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l’altraitalia
l’altraitalia
numero 18 - marzo 2010
Fr. 2.80 Euro 1.80
la voce e l’immagine degli italiani nel mondo
PSICOLOGIA
Depressione stagionale ITALIANI NEL MONDO
CULTURA
Caso Di Girolamo
Albert Cossery
www.laltraitalia.eu
l’altraitalia SOMMARIO
RACCONTI Telefono
3
SOCIETÀ 24 8 marzo 28 La democrazia dei bulletti 34 Processo Eternit
ITALIANI NEL MONDO Caso Di Girolamo
TURISMO 4
30 Dormire in maniera diversa
CULTURA La nazione italiana I sentieri degli angeli 4a puntata Albert Cossery
PSICOLOGIA 6 18 26
MODA ... good saved Mc Quin
37
ENOGASTRONOMIA 12
FRECCIATINE Cattivi, cattivi, cattivi
38 Lenticchie 40 Mettiamoci a tavola
BENESSERE E SALUTE 16
42 Primavera odorosa
21 23
44 Il segno del mese
CINEMA Alice in wonderland Cineturismo
CHIARAMENTE NO
10
POLITICA Parlamentari all’estero Si o No
32 Depressione stagionale
ASTROLOGIA
l’altraitalia Editore l'altraitalia Postfach CH 8965 Wald (ZH) info@laltraitalia.eu www.laltraitalia.eu Direttore Responsabile Maria Bernasconi
di Maria C. Bernasconi
Co-Direttore Gianni Lorenzo Lercari
I fatti sono sotto i nostri occhi
Direttore di Redazione Rossana Paola Seghezzi
Sono in tanti, in Italia, a lanciare grida di allarme per ciò che sta accadendo a livello politico. Anche dall'estero assistiamo, impotenti e sconcertati, ai fenomeni di degrado della politica italiana.
Collaboratori Giovanni il Battista Paola Carcano Umberto Fantauzzo Manuel Figliolini Simona Guidicelli Christian Lombardi Marco Minoletti Chiara Morassut Armando Rotondi Christian Testori Paola Zorzi
Quello che rimane della politica si divide pro e contro Berlusconi: nessun progetto per il futuro, nessuna alternativa, nessuna proposta concreta. La maggior parte dei nostri politici si preoccupano solamente di mantenere o prendere il potere per pura convenienza personale. Nessuno a destra o a sinistra sembra mosso da una reale voglia di fare il bene della nazione. Sinistra e destra fingono di farsi la guerra ma poi, in separata sede, stringono alleanze; in pubblico, davanti alle telecamere litigano, sbraitano, si insultano, ma poi di notte, per sopravvivere a se stessi, si mettono d'accordo, trovano compromessi, si spartiscono le poltrone.
Foto rsp futura sagl
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Webmaster Alfredo Panzera
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Pubblicità info@laltraitalia.eu
Dicono di voler combattere la mafia, la N'dragheta, la malavita organizzata, ma poi all'interno dei partiti vige l'omertà nei confronti di chi commette reati. Discutono, oramai da più di vent'anni, di riforme, ma non le fanno! L'Italia è un Paese malato. E la sua è una malattia morale. È un Paese in crisi, senza certezze, in cui tutti sono contro la politica ma nessuno rinuncia ai privilegi ed al piccolo potere che gli deriva dalla sua piccola o grande corporazione. Un Paese dove si guarda al lassismo, all'irresponsabilità, all'allegra gestione quasi con un occhio benevolo perchè “c'è di peggio”. È un Paese che vaga ancora fra le macerie della Prima Repubblica, ma non trova la soluzione per ricostruire. Nella nostra penisola la legalità è diventata paradossalmente illegale. Il declino del nostro Paese appare certo e molto grave. Ma di chi è la colpa? Dei politici, dicono i cittadini italiani. E se la colpa fosse anche, in parte, dei cittadini italiani? Non c'è stato, e non c'è, forse poco interesse alle questioni sociali o politiche del nostro Paese, alle strategie di nuovi sviluppi o cambiamenti, poca partecipazione ai miglioramenti e alle riforme? Forse, così facendo, si è data la possibilità ai politici di ergersi a padroni del Paese, senza contropoteri, senza obbligo di rendiconti o di rispetto dei programmi che erano stati presentati in campagna elettorale ... ! E se provassimo a voltare pagina davvero, una volta per sempre, in questo nostro Bel Paese? E se si provasse a parlare di nuovo alla gente per darsi nuove regole democratiche condivise e garantite da riforme serie? Nella classe politica, a sinistra come a destra, ci sono diverse personalità di prim'ordine, rette e oneste, che patiscono ingiustamente del discredito in cui è caduta la politica. Nessuno di loro, singolarmente, può fare niente per risolvere questo stato di cose. Ma se costoro facessero coalizione, si sedessero attorno ad un tavolo e seriamente cercassero di capire cosa si può fare per migliorare questo stato di avanzato degrado che, oramai, è sotto gli occhi di tutti ... ? ... l’altraitalia 2
di Paola Carcano
RACCONTI
esaltante risposta alle mie angosce, mi guarderà muto e stronzo ricordandomi con il suo silenzio quanto sono sfigato. Ed ecco il colpo di grazia, mia madre. “Ma come, non esci? Perché non vai un po’ al cinema o a qualche festa? Comunque forse è meglio così: non te lo meriti dal momento che l’ultima pagella faceva letteralmente pietà”. E via con la tiritera dello studio, della vita e di queste cazzate che ormai conosco a memoria. Basta, stop, mi hai rotto, vai via, lasciami stare. Magari se le dicessi così e … invece mi sparo un’ora di predica che mi tira su il morale di brutto. Ed ecco, di colpo, il miracolo si compie. Lui suona, lui squilla. Lui forse può cambiare il mio destino, la mia vita. E se non fosse per me? E se fosse solo qualcuno che vuole parlare con mia madre? No, non può essere, sarebbe raccapricciante. Non voglio rispondere, non voglio che si capisca che ero di fianco al telefono in trepidante attesa, risponderà mia madre e poi mi chiamerà. Anche oggi la scuola è finita prima di quanto volessi, addirittura oggi è finita la settimana. Ora, davanti ai miei occhi, si stende un lungo weekend. Questa sera la classe si troverà a casa di un mio compagno a festeggiare il suo compleanno, ma io non sono stato invitato. Fingo che non mi interessi questa esclusione, ma come al solito sto mentendo a me stesso. La realtà è che mi brucia da morire pensare a tutti i miei compagni che si divertono chiacchierando, mangiucchiando, pomiciando, fumando, ballando in una calda ed accogliente sala, mentre io rimango a casa a rimuginare. Vorrei uscire, andare al cinema, o a mangiare fuori qualcosa; i soldi li ho, la voglia ce l’ho, e allora perché sono ancora a casa che piagnucolo? La verità è che io non so con chi uscire. Mi avvicino molte volte al telefono, sfoglio innumerevoli volte la mia agendina fornitissima, ma non chiamo nessuno. Ma poi quale agendina fornitissima: è piena di numeri inutili e finti: assicurazione, meccanico, pizzeria, nonno e nonna, i classici indirizzi che riempiono le pagine e gli occhi, ma che non servono niente. Quei pochi numeri interessanti mi fanno ansia: questo qui non lo conosco per niente, quest’altro sarà sicuramente alla festa, quest’altro mi ha promesso che mi avrebbe telefonato dopo che l’ho supplicato (che figura di merda) ed il mio compagno di asilo lo escludo. Mi siedo rodendomi alla scrivania. Brutta bestia il telefono: può essere lo strumento attraverso cui uno si rende conto di essere super richiesto, ma per me è un carnefice. Non suonerà mai, non mi darà nessuna
Lui squilla, squilla ancora, mamma rispondi squilla di nuovo, mamma rispondi, squilla più forte e poi non squilla più. Ecco, mia madre ha risposto, dice di aspettare un momento, adesso te lo chiamo, mi sta per chiamare, mi chiama. Invece non mi chiama. Cavolo era per lei, sono distrutto, è finita, era per lei. “ Ma come non hai risposto?” “Io non potevo, avevo le mani sporche” , candidamente risponde. Adesso è il dramma. Mi avevano chiamato, mi avevano cercato per propormi qualcosa di sicuramente incredibile, un casino di fighe, un casino di fumo, un casino di gente, e invece non ho risposto. Non richiameranno mai, le grandi occasioni non bussano mai due volte. Suona. Sono già lì. Stavolta non mi puoi sfuggire, sei al primo squillo e ho già la mano sulla cornetta. Adesso giustamente faccio il figo e aspetto. Non rispondo subito, lascio che lo squillo successivo mi attraversi con un brivido, sto godendo. Stacco la cornetta e me la avvicino all’orecchio, è il mio momento, sono un dio. “PRONTO”. Sento il mio interlocutore che prende il respiro per parlare, e a quel respiro attacco tutta la mia angoscia. “Sono Guglielmo, ciao, volevo chiederti i compiti che hanno dato oggi a scuola perché io ero malato”. BAM, un calcio nei… Classico sabato pomeriggio, io seduto sul divano che stringo in mano lo strumento delle mie masturbazioni mentali. Con l’odore del ferro da stiro di mia madre nel naso, cerco di annegare il pianto che ho dentro con l’IPod.
... l’altraitalia 3
dalla Redazione
ITALIANI NEL MONDO
Caso di Girolamo Dalla Germania lettera aperta degli italiani al Presidente del Consiglio Berlusconi
“Presidente chiediamo chiarimenti sulla vicenda” “Signor Presidente del Consiglio, con costernazione abbiamo appreso che sussistono pesanti indizi che Nicola Di Girolamo, candidato nella lista del "Popolo della Libertà" nella circoscrizione degli italiani all'estero e ora dimessosi dalla carica di senatore, sia un emissario della 'ndragheta calabrese e che personaggi appartenenti alla 'ndragheta siano venuti in possesso di schede bianche di italiani residenti in Germania per inserirvi il nome di Di Girolamo e assicurarsi così la sua "elezione"”.
Lo affermano in una lettera aperta alcuni esponenti della comunità italiana in Germania inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri Berlusconi sugli avvenimenti che hanno portato all'elezione di Nicola Di Girolamo a rappresentante per il Senato nelle fila della PdL degli italiani all'estero nella Circoscrizione -in Europa.
Affermano nella lettera/appello pubblicata sul sito www.aussorgeumitalien.de unitamente a un formulario per la raccolta delle adesioni. "Signor Presidente del Consiglio, prosegue la lettera, ci aspettiamo che Lei chiarisca con urgenza: - come sia stato possibile che un personaggio come Nicola Di Girolamo venisse a far parte delle liste del "Popolo della Libertà" nella circoscrizione degli italiani all' estero, - e quali misure Lei intende prendere per evitare il ripetersi di simili fatti in futuro. Inoltre ci aspettiamo che Lei dia il Suo pieno appoggio alle autorità giudiziarie nello svolgimento delle indagini, per appurare se e in qual modo Di Girolamo e i suoi mandanti si siano appropriati di schede bianche di emigrati italiani per realizzare un massiccio broglio elettorale. Se il sospetto di broglio elettorale dovesse confermarsi chiediamo: - che il PdL rinunci ad avvantaggiarsi di voti ottenuti in modo illecito e lasci vacante il seggio già di Di Girolamo, e -che Lei esprima pubblicamente alle autorità giudiziarie il Suo riconoscimento per aver messo luce sul fatto. Come cittadini italiani residenti in Germania crediamo sia nostro diritto ricevere al più presto una risposta alla nostra lettera e alle richieste da noi poste. www.aussorgeumitalien.de
"Noi, cittadini italiani residenti in Germania, riteniamo che sia un nostro fondamentale diritto poter partecipare alle elezioni politiche nel nostro Paese. Abbiamo perciò accolto con soddisfazione la possibilità di poter finalmente realizzare questo diritto tramite le rappresentanze consolari. Un broglio elettorale come quello che pare sia stato effettuato nel caso di Di Girolamo costituisce non solo un atto criminale, ma anche un massiccio affronto ai cittadini italiani che risiedono all' estero e si sentono legati all' Italia, e una lesione dei nostri diritti. Finora infatti eravamo partiti dal presupposto che le elezioni a cui partecipiamo all'estero si svolgessero correttamente e democraticamente. Siamo perciò sconvolti e indignati, che si vada concretizzando il sospetto che il voto di italiani all'estero sia stato usato per aprire alla mafia calabrese le porte del Senato, uno degli organi legislativi del nostro Paese” ... l’altraitalia 4
Nicola Di Girolamo
di Maria Bernasconi
ITALIANI NEL MONDO
Di Girolamo: casta, amnesia e voto all'estero Ci voleva un caso così eclatante, come quello del senatore Nicola Di Girolamo, accusato di essere coinvolto nello scandalo Fastweb, di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illeciti, nonché di violazione della legge elettorale con l’aggravante mafiosa, a riportare in luce il vecchio problema della casta che protegge se stessa. Eh si, perchè il 25 settembre 2008 il Senato ha respinto, con 204 voti a favore, 43 contrari e un astenuto, la richiesta di arresti domiciliari per il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo. Eletto nella circoscrizione Europa, Di Girolamo era accusato dalla Procura di Roma di aver falsamente dichiarato la propria residenza in Belgio così da potersi candidare nel collegio estero. Il Gip del Tribunale di Roma, Figliola, aveva emanato, prima dell'estate dello stesso anno, un'ordinanza di custodia domiciliare su cui già la Giunta per le immunità aveva espresso parere negativo il 24 giugno. La giunta del Senato che presiedette l’analisi del caso decise, quasi all’unanimità, di respingere la richiesta del giudice: solo un senatore dell’IDV votò a favore. Secondo la giunta, infatti, il reato non sarebbe stato abbastanza grave da giustificare il venir meno dell’integrità dell’organo parlamentare. La decisione della Giunta delle Elezioni del Senato doveva essere confermata o respinta. Invece, con un espediente procedurale, non venne ne approvata ne respinta, ma venne sospesa, permettendo così a Di Girolamo di appropriarsi del titolo, delle funzioni e dello stipendio mensile di senatore. In un luogo come il Parlamento, ove si suppone che i suoi componenti dovrebbero essere persone integerrime, ove moralità e legalità dovrebbero essere elementi basilari, si permette invece ai delinquenti di rimanere impuniti. Evidentemente, partendo dal probabile ragionamento dei parlamentari “oggi tocca a te, domani può toccare a me”, l'unica via percorribile era quella di salvare il senatore in questione. Ora, confrontati con la gravità delle accuse nei confronti del senatore, la casta è stata inspiegabilmente colpita da amnesia collettiva: nessuno ricorda più il recente passato! Costretti a prendere posizione, i grandi della politica decidono all'unamità che la miglior via è quella di puntare il dito contro il voto all'estero, per deviare l'attenzione, per evitare che si guardi a quella parte malata e corrotta di chi ci rappresenta. Si grida allora allo scandalo del sistema elettorale all'estero, si insiste su questo malefico bubbone che va eliminato al più presto. Dimenticano i nostri grandi politici che da tempo, in molti, moltissimi, chiedevano di modificare la legge
elettorale per gli italiani all'estero? Nessuno se n'era mai occupato! Ma ecco sopraggiungere, inaspettatamente?, il caso Di Girolamo, utilissimo pretesto per dire che questi eletti all'estero non sono adeguati, non vivono in Italia e, soprattutto, non pagano le tasse in Italia! Dunque aboliamo il voto all'estero, è la cosa più semplice da fare. D'altronde, cosa ci si può aspettare da un Governo che sta, con tutti i mezzi a sua disposizione, elimando ogni tipo di rapporto con gli italiani all'estero? Tagli a destra e a manca sui fondi destinati agli italiani all'estero stanno gravemente mutilando le varie strutture, istituzioni ed enti operanti all'estero portandoli alla naturale, totale scomparsa. E come se non bastasse ora dimezzano anche i già esigui contributi destinati alla stampa italiana all'estero: non abbiamo nemmeno più diritto all'informazione! Ma, fortunatamente, la stampa italiana esiste ancora e dalla stessa apprendiamo che, nel bel mezzo delle bufere giudiziarie che si scatenano giorno dopo giorno e che portano alla luce fatti gravissimi di corruzione e di criminalità, c'è chi si scaglia contro le intercettazioni telefoniche che permettono (maledizione!) di portare alla luce proprio questi fatti criminosi. Per distrarci ulteriormente ci informano, pubblicando tanto di foto, anche della candidatura di una bellissima Nicole Minetti nel listino blindato della Regione Lombardia, igienista dentale che il Cavaliere ha conosciuto durante la sua ultima permanenza all'ospedale San Raffaele di Milano nonché ex ballerina di varie trasmissioni televisive e, inutile dirlo, senza nessuna esperienza politica. Sono degli specialisti questi nostri politici nel tentare di trovare la giusta formula per fuorviare la nostra attenzione dal sistema corrotto: ma tutto è vano perchè la corruzione italiana non può sfuggire all'osservazione. Lo sappiamo anche noi italiani all'estero: sarà questo il motivo per cui vogliono punirci?
... l’altraitalia 5
di Umberto Fantauzzo
CULTURA
La nazione italiana politicamente un’entità unitaria, ma economicamente realtà binaria
Palazzo Reale di Napoli (Litografia esposta all’Istituto della storia del Risorgimento - Roma)
La nostra penisola nel corso della sua cronologia millenaria compresa tra lo sfacelo dell'Impero Romano e la seconda metà del XIX secolo barbaricamente invasa da più disparati colonizzatori europei, non conobbe unità nazionale non avendo ricoperto europeisticamente rilevanza politica adeguata; conformemente all'affermazione “La penisola italiana costituisce una mera espressione geografica”, proferita nell 1815 dal cancelliere austriaco Metternich in sede del Congresso di Vienna, convocato dal medesimo nel 1815 nel tentativo di rendere possibile un riassetto geopolitico del vecchio continente dopo il caos causato da Napoleone. Nel corso del Congresso pluriennale l'artefice Metternich concepiva un'astuta strategia di politica europea compatibile con l'avidità coloniale delle maggiori potenze a garanzia di un lungo periodo di pace su tutti i territori d'Europa, dopo lo sconvolgimento territoriale-politico operato dal noto condottiero corso.
Nel suo famigerato “statement”, precedentemente menzionato, l'austriaco Metternich implicando intenzionalmente l'inconsistenza politica della penisola mediterranea, riteneva la medesima spregiativamente indegna di definizione nazionale e conseguentemente il suo suolo diveniva territorio propizio per ulteriori scorribande colonialistiche. A seguito delle decisioni ed accordi stabiliti al termine del Congresso di Vienna, dopo un logorante lavoro di diplomazia politica, abilmente ordita dall'astuto Metternich, la possibilità di un'ipotetica nazione italiana territorialmente unita, svaniva irreversibilmente in una visione eterea vagheggiata nel romantico anelito patriottico di arditi assertori dell'unità d'Italia. Numerosi sono stati gli uomini di nobiltà di spirito che per amor patrio deliberatamente affrontavano le sofferenze di un amaro esilio, di un duro carcere o di una morte barbara.
... l’altraitalia 6
vicissitudini politiche che la Penisola ha dovuto subire, determinando in tal modo un dualismo economico che in un continuo crescendo ha intralciato, in maniera culturalmente deleteria, l'evoluzione storica della penisola da renderne impossibile l'unificazione politico-territoriale fino alla seconda metà del XIX. La Penisola Italiana, per la sua posizione geograficamente privilegiata nell'interno del Mediterraneo, era divenuta sin dai primi albori della storia dell'umanità una meta ambita offrendo ai molteplici colonizzatori enormi benefici commerciali, strategici ed economici. Nel tardo Medioevo fino al congresso di Vienna 1815, la Penisola venne gestita dai potenti europei, in una perenne contesa tra Spagna, Francia, Austria e non per ultimo il Vaticano, i quali per i loro egoistici interessi di potere coloniale, non solo si erano spartiti le trance territoriali strategicamente più rilevanti, ma anche per la loro tranquillità politico-militare, acconsentivano ad ulteriori frazionamenti territoriali, da rendere impossibile la formazione di una nazione unica. Nel novero delle potenze straniere più accanite nel negare alla potenziale “Italia” il diritto di un'indipendenza ed unità politica va inserito lo stato Vaticano, che fu il più acerrimo oppositore dell'Unità nazionale ed al diritto “italiano” di eleggere l'“Urbe” a capitale di un ipotetico stato nazionale; ma fu anche uno dei peggiori sfruttatori fiscali del territorio di sua competenza politica, l'intera Italia centrale.
Il Cancelliere austriaco Wenzel von Metternich
Uno dei più illustri patrioti che l'intera nazione dovrebbe onorare perennemente nella sua memoria storica, fu l'ideatore della lingua italiana Dante Alighieri, il quale, in virtù della sua maestosa opera “La Divina Commedia” l'idioma fiorentino fu elevato ad importanza nazionale tra i diversi dialetti, primo consapevole pronunciamento culturale di dimensione nazionale come essenziale premessa linguistica, indispensabile per un conscio inizio di un processo storico di unità nazionale. Nel medesimo momento storico in cui il cultore fiorentino, profondamente amareggiato per l'impossibilità politica del tempo di un'edificazione nazionale della sua tanto amata patria, in un sublime slancio poetico, per il tramite di una maestosa terzina del suo poema, con finezza retorica raffigurava l'Italia “ in una nave senza nocchiero in gran tempesta”, a Palermo regnava sovrano su tutta la Mitteleuropa l'imperatore Federico II von Staufen, sede siciliana che il medesimo aveva prediletto ad Aquisgrana ex capitale del suo impero, in quanto entusiasticamente folgorato per la peculiarità della “Conca d`Oro”. Durante l'interregno siciliano dell'imperatore “Svevo”, il medesimo per la sua illuminata e sensibile politica emise “l`Editto di Montefeltro” che contemplava politicamente per la prima volta la possibilità politica di unità nazionale di una minima durata di appena tre giorni; subito dopo la nazione precipitò nuovamente nel consueto frazionamento territoriale. Nell'intermezzo storico intercorso tra il Milleduecento e il Milleottocento, ingenti sono state le
A tal uopo possiamo riportare a titolo di testimonianza lo sciopero del sale dei panettieri perugini e toscani nel XVIII secolo. Momento che diede origine al fenomeno del “pane senza sale” in quei territori. Anche nel campo letterario, in tale contesto, un'ulteriore testimonianza da parte di Ignazio Silone “Fontamara”, una denominazione metaforica a voler significare fonte amara, in quanto l'acqua neccessaria all'irrigazione dei campi dei famigerati “miei poveri cafoni” dell'Abruzzo veniva gestita con metodi mafiosi da parte dei gabellieri del Papa di origine marchigiana. In tal modo, non di certo, il vasto territorio dello Stato Vaticano veniva gestito ispirandosi alla “Caritas” cristiana. Come di già menzionato nella parte introduttiva del saggio, il dualismo economico e civile tra Settentrione e Meridione fu casualmente determinato dalla diversità dei criteri di gestione politica da parte delle potenze di occupazione. L'Impero Austro-ungarico, uno Stato economicamente dinamico e moderno, che con criteri di cultura economica mitteleuropea consentì all'intero territorio di sua competenza una fiorente attività economica ed industriale. Infatti l'attuale ambito geografico del Nord-Est a seguito di tale amministrazione intelligente ne risente positivamente ancora oggi, tra cui il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia ed il Trentino Alto Adige (quest'ultimo per ovvia obiettività storica potrebbe costituire un elemento di dibattito teorico-politico concernente la legittimità di appartenenza nazionale o all'odierna Austria o all'Italia, rappresentando il “Südtirol” un'entità culturale germanofona). Agli antipodi di un'illuminata ed efficiente gestione coloniale di matrice Autro-ungarica si posiziona una becera amministrazione politica dei Borboni, di genesi spagnola, nel Regno delle due Sicilie, territorio
... l’altraitalia 7
comprendente l'intero Sud nell`ordine delle attuali regioni: Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania e Puglia; dove i governanti responsabili con “forma mentis” medievale di amministrazione politico-economica, a totale detrimento della sudditanza agricolo-contadina ridotta al minimo esistenziale nelle più misere condizioni di povertà, ignoranza ed analfabetismo, favoriva l'affermazione del “Baronato”, una classe sociale politicamente privilegiata e con effetto stabilizzante per il potere partenopeo.
nuova società politica sulla base del rispetto dei diritti umani e di una etica di gestione della “Res publica”. Al movimento risorgimentale contribuirono culturalmente intellettuali, liberali, musicisti, giornalisti, scrittori e massoni, e socialmente l'alta borghesia come professionisti, industriali e commercianti e non per ultimo la nobiltà dell'intera Italia Settentrionale. La classe operaia italiana rimase assente alla causa nazionale, non disponendo ancora di una maturità storica tale da conferirle un'omogenea identità sociale.
Una potenza storicamente determinante, non solo nel senso della specificità tematica del titolo dell'articolo, ma essenzialmente per il ruolo attivo che avrebbe in un prossimo futuro, è rappresentato dal Regno Sabaudo. La monarchia dei Savoia si distinse non unicamente per una politica economica, dinamica e moderna, ma essenzialmente per la nobile missione prefissasi, in un precesso di autolegittimazione, ergendosi a protagonista dell'unità nazionale d'Italia.
I proletari italiani dell'epoca versavano ancora in misere condizioni esistenziali e culturali tali, dal renderli avulsi da qualsiasi entusiasmo partecipativo a funzione culturale di ordine filosoficamente sovrastrutturale (Karl Marx). La classe proletaria si desterà dal suo letargo sociale più in avanti, al termine del 19esimo secolo con la costituzione dei primi nuclei sindacali e la formazione del Partito dei Lavoratori (che diverrà Partito socialista) che Turati fondò nel 1892.
Dante Alighieri (Vetrata ottocentesca del Museo Poldi Pezzoli di Milano)
Ovviamente la classe operaia dopo essersi politicamente e sindacalmente costituita, offrì un costruttivo contributo alla nuova Patria consentendo l'innescamento di una dinamica di base per una maggiore realizzazione di giustizia e solidarietà sociale. Il processo di armonizzazione culturale ed economica della nuova Italia nella sua dimensione di latitudine, a causa dell'enorme “gap” ultrasecolare Nord e Sud in tutti gli ambiti della collettività italiana; fu quasi impossibile e i tanti nobili ideali risorgimentali rimasero disattesi con una profonda amarezza e delusione da parte di tutti gli intelletuali sostenitori. L'insoddisfazione della situazione sociale principalmente al Sud, ex territorio delle due Sicilie dove non esistevano ancora infrastrutture di comunicazione e di trasporto, scolastiche, culturali e fiscali, fu causata dall'incapacità di un'amministrazione sabauda totalmente ignara della natura delle problematiche di un economia monostrutturale di matrice agraria, che caratterizzava tutto il meridione, con conseguenti effetti di povertà, ignoranza e analfabetismo. Le autorità centrali piemontesi vollero imporsi autoritariamente realizzando una distribuzione capillare della “Benemerita” garantendo così la presenza dei carabinieri in tutte le microcomunità meridionali e dei suoi gabellieri piemontesi agli ordini della burocrazia militare e fiscale torinesi.
La nazione italiana, politicamente un'entità unitaria, ma economicamente realtà binaria L'unificazione territoriale della costituenda Italia nel 1861, fu supportata da un forte movimento culturale, che conformemente al suo obiettivo di vedere un'Italia politicamente sovrana e unita, fu denominato Risorgimento, ispirandosi ad ideali di libertà, uguaglianza e laicità, peculiarità illuministiche che contemplavano una
L'impresa di coordinamento sociale, culturale e amministrativo fu un fallimento totale, e sopratutto al Sud sollecitò una controreazione antisabauda “Il fenomeno della latitanza” determinando così l'insorgenza di prime cellule storiche di organizzazioni che in un mediato futuro sfociano in forme organizzative malavitose come mafia in Sicilia, la N`drangheta in Calabria, la camorra a Napoli e la Sacra Corona Unita in Puglia: regioni che costituivano l'intera territorialità del potere borbonico. Tutti i governi che si succedettero non furono in grado di migliorare al minimo la situazione della divaricazione nazionale. La prima guerra mondiale 1914-18 per aver inferto un ulteriore deterioramento, accentuava il dualismo di realtà nazionale: un Sud arretrato ed un Nord evoluto.
... l’altraitalia 8
La situazione degenerò enormemente a causa della medesima guerra avendo questa causato fenomeno di odio di matrice razzista tra Nord (pulentun) e Sud (terrun).
Nel conflitto bellico della “Grande Guerra” perirono centinaia di migliaia di soldati meridionali inviati al fronte come carne da macello, al comando di un arrogante ed incompetente ufficialato piemontese. Tale carneficina di giovani e giovanissimi meridionali, che a motivo della loro provenienza dalla “Bassa Italia”, divennero povere vittime umane, ignare dell'esistenza geografica del territorio e del significato del correlato fenomeno dell'irredentismo, consistente nell'annessione nazionale dei territori Nordorientali della penisola non ancora liberati nelle tre precedenti guerre d'Indipendenza come il Trentino Alto Adige, il Friuli e parte del Piemonte. Il regime fascista gestito da un “Duce” velleitario di potere politicamente arrogante, incolto, rude ed incapace, e da funzionari di stato arroganti, incompetenti, bestialmente crudeli e disonesti, ovviamente non poteva contribuire a lenire la drammaticità della divisione dicotoma dell'Italia Nord-Sud. Tale nefasta amministrazione fascista, distraendo l'attenzione pubblica dalle reali cause socialmente patogene della nazione canalizzando l'ambizione in un progetto faraonico di colonizzazione imperiale dell'Africa centro-orientale, diedero inizio ai preparativi militari per la tanta auspicata seconda guerra mondiale, inducendo in tal modo l'intera nazione allo sfacelo totale.
suo ruolo di saggio politico tutti coloro che il medesimo coerentemente definisce “detrattori dell'Unità d'Italia”, intendendo sollecitare costoro ad uno “stop morale” per la loro becera oratoria e mediocre cultura ed incompetenza politica. Il capo dello stato proseguendo nel suo intervento stigmatizza negativamente “i giudizi sommari ed i pregiudizi volgari che negano un processo storico delle radici profonde; sono bilanci approssimativi e tendenziosi di stampo liquidatorio, del lungo cammino dopo il cruciale Marzo 1861”. Per il presidente della Repubblica “il più grave motivo che insidia la nostra unità nazionale è il divario e lo squilibrio tra Nord e Sud”. A conclusione della sua visita all'Accademia dei Licei, il presidente ha voluto lanciare un appello di solidarietà etica per una maggiore omogenea coesione nazionale a tutti i cittadini e ai responsabili politici con il seguente monito “affrontare nei suoi termini la questione meridionale è un dovere della comunità nazionale ed un intelligente interesse comune per garantire all'Italia il più alto livello di sviluppo e di competitività; non c'è alternativa al crescere di più e meglio insieme. Nel suo recentissimo impegno il presidente Giorgio Napolitano rivela una profonda compressione politica della crisi storico-morale che l'unità e la solidarietà nazionale stanno attraversando in una fase culturalmente letale: epoca di oscurantismo berlusconiano, in cui i principali protagonisti di una patogena commedia dell'arte di pessimo gusto ripetutamente recitano ad alta voce nel consueto autocelebrativo e ristretto registro lessicale il loro tedioso ruolo, insistendo sulla leggittimità dell'immorale posizione politica di loro pertinenza che si snoda unicamente in un perenne vilipendio per la costituzione e le relative istituzioni della Repubblica Italiana con la velleitaria celata pretesa di voler e poter gestire l'Italia in un'incultura di padronismo su apparente incarico divino e considerare la nazione di loro esclusiva appartenenza come se fosse un'azienda privata. Per tutti i cittadini italiani di libero spirito democratico e di intelligenza politica sarebbe legittimo chiedersi quando la nazione potrà liberarsi del buio culturale del prepotente Biscione e dei suoi adepti per così poter reiterare gli autentici valori di democrazia, libertà, solidarietà nazionale e giustizia sociale contemplati nella nostra costituzione frutto di una resistenza eroica che conobbe molti martiri per opposizione al fascismo.
Molte speranze furono riposte sulla nascita della nuova Repubblica che in sessanta anni di esistenza con una gestione politico-padronale, confessionalmente condizionata per opera del Vaticano, rese ancora più instabile la povera Repubblica accrescendo ulteriormente la distanza tra le due antitetiche realtà Nord-Sud. Pertanto sessantuno governi diversi della Repubblica non hanno avuto successo politico in tal senso per totale insensibilità e ignoranza politica, non esclusa la disonestà generalizzata del partito prevalente. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un recente discorso tenuto all'Accademia dei Licei nella prima decade di Febbraio 2010, prendendo posizione critica sulla divergente evoluzione nazionale biasimò severamente nel ... l’altraitalia 9
di Manuel Figliolini
MODA
… God saved McQueen
… E' forse quello che avrei voluto leggere l'indomani sui giornali … e Dio salvò McQueen, invece fu un'amara disillusione … L' 11 febbraio 2010 Alexander McQueen si é tolto la vita. Un giovane di grande talento, così lo definì Giorgio Armani, un ribelle generoso, così lo definirei io … nell'umiltà delle mie competenze. Il declino si può ricondurre all'acquisto di un appartamento a Mayfair, lo stesso in cui è morto, appartenuto precedentemente a Oscar Wilde; segnale di parallelismo tra la vita dello scrittore Irlandese e quella del giovane Hooligan della Moda. Due anni prima della sua morte Oscar Wilde, perse la moglie Costance Lloyd, una figura importante nella sua vita … Alexander McQueen, 3 anni fa, diede l'ultimo addio alla
sua amica-scopritrice, Isabella Blow, collaboratrice di Vogue UK, morta suicida; l'editrice inglese acquistò l'intera collezione del giovane Alexander, a rate, e la indossò nel numero di novembre 1992: nessuno fece mai questo per un giovane talento. Nel susseguirsi degli anni, gli addii divennero per McQueen la stessa illogica costante che caratterizzò la fine di Oscar Wilde. La morte dell'amica Isabelle Blow … la fine dell'amore per il compagno, il regista George Forsyth … la rottura con la direttrice creativa del suo brand, Katy England … la morte della madre Joyce alla quale McQueen era molto legato. Gli addi travolsero, lo stilista 40enne, in una depressione forte, a tal punto da far credere, sul social network Twitter, una difficile ripresa: «E' stata una settimana fottutamente orribile, ma devo rimettermi in sesto» scrisse.
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Gli eventi sono, alle volte, più grandi di noi, trasciniamo un difficile rialzarsi … e soccombiamo, in maniera logica o forse no, ma sicuramente nel modo che ci sembra più idoneo, in quel momento. … e a noi sopravissuti, non resta che ricordarli per il loro genio, l'emozioni che ci hanno trasmesso e ringraziarli. Ricordare Alexander McQueen come il giovane apprendista, sedicenne, di Anderson & Sheppard che ricamava all'interno delle giacche del Principe Carlo: « McQueen é stato qui ». Ricordarlo come la promessa che nel 1997 soffiò, a dei colleghi illustri, il posto di nuovo stilista della maison Givenchy. Oppure ricordare il giovane Hooligan della Moda come vincitore, dal 1996 al 2003, di 4 premi «stilista inglese dell'anno» e il premio «stilista dell'anno» dal Fashion Design Awards. La sua trasgressione e il suo ingegno hanno impresso nella nostra memoria momenti di ribellione mista a teatralità che caratterizzavano le sue sfilate; Aimee Mullins sfilare con protesi alle gambe finemente intagliate, terminare la sfilata abbassandosi le mutande e salutare tutti, far indossare alle modelle scarpe vertiginose o creare cappelli maestosi ed impegnativi … ed infinite altre cose che lo contraddistingueranno sempre nei tempi.
Un genio di stile che con dei coups de theatre magistrali stupiva e annunciava il futuro di stili: nel 1996 chiamò i suoi pantaloni a vita bassa “bumster” dando spazio a nuovi decolté insoliti e chiaroveggenti … é sua l'ultima provocazione: le scarpe Armadillo che scatenarono: rifiuti da modelle, per sfilare, e la curiosità di una famosa cantate, Lady Gaga, che le indossò senza indugi per il suo video Bad Romance.
L'Hooligan della Moda, insignito Commander of the Order of the British Empire dalla Regina Elisabetta, non era solo questo, era un uomo che si avvolgeva nelle proprie inquietudini, amante della vita capace di trasformare esperienze e sentimenti in creatività. Una perdita amara aggravata dall'unicità del suo genio, dalla sua inimitabilità e dall'impossibilità di continuare a promulgare i suoi messaggi e idee. … e finisce cosi il sogno di un ragazzo inglese, vittima dei drammi della vita, troppo geniale per contrastarli. Grazie Alexander. ... l’altraitalia 11
dalla Redazione
POLITICA
Parlamentari all’estero Si o No Tenuto in aula del Senato il 3 marzo 2010 nell'ambito della Discussione e approvazione delle dimissioni presentate dal senatore Nicola Di Girolamo.
Questo non è un problema di destra o di sinistra. Credo che i miei amici emigrati che appartengono idealmente all'altro schieramento siano stati ingannati, siano vittime della truffa che è stata compiuta sulla candidatura del signor Di Girolamo. Non mi pronuncio sui fatti di oggi; per questo la magistratura farà il suo lavoro. Ciò, però, mette in evidenza una domanda che si devono porre le forze politiche, tutte, di destra e di sinistra. Che importanza danno a questo voto? Che importanza dà la politica italiana alla presenza nel Parlamento italiano di parlamentari che rappresentano milioni di italiani che vivono all'estero?
Signor Presidente, devo riconoscere che sento un certo disagio a svolgere questo intervento. È dal 2006 che si parla dei brogli elettorali nel collegio estero, inquinando l'immagine degli italiani all'estero, dimenticando in realtà che i veri problemi sull'esercizio del voto all'estero hanno radici in Italia, nella mala politica italiana e nella criminalità italiana. Le operazioni vergognose che si sono fatte all'estero hanno sempre un'origine in Italia e ben poco hanno a che vedere con gli italiani all'estero. Vedete, il signor Di Girolamo ha detto una cosa giusta: ha avuto 24.000 preferenze e sicuramente moltissimi di quei voti sono di cittadini italiani residenti all'estero di cultura di centrodestra che hanno votato un candidato del centrodestra; è del tutto legittimo, non vedo cosa vi sia di strano, anche se lui non è residente all'estero. È difficile su un collegio grande come un continente conoscere tutti i candidati. Tuttavia, la collega senatrice Mirella Giai è qui con noi non perché ci sono stati brogli, ma perché quella donna ha rappresentato per una vita per gli italiani residenti in Argentina l'onore degli italiani in Argentina, nella lotta e nella difesa contro la dittatura argentina. Il collega Randazzo è qui non perché hanno fatto dei brogli, ma perché i cittadini italiani hanno riconosciuto che ha dedicato una vita per mantenere l'informazione con l'Italia e il cordone ombelicale con il nostro Paese. Per questi motivi sono qui, non per brogli.
È a questa domanda che dobbiamo rispondere, ma finora la risposta alla stessa non è rassicurante da tutte le parti politiche, perché i problemi delle candidature che emergono oggi nel centrodestra fanno capire che non è stata presa molto sul serio questa circoscrizione; ma per chiarezza ed onestà voglio dire che anche nel mio partito non è stata presa molto sul serio. So che attualmente è un funzionario il responsabile del mio dipartimento, dunque non vedo una grande lettura politica della nostra presenza in questo Parlamento. Credo sia questa la domanda alla quale dobbiamo rispondere. Sono convinto dall'inizio che la presenza dei parlamentari all'estero in questo Parlamento sia importante per l'Italia più che per gli italiani all'estero; è importante per l'immagine dell'Italia nel mondo, perché l'immagine vera dell'Italia nel mondo non è quella che ci raccontiamo. Un tempo si parlava dell'Italia come del Paese «pizza e mandolini»; oggi a questa immagine si aggiungono altre parole in tutti i Paesi del mondo, ossia mafia, camorra, 'ndrangheta; questa è l'immagine. Contro questa immagine ci sono milioni di italiani che tutti i giorni lavorano, si impegnano socialmente, politicamente. Ha ricordato in questi giorni l'onorevole Tremaglia che ci sono quasi 400 parlamentari d'origine italiana in tutti i Parlamenti del mondo. Queste persone salvano e ripuliscono l'immagine dell'Italia nel mondo. Per questo motivo è importante la presenza in questo Parlamento per la promozione del Paese e per portare anche un'altra cultura politica, che non è sempre all'altezza della retorica che sento qui, perché noi siamo piuttosto abituati ad affrontare i problemi, a parlare dei problemi concreti ed a cercare soluzioni, accordi ed intese. Questa è la motivazione della nostra presenza e a questo dobbiamo dare una risposta. L'onorevole Tremaglia si è impegnato una vita per ottenere questo voto e noi gliene siamo riconoscenti, però egli non ha ascoltato le nostre proposte quando si è fatta la legge di
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applicazione sul voto all'estero. In quegli anni nel Consiglio generale degli italiani all'estero abbiamo fatto proposte per il sistema di voto all'estero, che si basava sull'esperienza di altri Paesi che utilizzano il voto per corrispondenza da anni, da decenni. Noi abbiamo voluto inventare un sistema italiano; questo sistema non funziona.
informare bene ed essere un po' meno superficiali nella comunicazione, altrimenti si continua a sporcare tutto. L'ultima mia osservazione è la seguente. Si tratta più che altro di un appello che rivolgo a tutte le forze politiche. Rispondete alla domanda: sì o no alla presenza dei parlamentari all'estero? Se ritenete che è importante per l'Italia, rispondete sì. Se pensate che è importante per noi all'estero, sono il primo a dire di no. Noi ci impegniamo per la nostra integrazione in altri Paesi. Se la risposta è positiva, dobbiamo però essere coerenti e ciò vuol dire avere rapporti chiari con persone che rappresentano le comunità italiane all'estero. Vuol dire mettere i limiti necessari a tutte le speculazioni che si possono fare sulla nostra pelle. Nascono partiti degli italiani nel mondo. Nascono fondazioni per gli italiani nel mondo e sarei felice se il collega De Gregorio potesse spiegare a questa Aula che tutte le risorse della sua fondazione sono come spero - opera della sua carità e generosità personale. In caso contrario, ci deve dire da dove provengono quei fondi disponibili per gli italiani all'estero che di lui non hanno bisogno e non hanno mai chiesto. Gli italiani all'estero hanno bisogno di ben altre cose. Hanno bisogno di un'altra politica del Governo nei loro confronti. Mai come in questi anni siamo stati penalizzati e tartassati. Non voglio tornare in questa sede sui problemi che ben conoscete. Ci siamo già espressi durante la finanziaria. Ma anni di penalizzazione come questi gli italiani all'estero non li hanno mai subiti e credo non li abbiano meritati.
Il Ministro degli Italiani nel mondoL’On. Mirko Tremaglia
Voglio ricordare che subito dopo le elezioni del 2008 avevo chiesto al presidente del Senato Schifani di autorizzare la Commissione affari esteri, emigrazione, ad avviare un'indagine conoscitiva sullo svolgimento del voto 20062008 finalizzata a proporre la riforma della legge sul voto all'estero. Ringrazio il presidente Schifani che non solo ha autorizzato quell'indagine ma l'ha fatta fare congiunta con la Commissione affari costituzionali. Adesso bisogna accelerare questo lavoro, bisogna portarlo fino in fondo per poter fare delle proposte serie di riforma. Questo lo abbiamo chiesto subito dopo il voto, prima che scoppiasse il fatto Di Girolamo. Mi avvio a concludere rilevando alcune questioni che mi sembrano abbastanza pesanti per noi. Nella stampa si è letto di tutto, addirittura che il Consiglio generale degli italiani all'estero, tramite un suo membro, il consigliere Ferretti, sia implicato nella vicenda Di Girolamo. Questa è un'affermazione gravissima uscita sulla stampa; ho letto questo articolo. Il Consiglio generale degli italiani all'estero è un organo consultivo che nulla ha a che vedere con l'organizzazione e lo svolgimento delle elezioni per gli italiani all'estero; è un organo che stiamo cercando di riformare e c'è un lavoro in corso in Commissione affari esteri per riformarlo; è un organo che è stato estremamente importante. Se ci sono comportamenti di consiglieri, che anche questi fanno parte della quota di nomina governativa e non di rappresentanti degli italiani all'estero, bisognerebbe
Prima il rappresentante del Governo, l'onorevole Giovanardi, che in questo momento non vedo più in Aula, si strappava le vesti affermando che chi non paga le tasse non deve votare. Credo che a questo punto in Italia voterebbero solo i lavoratori dipendenti. Si tratta di una battuta un po' facile. Credo che il ritorno economico degli italiani all'estero rappresenti ben più delle tasse che ognuno di voi ha qui mai pagato allo Stato italiano.
Il Senatore Claudio Micheloni con la Senatrice Anna Finocchiaro
Presidente, da una ventina di anni la politica italiana commette un piccolo errore. Si dice «non buttiamo via il bambino con l'acqua sporca». Da una ventina di anni la politica italiana butta il bambino e mantiene l'acqua sporca. Cerchiamo questa volta di non fare la stessa cosa.
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Abarth 500C
all’80° Salone Internazionale di Ginevra
Lo stand allestito a Ginevra Uno stand totalmente rinnovato per il salone di Ginevra 2010 farà da palcoscenico alle anteprime mondiali dei due nuovi modelli Abarth. L’idea progettuale che ha ispirato la realizzazione dello spazio è la semplificazione: l’architettura non utilizza un linguaggio proprio per interpretare il brand, ma un substrato per esaltarne i valori. Abarth è protagonista, con tutto il suo mondo e si espone al pubblico pura e semplice, nella sua massima essenza. Questa scelta concentra così l’attenzione sulle due nuove Abarth, presentate in prima mondiale a Ginevra, che vanno ad arricchire la gamma dello Scorpione. Si apre così un grande spazio con due aree di luce sulle quali sono posizionate le vetture. Questo è il palco sul quale viene interpretato e raccontato il mondoAbarth. Una lastra di cristallo campeggia al centro dello spazio, volta a reggere la ben nota icona Abarth; un grande display a led fa da sfondo alle vetture e rappresenta l’elemento centrale della scenografia.
Abarth Punto Evo
Le linee di tutto lo stand sono simmetriche, rette e con angoli di novanta gradi e i materiali sono altrettanto neutri e intangibili: elementi strutturali bianchi e abbondante ricorso alla trasparenza contribuiscono a sottrarre “rumore” visivo per focalizzare l’attenzione sul contenuto. Sotto il pavimento in cristallo sono riprodotti disegni tecnici della meccanica Abarth, idealmente esposta, visibile a tutti, come un tempo succedeva per le vetture con il cofano posteriore parzialmente sollevato. Gli elementi immateriali come la luce, il suono, i contenuti digitali non sono in questo caso solo accessori, ma lavorano in maniera integrata e sincronizzata identificando momenti scenici diversi tra loro, rendendo così lo stand sempre in movimento. Lo spazio fisico neutro e minimale si colora e si riempie di scene che raccontano in sequenza i valori di Abarth: sfida, passione, ingegnosità, italianità, partecipazione, determinazione, autenticità. Uno spazio che racconta in maniera viva e coinvolgente il mondo Abarth è quindi il contesto ideale dove vengono rivelate le sue due ultime espressioni:Abarth Punto Evo eAbarth 500C.
di Giovanni il Battista
FRECCIATINE
Cattivi, cattivi, cattivi!
Voi siete cattivi: ve lo dicono il vostro Pastore Tedesko e la sua muta. "Siamo tutti peccatori, è necessario chiedere al buon Dio perdono per tutti i peccati commessi". Mi dicono che nessun testo religioso cattolico parla, a proposito dei peccati e del perdono, di chiedere scusa, prima di tutto, alla o alle persone alle quali si è fatto del male! Faccio del male ad un mio simile ma chiedo perdono a Dio per averlo (lui Dio) offeso? Mica male ... "Dobbiamo essere umili, forti del nostro peccato originale per poterci prostrare, per chiedere perdono domandando la giusta punizione. Il mondo propugna solo egoismo, male, violenza: nessuno pensa al suo prossimo". Mi dicono che con una semplice confessione ad un sacerdote si viene perdonati da lui, Pastore Tedesko, come rappresentante di Dio in Terra e quindi con un Padre Nostro e due Ave Maria avete risolto il problema! Ma che pentimento o redenzione è? Nessun problema: tanto da subito ricomincerai a peccare, quindi ... "Milioni di persone muoiono ogni giorno per l'egoismo e la distrazione dei Paesi economicamente più fortunati!"
Mi dicono che predicando bene la Chiesa ... ! Ma quanto stanzia la Chiesa per le opere di bene legate alle popolazioni meno fortunate? Quanto supporta i suoi missionari in termini di livello di vita e di risorse finanziarie? Vendere qualche cupola in Vaticano o qualche vestito o stola di Prada ...niente vero? Gli potrei inviare per DHL il mio saio dai tempi nei quali battezzavo Gesù! ....ma....troppo puzzolente e quindi saio peccatore ... .! "I primi saranno gli ultimi, gli ultimi saranno i primi! Chiediamo perdono a Dio per tutti i nostri peccati". Mi dicono che non ci sono curriculum che tengano: sei stato primo in Terra? OK, e allora in Paradiso sarai ultimo senza appello! Non male: un incitamento ad essere "cattivi" ad ogni costo! Carino.....: giuro, non lo sapevo....! "Pentimento, conversione, punizione, clausura, flagellazione, il fuoco dell'inferno, la condanna, la pornografia, la pedofilia, l'essere indegni (egli lo salverà nell'ora della tentazione che sta per sopravvenire in tutto il Mondo), il Diavolo che é sempre in agguato per ammaliare, l'apocalisse, arriverà il momento del giudizio universale, più facile che sia un cammello che un ricco ad andare in Paradiso..."
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Mi dicono che se sei ricco in Terra sei sicuramente disonesto e peccatore e quindi necessariamente, senza appello, non accederai mai al Regno dei Cieli ? (vedi sopra): ma, secondo voi, cosa dovete fare? Verifico dal mio Capo e poi, se del caso, vi dico... "Alla vittoria della Chiesa su tutte le genti! La lussuria, i vizi, l'immoralità, le abiezioni, il degrado morale, le idee meschine, umanità senza Fede (senza Gesù non vi salverete), la morte, indicibili dolori, la vendetta di Dio, la condanna, piangiamo Gesù che è stato martoriato, crocefisso, morto sulla croce per noi! Mi dicono che l'80% dei sermoni del Papa e dei suoi “impiegati” parlano unicamente di malefatte, di peccati, di vizi, di punizioni! Mai della felicità, di un fiore, del cielo terso, del calore del sole, di una nascita (e se lo fanno 2 secondi dopo citano: "ma questa nuova creatura dovrà venire battezzata per togliersi il peccato originale e dovrà vivere senza lasciarsi abbagliare al male, dalla debolezza umana”) ...ma ci andate ancora la domenica dopo...? "Promesse non mantenute, la bramosia della carne, la corruzione che è nella natura di ogni uomo, la Collera Divina, la dannazione, il fuoco, la bestemmia, l'ingiuria, penitenza, penitenza, penitenza, digiuno, fustigazione" Mi dicono che i suddetti non ridono mai, non sono mai contenti, mai pronunciano frasi solari annunciando "buone novelle", come dicono loro! Oh Dio, scaccia da noi il male, le tentazioni, i vizi, le gioie viziose della vita ecc. ecc.; una barzelletta, non necessariamente sporca ...no eh!? ... ne girano di belle su Gesù dalle nostre parti…
Mi dicono che dopo un sermone (vedi sopra) vi sentite sempre prostrati, sempre impauriti, sempre depressi! Secondo il vostro parere siete cosi cattivi? La domenica non dovrebbe essere un giorno di riposo, per ritemprarsi, per gioire del rapporto con gli altri ,in famiglia, per ridere, divertirsi (in modo sano s'intende)…una bella pizza, una birra... (ma non pensate così ... solo pensando siete già potenziali peccatori (lussuria: attenzione!!). Io mangiavo pane e bevevo buon vino ...un p’ di ebbrezza... "Punizioni, tradire, tramare, i peccati della carne, inosservanza delle prescrizioni, la comunione, pentirsi, convertirsi, la morte, la terra, la resurrezione, le lacrime, la sofferenza, la malattia, l'accidia, la gelosia, l'insulto, ingordigia, le penitenze (sicuramente hai peccato, non ti sei accorto, ma hai sicuramente peccato), luogo di culto: non ridere, non scherzare, essere vestiti in maniera appropriata, lasciare l'obolo, l'8%o, la penitenza, l'aborto, il preservativo, il divorzio, le corna, lo stupro" Mi dicono che solo ultimamente, durante la messa , hanno cercato di creare un momento di convivialità ordinando una stretta di mano ma, attenzione, e ci risiamo, sempre seri, compiti, a capo chino, niente bacini, nemmeno sulla guancia, guai...lo avevate pensato? Allora avete peccato! ... cattivi, cattivi, cattivi ... Se davvero il Buon Dio e suo figlio fossero così cattivi me ne sarei già andato ... all'inferno (nel senso buono) si capisce! Che Pal.. !!
"Vanitosi, ribelli ai genitori, ingrati, nemici del bene, accecati dall'orgoglio, le cattive compagnie, un'anima insozzata, schiavi del peccato, chiedi perdono, prostrati, mercenari, il tormento (“egli sarà punito per tutta l'eternità”) chiunque si confesserà e prenderà la comunione ogni giorno otterrà il condono dei suoi peccati".
Che sempre siano lodate (almeno loro, naturalmente, senza peccare...!) Vi assolvo tutti, senza riserve! Non avete peccato? Vi assolvo lo stesso...non si sa mai.....!
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di Marco Minoletti
CULTURA
Henry Corbin, cenni introduttivi sul pensiero e l’opera Capitolo 1 (ultima parte)
Il rapporto tra l'angelo Christos e l'uomo Gesù di Nazareth è, secondo questa tradizione, il rapporto teofanico tra un'entità celeste e la creatura da essa innalzata. Echeggiano le corrispondenze - già considerate in precedenza - tra il mistico ed il suo signore personale, che in qualche modo ne è il doppio, l'affine celeste. Questa relazione di rispecchiamento implicita nell'idea di teofania e chiave di volta fondamentale per la comprensione del rapporto Christos Angelos-Gesù di Nazareth, viene così spiegata da Corbin: L'idea di teofania va di pari passo con una catottrica mistica (41), una gnosi del fenomeno dello specchio. Tra il modello, l'originale e la sua immagine riflessa nello specchio, c'è una bipolarità, un unus-ambo, ma tale che né l'unus né l'ambo scompaiono. Può verificarsi, certo, una rottura dello specchio; ma questa rottura non intacca il modello in sé. Può anche succedere che l'immagine nello specchio si illumini al punto da sentirsi essa stessa come l'Immagine-archetipo. È quanto hanno espresso le locuzioni teopatiche dei mistici dell'Islam: la Luna, illuminata dai raggi del Sole, dichiara: Io sono il Sole. In realtà, la metamorfosi si compie nell'immagine che sta nello specchio, non nell'Immagine archetipo (il sole). In quel momento i due poli sono in perfetta corrispondenza, senza che ci sia incarnazione, né reincarnazione, né fusione unitiva. (42)
Così l'autorevolezza del Messia Gesù di Nazareth era suffragata dal suo rapporto teofanico con l'Angelo Christos. Non vi era ancora, in questa fase, nemmeno l'ombra delle complesse questioni poste dal dogma della trinità. È grazie a questa concezione che furono risolte le questioni poste fin dall'origine dalla nuova fede nel Messia come fede nel Messia Gesù di Nazareth. Ed esse lo furono in modo soddisfacente, senza svianti discussioni dogmatiche. Seguendo semplicemente la testimonianza delle fonti più antiche, si giunse a questa concezione fondamentale: il Christos fu considerato come un Angelo superiore, creato e scelto da Dio per instaurare, alla fine dell'Aion, il regno di Dio, dopo il combattimento che porrà fine al regno degli spiriti malvagi su questo mondo. Il rapporto di questo Christos Angelos con Dio fu concepito alla maniera dell'apocalittica ebraica. Non si può neppure dire che vi si trovassero latenti le questioni relative alla Trinità. Tali questioni sorsero soltanto con l'abbandono della cristo-angelologia. È il medesimo contesto angelologico che si poneva la questione del rapporto tra il Christos e l'uomo Gesù di Nazareth . (43) Questa tradizione teologica, in cui si sente evidente l'influsso della filosofia ellenistica, risolve la delicatissima questione della natura del Cristo-Gesù. Questo modo di vedere le cose subirà però un rovesciamento a partire dalla svolta teologica impressa dal concetto di "homoousia",
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consunstanzialità. [...] La cristo-angelologia, essenzialmente teofanica, presuppone ed esprime una maniera determinata di concepire il rapporto tra l'uomo terrestre e il sovrumano celeste. Nella misura in cui l'angelologia determina una forma di cristologia, essa determina con ciò stesso un'antropologia Quando la cristologia abbandonerà la sua concezione del Christos come di un'entità angelica superiore, per farlo partecipe dell'assolutezza divina con il concetto dell'homoousios (consustanzialità del Padre e del Figlio), le conseguenze saranno tali che il concetto "Figlio dell'uomo" finirà col significare esattamente il contrario di quanto significasse originariamente nella dottrina messianica del giudaismo e del giudeo-cristianesimo. Non significherà più l'essenza celeste, ultraterrena, del Christos, bensì il terrestre e l'umano del Messia Gesù. (44) Questa svolta si afferma definitivamente con i grandi e tormentati concili di Nicea e di Calcedonia in cui si consuma quel lento processo che Corbin ha chiamato di deescatologizzazione del cristianesimo. Senza l'Angelo ed il suo eskaton, il cristianesimo sceglie la storia. [...] Nella misura in cui cessava di essere escatologico nella sua essenza, il cristianesimo doveva collocarsi nella Storia e fare storia alla stregua di ogni altra istituzione di questo mondo. Non si entra nella Storia, non si diventa una potenza storica e non si fa storia con delle teofanie e delle visioni di angeli, che sono invece fatti proprio per liberare dalla Storia. (45) L'eliminazione della cristo-angelologia apriva la strada al dogma delle due nature, divina ed umana, riunite nella persona di Gesù Cristo. Si inaugurava così per Corbin una tradizione nuova, quella dell'Uomo-Dio, che avrebbe avuto conseguenze incalcolabili per il futuro sviluppo del pensiero e della cultura occidentale. Di queste due nature artificiosamente riunite sarebbe stata, sempre secondo il nostro autore, quella umana ad avere pian piano la meglio: il monofisismo (46) avrebbe finito per trionfare in una sua versione paradossalmente "rovesciata". Infatti, come nota Corbin, "Non si parlò più né del Vero Profeta né di Christos Angelos, bensì dell'Uomo-Dio. E così, forse, il destino del pensiero e della cultura occidentale è stato vincolato per circa diciassette secoli a precise regole. Infatti, ad essere così promossa era una concezione del tutto diversa del dramma dell'uomo e del senso della Redenzione, una concezione in cui era il paolinismo a trionfare (Incarnazione, theologia Crucis, ossessione del peccato, maledizione della carne) sulla cristo-angelologia profetica della Chiesa di Giacomo ... Il senso della Redenzione conduceva a una theopoiesis, a una deificazione dell'uomo." Avevano visto probabilmente giusto i Nestoriani che, intuendo il pericolo implicito nell'idea di unione ipostatica (47), temevano che questo concetto finisse per lasciar prevalere il monofisismo. Corbin, non a caso, cita Berdjaev (48) a proposito del monofisismo di fondo che ha animato la chiesa d'Oriente. In essa, per quanto riguarda la concezione cristologica, la natura divina avrebbe finito per assorbire e far scomparire la natura umana. Con una non celata amarezza Corbin conclude che in Occidente si è verificata l'altra alternativa possibile; la natura umana, strappata al mistero teofanico, divinizzata essa stessa, ha finito per spianare la strada alla laicizzazione. È questo - appunto - il monofisismo a rovescio, la definitiva terrestrizzazione dell'Angelo Christos.
Questo significava denunciare l'instabilità del concetto di unione ipostatica e con ciò stesso denunciare il motivo per cui la pietà orientale non aveva potuto adeguarvisi. Sfortunatamente, è da molto che in Occidente la cristologia è stata strappata al mistero che l'iconostasi (49) velava. La storia dei dogmi cristiani continua persino nel postcristianesimo. La laicizzazione e la socializzazione in esso imperanti altro non sono che un monofisismo a rovescio. Non è più il divino ad assorbire l'uomo, bensì l'uomo ad assorbire, volatizzare e desacralizzare il divino. Si proclama allora il nuovo kerygma: Dio è morto. Altro non resta che la collettività sociale. I dogmi teologici hanno ceduto l posto ai dogmi della sociologia. (50) La prospettiva che si apre così all'Occidente è una prospettiva dichiaratamente nostalgica, che si è espressa - di volta in volta - con splendori mistico-visionari e in splendori liturgici. La cristologia della homoousia (consustanzialità) ha esaltato l'umanità al rango di un'umanità divina, ma in questo modo ha trascurato la possibilità di accesso ad altre verità, ad altri mondi. E la nostalgia di questi mondi rimane viva nell'opera di poeti, artisti, pensatori. Corbin cita a questo proposito con frequenza R.M. Rilke. Viene da pensare in quest'ottica all'affermazione dei saggi sciiti, secondo cui la risalita, la ri-conduzione all'origine celeste del Verbo che il profeta ha fatto discendere, è impossibile senza l'Imam, l'imamologia, ossia senza l'Angelo. Interrotto il filo del ta ' wil non rimane che la secolarizzazione e la modernità, con la sua carica di smarrimento e di nostalgia. ... segue sul prossimo numero
NOTE (41) Branca dell'ottica che studia i fenomeni di riflessione della luce (ndr). (42) H. Corbin, Necessità di un'angelologia, op. cit., nota 87, pp. 94-95, sulla stessa questione cfr. anche la nota 94 a p. 96. (43) Ibidem, op. cit., p. 89. Su tutta questa spinosa questione costante riferimento di Corbin è l'opera di M. Werner, Die Entstehung des christlischen Dogmas problemgeschichtlich dargestellt, Bern-Tübingen, 1953. (44) Ibidem, op. cit., p. 97. (45) Ibidem, op. cit., p. 98. (46) Dottrina teologica paleocristiana diffusasi tra il V e il VI secolo che nega la natura umana di Cristo (ndr). (47) Si tratta dell'unione della natura umana e di quella divina nella figura di Cristo per opera dello Spirito Santo. L'unione ipostatica nella storia della creazione e della salvezza rappresenta per il cristianesimo occidentale la suprema grazia che, come spiega Tommaso D'Aquino, è fonte di ogni altra grazia (ndr). (48) Nikolaj Aleksandrovic Berdjaev (Kiev 1874 - Clamart 1948), originalissimo pensatore russo passato dal radicalismo marxista all'esistenzialismo cristiano. Pur riconoscendosi nell'ortodossia cristiana criticò duramente la Chiesa istituzionale. Nel 1913, a seguito di un suo durissimo attacco al Santo sinodo della Chiesa ortodossa russa fu accusato di blasfemia (ndr). (49) Parete divisoria che sorregge un certo numero di icone e separa il presbiterio delle chiese ortodosse, la zona dove venivano celebrati i divini misteri, dalla navata, la zona dove si collocano i fedeli (ndr). (50) H. Corbin, Necessità di un'angelologia, op. cit, p. 100.
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CINEMA
di Armando Rotondi
Alice in un paese di poche meraviglie Il connubio sembrava perfetto: Tim Burton e l’opera letteraria di Lewis Carroll. Davvero vi erano tutti gli elementi adatti per poter creare un grande film visionario, gotico e fantastico. Un testo capolavoro letterario, o meglio due Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio di Carroll, e un regista, Tim Burton, che sente la storia come perfettamente sua, adatta per le sue corde, in linea con la sua produzione passata e con il suo genio artistico. Eppure questo connubio non è riuscito e questo Alice in Wonderland delude molte aspettative, facendo anche irritare qualche spettatore attento, che ha amato Carroll o la sua trasposizione in cartoni animati degli anni ’50, tra le più complesse e pischedeliche produzioni Disney. La Walt Disney produce anche in questo caso e per Burton segna un ritorno, poiché egli iniziò la sua carriera come animatore proprio negli studios del padre di Topolino. Un ritorno che sembra più nel segno della tecnica, di voler creare un prodotto perfetto esteticamente e che si leghi alle nuove tecniche di fruizione cinematografica (il 3D in auge nuovamente), a discapito, tuttavia, della narrazione e della magia della storia. Si tratta di un vero peccato, poiché l’inizio della pellicola ha fatto davvero ben sperare: l’ambiente in
cui Alice cresce, così pieno di regole sociali imbalsamate, dalle quali la giovane protagonista vuole fuggire; l’avvistamento del Bianconiglio durante una festa, subito dopo la proposta di matrimonio da parte di un damerino; la caduta nel pozzo, davvero spettacolare, come tutti noi ci saremmo immaginati che fosse in carne ed ossa. Il film prosegue bene, con Alice che varca finalmente la soglia, dopo non poche difficoltà (ricordate? Prima diventa piccola, poi cresce a dismisura), del paese delle meraviglie. Una gioia per gli occhi, anche merito del 3D, ma una gioia di breve durata. Se dovessimo essere cinici e contare quanto essa sia lunga, diremmo i primi trenta minuti, sino all’incontro con il Cappellaio Matto, un Johnny Depp t r o p p o g i g i o n e, s n e r va n t e, ch e r u b a , f o r s e inconsapevolmente, la scena. Burton si fida ciecamente del suo attore preferito e sbaglia nel costruire il personaggio del Cappellaio, facendolo diventare qualcosa di ben più di una figura secondaria, ma quasi un comprimario, con tanto di accenno ad una storia sentimentale con la bella Alice. Dopo il primo incontro tra i due, ecco che la storia prende una piega inaspettata e sconclusionata. Da Alice nel paese delle meraviglie si trasforma in qualcosa di più simile alle Cronache di Narnia con battaglie e mostri vari, e una regina
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diverte a vestirla in molteplici maniere, con abiti ricamati, sino al vestito che ella indossa nel palazzo della regina di cuori, tutto merletti rossi e neri. Trasforma, così, Alice in una bambola di carne che, per usare un gergo moderno, ricorda morbosamente una gothic lolita altamente e perversamente erotica. Un’Alice che, invece della magistrale ragazzina descritta da Carroll, diventa una sorta di eroina, predestinata a salvare il mondo fantastico e a sconfiggere il mostro, in un finale davvero eccessivo, che supera la linea di confine del ridicolo involontario, con la bella protagonista, con tanto di a r m a t u r a e s p a d a , i n p o s e c h e r i c o r d a n o, iconograficamente, quelle di San Giorgio e il drago di Paolo Uccello. Forse il nostro punto di vista è troppo condizionato dal cartone animato Disney. Possiamo, però, dire che Alice in Wonerland di Tim Burton è certamente lontano da Lewis Carroll, non tanto perché se ne discosta dalla storia (in fondo il regista che questo è ciò che avviene dopo), ma perché ne tradisce lo spirito. Non c’è niente di meraviglioso nel paese visitato da Alice e non c’è niente di meraviglioso in lei se non il fatto di essere la “classica” eroina predestinata, ponendosi così lontana anche da quei personaggi fuori dagli schemi e dalla società che hanno fatto grande il cinema di Burton, da Edward mani di forbice sino a Big Fish.
di cuori deforme e dispotica, interpretata dalla perennemente presente Helena Bonham Carter, moglie del regista. Burton non contento aggiunge anche il personaggio della buona sorella, la regina bianca, interpretata da Anne Hathaway, quasi a creare un dualismo come quello presente ne Il mago di Oz con la Strega Cattiva dell’Ovest e la Fata Buona del Nord. Cosa rimane allora? Un’Alice molto seducente, a cui dona volto Mia Wasikowska: Burton si
Questa volta, e lo si scrive non senza rammarico, Tim Burton ha toppato, ha costruito un prodotto senza anima, come erano senza anima altri suoi film, quando egli si è dovuto relazionare con un referente, cinematografico o letterario, di altissimo livello: è il caso del rifacimento de Il pianeta delle scimmie e, parzialmente, de La fabbrica di cioccolato. Speriamo che, se dovesse adattare altre storie che sembrano fatte per lui (chissà che un giorno non tocchi a Il mago di Oz), il risulato sia all’altezza del suo, usuale, genio.
Tempo di premi: Berlino, Quartz, Oscar Tempo di assegnazione di premi in molte importanti manifestazioni internazionali. Si comincia con il Festival di Berlino che, giunto alla 60ma edizione, ha visto trionfare Miele (Bal), ultimo capitolo di una trilogia, dopo Uovo (Yumurta, 2007) e Latte (Sut, 2008), del regista turco Semih Kaplanoglu, cui è stato assegnato l’Orso d’Oro per la miglior pellicola. Roman Polanski vince l’Orso d’Argento per la migliore regia, con il bellissimo thriller The Ghost Writer, protagonisti Pierce Brosnan e Ewan McGregor. Premi anche in Svizzera con l’assegnazione, avvenuta a Losanna il 6 marzo, dei Premi Quartz per il cinema elvetico. Vincitore per il miglior film è Coeur animal di Séverine Cormnamusaz, con Antonio Buil cui viene dato il riconosimento per l’intepretazione maschile. Attrice premiata invece Marie Leuenberger con Die Standesbeamtin. È stata un’edizione storica, invece, quella degli Oscar, che vedono finalmente, ad oltre 80 anni dalla fondazione, una donna trionfare nella categoria miglior regia e miglior film: Katrhyn Bigelow (nella foto)con il magnifico The Hurt Locker, dramma bellico che si svolge in Iraq, sconfigge il kolossal Avatar dell’ex-marito James Cameron, aggiudicandosi ben sei statuette contro le tre tecniche del diretto concorrente. La cinquantottenne Bigelow sfata, in tal modo, un tabù e si laurea come la prima donna miglior regista, dopo le nomination di Lina Wertmüller, Jane Campion e Sofia Coppola. ... l’altraitalia 22
Cineturismo: Cortoons - Festival di Corti di Animazione dal 24 al 28 marzo 2010 - Roma, Teatro Palladium www.cortoons.it Pur rimanendo sempre un festival dedicato prevalentemente al cinema breve d'animazione internazionale, Cortoons Festival da quest'anno intende offrire uno sguardo ampio e completo sul Film d'Animazione con una sezione di lungometraggi, ponendosi sempre più come punto di riferimento, in Italia e all'Estero, per artisti e filmakers, per Scuole di Animazione, produzioni, distribuzioni, semplici appassionati di cinema d'animazione.
Bruxelles International Fantastic Film Festival dall’ 8 al 20 aprile 2010 - Bruxelles, sedi varie. www.bifff.net Alla sua 28° edizione il Festival del Film Fantastico di Bruxelles si dimostra come una delle principali rassegne al mondo nel suo genere. Sarà possibile vedere il meglio delle produzioni fantastiche, horror e di genere, provenienti da tutte le parti del mondo, accompagnati da incontri con gli autori e da un atmosfera da grande festival internazionale.
Festival del Cinema Europeo dal 13 al 18 aprile 2010 - Lecce, Sedi varie. www.festivaldelcinemaeuropeo.it Giunto alla 11° edizione, il Festival del Cinema Europeo di Lecce si pone la missione di essere intermediario fra culture, fra differenti linguaggi cinematografici e diventare un potenziale mezzo di promozione del cinema: scambio, non standardizzazione. Il tema della manifestazione è: “Dialoghi”, corrispondenze o tentativi di corrispondenze profonde con sé, con l’altro, con il trascendente, dell’adulto con il giovane, del femminile con il maschile, etnici, di frontiera.
Le Dolomiti Negli Stati Uniti d’America la pellicola non è stato di certo un successo al botteghino, ma in Europa, in particolare in Francia, ha visto un grande seguito di pubblcio. Fatto sta che L’orso (1988) di JeanJacques Annaud viene comunemente riconosciuto dalla critica come il capolavoro di questo regista interessante e discontinuo, cui si devono anche Il nome della rosa (1986), Sette anni in Tibet (1997) e Il nemico alle porte (2001). Tratto dal romanzo The Grizzly King di James Oliver Curwood, narra di un piccolo orso, rimasto orfano, che viene adottato da un grande grizzly. Questi lo difenderà da un gruppo di cacciatori che dà loro la caccia. Una storia semplice, poetica che ci colpisce anche per i grandiosi paesaggi.
Festival Internazionale del Giornalismo dal 21 al 25 aprile 2010 - Perugia, sedi varie. www.ijf10.org L’ormai collaudata manifestazione ospiterà, come ogni anno, giornalisti di tutto il mondo. Al centro del Festival tavole rotonde, incontri-dibattito, seminari, interviste, presentazioni di libri, reading, mostre, serate teatrali e keynote speech. Il Festival Internazionale del Giornalismo è un evento che fin dal primo anno ha riscosso un notevole successo di pubblico proveniente non solo dall’Italia ma anche da tutta Europa, dall’America e persino dall’Australia.
Far East Film Festival dal 23 aprile al 1° maggio 2010 - Udine, sedi varie. www.fareastfilm.com Un appuntamento obbligatorio per chiunque sia interessato al world cinema e alla cultura asiatica in genere con il Far East di Udine, ormai il più importante appunatmento festivaliero del continente e tra i più prestigiosi al mondo.
Dovrebbe essere la Columbia Britannica nel 1885, ma Annaud ricostruisce il tutto nelle spledide locations delle Dolomiti, nella valle di san Lucano a Taibon Agordino, e delle Alpi Tirolesi,. Un paesaggio perfetto, da favola, per una favola ecologica, dolce e delicata quanto il suo protagonista. Un paessagio da brivido, ma difficile e ostico per il regista francese, che ha speso cento giorni di riprese in quei luoghi (in un totale di quasi 5 anni di lavorazione), lavorando in condizioni climatiche proibitive, ma che hanno dato risultati davvero eccellenti.
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di Paola Carcano
SOCIETÀ
8 marzo: lingua e società L’8 marzo di ogni anno si festeggia la Festa della donna. Ma perché proprio l'8 marzo e cosa significa questo giorno? Chissà quante donne sono al corrente di quello che accadde nel lontano 1908, quando a New York, 129 operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni finché, l'8 marzo (o il 25 secondo alcuni), il proprietario Mr. Johnson bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento. Ci fu un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere all'interno dello stabilimento morirono arse dalle fiamme. Da allora, l'8 marzo è stata proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne. La commemorazione, tutta americana, delle vittime è stata poi accolta in tutto il mondo come la giornata simbolo del riscatto femminile. L’iniziativa di celebrare la giornata internazionale della donna fu presa per la prima volta nel 1910 da Clara Zetkin (sulla destra nella foto) a Copenaghen durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste. Resta il fatto che c’è da chiedersi se ha ancora senso nel 2010 la Festa della donna.
Prima di addentrarmi in discorsi sinuosi, vorrei fare una semplice constatazione sulla lingua italiana. Quando noi parliamo ovviamente non riflettiamo sui costrutti e sui termini utilizzati, ma semplicemente vengono messi in gioco per dare senso ai nostri enunciati e alle nostre idee. Nonostante questa ovvia premessa, è comunque evidente che la lingua non è solo un’accozzaglia di parole, ma rappresenta il substrato culturale, sociale ed oserei dire, anche psicologico di un popolo. La lingua insomma non è qualcosa di astratto, ma si evolve e muta con l’utilizzo di nuove tecnologie, avvenimenti e scoperte. Nonostante tutti questi cambiamenti, avvenuti soprattutto negli ultimi anni, in cui l’italiano si è notevolmente arricchito soprattutto di anglicismi, fondamentalmente, per molti versi rimane una
lingua obsoleta. Basti pensare che le professioni di un certo livello non hanno il corrispettivo femminile come ad esempio avvocato, architetto, ingegnere. Retaggio storico o semplicemente arcaismo linguistico? La risposta probabilmente non è univoca. Va notato comunque che in Ticino, per molti aspetti zona franca dell’italiano, sono entrati regolarmente in uso termini banditi sul suolo nazionale, come ad esempio “ministra”, per indicare appunto un ministro di sesso femminile. Al contempo molte professioni legate all’ambito familiare, hanno solo una declinazione al femminile, come il termine casalinga, appunto. E siccome una lingua si evolve ricercando in se stessa le nuove parole di cui ha bisogno o prendendone a prestito altre dalle lingue limitrofe, evidentemente ciò porta alla mera constatazione che del termine “casalingo” non si è mai sentita né una necessità semantica né una necessità sociale (si badi invece che, ad esempio, in tedesco oltre ad “Hausfrau”, c’è anche il corrispettivo maschile di “Hausman”). Ma spostiamoci oltre i confini nazionali, per fare alcune considerazioni più generalizzate sulle lingue romanze. Infatti, oltre l’italiano, anche lo spagnolo ed il francese, risultano essere lingue prettamente “maschiliste”, come forse in un certo senso le società a cui esse fanno riferimento. Linguisticamente parlando una sola presenza maschile in un contesto generalizzato femminile fa sì che l’aggettivo corrispondente debba essere appunto coniugato al maschile plurale. Insomma un solo Mario è preponderante rispetto alle innumerevoli, Eleonore, Laure, Catie e Cristine e fa sì che essi siano belli e simpatici (e non belle e simpatiche). Almeno nelle due lingue anglosassoni più famose, quella di Shakespeare e quella di Goethe, siamo nella vaghezza semantica, poiché il predicato nominale rimane ”neutro”, ovvero non corrispettivo al soggetto. Per cui abbiamo “he is happy”, ma anche “she is happy” e
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parallelamente “er ist zufrieden“ e “sie ist zufrieden“. Questo allora significa che l’Inghilterra, la Germania, l’Austria e la Svizzera tedesca siano più sdoganate da stereotipi patriarcali ? Almeno dal punto di vista linguistico sembrerebbe di sì. E se è anche vero che la lingua è l’espressione vivente del pensiero e delle forme culturali di un popolo, è altrettanto vero che esistono molte eccezioni che confermano la regola. Anche nella “moderna” Svizzera esistono infatti delle incongruenze paradossali. Nonostante l’uguaglianza e la pari dignità linguistica di entrambi i sessi presente nella lingua tedesca, resta il fatto che anche qui la donna è molto penalizzata in campo lavorativo ed economico. Insomma le persone di sesso femminile in media, a parità di lavoro, hanno una retribuzione inferiore del 20% rispetto ai loro colleghi uomini. Inoltre si sa, che non solo in Italia, ma anche in molti altri paesi “civililizzati” e “moderni” si è sentito il bisogno di introdurre le “quote rosa” in vari settori professionali per legittimare i diritti femminili al lavoro, al mondo sociale e alle pari opportunità. Nel nostro Paese, in particolar modo, c’è un testo di legge approvato dal Consiglio dei Ministri, che prevede che nelle liste elettorali sia candidata una donna ogni tre uomini, una quota non inferiore al 33% del totale, favorendo così l’accesso al parlamento. Ma se tutto ciò in teoria dovrebbe favorire la donna, in pratica si trasforma in una ghettizzazione e la candidata in questione verrà sempre considerata di serie B, poiché scelta non solo per la bravura o per i meriti, ma principalmente per la sessualità. Quindi, paradossalmente, proprio laddove le donne hanno ottenuto la parità, sono sempre in discussione sul numero da occupare, quasi a ricordare che il potere è comunque prerogativa maschile. Questo è insomma un vincolo che riduce il valore della donna, lo sminuisce innanzi alla società. Le donne, insomma, dovrebbero avere pari diritti ed uguali doveri dei maschi. L’unica differenza pertanto dovrebbe essere quella morfologica con le sue peculiarità e le sue funzioni. Purtroppo non è ancora così. Troppe donne sono ancora “oggetto” dei maschi sia dal punto di vista psicologico sia dal punto di vista sessuale. Casi di violenza carnale all’interno delle famiglie, mariti lasciati da donne esauste per la loro brutalità, donne vessate sul posto di lavoro, sono cronaca quotidiana, un rotocalco giornaliero che non desta più stupore, ma solo dissenso. Ed è qui che si percepisce l’entità del dramma, facendo passare in secondo piano la problematicità della persona a favore dei qualunquismi. Ed anche il Governo fa fatica a varare pene restrittive con leggi più severe, lunghe e sicure; contemporaneamente dà via libera ai cittadini per il controllo del territorio e discute se interrompere il desiderio sessuale: compromessi poco costruttivi, solo per limitare i danni, non per porre termine ad una devastante piaga del mal costume della società. Inoltre se è anche vero che la donna ha raggiunto determinati traguardi ed obbiettivi, resta il fatto che non ancora pienamente viene considerata persona con piena dignità e rispetto a pari dell’uomo. Ovviamente questo forse perché per secoli non ha potuto scegliere, né decidere per il proprio corpo. Persino nei testi sacri della Bibbia la donna viene assecondata all’uomo, peccatrice e meretrice, impura e , simpaticamente, generata dalla costola di un uomo, perciò di sua proprietà.
Fortunatamente oggi, almeno nei paesi occidentali, le donne hanno, quasi sempre, la libertà di decidere del proprio corpo, della propria sessualità, della propria verginità, possono e devono scegliere se essere casalinghe e madri, gli studi e le professioni da svolgere, contribuire alla vita politica, esprimere la loro preferenza. Tuttavia molti retaggi culturali fanno sì che ancora ai nostri giorni si parli di uomo e di donna e non di persona con le proprie peculiarità, i propri meriti e i propri successi. E se è vero che il femminismo ha sdoganato la femminilità da retaggi ancora altamente feudali e anche vero che oggi la stessa donna deve guardare serenamente alla propria diversità, valorizzandola e cercando, non di equiparasi al modello maschile, ma di affrontare la sfida per essere economicamente, psicologicamente e socialmente autonoma, seguendo le proprie prerogative e le proprie inclinazioni. Resta comunque il fatto, come mi ha fatto ricordare in questi giorni un mio amico, che se il concetto di parità nei paesi liberali ed economicamente forti non è ancora un dato di fatto, è pur vero che, laddove sarebbe più necessario celebrare questa festa (vedi nazioni arabe, asiatiche e via dicendo) in realtà le donne del luogo non sanno neanche di che cosa si tratti. Qui almeno il cambiamento è avviato ed è anche irreversibile, mentre altrove deve ancora prendere piede.
Se dovessi scegliere un film che simboleggi a pieno la Festa della donna credo che non avrei dubbi: “Pane e tulipani” (1999, regia: Silvio Soldini, con Licia Maglietta e Bruno Ganz). Il racconto si apre con la scena in cui, durante una gita turistica in pullman, Rosalba, casalinga di Pescara, viene dimenticata in un autogrill. Un po' offesa, invece di aspettare che marito e figli vengano a riprenderla, decide di tornare da sola a casa. Si trova però su un auto diretta a Venezia, dove lei arriva per la prima volta e sente di voler rimanere. Da qui Soldini con rara maestria mette in gioco il lento, silenzioso, ma irrevocabile riscatto femminile.
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di Marco Minoletti
CULTURA
Albert Cossery: uno strano emigrato Se il giorno dopo aver letto un mio libro, anche uno solo dei miei lettori smettesse di lavorare, io avrei assolto il mio compito. (Albert Cossery)
Per scrivere qualcosa a proposito di un autore sarebbero necessarie due condizioni: il tempo per leggere la sua opera e un certo grado di empatia, vale a dire la capacità di sapersi immedesimare in lui. Nel caso di uno scrittore come Albert Cossery, per la prima condizione bastano un paio di mesi di buona volontà. La seconda, invece, si rivela una fatica di Sisifo, infatti un'impresa del genere richiederebbe anni e anni di duro e disciplinato ozio. Un'arte, questa, quasi impossibile da praticare in un'epoca e in latitudini in cui il tempo è denaro. Non se la prenda dunque a male Cossery dall'aldilà se, a parte Guy Debord che forse non aveva nemmeno letto la sua opera, non riuscirà a far perdere neppure una giornata di lavoro ai suoi lettori. Resta comunque il fatto che mentre il francese Debord rendeva eloquenti i muri di Parigi con la scritta "Non lavorate mai", l'egiziano Cossery dichiarava istrionico: "le mie mani non lavorano da 2000 anni." Discendeva forse il nostro autore da una dinastia di faraoni? Pare di no! Nato al Cairo nel 1913 da genitori illetterati appartenenti alla media borghesia e originari di Damietta, città portuale alla foce del Nilo affacciata sul Mar
Mediterraneo, Cossery frequenta i licei cattolici francesi della città, com'era in uso tra le famiglie del suo ceto sociale. Lettore vorace fin da giovanissimo, fa il suo esordio fulminante sulla scena letteraria locale nel 1930, quando un periodico egiziano in lingua francese decide di pubblicargli un racconto. Nel 1940 viene dato alle stampe il suo primo libro Gli uomini dimenticati da Dio. C'è già tutto Cossery con la sua prosa implacabile e delicata, la vena narrativa potente e precisa, la sua sferzante ironia sempre al limite del sarcasmo, il suo universo di uomini ai margini della società che conta: i mendicanti, i dormiglioni, i raccoglitori di cicche, i saltimbanchi, le prostitute, i fumatori di hashish, gli ammaestratori di scimmie, gli storpi, gli avventurieri, i perdigiorno, gli intellettuali falliti, i ladruncoli delle viuzze del Cairo. Quell'umanità di derelitti, insomma, che esce dalla Storia con la stessa noncuranza con cui vi è entrata, dalla porta di servizio. La vera alternativa per questa umanità votata alla miseria ancor prima di nascere non può essere Dio. "Se siamo
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poveri è perché Dio ci ha dimenticati, figlio mio. "Dio!" disse il bambino. "E quando si ricorderà di noi, papà?" "Quando Dio dimentica qualcuno, figlio mio, è per sempre." Nè può esserlo la fantasia applicata alla miseria "Perché attenta alla nostra dignità di poveri." La vera alternativa ad una condizione di veglia caratterizzata dalla miseria è il tempo del sonno, cioè l'intermezzo in cui il tempo "ripulito dagli uomini e dalle loro continue chiacchiere, si fa più degno.” Il problema del tempo affiora fin dai primissimi racconti di Cossery, concorrendo, nei suoi esiti, a dar vita ad una simbiosi tra l'autore, la sua esistenza e la sua Opera, tale da rendere labili i confini che li separano. Tutti i racconti e i romanzi di questo emblematico autore sono ambientati al Cairo e a Damietta, i luoghi della sua infanzia e adolescenza. oscilla l'intera Opera di Cossery, un'Opera che, forse, senza la mescolanza di questi ingredienti non troverebbe la sua ragion d'essere. Grazie agli effetti dell'hashish i personaggi messi in scena nei racconti e nei romanzi di Cossery riescono per un istante a far danzare perfino il fango e la sporcizia, a tessere trame e orditi che costringono il lettore a muoversi come un funambolo tra le righe di narrazioni in prosa che paiono scaturite da un sogno surreale, il sogno della miseria ad occhi aperti. Un tipico quartiere di Damietta
Parlando di sé amava ripetere: "sono e rimango un egiziano di cultura e lingua francese, con un universo egiziano." Un universo i cui protagonisti sono lui stesso e i suoi amici, un universo psicogeografico evocato e declinato in tutti i suoi libri, un universo i cui attori si muovono ignari delle logiche per l'utile economico, estranei al tempo scandito dai ritmi del lavoro e del consumo: un universo al quale rimane fedele, in teoria e in pratica, per tutta la vita. Nei suoi scritti Cossery descrive il mondo sommerso dei marginali che cercano nel sonno e nel ricorso all'hashish non tanto una via di fuga dalla "realtà", quanto una sorta di riscatto da una condizione di veglia dalla quale non si aspettano e non possono aspettarsi nulla e alla quale, nella loro veste di derelitti e mendicanti, non hanno nient'altro da opporre se non le virtù dell'arte dell'arrangiarsi, la propria dignità e il rigetto della serietà. Per numerosisimi dei suoi personaggi vivere equivale a dormire, come in quel racconto in cui alla domestica del vecchio Hafez viene imposto di cucinare in silenzio per non disturbare il nucleo famigliare assorbito dall'attività fondamentale della giornata: il riposo. Proverbiali erano l'indolenza e una certa diffidenza di Cossery per qualsiasi forma di sforzo prolungato. Cossery, da buon orientale, eleva l'indolenza al rango di scienza umana. La sua considerazione per il tempo si traduce nel lasciarlo passare con estrema lentezza e con il minimo di grattacapi. Il perno attorno al quale ruota la giornata e - perché no? l'intera vita dell'uomo è il sonno. Il sonno, le trame del sogno e il loro prolungamento nella veglia per mezzo dell'hashish rappresentano gli assi cartesiani entro i quali
Si racconta che Cossery, domiciliato presso l'Hotel Louisiane in rue de Seine a Parigi, non gradisse alcuna visita mattutina. A chi lo cercava prima di una cert'ora le generazioni di portieri, che si sono succeduti alla ricezione dell'albergo nei sessantatre anni di permanenza dello strano viaggiatore, rispondevano che Monsieur Cossery "non desidera essere disturbato prima di pranzo". In quell'albergo Cossery c'era arrivato nel 1945 e ci dormirà fino alla fine dei suoi giorni. Rue de Seine a Parigi
Titoli delle Opere dell'Autore disponibili in versione italiana: Mendicanti e orgogliosi, 2009, ed. E/O La violenza e il riso, 2009, ed. Bartes Gli uomini dimenticati da Dio, 2008, ed. Bur Ambizione nel deserto, 2006, ed. Spartaco Un complotto di saltimbanchi, 1994, Giunti Editore
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di Chiara Morassut
SOCIETÀ
La democrazia dei bulletti Se penso alla politica italiana oggi, il paragone più azzeccato che mi viene in mente sono le litigate di quando eravamo bambini. Quando c’era il bulletto che voleva comandare su tutti, c’erano i vari “se sei amico suo non sei amico mio”, c’erano i giochi con regole prestabilite che poi venivano stravolte quando quello che perdeva aveva abbastanza amichetti dalla sua parte.
Formigoni in Lombardia e alla lista del Pdl nel Lazio, rispondendo agli appelli in extremis rivolti dai vertici del centrodestra e dalla candidata alla presidenza della Regione Lazio, Renata Polverini.
Chiunque stia seguendo un po’ la cronaca politica delle ultimissime settimane italiane sa bene cosa sta succedendo. Questi, in sintesi, i fatti. Il Pdl rischiava l’esclusione dalle elezioni regionali del Lazio per un ritardo sfociato in pratica nella mancata presentazione della loro lista entro i termini previsti. Quanto è seguito era prevedibile: sul fronte interno improbabili giustificazioni del responsabile che si sarebbe assentato per sbadataggine (per mangiare il famoso panino) o, secondo alcuni, perché il partito non disponeva di tutti i documenti necessari o voleva attuare modifiche all’ultimo momento. Dal punto di vista legislativo i ricorsi alla Corte d’appello non hanno, per fortuna, dato esiti. La Corte d’Appello di Roma è stata lapidaria nella sua motivazione: “Alle 12 non c’era nessuno della Pdl in sala e alle 12.30 tutto è stato chiuso”. Dicevamo, i fatti: mancata presentazione delle liste e prevedibile bocciatura dei ricorsi. Questo è quanto, verrebbe da concludere, e invece no, perché altrettanto prevedibile è stata la reazione dei malcapitati che al di là delle istanze si sono appellati alla ben più potente, è il caso di dirlo, propaganda. E così non si contano le dichiarazioni scandalizzate di chi, liquidando con uno stupido vizio di forma il mancato rispetto di una regola, denuncia come un mero fatto burocratico starebbe mettendo in pericolo la democrazia e il diritto di voto degli elettori Pdl in Lazio. Si passa dagli appelli alla magistratura per l’uso del buon senso, alle minacce di rivolte popolari e prove di forza, alle accennate leggine per una modifica della normativa (proroghe o riapertura dei termini) fino alle vaghe quanto preoccupanti richieste di garantismo rivolte al Capo dello Stato. È un Paese interessante l’Italia da questo punto di vista, perché tarantelle del genere non te le aspetteresti da un Paese normale, e perché, l’hanno pensato in molti, non c’è limite al ridicolo e ai tentativi di manipolazione di un’opinione pubblica che ormai, nel migliore dei casi, si limita a scuotere la testa sconcertata. Ma tutto questo non avrebbe meritato un articolo, tutto questo sarebbe stata solo la solita Italia, se ieri 5 marzo, poco prima della mezzanotte, il Capo dello Stato non avesse messo la sua firma su un decreto legge cosiddetto interpretativo che dà il via libera alla candidatura di
Appelli che, fino a ieri, sembravano destinati a cadere nel vuoto. E fino a ieri infatti pensavo che l’articolo lo avrei scritto sulla tv italiana vista dall’estero, ma poi, data la situazione e considerato tutto, penso che valga la pena rendere noto una volta di più, con una voce in più, quello che sta succedendo in questo momento in Italia, alla faccia delle regole, della democrazia, della semplice decenza. In sostanza il decreto prevede che nel valutare i termini di presentazione delle liste ci si basi anche sul fatto che con qualsiasi mezzo si possa dimostrare di essere stati presenti nel luogo di consegna nei termini stabiliti dalla legge. Che tradotto nella pratica permette al Pdl di aggirare il piccolo dettaglio che la loro lista non sia stata formalmente presentata nei tempi previsti, che tanto loro erano nelle vicinanze e quindi va bene. Nell’opposizione, in queste prime ore, c’è chi parla di trucco, di procedure stravolte, chi invoca apertamente la protesta della piazza e denuncia un atto di pirateria, una pagina vergognosa per la democrazia in Italia, un passo verso il regime dell’arbitrio. Da parte del Governo la sottolineatura va alla natura “interpretativa” del provvedimento, ci si affretta a escludere che la normativa sia stata modificata in favore di qualcuno, ma solo appunto interpretata in modo corretto.
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Non è detto sia finita così, anzi probabilmente non è finita affatto così, ma appare improbabile che la legge salva-liste non ottenga il risultato voluto di piegare le regole a favore di chi le fa e non si ricorda di rispettarle, mentre l’opinione pubblica, talmente è abituata a questo autoritarismo populista, non si indigna nemmeno più. All’indomani dello scandalo assistiamo alla rivolta online e ai sit in di protesta del popolo viola, e si programmano manifestazioni di piazza, ma, e spero di sbagliarmi, chi è al potere non tornerà indietro e la protesta popolare scemerà velocemente come è nata. Di tutta questa storia resta addosso solo la sensazione che tutta la farsa - arrivare tardi, non avere le carte in regola, fare il decretino e rimettere tutto apposto - sia solo un modo per farci capire quanto possono fare i loro interessi, oltre ogni immaginazione, quanto le regole non contino più niente laddove prevalgono le comode interpretazioni, quanto la legge non sia uguale per tutti, quanto ormai veramente ogni limite possa essere superato. Questi, dicevo, i fatti. Questa l’Italietta del 2010. E, se non resta altro che rimanere increduli e disgustati, almeno riportiamo qui un pezzo di storia del bel Paese, a futura memoria, per quando, e accadrà probabilmente fra poche settimane, i furbi promotori di un’eccezione iniqua si vanteranno di aver fatto trionfare la democrazia. Perché, come cantava Simone Cristicchi in una delle canzoni più sottovalutate di questo ultimo Sanremo: “la verità è come il vetro, è trasparente se non è appannato e per nascondere quello che c’è dietro basta aprire bocca e dargli fiato”. Voi che pagate le multe, che presentate le domande per i concorsi pubblici entro i termini previsti, che vi
fermate al rosso, che in poche parole rispettate le regole, beh sappiate che c’è chi sta meglio di voi e di sottomettersi a questa noiosa burocrazia non ha proprio bisogno. Come i bulletti delle elementari appunto, ma cresciuti e senza più nessuna maestra che li possa mettere in riga.
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di Rossana Seghezzi
TURISMO
Dormire in maniera diversa: ovvero quando il turismo si fa originale Avete mai pensato di trascorrere la notte in un albergo che era una volta ... una gru? O, una grotta? Ecco qualche curiosità per trascorrere vacanze originali in tutto il mondo.
Una nuotata col diavolo (Africa centrale) “The DevilsSwimming-Pool“ Ossia le cascate Vittoria sul fiume Zambesi, tra Zambia e Zimbabwe sono state dichiarate dall'Unesco nel 1989,
Hotel Gru - Harlingen (Paesi Bassi) L' hotel Hafenkran è costruito in una gru dismessa nel porto di Harlingen. Il motore è stato rielaborato, in modo che l'ospite può azionare la gru a cambiare la sua posizione per godere di una vista a 360° sul piccolo villaggio di pescatori. È molto ben progettato e si può controllare tutto da un piccolo monitor facile da usare: l'illuminazione, la posizione di ciascuno, l'altezza ... Hotel subacqueo (Florida, USA) Ispirato al libro di Jules Verne 20.000 leghe sotto i mari, il Jules Undersea Lodge Hotel si trova a circa 12 metri sotto la superficie dell'acqua. Attraverso una finestra si può godere il paesaggio mozzafiato e la flora e la fauna sottomarina. L'albergo ha un collegamento diretto con la superficie: l'immersione è l'unica opzione per raggiungere la terraferma. Aereo Hotel (Svezia) Tutti sanno che dormire su un aereo non è sempre un'esperienza tranquilla, ma dell'Hotel Jumbo di Stoccolma non si può dire la stessa cosa. Ricavato da un Boeing 747200 dismesso, l'hotel offre comfort e spazio. Inoltre, chi vuole sentirsi come un pilota, può prenotare la cabina per una notte. Tour tra i tornado (USA)
patrimonio dell'umanitá. Con circa 110 metri di dislivello, sono una tra le più famose al mondo. Da settembre a dicembre si può nuotare ai margini in relativa sicurezza. Un'esperienza indimenticabile. Immersione tra i resti del Titanic (Terranova) È stata prevista per agosto la prima visita guidata con immersione al relitto del Titanic. Il transatlantico naufragato nella notte tra il 14 e il 15 Aprile 1912, a seguito di una collisione con un iceberg, giace sul fondo dell'oceano, a più di 4000 metri di profondità. Data la difficoltà tecnica dell'immersione, (il relitto é stato scoperto solo il primo settembre 1985) la visita durerá in totale 12 giorni. Surfing sul vulcano (Nicaragua)
La parte centrale degli Stati Uniti é vittima ogni anno della devastazione dei tornado, un evento naturale tra i piú impressionanti al mondo. Molti però sono gli appassionati che, per assistere al fenomeno, viaggiano attraverso il Midwest alla ricerca di questa manifestazione della natura, anche tramite le diverse le aziende specializzate che propongono tour e viaggi organizzati.
Il massiccio vulcanico del “Cerro Negro“ nell'America centrale, deve il suo nome alla cenere vulcanica che ne
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ricopre le pendici. Tuttavia, la consistenza della stessa é soffice e simile alla neve. Per questo motivo sono in molti a tentare la discesa con ai piedi sci o snowboard.
l'hotel Iglu Dorf. In aggiunta, ogni ospite ha la possibilità di progettare e costruire il suo igloo. Tutta l'architettura e la costruzione si basa su blocchi di ghiaccio, dai sedili alla reception ai letti. Semplicemente incredibile!
Rompighiaccio (Lapponia) Case galleggianti in India Le case galleggianti, che sono ora l'attrazione principale del Lago Srinagar, sono state introdotte accidentalmente nel Kashmir. Le sue circa 500 case galleggianti di epoca vittoriana in legno, vennero originariamente costruite come case di vacanza per gli amministratori indiani durante il periodo di dominazione inglese. Nel corso del Raj britannico. Poiché non era permesso costruire abitazioni permanenti in città su ordine del Maharaja, questi ufficiali scelsero di vivere in case galleggianti. La prima casa galleggiante, di nome Vittoria, è stato progettato dal Signor M.T. Kenhard nel 1888.
Il Nord dell'Europa in inverno può offrire esperienze e avventure davvero estreme. Le acque ghiacciate del Mar Baltico sono navigate spesso da turisti a bordo di navi rompighiaccio. Un tuffo nelle acque gelide del nord é un'esperienza assolutamente unica. Hotel Igloo (Svizzera) Vivere per qualche giorno come un eschimese può essere molto interessante, ed è esattamente quello che propone
Ger - Tenda mongola La “Ger” o tenda mongola con pareti di feltro è l’unica casa nomade di questo tipo al mondo; tutti i mongoli, dagli imperatori ai custodi delle greggi hanno vissuto in tali tende. Un viaggiatore che passa la notte in una tenda mongola si stupirà con meraviglia di come possa essere comodo e confortevole riposare al suo interno. La visione di un cielo notturno stellato attraverso l’apertura circolare alla sommità della tenda conferisce una straordinaria emozione. Il viaggiatore può trovare queste tende non solo nelle aree rurali ma anche nelle città e anche i mongoli che vivono in a p p a r t a m e n t o p o s s i e d o n o u n a t e n d a d o ve , immancabilmente, passano alcune giornate.
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di Christian Lombardi
PSICOLOGIA
Depressione stagionale - SAD
La caratteristica principale della Depressione Stagionale è il presentarsi di sintomi tipicamente depressivi in certi periodi dell'anno. Essa viene anche detta "Sindrome affettiva stagionale" o indicata semplicemente con l'acronimo "SAD" dall'inglese "Seasonal Affective Disorder". In generale tali periodi sono l'autunno, o l'inverno, oppure la primavera, e spesso la sintomatologia ha un suo miglioramento e/o risoluzione in estate, anche se sia i periodi con esordio dei sintomi, che quelli con remissione possono variare. In tal modo la sintomatologia compare solitamente tra settembre ed aprile e ha le sue punte più problematiche nei mesi maggiormente freddi quali dicembre, gennaio e febbraio. Altra caratteristica che contraddistingue la Depressione Stagionale è data dal fatto che questo andamento
oscillatorio "esordio-remissione" dura per almeno 2 anni, senza nessun periodo di sintomi depressivi non stagionali frapposti. Inoltre perché si tratti davvero di Depressone Stagionale occorre che i sintomi depressivi stagionali non siano legati a cause psico-sociali generatrici di stress, come ad esempio la disoccupazione in un certo periodo dell'anno o gli impegni scolastici come esami finali o appelli universitari tipici di alcuni mesi. La Depressione Stagionale è molte volte caratterizzata anche da diminuiti livelli di energia, da stanchezza eccessiva, da ipersonnia e da iperfagia, ovvero un incremento di desiderio di sonno e cibo, che provocano diminuzione delle attività ed aumento ponderale. La Sindrome affettiva stagionale, può anche comportare, al contrario, una diminuzione dell'appetito (inappetenza) e/o della capacità di dormire (insonnia), così come ansia, sbalzi d'umore,
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suscettibilità e perdita di desiderio sessuale. Sembra che la Depressione Stagionale sia più probabile nelle persone afflitte da Disturbo Bipolare e nelle giovani donne piuttosto che negli uomini (probabilmente per differenti strutture e funzionamenti psico-biologici).
Questi sono i più comuni disturbi della SAD ( seasonal Affective Disorder ndr … ), una sindrome che colpisce una grande fetta della popolazione mondiale ad ogni cambio di stagione. Le donne, provviste di un organismo regolato da ritmi ormonali articolati, sembrano le più sensibili: sono affette dalla depressione stagionale con una frequenza due o tre volte maggiore rispetto al sesso maschile. C’è chi attribuisce la causa di questa sintomatologia alle condizioni atmosferiche o all’alterazione dell’orologio interno, ma recenti studi hanno dimostrato che, tra i tanti fattori scatenanti , alla base ci sia la carenza di vitamina D. Sue Penckofer, ricercatrice della Loyola University di Chicago, dopo un test condotto su 80 donne di età compresa fra i 18 ed i 70 anni, a cui sono stati somministrati settimanalmente per sei mesi degli integratori a base di vitamina D, ha rilevato l’importanza dell’assunzione della suddetta per appianare l’umore e risolvere i fastidiosi disagi provocati dall’alternanza stagionale. L’origine di questo tipo di depressione è infatti ricercabile nella insulino-resistenza, fenomeno concepente di un peggior controllo degli zuccheri nel sangue. E’ provato che la suddetta sostanza vitaminica incida positivamente su questo elemento, riducendolo. Si consiglia, dunque, l’apporto della vitamina in tutte le sue forme, dall’esposizione al sole alla consumazione di alcuni alimenti come latte, uova, salmone, tonno, olio di fegato di merluzzo, e funghi. L’alternativa è aspettare pazientemente il sopraggiungere della primavera.
Inoltre si ipotizza che alla base di tale sindrome psicologica vi sia la cospicua diminuzione di luce solare tipica del periodo autunnale ed invernale, ed anche il cospicuo cambiamento di temperatura durante questi periodi. Ne è riprova il fatto che la Sindrome affettiva stagionale è maggiormente diffusa e probabile nei paesi dove la quantità annua di luce solare è minore e dove fa più freddo (ad esempio Canada, Islanda, Stati Uniti del Nord, Paesi Scandinavi, etc.). In specifico sembra che i cambiamenti di esposizione alla luce solare influenzino il livello di Serotonina del sistema neuropsicologico, con il conseguente calo di umore ed energie, e/o che tale carenza di luce porti ad un abbassamento della quantità di Melatonina, un ormone fondamentale alla base dei ritmi psico-biologici vitali dell'individuo. Tutto questo comporta cambiamenti a livello dei meccanismi psico-fisici i quali, uniti a una o più sfere vitali problematizzate da ulteriore intenso stress, forte ansia, umore altalenante, etc., portano ai suddetti sintomi stagionali e/o ad altre problematiche di tipo psicologico. Combattere la depressione stagionale si può: la vitamina D è la risposta di Nadia Napolitano Chi almeno una volta nella vita non ha sofferto di affaticamento, cambi ingiustificati d’umore, sonnolenza, intorpidimento generale e perdita dell’appetito? ... l’altraitalia 33
di Paola Zorzi
SOCIETÀ
Amianto: processo Eternit di Torino limitare così il confronto con una sfera di riferimento più estesa, oggettiva, di ordine collettivo e diffusa (ambiente) pur rilevando l'inevitabilità di un confronto dialettico in un ottica pubblicistica tra la figura della “persona offesa” e i cosiddetti “enti esponenziali”.
Lunedì 8 febbraio 2010 al Palazzo di Giustizia di Torino si è tenuta la terza udienza di quello che è stato definito “il più grande processo in Europa” relativo ad una causa ambientale. Il processo vede sul banco degli imputati i due ex dirigenti della società Eternit s.p.a., lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny e il belga Jean Louis Marie de Cartier de Marchienne imputati per omissione di cautele, disastro ambientale doloso e permanente. Sotto i riflettori dell'accusa la produzione, l'utilizzo e le condizioni in cui i lavoratori hanno manipolato un materiale come l'amianto che ha procurato la morte di quasi tremila persone di cui 2056 lavoratori negli stabilimenti della Eternit. L'amianto è stato proibito in Italia nel 1992, in Germania nel 1993, il Francia nel 1996, e in Svizzera nel 2000, l'Italia però è stato dal dopoguerra uno dei maggiori produttori e consumatori di amianto. A questo proposito in una precedente udienza era stato emesso un decreto per la citazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri Italiano e Unione Europea, chiamati in causa come responsabili per le morti di amianto dai legali di alcuni parenti delle vittime. La Procura in quell'occasione si era però associata alla dichiarazione di estraneità della Presidenza del Consiglio e Unione Europea nonostante parte dei famigliari, malati, enti e associazioni, tra cui alcune toghe straniere, si fossero opposti. Nel corso dell'udienza attuale in sintesi, oltre al dibattimento in aula, è stato acquisto materiale (“memoria”)utile per pervenire ad un'ulteriore definizione delle parti in causa. Durante l'udienza, le rispettive difese dei due dirigenti di Eternit s.p.a. hanno quindi richiesto l'esclusione dal processo di eventuali presenze non corrispondenti alla figura di “persona offesa” apportando argomentazioni tendenti, in parole povere, a limitare la sfera del processo ad un ambito soggettivo. Inerente cioè le persone direttamente interessate dal danno. Questo nel tentativo dichiarato di
Dopo aver fatto presente che negli ultimi dieci anni i criteri di valutazione per l'inclusione di questi enti (considerate parti lese diffuse e collettive) erano cambiate per ragioni sociali, la difesa ha richiesto l'esclusione di associazioni sindacali, enti previdenziali, del Codacons (associazione per i diritti dei consumatori), dell'Associazione Bolognese Esposti Amianto e di tutte le associazioni facenti capo a Verdi Ambiente e Società (per brevità denominate in aula vas, da non confondersi con l'acronimo (valutazione ambientale strategica) considerati non direttamente collegati ai soggetti lesi. A fronte di una produzione che ha causato danni ambientali permanenti è stato comunque richiesto dalla difesa di considerare le accuse su di un piano temporale rispetto all'attività degli imputati. Almeno 2.200 sono le parti civili costituite in questo processo. Tanto che il Tribunale ha avuto qualche problema nell'acquisizione e trasferimento dei dati informatici. Naturalmente ogni argomentazione è stata controbattuta passo passo dall'accusa. In particolare la pubblica accusa nella persona del pm. Raffaele Guariniello, legale di INAIL , si è appellato all'art.61 disposizioni in tema di processo penale - dove risulta specificato che “l'esercizio dei diritti della persona offesa è possibile in caso di omicidio colposo o lesioni personali colpose se il fatto è commesso con violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro o relativi all'igiene che determinano la malattia professionale ...” L'art. 61, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 legittima inoltre l'Inail, cioè uno degli enti per il quale la difesa aveva richiesto l'esclusione, (e che per legge deve essere informata) ad esercitare a propria scelta l'azione civile, di risarcimento o di regresso, nel processo penale ovvero in sede civile. Cosa del resto ovvia in quanto i danni in questione hanno ripercussioni economiche sull'ente previdenziale stesso che è tenuto a erogare prestazioni conseguenti ai danni subiti dai lavoratori e dalle persone che sono entrate in contatto con l'amianto. Lo stesso argomento è stato sostenuto anche da altri enti e dalle associazioni ambientaliste che si trovano ad affrontare e/o constatare le più disparate conseguenze ambientali dovute alla presenza di amianto sul territorio. In tal senso si è anche disquisito dalle due parti in causa sul significato da attribuire al termine “disastro ambientale” così come già avvenuto in precedenza per dell'art.61 interpretato in modo restrittivo o estensivo a seconda delle
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parti. Anche la necessità avanzata dalla difesa dei due exdirigenti nei confronti degli enti (tra i quali enti previdenziali e comuni confinanti con casale Monferrato) di dimostrare l'effettiva idoneità nel porsi come parti lese collettive sulla base della richiesta di un loro radicamento e continuità di azione nel territorio in cui il reato è stato commesso, è stata giudicata infondata dall'accusa, vista la vastità e la permanenza del disastro e la presenza assicurata in loco di molti degli enti e associazioni a cui era stato fatto riferimento. Infine in uno dei brevi interventi in cui era concesso un massimo di dieci minuti, l'avvocato per aicacub ha prospettato la lesione concreta del diritto alla tutela dei lavoratori sia all' interno che all'esterno del luogo di lavoro. Ricordiamo che le persone decedute per le quali è stato aperta l'inchiesta oggetto del processo erano dipendenti della Eternit s.p.a. e residenti nelle zone in cui sorgevano i quattro stabilimenti: Casale Monferrato e Cavagnolo (Piemonte), Rubiera (Emilia), Bagnoli (Campania). Nonostante l'Italia sia stato uno dei maggiori produttori e consumatori di amianto sino ad oggi non è stata ancora predisposta una mappatura della presenza di amianto nel nostro territorio, anche se ormai i rilevamenti satellitari la renderebbero possibile in tempi e costi ridotti rispetto al passato. Questo sarebbe di estrema importanza, infatti il picco relativo alle conseguenze dell'esposizione a questo materiale dovrebbe essere raggiunto nel 2018, data entro la quale non è possibile affidarsi al fatalismo anche in considerazione del progressivo ed esponenziale deterioramento del materiale. Così come non ci sono previsioni in merito a piani regionali o nazionali coordinati di bonifica del territorio e la creazione di un Registro degli Esposti all'Amianto. Nonostante queste carenze quel che è certo è che in Italia il Registro Nazionale dei Mesoteliomi, alla fine del 2004 registrava 3670 casi di decesso. Si tratta di un numero parziale perché comprende esclusivamente le persone decedute in strutture ospedaliere mentre il numero di decessi non ufficiali è sconosciuto o sommerso. Non solo, nel mondo si continua ad estrarre, costruire e produrre con l'amianto. In molti paesi in via di sviluppo o di nuovo sviluppo molti lavoratori ancora oggi sono sprovvisti di qualsiasi nozione di prevenzione e trattano i sacchi di amianto come un qualsiasi materiale. Tutti questi sono condannati a morte! Ma anche in Italia è come se, al di là della tanto invocata retorica patriottica, su questo terreno si sia già persa un'altra guerra che ha lasciato sul terreno migliaia di vittime. Basta guardarsi intorno con altri occhi e con una nuova prospettiva - che anche attraverso questo processo oggi possiamo sostenere - per scoprire e vedere che anche nei luoghi più impensabili e belli ci sono distese di coperture in amianto. In questo caso la storia nella sua inevitabile sintesi successiva non potrà certo tener conto di eccezioni, inammissibilità ed esclusioni e il giudizio non potrà che essere oggettivo. Un processo molto atteso. A Torino per seguire il processo molte erano le persone, famigliari delle vittime dei lavoratori esposti all'amianto e
perfino alcuni sopravvissuti. Molti di loro erano giunti in pullman da Casale Monferrato e dalle zone limitrofe. La prima udienza, accolta con molto entusiasmo, aveva visto persino la presenza di rappresentanti venuti da Francia, Svizzera, Gran Bretagna e Germania dove si stanno svolgendo altri processi sull'amianto. Questo processo ha un grande valore ed è stato fortemente voluto soprattutto dai parenti delle vittime, dai malati, dai tanti enti, associazioni e cittadini che in questi anni si sono organizzati in comitati spontanei e che ora finalmente sono riusciti a porre in primo piano i diritti di quei lavoratori e cittadini per troppo tempo ignorati. Non è trascorso molto tempo da quando i lavoratori venivano percepiti esclusivamente come un peso, un problema inevitabile. In questa situazione non poteva certo e non può ancora oggi svilupparsi una cultura della prevenzione degna di questo nome che tenga conto prima di tutto della salute, dell'ambiente e delle condizioni di lavoro dei lavoratori. Ma “la decisione del Tribunale di Torino è una decisione importante anche perché avvicina la verità giuridica a quella storica”(cronaca tg24) Il nesso di casualità tra l'esposizione all'amianto e la malattia è stato per lungo tempo negato anche in presenza di prove concrete. Già a partire dagli anni 70 c'era la certezza di questo nesso ma ci sono voluti vent'anni per arrivare al divieto della sua produzione. Troppi evidentemente. Durante la pausa pranzo, fuori dall'aula in una fredda giornata invernale era possibile aver l'onore di incontrare i parenti delle vittime che mangiavano un panino portato da casa ed estratto dalla borsa. Scattando alcune fotografie due uomini si sono presentati come gli unici due sopravvissuti al mesotelioma su trenta compagni di lavoro del reparto “materie prime - facchini”. Mi raccontano di essere arrivati al punto di non aver più avuto il coraggio di andare a visitare i loro compagni malati in ospedale in quanto “si immaginavano già al loro posto”. Vengo così a sapere di sacchi di amianto blu e bianco che, prelevati dalla stazione di Casale Monferrato, venivano caricati e scaricati a spalle quindi tagliati per far uscire l'amianto senza nessuna precauzione. Molti di loro, addetti alla manutenzione meccanica, dovevano provvedere alla pulizia delle condotte ostruite dalle polveri, dalle quali, attraverso nastri trasportatori veniva trasportato l'amianto nei silos. La moglie di un operaio deceduto infine ha raccontato di come suo marito trovasse assurdo dover perfino pranzare in un luogo con tanta polvere mentre a casa giungevano i panni sporchi di polvere da lavare. ... c'è chi per tutto il tempo è attento e chiuso in un dignitoso silenzio e chi invece vorrebbe affidarti uno, due nomi perché non vengano dimenticati o perché per troppo tempo queste tragedie sono state vissute nella più desolante solitudine e consapevolezza di un'ingiustizia. Forse era questo che in un passato non così lontano si intendeva parlando di “cultura popolare”. Le udienze dovrebbero svolgersi a cadenza settimanale tutti i Lunedì.
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La gente mi regala quadernetti, i più sofisticati fra voi li chiamerebbero moleskine. La gente mi regala quadernetti che non sono moleskine perché costano circa un terzo delle moleskine. Ma non è questo il punto. Neanche il mio quadernetto attuale è una moleskine. La gente mi regale quadernetti perché “tu usi i quadernetti”. Ed è vero. La gente mi regala un block notes (quadernetto, moleskine) per Natale e mi dice: “così ne hai uno per il prossimo anno”. Ma perchè dovrei buttare via il mio attuale block notes che mi accompagna dall’Irlanda? E non ne ho usato neanche la metà. A me i quadernetti piace finirli. E non si buttano prima. Non si buttano prima che si siano strappate le pagine e che il loro colore esterno abbia assunto una sfumatura di grigio. Non si buttano prima di iniziare a esserci troppo affezionata dal non volerli buttare e quindi cercare di sfruttare al massimo l’ultima manciata di facciate per posticipare il più possibile l’inevitabile separazione, ma anche godersi a pieno quel senso di benessere e sottile malinconia che il vedere la fine sempre provocano. Quando si buttano, i block notes, non si buttano nemmeno allora, ma si accantonano in un angolo della libreria sicuri che prima o poi si andranno a risfogliare in cerca di un commento appuntato solo là o di un numero di telefono dimenticato. Questo perché si è ancora nella fase in cui il tale quadernetto ci risulta fondamentale e insostituibile. Poi arriverà il quadernetto nuovo, all’inizio saremo intimidite dalla sua fiammante bellezza e avremo quasi timore di sporcare le sue pagine bianche, ma poi ci sarà l’eccitazione di ogni nuovo inizio e in men che non si dica sopraggiungerà l’abitudine e lui sarà IL quadernetto. E se mai dovesse capitare (non capiterà) che dobbiamo andare a cercare qualcosa nel vecchio quadernetto non troveremo mai niente, lui per noi sarà diventato un estraneo un po’ ostile. Abituate come siamo alla geografia del quadernetto nuovo ripenseremo con incredulità ai tempi in cui faticavamo a separarci da quello vecchio. Che poi è sempre una questione di fini e nuovi inizi e strade vecchie abbandonate per strade nuove e se non l’avessimo fatto chissà ora dove saremmo, anche se forse lo sappiamo dove saremmo se non avessimo accettato i rischi o sfidato la sorte, commesse in un supermercato che guardano Beautiful aspettando una novità nella loro vita e non si chiedono nemmeno troppo spesso cosa sarebbe successo se quel giorno avessero avuto il coraggio di mollare tutto e provare qualcosa di nuovo. Il quadernetto in questo è programmazione, agenda, diario di viaggio, brutta copia, ricordo concreto di un passato recente ma che già non c’è più, testimone di un presente incerto e di un futuro chissà dove. E comunque il punto è che ho quadernetti per i prossimi quattro anni. In pratica non potrò mai andare in una cartoleria a scegliermene uno. E mi piacerebbe. E la gente crede anche di farmi contenta. ... l’altraitalia 37
Chiaramente ... no
di Chiara Morassut
ENOGASTRONOMIA
di Christian Testori
storia di un cibo senza confini La ricetta Lenticchie all’indiana Ingredienti per 4 persone: 300 gr. di lenticchie 200 gr. di ceci precedentemente messi a bagno, 2 cipolle, 2 pomodori maturi, 1 carota, una costa di sedano, 1 cucchiaio di curry, 2 tazze di cuscus, sale e olio extra vergine. Preparazione: Lessare separatamente i legumi in acqua, cinque minuti prima di giungere a cottura aggiungere il sale. Dopo averli scolati, in una casseruola soffriggere le cipolle finemente affettate, il sedano e la carota tagliati a dadini in tre cucchiai d'olio; unirvi quindi i pomodori e lasciar insaporire per circa 3 minuti. Aggiungere i legumi e bagnare il composto con un bicchiere d'acqua calda in cui avrete sciolto il curry. Coprite con un coperchio e cuocete a fuoco lento per circa 20 minuti, aggiungendo saltuariamente piccole dosi di acqua calda. Unire il cuscus, mescolare per 2 minuti, coprite e spegnete il fuoco. Il tutto dovrà riposare per almeno 10 minuti, durante i quali avrete cura di mescolare e aggiungere l’acqua calda necessaria a che il cuscus si sia gonfiato bene. Ponete quindi in un piatto da portata guarnendo con foglioline di prezzemolo e menta fresca.
Abbinatelo con ... EST! EST!! EST!!! di Montrfiascone DOC Originario della provincia di Viterbo, nell’alto Lazio, è un vino bianco secco, limpido, di colore paglierino brillante, vinoso, sapido, di corpo e armonico. Il titolo alcolometrico è 10,5%, dunque è un vino assolutamente leggero e gradevole. La produzione è consentita con vitigni Malvasia e Trebbiano, Giallo o Toscano. Il suo strano nome è dovuto a una leggenda: si racconta che nell'anno 1111 un vescovo al seguito dell’imperatore Enrico V inviò un coppiere in avanscoperta per scegliere il vino migliore scrivendo "EST", cioè "c'è", vicino alla porta della locanda ove lo avesse trovato. Arrivato a Montefiascone e assaggiato il vino, per indicare al suo padrone la qualità eccezionale decise di ripetere per ben tre volte il segnale convenuto EST EST EST.
Vi sono alimenti capaci di costituire, per l’umanità, un linguaggio comune. Alcuni cibi hanno o avrebbero cioè il potere di avvicinare i popoli, dimostrando come a problemi comuni siano state date, anche in quel passato usato come verga per stabilire confini e differenze, risposte simili se non identiche. E’ il caso delle lenticchie, probabilmente il più antico tra i legumi coltivati. Il suo consumo risale infatti alla nascita dell’agricoltura in Mesopotamia. Le varietà note sono diverse, ed è uso comune distinguere le principali in base ai colori: marrone (quella rinvenibile generalmente in scatola), rossa, verdi (come la lenticchia verde di Villalba e di Altamura), corallo, bionda, rosa pallido. Nell’antico Egitto le lenticchie erano parte integrante della dieta quotidiana. Quelle coltivate nel delta del Nilo erano particolarmente famose e fatte pertanto merce d’esportazione. La documentazione papirologica testimonia addirittura che, nell’Egitto ellenistico, esistevano mercanti di lenticchie cotte. La Bibbia cita più volte questa leguminosa, a testimonianza del valore che rivestiva nelle società antiche. Particolarmente celebre è il passo in cui Esaù, figlio di Isacco e gemello di Giacobbe, cedette a quest’ultimo la primogenitura in cambio del celebre ‘piatto di lenticchie’. Da Plinio apprendiamo che anche i cartaginesi, di cui si fanno ricordare gli orti lussureggianti, ne erano ghiotti, e che amavano abbrustolirle prima di pestarle con la crusca. Nel mondo classico le lenticchie si distinguono come base alimentare dei ceti più poveri insieme a fave e ceci, mentre particolarmente interessante risulta la moda araba e orientale di accompagnarvi la pasta. L’uso si trasferì anche in Italia, benché oggi se ne sia sostanzialmente persa la memoria a beneficio della diffusissima pasta e fagioli. Per la preparazione, è sufficiente lavare e tritare 6 rametti di prezzemolo. In una pentola si mettano 2 cucchiai di olio extravergine, 2 cipolle bianche spellate e tritate e 4 spicchi di aglio intero. Si uniscano un
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paio di cucchiai di brodo e si cuocia per 5 minuti regolando di sale. Si aggiungano quindi 400 grammi di pomodori a pezzi e 200 grammi di lenticchie rosse secche. Dopo che il composto avrà ripreso il bollore, unire ancora brodo caldo e un pizzico di sale. Dopo un’ora di cottura, si alzi la fiamma e si lessino 200 grammi di pasta a tubetto, cuocendola il tempo indicato sulla confezione. In ultimo, aggiungere un filo d’olio a crudo e una grattugiata di pepe. Tra i popoli che apprezzarono particolarmente le lenticchie non si possono tacere gli ebrei del Mediterraneo, presso cui svolgono un ruolo fondamentale come variazione nelle zuppe e negli stufati. Nell’ Europa medievale, i suoi principali estimatori erano i contadini tedeschi, mentre in epoca moderna - tra il XVI e il XVII secolo - abbondarono sulle buone tavole e fecero la loro comparsa nei libri di cucina francesi. Una simile storia lascerebbe presagire un destino più roseo di quello in cui le lenticchie si sono imbattute: la produzione mondiale è modesta, sebbene - soprattutto in Italia l’attenzione alla qualità non sia mai venuta meno, così come il radicamento nella cultura popolare. I picchi di consumo si registrano immancabilmente durante la notte di San Silvestro, dove le lenticchie accompagnano lo zampone perché - si dice - “portan soldi”. La credenza risale all’antica usanza di recare in dono una scarsella, tipica borsa portavalori, ricolma di lenticchie con l’augurio che i semi potessero trasformarsi in monete.
maturi, quindi farvi saltare la pasta e 200 grammi di germogli. Tra le altre varietà appare doveroso menzionare due prodotti tutelati dall’associazione slow food: la lenticchia di Ustica, in provincia di Palermo, e quella di Onano, nel viterbese. Molto piccole e di colore marrone scure le prime, tonde e tinte di marrone più chiaro le seconde. Entrambe, va detto, si fanno apprezzare per la tenerezza e la sapidità.
Palio del Recioto- 56° Edizione dal 30 marzo al 18 aprile 2010 - Negrar (VR) www.paliodelrecioto.org Festa vinicola dove le migliori cantine della valpolicella classica propongono l'assaggio dei loro prodotti. Tra questi il "recioto", vino particolare perchè si tratta di un rosso passito dolce molto profumato. Durante le giornate di festa musica in piazza, spettacoli e mostre. Fiera degli Antichi Sapori dal 2 al 05 aprile 2010 - Cattolica (RN) www.eventi3000.com Al via Fiera degli Antichi Sapori di Mare e di Terra. La XXVII edizione si svolgerà sul lungomare Rasi Spinelli, nel pieno centro della cittadina. All'evento parteciperanno circa un centinaio di aziende appartenenti al settore dell'enogastronomia e dell'artigianato, provenienti da tutto il territorio nazionale. Ad arricchire l'intero evento avranno luogo rappresentazioni teatrali e animazioni con la partecipazione di famosi giornalisti nonché una serata speciale dedicata alla mitica Mia Martini. Mille e 2 Formaggi dal 16 al 18 aprile 2010 - Centro Storico Mantova (MN) www.mantovaexpo.it Si svolgerà a Mantova dal 16 al 18 aprile 2010 la IX edizione di "Mille e 2 formaggi", esposizione di prodotti caseari di origine che ogni anno richiama nella città dei Gonzaga espositori da tutta Italia e migliaia di visitatori.L'evento, organizzato da MantovaExpo, si svolgerà in Piazza Erbe, Piazza Broletto e Piazza Sordello. Torna per il secondo anno anche il Concorso ”Formaggi in rosa”.
Le varietà tradizionali coltivate in Italia sono dieci. Solo una, tuttavia, può fregiarsi dell’indicazione geografica protetta, ossia la lenticchia di Castelluccio di Norcia, in provincia di Perugia, coltivata con metodi esclusivamente biologici. Che queste leguminose tratte dalle terre di un altopiano del Parco nazionale dei Monti Sibillini siano davvero particolari lo si desume da un’inedita caratteristica: essendo fornite di una buccia poco spessa e tenerissima, non devono essere obbligatoriamente ammorbidite in acqua, ma possono passare direttamente nella pentola di cottura. Tra le moderne ricette oggi diffuse a Norcia, si segnalano i maccheroncini ai germogli di lenticchie, un piatto tanto semplice da preparare quanto gustoso: è sufficiente soffriggere in padella 200 grammi di pomodori freschi e
Una Passeggiata tra Atmosfera e Gusto 25 aprile 2010 - Caldaro sulla Strada del Vino (BZ) www.wein.kaltern.com Domenica 25 aprile Caldaro attende i gourmand per la tradizionale giornata dedicata alla gastronomia e al vino, in uno scenario unico tra rilievi alpini e vigneti che declinano sul Lago. "Una passeggiata tra atmosfera e gusto” coinvolge quest'anno 35 aziende del territorio cantine, ristoranti, hotel, strutture ricettive, musei - che apriranno le porte a tutti i turisti e gli appassionati, per offrire un ricco calendario di eventi, tra escursioni, visite culturali, mostre e degustazioni. Ritrovo presso l'Associazione Turistica (Piazza Mercato, 8) dalle ore 11.00
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Aspic di fragole Ingredienti fragole g 360 zucchero g 325 farina g 75 pistacchi sgusciati g 50 gelatina in fogli g 25 2 uova Preparazione In un pentolino versate g 150 di acqua, unite g 150 di zucchero e 2-3 fragole tagliate a pezzettini; portate sul fuoco, dopo 2' dall'ebollizione spegnete, incorporate g 10 di gelatina ammollata e strizzata e mescolate fino a che non sarà sciolta. Filtrate il liquido direttamente in 6 piccoli stampi (ø cm 7) distribuendolo in parti uguali. Inserite in ogni stampino una fragola divisa in due con la parte tagliata in basso e fate riposare in frigo per almeno un'ora. Frullate le rimanenti fragole in purè con g 100 di zucchero, unite g 15 di gelatina ammollata, strizzata e sciolta sul fuoco in un pentolino. Amalgamate e distribuite negli stampini lasciati in frigo da un'ora riempiendoli per 2/3. Lasciate in frigo per un'altra ora. In una ciotola montate le uova con g 75 di zucchero e i pistacchi tritati fini, poi unite la farina e versate il composto su una placca (cm 20x30) foderata di carta da forno. Livellate la superficie a cm 1 e infornate a 180 °C per 8'. Sfornate, fate raffreddare, ritagliate 6 dischi (ø cm 7) e inseriteli negli stampini, poi girate gli aspic e sformateli. Servite decorando a piacere con fragole fresche.
Nasello al limone Ingredienti per 3 persone 1 nasello di circa 800 gr 1 costa di sedano 1 carota 1 limone a fettine sale pepe olio succo di limone prezzemolo Preparazione Mettete a bollire la costa di sedano e la carota in una pentola piena d’acqua. Nel frattempo pulite il nasello togliendo la testa e le interiora e tagliatelo in due parti (se non entra intero in pentola). Quindi aggiungetelo in pentola con il sedano e la carota. Fate bollire per circa 25 minuti se il nasello è grosso come quello della foto, altrimenti un po’ meno. A questo punto, con l’aiuto di una schiumarola, mettete il pesce lessato a raffreddare in un piatto. Pulitelo eliminando la pelle e la lisca e mettete i filetti in un piatto guarnendo con la carota affettata, fette di limone e un po’ di prezzemolo. Al momento di servire condite con olio, sale, pepe e succo di limone. ... l’altraitalia 40
Mezze penne salsiccia e funghi Ingredienti
300 gr di pasta formato mezze penne 3 salsicce fresche funghi surgelati o funghi secchi aglio olio peperoncino 1/2 dado di funghi prezzemolo tritato e basilico Preparazione: mettere a soffriggere in una padella lo spicchio d’aglio con l’olio e il peperoncino. Nel frattempo mettete i funghi a mollo in una ciotola (se si tratta di funghi secchi) oppure metteteli a scongelare in un piatto a temperatura ambiente (se si tratta di funghi surgelati). Sbriciolate la salsiccia e mettela in padella a rosolare schiacciandola con una forchetta. A metà cottura della salsiccia togliete l’aglio e finite di far cuocere. Quando la salsiccia è rosolata aggiungere i funghi tagliati a pezzetti (senza buttare l’acqua dei funghi secchi, se avete usato quelli) e fate cuocere un po’ anche quelli. Finite di far cuocere il sughetto aggiungendo o un po’ di brodo di funghi ottenuto facendo sciogliere 1/2 dado in acqua calda oppure l’acqua di ammollo dei funghi secchi, precedentemente conservata. Nel frattempo cuocere la pasta al dente e poi saltatela in padella con il sugo di salsiccia e funghi. Se necessario per far insaporire allungate il sugo con un po’ di acqua di cottura della pasta. Impiattate la pasta e guarnite con prezzemolo tritato e le foglie di basilico.
Insalata di polpo, patate e olive di Gaeta Ingredienti per 3 persone 1 polpo di 800 gr 3 patate medie 1 manciata di olive nere di Gaeta 2 limoni olio extravergine di oliva 1 spicchio di aglio prezzemolo peperoncino sale quanto basta
Preparazione Prendere il polpo e metterlo in una pentola piena d’acqua (io ho usato la pentola a pressione, visti i tempi di cottura dimezzati). Far bollire il polpo per circa 15 minuti, se utilizzate la pentola a pressione; se invece usate una pentola tradizionale fatelo bollire per circa 2 ore. Farlo raffreddare nella sua stessa acqua. Scolate il polpo senza buttare l’acqua di cottura e finite di farlo raffreddare in un piatto. Mettete a cuocere le patate nella stessa pentola e nella stessa acqua in cui si è cotto il polpo; fate cuocere per circa 10 minuti a pressione, quasi un’ora nella pentola tradizionale. Nel frattempo mettete il polpo su un tagliere per pulirlo, togliete il becco al centro dei tentacoli. Staccare la sacca e pulirla, eliminare gli occhi e la pelle, che si stacchera’ facilmente insieme alle ventose, quindi tagliatelo a pezzi e mettetelo in una pirofila o piatto da portata. Aggiungete il succo dei due limoni, quindi aggiungete l’aglio a pezzetti e condite con l’olio. Aggiungete quindi il prezzemolo e il peperoncino e le olive nere di Gaeta. Nel frattempo, quando le patate sono cotte, scolatele, fatele raffreddare, sbucciatele e tagliatele a pezzetti con un altro po’ di prezzemolo. Aggiungetele quindi al polpo e mescolate bene per far insaporire; se necessario, regolate di sale. Fate insaporire almeno per un paio d’ore, meglio se almeno mezza giornata.. e il giorno dopo è ancora più buono! ... l’altraitalia 41
di Simona Guidicelli
BENESSERE & SALUTE
È una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Primulaceae. Originaria delle zone temperate di Europa, Asia e America, comprende circa 500 specie diverse. Si trova nei prati, ai margini dei boschi, vicino ai corsi d’acqua ; quella che si trova nei campi, con i tipici fiori gialli, è la primula vulgaris. Già il nome dice tutto: deriva dal latino primis (primo) e indica la comparsa precoce dei fiori appena finito l’inverno. Le foglie sono disposte a rosetta, ovato-oblunghe, ristrette alla base, bollose e irregolarmente dentate, più chiare e pelose sulla pagina inferiore. Lo stelo misura dai 5 ai 15 centimetri e forma sulla cima fiori eretti, disposti a ombrello, grandi, odorosi, di colore giallo-dorato (a dipendenza della varietà il colore può essere anche bianco, rosa, porpora o rosso). Fiorisce da febbraio a giugno. L’aspetto ornamentale è solo una delle sue virtù: la primula, grazie alle sue proprietà terapeutiche, è una pianta officinale di tutto rispetto. Le parti utilizzate sono la radice, il rizoma e i fiori (freschi o essiccati). In cucina se ne utilizzano principalmente i fiori (ma anche le radici, il rizoma e le foglie sono commestibili) nelle insalate e nelle minestre.
Torta di carote PROPRIETÀ TERAPEUTICHE La radice e il rizoma sono ricchissimi (5-10%) di saponine triterpeniche (es. Primulina ) che donano alla pianta proprietà espettoranti e mucolitiche (fluidificano le secrezioni bronchiali). I fiori contengono derivati terpenici come primaverina e primulaverina ( derivate dall’acido salicilico) , responsabili delle preziose virtù analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche della primula. Contengono inoltre falvonoidi e carotene (provitamina A) che svolgono attività antiossidante nell’organismo, saponine nel calice (2%) e oli essenziali.
La primula (Primula officinalis), della famiglia delle Primulacee, in passato veniva chiamata Erba dei paralitici; secondo alcune credenze essa è la pianta della luna , perciò procura sonni tranquilli.
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Decotto 30-50g di radice e/o rizoma tritato in 1 litro di acqua, cotto per 15 minuti: bere 3-4 tazze al giorno (in caso di emicranie e cefalee) Decotto di primula bollire per 5 minuti 1 cucchiaio di rizoma essiccato e spezzettato in 2,5 dl di acqua, lasciare riposare 10 minuti e filtrare. Bere 2 tazze al giorno, lontano dai pasti in caso di bronchite, asma bronchiale, ecc. Infuso di primula mettere 30 g di rizoma essiccato e contuso in 1 litro di acqua bollente e lasciare riposare 30 minuti. Bere 2-3 tazze al giorno in caso di dolori reumatici Infuso di primula mettere 5g di fiori e foglie essiccati in 2,5 dl di acqua bollente, lasciare riposare 15 minuti e filtrare. Bere 1 tazza la sera per combattere il mal di testa Infuso di primula mettere 20g di fiori e foglie freschi in 1 litro di acqua bollente per 10 minuti, filtrare. Bere 2 tazze al giorno lontano dai pasti in caso di raffreddore
Minestra di riso e primule 1 litro di brodo vegetale 1 tuorlo d’uovo 200g di riso 1 grossa manciata di primule 1 gambo di sedano medio 3 carote medie ½ cipolla olio extravergine d’oliva parmigiano grattugiato crostini di pane dorati nel burro sale Pulire delicatamente le primule. Soffriggere in una pentola la cipolla tagliata finemente, le carote a dadini e il sedano a pezzetti. Aggiungere le primule, il sale e il riso; versare adagio il brodo caldo rimestando di tanto in tanto fino a completarne la cottura. Nel frattempo sbattere l’uovo con un pizzico di sale, versarlo nella zuppiera e aggiungervi la minestra. Condire con un filo d’olio e una grattugiata di parmigiano.
Come antinfiammatorio in caso di contusioni bollire 50g di rizoma contuso in 1 litro di acqua, fino a ridurre il liquido a 1/3. Applicare con delle compresse sulle parti contus Le foglie di primula si usano sole o assieme ad altri tipi di verdura, come insalata o lessate e condite con olio e limone ; vengono anche usate in gran quantità nelle minestre.
Frittelline alle primule 3 uova 3 cucchiai di maizena 1 bicchiere scarso di latte 1 tazza di primule sale 2 cucchiai di zucchero zucchero a velo burro quanto basta Sbattere le uova con la maizena, il latte, lo zucchero, il sale e le primule lavate, asciugate e tritate. Ungere di burro una padellina, versare una cucchiaiata di composto e cuocere da entrambe i lati. Man mano che le frittelline sono pronte, tenere in caldo. Spolverizzare con zucchero a velo e miele e servire caldissime.
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di Simona Guidicelli
ASTROLOGIA
Il segno del mese Ariete Questo è un segno di grande azione creativa. L'individuo Ariete ha bisogno di agire e di organizzare, è originale e rifiuta di venire organizzato o dominato da altri. Può essere egoista, è coraggioso e apprende rapidamente. Ama dirigere una situazione difficile ed ha buona iniziativa anche se preferisce non portare a termine i suoi progetti. Ha la costante necessità di nuovi traguardi e di nuove idee. Inoltre è una felice combinazione; può essere privo di tatto anche se non se ne rende conto. Benché assuma un aspetto coraggioso, questo può essere una copertura in quanto può vacillare facilmente. L'Ariete generalmente gode di buona salute, ma anche se è dotato di grande energia, è incline a soffrire per i propri entusiasmi ed eccessi. L'Ariete classico sarà sempre in moto, coraggioso, impulsivo fino alla temerarietà perché convinto delle proprie ragioni, scarsamente diplomatico ma senz'altro spontaneo fino al punto di concludere anche in perdita i propri rapporti, spesso senza tenere in alcun conto le conseguenze delle sue azioni e delle proprie parole, ed altrettanto sovente in grado di ricadere negli stessi errori già commessi, ma sempre pronto a riprendersi e a rialzarsi. Ha una enorme capacità creativa, spesso accompagnata da un bisogno di primeggiare e di arrivare. Pur non essendo riflessivo, nè costante, tende ad agire continuamente, fin quasi a logorarsi per questo suo troppo lavoro, per i troppi progetti, magari anche per le frustrazioni che comporta l'impossibilità di realizzarsi. L'Ariete tuttavia ha in sè una forza che possiamo definire misteriosa: cade e ricade ma sempre si rialza, ritorna in piedi e riprende il suo moto quasi affannoso. Il carattere dell'Ariete può anche essere violento e costellato di impennate, ma generalmente è leale e incapace di rancori prolungati. Tuttavia, come già accennato, l'Ariete è un pessimo diplomatico; dall'animale che caratterizza il suo simbolo ha preso l'abitudine di attaccare frontalmente l'ostacolo senza poterlo o volerlo mai aggirare (forse per non perdere tempo). Solitamente detesta la menzogna e rifiuta la bugia, ma quando vi ricorre sa porgerla con il volto e l'aspetto della più cristallina verità. Normalmente non ammette ipocrisie di sorta; gli manca la mezza misura, nei confronti del denaro sa essere tanto prodigo o altrettanto avaro.
Il pianeta dominante è Marte, l'elemento è il fuoco, la qualità è cardinale. Il Sole transita nell'Ariete approssimativamente fra il 20 Marzo e il 20 Aprile. Colore da portare: il rosso in tutte le sue sfumature. Pietra portafortuna: corallo rosso o rubino. Metallo: il ferro che appartiene a Marte. Giorno favorevole: il Martedì, dominato da Marte. L'Ariete è coraggioso ma anche fin troppo orgoglioso; vuol essere il migliore, spesso più per amore dell'azione in sè stessa che non per il desiderio cosciente del risultato finale. In amore l'Ariete può essere fedele ma si stanca dei rapporti mediocri che per lui diventano estremamente instabili. L'amore più importante per un ariete è la libertà. La loro infanzia è spesso travagliata e difficile ma negli studi hanno di solito grande capacità di rendimento. Per crescere bene hanno bisogno di severa disciplina, di attenzione costante ma illuminata di grande amore ed affetto continuo. La donna Ariete Il segno è governato da Marte, quindi la donna Ariete possiede naturalmente una carica energetica che deve essere incanalata verso forme di creatività che non siano solo accudire una casa o una famiglia! Ecco perché numerose donne del segno hanno una brillante carriera. In amore è leale e onesta : lotta per coloro che ama , si prodigherà in mille modi anche sacrificandosi, vive il rapporto amoroso con molta intensità, esclusività e pretende lo stesso dal partner. Non è gelosa, perché considera la gelosia, come l’uomo del segno, una debolezza e una mancanza di fiducia in sè e quindi come un attributo che non fa parte del suo modo di essere. Se volete piacerle mostratevi decisi e intraprendenti, disinvolti e anche galanti, ma non la ingannate mai. L'uomo Ariete Sono capaci di passare da gesti grandiosi di generosità insuperabile e di poesia romantica ad una certa insensibilità e addirittura durezza nelle espressioni più estreme, e calpestare i sentimenti altrui. Quando è di cattivo umore spesso non si rende conto di come può ferire chi gli sta attorno. Ma se credete ai suoi sogni egli diventerà un amico fedele che vi difenderà e vi proteggerà fino alla tomba. L’uomo Ariete ha una grande qualità, purtroppo non comune, ama cambiare ed il cambiamento include anche se stesso. Egli non è mai soddisfatto di se e se è cosciente che una relazione cresce e cambia e ha bisogno di comprensione
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