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A tutto c'è un limite! Ha dell'inverosimile e mi preoccupa molto quanto è avvenuto nelle ultime settimane nel nostro Paese. La politica si è fatta condizionare dai follower di Twitter, dal loro umore variabile ed immediato dimenticando, anzi, sostituendo a loro le piazze, il popolo, la gente. L'Italia conta oltre 60 milioni di abitanti mentre gli utenti Twitter sono 4 milioni (comprese duplicazioni e falsi). Come si può immaginare che il pensiero del resto dei cittadini sia necessariamente allineato con il pensiero di una piccolissima parte della popolazione? Ma ciò che di più mi turba è il fatto che i leader politici si lascino trattare come delle marionette, totalmente in balia dell'onda degli umori e degli sfoghi del momento. Tutto ciò è pericoloso! Mi porta a credere che la tendenza comune sia quella di pensare che il parere e l'attività frenetica dei follower sia uguale alla democrazia. Non può essere così! La rete ha certamente la sua importanza ma non assomiglia affatto alla democrazia. Non è logico farsi condizionare da chissà chi, che non mettendoci la faccia e nascondendosi dietro una scatoletta di latta e vetro, preme un pulsante per inviare messaggi contenenti pesanti insulti nei confronti di questo o quel personaggio, santifica uomini politici e ne denigra altri. Troppo facile insultare chiunque con le peggiori parole ben celati dietro all'anonimato senza guardare negli occhi il prossimo. Ma chi è colui che via Twitter si rivolge a Bersani dandogli del vecchio bacucco? È forse un suo sostenitore, un iscritto al partito o un elettore? No, è semplicemente un follower senza una precisa identità che è li, magari, per condizionarlo senza “pagare dazio”. Chi sono i numerosi gradassi dei social network? Non è che tra di loro ci sono anche degli imbecilli? A costoro non occorre dire qualcosa di sensato, quel che conta sono i retwitt (i rilanci) e subito danno l'idea di essere in tanti. E così, di rilancio in rilancio, si è arrivati ai nominativi proposti dal Partito Democratico per la Presidenza della Repubblica. A quel punto i follower di Twitter hanno stabilito che Marini era un personaggio della vecchia politica non adatto ad assumere l'incarico, mentre Prodi, ma soprattutto Rodotà, rappresentavano il nuovo ed il cambiamento. D'altra parte, per le elezioni del Presidente della Repubblica si erano svolte le “Quirinalie” promosse dal Movimento 5 Stelle: la rete aveva scelto il suo Presidente della Repubblica tra una rosa di nove nominativi, individuandolo, con ben 4.667 voti su un totale di 28.518, proprio nel professor Rodotà. Ed ecco che ha avuto inizio il tam tam su Twitter: il professor Rodotà, stimatissima persona ma, forse, fino ad allora, non proprio nota ai più, è il candidato del Movimento 5 Stelle per la Presidenza della Repubblica. Ma come è possibile, quando proprio Rodotà, circa un anno fa, diceva: “Grillo è la forma di populismo del terzo millennio. Anche oggi vedo grandi pericoli. Il fatto che Grillo dica che sarà cancellata la democrazia rappresentativa perché si farà tutto in Rete, rischia di dare ragione a coloro che dicono che la democrazia elettronica è la forma del populismo del terzo millennio." e ancora: "Queste tecnologie vanno utilizzate in altri modi: l’abbiamo visto con la campagna elettorale di Obama e nelle primavere arabe. Poi si scopre che Grillo al Nord dice non diamo la cittadinanza agli immigrati, al Sud che la mafia è meglio del ceto politico, allora vediamo che il tessuto di questi movimenti è estremamente pericoloso. E rischia di congiungersi con quello che c’è in giro nell’Europa. A cominciare dal terribile populismo ungherese al quale la Ue non ha reagito adeguatamente.” Nessuno si è accorto che qualcosa non andava? Il bombardamento mediatico avvenuto tramite Facebook, Twitter, e-mail ed sms, è stato, invece, decisivo per spingere i parlamentari del PD a tradire: infatti la pressione subita dai grandi elettori del PD riguardava l’invito a sostenere Rodotà, al posto di Marini. Le opinioni della rete sono servite ai parlamentari PD a scatenare una vera e propria “faida” tra le correnti. Ecco, i follower di Twitter ce l'hanno fatta ... il resto è una brutta pagina di storia contemporanea!



dalla Redazione

Chi è il nuovo Predisente del Consiglio? È nato a Pisa il 20 agosto 1966. Ha vissuto i primi anni della sua vita a Strasburgo, dove ha frequentato la scuola dell’obbligo. Si è laureato in diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Pisa. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Diritto delle comunità europee presso la Scuola superiore di studi universitari e perfezionamento “Sant’Anna” di Pisa. È segretario generale dell’Arel (Agenzia di Ricerche e Legislazione) dal 1993. Dal 1991 al 1995 è stato presidente dei Giovani del Partito popolare europeo. Dal 1993 al 1994 è stato capo della segreteria del ministro degli Esteri BeniaminoAndreatta (governo Ciampi). Dal 1996 al 1997 ha rivestito il ruolo di segretario generale del Comitato per l’euro del Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione economica. Dal gennaio 1997 al novembre 1998 è stato vicesegretario del Partito popolare italiano. Dal novembre 1998 al dicembre 1999 è stato ministro per le Politiche comunitarie (primo governo D’Alema). Dal gennaio all’aprile del 2000 è stato ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato (secondo governo D’Alema), e dall’aprile del 2000 al maggio 2001 è stato ministro dell’Industria, Commercio, Artigianato e ministro del Commercio con l’estero (secondo governoAmato). Deputato della Repubblica dal maggio 2001, in seguito alle elezioni europee del giugno 2004, nelle quali è stato eletto parlamentare europeo per la circoscrizione del Nord/Est, ha dato le dimissioni dall’incarico di parlamentare nazionale. Al Parlamento europeo si è iscritto al Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Eu-ropa e ha fatto parte della Commissione per i problemi economici e monetari e della Commissione Maghreb. Nella XV Legislatura torna deputato della Repubblica italiana e il 17 maggio 2006 viene nominato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, incarico che ricopre fino al maggio del 2008. Nel 2007 si è candidato alla segreteria del neonato Partito democratico ottenendo, con le primarie del 14 ottobre, oltre l’11% dei consensi. Nelle elezioni del 13 e 14 aprile 2008, capolista Pd nella Circoscrizione Lombardia 2, è stato eletto alla Camera dei

Deputati. Poche settimane dopo Walter Veltroni lo ha chiamato a far parte del governo ombra del PD in qualità di responsabile Welfare. Professore a contratto presso la Libera Università Cattaneo (2001-2003), la Scuola superiore S. Anna di Pisa (2003) e l’Haute école de commerce di Parigi (2004 e 2005). Dal 2004 è vicepresidente dell’ASPEN Institute Italia. È sposato con Gianna e ha tre figli, Giacomo, Lorenzo e Francesco. Tratto da: Europaquotidiano.it

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OPINIONI di Giovanni il Battista

Chiedo, io, povero battezzatore ed in nome di Gesù, umilmente scusa per questi profanatori ed usurpatori del nostro Pensiero libero e sacro! Una lieta novella, di questi giorni, mi ha toccato il profondo del cuore: un segno divino che spero cancelli per sempre la mia grigia e triste Prefazio. Jorge Maria Bergoglio, uno dei nostri figli prediletti viventi, è diventato Papa! Ha ripreso lo scettro della Casa di Gesù con un nome profetico: Francesco! Ci siamo! La via della rinascita è segnata! La Via dell'umiltà, della povertà e della verità nella Parola riprende il cammino da troppo tempo interrotto da falsi profeti vaticani! Ora sono lieto e Quassù vedo il mio figlioccio e sua Madre luminosi e gai come da tempo non erano! La mano dello Spirito Santo questa volta ha ricondotto la barra a dritta, senza esitazioni e senza compromessi. La via ora è stata ritrovata. Su Carlo Maria Martini, Cardinale e Vescovo di Milano, da tempo desideravo scrivere due righe. Un grande uomo di pensiero come Lui non deve e non può venire dimenticato. Al suo decesso qualche cosa si è detto: qualche cosa, niente di più! Anch'io credo che i riconoscimenti debbano avvenire, da parte della collettività, quando si è in vita e non dopo la morte, ma comunque ... Benedetto XVI, per esempio, non presenziò alle sue esequie, mandò un “delegato”. 4


FRECCIATINE Per me questa è stata una brutta storia di Chiesa! Anche in vita, Carlo Maria Martini, non fu mai molto celebrato, soprattutto nel suo pensiero. Direi che da più parti, dal Vaticano in particolare senza tema di essere smentito, fu solo sporadicamente ricordato nel suo percorso terreno. Ora, un segno tangibile dell'opera del cardinale Martini si è finalmente manifestato a fresco simbolo del cristianesimo: Papa Francesco! Un gesuita, formato alla scuola del Cardinal Martini. Dopo l'elezione qualche voce insorse: “Un Gesuita Papa e per di più con il nome di Francesco! ...” Non capisco. La cosa non dovrebbe invece stupire per chi, da purista, ha studiato a fondo il messaggio che viene, nello specifico, dalla Compagnia di Gesù, dove molti degli allievi frequentano, appunto, realtà francescane. Quello di Martini è stato un insegnamento che la lasciato un'impronta decisiva connotando una teologia progessista, la quale, lasciata alle spalle la vecchia concezione autoritativa, che si riteneva in “possesso della Verità”, afferma, invece, che il “possesso della Verità” appartenga proprio solo a Dio e che tutte le creature - ecco la concezione francescana -, in quanto tali, siano, in vario modo e grado, portatrici di verità. Il rapporto con i laici ed i non credenti risulta così invertito. Di grande spessore il confronto culturale, spirituale, intellettuale ed amichevole, ma profondo, da parte di Carlo Maria Martini con uno degli intellettuali laici forse più noti, anche universalmente, come Umberto Eco. Il percorso di Bergoglio sembra a questo punto essere anche più radicale di quello di Martini, il quale fu, a suo tempo, con determinazione, contrastato dagli stessi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (quest'ultimo capo della Congregazione della dottrina della Chiesa) sul piano di alcune interpretazioni teologiche. In molti tendono a sostenere che l'ultimo conclave possa indicare la decisione della Chiesa di “voltare pagina” o di trovare vera sintesi. Da parte mia, modestamente, spero che lo strumento del compromesso debba venire usato

Il Cardinale Martini

con parsimonia: in questo momento storico serve assolutamente, per il bene dell'Umanità prima ancora che della Chiesa, un inequivocabile messaggio forte sulla scia del pensiero di Martini e del pragmatismo di Papa Francesco, che, sappiamo, viene da lontano. Direi che, a questo punto, riparte il “filo giusto” da Giovanni XXIII, il Papa Buono (1963), guarda caso anche lui terziario francescano!

Giovanni XXIII

Desidererei in questa occasione non parlare di Paolo VI, Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI; permettetemelo proprio nell'ottica di percorrere la giusta storia, di seguire il giusto filone dei Papi “ad immagine e somiglianza di Gesù”, passatemi questa definizione. Non ho dimenticato Giovanni Paolo I, Papa Luciani, troppo poco restato sulle Sedia di Pietro per giudicarlo, anche se da Quassù, scorrendo il suo curriculum, un accostamento non sacrilego (secondo i miei criteri) con Papa Roncalli e Jorge Maria Bergoglio mi permetto farlo. Uomo schivo, ma di forti principi, lavorò sempre per una attività pastorale più che un percorso di carriera; contestò la gestione economica dello IOR (Banca del Vaticano), soffrì come Vescovo il dover risiedere nel “Castello di San Martino”, avendo nostalgia della più parca dimora di Vittorio Veneto, dicendo: “la preferisco per stare più vicino alla mia gente”. Sempre promosse molte iniziative affinché i laici potessero partecipare alla vita attiva della Chiesa. Buon pastore e quindi, senza dubbio, affiancabile al Papa Buono ed a Francesco. Ritorno alla notevole figura carismatica del Cardinal Martini. Anche lui grande propugnatore del fattivo contatto con i Laici, con i non credenti, con le altre religioni e per il suo impegno costante nell'agire nel sociale, sempre a fianco dei più poveri. Sovente andava nelle case di povere famiglie e lì, personalmente, discretamente, 5


OPINIONI

Papa Luciani

preparava loro il pasto e lavava i piatti. Lui, figura austera, persona di bell'aspetto e al contempo cosi gentile, sensibile al luminoso pensiero di Gesù. Sempre all'avanguardia nel Pensiero e nelle parole, personaggio scomodo proprio in quanto non conservatore, non tradizionalista, non legato al potere terreno. Più volte, come tanti Gesuiti, denominato “il secondo Papa” ed ancora “il Cardinale del dialogo”. Fu anche grande sostenitore della cancellazione dell'obbligo del celibato per i preti. Carlo Maria da Quassù fa il tifo (e non solo lui) per Jorge Maria che sicuramente sarà di grande sollievo allo spirito dell'umanità tutta, non solo per il mondo cristiano. Un giorno Martini , interpretando il suo travaglio disse: “un tempo avevo sogni sulla chiesa. Una chiesa che procede per la sua strada in povertà ed umiltà. Una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Una Chiesa che da spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più questi sogni. Dopo 75 anni ho deciso di pregare per la Chiesa.”

1999 Carlo Maria Martini in visita a Gerusdalemme

Carlo Maria Martini, un grande uomo non riconosciuto dallo strisciante e schiacciante potere terreno di certi uomini di Chiesa... I Luciferi vestiti da prete: ecco il male oscuro del mondo cristiano e non solo. Aiutiamo, con la preghiera, ma anche con i fatti, Papa Francesco a debellare il male affinché il Giardino dell'Eden riapra i battenti e Gesù e sua Madre riacquistino per sempre la serenità ed il sorriso dell'Amore. La verdad es hija de Dios. Francesco è figlio anche di Carlo Maria. Ecco la nostra speranza 6


SCIENZA

Secondo duro attacco di “Nature”, la più prestigiosa rivista scientifica al mondo, sul comportamento del governo italiano in tema di staminali, con un editoriale, anticipato on-line, dal titolo molto esplicito: “Smoke and mirrors” (fumo e specchi), in cui si commentano le decisioni del Ministero della Salute di autorizzare le cure con staminali per le famiglie che ne hanno fatto richiesta ed i punti di vista emersi in un meeting sulle staminali adulte svoltosi al Vaticano e in cui si scrive: “È sbagliato sfruttare la disperazione di disabili e malati terminali ed alimentare false speranze di rapide guarigioni. Ed è sbagliato cercare di usare questi pazienti come animali da laboratorio, bypassando le agenzie regolatorie, come il Parlamento italiano sembra voler fare”. Ancora una volta, anche in campo scientifico, la comunità internazionale ci bacchetta, ricordando che, il 10 aprile, i parlamentari del Senato hanno modificato un decreto già controverso, con una clausola che svincolerebbe le terapie a base di staminali da ogni supervisione regolatoria, riclassificandole come un trapianto di tessuti, invece che come somministrazione di trattamenti paragonabili a medicinali. “Se la seconda Camera del Parlamento approva questo emendamento - dice “Nature” - l'Italia entrerà in disaccordo con le regole dell'Unione europea e della Food and Drug Administration americana, che definiscono le cellule staminali modificate al di fuori dal corpo come farmaci”.

E l’attacco non risparmia il Vaticano, all’indirizzo del quale si dice: “Coloro che hanno acceso il fuoco del dibattito sostengono che stanno promuovendo il trasferimento della ricerca sulle staminali nella pratica clinica, così che malattie oggi incurabili possano essere trattate. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità”, tuona “Nature” definendo il convegno “una performance senza vergogna”. “Bambini malati - si legge - sono stati fatti sfilare per la televisione, condividendo il palco con aziende e scienziati che cercavano in tutti i modi di caldeggiare un passaggio accelerato alla pratica clinica delle loro terapie”. Com’è ormai noto, i bambini che avevano già iniziato la somministrazione di staminali agli Spedali Civili di Brescia sono stati autorizzati ad andare avanti con un decreto del Ministro della Salute Renato Balduzzi del 21 marzo. “Le cliniche che offrono terapie non controllate - scrive la corrispondente dall'Europa di “Nature” Alison Abbott - spesso finiscono per giocare al gatto e al topo con le autorità di controllo per la salute. In Italia invece un trattamento simile ha appena ricevuto una conferma ufficiale. Balduzzi ha decretato che una controversa terapia con le cellule staminali possa essere proseguita su 32 pazienti terminali, in maggioranza bambini, anche se le cellule usate non sono state prodotte secondo gli standard legali di sicurezza”. Di “cliniche della speranza” e di “venditori 7


di olio di serpente” la storia delle cellule staminali è piena. Alcuni pazienti con malattie intrattabili da un decennio a questa parte organizzano viaggi in paesi con legislazioni meno rigorose, dove i trattamenti non sperimentati sono resi disponibili a prezzi che spesso raggiungono le decine di migliaia di euro. La peculiarità dell'Italia è che oggi il “metodo Stamina” - una delle tante terapie con staminali non fondate su test e risultati oggettivi - è entrato negli ospedali pubblici.

Elena Cattaneo,(foto sopra) direttrice del laboratorio sulle staminali dell'università di Milano, nell'articolo definisce il trattamento “pura alchimia”. Sull’argomento “Nature” interroga il giudice Amedeo Santosuosso, che insegna all'università di Pavia ed è specializzato nel rapporto fra legge e scienza. “La terapia Stamina è sempre stata presentata come ‘cura compassionevole’. Ma non esiste la minima prova che il metodo possa portare a benefici. Quindi a mio parere questo tipo di giustificazione non ha legittimità”. Davide Vannoni, psicologo all'università di Udine e presidente della Fondazione Stamina, ha spiegato in un articolo che la risonanza mediatica ha spinto 9mila pazienti a rivolgersi alle sue cure e questo lo rende felice. Alla ridda di dichiarazioni si è aggiunta un mese fa la trasmissione “Le Iene” che ha mostrato in tv alcuni dei bambini sottoposti a trattamento, con i commenti speranzosi dei genitori. Da allora le richieste di allargare le maglie delle nuove terapie per rendere legale il “metodo Vannoni” si sono moltiplicate. Ma resta il fatto che nessun medico esterno alla Fondazione abbia mai potuto visitare i bambini trattati. Ora, accade spesso e ciclicamente che qualche cretino affermi che la scienza non serve a nulla e tanto meno la medicina basata sulla verifica secondo regole 8

condivise. Pertanto, si sostiene da parte di costoro, che i soldi dati alla ricerca sono soldi buttati. Il guru degli alternativi e onestoni italioti, Beppe Grillo, ha affermato che la prevenzione è solo un modo per far arricchire la lobby dei medici. Che creano terrorismo psicologico portando la gente a fare decine di controlli inutili. Peccato che quei controlli inutili abbiano portato le percentuali di guarigione di certi tumori dal 70 al 90%, peccato perché ci sarebbe piaciuto che ogni tanto, almeno una volta, avesse ragione. La scienza fa passi da gigante, ogni giorno, ma la gente ha l'impressione che non cambi niente, manovrata da sciacalli analfabeti e cialtroni. Con la diffusione di Internet è normale che in molti si rivolgano alla rete per avere informazioni riguardo a trattamenti terapeutici per diverse tipi di disturbi e malattie. Peccato però che internet non è una fonte di informazioni affidabile in materia. Non tutti sanno che internet è pieno di bufale, cattivi consigli, ciarlatani, gente che lancia esche nella speranza che qualcuno abbocchi, gente cattiva che vuole indurre gli altri a danneggiarsi, persone disposte a presentare elaborati falsi per truffare la gente: tutto ciò esiste anche in campo medico. Di recente, al Congresso della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica, è stato calcolato che il 90%, cioè la quasi totalità, di ciò che si legge sulle allergie è falso, soprattutto nel campo di supposte modalità diagnostiche e terapeutiche alternative. Ma, purtroppo, è un'abitudine sempre più diffusa quella di fidarsi ad occhi chiusi di qualsiasi informazione senza controllarne la fonte o l'affidabilità.


SCIENZA Lo fanno i responsabili dell'informazione, gli insegnanti, spesso anche i medici. Cercare su Google la risposta ad una domanda è comodo ma molto pericoloso. Lo hanno studiato anche in un'università di Chicago: i giovani cercano informazioni su un motore di ricerca e si fidano di quello che trovano senza approfondire la notizia. Se la disinformazione fa vittime tra chi dovrebbe essere ben protetto, figuriamoci nei confronti di chi non ha le “armi” necessarie per fronteggiare un tale attacco di “spazzatura scientifica” di “bad science”.

Sono pericolose anche le cure alternative se non affidate a persone oneste e competenti, perché una medicina alternativa non efficace può essere anche dannosa per due motivi ben precisi. Primo: distoglie da cure sperimentate che, se non portano sicuramente a guarigione, possono almeno prolungare la sopravvivenza del paziente permettendogli di vivere accanto ai propri cari per qualche anno. Secondo: molte cure alternative hanno un rischio (quasi sempre non elevato) di tossicità che può accelerare il decorso della malattia o talvolta provocare complicazioni anche letali. Ancora un esempio. “Il veleno dello scorpione cubano migliora la qualità della vita e rallenta la crescita del tumore”.Questa la descrizione del Vitadox o Escozul secondo i produttori. Ma per la Fondazione Veronesi solo uno fra le migliaia di farmaci anti cancro venduti sul web ha parziali curativi. Il boom delle vendite di farmaci online rappresenta spesso false speranze per i malati, che tentano cure alternativ , e inefficaci, al posto di chemio e radioterapia. Tra i più inclini agli

acquisti sul web vi sono gli italiani, che per la Fondazione Veronesi sarebbero convinti di comprare una cura efficace e si ritrovano truffati. Carmelo Iacono, presidente della FondazioneAiom,Associazione italiana oncologia medica, ha detto: “Ciclicamente vengono proposte terapie alternative che promettono d’essere ‘molto efficaci’per la cura del cancro (propagandate spesso con il luogo comune che la scienza ufficiale non le utilizza per motivi di salvaguardia economica delle aziende farmaceutiche che operano nel settore). Il problema è che questi rimedi non hanno mai documentato e dimostrato la loro efficacia secondo le metodiche scientifiche internazionali, che molto spesso vengono prodotti con tecniche farmaceutiche che non garantiscono il processo di produzione, possono interferire con i meccanismi d’azione dei farmaci antitumorali limitandone la loro efficacia, possono stimolare lo sviluppo dello stesso tumore con fattori di crescita ormonali inseriti nel prodotto”. Tornando al caso Stamina, la cosa è più grave poiché la deregulation è legiferata. Molto probabilmente Oliver Brüstle, quando nel 1997 depositò il suo brevetto, non avrebbe mai immaginato di creare una tale controversia: semplicemente si era limitato a ricercare una possibile cura contro il morbo di Parkinson. Il brevetto riguardava un trattamento fondato sull'uso di cellule progenitrici neurali isolate e depurate, ricavate da cellule staminali embrionali umane allo stadio iniziale di blastociti, ovvero a cinque giorni dalla fecondazione. I problemi per questo scienziato iniziarono quando Greenpeace fece ricorso al tribunale tedesco per l’annullamento del brevetto e, dopo una prima sentenza a suo sfavore, lo scienziato decise di fare ricorso in Cassazione tedesca, che, trovandosi in difficoltà, decise di rivolgersi alla Corte europea. Che, comunque, non chiarì molto.

Questo perché le scoperte scientifiche non si valutano a colpi né di sentenza, né di leggi populiste o emotive, ma solo verificandone con rigore l’attendibilità ed il rischio. 9


di Margherita Fronte

L'ordinanza fa seguito al parere espresso pochi mesi fa dall'Istituto Superiore di Sanità e tiene conto anche della diffusione sempre più massiccia delle sigarette elettroniche, anche fra i giovanissimi. Un boom così, infatti, non si vedeva da anni, e per indicare la nuova tendenza, è stato persino inventato un verbo: “svapare”. Ovvero: inspirare ed espirare il vapore della sigaretta elettronica, nuovo oggetto del desiderio di chi è stanco del solito fumo, o vuole provare a smettere. Vantaggiose Del resto, già alla prima boccata, le nuove sigarette mostrano parecchi vantaggi rispetto a quelle tradizionali, perché non puzzano, non fanno cenere, né resta il mozzicone, possono essere usate anche dove la legge attuale impedisce di fumare - ma Trenitalia, Alitalia e alcuni uffici pubblici hanno già introdotto delle restrizioni - e permettono di variare il gusto, scegliendo fra decine di liquidi contenenti ogni sorta di aromi. Se si vuole, si può persino fumare senza nicotina (ma solo il 3 per cento degli utilizzatori lo fa). Oppure se ne può ridurre progressivamente il contenuto, per cercare di svincolarsi dalla dipendenza da questa sostanza, pur mantenendo la gestualità alla quale i fumatori sono tanto affezionati. Per tutti questi motivi, non sorprende che, in piena crisi economica, il settore registri una crescita vertiginosa della quale è difficile persino registrare il passo: circa un anno fa, un sondaggio della Commissione Europea rilevava che il 5 per cento degli italiani aveva provato la sigaretta elettronica, ma pochi mesi dopo la Doxa portava la stima al 7,3 per cento. E oggi sono certamente molti di più. Non solo: secondo la Oakplus, principale importatore europeo, nel 2012 il giro d'affari del settore in Italia è stato di 80 milioni di euro. Solo negli ultimi mesi, i negozi specializzati lungo lo stivale sono passati da poco più di 400 a oltre 700, e la corsa non sembra rallentare. 10

Fateci caso: i punti vendita spuntano come funghi.ANatale, il kit dello starter (30 euro minimo, per la sigaretta, il caricatore usb e una boccetta di liquido) è stato gettonatissimo. C'è persino chi lo ha regalato ai figli, nella convinzione che il fumo elettronico non faccia male: solo il 14% degli italiani ritiene infatti che le nuove sigarette pongano qualche rischio per la salute, e il 47% pensa che siano totalmente innocue. Ma è proprio così?


SALUTE Allerta medici In realtà, le grandi organizzazioni mediche frenano gli entusiasmi. In un rapporto del giugno 2012, l'OMS ricorda che “occorrono studi per verificare la sicurezza di questi prodotti, e ricerche che valutino le dichiarazioni delle aziende, in base alle quali i sistemi che somministrano nicotina elettronicamente possono aiutare i fumatori a smettere” Nel parere dell'Istituto Superiore di Sanità, inoltre, sta scritto: “Le sigarette elettroniche sollevano preoccupazioni per la salute pubblica e per il fatto che potrebbero rappresentare un rischio di iniziazione a sigarette convenzionali, sostituire le sigarette nei luoghi dove è vietato il fumo o rimpiazzare trattamenti efficaci per la cessazione del fumo”. Ed è ancora più dura l’European Respiratory Society, che ritiene che “questi prodotti pongano rischi significativi per la salute”, anche legati alla possibilità che i liquidi usati contengano sostanze tossiche di vario tipo. Negli Stati Uniti, in effetti, cinque aziende sono state richiamate dalla FDA, la potente autorità che regola il settore farmaceutico, perché nelle loro sigarette elettroniche sono stati trovati composti nocivi e medicine, fra cui un anoressizzante e un farmaco contro l'impotenza. “Ma il problema non riguarda solo gli illeciti” - osserva Roberto Boffi, direttore del centro antifumo dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - la stessa glicerina presente nei liquidi, alle temperature che si raggiungono in alcuni modelli, sviluppa acroleina, una sostanza tossica per il fegato e irritante per la mucosa gastrica”. Inoltre, uno studio recente pubblicato sulla rivista Chest ha mostrato che “svapare” per 5 minuti soltanto altera alcuni parametri relativi alla respirazione. Uno di questi, in particolare, è indice di infiammazione. Di più: “I controlli sui prodotti sono scarsi e sono già partite le contraffazioni, vendute soprattutto via internet” aggiunge Roberta Pacifici, direttrice dell'Osservatorio su fumo alcol e droga dell'Istituto Superiore di Sanità. Lo scorso dicembre, a Genova, una sigaretta elettronica contraffatta è esplosa nelle mani dell'utilizzatore, causandogli ustioni al volto e agli occhi. “Inoltre - prosegue Pacifici - la nicotina è in sé tossica, e anche un utilizzatore moderato può andare incontro alle conseguenze dell'assunzione di questa sostanza, che altera il battito cardiaco, fa salire la pressione arteriosa e, soprattutto, dà dipendenza”. Su queste basi, il PM di Torino Raffaele Guariniello ha iniziato a contestare alle ditte distributrici il reato di “commercio di prodotti pericolosi”. Il male minore? Certo, però, tutto ciò è comunque sempre meglio del tabacco: lo scorso agosto, uno studio presentato al congresso della Società Europea di Cardiologia ha verificato che gli effetti immediati delle e-cig sul sistema cardiovascolare (alterazione del battito e innalzamento della pressione) sono molto lievi se paragonati a quelli del fumo di tabacco che, in più, contiene almeno 400 sostanze cancerogene. Il dibattito sui rischi e i benefici della sigaretta elettronica è molto acceso anche all'interno della comunità scientifica.

Ma non può passare l'idea che questi dispositivi siano innocui. “In Italia ci sono 11 milioni di fumatori, e le malattie legate al tabacco provocano 80.000 morti all'anno - riprende Roberta Pacifici - per questo, qualsiasi strumento che anche solo potenzialmente può contrastare il fenomeno merita attenzione”. Secondo l'esperta, i rischi e i benefici derivanti dall'uso di questi dispositivi vanno valutati caso per caso. “Per esempio, sono certamente indicati per chi non ha nessuna intenzione di smettere di fumare, ma vuole limitare i danni, ma la convenienza è dubbia in altre situazioni. Un fumatore che vuole smettere ma che non è riuscito a farlo con i metodi oggi disponibili può tentare questa strada, sapendo però che non abbiamo abbastanza dati per affermare che il metodo funziona”. Peraltro, secondo un sondaggio europeo, il 7% di chi prova a dire basta al fumo ricorre ormai ai dispositivi elettronici, e il tema è molto dibattuto anche nei numerosi forum online dedicati al tema.

“Svapatori”passivi “Va invece certamente scoraggiato l'uso delle e-cig nei luoghi chiusi, dove la legge Sirchia vieta di fumare - afferma l'esperta - su questo stiamo assistendo a un gigantesco passo indietro, anche culturale. Così facendo, non solo il fumatore rischia di assumerne dosi maggiori di nicotina di quanto farebbe con le sigarette tradizionali, ma inquina anche gli ambienti, perché dalle sigarette elettroniche si sprigionano composti organici volatili e polveri sottili, pericolose per la salute, sebbene in modo meno rilevante rispetto al tabacco tradizionale”. L'ultima categoria di “svapatori” comprende coloro che iniziano da qui, senza mai passare dall'accendino, magari per seguire la moda. “Il rischio è soprattutto per i giovani, perché i divieti possono essere aggirati fin troppo facilmente, procurandosi questi dispositivi su internet a costi bassi - osserva ancora la Pacifici - il fumo elettronico, del resto, sembra progettato per far breccia fra i ragazzini”. Nella Corea del Sud, dove non ci sono restrizioni alla vendita, il 20% del mercato è in mano alle fasce più giovani della popolazione, e gli studenti, all'uscita della scuola, si scambiano gli aromi come se fossero figurine. 11


di Carlo Di Stanislao

A differenza di quanto accade nella maggioranza dei Paesi che si avvalgono della produzione di energia nucleare, Francia in primis, da noi tutto avviene al di fuori di un programma nucleare e di un piano energetico chiaro. Ci ricorda oggi Euronews che l’Italia ha scelto, non con uno ma con ben due referendum, prima nel 1987 e poi poco dopo l’incidente di Fukushima due anni fa, di fermare i propri reattori, ma, com’è noto da noi i referendum si fanno solo per non essere attuati. Ogni anno continuano ad accumularsi 500 metri cubi di residui medicali radioattivi, che spesso sono stoccati in maniera provvisoria e inadeguata dal punto di vista della sicurezza e nel corso degli ultimi 26 anni ancora non è stato non solo costruito, ma nemmeno individuato un luogo sicuro di raccolta. Per fortuna, almeno in questo caso, siamo in buona compagnia. La Merkel aveva provato a spingere verso la strada del disarmo atomico sul finire dello scorso anno, ma l’arsenale nucleare Nato è rimasto dove è, nelle basi che lo ospitano.

Sicché lo Stivale rappresenta un caso limite nel campo del “decommissioning”, il complesso processo che parte dalla rimozione dei combustibili dai reattori nucleari, allo smantellamento dei siti stessi, fino al trattamento di tutti i materiali che li compongono: dal calcestruzzo dei muri di contenimento, alla piscina per l’immersione delle barre di combustibile, fino al guanto impiegato, magari decenni fa, per la manipolazione di materiali radioattivi. 12


SOCIETÀ Alla luce, poi, delle ultime dichiarazioni statunitensi rivelate dal “Guardian”, seondo cui ora Barak Obama ha cambiato idea e chiude la strada alla riduzione e si orienta verso lo sviluppo di nuovi ordigni, scelta voluta dal Pentagono ed in totale collisione con gli annunci del 2010 che puntavano all’opposto, sono molti i Paesi che si trovano e si troveranno ad ospitare ordigni atomici fabbricati da altri. L’Italia “ospita” bombe atomiche nelle basi nucleari di Aviano, Pordenone, e Ghedi; un numero non precisato, ma che oscilla fra 70 e 90 ed altre 200 sono dislocate tra Belgio, Paesi Bassi, Germania e Turchia. Tornando allo smantellamento delle nostre vecchie, inutili e pericolose centrali, l’operazione, se attuata, porterebbe fra l’altro

Mappa siti nucleari in Italia

alla creazione di circa 12.000 nuovi posti di lavoro, oltre alla realizzazione di una vera Agenzia per la sicurezza nucleare, che da noi non è mai davvero entrata in funzione, creandoci problemi anche di carattere internazionale. Attualmente, nel mondo, sono già stati fermati 140 reattori nucleari e il rapporto Nomisma Energia stima che nei prossimi 40 anni entreranno in decommissioning 400 impianti, con investimenti per il loro smantellamento di 165 miliardi di euro ed un valore complessivo per la bonifica di 606 miliardi di euro. Entro il 2030 tra Europa Occidentale (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, Svezia, Svizzera) ed Europa dell’Est (Russia ed ex paesi del Patto di Varsavia) è previsto lo smantellamento di 147 centrali nucleari, oltre ad un numero imprecisato di siti nucleari di arricchimento del combustibile e di ricerca. Senza pensare poi alle istallazioni nucleari, sulle quali la Sogin ha già avviato con la Russia, nell’ambito di un accordo con il G8 per lo smantellamento e la messa in sicurezza di sei sottomarini nucleari. Ma in Italia tutto langue, nella nebbia, senza risposte nè soluzioni, con un ormai stracolmo deposito unico nazionale, dove oltre al combustibile impiegato nelle centrali e al materiale di risulta prodotto dallo smantellamento degli impianti, vengono o stoccati anche i materiali prodotti dalle altre attività civili, come per esempio l’industria e la sanità, con un flusso di circa 500 metri cubi all’anno e che ancora attende di essere messo in sicurezza. Ci vogliono, hanno detto Nucci e Tabarelli, 6,5 miliardi per completare la bonifica ambientale delle quattro centrali nucleari italiane, dei quattro impianti del ciclo del combustibile e per realizzare il Parco Tecnologico, che comprende il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, di cui 1,7 miliardi servono per le sole attività di smantellamento. Il problema, al solito, è come reperire questi fondi. 13




I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Nato il 9 novembre 1877 a Napoli. Il suo primo impegno è stato nel settore giornalistico: nel 1895 è redattore per la rubrica quotidiana di vita giudiziaria del “Don Marzio”. Laureato in giurisprudenza, si è dedicato alla professione forense diventando nel corso degli anni uno dei maggiori avvocati penalisti italiani. È stato eletto Deputato al Parlamento nel 1909, nel 1913, nel 1919, nel 1921 e nel 1924 (non ha prestato il giuramento richiesto per essere ammesso alle funzioni e, quindi, non ha mai partecipato all'attività parlamentare). È stato nominato Sottosegretario di Stato per le Colonie nel 1913-1914 (IV Governo Giolitti) e Sottosegretario di Stato per il Tesoro nel 1919 (Governo Orlando). Ha ricoperto l'ufficio di Presidente della Giunta delle elezioni (1919-1920). È stato eletto Presidente della Camera dei Deputati il 26 giugno 1920 e confermato nella legislatura successiva fino al 25 gennaio 1924. Durante il fascismo, si è ritirato dalla vita politica attiva e si è dedicato esclusivamente all'esercizio della professione forense. Nominato Senatore del Regno nel 1929, non ha mai partecipato ai lavori dell'Assemblea. Dopo la caduta del fascismo, è tornato ad occuparsi di politica ed è stato autore del compromesso con cui venne istituita la Luogotenenza. È stato nominato componente della Consulta Nazionale. È stato eletto Capo provvisorio dello Stato il 28 giugno 1946 al primo scrutinio: ha prestato giuramento il 1° luglio successivo. Dimessosi dalla carica, è stato rieletto Capo provvisorio dello Stato il 26 giugno 1947. A norma della prima disposizione transitoria della Costituzione, dal 1° gennaio 1948 ha assunto il titolo di Presidente della Repubblica. È divenuto senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. È stato eletto Presidente del Senato della Repubblica il 28 aprile 1951: si è dimesso dalla carica il 24 giugno 1952. È stato nominato giudice della Corte Costituzionale dal Presidente della Repubblica il 3 dicembre 1955 e ha prestato giuramento il 15 dicembre 1955. Nella prima riunione del Collegio il 23 gennaio 1956 è stato eletto Presidente della Corte Costituzionale: si è dimesso dalla carica il 26 marzo 1957. Ddeceduto il 1° ottobre 1959.


SOTTO LA LENTE

Nato a Carrù (Cuneo) il 24 marzo 1874. Coniugato con Ida Pellegrini dalla quale ha avuto 3 figli. Laureato in giurisprudenza a 21 anni . È stato redattore de “La Stampa” di Torino e del “Corriere della Sera” di Milano fino al 1926. E corrispondente finanziario ed economico del settimanale “The Economist”. Ha diretto la rivista “La Riforma Sociale” dal 1900 al 1935. Ha diretto la “Rivista di Storia Economica” dal 1936 al 1943. Ha occupato la cattedra di Scienza delle finanze all'Università di Torino con l'incarico di Legislazione industriale ed economica politica di quel Politecnico, e di Scienza della finanze all'Università Bocconi di Milano. I suoi altissimi meriti scientifici hanno avuto ampi riconoscimenti, tra i quali si ricordano: Socio e Vice Presidente dell’Accademia dei Lincei; Socio dell’Accademia delle Scienze di Torino; Socio dell'Institut International de Statistique de L'Aja; Socio dell'Econometric Society di Chicago; Socio onorario dell'American Academy of Arts and Sciences di Boston; Socio dell'American Academy of

Political and Social Science di Filadelfia; Socio onorario della American Economic Associciation; Socio onorario della Economic History Association di New York; Presidente onorario della International Economic Association; Socio corrispondente della Societè d'Economie Politique di Parigi; Vice Presidente della Economic History Society di Cambridge; Socio corrispondente del Coben Club di Londra; Socio corrispondente della OesterreichischeAkademie der Wissenschaften di Vienna. Gli sono state conferite le lauree “honoris causa” dalle Università di Parigi e diAlgeri. È stato autore di numerosissime pubblicazioni scientifiche, soprattutto nelle materie economiche, alcune delle quali tradotte nelle principali lingue straniere. Si è dedicato personalmente alla conduzione della sua azienda agricola presso Dogliani, applicandovi i più moderni sistemi colturali. È stato nominato Senatore del Regno nel 1919. Lasciò l'attività giornalistica con l'avvento del fascismo, e dopo il 25 luglio 1943 ha collaborato a “Il Corriere della Sera”. Dopo l'8 settembre si è rifugiato in Svizzera ed è rientrato in Italia nel 1945; ha redatto una serie di articoli economici e politici per “Il Risorgimento Liberale”. È stato nominato componente della Consulta Nazionale (1945-1946), e Governatore della Banca d'Italia (5 gennaio 1945 - 11 maggio1948). È stato eletto Deputato all'Assemblea Costituente nel 1946 (Unione Democratica Nazionale) ove ha dato un autorevole contributo ai lavori. È stato Senatore di diritto del Senato della Repubblica ai sensi della terza disposizione transitoria della Costituzione (1948). Nel 1947 è stato nominato Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro delle Finanze e del Tesoro e del Bilancio (conservando l'incarico di Vice Presidente del Consiglio -1947/48, nel IV Governo De Gasperi). Eletto Presidente della Repubblica l'11 maggio 1948 (al quarto scrutinio con 518 voti su 872): ha prestato giuramento il giorno successivo. È divenuto Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. Tra le opere pubblicate dopo la fine del mandato presidenziale si ricorda in particolare: “Lo Scrittoio del Presidente”. È deceduto il 30 ottobre 1961. 35 17


I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Nato a Pontedera (Pisa) il 10 settembre 1887. Coniugato con Carla Bissatini, dalla quale ha avuto due figli. Ha fatto parte del Movimento cristiano sorto nel 1902 intorno al sacerdote Romolo Murri. Tra il 1911 e il 1915 ha insegnato lettere e filosofia a Parma, Massa, Bergamo e Monza. Nel 1919 è stato tra i fondatori del Partito Popolare Italiano. Eletto deputato, è stato chiamato a dirigere la Confederazione dei Lavoratori Cristiani.

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Nominato Sottosegretario all'Industria e Commercio nel 1922 (I° governo Mussolini) fino al Congresso di Torino del Partito Popolare (aprile 1923) ,dove è stata decisa la non collaborazione e il ritiro dal Governo dei rappresentanti del P.P.I. Passato all'opposizione, è stato tra gli esponenti della scissione denominata “dell'Aventino” ed è stato dichiarato decaduto dal mandato parlamentare nel novembre 1926. Ritiratosi a vita privata, ha rinunziato al suo posto nella scuola ed è stato prima rappresentante di commercio e poi si è dedicato allo svolgimento di attività industriale. È stato nominato Ministro dell'Industria e Commercio nel 1944 (II° e III° Governo Bonomi), e nel 1945 (Governo Parri e I° Governo De Gasperi). Eletto Deputato all'Assemblea Costituente nel 1946 (Democrazia Cristiana) e Presidente del Gruppo parlamentare del suo partito, e deputato al Parlamento nel 1948 e nel 1953. L'8 maggio 1948 è stato eletto Presidente della Camera dei Deputati e rieletto il 25 giugno 1953. Il 29 aprile 1955 è stato eletto Presidente della Repubblica (al quarto scrutinio con 658 voti su 833): ha prestato giuramento l'11 maggio 1955. Divenuto Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica è deceduto il 17 ottobre 1978.


SOTTO LA LENTE

Nato a Sassari il 2 febbraio 1891. Coniugato con Laura Carta Caprino, dalla quale ha avuto quattro figli. Laureato in giurisprudenza nel 1913. Iscritto al Partito popolare sin dalla sua fondazione, ne è stato consigliere nazionale dal 1923 al 1924. Con l'avvento del fascismo ha abbandonato completamente l'attività politica. Nel 1920 ha vinto il concorso per la cattedra di diritto processuale civile presso l'Università di Perugia, ove ha insegnato fino al 1925. Successivamente ha insegnato nelle Università di Cagliari, Pavia, Sassari (della quale è stato Rettore Magnifico dal 1946 al 1951) e Roma. Ha ottenuto la laurea di dottore “Honoris causa” in scienze agrarie dall'Università Georgetown di Washington. È stato autore di numerose pubblicazioni in materia di diritto processuale civile, diritto commerciale e fallimentare, nonché in materia agraria.

Socio dell'Accademia dei Lincei, ha ricevuto il Premio “Carlo Magno” nella città di Aquisgrana per gli alti meriti acquisiti nell'azione svolta in favore dell'unità europea. Nel 1942 è stato tra gli organizzatori della Democrazia Cristiana, e ha fatto parte della prima Consulta regionale. Nominato Sottosegretario per l'Agricoltura e Foreste nel 1944 (III° Governo Bonomi) e nel 1945 (Governo Parri e I° Governo De Gasperi). Eletto deputato all'Assemblea Costituente nel 1946 (Democrazia Cristiana). Ministro dell'Agricoltura e Foreste dal 1946 al 1950 (dal II° al VI° Governo De Gasperi). Ministro della Pubblica Istruzione nel 1951 (VII° Governo De Gasperi) e nel 1953 (Governo Pella). Presidente del Consiglio dei Ministri dal 6 luglio 1955 al 18 maggio 1957. È stato nominato Vice Presidente del Consiglio e Ministro della Difesa nel 1958 (II° Governo Fanfani). Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell'Interno dal 15 febbraio 1959 al 25 marzo 1960. È stato nominato Ministro degli Esteri nel 1960 e nel 1962 (Governo Tambroni e Governo Fanfani). Eletto Presidente della Repubblica il 6 maggio 1962 (al nono scrutino con 443 voti su 854). Ha prestato giuramento l’11 maggio 1962. Colpito da malattia il 7 agosto 1964; accertata la condizione di impedimento temporaneo, dal successivo giorno è stata istituita la supplenza del Presidente del Senato Cesare Merzagora (fino al 28 dicembre 1964). Ha rassegnato le dimissioni il 6 dicembre 1964. Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. È deceduto il 1° dicembre 1972.

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I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Nato a Torino il 19 settembre 1898. Vedovo di Giuseppina Bollani dalla quale ha avuto due figli. Laureato in Scienze economiche e commerciali. Si è iscritto al Partito socialista unitario nel 1922 entrando nella direzione del partito nel 1925. Nel 1926, con il consolidarsi del regime fascista, è espatriato in Austria e poi in Francia, ove ha svolto vari lavori. Rientrato in Italia nel 1943, è stato arrestato e consegnato alle autorità tedesche. Riuscito ad evadere, ha ripreso l'attività clandestina nel Partito socialista italiano di unità proletaria a Milano.

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È stato nominato Ministro senza portafoglio nel 1944 (II° Governo Bonomi) e nominato Ambasciatore d'Italia a Parigi nel 1945. Deputato alla Costituente (Partito Socialista italiano di unità proletaria) è stato eletto Presidente della Assemblea il 25 giugno 1946. Nel gennaio 1947 ha fondato il Partito socialista dei lavoratori italiani (successivamente Partito Socialista democratico italiano). Ha rassegnato le dimissioni da Presidente dell'Assemblea Costituente ed ha assunto la Segreteria politica del nuovo Partito. È stato nominato Vice Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1947 (IV° Governo De Gasperi). Rieletto Deputato nel 1948, 1953, 1958, 1962. È stato nominato Vice Presidente del Consiglio e Ministro della Marina Mercantile nel 1948 (V° Governo De Gasperi). Rassegnando le dimissioni nel novembre 1949. Eletto Segretario del Partito dal 1949 al 1954 e nominato Vice Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1954 (Governo Scelba) e nel 1955 (I° Governo Segni). Rieletto Segretario del Partito dal 1957 al 1964 e nominato Ministro degli esteri nel 1963 (I° Governo Moro) e nel 1964 (II° Governo Moro). È stato eletto Presidente della Repubblica il 28 dicembre 1964 (al ventunesimo scrutinio con 646 voti su 963). Ha prestato giuramento il giorno successivo. Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. Nel 1975 ha assunto la presidenza del Partito Socialista Democratico Italiano. È deceduto l'11 giugno 1988.


SOTTO LA LENTE

Nato a Napoli il 3 novembre 1908. Coniugato con Vittoria Michitto, è padre di tre figli. Laureato in giurisprudenza nel 1929 e in scienze politiche sociali nel 1930. Libero docente in “Diritto e procedura penale”, nel 1933 è stato incaricato dell'insegnamento di questa materia all'Università di Camerino. Nel 1935, classificatosi primo nella graduatoria del concorso per la cattedra di Diritto e Procedura Penale, ha insegnato nelle Università di Messina, Bari, Napoli e Roma.

È stato Presidente del Gruppo Italiano della “Association Internationale de Droit Penale” e componente del Comitato Direttivo Internazionale dell'Associazione. Ha partecipato alla seconda guerra mondiale, meritandosi un encomio solenne. Medaglia d'oro al merito della cultura. Avvocato penalista tra i più grandi d'Italia. Autore di numerosissime pubblicazioni giuridiche, tradotte in lingue straniere. Nel 1944 si è iscritto alla Democrazia Cristiana e nel 1945 è stato eletto Segretario politico del Comitato napoletano del Partito. È stato eletto all'Assemblea Costituente nel 1946 (Democrazia Cristiana) partecipando attivamente all’elaborazione della Costituzione, in particolare come relatore del titolo concernente la Magistratura. Eletto Deputato al Parlamento nel 1948, 1953, 1958, 1963. Vice Presidente della Camera dei Deputati nel 1950 e nel 1953 e Presidente nel 1955, 1958, 1963. È stato Presidente del Consiglio dei Ministri dal 21 giugno al 3 dicembre 1963 e dal 24 giugno all'11 dicembre 1968. Nominato Senatore a vita il 27 agosto 1967 “per aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”. Eletto Presidente della Repubblica il 24 dicembre 1971. Ha prestato giuramento il 29 dicembre successivo. Si è dimesso il 15 giugno 1978, inviando un messaggio al Popolo Italiano. È deceduto il 9 novembre 2001.

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I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Nato a Stella (Savona) il 25 settembre 1896. Laureato in giurisprudenza e in scienze politiche e sociali. Coniugato con Carla Voltolina. Ha partecipato alla prima guerra mondiale; ha intrapreso la professione forense e, dopo la prima condanna a otto mesi di carcere per la sua attività politica, nel 1926 è condannato a cinque anni di confino. Sottrattosi alla cattura, si è rifugiato a Milano e successivamente in Francia, dove ha chiesto e ottenuto asilo politico, lavorando a Parigi. Anche in Francia ha subito due processi per la sua attività politica. Tornato in Italia nel 1929, è stato arrestato e nuovamente processato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a 11 anni di reclusione.

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Scontati i primi sette, è stato assegnato per otto anni al confino: ha rifiutato di impetrare la grazia anche quando la domanda è stata firmata da sua madre. Tornato libero nell'agosto 1943, è entrato a far parte del primo esecutivo del Partito socialista. Catturato dalla SS, e condannato a morte, ma la sentenza non ha luogo. Nel 1944 è evaso dal carcere assieme a Giuseppe Saragat, ed ha raggiunto Milano per assumere la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dal Tedeschi e poi dirigere la lotta partigiana: è stato insignito della Medaglia d'Oro. Conclusa la lotta armata, si è dedicato alla vita politica e al giornalismo. Eletto Segretario del Partito Socialista Italiano di unità proletaria nel 1945 e Deputato all'Assemblea Costituente. È stato eletto Senatore della Repubblica nel 1948 e presidente del relativo gruppo parlamentare. Direttore dell'”Avanti” dal 1945 al 1946 e dal 1950 al 1952, nel 1947 ha assunto la direzione del quotidiano genovese “Il Lavoro”. Eletto Deputato al Parlamento nel 1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976 e Vice-Presidente della Camera dei Deputati nel 1963. È stato Presidente della Camera dei Deputati nel 1968 e nel 1972. Dopo il fallimento della riunificazione tra P.S.I. e P.S.D.I,. aveva rassegnato le dimissioni, respinte da tutti i gruppi parlamentari. È stato eletto Presidente della Repubblica l'8 luglio 1978, prestando giuramento il giorno successivo. Ha rassegnato le dimissioni il 29 giugno 1985: è divenuto Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. È deceduto il 24 febbraio 1990.


SOTTO LA LENTE

Nato il 26 luglio 1928 a Sassari. Laureato in Giurisprudenza. Padre di due figli. Si è iscritto alla Democrazia Cristiana nel 1945. Ha insegnato diritto costituzionale e diritto costituzionale regionale nell'Università di Sassari. Eletto Deputato al Parlamento nel 1958, 1963, 1968, 1972, 1976 e 1979. È stato eletto Senatore della Repubblica nel 1983. È stato nominato Sottosegretario di Stato alla Difesa nel 1966 (III° Governo Moro), nel 1968 (II° Governo Leone e I° Governo Rumor), nel 1969 (II° Governo Rumor). Nominato Ministro senza portafoglio nel 1974 (IV° Governo Moro). È stato nominato Ministro dell'Interno nel 1976 (V° Governo Moro e III° GovernoAndreotti) e nel 1978 (IV° Governo Andreotti). Ha rassegnato le dimissioni il 9 maggio 1978 dopo l'uccisione dell'On. Moro. Nominato Ministro dell'Interno nel 1976 (V° Governo Moro e III° Governo Andreotti) e nel 1978 (IV° Governo

Andreotti). Ha rassegnato le dimissioni il 9 maggio 1978 dopo l'uccisione dell'On. Moro. Presidente del Consiglio dei Ministri dal 4 agosto 1979 al 3 aprile 1980 e dal 4 aprile 1980 al 17 ottobre 1980 Eletto Presidente del Senato della Repubblica il 12 luglio 1983. È stato eletto Presidente della Repubblica il 24 giugno 1985. In seguito alle dimissioni del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, ha esercitato la supplenza dal 23 giugno al 3 luglio 1985. Ha prestato giuramento il 3 luglio 1985. Cossiga si dimise dalla presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, a due mesi dalla scadenza naturale del mandato, annunciando le sue dimissioni con un discorso televisivo che tenne simbolicamente il 25 aprile. Fino al 25 maggio, quando al Quirinale fu eletto Oscar Luigi Scalfaro, le funzioni presidenziali furono assolte, come previsto dalla Costituzione, dall'allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini. Senatore a vita quale Presidente Emerito della Repubblica. È deceduto il 17 agosto 2010.

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I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Nato a Novara il 9 settembre 1918, sposato con Maria Inzitari dalla quale ha avuto una figlia Marianna. Si laurea in Giurisprudenza nel 1941 ed è chiamato alle armi e assegnato al 38° Reggimento di Fanteria a Tortona. Sottotenente di Commissariato in Sicilia è congedato, in quanto magistrato, nell'ottobre del 1942. Presidente dell'Azione Cattolica della Diocesi di Novara e Delegato Regionale per il Piemonte. Viene eletto Deputato all'Assemblea Costituente il 2 giugno 1946 nelle liste della Democrazia Cristiana risultando capolista della circoscrizione Torino-Novara-Vercelli. È eletto Deputato al Parlamento in tutte le legislature dal 1948 al 1992. Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1954 al 1955 (Governo Scelba). 24

Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia dal 1955 al 1958 promuove e porta all’approvazione la legge che consente alle donne l’accesso alla carriera di magistrato. Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno dal 1959 al 1962 promuove e porta all'approvazione la legge che istituisce la Polizia femminile. Vice Segretario Politico della Democrazia Cristiana nel 1965 e nel 1966. Ministro dei Trasporti e dell'Aviazione Civile dal 1966 al 1968 e successivamente nel 1972 affronta per la prima volta nella storia delle Ferrovie il tema dell'Alta Velocità avviando la costruzione della “direttissima” Roma-FirenzeMinistro della Pubblica Istruzione nel 1972. Vice Presidente della Camera dei Deputati dal 1975 al 1983, Ministro dell’Interno dal 1983 al 1987 promuove e stipula i primi accordi internazionali con i Paesi della Comunità europea, con Israele e con i governi africani dell’area mediterranea per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. Nell’aprile del 1987, dopo le dimissioni del Governo presieduto dall’on. Craxi, il Presidente della Repubblica Cossiga gli conferisce l’incarico di formare il nuovo Governo ma, constatata l’impossibilità di comporre un Gabinetto di coalizione, rinunzia all’incarico. È eletto Presidente della Camera dei Deputati il 24 aprile 1992 e Presidente della Repubblica il 25 maggio dello stesso anno. Sin dall'inizio del suo mandato Scalfaro è chiamato ad affrontare la più grave crisi della storia repubblicana con preoccupanti manifestazioni sul piano politico ed economico. Esplode il fenomeno di “Tangentopoli” che provoca un serio affievolimento della rappresentatività della politica e nel contempo si verifica anche una inquietante perdita della capacità di acquisto della moneta. Durante questi “sette anni drammatici”, come li definisce la stampa, Scalfaro difende costantemente i valori fondanti della Repubblica contenuti nella prima parte della Carta Costituzionale. Per favorire il giuramento e l'insediamento del suo successore Scalfaro, in anticipo sulla scadenza del mandato, si dimette il 15 maggio 1999. È deceduto il 29 gennaio 2012.


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Banchiere centrale e uomo politico, nato a Livorno il 9 dicembre 1920. Ha conseguito la laurea in Lettere e il diploma della Scuola Normale di Pisa nel 1941, e la laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa nel 1946. In questo ultimo anno è stato assunto alla Banca d'Italia. Nel 1960 è stato chiamato all'amministrazione centrale della Banca d'Italia, presso il Servizio Studi, di cui ha assunto la direzione nel luglio 1970. Segretario generale della Banca d'Italia nel 1973, vice direttore generale nel 1976, direttore generale nel 1978, nell'ottobre 1979 è stato nominato Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio Italiano Cambi al 28 aprile 1993. Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato Presidente del Consiglio, presiedendo un governo chiamato a svolgere un compito di transizione. Durante la XIII legislatura è stato Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, nei governi Prodi e D'Alema, ottobre 1998 al maggio 1999. Ha ricoperto numerosi incarichi di rilevanza internazionale. Dall'aprile 1993 al maggio 1994, Ciampi ha governato durante una fase di difficile transizione istituzionale ed economica. Il referendum elettorale e la congiuntura sfavorevole caratterizzata da un rallentamento della crescita economica richiedevano immediate risposte.

Il governo Ciampi ha garantito l'applicazione della nuova legge elettorale approvata dal Parlamento, attraverso il complesso lavoro per la determinazione dei collegi e delle circoscrizioni elettorali, e il passaggio da un Parlamento profondamente rinnovatosi tra la XI e la XII legislatura. Sul piano economico gli interventi più significativi sono stati rivolti a costituire il quadro istituzionale per la lotta all'inflazione, attraverso l'accordo governo-parti sociali del luglio del 1993, che segnatamente ha posto fine ad ogni meccanismo di indicizzazione ed ha individuato nel tasso di inflazione programmata il parametro di riferimento per i rinnovi contrattuali. Inoltre il governo Ciampi ha dato avvio alla privatizzazione di numerose imprese pubbliche, ampliando e puntualizzando il quadro di riferimento normativo e realizzando le prime operazioni di dismissione (tra cui quelle, nel settore bancario, del Credito italiano, della Banca commerciale italiana, dell'IMI). Come Ministro del Tesoro e del Bilancio del governo Prodi e del governo D'Alema Ciampi ha dato un contributo determinante al raggiungimento dei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, permettendo così la partecipazione dell'Italia alla moneta unica europea, sin dalla sua creazione. Il 13 maggio del 1999 è stato eletto, in prima votazione, decimo Presidente della Repubblica Italiana.

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I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

È nato a Napoli il 29 giugno 1925, sposato con Clio Bittoni, ha due figli, Giovanni e Giulio. Laureato in giurisprudenza nel dicembre 1947 presso l'Università di Napoli con una tesi in economia politica. Nel 1945 - 46 è stato attivo nel movimento per i Consigli studenteschi di Facoltà e delegato al 1° Congresso nazionale universitario. Fin dal 1942, a Napoli, iscrittosi all’Università, ha fatto parte di un gruppo di giovani antifascisti e ha aderito, nel 1945, al Partito Comunista Italiano, di cui è stato militante e poi dirigente fino alla costituzione del Partito Democratico della Sinistra. Dall'autunno del 1946 alla primavera del 1948 ha fatto parte della segreteria del Centro Economico Italiano per il Mezzogiorno presieduto dal sen. Paratore. Ha inoltre partecipato attivamente al Movimento per la Rinascita del Mezzogiorno fin dalla sua nascita (dicembre 1947) e per oltre 10 anni. 26

È stato eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1953 e ne ha fatto parte - tranne che nella IV legislatura - fino al 1996, riconfermato sempre nella circoscrizione di Napoli. La sua attività parlamentare si è svolta nella fase iniziale in seno alla Commissione Bilancio e Partecipazioni Statali, concentrandosi - anche nei dibattiti in Assemblea sui problemi dello sviluppo del Mezzogiorno e sui temi della politica economica nazionale. Nella VIII (dal 1981) e nella IX Legislatura (fino al 1986) è stato Presidente del Gruppo dei deputati comunisti. Negli anni '80 si è impegnato in particolare sui problemi della politica internazionale ed europea, sia nella CommissioneAffari Esteri della Camera dei Deputati, sia come membro (1984-92 e 1994-96) della delegazione italiana all'Assemblea dell'Atlantico del Nord, sia attraverso molteplici iniziative di carattere politico e culturale. Già a partire dagli anni '70, ha svolto una vasta attività di conferenze e dibattiti all'estero: negli istituti di politica internazionale in Gran Bretagna e in Germania, presso numerose Università degli Stati Uniti (Harvard, Princeton, Yale, Chicago, Berkeley, SAIS e CSIS di Washington). Dal 1989 al 1992 è stato membro del Parlamento europeo. Nell'XI legislatura, il 3 giugno 1992, è stato eletto Presidente della Camera dei deputati, restando in carica fino alla conclusione della legislatura nell'aprile del 1994. Nella XII legislatura ha fatto nuovamente parte della Commissione affari esteri ed è stato Presidente della Commissione speciale per il riordino del settore radiotelevisivo. Non più parlamentare, è stato Ministro dell'interno e per il coordinamento della protezione civile nel Governo Prodi, dal maggio 1996 all'ottobre 1998. Dal 1995 al 2006 è stato Presidente del Consiglio Italiano del Movimento europeo. Rieletto deputato europeo nel 1999, è stato, fino al 2004, Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo. Nel 2003 è stato nominato Presidente della Fondazione della Camera dei deputati dal Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Il 23 settembre 2005 è stato nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il 10 maggio 2006 è stato eletto Presidente della Repubblica con 543 voti. Ha prestato giuramento il 15 maggio 2006.


SOTTO LA LENTE

Nel 1962 ha pubblicato il suo primo libro “Movimento operaio e industria di Stato”, con particolare riferimento alle elaborazioni di Pasquale Saraceno. Seguito nel 1975 da “Intervista sul PCI” con Eric Hobsbawm, tradotto in oltre 10 paesi. Del 1979 è “In mezzo al guado” riferito al periodo della solidarietà democratica (1976 - 79), durante il quale fu portavoce del PCI e lo rappresentò nei rapporti con il governo Andreotti - sui temi dell'econo-mia e del sindacato. Con il libro “Oltre i vecchi confini” del 1988 ha affrontato le problematiche emerse negli anni del disgelo tra Est e Ovest, durante la presidenza Reagan negli USA e la leadership di Gorbaciov nell'URSS. La sua dedizione alla causa della democrazia parlamentare e il suo contributo al riavvicinamento tra la sinistra italiana e il socialismo europeo, gli sono valsi il conferimento - nel 1997 ad Hannover - del premio internazionale Leibniz-Ring per l’impegno “di tutta una vita”. Egualmente, gli è stato conferito nel campo della “marcia verso la democrazia”, per l’apporto al rafforzamento dei valori e delle istituzioni democratiche in Italia e in Europa, il Premio Dan David 2010 a TelAviv. Gli sono stati conferiti diversi riconoscimenti accademici honoris causa: la nomina a Professore Onorario dell’Università degli Studi di Trento (2008); le lauree dell’Università degli Studi di Bari (2004), dell’Università Complutense di Madrid (2007), dell’Università Ebraica di Gerusalemme (2008), dell'Università degli Studi di Napoli “L'Orientale” (2009), della Sorbona di Parigi (2010), dell’Università di Oxford (2011), dellaAlma Mater Studiorum di Bologna (2012). Ha sviluppato un’intensa attività pubblicistica e editoriale. Ha collaborato alla rivista “Società” diretta da Ranuccio Bianchi Bandinelli e (dal 1954 al 1960) alla rivista “Cronache meridionali” con numerosi saggi su temi meridionalistici.

Nel libro “Al di là del guado: la scelta riformista” sono raccolti gli interventi politici dal 1986 al 1990. Mentre “Europa e America dopo l'89”, del 1992, tratta una raccolta di conferenze tenute negli Stati Uniti dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti in Europa centrale e orientale. Nel 1994 ha pubblicato, in parte sotto forma di diario, “Dove va la Repubblica - Una transizione incompiuta” dedicato agli anni della XI legislatura, vissuta come Presidente della Camera dei Deputati. Nel 2002, “Europa politica”, nel pieno del suo impegno come Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo. Il suo libro “Dal PCI al socialismo europeo: un’auto biografia politica” è uscito nel 2005. E nel 2009 “Il patto che ci lega”, raccolta di discorsi tenuti nella prima metà del mandato presidenziale. Nel 2011 ha pubblicato “Una e indivisibile. Riflessioni sui 150 anni della nostra Italia”. 35 27


I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA di Umberto Fantauzzo

Nell’imminente scadenza del mandato presidenziale di Giorgio Napolitano il 15 maggio 2013, in data 18 aprile del corrente anno solare, in seduta comune delle due camere parlamentari, è stata convocata l’assemblea dei “grandi elettori” formata dai 630 deputati, 319 senatori, di cui quattro a vita e da 58 delegati delle regioni, per un totale di 1007 membri assembleari ai quali spetterà l’onere di eleggere il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana. 28

Ai componenti la “Grande Assemblea” è stata conferita dalla stampa italiana ed internazionale la denominazione di “grandi elettori” in analogia ai membri del collegio elettorale del presidente degli Stati Uniti e ai nobili che nel medioevo dovevano eleggere l’imperatore del Sacro Romano Impero di nazionalità tedesca. In “anteprimissima” del solenne appuntamento elettivo hanno avuto luogo serrati incontri bilaterali e trilaterali, manovre segrete, e trattative notturne a livello regionale e nazionale tra i “Big Boss” in sede delle ermetiche segreterie di partiti politici nello strenuo tentativo “dietro quintista” di raggiungere un accordo e proporre una rosa di papabili candidati, ritenuti degni dai segretari capoccioni, di ascendere alla più alta carica politica della nazione; ovviamente una severa selezione strettamente in funzione della convenienza dei “Big” dei partiti protagonisti. Per le delegazioni regionali la Costituzione impone che i loro rappresentanti vengano scelti con procedura democratica per rendere possibile la partecipazione delle minoranze culturali, linguistiche e sociali dei territori periferici affinché il neo presidente eletto possa essere il rappresentante di tutti gli italiani e garantire nel contempo l’unità della nazione. Le istanze politiche regionali, nello spirito della costituzione, per consuetudine riservano un posto all’opposizione, mentre gli altri due vengono scelti tra le cariche preminenti degli organi politici territoriali. Un famoso detto popolare di espressione italiana recita “dal mattino si vede il buon giorno”. La saggia pertinenza di tale profetico enunciato, che lascerebbe prevedere una turbolenta elezione presidenziale, viene confermata dalla travagliata votazione per la nomina dei delegati della regione Toscana, la cui decisione, avendo escluso il sindaco di Firenze Matteo Renzi, attualmente una significativa icona nella costellazione delle più eminenti figure politiche del partito democratico, ha destato un violento polverone di polemiche all’interno delle segreterie del partito a livello regionale e nazionale. La mancata nomina a grande elettore di Matteo Renzi è strana anomalia che potrebbe minacciare l’unità del PD. Il sindaco fiorentino rappresenta una nuova figura politica nel seno del partito democratico, molto accetto ai giovani e simpatico ad una vasta diagonale dell’elettorato italiano.


SOTTO LA LENTE Se tale simpatica icona della cultura di sinistra fosse stata proposta ufficialmente a candidato premier del PD alle recenti elezioni di febbraio 2013, con strepitoso successo avrebbe portato la coalizione di centro sinistra alla vittoria e avrebbe indubbiamente spazzato via dalla scena politica il pluri inquisito cavaliere, suo ipotetico antagonista elettorale, cancellandone definitivamente le tracce politiche.

Matteo Renzi, da ben noto sostenitore ortodosso della rottamazione dei vetusti gerarchi politici, ha introdotto nel partito democratico una contesa generazionale, motivo portante del timore e odio da parte dei consumati gerarchi nel suo partito. La complottata bocciatura del sindaco di Firenze può essere considerata un vergognoso evento causato dall’invio di un semplice messaggio trasmesso per SMS, i cui mittenti sarebbero da reperire nei labirintici meandri delle vigliacche congiure ordite dai gerarchi del partito nella sede di Roma, a scapito dei “compagni” più intelligenti e competenti di loro, e destinatario la regione toscana con l’imperativo ordine di esclusione del “teorico della rottamazione” dalla delegazione della Toscana. Stranamente il secondo membro della rappresentanza toscana, guidata dal presidente della regione Rossi, è il sommo responsabile del consiglio regionale Monaci, viscerale avversario di Renzi e ambiguo figuro ex veterano della scomparsa democrazia cristiana. All’uopo dell’elezione presidenziale 2013 sarebbe opportuno evidenziare una specifica peculiarità costituzionale nella procedura di nomina del Presidente della Repubblica

che impone un quota dei due terzi nelle prime tre sedute e dal quarto consesso una maggioranza assoluta. In data 18 aprile 2013, immediatamente dopo la convocazione della “grande assemblea”, su iniziativa della presidente della Camera Laura Boldrini, alle ore dieci ha avuto inizio la prima sessione elettiva per la nomina del dodicesimo presidente della Repubblica. Dalla prima alla quinta seduta assembleare si sono susseguite cinque fumate progressivamente da “nere a nerissime” avendo consumato tragicamente in un primo tempo la candidatura condivisa da PD e Pdl di Franco Marini e al quarto scrutinio la candidatura di Romano Prodi, proposta dal segretario del PD con il dissenso del biscione. Essendo l’ex premier bolognese un candidato indesiderato dai pidiellini, in quanto ritenuto pericoloso per la situazione giudiziaria del cavaliere, il medesimo al “quarto round” di voto, avendogli “la mortadella bolognese” cagionato un’imprevista enterocolite ovvero “cacarella” aleggiata da un’angosciosa visione di galera, ha imposto dispoticamente ai suoi subalterni di boicottare la summenzionata votazione. Il penoso fallimento del quarto scrutinio per la mancata maggioranza assoluta di 504 voti, misteriosamente determinata da circa un centinaio di franchi tiratori del PD e del quinto per le schede in bianco, ostacolando la nomina presidenziale di Prodi e aggravando ulteriormente la complessa situazione politica italiana, costituisce la causa primaria dell’incipiente frammentazione del partito democratico con conseguente ritiro della candidatura prodiana, frattura di coalizione col SEL di Vendola e le dimissioni di Bindi e Bersani, divenuto, nel caos del pieno disorientamento, un partito orfano di presidenza e segreteria, per antonomasia si potrebbe denominare “partito dell’esercito di Francischiello”.

A tal punto di emergenza nazionale gli incapaci capoccia dei maggiori partiti parlamentari, nella consapevolezza della loro impotenza di eleggere il nuovo capo dello stato, salgono al Quirinale per inoltrare al saggio ottuagenario presidente uscente di candidarsi per un secondo mandato per fungere da “pompiere” e domare le fiamme devastanti la democrazia e l’economia della nazione, improvvisamente precipitata nel baratro per l’incompetenza politica e culturale dei suoi “mediocri ciarlatani politici” e per il condizionamento negativo del biscione divenuto nefasto protagonista della calamità nazionale. 35 29


I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Il giuramento del Presidente Napolitano

Giorgio Napolitano, contrariamente alla sua ferma intenzione di ritirarsi a vita privata, nel primo pomeriggio di sabato 20 aprile, per elevato senso di deontologia politica e per autentico amor patrio accettando saggiamente la candidatura, testualmente afferma: “Nella consapevolezza delle cagioni che mi sono state rappresentate e per rispetto delle personalità finora esposte al voto per l’esercizio del nuovo Capo dello Stato, ritengo di dover offrire la disponibilità che mi è stata richiesta. Naturalmente nei colloqui di questa mattina non si è discusso di esponenti estranei al tema dell’elezione del Presidente della Repubblica. Mi muove in questo momento il sentimento di non potermi sottrarre a un’assunzione di responsabilità verso la nazione, confidando che vi corrisponda un’analoga collettiva assunzione di responsabilità”. Nel corso della sesta seduta del medesimo sabato pomeriggio in presenza di tutti i cosiddetti “grandi elettori” il patriottico candidato con procedura lampo, per la prima volta con uno storico mandato bis, viene confermato al Quirinale con 738 voti. All’annuncio della conferma ufficiale i parlamentari, in seduta plenaria, con ovazione di gratitudine applaudono, ad eccezione dei grillini, che in atteggiamento di ostentata opposizione, rimangono seduti, mentre fuori in piazza Montecitorio un pubblico amareggiato e deluso per il fallimento politico della irresponsabile, egoistica e opportunistica casta, protesta fischiando. Al termine della seduta, dopo la conferma ufficiale della rinnovata nomina dell’uscente presidente, il perdente Bersani piange ed il vincente biscione con sadico sorriso esulta 30

ritenendo di aver salvato il suo “fondoschiena”, (espressione un po’ più decente della grillina) con la rielezione di Napolitano. L’insistente pressione esercitata dai maggiori responsabili dei partiti su Napolitano e la sua repentina rielezione evidenzia la forte aspettativa da parte di un vasto elettorato e dai partiti medesimi dell’introduzione di una forte rappresentanza presidenziale. Il rinnovato settennato di Napolitano potrebbe simboleggiare l’inaugurazione di una nuova forma repubblicana di presidenzialismo a modello francese. Immediatamente dopo il suo giuramento dinanzi all’intero parlamento, riunito in seduta comune a Montecitorio, Giorgio Napolitano in data 23 aprile nel suo intervento d’insediamento al Quirinale, rivolgendosi consapevolmente alla nazione ed al parlamento, in un forte messaggio di deontologia politica, dallo stile di “lectio magistralis” di ispirazione platonica, implicato nelle tre sequenze di seguito riportate: “QUANTO È ACCADUTO QUI NEI GIORNI SCORSI HA RAPPRESENTATO IL PUNTO DI ARRIVO DI UNA LUNGA SERIE DI OMISSIONI E DI GUASTI, DI CHIUSURE E DI IRRESPONSABILITÀ”. “HANNO FINITO PER PREVALERE CONTRAPPOSIZIONI, LENTEZZE, ESITAZIONI, CIRCA LE SCELTE DA COMPIERE, CALCOLI DI CONVENIENZA, TATTICISMI E STRUMENTALIZZAZIONI. ECCO CHE COSA HA CONDANNATO ALLA STERILITÀ”. “MA HO IL DOVERE DI ESSERE FRANCO: SE MI TROVERÒ DI NUOVO DINANZI A SORDITÀ COME


SOTTO LA LENTE ESITERÒ A TRARNE LE CONSEGUENZE DINANZI AL PAESE”, ha inteso inoltrare a tutti i rappresentanti parlamentari un severo monito e nel contempo un ultimatum. Nel discorso presidenziale, con durissime parole, si palesava gradatamente una massiccia intenzionale critica all’indirizzo dei parlamentari, tacciandoli di inettitudine politica e insensibilità nell’interpretare le aspettative e le esigenze degli elettori, dimostrate nella loro recente “malgestione della res publica” e nel fallimento dell’elezione di un nuovo capo dello stato. Col suo monito “sermoneggiante” Giorgio Napolitano ha posto i partiti davanti alle sue condizioni come per dire: mi avete rivoluto qui, ora fate come vi dico, esigo un governo duraturo di larghe intese, con un impegno morale e diretto da parte di tutti i parlamentare indistintamente dalla loro appartenenza ai svariati partiti. Dopo le consultazione con tutti i partiti il capo dello Stato ha deciso di conferire l’incarico di formare un nuovo governo, sulla base di una vasta convergenza parlamentare, al vicesegretario del PD Enrico Letta con l’esplicita richiesta di assicurare urgentemente alla nazione un governo stabile in grado di assumersi l’onere delle riforme di assoluta priorità, auspicate dalla commissione di esperti dal medesimo presidente opportunamente nominata dopo l’insuccesso di Bersani. La richiesta di un governo di coalizione duraturo e forte inoltrata a tutti i partiti dal presidente Napolitano, a modello della “grosse Koalition” sperimentata con buon successo per due volte in Germania nei momenti di emergenza nazionale, se valutata nel contesto di una nazione attualmente nel pantano, sarebbe socialmente legittima, politicamente opportuna ed economicamente necessaria, ma in Italia, per la presenza politica di un “Medienkaiser” il cavaliere Berlusconi, impossibile. Cotesto imperatore mediatico, padrone di tre emittenze televisive e diverse testate giornalistiche, costituendo, con una carica parlamentare giuridicamente dubbia e illimitata

potenza politica, un’anomalia culturale all’italiana, nel corso dell’ultimo ventennio ha portato la nazione allo sfascio. Il biscione, dopo la sua “gloriosa risurrezione politica” per la mancata nomina presidenziale di Prodi, animato da una rinnovata arroganza, con i suoi “ma e se di nefasti ipotesi dubitative” e in malafede, inizia a dettare le condizioni sul governo in fieri: un governo politico e non tecnico, per sua totale convenienza e nella la consapevole intenzione, come nei governi precedenti, di poter togliere nel momento più opportuno la spina al nuovo governo e ricorrere a nuove elezioni nella sicurezza di essere rieletto con la maggioranza assoluta dopo la disonorevole disfatta del PD. Ovviamente Berlusconi, noto autore di leggi ad personam per sua esclusiva convenienza, pretende ancora di potenziare il suo impero mediatico e finanziario a nocumento della democrazia del paese ed economicamente di tutti i cittadini italiani e inoltre di disporre di immunità parlamentare per essere intoccabile vita natural durante e così sfuggire agli artigli della giustizia. Il biscione, continuando a far politica in funzione dei suoi personali interessi, è moralmente e politicamente inaffidabile, per cui tutti i richiami morali e sforzi sovrumani del capo dello stato in soccorso ad un’Italia agonizzante saranno vani. Il nuovo Governo Letta

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CULTURA di Laura Napoletano

Ma chi ha avuto la fortuna di attraversare almeno una volta il territorio collinare racchiuso alla sinistra del fiume Tanarao non ha bisogno di una certificazione UNESCO per decidere di tornare. Lo farà a prescindere, e con la speranza di scoprire nuovi angoli suggestivi nei quali fermare le proprie emozioni. E riempire di suggestioni i propri 5 sensi. Ricchezza storico/antropologica e bellezze paesaggistiche e architettoniche: si potrebbe racchiudere in un’unica frase la summa delle potenzialità di questo territorio situato nella parte nord/orientale della Provincia di Cuneo ma conosciuto fin dai tempi dell’antica Roma, quando le popolazioni coltivavano la vite in zona. 32

Tracce storiche di tale presenza sono reperibili a Pollenzo, dove è possibile ammirare una stele funeraria dedicata a un “Merkator vinarius” (mercante di vini) e a Monticello d’Alba, citato da Plinio come luogo di fabbrica di “anforianum” (calici). La vite era è rimane il prodotto d’eccellenza di questo territorio geografico dai tratti peculiari. Frutta, funghi e prodotti caseari contribuiscono però a formare un bouquet enogastronomico di primissimo livello, inseguito da appassionati del gusto ma anche da semplici viaggiatori, decisi a scoprire il lato buono di un’Italia apparentemente lontana dagli itinerari dei tour operator internazionali ma assolutamente vicina al cuore di chi ama le mille peculiarità della nostra penisola. Formato in gran parte da territorio collinare, il Roero si presta a diverse letture da viaggio. Percorrerlo in auto è comodo e permette di apprezzare il reticolo stradale immerso tra vigneti e frutteti. Percorrerlo in bici permette di acquisirne anche gli odori, percorrerlo in Camper permette di assaporarne anche le suggestioni notturne, soprattutto nei mesi estivi costellati da decine di iniziative culturali ed enogastronomiche. Percorrerlo a piedi, per chi ha voglia di un viaggio all’insegna della lentezza, permette infine di accordare i propri passi alle emozioni del cuore e di scoprire sentieri intrisi di profumi e di storia. Il territorio che nel corso dei secoli fu attraversato dai visigoti, dai burgundi, dai longobardi e dai franchi trovò nei monaci i primi custodi dell’antica sapienza vignaiola romana. I religiosi si dedicarono al miglioramento delle tecniche vitivinicole e prepararono il terreno ai futuri signori feudali, capitanati dalla famiglia degli Aleramici (il cui capostipite Aleramo era figlio di Guglielmo, di stirpe franca,


ECOTURISMO entrato in Italia al seguito di Guido da Spoleto - A.D. 888 e al servizio di Rodolfo II di Borgogna re d’Italia ). In perenne conflitto con le truppe di Asti e Alessandria, gli Alemarici possedevano alcuni castelli sparsi sulle rocche e lasciarono gradualmente il passo alle varie casane artigiane, nelle quali emerse con forza quella dei Rotàri che estese il proprio dominio sull’intera area. Verso gli ultimi vent'anni del 1800 la zona che nel medioevo era stata denominata Astisio prese gradualmente la denominazione Roero, derivata dal grande casato astigiano che possedeva buona parte dei castelli della zona, e si specializzò nella coltivazione della vite arrivando all’attuale superficie di oltre 1000 ettari.

L’eterogeneità dei caratteri geologici di questo angolo d’Italia fanno sì che in Roero si coltivino prodotti diversi, tutti di elevato valore qualitativo. Arnesi (vitigno a bianca bianca), Favorita, Nebbiolo (colore rosso rubino), Barbera (rosso) rappresentano le punte di diamante della produzione territoriale che però si offre ai degustatori anche con prodotti molto localizzati come il Brachetto (valorizzato con il nome di Birbet), il Dolcetto, la Bonarda Piemontese, il Moscato bianco e vitigni internazionali come il Cabernet Franc, il Sirah ,il Riesilng e il Merlot. Vero e proprio tempio degli appassionati di enologia, il Roero si offre agli appassionati anche e soprattutto per i suoi splendidi scenari urbani e architettonici, trovando in Brà il proprio fulcro e il punto di partenza per suggestive incursioni nei dintorni. Considerata, con i suoi 28mila abitanti, capitale storica del Roero, Bra annovera tra i suoi punti forti la “Zizzola”, un curioso edificio ottagonale che nel tempo è diventato il simbolo della città. La “Zizzola”


CULTURA La Chiesa dei Battuti Bianchi e la Parrocchiale di Sant’Andrea contendono a Santa Chiara (splendida opera barocca realizzata da Bernardo Vittone) il primato di una tappa turistica e invitano a una passeggiata tra gli edifici storici che nascondono suggestivi cortili. Bra, Parrocchiale di Sant'Andrea

Progenitrice del fenomeno Slow-food, Bra si presenta annualmente ai propri estimatori con “Cheese” rassegna internazionale incentrata sul formaggio e invita i suoi ospiti ad assaggiare la “sautissa ëd Bra”, un insaccato prodotto con carni bovine riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano, un tempo destinata principalmente alla comunità ebraica di Cherasco, ai cui membri la religione impediva di consumare insaccati a base di carne suina. Cherasco vanta origini romane, facilmente intuibili dall’impianto delle vie ortogonali e dagli archi di trionfo. Ricca di chiese, conventi e opifici, la cittadina del Roero merita di essere visitata per il Museo Adriani nel Palazzo Gotti di Salerano, per Palazzo Salmatoris e per la passeggiata dei Bastioni.

Petrini, fondatore del movimento Slow-food. I corsi attraggono molti studenti stranieri (più del 50% dei partecipanti) provenienti da una cinquantina di paesi. Tappa successiva della scoperta del Roero è rappresentata da Santa Vittoria d’Alba, situata su un poggio che domina la Valle Tanaro (il paese deve il suo toponimo alla vittoria del condottiero romano Stilicone sui Goti di Alarico) e che ospita la grossa frazione di Cinzano con la celebre e omonima azienda vinicola. Superati i paesi di Monticello, Piovesi, Guarene, si arriva a Castagnito, (considerata una delle capitali della ristorazione roerina) nel cui perimetro è presente la Parrocchia di San Giovanni Battista - che risale al Seicento - e una chiesetta campestre dalle linee barocche con una pendenza simile a quella della Torre di Pisa. Castagnito vanta una frutticoltura specializzata che annovera in prevalenza pesche e pere e confina con Castellinaldo, letteralmente abbracciato alla sua rocca che ospita il castello degli Ajnaldi (o Eginaldi) costruito tra il XI e XII secolo, e la cappella di San Sarvasio. Nel piccolo borgo piemontese meritano di essere assaggiati gli “Gnocchi all'ossolana”, la lepre “in Civet” e il risotto coi porcini.

Priocca

Cherasco, Arco di Belvedere

Cherasco vanta una lunga tradizione nell’elicicoltura. Dalle tradizionali “lumachiere”, si è passati a veri e propri allevamenti a ciclo biologico completo suddivisi in reparti e con alimentazione specificatamente selezionata, sotto l’attenta visione dell’Istituto Internazionale di Elicicoltura che svolge attività di assistenza e formazione agli operatori e di promozione del prodotto (si consiglia di degustarle “alla cartunera”, uno dei metodi più tradizionali per assaporare le lumache). Proseguendo nell’itinerario, si arriva a Pollenzo (Pollentia), custode di antiche vestigia romane come l’anfiteatro. Nella cittadina ha sede dal 2004 l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, la prima università al mondo nel suo genere, voluta da Carlo 34

Magliano Alfieri (il cui nome deriva dalla casata che diede i natali a VittorioAlfieri) con il suo castello seicentesco e il Museo delle Arti e Tradizioni, Govone (con il castello che fu residenza reale di Carlo Felice di Savoia) e Priocca, di origine ligure e con lo stupendo campanile parrocchiale, conducono il viaggiatore alla meta di Canale, altra pietra miliare del Roero. Sede del grande mercato ortofrutticolo della zona, Canale ospita l'Enoteca Regionale del Roero ed è terra d'elezione della pesca. Le fragole e le castagne rappresentano invece il biglietto da visita di Monteu Roero (oltre all'ormai celebre vino Arneis), raggiungibile da Canale dopo alcuni ripidi tornanti. Dopo aver visitato il castello che ospitò nel 1158 l'imperatore Federico Barbarossa, si muove in direzione di Montaldo Roero che sorge in una spettacolare posizione geografica, e viene attraversato da un ponte costruito sulla voragine che divide la Valle Tanaro dai declivi boscosi dell'alto Roero. Il castello di Baldissero d'Alba rappresenta il fiore all'occhiello di un paese contrassegnato da strette e ripide stradine mentre Sommariva Perno si offre ai visitatori con la prelibata fragola locale, divenuto negli anni un prodotto di grande qualità.



CULTURA di Laura Napoletano

Nato a Santa Vittoria D'Alba, nel Roero Cuneese, il 14 ottobre del 1789, Carlo Giuseppe Bertero manifestò fin da ragazzino la sua grande passione per le piante. Papà Giuseppe e mamma Anna Maria Albrigo lo iscrissero però agli studi di filosofia, studi che il giovane intraprese ad Alba sotto la guida di Gardini, grande letterato dell'epoca. Il nipote dello stesso Gardini capì però la vera passione del ragazzo indirizzandolo verso il mondo medico e botanico, di cui egli stesso era rispettato esponente. Bertero si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università di Torino e nell'ateneo piemontese divenne amico di G. B. Balbis, stimato botanico del regno. Mantenendo fede alla propria vocazione, nel 1811 Bertero si laureò con una tesi sulle specie medicinali del Piemonte e nell'opera conclusiva della carriera di studi c'erano scritti i suoi anni futuri. Chiamato a coprire durante il regime napoleonico la carica di segretario del Jury de Médicine, il giovane scienziato seguì la strada di tutti gli appassionati napoleonici dell'epoca. 36

Trasferitosi a Pavia dopo la caduta del Bonaparte (il dottor Balbis era stato medico capo dell'armata napoleonica) Bertero rinunciò a prenderne il posto durante restaurazione, nel collegio medico dell'Università di Torino, per seguire il suo istinto di naturalista. Così iniziò la sua vita di escursioni e di grande amore per il mondo botanico. Risale a questi anni la nascita delI'Herbarium Pedemontanum, un catalogo minuzioso di tutte le specie botaniche della regione alpina, che avrebbe trovato la sua conclusione nel 1826 e che ancora oggi è vanto dell'ateneo italiano. Il 1816, in pieno vento di restaurazione monarchica, vide partire l'ex napoleonico alla volta dell'Europa. Bertero visitò gli erbari di Parigi e studiò approfonditamente la lingua spagnola e inglese. Deciso a intraprendere nuovi studi in terra americana, utilizzò la sua laurea in medicina per imbarcarsi come medico sulla nave “Guadalupe”, diretta alle Antille. Lo scienziato rierano si fermò per due anni a “Grand Terre de la Guadalupe”, esercitandovi il mestiere di medico e risparmiando i fondi necessari per intraprendere i suoi studi naturalistici. Oggetto dei suo i desideri scientifici era la flora tropicale e nelle Antille ebbe modo di placare la sua sete di sapere. Nel 1818 i giornali raccontano dei nuovi studi a Santo Tomàs (una delle isole delle PiccoleAntille), il 1819 lo vedrà invece a Portorico. Santo Domingo e Haiti invece saranno


ITALIANI NEL MONDO studiate negli anni 1820 e 1821. Placata temporaneamente la sua fama naturalistica, Carlo Giuseppe Bertero ritornò una prima volta in Piemonte, per continuare nelle terre natie le sue escursioni botaniche. Tra il 1821 e il 1826 il giovane scienziato ebbe modo di confrontare le sue intuizioni con quelle di altri luminari europei. Strinse soprattutto grande amicizia con il professor Candollé, che più tardi, battezzò una delle piante con il suo nome (oggi è infatti possibile trovare il genere delle “Berteroa” tra le Berteroa incana specie botaniche delle crucifere). Ma l’aria di casa non bastava all’infaticabile piemontese. Nel 1827 il botanico ripartì alla volta del Nuovo Mondo, con destinazione Cile, non prima di aver preso lezioni di pittura. Dopo una navigazione di 110 giorni raggiunse le coste cilene per iniziare uno straordinario lavoro scientifico, unito a quello illustrativo. In terra sudamericana l’italiano raccolse duemila esemplari di 300 specie diverse, tra le quali vi erano tante piante sconosciute. Bertero le classificò e formò una collezione che avrebbe trovato alloggio nei più grandi atenei d'Europa. Parte della collezione italiana fini a Ginevra, nell'erbario di Delessert ; il resto venne venduto e frazionato tra i vari istituti di Berlino, Kiev, Nancy, Leida, Torino e Montpellier. Altra tappa della permanenza americana di Bertero fu l'isola cilena di Fernandez. Egli vi si recò con l'amico botanico inglese Caldelough descrivendo e illustrando personalmente le piante che via via riusciva a scoprire.

Ne “El Mundo Cileno” egli presentò la sua fatica naturalistica iniziando una pubblicazione ordinata alfabeticamente. La “Lista Plantas que han sido observada en Chili por el doctor Bertero en 1828” arrivò alla lettera Q, interrompendosi a causa dei gravi disordini politici che dilaniarono il giovane paese sudamericano. Ma le amare vicende umane non erano nei pensieri prioritari dello studioso italiano. Nel 1830 Bertero si imbarcò

alla volta di Tahiti per approfondire le sue ricerche botaniche. Decise di tornare a Valparaiso nel 1831 e intraprese il suo ultimo viaggio verso il continente americano. La terra che tanto lo aveva affascinato dal punto di vista naturalistico, non la avrebbe mai più rivisto vivo. Carlo Giuseppe Bertero scomparve tra le onde del Pacifico in seguito a un naufragio e con gran parte della sua collezione vegetale. Giardino Botanico di Torino Del suo lavoro rimasero però varie tracce. Nella biblioteca dell'Orto botanico di Torino si trovano ancora oggi i suoi libri manoscritti considerati ancora testi sacri dello studio mondiale della botanica. Il nome Bertero è presente nelle 264 specie vegetali che ne portano il nome, nella firma delle sue opere e nella carica di socio onorario dell'Accade-mia delle Scienze, ma è nell'omaggio di un console americano che la memoria dell'italiano ha trovato il miglior tributo. A lui infatti l'amico Morenheutj console statunitense per le isole Oceaniche, pensò nello scegliere il nome per una delle isole dell'Arci-pelago degli Amici (le attuali isole Tonga) scolpendo il nome di Bertero nel grande libro della Geografia. 37


Milani realizza un'opera davvero attuale, vista anche l'imminente elezione del Capo dello Stato e il precario equilibrio parlamentari senza veri vincitori (a parte Grillo, ma per quanto tempo?) e vinti. Anzi, al di là della commedia, potrebbe non sorprendere che un giorno il nuovo Presidente della Repubblica possa essere un nome a caso, un Giuseppe Garibaldi qualunque, come l'ottimo Claudio Bisio protagonista, che si rivela un Capo dello Stato migliore dei vari parlamentari di professione che agognano la carica: Peppino Garibaldi è infatti un semplice bibliotecario con la passione per la pesca alla trota; vive in un pesino di montagna; è ottimista nonostante le accuse del figlio. Viene eletto per sbaglio al Quirinale a seguito di un mancato accordo tra i partiti, che, quasi a sfottò, cercano


un nome simbolico quanto ineleggibile, puntando quindi su quello di Giuseppe Garibaldi. Peppino si ritrova così catapultato dalla sua piccola realtà ai palazzi del potere, in un ruolo non suo. Si trova a disagio con il protocollo, con la vita pubblica. Ma egli ha qualcosa che gli altri non hanno: è una persona onesta e di buon senso. È l'emblema dell'uomo comune che entra nelle istituzioni e riconquista il Paese, restando lontano dai giochi di potere e dagli “intrighi di corte”.

Al di là della commedia, come detto, v'è un richiamo da parte del regista alla responsabilità civile, al non voler solo distruggere quanto c'è, ma a ricrearlo, a confrontarsi con i gravosi problemi e con compiti che forse possono sembrare non essere di competenza dell'uomo comune.

Con la sua pellicola e la sana buffoneria di Claudio Bisio, attore di grande e dimostrata intelligenza, “Benvenuto Presidente!” invita lo spettatore a intraprendere un percorso di rieducazione civica e civile. Nell'Italia di oggi ce n'è proprio bisogno. 39


Per quanto sia originario di alcune regioni dell'Asia centrale, l'aglio risulta coltivato nell'area del Mediterraneo da tempi assai remoti. Era ben conosciuto dagli antichi egizi, dai greci e dai romani, sia per l'inconfondibile e forte sapore aromatico sia per le spiccate proprietà curative, antisettiche e stimolanti, dovute alla presenza di un olio essenziale. Dalla specie originaria sono derivate le varietà orticole differenti per alcune caratteristiche vegetative e soprattutto per il colore degli spicchi, che in numero da 6 a 14 costituiscono il bulbo, detto comunemente testa. L'aroma più o meno intenso e gradevole dipende in gran parte anche da fattori climatici e di terreno. QUANDO SI RACCOGLIE I bulbi dell'aglio si raccolgono in estate, quando la vegetazione aerea si è ormai completamente seccata. COME SI COLTIVA L'aglio è una pianta di facilissima coltivazione e di buona resa, purché sia a pieno sole (a mezz'ombra la vegetazione intristisce) ed abbia terriccio sciolto, fertile (usate concime ricco di fosforo e potassio) e ben drenato, per evitare

ristagni d'acqua. Come abbiamo già detto, per ottenere con facilità delle piante di aglio dovrete mettere a dimora i bulbilli ben distanziati fra loro e con l'apice rivolto verso l'alto, da novembre a marzo, a seconda della mitezza del vostro clima, per avere il raccolto nell'autunno successivo; evitate di effettuare la semina che, se non fatta da professionisti, rischia di dare poche soddisfazioni. Annaffiate senza eccedere nella stagione asciutta ed evitate il più possibile i ristagni d'acqua che possono provocare il marciume del bulbo. In primavera fate attenzione agli afidi che possono infestare le piante. D'estate, man mano che appaiono, eliminate gli steli fiorali per favorire l'ingrossamento dei bulbi, cioè le cosiddette teste d'aglio.


COME SI PREPARA PER LA CONSERVAZIONE Le teste si conservano senza precauzioni e si mantengono fino alla successiva raccolta.

COME CURA DELLA PRESSIONE ALTA Uno spicchio d'aglio pestato e fatto cuocere per cinque minuti in un quarto di acqua calda. Filtrare e berne metà al mattino, metà alla sera. NEI DISTURBI DA MENOPAUSA tre spicchi tagliati a fettine e messi a macerare in 200 g di buona grappa. Berne un cucchiaio a digiuno. PER I VERMI DEI BAMBINI uno spicchio schiacciato e fatto bollire per 3 minuti in un quarto di latte. Va bevuto in giornata eventualmente addolcito con un cucchiaino di miele.

UN RIMEDIO CONTRO I CALLI Ungere il dito con olio di ricino: applicarvi uno spicchio tagliato a metà e fasciare. Tenere tutta la notte. È bene ripetere l'operazione sino all'eliminazione completa del callo. UN BAGNO RILASSANTE Pestare in un mortaio 2 spicchi d'aglio, aggiungere un cucchiaio di rosmarino, uno di salvia ed uno di alloro. Bollire in un litro d'acqua per 5 minuti. Filtrare e versare nell'acqua della vasca. UN BUON ACETO DA CONSERVARE CON CURA Mettete a macerare in 1 litro di aceto 3 spicchi d'aglio pestati, due chiodi di garofano, un pezzetto di cannella, un cucchiaino di dragoncello. Filtrare dopo otto giorni. Da usare per insalate aromatiche.


Forse il ristorante non sarà mai un'alternativa al medico o allo psicologo, ma la sfida di sostenere l'anima nelle sue battaglie quotidiana è una partita che l'enogastronomia non può rifiutare di giocare. Mario Pedrazza ispira il suo locale alla filosofia del colore, del buon umore e della sperimentazione di piatti che possano assegnare alla cucina e all'esperienza del mangiar fuori casa nuovi significati e nuovi scopi. I suoi piatti vengono sovente accompagnati da eventi musicali live e karaoke, perché anche il canto ha effetti sorprendentemente benefici per lo spirito. Signor Pedrazza, nel suo menù compare un piatto, le code di gambero al cocco, che stimola l'umore e la curiosità solo a immaginarlo. Si, è un piatto che ho conosciuto attraverso mia cognata, di nazionalità messicana. Il cocco contribuisce al senso di felicità attraverso una particolare tipologia di grassi che influiscono sul nostro umore. Ho rielaborato e personalizzato la ricetta di questa ricetta, di origine caraibica, aggiungendo una salsa a base di miele, marmellata, panna, cognac e senape in cui intingere la coda di gambero. Il miele contiene infatti quercetina, una sostanza che aiuta nella prevenzione della depressione.


Recentemente, nell'ambito di una manifestazione locale, ha elaborato anche un risotto al cioccolato, di cui le proprietà anti depressive sono note. Perché ha scelto di abbinarlo proprio al risotto?

Perché il risotto è un piatto che amo particolarmente: richiede cura, attenzione e affetto da parte dello chef, e quindi si sposa perfettamente alla filosofia del cibo antidepressivo. In caso contrario, se abbandonato a sé stesso, non esprimerà mai tutte le sue potenzialità. La ricetta che ho elaborato si basa su una mantecatura a fuoco spento. Le scaglie di cioccolato fondente sono accompagnate da grana padano - più delicato del parmigiano - ananas, burro, panna e cognac. La spumatura ideale è fatta con lo spumante, che esalta l'aroma e la fragranza del piatto. Tra i cibi antidepressivi spiccano le bietole, gli asparagi, le uova e le patate blu, un prodotto di nicchia originario del Perù e adattatosi ottimamente alla regione del Piave. Pare che la cucina ligure possa dire la sua sul palcoscenico di questa gastronomia ispirata alla ricerca del buon umore.

Indubbiamente. Gli asparagi, le bietole e le uova possono sposarsi in una reinterpretazione della tipica torta pasqualina, dove sulle sfoglie di pasta matta si dispongono a strati il ripieno di uova, ricotta, parmigiano, bietole, maggiorana e carciofi.Alle patate la tradizione ligure appenninica dedica una ricetta simile, la torta baciocca, a base di pasta matta e un ripieno di patate, funghi secchi saltati in olio e rosmarino, reidratato da una pastella a base di latte, parmigiano, farina e pepe bianco. Rimane solo da consigliare i lettori su come cucinare le cozze, ricche di vitamina B12, di selenio, di iodio, di proteine e di zinco.


Con le cozze preferisco rimanere nella sfera della tradizione e della semplicità più spinte. Le adoro cucinate alla marinara, con aglio, olio e una foglia d'alloro, bagnate con vino bianco e cosparse di prezzemolo. Come può questa cucina, non priva di forte originalità, riuscire a fare breccia in uno scenario tradizionalista come il mercato italiano? Serve certamente coraggio da parte di noi chef, e serve la capacità di accompagnare il piatto a una comunicazione basata sulla relazione e sul dialogo col cliente. Oggi le nuove tecnologie ci agevolano in questa sfida, che può essere vinta.


All'arrivo della stagione pi첫 calda le zecche sono nuovamente in agguato, in attesa delle loro vittime. Un efficace composto omeopatico allontana il pericolo delle malattie causate dalle punture delle zecche.

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