La nostra bellissima lingua, così articolata, così flessibile, così ricca, oramai da tempo, non sta bene! Responsabile è un'intera società (mass media in primis) che diffonde a macchia d'olio, trasformandoli in stranezze linguistiche, strafalcioni difficilmente sopportabili. La televisione italiana, ad esempio, oltre che proporre regolarmente trasmissioni ove il linguaggio non è certo da Lords e le grida degli ospiti, che si coprono le une con le altre, impediscono di capire anche solo una parola, divulga un pessimo linguaggio. Personalmente mi fanno molto arrabbiare gli strafalcioni dei giornalisti in TV. Non veline e calciatori ... giornalisti! Quelli veri, non quelli che hanno frequentato per hobby un corso per giocare a fare i giornalisti! Dai professionisti ho sentito spesso dire: vicino Roma anzichè vicino a Roma, settimana prossima anzichè la prossima settimana, le tre donne incinta anzichè le tre donne incinte o inaugura anzichè si inaugura. Per non parlare degli accenti! Un esempio? Persuàdere anzichè persuadere. Non parliamo poi di certi vezzi quali: quant'altro, carinissimo, piuttosto che, un attimino, location (che spopola!) ... Insomma, la nostra lingua, errori a parte, da un lato si impoverisce sempre di più, dall'altro diventa sempre più enfatica. Mi direte: non accendere la televisione e prova a leggere un giornale oppure un bel libro. Purtroppo, essendo il linguaggio dei giornalisti sempre più sciatto, anche la stampa la fa da maestra! Vogliamo parlare della punteggiatura che ormai è davvero un'opinione? Punti, virgole, due punti, punto e
virgola ... sono quasi scomparsi! Fra altre cose, continuo a chiedermi perchè la stampa continua ad usare gli apostrofi al posto degli accenti, soprattutto nel caso delle lettere maiuscole. Ma è così difficile scrivere "È" anziché "E’"? Di tutti gli errori che ho trovato, quello che ricorre più volte è la parola "propio" anziché "proprio", seguito da "propietario" anziché "proprietario", e poi, ancora, "propietà" invece che "proprietà" e "interpetrare" anziché "interpretare". Ma ottimo è il piazzamento anche per "aereoporto" invece che "aeroporto". C'è poi qualcuno che lamenta l'assenza di "servizi igenici" anziché di "servizi igienici" Un articolo di qualche tempo fa riportava la seguente notizia: "I coniugi sono rotolati lungo la scala e la peggio è toccata alla donna: mentre il marito si rialzava dolorante, la signora perdeva conoscenza". Non so se la sfortunata signora abbia ripreso conoscenza e nemmeno so se l'autore dell'articolo abbia acquistato una conoscenza sufficiente dell'italiano. In compenso ho letto molte volte la parola "incoscenza", come nella descrizione, malauguratamente, di un altro incidente: "Respiro affannoso e stato d'incoscenza". Per taluni giornalisti, poi, la lettera "q" è invece un problema reale, visto che ho rintracciato diversi "profiquo", "cospiquo" e "innoquo". Parole, sarà meglio precisarlo per i nostri lettori più giovani e quindi più ignoranti, che si scrivono con la "C". Vorrei poi consigliare a certi redattori di non abusare della lettera "zeta". "Eccezzione" ed "eccezzionale", così come "immaginazione" hanno solo una "zeta". Potrei continuare all'infinito con esempi raccapriccianti, ma vorrei l’altraitalia 1
parlarvi degli strafalcioni commessi e resi pubblici dalla commissione di Torino durante le prove scritte per il concorso di avvocato. Si è letto "abbiamo" preceduto dalla lettera acca e "correzione" scritto con due zeta: "Si tratta di veri e propri errori di morfologia, grammatica e sintassi", precisa un commissario delle aule di giustizia torinesi. "Errori che accomunano gli aspiranti avvocati del barese e che sembrano abbracciare anche altre regioni". "Di certo" prosegue il commissario "l' ars dicendi è quello che più conta per l' immagine del perfetto avvocato; ciò non toglie, tuttavia, che non si debbano commettere errori grammaticali pari a errori delle scuole elementari". La commissione di Torino dichiara regole più severe per le prove scritte: "Chi non conosce l'italiano non puo' passare". Si spera che la lingua italiana torni a riprendersi il posto che si merita nella vita di ogni singolo cittadino. Nell' attesa non resta altro che riaprire i libri di grammatica per rinfrescarci la memoria!
l’altraitalia
È la prima volta che mi occupo di questa rubrica, mi auguro di essere all’altezza e, con l’ansia che caratterizza ogni prima volta, voglio dedicare questo numero dell’intruso ad un tema che mi ha toccato a fondo: Yara Gambirasio. “E che palle!” direte voi, soprattutto se avete origini bergamasche come me, dove quest’espressione è di casa, altrimenti direte “basta, non se ne puo’ più, lasciate in pace quella povera creatura”. Esatto. Obiettivo centrato: è proprio di questo che bisogna parlare, dello schifo mediatico che si è creato attorno a questa tredicenne, bisogna parlarne e sperare che, se in futuro, dovessero esserci casi simili, non si ripeta un tale scempio. I bergamaschi sono persone lavoratrici, dedite alla famiglia, talvolta chiuse e che danno valore alle cose importanti, alla vita della comunità che spesso ha come suo fulcro la parrocchia, l’oratorio o il centro sportivo. La stampa ci ha definiti omertosi ... non mi sembra l’esatto riassunto della mia descrizione!
Avetrana da ribollire in pentola. L’allora richiesto silenzio stampa non è da discutere: è la volontà delle persone che in primis vivono la tragedia, non servono i talk show per valutare se hanno fatto bene o male: si tratta della loro vita, loro decidono! Ora non esiste più Brembate, un paese della Val Brembana alle porte di Bergamo ma il “caso Brembate”, un luogo maledetto dove un mostro si aggira indisturbato, classificato accanto a molti altri tragici casi, un’etichetta per bollare ciò che è accaduto. Ma signori miei … dietro l’etichetta ci sono persone, volti, anime di una comunità addolorata e compatta che ha dedicato ogni minuto libero alla ricerca di Yara, la ragazzina della porta accanto, che tutti conoscevano, come è d’abitudine nei piccoli paesi. Se ne sono dette di tutte, ogni giorno la stampa non ha fatto che riportare indiscrezioni, piste, dettagli più o meno accertati, confondendo tutti e costruendo asserzioni dal nulla. Già, perché di nulla si tratta: le uniche persone veramente in grado di stabile come sono andate le cose non hanno detto nemmeno una parola … Fateci caso, gli inquirenti e la dott.ssa Cattaneo, incaricata di analizzare il corpo, non hanno ancora espresso un giudizio finale, dando
I genitori hanno chiesto il silenzio stampa … oh mio dio, come faranno ora le molteplici trasmissioni televisive senza una telenovela da raccontare? O mio dio, come si potranno costruire ore e ore di niente mediatico se nessuno vuol parlare? O mio dio, beh va beh, c’è sempre il caso l’altraitalia 3
risultati certi. E allora perché molti colleghi giornalisti non hanno fatto altro che parlare, parlare e ancora parlare? Blaterare ipotesi spesso campate in aria, nascondendosi dietro le paroline magiche “sembrerebbe che”, che tutelano da eventuali problemi legali e che sono un bel paravento per giustificarsi nel momento in cui si assoda che le cose dette, non coincidono con la realtà dei fatti. Pensano i gerenti di questo benedetto circo mediatico che la gente sia stupida e si beva qualunque fandonia? Ma per favore! L’unica verità è che Yara è morta e che bisogna lasciare vivere ai genitori il loro dolore senza indagarli con l’occhio impietoso della telecamera e lasciar fare ai professionisti il loro, seppur ingrato, lavoro di ricerca sul corpo. Gli inquirenti, è ovvio, stanno indagando, ma sembra che ognuno di noi indagherebbe meglio, seguirebbe piste tralasciate, adotterebbe altri metodi. Siamo tutti esperti della scientifica di CSI e, a tempo perso, andiamo a dare una mano a quelli dell’unità comportamentale di Criminal Minds che, senza il nostro aiuto, non riuscirebbero a tracciare il profilo del mostro. Valigia in mano cari colleghi: Hollywood ci aspetta!
teatro e per reclamare sul taglio di 7 milioni di euro: questo in nome del, così detto, patto di stabilità”.
Università di Napoli “Federico II”
Il cantante Roberto Vecchioni, fresco vincitore dell'ultimo Festival di Sanremo, dichiara: “spero che la giornata del 17 marzo si erga a difesa della cultura italiana. In Italia la cultura fa schifo ed io so di chi è la colpa: stanno tagliando tutto immaginando che lo scopo della vita sia solo quello di produrre, vendere e riprodurre”. (fonte www.agi.it). Mi seguite? Capite cosa sono i concetti di Cultura italici? Se avete dubbi scrivetemi: info@Giovannibattista.paradiso Wikipedia definisce così il concetto di Cultura: con Cultura ci si riferisce al patrimonio collettivo (in questo caso italiano) di conoscenza. Wikipedia definisce così il concetto di Coltura: per coltura si intende uno sfruttamento del terreno al massimo delle sue potenzialità e del suo rendimento, sia in termini di spazio che di coltivazione. Aggiunge Wikipedia: alle origini la Coltura si basava sulla fertilità di alcuni suoli, associata a climi favorevoli, il che rendeva possibile ottenere elevate rese. Come contropartita erano richieste maggiori risorse. Quando sento parlare di promozione della Cultura, nell'ambito della Lingua, Letteratura, Storia, Arte, Cinema, Teatro, Musica, mi riesce impossibile pensare che qualcuno o qualche cosa possa essere contro il principio imperativo e sublime della missione di studiare, salvaguardare, promuovere e ampliare l'immenso contenitore universale della Cultura. Nel mio piccolo, per esempio, ho ascoltato con attenzione e perseveranza gli insegnamenti del mio Maestro (oh! come sono umile e modesto ...!) per poi divulgare la lieta novella nel Mondo, girovagando
vestito con un saio malconcio e sandali disastrati. Mi nutrivo di quanto la Natura mi offriva e mi abbeveravo ai torrenti che ai miei tempi erano molti ed abbondanti ed “ecologicamente corretti”. Ringraziavo il Buon Dio quando qualche anima buona, tra i miei simili e fratelli, mi offriva un pasto curato, magari con una sublime minestra calda. Questo era il mio motore, la mia carica, la mia adrenalinica spinta per andare avanti con tanto amore, tanta speranza, tanta attesa di riuscire a comunicare in maniera attiva con i miei fratelli. Dal mio osservatorio, indubbiamente privilegiato, assisto di questi tempi ad un altro modus di recepire, studiare e promuovere la cultura in generale. Qualche esempio: leggo ed estrapolo da un articolo di un vostro quotidiano torinese un tipo di esempio di divulgazione culturale: “un corteo al seguito di una bara avvolta nel tricolore in una sorta di funerale simbolico alla cultura italiana è stato organizzato dai lavoratori del Teatro Regio di Torino ... i manifestanti, guidati dalla Cgil, si sono poi recati all'assessorato alla Cultura della Regione chiedendo aumenti salariali, più finanziamenti per il l’altraitalia 4
Ancora un esempio: Luca Barbareschi reclama a gran voce attraverso i mille modi di comunicare odierni, che per continuare a fare cultura e per non lasciarla morire, lo Stato deve dare soldi, appoggi, facilitazioni fiscali e via di questo passo. Arrabbiato lascia il Pdl per il Fli e si scaglia contro il Berlusca continuando la sua battaglia. Dopo un paio di mesi, in seguito ad un abbondante pasto ad Arcore, dicono le malelingue, lascia il Fli e torna all'ovile perché, sempre il Berlusca, gli ha dato e promesso un paio di cariche e tanti agognati soldini. Sempre a proposito di cultura, non posso non richiamare la telenovela per la riforma dell'Università ove mi sembra che la discussione, soprattutto le “sommosse” messe in atto dall'opposizione, dai Baroni e dai poveri, plagiati studenti, verteva sulle ore di lezione, sul precariato, sulla carta igienica (pardon), sui presunti tagli ai finanziamenti: non mi pare di aver udito prese di posizioni toccanti la qualità dell'insegnamento, quale branca della Cultura migliorare o riposizionare ecc. ecc. In quest'ambito mi permetto sommessamente di richiamare i miei commenti su una delle più recenti
edizioni di questa rivista e, più remoto, un articolo nel quale, a proposito di sprechi e di “non-cultura”, proponevo dei dati che estrapolavo da un ottimo libro del giornalista Forbice, che conduce ogni sera la trasmissione di opinione “ Zapping”, su Rai uno. Quale vuol essere l'inutile sermone del vecchio Giovanni Battista? Ecco: con la scusa della Cultura, in Italia vige unicamente il tema della Coltura!
In soldoni: invece di richiamare gli alti valori della Cultura tutta, di decantare l'immenso patrimonio che ha l'Italia (suo malgrado) di Arte, Storia, Letteratura , si sfiora la guerra civile scontrandosi sui principi del precariato, della chiusura di facoltà universitarie non frequentate (o visitate da uno o pochi disastrati “pseudo studenti”), della carriera dei professori, dei presidi, dei rettori, dei baroni, dei loro figli, nipoti, amanti … L'Italia in questo è si, purtroppo, al primo posto, sbaraglia senza dubbio tutti gli avversari. Qui si parla di Coltura: mi permetto di riproporre di seguito la definizione che Wikipedia da del nome “Coltura”. In parentesi ed in “grassetto”, indico quanto emerge, quanto intuisco dai contenuti degli esempi qui sopra esposti. Per Coltura si intende lo sfruttamento del terreno (la Cultura, appunto, in tutte le sue espressioni) al massimo delle sue potenzialità (tutti i mezzi “pseudo istituzionali” per spillare quattrini allo Stato - che poi sono ancora i poveri cittadini) e del suo rendimento (più si creano scuole più ci sono posti di lavoro per maestri, professori, rettori, presidi ecc. ecc., più si raggiunge lo scopo … “Colturale”) sia in termini di spazio (aule, facoltà, infrastrutture, anche se non frequentate) che di coltivazione (facoltà e “bisogni culturali” creati ad arte solo per lu-
crare, poco credibili materie di studio fantasiosamente promulgate). Wikipedia aggiunge poi: alle origini , la coltura si basava sulla fertilità di alcuni suoli (materia, facoltà credibili, le lingue, la letteratura, la storia, la musica, il Teatro, il cinema), associatati ai climi favorevoli (la politica accondiscendente, la DC, il PS, il PCI) il che rendeva possibile ottenere elevate rese (spillare soldi, clientelismo, baronato, parentopoli). Come contropartita sono richieste maggiori risorse (finanziamenti diretti o indiretti a fondo perso, tangenti, nessuna seria pianificazione se non quella di poter arraffare tutto quanto il pancione del baraccone della Cultura poteva contenere). È triste, ma è ancora una volta così! Quanti personaggi, solo perché raccomandati, hanno trovato il miracoloso humus dove vivere il loro futuro nel pancione del Mondo culturale italico e quanti politici, e non solo, devono la loro “incrociata” fortuna ai voti dei loro “raccomandati”? Quanti, così detti, artisti di teatro e cinema (i più feroci critici nei confronti dell'attuale potere politico perché quest'ultimo non “sgancia” più i soldoni di un tempo), senza curarsi dei contenuti del “prodotto culturale” da proporre , senza alcun progetto di medio o lungo respiro, reclamano finanziamenti ed infrastrutture per creare le loro alcove (pardon i loro teatri, i loro set) per raccontare le loro epocali performance e per evidenziare i loro immensi talenti (ma che in realtà, stranamente, cifre alla mano, trovano nel loro peregrinare teatri e sale cinematografiche vuote, non perché il Berlusca ne proibisca la frequentazione ma perché le rappresentazioni messe in scena non valgono una “cicca”)?
Teatro A. Bonci di Cesena
(Vedi compagnie teatrali che ricevono 1 milione di Euro e ne incassano nell'annata 150 Mila o Film che ricevono sovvenzioni di 2 milioni Euro per incassarne 200 Mila!) ... Se di Cultura si vuol parlare, se ne parli davvero per la sua divulgazione, per la sua valorizzazione. Ma questo si può fare come facevamo, in tutta modestia, ai nostri tempi: sacco in spalla, tanto amore ed i sandali bucati. La gente si avvicinava e ci ascoltava? Bellissimo, eravamo contenti e proseguivamo nel nostro cammino. Non raccoglievamo gente intorno a noi? La colpa era nostra perché non riuscivamo a divulgare, a convincere, a raccontare con il dovuto amore il nostro sapere. Si trattava unicamente di una nostra colpa non di Re Erode, Ponzio Pilato o dei cattivi ebrei. Se non riuscivamo a far passare i nostri messaggi ristudiavamo il tema, le motivazioni, il nostro impegno a spiegare, verificando l'utilizzo dei più appropriati riferimenti. Nient’altro: mea culpa! Punto! E poi via, con il sacco in spalla, per un nuovo incontro, una nuova città, nuove genti, per divulgare la nostra parola, la parola della storia, della nostra filosofia, del nostro intelletto, del nostro disinteressato amore per il bello, per il ragionamento, per le nostre convinzioni; per tramandare ai posteri il vissuto dei nostri predecessori, dei nostri Maestri, dei nostri Padri. Mai pensato di essere spudoratamente noi il “Verbo”, come pensa qualche piccolo attore peregrinante nella vostra Penisola. Cultura non è Coltura! La storia, i ragionamenti, le grandi opere culturali sono il perpetuarsi della potenza e la bontà dell'intelletto, non un mezzo per spudoratamente succhiare denaro al resto dei vostri concittadini comunicando il poco o il nulla. Essere o non essere: divulgare il sapere o proporre delle rappresentazioni vuote prive di essenza e diAmore? Con i più rispettosi saluti alle persone di vera Cultura.
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Siamo arrivati presto e via via che ci avvicinavamo aumentavano le camionette della polizia e le forze dell'ordine in generale e il pensiero non poteva non andare alla manifestazione del 14 dicembre scorso che aveva lasciato un centro distrutto e parecchi feriti. Per fortuna stavolta è andato tutto bene. Siamo saliti sul colle Pinciano che sovrasta la piazza per fare alcune foto di rito, si stava riempiendo velocemente di gente e siamo scesi dopo poco per riuscire ad accaparrarci almeno una delle borsettine di stoffa che si vendevano straordinariamente insieme all'Unità, qualche adesivo e un paio di spallette del Partito Democratico, per testimoniare un “io c'ero” non solo di facciata. Chi c'era in piazza del Popolo, c'erano tutti: mamme con bambini, studenti e studentesse, signore di una certa età che per un pomeriggio hanno ritrovato quell'atmosfera di sorellanza tipica delle manifestazioni femministe di alcuni decenni fa, ma anche signori, famiglie. C'erano tutti, appunto, c'era quell'Italia che, a guardarla in tv, non sembrava esistere più.
Non è stato necessario svegliarsi presto quella mattina, la manifestazione iniziava appena alle 14. Il giorno prima aveva piovuto e temevamo che il maltempo ci avrebbe rovinato la giornata, ma invece splendeva il sole. Andavamo in piazza del Popolo per un “Se non ora quando” del quale si sentiva proprio il bisogno. Sulla manifestazione, nata dalle donne e per le donne, si è già detto molto, le immagini della sera stessa e dei gior-
ni seguenti hanno mostrato piazze stracolme in tutta Italia, non solo di donne, ma anche di uomini, perché quella del 13 febbraio non è stata una manifestazione strettamente di genere, era un “basta” non retorico e non scontato, un basta a una certa idea e immagine della donna che i media italiani, e quindi la società in generale, veicolano. Non era una manifestazione politica, ha detto qualcuno; ma certo che lo era, a mio parere, e con tutte le ragioni. Ma andiamo con ordine. l’altraitalia 6
La manifestazione voleva essere senza bandiere per “affermare la dignità delle donne e la dignità del Paese” ma, lo abbiamo già detto, non lo è stata, perché i richiami alla vicenda Ruby e agli scandali che hanno coinvolto e stanno coinvolgendo il Presidente del Consiglio, additato come esempio negativo, sono stati ovvi otre che inevitabili.
Siamo rimasti nella piazza fino al tardo pomeriggio e poi ce ne siamo andati un po' in anticipo, la ressa che si era creata, non solo in piazza del Popolo, ma anche nelle vie circostanti era impressionante e ci abbiamo messo parecchio. E poi siamo andati a leggerci su Repubblica online, a vedere se fra le varie foto della folla c'eravamo anche noi, a esaminare con attenzione i filmatini cercando il nostro lato del palco. Non ci siamo visti, ma va bene uguale. È stata questa più di molte altre la classica occasione in cui conta esserci, una di quelle cose che poi, con il senno di poi, racconteremo ai nipotini, nella speMolti i cartelli più o meno ironici, tutti indignati, tutti a sostegno delle donne, e il fatto che le donne nell'Italietta attuale abbiamo bisogno di sostegno già la dice lunga. «Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato - scrivono le promotrici - legittima comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni. Chi vuole continuare a tacere lo faccia assumendosene la pesante responsabilità. Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando?»
dir si voglia, ma contro chi prende in considerazione le donne solo come oggetto sessuale, contro chi usa la propria bellezza per fare carriera o per ottenere soldi facili o, peggio, incarichi di prestigio, ma soprattutto su chi lo permette. Un milione di persone in 230 città italiane e 30 città straniere e un exploit inaspettato, anche se i rappresentanti del Governo, e proprio una donna, quel Ministro Gelmini che tanto malcontento aveva già suscitato di suo con le riforme della scuola e dell'Università, aveva definito inizialmente i partecipanti, con un gran bel scivolone: “pochi radical chic”.
Il mondo della cultura, dello spettacolo, ma anche e soprattutto della società civile si è mosso per reclamare un rispetto che forse non ci eravamo accorte di avere perso, o staremo perdendo, e contro una mercificazione del corpo delle donne che sta diventando, ahimè, sistema di selezione della nuova classe dirigente. Tanti gli interventi che si sono succeduti, dopo un iniziale momento di silenzio quanto mai rumoroso, dalla religiosa, alla rappresentante sindacale, dalla giovane precaria all'attrice; uno spettacolo di colori e normalità contro una società corrotta da una politica che legifera contro la prostituzione ma poi la pratica. Una protesta non contro le donne, le veline, le arcorine o le grazioline che l’altraitalia 7
ranza che porti davvero a qualcosa di concreto, se non ad un auspicabile ribaltone politico, almeno a un sacrosanto miglioramento dell'immagine e della percezione della donna in Italia. Io c'ero. Se non ora quando. E voi?
Inserto La Lingua e la Cultura italiana all’estero
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! La nostra storia e la nostra cultura fanno di noi un popolo molto speciale …
Le scuole italiane all’estero 186 scuole italiane e 114 sezioni italiane presso scuole straniere (bilingui o a carattere internazionale) e presso scuole europee, per un totale di 300 istituzioni. Delle 300 scuole, la maggior parte si concentra, come gli Istituti Italiani di Cultura, in Europa (155), seguono le Americhe (98), il Mediterraneo e Medio Oriente (32), l’Africa Subsahariana (13), l’Asia e l’Oceania. È importante sottolineare come siano circa 30.662 gli alunni che frequentano le scuole italiane o le sezioni italiane presso scuole straniere ed europee, dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di secondo grado. A questo dato va aggiunta la presenza degli studenti stranieri nelle scuole italiane, che è molto elevata. Di fatto se consideriamo l’utenza complessiva delle istituzioni scolastiche (scuole italiane e sezioni
italiane presso scuole straniere) lapresenza di studenti stranieri (di origine italiana e non) rispetto all’utenza totale è pari a circa l’86%. Alle scuole vanno aggiunti i corsi di lingua e di cultura rivolti ai residenti all’estero gestiti dal Mae (Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale e Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie). Vengono realizzati 23.988 corsi (curriculari, extra-curriculari e adulti) di insegnamento e di sostegno scolastico in 33 paesi, che possono essere gestiti da enti, associazioni, comitati e scuole locali ai quali la Farnesina concede contributi. Nel 2009, gli allievi interessati alle attività dei corsi sono circa 393.857 in tutto il mondo. Ci sono, poi, i corsi degli IIC: 86 dei 92 istituti organizzano corsi. Secondo i dati del Mae, nel 2009 sono stati attivati 7.147 l’altraitalia 9
corsi; 6.760 i corsi svolti dai 416 Comitati della DanteAlighieri. Da aggiungere anche quelli attivati nelle scuole europee dove la popolazione scolastica totale ha superato, abbondantemente i 22.000 alunni, di cui oltre 2.000 di nazionalità italiana. Infine, i Lettorati di italiano: sono 377 i lettori gestiti dalla DGPCC del Mae che coprono un bacino d’utenza di circa 35.500 studenti. Una rete estesa, quindi, che però ha sempre meno risorse e che paga le mancate riforme.
I corsi di lingua e cultura all'estero sono per i congiunti ed i lavoratori un diritto per preservare, approfondire e diffondere la lingua italiana.
I corsi di lingua e cultura sono previsti dal Decreto Legislativo 297/1994 articolo 636 (ex legge 153/71) che sancisce:
Gli italiani residenti all'estero vivono i tagli attuati dalla finanziaria come uno sradicamento della propria origine, la perdita di una possibilità sancita dalla legge.
A- Il ministero degli Affari Esteri, per attuare le iniziative scolastiche e le attività di assistenza scolastiche previste dall'articolo 625, comma 3, istituisce: 1- classi o corsi preparatori aventi scopo di agevolare l'inserimento dei congiunti dei lavoratori italiani nei paesi d'immigrazione; 2- corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti dei lavoratori che frequentino, nei paesi d'immigrazione, scuole locali corrispondenti alle italiane scuole elementari e medie; 3- corsi di preparazione di lavoratori e congiunti per sostenere l'esame d'idoneità e di licenza di scuola italiana elementare e media; 4- scuole materne e nidi d'infanzia; 5- corsi di scuola popolare per lavoratori italiani non finalizzato al rilascio di titoli di studio.
La finanziaria è stata un colpo d'ascia che ha dimezzato le risorse della cultura all'estero e in Italia … ed il governo continua a tagliarle. Cosa comporta tutto ciò e perché si è scelto il rigore e non la crescita? Non è forse la cultura e la conoscenza delle proprie origini, una forma di crescita e sviluppo? Il Ministro degli Affari Esteri si avvale di Istituti Italiani di Cultura (IIC) e di Corsi di Lingua e Cultura italiana per diffondere la lingua italiana e la sua cultura agli italiani all'estero o alle persone di origine italiana.
B- I lavoratori italiani ed i loro congiunti possono fruire all'estero di provvidenze scolastiche ed integrative della scuola, per quanto possibile, analoghe a quelle contemplate dalle legislazioni vigenti in Italia, anche per quanto riguarda refezioni scolastiche, borse di studio, trasporti e pre-interdoposcuola. Con l'articolo 625 comma 3 il Ministero degli Affari Esteri promuove ed attua all'Estero iniziative scolastiche e attività di assistenza scolastica ai lavoratori italiani all'estero e ai loro congiunti emigrati.
I corsi di lingua e cultura italiana sono complementari alle lezioni della scuola svizzera.
autorità scolastiche locali che ne sostengono l’organizzazione mettendo a disposizione le aule.
A partire dal secondo anno scolastico, in alcuni cantoni anche dal primo, gli alunni italiani o di origine italiana hanno la possibilità di frequentare corsi che permettono loro di migliorare le conoscenze linguistiche in italiano e apprendere nozioni di base della storia e geografia italiana.
I corsi si tengono in tutte le scuole dove si raggiunge un numero minimo d’iscritti.
I corsi hanno una importante funzione integrativa, riconosciuta dalle l’altraitalia 10
Ogni corso prevede da due a tre ore di lezione alla settimana. In alcune scuole le ore dei corsi sono inserite nel regolare orario scolastico, in altre, le ore si svolgono parzialmente in coincidenza con l’insegnamento delle ore ordinarie.
e politica locale ed incidono a vari livelli sulla valutazione complessiva della formazione dello studente, anche se non sempre sono svolti in orario strettamente scolastico. I collegi docenti delle circoscrizioni consolari elaborarono il Curriculo per i Corsi di Lingua e Cultura Italiana che ne regolamentano gestione, funzionamento, organizzazione e obiettivi didattici generali. I corsi costituiscono anche la fondamentale continuità linguistica fra la comunità italiana in un paese plurilingue come la Svizzera, senza la quale i nostri allievi non potrebbero comunicare fra di loro nei momenti di incontro. I corsi di lingua e cultura italiana svolgono una funzione fondamentale per la formazione e lo sviluppo dell’identità dei ragazzi e delle ragazze di origine italiana che li frequentano. La sicurezza nella padronanza della lingua materna costituisce una premessa fondamentale per un buon apprendimento della lingua locale, rappresenta una ricchezza nel processo di integrazione nella realtà scolastica Svizzera e nella società in generale, indispensabile nel caso di rientro in Italia.
I corsi sono organizzati dall’Ufficio Scuola del Consolato Generale d’Italia, cui compete la supervisione didattica e pedagogica. Il corpo docente è composto da insegnanti qualificati e in possesso dei necessari titoli di studio, in parte alle dirette dipendenze dello Stato italiano, in parte assunto in loco dagli Enti gestori. La rete delle scuole italiane all’estero può essere ricondotta a tre tipologie: iniziative dello Stato italiano per assistere le principali co-
I corsi di lingua e cultura italiana rappresentano un importante strumento di apprendimento bi- e interculturale. La natura integrativa dei corsi è riconosciuta dalle autorità locali che generalmente ne sostengono l’organizzazione, mettendo a disposizione le aule e in alcuni casi anche le attrezzature e i materiali didattici.
Nell’anno scolastico 2010/11 i corsi offerti, ai sensi dell’art. 636, lett. B, del D.L.vo 297/94, ai nostri connazionali e ai loro discendenti in Svizzera sono 1.201 con la presenza di 13.366 alunni.
Nei diversi cantoni svizzeri la situazione è estremamente variegata e complessa: i corsi sono comunque riconosciuti dall’Autorità scolastica
I corsi sono frequentati prevalentemente dagli alunni delle scuole elementari, a partire dal primo anno di scolarizzazione. In gran parte dei corsi il giudizio concorre alla valutazione o è parte della scheda di valutazione, nei restanti invece viene rilevata soltanto la frequenza ai corsi stessi.
munità di emigrati (scuole statali e nei corsi di lingua e cultura italiana, anche integrati nelle scuole locali); iniziative delle stesse collettività (scuole legalmente riconosciute, scuole con presa d’atto, scuole meramente private e corsi di lingua e cultura italiana istituiti da comitati locali); iniziative nel quadro dei rapporti internazionali (sezioni italiane delle Scuole Europee, costituite sulla base di un’opportuna convenzione intergovernativa sottoscritta dai Paesi membri della UE; sezioni italiane nelle scuole straniere a carattere internazionale e
di scuole o sezioni bilingui istituite attraverso specifiche intese bilaterali).
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Da anni, a livello planetario, si registra una caduta tendenziale di interesse per la cultura umanistica tacitamente accusata di "improduttività". Parallelamente assistiamo ad una crescita della cosiddetta “cultura” finalizzata all'immediatamente utile, strettamente connessa alla cultura del mondo imprenditoriale e manageriale.
A molti di noi non sarà, quindi, sfuggito che esiste un rapporto fra gli interventi culturali e quelli militari italiani all'estero. I fondi di finanzia-
Ed è proprio in questa cornice che si colloca l'operato degli Enti gestori impegnati nella diffusione della Lingua e Cultura italiana.
mento per la Lingua e Cultura italiana nel mondo (espressi anche in termini di personale di Scuole e Università) sono andati diminuendo, negli ultimi anni, in maniera inversamente proporzionale all'aumento della presenza militare italiana all'estero.
Fino al 1993 gli Enti attivi sul territorio si occupavano prevalentemente della alfabetizzazione e del recupero della scolarità di base per gli adulti. Dal luglio di quell'anno, a seguito dei provvedimenti legislativi adottati dal Governo italiano, si assiste al coinvolgimento degli Enti nel funzionamento dei corsi, fino ad allora gestiti esclusivamente dal Ministero degliAffari Esteri.
L'attuale governo italiano, perfettamente in linea con questa tendenza, prendendo a pretesto la crisi finanziaria, ha radicalmente ridotto i già miseri interventi pubblici a favore delle comunità italiane all'estero, sacrificando settori strategici quali la Lingua e la Cultura italiana. Le ragioni di questa drammatica contrazione dei finanziamenti sono anche da ricercarsi nel mutato orientamento politico dell'attuale amministrazione, che tende gradualmente a mettere in liquidazione le attività che hanno un carattere prevalentemente comunitario e “improduttivo”. La situazione geopolitica mondiale inoltre, a partire dall'11 settembre 2001, si è andata sempre più inasprendo e le richieste di un intervento militare dell'Italia, paese membro della NATO, sono diventate ancora più pressanti.
La proiezione dell'identità italiana all'estero rimane, ma cambia la sua natura. La Svizzera, per tutta una serie di ragioni di carattere storico, geografico, politico e sociale, rappresenta una sorta di laboratorio avanzato per la diaspora italiana, che in molti casi funge anche da bussola di orientamento per le altre comunità italofone nel mondo. l’altraitalia 12
Grazie all'intervento degli Enti si sono evitate la chiusura di numerosi corsi e sono stati recuperati i rapporti con le autorità scolastiche elvetiche, salvaguardando gli accordi bilaterali. L'entrata in scena degli Enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana ha garantito non solo la continuità del servizio e il funziona-
mento degli stessi diversamente incanalati in una fase di emergenza, ma ha consentito, anche con l’introduzione della certificazione linguistica, di rilanciarne il ruolo e di adeguarne la funzione ai nuovi bisogni della comunità.
Limitatamente al settore scolastico in Svizzera, i tagli della legge finanziaria si sono abbattuti sia sugli enti gestori e sui docenti nominati localmente, sia sul personale dirigenziale, docente e Ata di nomina ministeriale, creando immensi disagi ai corsisti e alle loro famiglie.
Paradossalmente, infatti, mentre politici di professione, tecnici, dirigenti non perdono occasione per ribadire che uno dei punti di volta archimedici per far ritornare competitiva l'Italia a livello globale è proprio quello di far leva sulla diffusione dell'italianità, sulla
Al netto della nuova manovra falcidica, messa in opera dal Ministero degli Esteri, nell'anno scolastico 2010/ 2011 sono stati tagliati oltre 55 posti, e tra questi anche quelli di docenti e personale amministrativo in missione in Svizzera.
conoscenza e sulla formazione, l'attuale Governo e l'amministrazione, dal canto loro, fanno di tutto per affossare i centri di diffusione della nostra Lingua e Cultura sparsi nel mondo.
Quest’ultima collaborazione tra gli Enti e le università italiane ha incrementato la richiesta di conoscenze della lingua italiana ed ha aperto un nuovo ed interessante cammino della diffusione linguistica. Si tratta di una novità frutto di una intuizione maturata attorno alla necessità di innovazione e riforma del mondo formativo ed educativo italiano all’estero. Purtroppo, nel 2009, con una sola manovra finan ziaria, l'attuale Governo ha vanificato gli sforzi di circa un ventennio di duro lavoro iniziato dai diffusi comitati dei genitori riportando le lancette del tempo della diaspora indietro di cinquant'anni. Il devastante processo di messa in mora del sistema Italia all'estero, innescato dagli emissari dell'attuale Governo, rappresentanti dal sottosegretario Alfredo Mantica (foto), sta
Da qui la chiusura dell'Ufficio scolastico di Berna ed il suo accorpamento a quello di Basilea. Tutto ciò ha creato non solo una situazione che non ha precedenti nella storia dell'emigrazione in Svizzera, ma ha dato anche il via alla classica atmosfera crepuscolare da "prima delle cose ultime" che accompagna ogni fase di declino.
colpendo indiscriminatamente e scriteriatamente tutte le roccaforti di tale sistema (reti consolari, lettorati, istituti di cultura, scuole, corsi di lingua, enti, associazioni assistenziali, consultori, stampa italiana, ecc.).
In questa triste decadenza, per nostra fortuna, la comunità italiana in Svizzera può ancora contare sui soggetti che da sempre hanno reso servizio al bene comune dedicandosi nei fatti alla diffusione della lingua italiana. Ed è a loro che dobbiamo appellarci, coinvolgendoli, per risolvere questo stato confusionale causato dall’intervento governativo. l’altraitalia 13
E la Cultura di un popolo non la si apprende al corso di italiano della Migros, come vorrebbe far credere qualche ex insegnante dalla penna spuntata e dai facili proclami!-
per non ritenerli certi, anche se, per un'analisi approfondita, sono forse insufficienti. Ad esempio, non si capisce bene se il numero degli allievi complessivi e la media per corso si riferisce a persone semplicemente iscritte o anche frequentanti. Una maggiore precisione al riguardo è fondamentale se si vuole affrontare il discorso con un minimo di realismo. Dell'analisi di Nesti, tuttavia, non sono tanto le cifre presenti o assenti che hanno attirato la mia attenzione quanto il tipo di analisi (oltre alla reazione di alcuni politici dell'opposizione). Ed è su di essa che desidero fare qualche osservazione. Dopo i tagli praticati l'anno scorso, arriva il primo bilancio dei corsi di lingua e cultura in Svizzera. A farlo è il coordinatore degli Enti gestori Roger Nesti. Stando a quanto riportato da alcune agenzie, secondo Nesti, «i tagli ai contributi degli enti gestori hanno destabilizzato il sistema corsi». Più precisamente: «il confronto tra i dati rilevati a inizio dell'anno scolastico 2008/2009 (prima dei tagli) e quelli dell'inizio dell'anno scolastico 2009/2010 (dopo i tagli) evidenzia che in Svizzera sono stati soppressi 164 corsi. Il numero degli alunni è calato da 16.054 a 14.188, con una diminuzione di 1.866 alunni». Ce n'è quanto basta per far scrivere ai cinque deputati del PD eletti all'estero che «Nesti evidenzia con dati incontrovertibili alcune brucianti verità: la riduzione dei corsi in seguito ai tagli produce una pari riduzione di alunni; l'annuncio dei tagli provoca una disaffezione delle famiglie verso i corsi e una conseguente rinuncia a iscrivere i propri figli; […] la politica dei tagli ha innestato un processo di contrazione
degli enti gestori che rischia di essere irreversibile». Inoltre, secondo gli onorevoli Narducci e compagni, «il bilancio del primo anno di tagli sul sistema di insegnamento dell'italiano all'estero offre elementi che vanno al di là della situazione svizzera e riguardano in sostanza l'intera politica di promozione linguistica e culturale dell'Italia nel mondo». Per fortuna che l'on. Narducci, in premessa di un suo comunicato ammette che «valutare lo stato di salute delle scuole italiane all'estero, dopo la batosta dei tagli che nel 2009 ha colpito in particolare i corsi di lingua e cultura italiana, non è certamente opera facile». Ha ragione, è un discorso per nulla facile da affrontare. Ma proprio per questo credo sia opportuno affrontarlo più seriamente, facendo appello anzitutto a un principio di realtà e di razionalità piuttosto che a statistiche, analisi e soprattutto giudizi che rischiano di essere per lo meno affrettati. Perché diminuiscono gli allievi? Circa i dati «incontrovertibili» forniti da Nesti non ho ragione alcuna l’altraitalia 14
Anzitutto, in generale, noto che manca qualsiasi considerazione sulla «ragionevolezza» o meno dei tagli, alla luce di una visione globale del bilancio dello Stato e dell'esigenza fondamentale di non gravare ulteriormente su un debito pubblico che è già pesantissimo. Indirettamente, tuttavia, sembra confermarlo anche il rapporto Nesti, che una certa ragionevolezza ci fosse nei tagli. Essi, infatti, pur essendo valutati a circa il 50% dei contributi del 2008, non hanno provocato un dimezzamento dei corsi, ma solo una diminuzione dell'11,9%, si può rite-
nere che il disastro previsto dai soliti pessimisti non c'è stato. Qualche dettaglio dell'analisi proposta da Nesti mi lascia poi perplesso. Il semplice fatto di costatare tra il 2008/2009 e il 2009/2010 un calo dei corsi e soprattutto degli allievi non autorizza di per sé a stabilire un rapporto di causa effetto tra tagli e riduzione dei corsi. I tagli potrebbero essere eventualmente una concausa e non la causa principale. Senza considerare che gli stessi tagli potrebbero avere una loro giustificazione alla luce anche dell'evoluzione generale degli italiani all'estero, dei bambini in età scolastica e del numero dei frequentanti.
considerazione è che sono sempre più numerosi gli italiani in età scolastica che diventano (anche) cittadini svizzeri, evidenziando in questo modo che la loro prospettiva di vita si situa in Svizzera più che in Italia. Del resto per il 90% i bambini italiani in età scolastica sono nati in Svizzera da genitori generalmente ormai ben integrati. È dunque comprensibile che il loro interesse a frequentare i corsi di lingua e cultura italiane tenda a diminuire. Ripensare la politica culturale italiana all'estero anche soltanto sulla base di questi due elementi credo che il sistema dei corsi gestiti direttamente dallo Stato o da Enti Gestori che ne fanno le veci vada ripensato.
Quando si parla di associazionismo attivo e si pretende di valorizzarlo a spese dello Stato, si dimentica che l'essenziale dell'associazionismo è il volontariato, l'intraprendenza e la motivazione. Anche l'italianità, oltre che una caratteristica dello Stato, che ha quindi il compito di proteggere e sviluppare, dovrebbe essere anche sentita come una caratteristica e un bene di tutti gli italiani, compresi quelli che risiedono all'estero, che non meno dello Stato dovrebbero sentire l'obbligo (morale) di difendere e sviluppare, mettendoci magari anche qualcosa di proprio. Se la lingua e la cultura italiane fossero sentite in questi termini, forse sarebbe più facile trovare soluzioni alternative o complementari anche ai corsi di lingua e cultura, non dimenticando che anche per la Svizzera rappresentano una ricchezza e una risorsa.
Per una analisi completa e realistica della situazione svizzera, ritengo che non si possano dimenticare due fenomeni, di cui occorrerebbe tener conto. Il primo è la costante diminuzione dei bambini italiani in età scolastica. Se si considera il gruppo d'età dei cittadini con la sola nazionalità italiana da 0 a 14 anni, si deve costatare una costante diminuzione. Questa classe d'età si è ridotta dal 1998 al 2008 di ben 14.320 persone. Se nel 1998 in questa fascia d'età gli italiani erano 47.020, nel 2008 erano solo 32.700. E la tendenza continua. Il secondo elemento da tenere in
Non è infatti possibile che un sistema ideato in altri tempi e finalizzato essenzialmente al rientro dei giovani in Italia possa continuare a funzionare sostanzialmente alla stessa maniera. Si dimentica inoltre che questi corsi erano anche il frutto di un diffuso assistenzialismo dello Stato italiano quando gli emigrati erano di formazione e capacità di reddito ben inferiore a quella di oggi. Credo che una certa «politica culturale» oggi la debbano fare anche gli stessi emigrati e coloro che li rappresentano senza poggiare unicamente sul contributo statale. l’altraitalia 15
Trovare sinergie potrebbe rappresentare un'opportunità da studiare e cogliere, tanto più che la nuova legge federale sulle lingue lascia aperto qualche spiraglio in questo senso.
Caro Paolo, ti dò del tu perchè ci conosciamo e siamo amici. Tu vivi in Svizzera dal 1973, sei doppio cittadino, ma da anni dedichi anche parecchio del tuo tempo ai connazionali che vivono in Svizzera; detto questo mi vien da chiederti: ti senti più svizzero o italiano? Ritengo che sia un falso problema chiedere ad un doppio cittadino se si sente più svizzero o più italiano; è come chiedere ad un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà. La cittadinanza è, invece, il modo di sentirsi integrato nel tessuto sociale in cui si vive, ma non si può, per questo, rinnegare la proprie radici. Da ciò deriva il mio impegno sia per la comunità italiana che per quella svizzera. Essendo nato e cresciuto in Italia, giunto in Svizzera ormai adulto, ovviamente, non posso non sentire maggior trasporto per la terra che mi ha visto nascere. I tuoi due figli, nati e cresciuti in
Svizzera, come vedono e sentono l'Italia? Intanto loro sono nati si in Svizzera, ma come cittadini italiani per volontà di noi genitori (mia moglie è svizzera) e solamente in età adulta hanno deciso, liberamente, di diventare anche cittadini svizzeri. I miei figli parlano anche l'italiano pur avendo frequentato le scuole locali, sentono pienamente le loro orgini italiane ed è per questo che la loro opinione, per ciò che sta avvenendo negli ultimi tempi in Italia, li coinvolge e li addolora. È chiaro che auspicherebbero di non dover assistere al degrado politico, culturale e morale che sta attraversando l'Italia. Nelle tue vesti di presidente del Comites di Zurigo, uno dei più grandi nel mondo, qual'è stato, nei quattro anni di tua attività, l'obiettivo raggiunto che più ti ha dato soddisfazione? l’altraitalia 16
Vorrei ricordare che il Comites è un organismo rappresentativo della collettività italiana residente all'estero, i cui membri sono eletti, come previsto dalla legge 27 dicembre 2001, n. 459, a suffragio universale. I compiti dei Comites sono quelli di individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della propria comunità di riferimento e che l'attività che si svolge è puro volontariato. Espletando le funzioni all'interno di tale organismo si presentano sempre nuove situazioni e problemi. Non sarebbe positivo guardare a ciò che, soggettivamente, si ritiene possa essere stata una soddisfazione personale. Ciò che mi motiva e mi stimola sono le, sempre, nuove situazioni che si presentano. Il tema che ritengo sia centrale per la nostra comunità riguarda le scuole italiane a Zurigo (polo scolastico Casa d'Italia) ed i corsi di lingua e cultura italiana. So che te ne sei occupato a lungo ed in maniera approfondita. Qual'è attualmente la situazione in Svizzera? Occorre innanzitutto dire che, con la finanziaria del 2008, il governo italiano decise che nel triennio 2008/2011 vi sarebbero stati tagli anche per il capitolo di spese riguardante gli italiani all'estero. Ad oggi i tagli effettivi per i corsi di lingua e cultura sono ormai giunti a quasi il 50%. È facile capire che, in questa situazione, si sono venute a creare condizioni di difficile gestione. In questa fase di crisi, gli Enti gestori in Svizzera hanno non poche difficoltà nel far fronte agli impegni finanziari che ne derivano. Con soddisfazione, devo però affermare che la collaborazione tra l'Ente gestore Casli di Zurigo ed il Comites ha potuto riequilibrare una fase che si presentava senza sbocco. Purtroppo, per altri Enti gestori in Svizzera lo stato attuale è ancora di forte precarietà. L'aspetto finanziario è davvero l'unico problema che affligge i corsi di lingua e cultura italiana all'estero? Non sarebbe giusto pensare che la
tematica sui corsi di lingua e cultura si racchiude unicamente all'aspetto finanziario. La legge 153/71 che regolamenta tali corsi è, ovviamente, vecchia e superata perchè non può rispecchiare il contesto attuale che è completamente cambiato rispetto al 1971. Da anni si parla di modificare tale legge, ma ad oggi, ogni tentativo e proposta sono finiti nel dimenticatoio. Sono dell'avviso che l'impegno dello Stato italiano rimane centrale: occorrerebbe una nuova ridefinizione e ristrutturazione del sistema attuale. A mio modo di vedere privatizzare o nuovamente statalizzare (tutti docenti MAE o tutti docenti assunti in loco) non può essere la giusta soluzione; un possibile equilibrio, con nuove regole di gestione e di approccio all'utenza, potrebbe creare le condizioni di un futuro stabile. Un esempio potrebbe essere quello di creare soggetti paritari tra amministrazione MAE e privato/sociale. Paolo cosa significa per te cultura ed eventualmente quale potrebbe essere la modalità di trasmissione della stessa, all'interno dei corsi in questione, che potrebbe mag giormente motivare i nostri ragazzi a frequentarli? Mi sento profondamente umanista nel significato di cultura, ma, per quanto riguarda i corsi di lingua e cultura necessitano una concezione antropologica della stessa che racchiude un insieme dei costumi, delle credenze, dei valori, degli ideali e delle abitudini della società italiana. Penso quindi siano questi gli strumenti appropriati per trasmettere ai nostri ragazzi quella conoscenza delle proprie radici che gli permetterà di condividire un'identità culturale. So che, oltre al gravoso impegno come presidente del Comites, svolgi altre attività alle quali dedichi anche molto del tuo tempo libero. Hai mai pensato: ma chi me lo fa fare? Onestamente, no. Sia l'impegno all'interno del Comites che le altre attività alle quali mi dedico a livello sociale e politico nascono da una mia precisa esigenza e volontà di partecipare alle scelte ed alle decisioni all'interno della società e della nostra collettività. Nel momento in cui dovessi vivere con disagio questi miei impegni, percependoli come sacrificio, non esiterei a ritirarmi.
L’attuale governo italiano ha esordito con frasi, poco felici, per mettere in risalto l’importanza della cultura nei loro piani governativi, primo fra tutti il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, (foto sotto) che disse che con la cultura non si mangia; questa sua affermazione la accolsi inizialmente come falsa, non esitai nemmeno un istante e provai ad inserire “I promessi sposi” di Manzoni nel tostapane … con mio grande stupore non ci entrò. È forse questo il segno di veridicità della frase del Ministro?
cristiano riformisti nel quale disse: “libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori”. La ripetizione calcolata della parola “libertà” trasforma uno strappo in un manifesto di pensiero a difesa della libertà, rendendo subliminale il concetto centrale: inculcare principi vuol dire fornire ai nostri figli la cultura che li possa far reagire a una bulimia televisiva da lui stesso creata. La scuola di Stato, che nel discorso di Berlusconi, si denigra è la scuola pubblica e lo Stato è quello che lui governa … La stessa scuola pubblica che il Ministro dell’Istruzione Gelmini sta tagliando drasticamente, soprattutto nel corpo docente (insegnanti che vogliono inculcare principi contrari della famiglie).
O forse vittima di una momentanea amnesia Tremonti ha dimenticato dove sia domiciliato il suo ministero? È vero che sul globo terrestre nessuno stato può fondare la sua economia sulla cultura … tranne l’Italia, un paese in cui anche la ghiaia ha 500 anni, dove anche il paese più sperduto ha una chiesa, un borgo medievale, reperti, praticamente un paese imperniato di storicità e famoso in tutto il mondo per i suoi monumenti e musei. Può, forse, essere questa la cultura con cui far mangiare un paese intero? Tagli, ancora tagli e ritagli in tutti i ministeri che rimano con cultura come l’istruzione; dimostrando che l’Italia, non più fulcro culturale, è la più grande sartoria dove si taglia, si strappa e si ricuce. Ultimo strappo, cronologicamente parlando, l’intervento di Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, al congresso dei l’altraitalia 17
La scure Gelmini farà saltare 1.000 professori di scuola superiore e 930 maestri di scuola elementare, non garantendo più, nelle scuole primarie, la possibilità di effettuare il tempo pieno … quel tempo pieno che permetteva ai genitori di lavorare senza dover trovare soluzioni dispendiose come una baby-sitter e permettendo agli alunni di esser seguiti da maestri.
lavora e quando si arriva a casa si hanno tante cose da fare: spiare 10 ragazzi, senza nessuna dote rilevante, che vivono in una casa; guardare un’altra manciata di persone lanciata a migliaia di km per vivere senza cibo, vedere chi c’è dietro la busta di Maria, capire se il tronista trova la sua rintronata … quindi quel poco che resta si dorme, fate pure cultura.
Ma nessun problema ormai tutti i negozi di elettrodomestici vendono queste baby-sitters/maestre che gli esperti del campo chiamano televisori. La televisione ha annullato la nostra concezione umanistica della cultura, quella antropologica ci sta pensando Bossi ma questo è un altro discorso; mezzo di comunicazione del XX secolo doveva portare le informazioni nella case, dove accrescere la cultura ma una cultura che avevamo dovuto apprendere sui banchi di scuola … invece in molti casi la televisione divenne la scuola, da qui la nascita dell’espressione: “È giusto, lo sentito dire ieri in TV ”, l’affare del secolo: un elettrodomestico dalle doti di oracolo … incredibile.Ricordo l’orgoglio dei genitori che, parlando del figlio, dicevano che faceva il professore, oggi lo stesso orgoglio rivive quando senti dei genitori dire: “Lavora in televisione, non sa fare una mazza, ma ci lavora”.
adesso se tutto va bene dicono che il professore è incompetente, esigente e fazioso … se va male, madre e nonna lo aspettano fuori dalla scuola per picchiarlo.
Ed era vero, non molto tempo fa, l’immagine del professore era rispettata, i genitori quando tornavano dai colloqui con l’insegnante, se non andavi bene erano punizioni …
Gli insegnanti erano un collante importante per la società, erano rispettati ed i loro insegnamenti erano guide per noi … portavano la cultura millenaria italiana a conoscenza di tutti; ma le società cambiano e oggi si preferisce una cultura in pillole, non troppo invasiva, magari inframmezzata da pubblicità che ti permettano di alzarti dal divano … e queste pillole spalmarle nell’arco della giornata, non troppo vicine fra di loro, magari di notte … eh si!! Bisogna essere realisti, di giorno si l’altraitalia 18
L’immagine degli insegnanti ha perso la patinatura storica perché la cultura ha perso smalto nella società, e i tagli servono a confinare l’utilità della cultura in fondo alle necessità della vita … ma è un volere governativo non societario … perché la cultura sconfigge il sopruso, la cultura è capace di discernere il bene dal male e la cultura uccide tutte le malattie come l’egoismo, il razzismo e l’omofobia. E ripenso a quello che disse il Ministro della Cultura Bondi, quando cadde la Casa del Gladiatore
a Pompei: “io non ho colpa”. Ed è vero perché non ha mai fatto niente per la cultura, solo chi fa può commettere errori e quindi avere colpe, generalmente, ma quando si parla di cultura anche il “non fare niente” è una colpa ... c’è stata indignazione da parte degli italiani, ma sicuramente non tanta quanto ce ne sarebbe se cadesse la Casa del Grande Fratello; la televisione è la dimostrazione lampante di come un elettrodomestico sia più forte della stessa persona che lo “telecomanda”.
I mobili outdoor dovrebbero essere solidi, resistenti agli agenti atmosferici e funzionali ma possono essere anche eleganti, comodi e di buon gusto, come dimostra uno dei produttori.
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verso il modello leninista-sovietico che si trovava in una fase di incipiente bolscevizzazione. Attraverso la sua settantenne parabola storica, il PCI, confrontandosi con le più traumatizzanti vicissitudini storiche del ventesimo secolo in Italia, funse da pilastro portante nel drammatico paesaggio politico del novecento italiano caratterizzato da due cruente guerre mondiali e da una corrotta dittatura fascista capitanata da un volubile veterano socialista e nel contempo direttore dell’organo stampa PSI “l’Avanti”, Benito Mussolini, il nefasto rinnegato della causa del proletariato.
Lo scorso 21 gennaio 2011, rievocando il famigerato evento della prima rottura del Partito Socialista Italiano con la fondazione del Partito Comunista d’Italia, nel quadro delle celebrazioni di un secolo e mezzo di storia dell’Unità d’Italia, ricoprirebbe enorme rilevanza culturale e storica per il nostro Paese. Nell’uggiosa giornata del 21 gennaio 1921 durante lo svolgimento dei lavori del XVII congresso del Partito Socialista al teatro Goldoni, ubicato tra i ponti ed i canali del proletario quartiere Venezia a Livorno, la minoranza di sinistra degli “Ordinovisti” improvvisamente abbandonando la sede congressuale, sotto una pioggia torrenziale in corteo al
canto del testo dell’Internazionale, raggiunsero il teatro San Marco, dove ebbe luogo la genesi del Partito comunista d’Italia, sezione italiana della III internazionale. Iniziativa di fondazione coordinata da Amedeo Bordiga, considerato l’ingegnere della fondazione, futuro primo leader dell’emergente partito, che venne affiancato dal quadrumvirato Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Terracini e Tasca, membri del gruppo Ordine Nuovo A differenza della prevalente corrente riformista del Partito socialista, fondato nel 1892 sotto la guida di Filippo Turati, il neonato Partito Comunista d’Italia, in atteggiamento di “carrismo ideologico” si orientava l’altraitalia 20
Costui, con l’ausilio della milizia fascista “camicie nere” fondata dal medesimo protagonista fascista, il 28 ottobre 1922 sorprese inaspettatamente il Re e l’intero corpo politico parlamentare del tempo, organizzando un improvviso colpo di stato con l’azione eversiva storicamente etichettata la “marcia su Roma”, procacciandosi in tal modo con violenza il libero accesso al potere con l’obiettivo di instaurare lo storicamente funesto regime fascista. L’emanazione di un complesso di leggi nel 5 novembre 1925, con approvazione del parlamento, prevalentemente dominato dai ruffiani parlamentari del duce, segnò la fine della fase liberale vissuta nel Paese fin dagli albori dell’Unità Nazionale proclamata il 17 marzo 1861. Con le nuove normative giuridiche fasciste ogni iniziativa di attività o militanza politica avversa al regime mussoliniano venne interdetta e tutti i democratici, considerati traditori e nemici dello stato, vennero brutalmente perseguitati. Alcuni subirono la cattura carceraria e tanti, meno
fortunati, vennero trucidati dai sicari del duce tiranno, fenomeno tipico fascista esemplarmente evidenziato dalla triste fine del viscerale antifascista Giacomo Matteotti, il quale il 10 giugno 1944, su esplicito ordine personale del carnefice “Duce”, con la seguente espressione “fatelo fuori”, venne crudelmente liquidato nel momento in cui il deputato socialista si accingeva a rivelare truffe, affarismi e scandali operati dai subdoli corrotti lecchini del regime. Antonio Gramsci
Un analogo triste fato venne condiviso dall’intellettuale comunista Antonio Gramsci che imputato di alto tradimento, venne perpetuamente incarcerato. Il medesimo intellettuale comunista, per effetto delle pessime condizioni di detenzione, peggiorando irreversibilmente il suo cagionevole stato di salute, morì in prigione. Numerosi patrioti democratici antifascisti riuscirono a salvare la propria pelle e abbandonando i loro affetti e la loro casa, in cerca di rifugio politico all’estero, emigrarono. Una consistente pleiade di antifascisti raggiunse la Svizzera perseverando nel proprio impegno politico di viscerale opposizione alla feroce dittatura fascista.
inoltre i medesimi si prendevano cura dei nuovi flussi migratori di perseguitati politici e nel contempo mantenevamo contatti con l’incipiente Resistenza del nord Italia allo scopo di debellare il fascismo e liberare la patria dall’occupazione nazista. Durante la fine della seconda guerra mondiale un’ingente quantità di patrioti esuli tornò in Italia per aderire alla militanza della Resistenza; tra costoro possiamo annoverare numerosi membri del partito comunista e socialista come Pertini e Togliatti, quest’ultimo di già segretario del PCI sin dal lontano 1927, subito dopo l’arresto di Antonio Gramsci, detenne la funzione di responsabile del partito fino alla sua morte avvenuta nell’agosto del 1964. Palmiro Togliatti al suo rientro in Italia riprese le redini del partito premurandosi di rinnovare strutturalmente l’organizzazione politica svincolandolo dall’ortodossia bolscevica-stalinista e poter conferire in tal modo una flessibilità di base. Il segretario del PCI intraprese l’arduo tentativo di conformare il partito alle reali esigenze politico-sociali dell’Italia postfascista.
Durante il suo delicato incarico nella funzione di Guardasigilli, il 22 giugno 1946 il ministro decretò la cosiddetta “Amnistia Togliatti” con l’intenzione di pacificare il Paese, disposizione implicante la fine dell’epurazione fascista. Catastrofiche furono le conseguenze politiche per la giovanissima Repubblica Italiana in virtù della generosa interpretazione della predetta normativa. Oltre diecimila ex criminali gerarchi mussoliniani ed alti ufficiali delle “camicie nere”, responsabili di efferati crimini di guerra, ne beneficiarono sino all’assurdo eccesso che più dei due terzi della base del reiterato partito mussoliniano MSI sarà costituito da parlamentari di mera estrazione fascista, come nell’attuale caso anomalo della vergognosa presenza nel Parlamento Italiano di una diretta discendente genetica e politica del prepotente e sanguinario “Duce” dal medesimo cognome Mussolini. Alessandra Mussolini, deputata del PdL
Togliatti partecipò alla stesura della costituzione, e fedele agli ideali di democrazia, libertà, uguaglianza e giustizia, si mise alla ricerca della “via Italiana al socialismo” partecipando responsabilmente al primo governo della Repubblica Italiana sotto la guida di Alcide De Gasperi come di titolare del ministero di grazia e giustizia.
Palmiro Togliatti
Nel contesto di militanza politica e culturale in territorio elvetico, gli esuli italiani, su proposta del filosofo romano Fernando Schiavetti, nel 1943 fecero venire alla luce la fondazione delle “Colonie Libere” a Ginevra, ulteriormente propagatesi in tutta la Svizzera. Tale iniziativa consentì ai suoi fautori di praticare legalmente attività culturale, sociale e politica in territorio elvetico,
Tale deleterio fenomeno è stato reso possibile a causa della deficitaria definizione giuridica della normativa “Togliatti”, la quale a differenza degli altri paesi come Germania, Austria, Francia ed Inghilterra, non prevedeva l’esclusione dalle più delicate ed elevate cariche della pubblica amministrazione per collaborazionisti e criminali fascisti. La permanenza nel dopoguerra di tali veterani criminali fascisti negli elevati quadri della pubblica amministrazione costituisce peculiarità culturalmente negativa che ha causalmente determinato il perverso
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connubio tra fascisti e democristiani negli anni cinquanta, degenerando nella criminogena corruzione della pubblica amministrazione negli anni successivi fino ai nostri giorni.
Nel corso dell’ itinerario storico del PCI durante il periodo postbellico il partito è stato caratterizzato da un permanente processo innovativo culminante con l’elezione di Enrico Berlinguer (foto sopra) nel 1972 a segretario di partito, fase in cui la posizione politica del comunismo italiano divenne “europeisticamente” più moderata , moderna e realista. Per merito del suo segretario sardo il PCI conobbe momenti felici di successo politico per aver intrapreso con coraggiosa strategia il rinnovamento dell’organizzazione di base che politicamente si concretizzava in sagge scelte politiche.
maggioranza parlamentare. Tale esperienza politica avrebbe consentito valida premessa per offrire la possibilità al partito proletario di partecipare alla gestione dell’esecutivo nel contesto di democrazia parlamentare consistente nella prassi di alternanze al potere nel rispetto della piena legittimità costituzionale. Codesta intelligente strategia di avvicendamento avrebbe determinato il raggiungimento pragmatico di “democrazia compiuta”, obiettivo supremo passionalmente anelato da Antonio Gramsci nella sua teoria politica di “filosofia della prassi” contemplata nei suoi “Quaderni dal Carcere” che costituivano per Berlinguer fonte di insegnamento politico dal suo insigne maestro di filosofia. Avversando apertamente la linea ufficiale del bolscevismo stalinista, il segretario del PCI in sede di congresso del partito comunista sovietico ha fermamente condannato ogni interferenza politica da parte dell’Unione Sovietica sia verso l’Italia che ai riguardi di altri Paesi. Famigerata dichiarazione la quale costituì il momento culminante della frattura storica tra comunismo italiano e bolscevismo sovietico.
Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini il 14 dicembre 1974 pubblicò sull’edizione del Corriere della Sera il seguente “Inno al Partito Comunista Italiano”. Il PCI è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese colto in un paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico.
In sede di nomina a segretario Berlinguer auspicava un compromesso storico con la corrente democristiana progressista di Aldo Moro; questo momento costituiva l’apice del successo berlingueriano, disponendo il partito di più vasti consensi popolari, figurando un positivo ”feed-back” alla proposta di “compromesso storico” tra marxisti e cattolici. A tale proposta il democristiano Aldo Moro replicava con un suo lungimirante condizionato consenso che prioritariamente si sarebbe configurato in un rapporto politico dialetticamente positivo con il PCI sollecitando nel contempo un progressivo processo di graduale coinvolgimento dei comunisti nella
subì enormi insuccessi a catena fino al XX Congresso di Rimini nel febbraio 1991 dove, a seguito della caduta del muro di Berlino e conseguente radicale cambiamento dell’assetto geopolitico nel vecchio continente, su proposta di Occhetto (baffino uno) e consenso di D’Alema (baffino due), col pretesto di esigenza storica per un cambiamento di finalità politiche e relative strategie il 3 febbraio 1991, dopo esattamente un settantennio di esistenza, si concluse la storia del PCI con la nascita del PDS.
Il PCI iniziò il suo declino storico con la tragica scomparsa del popolare segretario Enrico Berlinguer l’11 giugno 1984, a seguito di un ictus celebrale durante un comizio. La fase postuma al decesso di Berlinguer di oltre un settennio fino al 1991, per imperizia dei suoi segretari Natta ed Occhetto, il PCI l’altraitalia 22
In questi ulteriori anni tra il PCI inteso in senso autenticamente unitario in un compatto “insieme” di dirigenti, base e votanti ed il resto dell’Italia, si è aperto un baratro, per cui il PCI è divenuto Paese separato, un’isola. In tale contesto di romantica lirica si pone spontaneamente il quesito: quale melodiosa poetica potrebbe Pasolini concepire dalla tanto “nobile ispirazione” emanata da un Paese putrefatto e capitanato da un ineffabile “Premier plurinquisito”, che ha ridotto l’Italia in un volgare e lercio postribolo dove domina sovrana la “meritricecrazia” nonché “mignottocrazia” concertata da una compagine governativa incompetente incolta ed incivile: l’immorale, corrotto e dispotico regime del Bunga-Bunga.
ARTISTI DI APPLICAZIONE
21 - 30 OTTOBRE 2011 Kronenmattsaal Binningen
ORARI DI APERTURA Lu-Ve 15.00-20.00 / Sa 10.00-20.00 / Do 10.00-18.00
Termine di iscrizione
29 maggio 2011 www.arte-binningen.ch jury@arte-binningen.ch Comitato Arte e Cultura, Postfach, CH-4102 Binningen1
Cinque ragazzi, un unico amore: la fotografia. Andreas, Marco, Andrea, Antonio e Daniele: lo Studio 52. Prima l’incontro tra i banchi dello IED - Istituto Europeo di Design con i primi lavori di gruppo, poi l’amicizia sorta dietro l’obbiettivo e nascosta in un click. Sì un click. Un lampo, un attimo, un istante capace di trasformare la velocità e la precarietà di un momento in un’emozione che resta dentro. Questa è la fotografia. Questa è la sfida che i cinque, seppur nell’eterogeneità delle loro sperimentazioni, cercano.
Queste stesse scintille, invece, nelle foto di Marco Balestra si traducono in macchie. Lui, più interessato a una fotografia informale dai tratti pittorici, focalizza il risultato del suo occhio nella sperimentazione e nella creazione di forme nuove che emergono da una piccola goccia di inchiostro nero che, depositata in una vasca a sfondo bianco, dà vita a interessanti giochi morfologici. Galeotta fu un’antica dama che molti ha incantato: la Notte. Da qui le missioni lontane dal sole quando la città tace. Da qui l’innamoramento per quel bagliore di luce che l’atmosfera silenziosa e discreta del notturno rende irripetibile. L’occasione fa il fotografo ladro di scatti ed è così che Andreas Grisebach , da anni fotografo professionista, catalizza la sua passione nel trasformarsi, come lui stesso afferma, in “scrittore con la luce”. Nei suoi scatti, infatti, l’unica presenza della luce concessa è affidata a dei piccoli luccichii che avvolgono oggetti, persone e natura. l’altraitalia 24
Un diverso modo di ricercare una natura seconda celata e incontaminata è quello di Andrea Guaita, il quale con le sue foto porta avanti un personale progetto: l’idea di snaturamento. Esperimenti di luce, ombre artificiali di faretti e lampioni milanesi che plasmano coni luminosi perfetti, quasi irreali, come se a partire da questi si potesse avere una nuova percezione visiva il cui
risultato finale sembra non rappresentare nemmeno più il soggetto inizialmente scelto. Questa stessa voglia di interpretare il quotidiano andando oltre la sua dimensione reale, la ritroviamo nelle opere del sonnambulo Antonio Bolio Iannotti che, succube del fascino arcaico dell’analogico, cattura quei soggetti che innamorano il suo occhio. Nel suo click tutto è fugace e, per quanto statico possa essere il soggetto, l’esito è sempre costruito, cercato e voluto perché animato dalla perfezione, dalla volontà di far emergere l’immagine da un’infinita scala di toni grigi grazie alla quale il soggetto acquista una sua profondità, una sua atmosfera, una sua emozione.
La medesima emozione regalata dal click è stata la molla che ha spinto Daniele Garofalo a lasciare il fortunato mondo del marketing per dedicarsi a una fotografia il cui scopo è quello di far provare allo spettatore le stesse sensazioni che hanno mosso il suo occhio e smosso il suo animo.
Certamente, però, l’incontro con l’arte dello Studio 52 dà la possibilità di ripensare all’idea di fotografia comunemente commercializzata e didaliscamente esibita. Per abitudine si è portati a credere che una foto sia la banale riproduzione fedele di un oggetto presente nella realtà, ma siamo proprio sicuri che sia solamente mera rappresentazione?
Espressione di quel mondo a cui le parole non arrivano perchè indescrivibile per lui è il momento in cui il polpastrello fa pressione sul tasto freddo di alluminio, l'attimo in cui viene catturato un pezzo di mondo, il suo modo di vedere il mondo. Dunque, la loro amicizia un semplice caso fortuito e fortunato? Probabilmente sì.
La Trahison des images, René Magritte (Lessines, 21.11.1898 – Bruxelles, 15.8.1967
Del resto, lo stesso Magritte nel suo celebre dipinto raffigurava una pipa con scritto sotto “Ceci n’est pas une pipe”.
Esposte alla Fabbrica del Vapore di Milano lunedì 29 novembre 2010 per la mostra collettiva Chiaroscuro del Disordine, organizzata dall’associazione onlus Psicologi dei Popoli i cui volontari offrono supporto nelle situazioni di emergenza, quali catastrofi, eventi naturali, terremoti… l’altraitalia 25
Ci sono delle cose nella vita che si conoscono, e molte altre no. Molte volte ci sono persone che ci spiegano cose che non sappiamo e il venirne a conoscenza non cambia la nostra futura esistenza. Ci sono delle persone che ti spiegano l’amore per le pietre preziose e quando volti pagina ti rendi conto di quanto tutto ciò sia entrato nelle tue vene, come un sangue vitale. Un amore che si chiamaALVES & C. Non voglio parlarvi di quale sia la pietra più preziosa, la più rara o la più pura; vi voglio parlare di una storia d’amore tra un essere umano e un gioiello terreno custode di milioni d’anni di storia. In Corso di Porta Ticinese a Milano, in uno di quei tipici cortili milanesi, Margherita e Clelia, fondatrici di ALVES & C., hanno aperto un atelier in cui tramandano la loro passione per le pietre preziose e per la creazione di gioielli .
Gemma di acqua marina brasiliana fotografata sopra un cristallo di rocca
menti materni, maturando dentro di sé una liaison indissolubile e necessaria tra lei e le gemme. Clelia, perché è nata ALVES & C.? Perché le pietre preziose quando vengono estratte dalla terra, dove si sono formate per milioni di anni, devono rinascere in questa nostra dimensione … hanno bisogno di una nuova vita che mantenga inalterato l’animo della gemma, ed è per questo che, insieme a Margherita, abbiamo deciso di creare ALVES & C., per permettere alla gente di fruire della bellezza della nostra terra e capirne l’animo. Margherita Cavalleri, giornalista, nel 2000 decide di accompagnare Clelia in Brasile durante uno dei suoi innumerevoli viaggi di lavoro, per un reportage sulle miniere di pietre; condivide con la compagna di viaggio l’emozione nata a contatto con le gemme, lascia tutto e si getta a capofitto nel progettoALVES & C.
Opale arlecchino con diamanti Alves&C. è partner italiana di OPALINDA, azienda francese che estrae spettacolari opali dalle nuove miniere dell'Etiopia
Clelia Alves, gemmologa italobrasiliana, incontra le pietre preziose fin dalla nascita … essendo figlia di madre gioielliera, cresce tra le miniere del Brasile e gli insegna-
Margherita, qual è stata l’emozione che hai provato? Innanzitutto lo stupore … lo stupore di fronte alla perfezione terrena, capisci che ogni cosa che ci circonda non è figlia del caso ma di un progetto naturale ben preciso; nelle miniere sei in una situazione di assenza di luce e vedi queste venature l’altraitalia 26
così profonde e radiose che ti domandi, da profana, come senza luce possa nascere della luce. Elizabeth Taylor una volta disse: “Adoro indossare pietre preziose, ma non perché le posseggo; non si può possedere la radiosità, si può solo ammirare”. Ed è la stessa radiosità che ha affascinato Margherita, ed è la stessa radiosità che vedi nei suoi occhi e in quelli di Clelia quando ti parlano delle pietre. L’obiettivo di ALVES & C.? ALVES & C. deve essere il punto d’unione tra la miniera e l’appassionato di pietre preziose, siamo costantemente alla vigilia di un evento importante; con amorevole cura scegliamo le pietre migliori,
Rara gemma di granato verde tzavorite, tagliato a cuore
diamo loro una forma (grazie ai nostri tagliatori di fiducia) con la stessa attenzione che si dedica alla preparazione di un avvenimento
importante, scegliamo il taglio migliore e lo affidiamo nelle mani di chi vuole “possedere la radiosità”. Quindi voi non tagliate le pietre, cosa vuol dire un tagliatore di fiducia? La pietra è colore, i colori sono delle vibrazioni e noi, esseri umani, siamo fatti di vibrazioni; nel processo di trasformazione della pietra grezza alla gemma sfaccettata, un buon tagliatore è fondamentale, l’amore per questo mestiere permette alla vibrazione di perpetrarsi nella nuova forma con la massima luminosità possibile. In Etiopia abbiamo conosciuto una donna intagliatrice capace di lavorare l’opale, senza aver seguito corsi speciali, solo con la sua esperienza e l’amore per il suo lavoro. Come avviene la vendita delle pietre nel vostro atelier? Innanzitutto non è una mera vendita di pietre preziose, ma è una scelta comune tra noi, il cliente e la pietra. Il cliente viene, gli mostriamo alcune gemme a seconda dei gusti e delle preferenze di colore, raccontiamo l’origine delle pietre, la loro famiglia gemmologica di appartenenza, l’età, la rarità e la conseguente quotazione di mercato e poi il cliente sceglie.
Gocce di morganite montate come orecchini pendenti con “lampi” di oro e diamanti brown
ALVES & C. non è casuale è anche essa studiata assieme al cliente, a tal punto di aver cambiato il ciclo produttivo: all’inizio i clienti, soprattutto i mariti, regalavano alle mogli gioielli; adesso regalano gemme che le stesse mogli, in un secondo tempo, fanno incastonare da Clelia nel migliore e più personale dei modi. Clelia e Margherita sono l’amore per le pietre preziose, e quando qualcosa è fatto con amore, finisce per dare amore … ed è proprio con questo principio che hanno creato il TheoDoro, una collezione di gioielli in oro, con un rubino cabochon incastonato che richiama il nasino rosso dei clown, per la Fondazione Theodora Onlus devolvendo, a sostegno dei loro progetti per i bambini negli ospedali, il 15% dei ricavi.
Collana annodata a mano in granato rodolite, chiusura in oro bianco opaco con gemma di berillo verde
Clelia, artista a tutto tondo nell’oreficeria, completa con l’oro e l’argento il viaggio della pietra; anelli, collane, orecchini diventano pezzi d’arte e idonee cornici per le gemme. La creazione dei gioielli di
Una ricerca continua: nelle miniere del Brasile, tra i commercianti di gemme … una conoscenza approfondita della materia a tal punto di aver richieste di pietre da tutto il mondo … una creatività fuori dal comune, elegantemente raffinata ed originale … una voglia di non cedere mai e di non scendere a compromessi capaci di pregiudicare il futuro di l’altraitalia 27
una storia millenaria … e tanto amore, sono gli ingredienti vincenti di ALVES & C. Adesso devo voltare pagina … porterò sempre con me la luce delle pietre preziose, la luce di Clelia e Margherita nel farmi capire la loro passione … una luce radiosa che si può ammirare ma non possedere, perché è già nostra, fa parte della natura. La designer Clelia Alves indossa gli orecchini della collezione TheoDoro
ALVES & C. gemme Corso di Porta Ticinese 75 20123 Milano Tel. 0039 02 36590485 Clelia 0039 335 8012007 Margherita 0039 339 8375096 Si riceve su appuntamento www.alvesgemme.com info@alvesgemme.com
pata de Il Divo (2008) di Paolo Sorrentino, e sceneggiato dai giornalisti del “Corriere della Sera” Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, autori, anni fa, del bel volume La Casta: Così i politici italiani sono diventati intoccabili (2007), il film promette di far discutere e mostra attraverso il montaggio di spezzoni di varia provenienza, in primo luogo giornalistica, un ritratto caratteriale e psicologico dell'attuale Presidente del Consiglio Italiano, a partire, come si nota dal trailer, dal giudizio che di lui dà Mamma Rosa, vero personaggio chiave nella vita e nell'ascesa di Berlusconi. Due pellicole nelle sale italiane da questo marzo promettono di suscitare scalpore, se non vere e proprie polemiche. Ci si riferisce, in primo luogo, a Il gioiellino di Andrea Molaioli e a Silvio Forever di Roberto Faenza e Filippo Macelloni. Si parta dal primo. Molaioli, già autore dello splendido giallo La ragazza del lago (2007) che gli fece fare man bassa ai David di Donatello, con questa sua opera seconda affronta uno degli scandali più eclatanti e spinosi che hanno sconvolto il mondo economico italiano: il crac Parmalat, il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta mai avvenuto in Europa. Servito da attori di grande carisma e bravura, quali Remo Girone e Toni Servillo nei panni dell'imprenditore Amanzio Rastelli e del suo fidato ragioniere Ernesto Botta, Molaioli ripercorre dieci anni di vita di una fittizia azienda, la Leda, che da normale impresa diventa un impero economico per poi crollare inesorabilmente. Il regista lo fa dall'interno, attraverso il punto di vista dei manager, non sempre all'altezza, nei loro piccoli uffici da cui possono muovere miliardi di euro di ignari risparmiatori.
Remo Girone (a sin.) e Toni Servilllo in una scena de “Il gioiellino”
Il parallelo con il disastro Parmalat è lampante, così come i due protagonisti della pellicola si basano sui veri Callisto Tanzi e sul suo ragioniere Tonna, come anche le prassi mostrate nel film di Molaioli ricalcano quelle dello stesso Tanzi che prima lancia la Parmalat nei mercati internazionali, quindi in borsa, fino all'utilizzo di bilanci truccati e società off-shore che conducono al crollo finale. Senza bisogno di spiegazioni è il secondo film in uscita. L'argomento risulta già intuibile dal titolo Silvio Forever, diretto dall'esperto e raffinato Roberto Faenza, insieme con Filippo Macelloni. Si tratta, come si legge anche nel sottotitolo, della “biografia non autorizzata” di Silvio Berlusconi, e di certo non celebrativa. Il film, in forma di accattivante documentario di montaggio, esce nelle sale italiane a sorpresa, poiché quasi nulla si è saputo della sua produzione, tanto da essere, e concordiamo con “Repubblica”, uno dei segreti cinematografici meglio custoditi degli ultimi anni. Distribuito da Andrea Occhipinti e dalla Lucky Red, che già si era occul’altraitalia 28
Due film diversi nella forma, Il Gioiellino e Silvio Forever, ma che sono pronti a far parlare di sé, su questo ne siamo sicuri, con la speranza che essi riescano a trovare una distribuzione non solo in Italia, ma anche all'estero. Se questo problema, almeno in Italia, non ci dovrebbe essere per la pellicola di Molaioli che può godere di ben 170 sale a disposizione, il discorso diventa più complesso per Silvio Forever di cui non si sa ancora di preciso il numero di copie in distribuzione, né si sono ancora avute le prime reazioni politiche.
Tra i vari film girati a Taranto, tra cui il bel Figli di Annibale (1998) di Davide Ferrario con Diego Abatantuono e Silvio Orlando, uno in particolare fa ben vedere e vivere la città pugliese.
30° Festival Internazionale del Cinema di Istanbul Dal 2 al 17 aprile 2011 - Istanbul (Turchia). Sedi varie www.iksv.org La 30° edizione del Festival Internazionale di Istanbul, tra i più importanti al mondo, si svolgerà dal 2 al 17 aprile 2011. Come ogni anno accoglie numerosi film da tutto il mondo, al fine di promuovere ed incrementare la diffusione del cinema internazionale. Un appuntamento da non perdere. Visions du Réel Dal 7 al 13 aprile 2011 - Nyon. Sedi varie www.visionsdureel.ch Nato nel 1969 come Nyon International Documentary Film Festival, l'attuale Visions du Réel è tra gli appuntamenti principali nel panorama internazionale per quanto riguarda il mondo del documentario, favorendo le interazioni tra le varie tipologie di film non di finzione (sperimentale, reportage, inchieste storiche, film intimo e di famiglia).
Si tratta de Il Miracolo (2003) del talentuoso Edoardo Winspeare, regista nato in Austria, a Klagenfurt, ma che da sempre vive nel Salento.
13° Settimana della Cultura Dal 9 al 17 aprile 2011 - Valle D'Aosta. Diverse località www.regione.vda.it/cultura In occasione della 13° Settimana della Cultura, che si svolge quest'anno dal 9 al 17 aprile, l'Assessorato regionale Istruzione e Cultura della Valle D'Aosta aderisce all'evento annuale promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali con una serie di iniziative di promozione e valorizzazione del patrimonio e delle tradizioni culturali della regione.
Ne Il Miracolo, terza opera dell'autore cui si devono già Pizzicata (1995) e Sangue vivo (2000), sempre ambientato in Puglia, assistiamo alla storia del dodicenne Tonio che si ritrova in ospedale dopo essere stato investito da un'auto. Al suo risveglio sembra che egli abbia acquisito il dono di guarire gli ammalati con il tocco, suscitando così l'interesse dei media e acuendo maggiormente i conflitti interni alla sua famiglia.
6° Video Festival Imperia Dal 12 al 16 aprile 2011 - Imperia. Sedi varie www.videofestivalimperia.org Il Video Festival Imperia - Festival Internazionale D'Arte Digitale, è diventato un polo di attrazione nazionale e internazionale, coinvolgendo un sempre maggior numero di partecipanti e professionisti da tutti i continenti. In questi anni la crescita del Festival è stata molto rapida con quasi 700 opere da 51 Paesi che ne attestano la ricchezza e la varietà. A parte i patrocini ufficiali delle Istituzioni, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai Ministeri per lo Sviluppo Economico e a quello dei Beni e delle Attività Culturali, dalla Regione Liguria alla Provincia e al Comune di Imperia, dal 2010 il Festival può godere dell'onore di essere stato riconosciuto dall'UNESCO come uno dei tredici Festival più importanti al mondo per la “Diffusione e la Salvaguardia delle Diversità Culturali”.
Il tutto si svolge in una Taranto contraddittoria, allo stesso tempo sensuale e affascinante quanto brutale e triste. Winspeare ne ritrae, in maniera mai folklorica, il cuore pulsante attraverso splendide luci e inquadrature sfocate. Ma, nel contempo, ne descrive le periferie ostili fatte di freddo metallo e alte ciminiere da cui minacciosi si alzano fumi industriali, dove il mare si trova a coesistere con l'immenso e inquinante complesso metallurgico dell'Ilva. Un film tenero, semplice e complesso insieme, sicuramente ambizioso e consigliato.
12° Festival del Cinema Europeo Dal 12 al 17 aprile 2011 - Lecce. Sedi varie www.festivaldelcinemaeuropeo.it Il Festival, riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come “manifestazione d'interesse nazionale”, è ideato ed organizzato dall'Associazione Culturale “Art Promotion”. Il programma comprende: la competizione ufficiale; le sezioni volte a delineare importanti figure della cinematografia italiana e internazionale e ad approfondire temi specifici; gli eventi speciali; le anteprime nazionali. 13° Future Film Festival Dal 20 al 23 aprile 2011 - Bologna. Sedi varie www.futurefilmfestival.org Nel corso degli ultimi dodici anni, il Future Film Festival si è affermato come il più importante evento italiano dedicato all'animazione e agli effetti speciali. Ogni anno, a Bologna, si danno appuntamento i più importanti registi, direttori artistici e creativi, per presentare in anteprima i propri film, il backstage di grandi successi e immagini in esclusiva delle nuove produzioni. Uno sguardo al futuro del cinema, ma non solo: il Future Film Festival dedica retrospettive alla storia dell'animazione e della fantascienza, con incontri ed eventi sull'applicazione delle nuove tecnologie in altri campi, come il web e i videogame.
l’altraitalia 29
Benessere e salute
È un piccolo albero alto fino 5 metri; presenta radici a fittone e fusto dapprima diritto e liscio e di colore grigio, successivamente contorto, screpolato e scuro; le foglie, lunghe fino a 12 cm, sono lanceolate e picciolate; i fiori, bianchi o legger-
mente rosati e con un diametro fino a 5 cm hanno 5 sepali, 5 petali, 40 stami (disposti su tre verticilli) e un pistillo con ovario semi infero. I fiori sbocciano in genere all'inizio della primavera, e qualora il clima sia mite, anche tra gennaio e febbraio.
La pianta viene coltivata essenzialmente per il suo seme, la mandorla. Di alcune varietà di mandorlo si utilizzano anche il legno e gli endocarpi che, ridotti in cenere, vengono sfruttati nell'industria dei saponi e delle liscive. A seconda delle caratteristiche della mandorla, si distinguono le seguenti varietà: amara, i cui semi risultano tossici; dulcis, i cui semi sono utilizzati nell'alimentazione, nell'in dustria dolciaria e per l'estrazione dell'olio di mandorla officinale; fragilis (o sticciamani), con seme dolce, ma endocarpo non legnoso. La mandorla è il seme commestibile del mandorlo, una pianta appartenente alla stessa famiglia del pesco, le rosacee: è alta circa dieci metri ed i suoi semi, le mandorle appunto, sono racchiusi in un guscio legnoso a sua volta contenuto in un nocciolo Generalmente le mandorle vengono consumate secche durante tutto l'anno e si trovano fresche solamente in primavera. Fino all'inizio del secolo scorso Agrigento rappresentava il primo produttore al mondo di mandorle e nella sua provincia ne venivano coltivate più di 700 specie; purtroppo ad oggi le cose sono cambiate e sono drasticamente diminuite le zone di coltivazione e anche numerose varietà di mandorle sono andate scomparendo. l’altraitalia 30
È un alimento molto ricco di proteine, digeribile e molto energetico; nella sua composizione troviamo vitamine del gruppo B, vitamina E, grassi insaturi, magnesio, ferro, potassio, rame e fosforo. Nelle mandorle è presente anche una piccola quantità di laetrile, considerata una sostanza anti tumorale.
Le mandorle possono quindi essere considerate un alimento completo, meno grasse delle noci, ma in possesso di maggiori proprietà stimolanti e curative. L'olio di mandorle dolci è ricco di proteine, sali minerali, vitamina A, e altre vitamine del gruppo B; è un ottimo emolliente, nutriente e lenitivo. Adatto ad ogni tipo di pelle, combatte l'invecchiamento della
Fin dall'antichità, il mandorlo è stato un simbolo di promessa per la sua precoce fioritura, che simboleggia l'improvvisa e rapida redenzione di Dio per il Suo popolo dopo un periodo in cui sembrava lo avesse abbandonato .
Bevanda altamente energetica, si prepara con mandorle dolci, qualcuna amara e zucchero. È un alimento con un grande apporto calorico, attenzione quindi a non esagerare con le dosi (visto anche il suo gusto piacevole), infatti un bicchiere di latte ha le stesse calorie di mezzo etto di banana.
Il 55% per cento della mandorla è costituito da grassi, il 20% da zuccheri, e il restante 25% da proteine. Alle mandorle, oltre alle proprietà altamente energetiche, vengono attribuite proprietà lassative; fin dai tempi più antichi il latte di mandorle era considerato un ottimo rimedio rinfrescante dell'intestino e della vescica. Le mandorle sono indicate in caso di denutrizione, oltre che altamente nutritivo sono anche un alimento molto equilibrato, e il loro utilizzo viene consigliato in determinati momenti in cui l'organismo ha particolarmente bisogno di energia: gravidanze, convalescenze, attività sportiva, superlavoro fisico ed intellettuale. Molto importante il ruolo della vitamina E che svolge un'azione determinante nell'attenuazione del rischio di attacchi cardiaci; insieme ai grassi insaturi contribuisce a ridurre la crescita della placca aterosclerotica nelle arterie.
medesima ed è utilizzato soprattutto in caso di pelle secca; utile in caso di morbillo o varicella, dove, il suo effetto emolliente ne attenua il prurito.
Ha proprietà antidepressive, antiinfiammatorie, rinfrescanti e riequilibranti dell'umore.
Ingredienti 8 uova 400 gr. zucchero 400 gr. mandorle tritate 350 gr. cioccolato fondente tritato 70 gr. farina 300 gr. burro
L'olio di mandorle è anche utile in caso di smagliature nel periodo della gravidanza o come conseguenza di una dieta ferrea. Oltre a queste caratteristiche, forse non tutti sono a conoscenza del fatto che l'olio di mandorle può essere impiegato per ridare vigore e lucidità a capelli "spenti"; è consigliato un impacco con olio di mandorle, della durata di 20 minuti circa, prima del lavaggio dei capelli. l’altraitalia 31
Montare il burro con lo zucchero e 8 tuorli di uovo. Unire le mandorle, il cioccolato e 50 gr. di farina. Mescolare bene e incorporare gli albumi montati. Versare l'impasto in una teglia del diametro di 30 cm, imburrata e infarinata. Infornare a 180 gradi per circa 30 minuti.
Enogastronomia
La mozzarella è uno dei formaggi più apprezzati e consumati, non solo nella tradizionale pizza, nella parmigiana di melanzane o nell'insalata caprese, ma anche in svariate altre ricette che accreditano questo latticino come un simbolo dell'identità gastronomica italiana.
Formaggio fresco a pasta filata originario dell'Italia meridionale, prodotto con latte di bufala o di vacca, nella versione vaccina la mozzarella è storicamente prodotta in tutta la parte continentale dell'Italia meridionale, mentre la variante bufalina, più pregiata, è diffusa in alcune
venga usato esclusivamente latte di bufala allevata in zona e adottato un peculiare procedimento di lavorazione, è previsto il marchio DOP. La mozzarella di bufala campana DOP è sicuramente uno dei più noti e celebrati tra i prodotti tipici italiani. La qualità di questo prodotto è intuibile già dall'allevamento degli animali, che avviene secondo consuetudini locali: a stabulazione semi libera o al pascolo aperto. Il latte deve essere trasformato, inoltre, entro 16 ore dalla mungitura. La coaugulazione è ottenuta aggiungendo al latte, riscaldato fino a 39 gradi, fermenti naturali derivanti da precedenti lavorazioni. La cagliata, rotta fino all'ottenimento di “noci”, viene fatta maturare in siero per 4 ore e quindi ridotta in striscine filate in acqua a 95 gradi, poi mozzate per ottenere la grandezza desiderata. Le forme sono tenute in acqua potabile fredda e salate in salamoia. Una volta confezionati vengono conservati nel liquido di governo. La mozzarella di bufala DOP deve possedere una crosta sottilissima e un colore bianco simile alla porcellana; la sua pasta deve essere elastica entro le prime 10 ore dal confezionamento per poi divenire più fondente. Al taglio si deve liberare un lieve siero di colore bianco, particolarmente grasso, odorante di fermenti lattici. La caratteristica principale del suo flavour deve essere la freschezza, mentre i profumi devono evocare la panna, l'acidulo e il muschiato.
Il termine deriva dal nome dell'operazione di mozzatura compiuta, con gli indici e i pollici, per separare dall'impasto le singole forme.
province della Campania, del Lazio e del Nord della Puglia, in particolare nel salernitano e nel casertano. Per questo tipo di mozzarella, laddove l’altraitalia 32
Il prodotto può anche essere affumicato esponendo il formaggio al fumo di paglia di grano, che imbrunisce la crosta del formaggio. Il ricorso all'affumicatura, anticamente, era dettato da una ragione particolarmente semplice: attraverso questa tecnica si
Mozzarella di bufala affumicata
allungava la vita commerciale del prodotto, che si poteva pertanto trasportare a medie distanze.
Una terza teoria ne attribuisce invece l'invenzione ai Normanni. Il primo documento ufficiale sulla mozzarella di Aversa, in ogni caso, risale “solo” agli inizi del XV secolo, mentre solo verso la fine del XVIII secolo le mozzarelle diventarono un prodotto di largo consumo grazie alla realizzazione, da parte dei Borboni, di un imponente allevamento di bufale con annesso un caseificio per la trasformazione dello stesso latte, nel sito della Reggia di Carditello, la tenuta reale in provincia di Caserta della dinastia spagnola.
Le ipotesi sulla nascita della mozzarella sono diverse, ma tutte collocate nell'epoca medievale. Secondo le fonti più accreditate sarebbero stati i saraceni a trasportare i bufali nell'Italia meridionale, prima in Sicilia e poi nella paludosa piana del Garigliano. Con l'unificazione d'Italia vide la luce, ad Aversa, la "Taverna", un vero e proprio mercato all'ingrosso delle mozzarelle e dei derivati caseari prodotti dallo stesso latte tra
forma tonda dalle diverse pezzature, che possono raggiungere anche i 500 grammi. Il suo utilizzo in cucina spazia dagli antipasti, dove garantisce freschezza e rapidità di preparazione, a primi e secondi piatti decisamente ricchi e golosi. Ai vostri ospiti potete ad esempio proporre una bruschetta dove la mozzarella viene accompagnata da pomodorini, basilico, origano, sale e olio extra vergine di oliva. Lo stesso registro spiccatamente meridionale si ritrova nella pasta mediterranea, penne o mezze penne condite con una marinata di pomodorini pugliesi a base di olive, aglio, capperi, origano, sale e olio su cui avrete cura di cospargere in ultimo la mozzarella tagliata a cubetti.
Bufale campane
Se così fosse, sarebbe l'ennesimo esempio del contributo culturale che il mondo arabo ha inconsapevolmente apportato all'Europa. Sarebbero stati poi i monaci, tenuti in schiavitù dai saraceni al confine tra Lazio e Campania, a tramandare quanto appreso sull'allevamento delle bufale e sul trattamento di questo particolare latte.
cui la ricotta, prodotta con il siero dolce, la fase liquida del latte separata, dopo la rottura della cagliata, da quella solida.
Le prime notizie storiche certe, tuttavia, si hanno in un documento longobardo secondo cui la principessa Aloara, vedova del Princpe di Capua Pandolfo Testadiferro, era solita elargire la “mozza” ai monaci di un'Abbazia nell'Aversano.
Quella di aversana, va detto, è una delle specificazioni più prestigiose che può assumere la DOP “Mozzarella di Bufala Campana”. Ad Aversa la mozzarella si produce soprattutto in forma di treccia, mentre altrove si privilegia la più tipica e diffusa
Mozzarella in carrozza
l’altraitalia 33
Per secondo proponiamo invece un classico che meriterebbe maggior fortuna, anche sulle tavole delle trattorie: la mozzarella in carrozza, a base di pane raffermo tagliato a fette rettangolari e privato della crosta. Dopo averlo bagnato in poco latte, si imbottiscono due fette di pane con una di mozzarella. Il composto sarà quindi infarinato e passato nell'uovo battuto, per poi essere fritto nell'olio bollente. Una vera leccornia!
Ingredienti: 500 gr. di farina, 4 uova, un pizzico di sale, un cucchiaio di olio, 200 gr. di ricotta, 200 gr. di mozzarella di bufala campana DOP, 10 olive nere snocciolate, due cucchiai di Parmigiano grattugiato, sale e pepe
Serate di degustazione dell'asparago Dal 9 aprile al 31 maggio 2011 - Hotel Zum Rosenbaum - Nalles (BZ) Siamo a Nalles, una delle zone di produzione più famosa e di miglior tradizione dell'asparago. Qui un ambiente romantico, accogliente, dallo stile inconfondibile, farà da cornice alle serate di degustazione di asparagi da aprile a maggio 2011. Ciascuna serata è ispirata ai valori della tradizione, alla semplicità, alla genuinità dei prodotti utilizzati. Raffinato e profumato l'abbinamento con il tartufo della crema. Un trionfo gli gnocchi di aglio orsino. Addirittura spettacolare la tenerissima sella di vitello.
Un Weekend Strabiologico - XI Edizione Dal 15 al 17 aprile 2011 - A Villa Loredan - Stra (VE) Per maggiori informazioni: info@venetoatavola.it
Preparazione: Preparate la sfoglia impastando farina, uova, sale e olio. Per il ripieno tritate finemente la mozzarella, mantenendola su carta cucina per assorbire l’acqua. Mescolate quindi la ricotta, il parmigiano, la mozzarella, le olive spezzettate, un pizzico di sale e pepe. Tirate la pasta e disponete il ripieno a piccoli mucchi adeguatamente separati fra di loro. Ricoprite la prima sfoglia con la seconda e tagliate i vostri tortelli con una rotella. Cuocete i tortelli in acqua salata e condite solo con un filo di olio extra vergine e Parmigiano reggiano. DA ABBINARE CON ... Ischia Rosso DOC Di colore rubino più o meno intenso, è vinoso all'olfatto e asciutto, di medio corpo, giustamente tannico al palato. Ha un titolo alcolometrico minimo dell' 11 %, ed è prodotto con uvaggi guarnaccia (dal 40 al 50%) e piedirosso (dal 40 al 50%). Possono concorrere anche uve a bacca rossa purchè raccomandati per la provincia di Napoli fino ad un massimo del 15%.
XI° edizione della rassegna di prodotti biologici e tradizionali, salutistici e di artigianato naturale che, si terrà come di consueto a Stra, Venezia, nel parco di Villa Loredan. Nel corso del weekend pre-pasquale, oltre al ricco mercatino, si susseguiranno una serie di incontri tematici, spettacoli, laboratori aperti al pubblico per bambini e adulti; sarà realizzato uno spazio per lo scambio gratuito di semi autoprodotti di varietà autoctone e antiche, per appassionati e piccoli agricoltori; il tema della manifestazione è L'UOVO E LA GALLINA, con una mostra di uova e galline di razze autoctone, un corso di cucina a tema, e le varie degustazioni con le eccellenze gastronomiche stagionali del territorio veneziano. Tra le varie attività per il visitatore l'escursione guidata “Il prato nel piatto”, alla scoperta di erbe spontanee con frittata finale, la gita in battello “In burcio sul Naviglio”, e uno “Spazio Benessere” per conoscere e provare varie discipline olistiche. Lo stand gastronomico biologico e vegetariano “La Sana Cucina” allieterà il palato del pubblico a pranzo e a cena, in particolare con le specialità a base di erbe spontanee e aromatiche.
Fiera degli Antichi Sapori di mare e di terra Dal 22 al 25 aprile 2011 - A Cattolica (RN) Per maggiori informazioni: www. eventi3000.com XXVIII edizione di questa rinomata fiera, che si svolgerà in Piazza I° Maggio, lungomare Rasi Spinelli nei giorni 22 23 24 25 Aprile 2011. All'evento parteciperanno circa un centinaio di aziende appartenenti al settore dell'enogastronomia e dell'artigianato per consacrare il connubio tra i prodotti tipici della tradizione contadina e del DOP italiano con i prodotti dell'artigianato e dell'enogastronomia nazionale. Ad arricchire l'intero evento rappresentazioni teatrali e animazioni con la partecipazione di famosi giornalisti nonché una serata speciale dedicata alla mitica Mia Martini.
Mostra Nazionale dei Vini Passiti e da Meditazione Dal 29 aprile al 2 maggio 2011 - Palazzo Gonzaga - Volta Mantovana (MN) Per maggiori informazioni: www. vinipassiti.net Saranno gli Eiswein, i “vini del ghiaccio” della Germania, gli ospiti d'onore alla IX Mostra Nazionale dei Vini Passiti e da Meditazione. Dopo aver ospitato nelle edizioni precedenti i Porto, i Sauternes, i passiti spagnoli e ungheresi. L'evento di Volta Mantovana si conferma così come il più completo appuntamento italiano nel settore, arricchito da un'accurata proposta anche di tipologie staniere: più di 140 etichette Made in Italy, un fitto calendario di degustazioni guidate, Banco d'Assaggio, oltre 50 espositori in Mostra - Mercato e decine di suggerimenti di abbinamento con prodotti agroalimentari italiani. Vari gli esperti che interverranno, da Osvaldo Murri, giornalista enogastronomico e analista sensoriale, al sommelier Paolo Lauciani, volto noto della televisione. L'edizione 2011 avrà anche una presenza d'eccezione, Francesco Moser, il grande campione del ciclismo e oggi produttore di rinomati vini in Trentino. l’altraitalia 34
visto da
l’altraitalia
Nummer 28 - April 2011
Fr. 5.20 Euro 5.00
die Stimme und das Image der Italiener in der Welt
Ostern
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Das Ei: Das “Ding” ohne Anfang und ohne Ende
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Die Faszination der Stille
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Der Atem der Erde
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Susanne Rotolo hat uns verlassen. Eine Italienerin zweiter Generation die in den mythischen 60er trotz ihr damaligesAlter - sie war lediglich 17 Jahre alt - die Künstlerszene von Greenwich Village prägte, würde berühmt als erste Freundin eines Jungen aus Duluth namens Zimmermann, besser bekannt als Bob Dylan. Das Bild auf dem Cover von “The Freewheeling” war der Inbegriff der gegenkulturellen Ideen, der Aussenseitern und der Rebellion gegen das Establishment. Ja, die Italiener! Manchmal denke ich, man findet sie überall, wie die Pilze nach dem Regen. Und überall haben sie gewirkt und sie wirken immer noch gewiss, nicht alles kann man willkommen heissen. Bob Dylan mitSusanne Rotolo
Die Frage scheint mir heute die Folgende zu sein: Sind wir progressiv oder sind wir rückschrittlich? Welche Ergebnisse zeigt unser Werden, seit Mazzini, Cavour, Cattaneo und viele andere sich soviel Mühe gaben, um das Land der vielen Staaten zu vereinigen? Wie viele “Genies” hat Italien gehabt, und wie viele davon mussten auswandern -nemo profeta in patriaweil die Gegebenheiten es verlangten? Die Liste ist gross und umfasst fast alle Bereiche des Wissens, des Humanistischen und des Technologischen. Das bedeutet nicht, dass Italien selbst ohne “Genies” blieb, jedoch spürt man gegenwärtig nicht all zu viel davon. Die allgemeine Situation im “Bel Paese” kann man wohl als kritisch bezeichnen und vielleicht gibt es auch den Willen der Veränderung: Das Problem bleibt immer die Umsetzung. “The Times they are a` changin`” (Die Zeiten ändern sich) schrieb Dylan aus einer Inspiration von Susy Rotolo, der Italienerin aus Greenwich Village: Diese Aussage scheint mir heute wichtiger denn je. Aber gut, Ostern steht vor der Tür und Ostern bedeutet “Auferstehung”. Vielleicht ist es ein gutes Omen und bringt die Italiener zum “Meditieren” über die eigene Lage und zum Handeln. Wer weiss, Wunder hat es immer gegeben!
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Osterzeit belegt. Nach den Überlieferungen dienten sie als Frühlingsopfer oder stellten sie einen Pachtzins dar. Der Name „Ostereier“ taucht jedoch das erste Mal im 17. Jahrhundert auf, obwohl man Eier schon ab dem 13. Jahrhundert bemalte. Dabei spielte die Symbolkraft der Farbe eine grosse Rolle: Ein blaues Ei kündigte eine Pechsträhne an, während die Farbe Rot Schutz, Stärke und Zauberkraft verlieh. Gelbe Eier sagten den Neid der Mitmenschen voraus.
Ostern ist eines der ältesten Feste des Christentums und entwickelte sich aus dem jüdischen Passa/PessachFest. Das Wort Ostern kommt nur in der deutschen und englischen Sprache vor und beruht anscheinend auf einer Fehldeutung im 6.Jh. Manche behaupten, dass es die Verwandlung der Feier zu Ehren der germanischen Frühlingsgöttin Ostara sei. Bei den Franken findet man die Bezeichnung “albae pascales” und das bezieht sich auf die Osterwoche. Ein alter Brauch der römischen Kirche schrieb vor, dass die Neugetauften bei den Frühlingsgottesdiensten weiss gekleidet sein sollten (daher der “weisse Sonntag”). Im Jahre 325 entschied das Konzil von Nizäa, dass Ostern am ersten Sonntag nach dem Frühlingsvollmond gefeiert werden sollte und einige Jahrhunderte lang feierte man lediglich an einem Tag. Symbolisch bedeutete das Fest Leiden, Tod und Auferstehung und es wurde mit Fasten zelebriert. Brauchtum und Rituale waren sei eh und je anthropologische Merkmale
der Völker und auch beim Osterfest entwickelten sich in den verschiedenen Regionen Europas vielfältige Arten und Weisen, die Symbolik dieses Ereignisses auszudrücken. Es entstanden Osterfeuer, Tänze, Liturgien und sowohl Ostereier und wie Osterhase wurden mit dem Fest unzertrennlich. Zwischen den beiden letzteren gibt es eine Verbindung, denn der Hase war das erste Tier, das schon im Frühjahr Junge gebar. So wurde er zum Symbol der “Neuen Winternacht” (gleich: Frühlingsbeginn) und damit zu einem Zeichen der Auferstehung. Populär wurde der Osterhase erst im 19.Jahrhundert durch Bilderbücher und durch die Schokolade - und Spielzeugindustrie.
Heute sind Hase und Ei die typischen Requisiten des Osterbrauchtums. In den deutschsprachigen Ländern setzten sich beide durch: Der Hase in Schokoladenform und die Eier in verschiedenen Versionen und zu verschiedenen Zwecken. Teils als Versteckspiel im Garten für die Kinder, teils am bunten “Osterstrauch”, der mit bemalten Eierschalen beschmückt wird. Im Mittelmeerraum und vorwiegend in Italien existiert der Brauch der Hasen nicht und auch die Eier haben eine Transformation durchgemacht. Aber wie feiern die Italiener, römisch-katholisches Volk “par excellence”, die Auferstehung Jesus? Italien feiert Ostern mit vielen Prozessionen, welche an das traurige Ereignis der Kreuzigung erinnern wollen und meistens am Karfreitag stattfinden.
Und die Eier? Möglicherweise haben die Kreuzritter Bräuche und Sitten aus dem Osten mit nach Europa gebracht, die darin bestanden, dass man sich zu Frühlingsbeginn bunt verzierte Eier schenkte. Seit dem 16. Jahrhundert ist der Brauch des Eierschenkens zur l’altraitalia 2
Jede Region gestaltet die Prozessionen mit individuellen Choreographien: Was alle aber ge-meinsam haben ist das getragene Kirchen
kreuz und die meistens dunkel gekleideten schweigenden Menschen, die dem Kreuz folgen. Auch theatherähnliche Osterspektakel werden veranstaltet: Unter den zahlreichen Darstellungen des Todes und der Auferstehung Christi ist “Der Triumph des Todes” im sizilianischen Prizzi (Bild) sicherlich die eindrucksvollste Darbietung.
Zutaten Puderzucker und Hagelzucker; zum Bestreuen, Mandelblättchen; zum 1 sm Eiweiß 25 g Blanchierte Mandeln, 75 g Zucker GLASUR 100 g Schokoladentröpfchen (evtl. Aprikosen, Ananas) oder Zitronat, Rosinen, Ki, Belieben (Orangeat), 100 g Kandierte oder getrocknete, 100 g Weiche Butter; in Flöckchen, 1 pk Vanillezucker,1 pk Orangenfrucht, 1/2 ts Salz, 1 Zitrone: Schale abgerieben, 100 g Zucker, 100 g Weiche Butter in Flöckchen, 1 Eigelb (Eiweiß für Glasur), 2 Eier, 100 ml Lauwarme Milch, 540 g Weizenmehl Typ 550 TEIG 25 g Frischhefe 40 ml Wasser 60 g Weizenmehl Typ 550
Es geht um Teufel, Angst und Schrecken, um Gutes und Böses, wobei am Ende der Sieg des Guten abgesichert ist und das Neue kann voller Hoffnung und Zuversicht anfangen. Die leichtere genussvolle Seite des italienischen Ostern ist die kulinarische. Je nach Region werden verschiedene Spezialitäten zubereitet und am Ende des Mittagessens tauchen die berühmten “Uova di Pasqua” (Ostereier) auf. Sie sind entschieden grösser als diejenigen in Mitteleuropa und bestehen aus Schokolade.
Manche sind sogar riesig gross und jedes birgt eine Überraschung in sich, für die Freude der Kinder und, je nach dem, auch der Erwachsenen. Ein traditioneller Kuchen, welcher zu Ostern auf italienischen Tafeln nicht fehlen darf, ist die “Colomba pasquale” (Ostertaube), eine frühlingshafte Version des weihnachtlichen Panettone. Eigentlich handelt es sich um eine Art Gugelhupf in Form einer Taube, mit Mandeln und kandierten Früchten, Symbol der Taube Noahs und somit des Friedens auf Erden.
Zubereitung Am Vorabend gegen 19 Uhr mit dem Vorteig beginnen: Dafür die Hefe in etwa 40 ml warmem Wasser auflösen und dann mit 60 g Mehl zu einem festen Teig verkneten. Diesen in eine Schüssel legen und mit Klarsichtfolie abdecken und gehen lassen, bis sich das Volumen verdoppelt hat (etwa 3 1/2 Stunden). Dann das Mehl in die Schüssel der Küchenmaschine geben. Dazu die Eier, Eigelb, Butterflöckchen, Zucker, Zitronenschale, Orangenfrucht, Vanillezucker, Salz und den in Stücke geteilten Vorteig geben. Alles zuerst auf Stufe 1, dann auf Stufe 2 verkneten, bis ein glatter, elastischer, nicht klebender Teig entstanden ist. Den Teig in einer geölten Schüssel abgedeckt über Nacht gehen lassen. Am nächsten Morgen die restliche Butter aus dem Kühlschrank nehmen und Raumtemperatur annehmen lassen. Den Teig wieder in die Schüssel der Küchenmaschine zurückgeben und kneten, dabei erst die Butterflöckchen, zum Schluss die Früchte (oder nach Belieben die Schokotroepfchen) zugeben. Den Teig in (evtl. gebutterte) Formen geben und nochmals zugedeckt gehen lassen, bis sich das Volumen verdoppelt bis verdreifacht hat (Petra: 1 3/4 Stunden) und sich eine Delle im Teig nicht sofort wieder füllt. Den Backofen auf 190°C vorheizen. Für die Glasur Zucker und Mandeln im Mixer fein vermahlen. Das Eiweiss zugeben, nochmals 10 Sekunden mixen, so dass man eine streichfähige Masse erhält. Diese Masse auf die Teigoberfläche auftragen, mit Mandelblättchen und Hagelzucker bestreuen und mit Puderzucker bestäuben. Die Form auf mittlerer Schiene in den vorgeheizten Ofen schieben. Nach 10 Minuten die Temperatur auf 175°C herunterschalten. Die Colomba weitere 30-35 Minuten backen dabei mit Alufolie abdecken, falls die Oberfläche zu dunkel wird. Stäbchenprobe! Danach noch 5-10 Minuten im ausgeschalteten Ofen stehen lassen. l’altraitalia 3
Hühnerei, wenn ein Huhn darin ist». Wurde somit das Geheimnis “Ei”, Ursymbol in der Geschichte der Menschheit tatsächlich gelüftet?
Zuerst das Huhn
Wissenschaftlich ist es belegt, dass das Ei nicht nur zu den ersten Nahrungsmitteln des Menschen gehörte; es war auch ein starkes Symbol, das seit Anbeginn der Menschheit generell für Leben und Fruchtbarkeit stand. Das ist nicht verwunderlich, denn zu den ersten Wahrnehmungen des frühen Menschen gehörten die Formen der Kugel und des Eis, des Kreises und des Ovals. Diesen Formen begegnete der Urmensch fast überall in der Natur: Die Sonne, der Mond, die vom Wasser geschliffenen Flusskieseln und die Vogeleier waren die Häufigsten. Die perfekte Form des Eis regte seit eh und je den Mensch an, eine Deutung zu finden. Diese Suche führte ihn in die Sphären des Unbegreiflichen, des Unerklärlichen und des Transzendenten.
oder das Ei?
Es scheint, dass eine uralte philosophische Frage vor kurzem gelöst wurde: Das Ei war vor der Henne da. Zu diesem Ergebnis kamen ein Philosoph, ein Wissenschaftler und ein Hühnerzüchter nach einem gemeinsamen Forschungsprojekt. Auf Grund dessen erläuterte der Evolutionsgenetiker John Brookfield von der Nottingham University,
dass sich das Erbgut eines Tieres im Laufe des Lebens nicht ändere: «Das erste “Lebewesen”, das man unzweifelhaft zur Spezies der Hühner zählen konnte, wäre also das erste Ei», führte er aus. Gleicher Meinung war auch David Papineau, Wissenschaftsphilosoph vom britischen King's College in London: «Ich würde sagen, es ist ein l’altraitalia 4
Wie konnte aus jener Ovalgestalt überhaupt Leben schlüpfen? Beziehungsweise wie kam es hinein? Eine Antwort kam nicht und so wurde das Ei zum Wunder. Es wurde zum archetypischen Symbol und erhielt in den Brauchtümern aller Völker in allen Erdregionen und zu allen Zeiten Verwendung und Ausdruck. Vorwiegend stellte das Ei das Geheimnis der Schöpfung dar: “... in Dunkelheit ein Ei, vom wirbelnden Winde geschwängert, wurde es von der dunklen Nacht gelegt aus jenem Ei entsprang Liebe ...” liest man in Hesiods Theogonie (Gesang der Götter, um 700 v.C.); dies weist darauf hin, dass in der griechischen
Mythologie die Geburt von Helden und Göttern aus dem Ei zurück zu führen ist. Ein Mythos aus Altägypten erzählt von einem riesigen Ei, vom Erdgott Geb und der Himmelsgöttin Nut geschaffen, aus dem das Universum entstand. Aus demselben Ei ging auch Phönix, der Sonnenvogel, der sein Nest und sich verbrannte, hervor. Auch in den Religionen der Phönizier und des Zoroaster im alten Persien ist das Eimotiv weit verbreitet. Im Kalevala, dem mythischen Urlied der Finnen, wird von einem Ur-Ei gesungen, das sich spaltete und auf diese Weise Himmel, Erde, Wolken, Gewässer und Berge entstehen liess.
Christi Geburt und Auferstehung. In der Bibel kommt das Ei nur zweimal vor, und zwar als Staussenei mit der Deutung mangelnder elterlichen Liebe. Die Ikonographie der Renaissance verwendete das Motiv “Ei” auf Marienbildern mit dem Hinweis auf die Empfängnis Jesus durch den Heiligen Geist.
verbreitete sich rasch. Dabei spielten die Farben der Eier mit ihrer Symbolkraft eine grosse Rolle: Blau stand für Pechsträhne, Rot für Schutz und Zauberkraft, Gelb für Neid von Mitmenschen usw.
Über Jahrhunderte nahm das Ei die verschiedensten sozialen Funktionen an: Mal symbolisierte es den Zauber und die Machenschaften des Teufels, mal diente es als Schutz gegen das Böse; mal war es Requisit für Fruchtbarkeitszeremonien und Orakel, mal Medizin, Talisman, Glücksbringer.
Die erste urkundliche Erwähnung des Ostereies erfolgte vor 330 Jahren, in der Schrift “De ovis paschalibus - von Ostereiern”, verfasst vermutlich 1678, von Georg Franck von Frankenau (Deutschland). Jenseits von Mythen, Sagen und Symbolik ist das Ei ein Wunder des Lebens: Das Vollei hat nämlich die höchste Proteinqualität die ein einzelnes Lebensmittel erreichen kann.
Brahma, (Bild) der Urerzeuger der Welt, kam ebenso aus einem goldenen Ei auf die Welt, in vielen heiligen Schriften der Hindus wird das Ur-Ei als Symbol der Weltschöpfung erwähnt. Ähnliche Motive finden sich in zahlreichen Varianten in anderen Kulturen, wie z.B. in Polynesien, in China und in Russland. In der christlichen Allegorik deutete Augustinus (um 390 n.C.) das Ei als Symbol der Hoffnung und damit für
Oft war es Synonym der Begriffe Leben, Tod, Werden und Vergehen. Um ca. 1100 entstand im Westen durch die Kreuzritter der Brauch der Ostereier - diese Bezeichnung taucht aber erst im 17. Jahrhundert auf -. Aus dem Orient “importierten” sie die Gepflogenheit, sich zum Frühlingsbeginn bunt verzierte Eier zu schenken. Dieser Brauch fand in Europa fruchtbaren Boden und l’altraitalia 5
Es zeichnet sich durch die höchste biologische Wertigkeit aus und liefert dem Körper essentielle Aminosäuren. Bei einem Hühnerei beträgt die biologische Wertigkeit 100 %. Dazu enthält das Ei höchste Eiweißqualität, Kalzium, Phosphor, Magnesium, Kalium und Natrium; außerdem Aluminium, Eisen, Kupfer, Mangan, Zink, Jod und Fluor. Zu diesen reichhaltigen Inhaltsstoffen kommen sämtliche Vitamine dazu wie Vitamin A und B, Beta-Karotin, D, E und K und hoch ungesättigten Fettsäuren und Cholesterin. Also, am Anfang war das Ei ... War das wirklich so?
Haben Sie schon mal meditiert? Viele werden vermutlich schnell verneinen und gleichzeitig ein leicht unbehagliches Gefühl bekommen, weil sie nicht so recht wissen, was Meditation genau ist. Und das obwohl “es” mittlerweilen etwas ist, was Mode ist, zumal der Begriff überall auftaucht. Einige werden sich erinnern, Angebote für Meditation in Wellnesshotels gelesen zu haben, andere wissen, dass Firmen Meditationsseminare anbieten oder gar als Weiterbildung verordnen und nicht zuletzt gibt es die weit verbreitete Ahnung oder Meinung, dass Meditation mit Religion zu tun hat.
Letzteres stimmt tatsächlich, darauf komme ich später zurück. Ich sage Ihnen, jeder von uns hat schon meditiert, ja, auch Sie. Oder haben Sie noch nie intensiv einen Sonnenuntergang betrachtet, gedankenverloren einem Kleinkind bei seinem Spiel zugeschaut, sich guter Musik hingegeben oder bei einer Ihnen lieben und vertrauten Arbeit Raum und Zeit “vergessen”? Und hat sich nicht dabei eine eigenartige Ruhe eingestellt? Meditation, lat. meditatio, meint: Ausrichtung zur Mitte und auch
“das Nachdenken über” und wird u. a. mit Begriffen wie Stille, Leere, Eins-Sein, im Hier und Jetzt sein oder frei von Gedanken sein beschrieben. Wahrnehmungen und Befindlichkeiten, die sich also auch in den eingangs erwähnten Beispielen wieder finden. Insofern sind Sie voll im Trend und können die Anfangsfrage durchaus mit Ja beantworten, wenn Ihnen die Frage wieder mal gestellt wird. Und das ist durchaus möglich, denn: “offensichtlich gibt es in unserer Zeit und Gesellschaft so etwas wie eine Meditationsbewegung - quer durch alle Möglichkeiten von christlich und nichtchristlich, von West und Ost hindurch - gegen eine Welt, in derArbeitslosigkeit, Technisierung und Computerisierung, Überrüstungen und Zerstörung der Erdoberfläche durch menschliche Ausbeutung der Natur zunehmend Sinnlosigkeit undAngst produzieren.” (Klaus Künkel, Theologe u. Meditationslehrer) So betrachtet ist der Ruf nach Meditation der Ruf nach Not-Wende aus den beschriebenen Nöten. Menschen haben eine tiefe Sehnsucht nach heilsamer Ruhe inmitten dem rasanten Wandel der heutigen Zeit und immer mehr verspüren eine Ahnung, dass ein Teil dieser Ruhe im Innersten ihrer selbst, religiös gesprochen im Innersten ihrer Seele aufgehoben ist. Um Zugang zu diesem inneren Ort zu bekommen haben seit je her alle Religionen Wege dorthin gesucht und Übungen und Praktiken entwickelt um sich diesem geheimnisvollen Ort zu nähern bzw. sich in ihm versenken zu können; nicht zuletzt deshalb, weil sie überzeugt davon sind, dass dieser Ort zugleich göttlich ist. In westlichen Ländern wird die Meditation auch unabhängig von religiösen Aspekten oder spirituellen Zielen zur Unterstützung des allgemeinen Wohlbefindens und im
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Ruhe, die sich einstellt, wenn wir Hektik und Lärm abschalten. In der Stille fallen Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft zusammen, es gibt in diesem Augenblick nur das Hier und Jetzt, wir sind frei von Gedanken. Erinnern sie sich nochmals an die anfangs dargestellten Situationen des Sonnenuntergangs, der Kinderbeobachtung, des Musikhörens, des in der Arbeit “Sichvergessens”. Waren und sind das nicht Momente der Stille, wo sie nichts anderes wahrnehmen, als das was sich gerade hier und jetzt abspielt, wo sie frei von Gedanken, von Ängsten, von Sorgen sich und die Zeit vergessen? DAS ist Meditation! Rahmen der Psychotherapie praktiziert. Dies sagt etwas darüber aus, welche positiven “Nebeneffekte” meditative Übungen haben können: gesteigertes Wohlbefinden, leitungsfähigeres Konzentrationsvermögen, erhellende Selbsterkenntnis und Ähnliches. Ich schreibe bewusst Nebeneffekte, weil für mich persönlich Meditation untrennbar von Spiritualität ist, weil sie für mich ein Übungsweg ist für mehr Ganzheit, Einheit, Heil. So ermöglicht mir zum Beispiel das Verweilen in der inneren Ruhe das Erlebnis der Einheit mit mir selber, mit anderen Menschen, mit der Natur und somit mit dem Weltengeheimnis - ich nenne es Gott. Dieses Einheitsbewusstsein scheint mir für die Bewältigung der heutigen Umwelt - und Sozialpolitischen Probleme und für eine neue Sinnfindung allgemein unabdingbar. Des weiteren durfte ich durch die Meditation, in der Hinbewegung an diesen Ort der heilsamen Ruhe, des Öfteren schon Heilung erfahren, Heil werden von Ängsten, von Zukunftssorgen, von Orientierungslosigkeit. Wie das? Nehmen wir nochmals die Definition für Meditation und betrachten etwas genauer die Zustände Stille, im Hier und Jetzt sein und frei von Gedanken sein. Stille ist mehr als die
Dieses Verweilen im jeweiligen Augenblick, ganzheitlich da-sein mit allem, was sie sind und haben, mit Körper, Geist und Seele. Dieser Zustand in den beschriebenen kurzzeitig erlebten Momenten ist es, welche Menschen, die sich bewusst auf einen Meditationsweg begeben, üben.Sie üben da-sein, nicht bei ihren Gedanken zu sein, nicht bei ihren Ängsten zu sein, nicht in der Vergan-genheit zu sein, nicht in der Zukunft zu sein. Sie üben da-sein im Jetzt, genau in dem Moment, bei dem einen Atemzug und erfahren dabei, dass jeder einzelne Augenblick keine Gefahr birgt, keiner Ängste bedarf,
dass er heil ist. Heil von allem, was uns alltäglich bedrängt. Ich lade Sie ein, dies gerade jetzt selbst auszuprobieren: Konzentrieren sie sich für ein paar Sekunden nur darauf, wie sie atmen. Beobachten Sie, wie Sie einatmen, wie Sie ausatmen u.s.w. Wenn Sie das soeben versucht haben, dürften Sie winzige gedankenfreie Augenblicke erlebt haben und darin ebenso winzige Geistes-Stille. In diesen winzigen Augenblicken dürfte es wohl kaum Platz für Ängste oder Sorgen gegeben haben, oder? Menschen, die Meditieren, üben sich darin, diese winzigen Augenblicke zu verlängern, sie üben, sich in diese angstfreie Atmosphäre, in diesen heilsamen Ort der Stille einzubetten, um darin zu erfahren, dass es in ihrem Innersten einen Raum gibt, wo sie unverletzlich und geborgen in etwas Grösserem sind. Die regelmässige Übung kann ermöglichen, dass sich dieses innere Erleben mit der äusseren Alltagsrealität verbindet und sie mit mehr Gelassenheit ihr Leben gestalten können. Eine Gelassenheit, die auf der Erfahrung beruht, dass Loslassen von Ängsten, Sorgen und Gedanken möglich ist und dass in diesem Loslassen eine Ruhe und Kraft verborgen liegt.
Der Wanderer, der durch die Siedlung von Cama geht und seine Hand vor die kleinen Öffnungen an der Steinfassade eines Grotto hinhält, spürt einen frischen, wohltuenden Luftzug. Hexerei? Werk eines versteckten Koboldes? Der kühle, regelmässige Atem der Erde wirkt wie ein Zauber. Obwohl das Phantastische immer noch seinen Reiz hat und sich der Mensch immer wieder von seiner Faszination beeindrucken lässt, handelt es sich hier lediglich um ein seltenes, geologisches Phänomen.
Irgendwann im Laufe der Jahrtausende bildeten sich im Mesolcina Tal (Strecke Bellinzona-San Bernardino) Steinhänge aus gestürzten Felsblöcken. Sie hinterliessen Spalten und Lücken im Boden, wo teilweise das Wasser unterirdischer Bäche durchfloss. Wenn das Wasser die Talsohle erreichte, erzeugte es eine Art Rück- Luftstrom, welcher heute als “Flaschenhals-Phänomen” bezeichnet wird. Die gepresste Luft suchte sich ihren Weg nach oben und gelangte durch “Luftlöcher” an die Oberfläche - und dies ist auch heute noch so. Die Luftlöcher wurden im
19. Jahrhundert entdeckt und “fiadirèe” (Atemzüge) genannt. Sie wurden zur eigentlichen “Geburtsursache” der Grotti. Nach der Entdeckung der Luftlöcher errichteten die Bewohner der Gegend über diesen kleine Gebäude, welche sie vorwiegend als Naturkühlschänke zur Aufbewahrung von Käse und Fleisch oder als Keller für Wein nutzten. Die Menschen in jener Zeit hatten nämlich erkannt, dass die Temperaturen in den kleinen Gebäuden das ganze Jahr hindurch konstant blieben, nämlich zwischen 3 und 12 Grad Celsius. Das Gebiet von Cama, zwischen Lostallo und San Vittore gelegen, ist sicherlich der wichtigste Kern von Grotti in Graubünden. Eigentlich kann man von einem kleinen Dorf sprechen: 46 Gebäude, innerhalb eines Gürtels von etwa einem halben Kilometer angelegt, weisen die verschiedensten Typologien des architektonischen Strebens der damaligen Einwohner auf. Zuerst lediglich “Nutzgegenstände”, entwickelten sich die Grotti mit der Zeit zu Wohneinheiten und Lokalen zum Einkehren. Langlebig war aber der Erfolg dieser “Steindenkmäler” nicht: Wie es oft vorkommt, wenn der “Fortschritt” oder die “Aktualität” nach neuen Herausforderungen suchen, gerieten die Grotti langsam in Vergessenheit. Manche stürzten ein, andere wurden völlig vernachlässigt. Nach einer jahrzehntelangen Lethargie erwachte das Interesse für dieses eigenartige soziokulturelle Erbe wieder neu: Dank der “Fondazione per la Rivitalizzazione dei Grotti di Cama” (Stiftung für die Wiederbelebung der Grotti von Cama). Aufgrund der Initiative des Schulinspektors Dante Peduzzi wurde diese Stiftung 2004 gegründet.
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Ein alter, gemeisselter Steinbrunnen, vor einer unregelmässigen Trockenmauer plaziert, polarisiert den Blick. Abflusssteine in der Mitte des Platzes bilden eine Linie, die nicht nur ihre praktische Aufgabe hat, sondern ästhetisch wirkt und als Faden zwischen Gegenwart und Vergangenheit fungiert. Die daraus entstehende Perspektive, von der Choreographie der Steinhäu-ser und der Kastanienfruchtbäume umhüllt, führt sanft in die Imaginati-on des Vergangenen mit all seinen Bildern über: Diese lassen die Natur verbundenheit der damals hier lebenden Menschen sowie ihre alltäglichen Sorgen, Freuden und Hoffnungen erahnen. Ziel und Zweck der Stiftung ist die Durchführung von Projekten für Interventionen im Bereich der Grotti von Cama. Diese sollen nicht nur eine architektonische und urbanistische Wirkung entfalten, sondern auch soziokulturelle, wirtschaftliche und umweltbezogene Aspekte mit einbeziehen. Der Stiftungsrat bildete 2004 eine Gruppe von Spezialisten, zu welcher der Architekt Fernando Albertini, der Agronom Mario Bertossa, der Forstingenieur Luca Plozza, der Botaniker Guido Maspoli und der GeologeAntonio Codoni gehören. Unterstützung bekam die Stiftung von der Eidgenossenschaft, dem Kanton Graubünden, der Gemeinde, dem Fond “Landschaft Schweiz”, der Pro Patria und von anderen Organisationen.
Die neu geschaffene Atmosphäre der Grotti von Cama bietet dem vom Fortschritt geprägten Menschen von Heute die Möglichkeit, ursprüngliche Lebensweisen wieder zu entdecken, sie zu reflektieren und mit einem Blick nach Innen die in Vergessenheit geratenen Reize neu zu erspüren. Das ist ganz im Sinne der Philosophie der Stiftung “Fondazione per la Rivitalizzazione dei Grotti di Cama”. Diese basiert nämlich hauptsächlich auf der “Wieder-Belebung” der Grotti und auf der Bewusstseinsförderung für das kulturelle Erbe der Gegend.
In der Zwischenzeit wurde viel getan: Die im Jahr 2005 geplanten Interventionsetappen wie das Beschneiden von Kastanienbäumen, die Entfernung des Fichtenjungwuchses, die partielle Sanierung der Steindächer, die Einrichtung der Infrastruktur für Wasser, Strom und Kanalisation wurden ausgeführt. Im Juli dieses Jahres wurden zudem die Eingänge zu den Grotti und die “Piazza” in Stand gesetzt. Die Piazza, die eine Fläche von etwa 200 Quadratmetern aufweist, wurde mit Pflastersteinen gestaltet, welche phantasievolle Abstraktbilder darstellen und sich perfekt in den “Genius Loci” integrieren. l’altraitalia 9
Stiftungspräsident Dante Peduzzi betont, dass das Projekt eine sehr wichtige soziale Funktion hat, und bemüht sich deshalb unermüdlich, kulturelle Anlässe zu organisieren, welche immer mehr Menschen in das Grotto Dorf mitten im prächtigen Kastanienwald locken und sie den neu geschaffenen Erlebnisraum geniessen lassen. Einheimische, Touristen, jung und alt können in Cama ein Stück aktualisierte Geschichte erleben und fühlen.
Beim Betrachten der imposanten Kastanienfruchtbäume, beim Bestaunen der Steinhäuser, beim fröhlichen Einkehren in einem der öffentlichen Grotti und beim Entdecken einer glitzernden Smaragdeidechse auf dem tiefen Grau eines Steindaches - alle Neugierigen werden um die Grotti von Cama herum zu Zeitreisenden, vom kühlen Atem der Erde fasziniert. Heute wie damals.