ex p er i e n c e and his real machines Il catalogo della mostra
ex p er i e n c e and his real machines
Da Vinci Experience........................................................................ 5 L’arte in formato digitale................................................................6 La tecnologia.....................................................................................7 La vita di Leonardo.........................................................................10 Il pittore.............................................................................................17 L’ingegnere.......................................................................................27 Allestimento: le macchine........................................................36 L’anatomista.....................................................................................41 L’architetto.......................................................................................47 I codici leonardeschi...................................................................... 53 Allestimento: i codici e i disegni............................................ 60 Allestimento: Da Vinci Oculus VR Experience...................62
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Da Vinci Experience Il panorama delle mostre immersive è ormai in gran fermento: sempre più soggetti affollano il mercato con standard qualitativi e offerte differenti. Crossmedia Group è stato tra i primi operatori italiani a investire in questa offerta culturale, conseguendo notevoli risultati in termini di affluenza di pubblico e di riscontri critici. I precedenti format Incredible Florence e Klimt Experience si sono imposti all’attenzione degli addetti ai lavori e sono divenuti ben presto dei modelli riconoscibili. Con questa terza esibizione, mettiamo in campo tutte le nostre ambizioni, in quella che si è configurata fin da subito come una sfida: dare vita a un’esperienza che sappia render conto del genio universale di Leonardo, affrontando, con i linguaggi che le sono propri, la sua opera multiforme. Una sorta di story telling per immagini, spettacolare, coinvolgente e totale, che va al cuore dell’universo di da Vinci. La narrazione procede grazie alle gigantesche multiproiezioni sulle superfici dell’allestimento e sulle architetture dell’ambiente circostante: centinaia di immagini digitalizzate ad alta definizione e inserti video in full HD, accompagnati dalla colonna sonora diffusa a 360° in Dolby surround. Da Vinci Experience è però anche molto altro. Arricchiscono infatti il percorso della mostra numerosi modelli delle macchine leonardesche – a grandezza naturale e in scala – riprodotte minuziosamente sulla base dei progetti originali dalla bottega artigiana fiorentina Martelli; tra queste, di assoluto impatto scenografico, la grande ala per il volo umano sospesa al centro della sala immersiva. L’obiettivo della mostra è, come sempre, il coinvolgimento emotivo da parte di un pubblico di giovani e meno giovani: la meraviglia e lo stupore come chiavi d’accesso alla conoscenza dell’uomo e dell’artista, la comprensione delle sue opere, dei suoi sconfinati interessi. Leonardo da Vinci rappresenta sicuramente, al pari di Michelangelo , l’apice e la conclusione dell’età dell’oro della cultura italiana. Egli, come pochissimi altri, ha saputo incarnare le ambizioni antropocentriche dell’umanesimo mettendo all’opera il suo ingegno in innumerevoli ambiti: Leonardo in vita fu pittore, architetto, scultore, ingegnere, poeta, musicista. Una volta morto è diventato leggenda. Tradurre tutto ciò in un allestimento digitale è stata la sfida che ha coinvolto il nostro pool di professionisti editoriali, videomaker, storici dell’arte, ingegneri informatici e tecnici del suono. Una ricca area didattica introduce lo spettacolo multimediale, con supporti informativi analogici e virtuali. Il risultato è sottoposto alla prova del vostro gradimento, giudice insindacabile e nostro obiettivo ultimo. Ancora una volta: buona “immersione a tutti”.
Federico Dalgas Presidente Crossmedia
Alle pagine 2 e 3: un momento di Da Vinci Experience, in cui le opere del genio vinciano si sommano alle suggestioni sonore e ai giochi di luce creando un’atmosfera inebriante e avvolgente.
A fianco: un particolare de La Belle Ferronière (olio su tavola di noce, 1493-1496 circa), riprodotta in Da Vinci Experience.
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L’arte in formato digitale Da Vinci Experience viene presentata al pubblico in prossimità del 2019, anno in cui si celebra il 500esimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci. Si tratta senza dubbio di una circostanza di non poco conto, per chi come noi si è trovato a dover affrontare sia la stesura del concept, che la regia dell’esperienza multimediale dedicata al genio vinciano. Ossia una produzione immersiva, destinata a essere il cuore pulsante di una mostra pensata per essere distribuita nei prossimi anni nei maggiori circuiti espositivi internazionali. Leonardo ha toccato nel corso della sua vita i più disparati campi dell’arte e della conoscenza, portando a compimento con eclettismo ancora oggi ineguagliato - contemporaneamente e senza soluzione di continuità - una mole impressionante di studi e lavori. Per questo abbiamo scelto di seguire il filo narrativo delle grandi tematiche leonardesche e non della sequenza cronologica della sua biografia: a nostro parere il criterio migliore per costruire un racconto per immagini digitalizzate che potesse allo stesso tempo risultare coerente, divulgativo ed emozionante. È così che in Da Vinci Experience abbiamo provato a dare uguale spazio e dignità, tanto ai momenti poetici dedicati ai ritratti femminili, come quello di Cecilia Gallerani alias la Dama con l’ermellino, della Belle Ferronièrre e di Ginevra de’ Benci, che alle scene spettacolari incentrate sulle macchine da guerra ideate da Leonardo, perlopiù poste al centro di battaglie idealizzate. Abbiamo poi doverosamente reso omaggio al da Vinci pittore, rappresentando le opere più celebri - il Cenacolo, la Vergine delle Rocce, l’Annunciazione e la Gioconda - e al da Vinci studioso e scienziato, che ha lasciato in dono alle generazioni a venire lavori rivoluzionari sulla natura, l’architettura, l’anatomia, l’idraulica, la meccanica e sulle macchine volanti in tutte le loro declinazioni. In definitiva, confidiamo che il nostro Da Vinci Experience possa essere considerata una coinvolgente suggestione per immagini e suoni, una rappresentazione immersiva che, seguendo il geniale percorso leonardesco nei vari campi dell’arte e della conoscenza, restituisca al pubblico una visione contemporanea, allo stesso tempo didattica e godibile. Marilena Bertozzi, Vincenzo Capalbo Art Media Studio Firenze
A fianco: il processo del videomapping è stato perfezionato grazie alla tecnologia proprietaria MATRIX X-DIMENSION® per esaltare l’esperienza immersiva e indurre nel pubblico lo stupore e la meraviglia dinanzi al trionfo dell’arte. 6
La tecnologia È soprattutto grazie all’innovativa tecnologia MATRIX X DIMENSION®, sviluppata da Crossmedia per competere nel mondo delle mostre multimediali, che è stato possibile realizzare un’esperienza immersiva nell’opera del grande Leonardo. 45 minuti in cui immagini, luci, colori, musica e suoni avvolgono il pubblico e si integrano perfettamente con il contesto spaziale che le circonda. Si realizza così un unicum fra tecnologia e architettura, in grado di concretizzare l’illusione di essere trasportati in un incredibile viaggio nell’opera del genio di Vinci. 18 proiettori laser trasmettono oltre 40 milioni di pixel sulle superfici dell’allestimento, riproducendo le immagini con una risoluzione maggiore a quella Full HD e generando effetti tridimensionali che enfatizzano i volumi del luogo. Un proiettore è dedicato interamente ai giochi visivi realizzati applicando la tecnica del video mapping al gigantesco modello dell’ala meccanica; le proiezioni sul pavimento e sugli elementi architettonici completano la suggestione, in sincronica armonia con il ritmo narrativo e gli accenti emotivi dello spettacolo. Un impianto audio 3D di ultima generazione diffonde i suoni e la superba colonna sonora. L’allestimento ha richiesto accorgimenti e lavoro non indifferenti. Un’impresa complessa, progettata e portata a termine mantenendo una coerenza con quello che è il principio basilare del rappresentare l’arte per mezzo della multimedialità: la tecnologia non deve mai essere fine a se stessa, ma funzionale all’esaltazione dei contenuti di cui è strumento.
A fianco e a pagina 6: possiamo osservare alcuni particolari della seconda versione della Vergine delle rocce (olio su tavola di pioppo, 1491-1493 con una ripresa nel 1506-1508, National Gallery, Londra), riprodotti in Da Vinci Experience. A pagina 8 e 9: il particolare dell’angelo dell’Annunciazione (tempera e olio su tavola di pioppo, 1472-1474 circa), riprodotto in una sequenza di Da Vinci Experience. 7
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La vita di Leonardo 1452
Leonardo nasce il 15 aprile a Vinci, dominio della Repubblica Fiorentina posto a metà strada tra Firenze e Pisa. Figlio illegittimo del notaio ser Piero e di Caterina, una contadina del luogo, riceve una buona istruzione, per volontà del padre, di cui è il primogenito. Ser Piero avrà successivamente altri figli (nove maschi e due femmine) dal suo terzo e quarto matrimonio, ma Leonardo alla loro nascita sarà già adulto.
1469
A seguito della famiglia paterna, Leonardo si trasferisce a Firenze.
1472
Risulta iscritto in un registro dei pittori della compagnia di San Luca: «Lyonardo di ser Piero da Vinci dipintore de’ dare per tutto giugno 1472 sol. sei per la gratia fatta di ogni suo debito avessi coll’Arte per insino a dì primo di luglio 1472 [...] e de’ dare per tutto novembre 1472 sol. 5 per la sua posta fatta a dì 18 octobre 1472». Il documento ci autorizza ad affermare che, all’epoca, la sua formazione si fosse conclusa e che a Leonardo fosse già riconosciuto lo statuto di artista.
1473
Il 5 agosto data la sua prima opera certa, il Paesaggio con fiume, un disegno con una veduta a volo d’uccello della Valle dell’Arno, oggi conservata al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. L’attenzione verso una descrizione autentica del mondo naturale fu caratteristica costante del mondo di Leonardo, particolarmente evidente nella fase giovanile.
1475
Completa l’Annunciazione, oggi esposta agli Uffizi, una delle sue opere più celebri, la cui paternità è stata a lungo dibattuta ma che, dopo il ritrovamento di due disegni preparatori, gli viene ascritta tra la concordia degli studiosi.
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8 aprile 1476
Viene presentata una denuncia anonima contro diverse persone, tra le quali Leonardo, per sodomia consumata verso un giovane fiorentino. Insieme a Leonardo sono inquisiti l’orefice Bartolomeo di Pasquino, un sarto, e soprattutto Leonardo Tornabuoni, giovane rampollo di una potentissima famiglia imparentata con i Medici. È proprio il coinvolgimento del Tornabuoni a favorire gli accusati: l’accusa è infatti archiviata e gli imputati sono tutti assolti fino a nuova denuncia.
1480
Frequenta i circoli di Lorenzo il Magnifico, che si riuniscono al Giardino di San Marco.
1481
I monaci di San Donato in Scopeto gli commissionano come pala d’altare maggiore l’incompiuta Adorazione dei Magi, da ultimare in trenta mesi. È, al momento, la commissione più importante ottenuta dal giovane artista, probabilmente agevolata dal padre ser Piero, che era notaio per i monaci.
1482
Fra la primavera e l’estate è già a Milano, una delle poche città in Europa a superare i centomila abitanti. Il viaggio dell’artista fa parte della politica diplomatica di Lorenzo il Magnifico verso le altre signorie italiane, dove gli artisti vengono inviati come “ambasciatori” del prestigio culturale fiorentino. Leonardo deve portare al duca Ludovico il Moro in omaggio uno strumento musicale da lui concepito. Partecipa così a una gara musicale indetta presso la corte sforzesca e con il suo strumento conquista tutti i presenti. Entrerà nelle grazie del principe milanese, al cui servizio metterà il suo genio.
1483
Bartolomeo Scorlione, priore della Confraternita dell’Immacolata Concezione commissiona a Leonardo quello che sarà riconosciuto come uno dei suoi maggiori capolavori: la Vergine delle Rocce, ora esposto al Musée du Louvre a Parigi.
1485
I lavori di Leonardo per il duca Ludovico il Moro spaziano dall’architettura all’ingegneria e alla strategia militare, compie studi sul volo meccanico, sul teatro e sulla musica. Una lettera di quegli anni attesta però l’insoddisfazione dell’artista per i compensi ricevuti.
1490
Alla corte di Ludovico, completa la Dama con l’ermellino. Il dipinto ritrae Cecilia Gallerani, amante del duca di Milano. L’inizio dei lavori viene solitamente fatto risalire al 1488, quando il Moro riceve dal re di Napoli il titolo di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino. Ma la funzione simbolica dell’animale non sarebbe esaurita: l’ermellino infatti, in greco galḗ (γαλή), alluderebbe al cognome della fanciulla.
1493
Leonardo completa il modello d’argilla della grande scultura equestre dedicata a Francesco Sforza, fondatore del casato ducale e padre di Ludovico il Moro. Si sarebbe trattato della statua a cavallo più grande del mondo, ma i lavori non furono mai ultimati e nel 1499, all’arrivo dei soldati francesi nel ducato di Milano, il modello fu utilizzato come tiro a segno e venne distrutto dalle truppe francesi.
1495
Inizia i lavori dell’Ultima cena al convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Tale opera lo solleva dai problemi economici imminenti dovuti all’interruzione – a causa della guerra con la Francia – del cantiere del Monumento equestre di Francesco Sforza. Pertanto vi riversa, come in una summa della sua arte, tutti gli studi da lui compiuti in quegli anni: non ama la tecnica dell’affresco, poiché i veloci tempi di asciugatura dell’intonaco richiedono un tratto rapido, non compatibile con i lunghi studi e la sua finissima pennellata. Per questo Leonardo elabora appositamente una nuova tecnica pittorica, che gli consente di rendere gli effetti a lui cari. L’opera è conclusa nel 1498, ma l’esperimento si rivela drammaticamente inadatto a un ambiente umido come il refettorio, a contatto con le cucine.
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La vita di Leonardo 1499
Il 6 ottobre Luigi XII di Francia conquista Milano e il 14 dicembre Leonardo fa depositare 600 fiorini presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, per fare ritorno nel capoluogo toscano.
1501
Da una lettera del frate carmelitano Pietro da Novellara, sappiamo che Leonardo è a Firenze, carico di impegni, e sta lavorando un “quadrettino” per il segretario del re di Francia Florimond Robertret. Si tratta, con ogni certezza, della Madonna dei fusi.
1502
Cesare Borgia ingaggia Leonardo come architetto e ingegnere militare al seguito delle sue truppe. I due hanno già avuto modo di conoscersi a Milano nel 1499. Il figlio di papa Alessandro VI è uno dei tiranni più feroci del momento e impiega Leonardo, giunto a Cesena, in varie mansioni legate alle continue campagne militari, come rilevare e aggiornare le fortificazioni delle città di Romagna conquistate. Per il Borgia, il genio vinciano inventa una nuova miscela di polvere da sparo, studia macchine volanti e strumenti per la guerra sottomarina. Ispeziona le fortezze lombarde e disegna mappe dettagliate per agevolare le decisioni strategiche dell’esercito.
1503
Inizia a lavorare alla Monna Lisa, il quadro più celebre della storia della pittura. Oggi esposta al Musée du Louvre, la Gioconda si segnala, oltre che per la perfetta esecuzione pittorica, in cui è impossibile cogliere tracce delle pennellate grazie al morbidissimo sfumato, anche per un’impeccabile resa atmosferica, che lega indissolubilmente il soggetto in primo piano allo sfondo, e una profondissima introspezione psicologica. L’opera rappresenta Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo. Estremamente legato al ritratto, è Leonardo stesso a portarlo in Francia nel 1516. La tavola potrebbe essere stata poi acquistata, assieme ad altre opere, da Francesco I.
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1504
Viene pagato per il lavoro svolto l’anno prima nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio dove raffigura la Battaglia di Anghiari. Insofferente verso i tempi brevi dell’affresco, Leonardo recupera dall’antichità romana la tecnica dell’encausto. Come per l’Ultima Cena anche questa scelta si rivela drammaticamente inadatta quando è ormai troppo tardi. La vastità del dipinto non permette infatti di raggiungere una temperatura sufficiente a far essiccare i colori, che colano sull’intonaco, si affievoliscono o scompaiono del tutto. A dicembre del 1503, il trasferimento del dipinto dal cartone alla parete è interrotto, a causa dell’insuccesso.
1508
Dopo un corteggiamento di due anni da parte del re di Francia Luigi XII, Leonardo accetta di tornare a Milano, mettendosi al servizio della corona francese. Il suo secondo soggiorno milanese dura fino al 1513 ed è un periodo molto proficuo: dipinge la Sant’Anna, la Madonna e il Bambino con l’agnello, completa, in collaborazione col De Predis, la seconda versione della Vergine delle Rocce e si occupa di problemi geologici, idrografici e urbanistici. Studia fra l’altro un progetto per una statua equestre in onore di Gian Giacomo Trivulzio, come artefice della conquista francese della città.
1514
Il 24 settembre Leonardo parte per Roma, con gli allievi più vicini, il Melzi e il Salaì. Qui Giuliano de’ Medici, fratello del papa Leone X, gli accorda il proprio favore, ottenendo per lui un alloggio al Vaticano, dove l’artista si dedica ai suoi studi scientifici, meccanici, di ottica e di geometria. Si occupa del prosciugamento delle paludi pontine e della sistemazione del porto di Civitavecchia. Con Giuliano e il papa fa un viaggio a Bologna, dove ha modo di conoscere personalmente Francesco I di Francia.
1517
Leonardo accetta l’invito, formulato da Francesco I, a trasferirsi presso la corte di Francia. Vi arriva nel mese di maggio, insieme a Francesco Melzi e al servitore Battista de Vilanis: viene alloggiato dal re nel castello di Clos-Lucé, vicino ad Amboise, e onorato del titolo di premier peintre, architecte, et mecanicien du roi, con una pensione di 5.000 scudi. Francesco I è un sovrano colto e raffinato, amante dell’arte italiana. Gli anni passati in Francia sono il periodo più sereno della sua vita: assistito dai due fedeli allievi, sebbene indebolito dalla vecchiaia, può continuare con passione e nell’agio i propri studi e le ricerche scientifiche.
1518
L’ultima data presente su un manoscritto di Leonardo risale al mese di giugno: preso da calcoli di geometria, gli studi sono bruscamente interrotti con un “eccetera, perché la minestra si fredda”. Si tratta di una rara annotazione istintiva di vita quotidiana in cui si restituisce una dimensione umana del personaggio che, incalzato dai richiami di qualcuno, deve rompere la concentrazione per mangiare.
1519
Sopravvissuto due anni prima a un infarto, il giorno 2 maggio Leonardo muore nella sua ultima residenza di Clos-Lucé ad Amboise. Una leggenda vuole che egli sia spirato con la testa tra le mani di Francesco I, accorso al suo capezzale. È inumato nel chiostro della chiesa di Saint Florentin ad Amboise. Il 23 aprile aveva fatto regolare testamento davanti al notaio, lasciando al Melzi tutti i suoi libri e le sue carte.
A pagina 10: Leonardo da Vinci, Autoritratto (sanguigna su carta, 1515-1516 circa), particolare, Torino, Biblioteca Reale. A fianco: Leonardo da Vinci, Busti di vecchio e di giovane affrontati (sanguigna su carta, 1495 circa), particolare, Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. 13
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Il pittore Il pittore che dipinse quello che è riconosciuto universalmente come il quadro più celebre al mondo, fu innanzitutto un grandissimo innovatore: a lui si deve l’introduzione della prospettiva aerea, rivoluzionando radicalmente la concezione dello spazio prospettico. Suprema incarnazione degli ideali umanistici, Leonardo da Vinci applicò la sua intelligenza in innumerevoli campi, eppure il primo e più compiuto terreno del suo impegno fu l’arte pittorica. Capolavori come l’Annunciazione, la Vergine delle rocce, l’Adorazione dei Magi, la Dama con l’Ermellino, l’Ultima cena, la Battaglia di Anghiari o la Gioconda, anche quando incompiuti o perduti, segnano l’immaginario di intere generazioni di appassionati d’arte. Forse il pittore tedesco Paul Klee evidenziò meglio di altri il contributo di Leonardo al panorama delle arti, annotando nei suoi diari: «veduto Leonardo non si pensa più alla possibilità di fare molti progressi». Ma non si può capire la pittura vinciana se non si guarda alla sua dimensione speculativa. Egli infatti dedicò molto del suo lavoro ai problemi del dipingere: i suoi quaderni sono colmi di notazioni attorno alle questioni della rappresentazione del vero, pubblicate postume col titolo Trattato della pittura. L’opera ci è utile per approfondire il punto di vista del maestro, a cui più di ogni altra cosa preme l’esercizio della “filosofia del vedere”, cioè la capacità di cogliere l’immagine della Natura. Ogni aspetto viene infatti ricondotto alla comprensione sistematica di quei fenomeni fisici, matematici e geometrici che determinano la percezione visiva. Per Leonardo è proprio l’applicazione della logica, delle discipline matematiche e geometriche, dell’anatomia e dell’ottica che nobilita
la pittura, fino a equipararla alle altre arti liberali, quali la filosofia, la poesia, la teologia. La pittura è scienza: essa è universale, poiché l’occhio veicola una forma di comunicazione che, a differenza del parlato, non è soggetta a variazioni linguistiche, quindi «non ha bisogno di interpreti [...] come hanno le lettere». Le sue ricerche lo conducono a introdurre la cosiddetta prospettiva aerea e a primeggiare nel suo uso. Tale concezione pittorica si fonda sulla scoperta che l’aria non è un mezzo del tutto trasparente e, anzi, con l’aumentare della distanza dal punto di osservazione i contorni divengono più sfumati, i colori sempre meno nitidi e la loro gamma tendente verso l’azzurro. Di conseguenza egli cerca di adeguarsi a tale assunto: mettendo in pratica un “inazzurrimento dei lontani”, dove i contorni sfumano nella distanza e sono ben definiti solo in primo piano. Leonardo innova radicalmente la concezione dello spazio prospettico rifacendosi agli studi dello scienziato arabo Alhazen, secondo il quale da ogni minuscola particella di un oggetto ipoteticamente osservato si distaccano informazioni luminose che viaggiano nell’aria fino a raggiungere la retina dell’osservatore. È una svolta radicale: fino ad allora pensato nei termini della prospettiva lineare fiorentina, lo studio della profondità viene ora riconcettualizzato secondo criteri non più esclusivamente geometrici, e dunque meno astratti.
Alle pagine 14 e 15: un momento dell’allestimento di Da Vinci Experience, in cui la narrazione immersiva dispone panotticamente alcuni dei volti dal tratto più dolce mai disegnati da Leonardo. A fianco: un particolare del Ritratto di Ginevra de’ Benci (tempera e olio su tavola di pioppo, 1474-1475 circa), riprodotto in Da Vinci Experience. 17
Battesimo di Cristo
Andrea del Verrocchio, Leonardo da Vinci e bottega, 1470-1473 tempera e olio su tavola di pioppo, 179,5 x 152,5 cm Firenze, Galleria degli Uffizi
Opera realizzata quando la bottega del Verrocchio era la più celebre di Firenze. Del maestro sono la composizione e le due figure principali del Cristo e del Battista. Attestate tre collaborazioni: una di livello più mediocre, per la schematica palma a sinistra e il paesaggio roccioso a destra, un’altra (forse il giovane Botticelli) per il volto dell’angelo visto di fronte, e l’intervento di Leonardo, all’epoca dei fatti allievo di bottega. A lui spetta il profilo dell’angelo di sinistra, dove si nota il caratteristico stile sfumato, ma anche le velature trasparenti a olio che unificano i piani del paesaggio in profondità e addolciscono il corpo del Cristo. Suo, inoltre, è il velato paesaggio sulla sinistra.
Annunciazione
1472-1474 circa tempera e olio su tavola di pioppo, 98 x 217 cm Firenze, Galleria degli Uffizi
Tra le opere più note di Leonardo, l’Annunciazione fu tra le prime commesse ottenute dal giovane artista. Da Vinci innova l’iconografia tradizionale del tema, ambientando la scena in un giardino all’esterno della casa della Vergine, anziché nella consueta loggia o nella camera da letto di Maria. È tradizionale per altri versi: ritroviamo la collocazione dei due personaggi e la riservatezza dell’incontro è mantenuta grazie alla posizione riparata della Madonna, inoltre si intravede il letto dal portale. Sullo sfondo, oltre il muretto, si vedono un fiume con anse e barche. L’impostazione spaziale è già segnata dalla prospettiva aerea.
Madonna col Bambino (Madonna del garofano)
1473-1475 circa
olio su tavola di pioppo, 62 x 48,5 cm Monaco, Alte Pinakothek
L’opera segna un’evoluzione nell’arte del giovane Leonardo, con riferimenti ai pittori fiamminghi: la complessa illuminazione della stanza, la presenza del parapetto e la natura morta del vaso di fiori. Si segnalano alcune evidenti derivazioni da Verrocchio: l’impianto compositivo, la delicatezza quasi trasparente degli incarnati e la sobria ma realistica gestualità tra madre e figlio. Il volto di Maria richiama da vicino quello presente nell’Annunciazione degli Uffizi. Altri elementi contengono invece stilemi dell’artista maturo, come il paesaggio roccioso e il panneggio giallo annodato come un vortice.
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Ritratto di Ginevra de’ Benci
1474-1475 circa tempera e olio su tavola di pioppo, 38,1 x 37 cm Washington D.C., National Gallery of Art
Ginevra de’ Benci era la figlia del banchiere Amerigo di Giovanni de’ Benci, alla cui famiglia Leonardo fu a lungo legato. In epoca imprecisata, il dipinto venne decurtato di un terzo col taglio delle mani che probabilmente erano danneggiate. Originariamente le proporzioni del ritratto erano simili a quelle della Monna Lisa. In questo dipinto, Leonardo si confronta con le delicate luminescenze e il colorismo analitico della pittura fiamminga: l’ombra del ginepro esalta il pallido volto di Ginevra e il chiarore dell’acconciatura si evolve nella veste e nello sfondo, in un magistrale continuum cromatico. Il paesaggio in lontananza propone tutti gli elementi cari al pittore: specchi d’acqua, campanili, torri appuntite e montagne, con i toni azzurri della prospettiva aerea.
Madonna col Bambino (Madonna Benois) 1478-1482 circa olio su tavola, trasportato su tela, 49,5 x 31,5 cm San Pietroburgo, State Hermitage Museum
L’opera deve il suo nome alla famiglia che ne fu a lungo proprietaria, i Benois, che l’acquistarono nel 1824. Si trova all’Hermitage dal 1914. Di sicura autografia leonardesca, mostra la Vergine col Bambino sullo sfondo di una stanza scura, rischiarata sul fondo da una bifora aperta sul cielo. Maria sta seduta e tiene sulle ginocchia il figlio che cerca di afferrare il fiorellino che essa tiene in mano. I quattro petali del fiore sarebbero un’allegoria della futura crocifissione. Contrariamente alla tradizione iconografica, la Madonna sorride osservando la tenera goffaggine del figlio. Il dipinto segna il commiato dalla tradizione pittorica fiorentina, cui Leonardo contrappone un interesse per i valori atmosferici e la mutevolezza dei contorni.
Adorazione dei Magi
1481 tempera e bistro su tavola di pioppo, 243 x 246 cm Firenze, Galleria degli Uffizi
Commissionata nel 1481 a Leonardo dai monaci di San Donato in Scopeto, l’Adorazione dei Magi rimase incompiuta a causa della partenza dell’artista per Milano l’anno successivo. Il tema, tra i più frequenti dell’arte fiorentina del XV secolo, fu innovato radicalmente da Leonardo, che si concentrò sul momento in cui il Bambino, nel gesto della benedizione, rivela la sua natura divina. L’incompiutezza permette di conoscere la tecnica usata da Leonardo nella realizzazione delle opere. A partire dal disegno, ove necessario, egli stendeva una base scura a base di bistro, di tinta marrone rossastra e di nero. Lasciava invece visibile la preparazione chiara di fondo sui soggetti più illuminati. Una serie di velature e vernici imprimevano la situazione luminosa, amalgamando tutta la composizione. Su questa preparazione il pittore avrebbe poi steso i colori.
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San Girolamo penitente
1482-1485 disegno a inchiostro su tavola di noce, 102,8 x 73,5 cm Città del Vaticano, Musei Vaticani, Pinacoteca
Generalmentee datato intorno agli ultimi anni del primo soggiorno fiorentino per le affinità con l’Adorazione dei Magi, del dipinto non si conosce granché fino al 1845, quando venne acquistato da Pio IX e destinato ai Musei Vaticani. San Girolamo è raffigurato nell’iconografia dell’eremita penitente nel deserto. Inginocchiato, tra i pochi stracci che lo avvolgono, nella mano destra tiene la pietra che usava per percuotersi il petto, mentre con la sinistra indica se stesso in atto di umiltà. La figura dell’eremita testimonia del grande interesse nutrito da Leonardo per i dettagli anatomici: il busto inarcato e scuro dietro le clavicole, il gesto plastico del braccio disteso, che indaga lo spazio circostante, la gamba protesa in avanti, con un efficacissimo scorcio e la testa, scavata e ossuta.
Vergine delle rocce
1483-1486 circa olio su tavola, trasportato su tela, 199 x 122 cm Parigi, Musée du Louvre
La Vergine delle rocce è la prima opera documentata di da Vinci a Milano: lo occupò dal 1483 al 1486 e, con l’assistenza di allievi, in una seconda versione dal 1491 al 1508. La scena raffigura l’incontro tra il piccolo Gesù e Giovanni Battista, un episodio che non è narrato nei vangeli canonici ma deriva dalla Vita di Giovanni di Serapione, dai vangeli apocrifi e da altri testi devozionali. Le figure emergono dallo sfondo scuro, con una luce diffusa tipica dello sfumato leonardesco, che crea un’atmosfera avvolgente. Il dipinto sembra celare il mistero dell’Immacolata Concezione, con l’antro roccioso che allude all’utero materno. La simbologia della roccia è legata alla missione purificatrice di Cristo sulla terra. I colori sono più cupi di quelli utilizzati da Leonardo nella versione successiva, ma – rispetto a essa – la luce è decisamente più calda.
Ritratto di musico
1485 olio su tavola di noce, 44,7 x 32 cm Milano Pinacoteca Ambrosiana
Di questo dipinto non si conosce la collocazione originaria né la circostanza della commissione. Sappiamo con certezza che già nel 1671 si trovava alla Pinacoteca Ambrosiana. Il personaggio raffigurato è probabilmente il compositore fiammingo Josquin Desprez. Il soggetto, un giovane dalla folta capigliatura, è ritratto a mezzo busto di tre quarti, girato verso destra. Lo sguardo è distante, ma vivo e intelligente, trattato con un forte chiaroscuro. La veste, di qualità non eccelsa, è un frettoloso intervento posteriore, forse dello stesso Leonardo. La forte introspezione psicologica si rifà all’esempio di Antonello da Messina e certifica l’autografia leonardesca.
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Ritratto di Cecilia Gallerani (Dama con l’ermellino) 1488-1490 circa olio su tavola di noce, 54,8 x 40,3 cm Cracovia, Museum Czartoryski
Tra le opere più iconiche della pittura di Leonardo, la tavola viene datata al biennio successivo il 1488, anno in cui il re di Napoli insignì Ludovico il Moro del cavalierato dell’ermellino. La giovane donna è tradizionalmente identificata con Cecilia Gallerani, amante del duca. Lo schema del ritratto quattrocentesco, a mezzo busto e di tre quarti, venne superato da Leonardo, che concepì una duplice rotazione, con il busto rivolto a sinistra e la testa a destra. Vi è corrispondenza tra il punto di vista di Cecilia e dell’ermellino: l’animale infatti sembra identificarsi con la fanciulla, per una sottile comunanza di tratti e per gli sguardi dei due, che sono intensi e allo stesso tempo candidi.
Madonna allattante (Madonna Litta)
1490 circa tempera e olio su tavola, trasportato su tela, 42 x 33 cm San Pietroburgo, State Hermitage Museum
L’opera risale al primo soggiorno del genio vinciano in Lombardia, alla corte degli Sforza. Della Madonna Litta esistono due bozzetti a mano di Leonardo che si trovano oggi esposti al Louvre e allo Städel Museum di Francoforte. A metà del Settecento, il dipinto fu ceduto dagli eredi degli Sforza ai marchesi Litta, i quali nel 1865 lo vendettero allo zar Alessandro II di Russia. Inizialmente l’opera venne posta a Mosca per poi passare all’Hermitage che decise di esporla solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ritratto di dama milanese (La Belle Ferronière) 1493-1496 circa olio su tavola di noce, 63 x 45 cm Parigi, Musée du Louvre
Come il Ritratto di musico e la Dama con l’ermellino, l’opera risale al primo soggiorno milanese e riflette gli intensi studi di ottica del periodo, evidenti nel riverbero del vestito rosso sulla guancia della donna. La dama ritratta era legata alla corte di Ludovico il Moro e la denominazione con cui il dipinto è noto quasi certamente si deve a un errore di catalogazione. Il dipinto mostra una fanciulla a mezzobusto, su sfondo scuro dietro un parapetto alla fiamminga; il busto è voltato a sinistra e la testa è frontale, come richiamata all’attenzione da qualcosa. Il bel volto si offre alla contemplazione dello spettatore ma lo sguardo è laterale: rifugge un contatto visivo e accresce il senso di enigmatica inaccessibilità. Come nella Dama con l’ermellino, l’abbigliamento è molto curato, ma non sfarzoso.
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Ultima cena
1494-1498 circa tempera e olio su due strati di preparazione gessosa, stesa su intonaco con residui di rifiniture a oro, 460 x 880 cm Milano, Santa Maria delle Grezie, refettorio
Nel 1494 Leonardo ricevette da Ludovico il Moro una commessa per decorare il refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, con un Ultima cena. Il maestro si gettò su questo lavoro con grande passione. Egli non amava la tecnica dell’affresco, la cui rapidità di esecuzione era incompatibile con i continui ripensamenti, le aggiunte e le piccole modifiche del suo modus operandi. Elaborò quindi una tecnica nuova, che esaltasse le sue doti: la resa delle trasparenze, degli effetti di luce e la cura maniacale dei dettagli. Nel 1498 l’opera era terminata, ma iniziò subito a deteriorarsi: in basso a sinistra si intravedeva una piccola crepa. Era l’inizio di un processo di disgregazione che sarebbe continuato inesorabile nel tempo. La tecnica utilizzata era incompatibile con l’umidità della parete retrostante. Eppure, anche danneggiato, il dipinto sprigiona un fascino ineguagliabile.
Monna Lisa (La Gioconda) 1503-1506 circa e oltre olio su tavola di pioppo, 77 x 53 cm Parigi, Musée du Louvre
Il quadro più celebre del mondo, ritrae Lisa Gherardini, una gentildonna fiorentina dell’epoca. Leonardo iniziò a lavorarvi nel 1503 e continuò a porvi mano fino alla sua morte. Il dipinto seguì l’autore per tutta la sua vita. Alla perfetta esecuzione pittorica Leonardo aggiunse un’impeccabile resa atmosferica, che lega indissolubilmente il soggetto in primo piano allo sfondo, e contribuisce a donare all’immagine della donna un’aura di estrema introspezione psicologica. La Monna Lisa costituisce uno dei primi ritratti a rappresentare il soggetto davanti a un panorama immaginario. Interessante notare come il paesaggio non sia uniforme: la parte di sinistra è più bassa della destra. Alcuni critici ritengono pertanto che sia stata aggiunta successivamente.
Sant’Anna, la Madonna e il Bambino con l’agnello 1503 circa, 1508-1510 e oltre olio su tavola di pioppo, 73 x 56,5 cm Parigi, Musée du Louvre
Non è certo quando Leonardo abbia iniziato a lavorare a quest’opera, ma sappiamo che nel 1517 essa si trovava presso la residenza del maestro a Clos-Lucé. L’opera rappresenta le tre generazioni della famiglia di Cristo: Sant’Anna, sua figlia Maria e Gesù bambino. La composizione, ricca di significati allegorici, è modellata secondo uno schema piramidale, al pari di molte celebri pale rinascimentali, con la sommità nella testa di sant’Anna. Il suo sguardo benevolo e sorridente è rivolto a Maria e a Gesù. Simbolicamente rappresenta la Chiesa che, biasimando l’apprensione materna di Maria, ribadisce il necessario e volontario sacrificio di Gesù. La luce è soffusa e gli effetti atmosferici legano le monumentali figure in primo piano con l’ampio paesaggio sullo sfondo, caratterizzato da un alto orizzonte che sfuma in toni chiarissimi.
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San Giovanni Battista
1506-1513 circa olio su tavola di noce, 73 x 56,5 cm Parigi, Musée du Louvre
Forse l’opera fu commissionata a Firenze da Giovanni de’ Benci verso il 1505. Alla morte di Leonardo divenne proprietà del suo allievo Gian Giacomo Caprotti, detto Salaì. Deceduto quest’ultimo, se ne dispersero le tracce. Verso il 1630 riapparve in un inventario dei beni dell’ambasciatore francese presso la corte di Carlo I d’Inghilterra. Nel 1666 la tavola era già nelle collezioni reali, poi confluite al Louvre. La composizione del quadro, la fisionomia e l’atteggiamento del giovane San Giovanni sono tipici della produzione matura di Leonardo: egli volge lo sguardo allo spettatore, ma la sua espressione è languida, ambigua e dolcemente sorridente. La figura emerge da uno sfondo scuro in cui non si scorge alcun riferimento spaziale. Con ogni probabilità, il modello del dipinto fu proprio il Salaì.
Sotto: la Dama con l’ermellino (olio su tavola di noce, 1488-1490 circa), riprodotta in Da Vinci Experience.
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L’allestimento: le macchine
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ergio Martelli e i suoi due figli, Sandro e Silvano, dopo aver ideato e creato fin dagli anni ’90 le mostre e il museo permanente di San Gimignano dedicato agli strumenti di tortura, da ormai oltre 20 anni hanno messo a disposizione la loro arte, per inseguire un sogno che s’intreccia con la storia secolare della famiglia. È così che, prendendo le mosse dai disegni di da Vinci, chiari e ben definiti, anno dopo anno hanno ricostruito minuziosamente – a grandezza naturale e in scala – una serie di modelli d’impressionante precisione e con meccanica perfettamente funzionante. Tra questi il carro armato, 5 m di diametro per 4,50 m di altezza, e la scenografica ala per il volo umano, 9 m di apertura, appesa al centro della sala immersiva di Da Vinci Experience. I Martelli si tramandano da generazioni di padre in figlio l’arte di spadai, falegnami, fabbri e armaioli. Quello tra loro e Leonardo, è un incontro che pare destinato a essere ricorrente nel corso dei secoli. Sembra infatti che nei primi anni del Cinquecento fossero stati i loro avi a ospitare il genio per un lungo periodo del suo soggiorno fiorentino. Si dice anche che, dopo la sua morte, la famiglia abbia iniziato a raccogliere e conservare alcuni dei suoi schizzi e appunti, gli stessi divenuti poi parte integrante dei preziosi codici celebri in tutto il mondo. Oggi, si deve a Sergio Martelli, esperto delle tecnologie e dei segreti antichi degli armaioli d’Europa, con i suoi figli, abili restauratori di oggetti in legno e ferro battuto, il concretizzarsi di un’idea che per anni era rimasta solo una fantasia: costruire le macchine di Leonardo come lui stesso avrebbe voluto fossero realizzate da una bottega della sua epoca. Sergio, Sandro, Silvano Martelli – Bottega Artigiana Martelli
Riproduzione della barca a pale ideata da Leonardo da Vinci:
raggio delle pale 50 cm, raggio della ruota 22 cm.
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Riproduzione della bombarda ideata da Leonardo da Vinci:
diametro della bocca da fuoco 45 cm, profondità della bocca da fuoco 60 cm.
Riproduzione del carro armato ideato da Leonardo da Vinci:  diametro del carro 87 cm, altezza della torre 30 cm, altezza massima del carro armato 39 cm.
Riproduzione della catapulta ideata da Leonardo da Vinci: 
braccio della catapulta 192 cm, diametro della ruota 47 cm.
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ex p er i e n c e and his real machines Concept: Federico Dalgas Responsabile produzione: Andrea Moreschini Responsabile comunicazione: Roberto Fiorini
Video Installazione
Realizzazione: Art Media Studio Firenze Regia: Marilena Bertozzi e Vincenzo Capalbo Archivio immagini: F.lli Alinari / Scala Group
Allestimento
Riproduzioni macchine: Bottega artigiana Martelli Riproduzioni anastatiche codici: Giunti Editore, Progetto Leonardo Ocululus VR experience: Orwell srl
Comunicazione
Relazioni esterne: Massimo da Cepparello Sito web: Fabio Vallana Social media: Raffaele Nencini / Fabio Vallana
Catalogo
Testi: Raffaele Nencini Fotografie: Piero Taddei, Fabio Vallana Grafica e impaginazione: Giulia Raineri Stampa: Litografia Ip UNA PRODUZIONE
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L
a vita e l’opera di Leonardo sono i protagonisti assoluti di Da Vinci Experience, la rappresentazione immersiva dedicata al più grande genio di tutti i tempi. Un’emozionante produzione, ricca di effetti speciali, ricostruzioni 3D e multiproiezioni. Un’esperienza immersiva che è allo stesso tempo mostra e spettacolo.
www.davinciexperience.it www.ctcrossmedia.com
ISBN 978-88-942197-6-0
Una produzione 9 788894 219760
10,00 euro