzolo fruttato prima di ripetere il processo dall’altra parte con un pezzo di ananas.
I suoi dolci gemiti e intensi ansiti gli facevano ingrossare il cazzo e dolere le palle. Due volte lei gli aveva chiesto di toccarlo, ma lui glielo aveva negato. Per quanto bello sarebbe stato sentire le sue morbide mani intorno a lui e le sue unghie percorrere i suoi testicoli, sapeva che sarebbe venuto in meno di un secondo se glielo avesse permesso. Jax non sapeva se fosse perché sapeva che questo sarebbe stato probabilmente il loro ultimo giorno insieme o se fosse solo il culmine dei suoi sentimenti per lei che si aggiungevano al miscuglio, ma si sentiva appeso ad un filo. Aveva bisogno di fare in modo che questa volta contasse. Di creare un ricordo così potente che sarebbe rimasto con lei per sempre, anche se il resto dei loro giorni insieme sarebbe scivolato via nel tempo. Avrebbe potuto dire che si trattava di ego, ma sapeva che era molto più di quello. Era paura, pura e semplice. Paura che lei non provasse per lui quello che lui provava per lei. Che se ne sarebbe andata e lui non sarebbe stato niente di più di una serie di ricordi. Ma i ricordi sbiadiscono, e il pensiero di non avere nemmeno un piccolo posto nella sua vita lo irritava fin nel profondo. Jackson si sedette sui talloni, passò un dito nella panna montata, e la trascinò giù fino al centro del suo corpo. Poi sollevò la bottiglia di champagne e la posizionò sopra di lei. “Apri, V,” le ordinò. Mentre le sue labbra si socchiusero, lui ne versò un po’ con attenzione nella sua bocca, poi lo fece scorrere tra i suoi seni. Lo champagne scorse in un fiume lungo la panna e sopra il suo ventre prima di creare una cascata giù sulla figa. Mettendo da parte la bottiglia, lui fissò i suoi occhi in quelli di lei e si allungò sulla coperta tra le sue gambe piegate. L’intossicante odore della sua eccitazione mischiato ai profumi della frutta e dello champagne gli fecero venire l’acquolina in bocca. Le sue mani artigliarono il suo sedere. Lei si morse il labbro. Lui abbassò la faccia ed indugiò. Lei trattenne il respiro. Le labbra di lui incontrarono la morbida carne del suo interno coscia prima che i suoi denti gli dessero un morsetto. Lei ansimò prima di tirare brevi respiri di aria, le sue mani stringevano nei pugni la coperta. Lui normalmente l’avrebbe fatta aspettare, fatta implorare. Accresciuto l’attesa finché lei non fosse stata gocciolante e si contorcesse senza che lui avesse nemmeno toccato il suo sesso. Suonava crudele, ma in realtà rendeva soltanto il suo orgasmo ancora più esplosivo. Ma stavolta non poteva attaccare. Non aveva la forza per indugiare su di lei come avrebbe voluto. Aveva bisogno di assaggiarla, di bersela, e aveva fottutamente bisogno che fosse adesso. Sentendosi debole ed egoista, si prese esattamente quello che voleva. Vanessa gridò nel momento il cui la sua bocca incontrò la sua figa bagnata. Mentre infilò
le dita, la vide buttare indietro la testa, arcuare il suo corpo, i suoi pallidi seni svettare verso il cielo come un’offerta al sole. Lui assaggiò tracce di panna montata e champagne, ma miglioravano soltanto quello che cercava davvero: l’essenza di lei. Nient’altro al mondo era paragonabile, né lo sarebbe mai stato. Tutto di lei era unico, e questa non era un’eccezione. Sembrava come seta sulle sua labbra mentre esplorava le sue pieghe umide, e quando la scopò con la lingua pensò che si sarebbe scottato per il suo calore e il modo in cui il corpo di lei si stringeva intorno a lui. “Oh, Gesù, Jax,” disse lei con un breve espiro. “Mi stai uccidendo.” No, non ancora. Si mosse leggermente più su e trovò il suo clitoride. Ci picchiettò sopra con la punta della lingua, poi gli strinse le labbra intorno e succhiò forte,poi ripeté entrambi i gesti finché i suoi fianchi iniziarono a ruotare istintivamente, cercando quella punta finale che le avrebbe fatto vedere le stelle in pieno giorno. E lui era fin troppo felice di portarla lì. Infilò facilmente tre dita nella sua apertura, sapendo che poteva prenderle, ma stando attento a quanto fosse stretta all’inizio. Lentamente, ma fermamente spinse in avanti, sentendo le pareti del suo canale stringersi intorno alla gradita invasione. Una volta che lei aveva preso la loro intera lunghezza, lui andò incontrò al ritmo dei suoi fianchi colpo su colpo e tornò a lavorare sul suo clitoride. Lei si allungò tra le sue gambe e strinse tra i pugni delle ciocche dei suoi capelli come stringendo il pomolo di una sella e cavalcando verso il suo orgasmo. Il suo cazzo pulsò, desiderando la frizione che le sue dita avevano il piacere di provare in quel momento. Incapace di controllarsi cominciò a strofinarsi dentro la coperta, sia amando il piccolo sollievo che gli procurava ma anche odiandolo perché non era quello che voleva. Ringhiò contro la sua figa. I respiri di lei divennero gemiti ansimanti, che divennero urla bramose, e alla fine un urlo che lacerò l’aria mentre il suo corpo si rannicchiava su se stesso, i suoi muscoli si contraevano e poi si agitavano con le pulsazioni del suo rilascio. Prima che lei avesse una possibilità di rilassarsi, Jax si strappò via i pantaloncini, e gentilmente la adagiò del tutto sul pavimento, e si posizionò alla sua entrata. Una delle contrazioni della sua figa baciò la punta sensibile del suo cazzo. Lui gemette e si spinse dentro fino in fondo. La sua schiena di arcuò di nuovo, ma questa volta i suoi seni si premettero contro la dura superficie del suo petto finché non si rilassò sotto di lui. “Vanessa, piccola,” disse, la sua voce appena più di uno stridio. “Apri gli occhi.” Lunghe, ciglia castano ramato si aprirono sbattendo per rivelare lussuriosi occhi verdi del colore del muschio bagnato. I suoi lunghi capelli erano stati leggermente asciugati dal sole donandogli numerose sfumature dal rosso brillante al mogano scuro. Lei era bellissima e favolosa e...
“Tu sei mia. Proprio qui, proprio adesso. Solo mia.” Lei si allungò e passò le punte delle sue dita sulle sue sopracciglia, giù sul suo naso, attraverso le guance, le labbra. Alla fine, posò i palmi sui lati del suo viso, guardando su verso di lui con il cuore negli occhi e sussurrò, “Solo tua.” Due parole. Tre sillabe. Sette lettere. Qualcosa di così piccolo non avrebbe dovuto avere un potere tanto enorme su di lui. Non sarebbe dovuto essere in grado di metterlo metaforicamente in ginocchio o fargli desiderare di scalare una montagna per lei se lei lo avesse chiesto. Ma lo fece. E questo lo faceva sentire... bene. Jax prese la sua bocca e poi il suo corpo. Voleva essere dentro di lei tanto quanto fosse possibile. Segnarla, marchiarla. Reclamarla. Si mossero come una cosa sola , come se avessero fatto l’amore migliaia di volte e non solo una manciata. E questa volta erano connessi più che solo fisicamente. Tutto dell’essere con lei in questo modo sembrava diverso, più intimo, più....soltanto di più. Reggendosi su un avambraccio, lasciò vagare l’altra mano. Sui suoi seni, giù sul suo fianco, sulla sua anca. Una veloce strizzata al suo sedere, poi giù sull’esterno della sua coscia prima di artigliare il retro del suo ginocchio e tirandolo avanti per permettergli di affondare ancora un po’. I loro baci si interruppero perché entrambi avevano bisogno di più aria di quella che permetteva un lungo bacio. Le mani di lei trovarono la sua schiena e le unghie trovarono la sua pelle. Piegò la testa e leccò un scia che andava dalla mascella alla spalla. Quando riportò i suoi denti sul percorso inverso fino al suo collo e un po’ più giù, sentì un fremito percorrere il suo corpo. Mentre continuava a pompare dentro di lei, le loro mani e le loro bocche e lingue e denti esploravano ogni centimetro che potevano raggiungere. Da qualche parte durante il tragitto lui aveva perso la testa, incapace di elaborare un pensiero coerente per salvarsi la vita. I loro movimenti divennero più frenetici, il venire insieme dei loro corpi ancora più esplosivo. Fu come un treno in corsa diretto verso il ponte interrotto che li avrebbe mandati nello spazio prima che sapessero cosa fosse successo. Ma Jax non voleva quello. Voleva essere consapevole di ogni secondo passato, di sentire ogni suo respiro, e vedere ogni emozione sul suo viso. Rallentò deliberatamente il ritmo, e alzò la testa per scrutarla. “No,” gemette lei. “Più veloce. Sono così vicina!” “Lo so, piccola, ti porterò lì.” Lei aprì la bocca per discutere, o forse anche per supplicare, ma lui la fermò. “Vanessa, fidati di me. Lascia che faccia l’amore con te.” Lei tirò il centro delle sue labbra tra i denti per un momento, poi annuì con la testa. Lui continuava a tenere la sua gamba per il retro del ginocchio. Non volendo perdere la
posizione o la profondità che questa permetteva loro, ma sentendo il bisogno di maggiore contatto, la tirò contro di lui e la tenne lì ferma. Adesso lei era schiacciata dal ginocchio all’anca tra il fianco e il braccio di lui. Sebbene il ritmo fosse rallentato, l’intensità non lo era affatto. Lui spinse forte e ancora più in profondità. Il calore di lei, il modo in cui il suo corpo stringeva il suo cazzo ad ogni uscita lo uccidevano ripetutamente. Era la morte più dolce a cui avesse mai sperato di non sopravvivere. “Sei così fottutamente perfetta, lo sai questo?” Gli occhi di lei si riempirono di lacrime finché non cominciarono a scorrere sulle tempie. Afferrò il retro del suo collo, le sue dita allargate tra i capelli della sua nuca. “Jackson, penso che potrei... Oh, Dio, penso, Io —“ “Shhh. Basta parole, piccola.” Era quasi sicuro di sapere cosa stava cercando di dire, e anche se voleva sentirle dire quella cosa più di quanto voleva il suo prossimo respiro, non avrebbe reso le cose più facili se dopo lei gli avesse detto che l’aveva detto solo nell’impeto del momento. Quelle parole non dovrebbero mai essere pronunciata per la prima volta durante il sesso. Mai. “Senti la mia pelle sulla tua. Sentimi dentro di te. Senti quanto perfettamente sei adatta a me. Solo, senti, okay?” Lei annuì un’altra volta, versando ancora qualche lacrima. Jax aggiustò la sua posizione, alzandosi leggermente per essere sicuro che il suo peso non la stesse schiacciando. Quando lei ansimò sulla spinta successiva realizzò di aver trovato il centro del bersaglio. Mantenendo il ritmo lento e fermo, lo colpì di nuovo. E ancora. E ancora. Ogni volta spingendola sempre più vicina al punto di non ritorno, e ogni volta sentendo di seguirla quel tanto in più. Gli occhi di lei cominciarono a chiudersi mentre la tensione la consumava. “Tienili aperti, Vanessa. Guardami. Voglio che mi guardi negli occhi quando ti faccio venire. Voglio vederti riconoscere chi ti fa questo, chi ti fa sentire in questo modo.” Lei non discusse, non sviò. Semplicemente obbedì. e sapendo questo, non importava quanto questo l’aveva portata lontana dalla sua zona di sicurezza, fu l’ultima aggiunta alla tempesta perfetta per entrambi. Questa volta l’urlo di Vanessa restò in gola. Il suo corpo s’irrigidì, gli occhi si spalancarono, e le labbra si socchiusero, ma non ne uscì niente. Era una silenziosa opera d’arte vivente. La sensazione delle sua figa che lo mungeva precipitandolo oltre il limite, e con un ultima spinta in avanti, sprofondò più lontano che poté e si svuotò dentro in profondità, marchiandola con ogni rilascio del suo seme come lei aveva marchiato se stessa nel suo cuore.
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