Focus ottobre 2015

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DINOSAURI CON LE PIUME

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Le nuove droghe che trasformano in zombie

OTTOBRE 2015 € 3,90 IN ITALIA

SCOPRIRE E CAPIRE IL MONDO

Intestino & C.

GIÙ PER IL TUBO

IL PIANETA MAI VISTO

Come era la Terra prima dell’uomo Leggi bizzarre

Un secolo di Relatività

LA TEORIA CHE ROVESCIA IL MONDO L’ETÀ GIUSTA PER FARE LE COSE Mensile: Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Portogallo (cont.) Spagna € 7,00 / Canada CAD 12,00 Germania € 9,50 / UK GBP 6,00 Svizzera Chf 8,90 – C.T. Chf 8,40 USA $ 12,00 Poste Italiane / Sped. in A.P. D.L. 353-03 art. 1, Comma 1 / Verona CMP

Einstein spiegato a tutti: viaggi nel cosmo, buchi neri, Big Bang...



La buona notizia Elettricità per un super cervello

w

UNA BELLA MENTE. Reed Hastings, cofondatore di Netflix.

La macchina dell’intelligenza Il potenziamento neurocognitivo sta per aprire prospettive davvero incredibili per migliorare le prestazioni della nostra mente. In un futuro non troppo lontano, una piastra di pochi centimetri, sistemata sulla fronte, potrebbe permetterci di superare un esame di matematica anche se siamo negati, o di svolgere perfettamente un lavoro anche se siamo in “giornata no”. Sono le promesse del potenziamento neurocognitivo, che impiega correnti elettriche a bassa intensità (e a volte campi magnetici) applicate allo scalpo. Secondo gli studi, questa stimolazione altera le dinamiche del cervello, rendendolo più “smart”.

MEMORIA. Lo conferma un

articolo pubblicato sulla rivista Behavioral Sciences, che ha analizzato i pro e i contro della tecnica, concludendo che la stimolazione elettrica può migliorare le capacità matematiche, il linguaggio, la memoria a breve e a lungo termine e l’attenzione, con un effetto che però varia molto a seconda del tipo di corrente applicata (alternata o continua, per esempio) e di chi vi si sottopone. In particolare, benefici più marcati si hanno sui più

“testoni”, che partono da un punteggio basso nei compiti cognitivi, mentre l’effetto è blando o persino nullo in chi ha già un’intelligenza nella norma o superiore. I neuroscienziati pensano quindi che il potenziamento neurocognitivo possa servire per aiutare chi ha dei deficit, ma non potrà trasformarci tutti in Einstein. PROGRAMMA UE. Rimangono tuttavia i dubbi sulla durata del beneficio (solo qualche ora? Permanente?) e sugli effetti collaterali, specie

3,6 milioni di euro

I fondi stanziati dall’Ue per questo filone di ricerca.

quelli di lungo periodo, che per ora non sono stati valutati. Anche per chiarire questi aspetti, l’Unione Europea ha recentemente destinato alle ricerche sul potenziamento neurocognitivo ben 3,6 milioni di euro, con il programma Nerri (Neuro-enhancement responsible research and innovation). Margherita Fronte

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OTTOBRE 2015 NUMERO 276

Scoprire e capire il mondo

18 La Terra mai vista

Natura

LA TERRA COME NON L’HA VISTA NESSUNO ������������������������������� 18 Immagini di milioni di anni fa, quando il Pianeta era giovane e la geologia ne plasmava la superficie, creando scenari apocalittici.

DOSSIER

81

100 ANNI DI RELATIVITÀ

82

IL FASCINO DEI BUCHI NERI Oggi la Relatività generale vive un periodo d’oro.

86

EINSTEIN IN 7 VIGNETTE Le grandi idee alla portata di tutti.

91

LA SCIENZA A HOLLYWOOD Dai laboratori al film Interstellar.

Incontro con Ian Mortimer, lo storico che ha indagato 10 secoli di cambiamento pag. 15

Società

SIAMO TUTTI GRANDI FRATELLI ��������������������������������������������������� 24 Videocamere e connessioni al Web sono alla portata di chiunque. Prepariamoci dunque all’era in cui tutti riprendono tutto... Con quali conseguenze?

Animali

QUEL DINOSAURO È PROPRIO UN POLLO ����������������������������������� 32 Coperti di penne come gli uccelli. Colorati. Ottimi baby-sitter. Le ultime ricerche ci mostrano gli antichi rettili come non li avevamo mai visti.

Salute

DROGHE DA ZOMBIE �������������������������������������������������������������������� 38 Centinaia di sostanze dai nomi accattivanti promettono il paradiso per poche decine di euro. E bruciano il cervello.

Spazio

APOLLO: LE SMENTITE NON BASTANO MAI ��������������������������������� 44 Recenti dichiarazioni delle autorità russe sembrano avvalorare i dubbi di chi dice che sulla Luna non ci siamo mai stati. Ma i fatti dimostrano il contrario.

Invenzioni

QUELLI CHE CI BREVETTANO IL FUTURO ������������������������������������ 46 Utili, geniali, talvolta incomprensibili: sono le idee in testa ai grandi nomi dell’industria. Per migliorarci, si spera, la vita.

Mondo

NON HO L’ETÀ �������������������������������������������������������������������������������� 54

38 Droghe da zombie

A quanti anni si può fare sesso, bere un mojito, camminare sui muri o sposare un cugino? Paese che vai, legge che trovi.

In copertina: foto grande AKG/MondadoriPortfolio, elaborazione Chiara Scandurra; Spl/Contrasto; Spl/Agf; Getty Images, elaborazione Chiara Scandurra; iStock

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Salute

Guida a colori e temi di questo numero

IL DESTINO NEL PANCIONE ����������������������������� 60 Nel grembo materno si forma l’individuo e si decide il suo futuro: sarà sano, malato, obeso? Nuove, insospettabili relazioni.

Arte

SOTTO LA TELA C’È UN NOBEL ����������������������� 64 Il cielo di Van Gogh, i colori di Seurat, il Cristo di Dalí: opere immortali, stupende... E speciali per i loro contenuti scientifici.

Sport

A DUE RUOTE SULL’ACQUA ����������������������������� 96 Robbie Maddison, 34enne rider australiano, è riuscito in un’impresa unica: cavalcare le onde con una moto da cross!

Storia

QUELLA BESTIA DI IMPUTATO ����������������������� 102 Per secoli, gli animali che attaccavano o danneggiavano l’uomo sono stati processati. Un’assurdità? Non proprio.

Tecnologia

DIVORATI DALLA RUGGINE ����������������������������� 110 Brutta e pericolosa, porta alla distruzione oggetti e strutture. Per questo la si combatte. Con nuove armi.

Corpo umano

73

Natura Animali Prisma

SEZIONI 73 Prisma 116 Domande & Risposte

Invenzioni Tecnologia Trasporti

147 MyFocus 152 Relax

GI٠PER IL TUBO ��������������������������������������������� 124

155 Giochi

Più di 400 metri quadrati di intestini e (almeno) 24 ore per trasformare un panino in feci.

161 Mondo Focus

Corpo umano Spazio Salute

Comportamento

NON CI PENSO MA LO FACCIO ����������������������� 133 La forza delle abitudini è una realtà, che abita più o meno al centro del nostro cervello.

Società Mondo Comportamento

Trasporti

FINESTRINO O CORRIDOIO? ��������������������������� 138 Studi recenti indicano quali siano i posti più sicuri in aereo. Ma i fattori che contano sono tanti. Facciamo il punto.

Società

PIÙ FORTI DI NOI ��������������������������������������������� 140 I ratti: alleati in laboratorio, ma pericolosi in città. I segreti di questi animali intelligenti, capaci di resistere alle bombe nucleari.

96

Uomini e ratti. La lotta infinita pag. 140

Sull’acqua con due ruote

L’INVITO ALLA LETTURA DEL DIRETTORE

La teoria della Relatività generale, cui dedichiamo la nostra copertina, compie un secolo. Eppure non è mai stata così in forma: le equazioni di Einstein non soltanto ci permettono di studiare i buchi neri e la nascita dell’universo... ma anche di trovare la strada con i navigatori Gps. Jacopo Loredan 6 | Focus Ottobre 2015

RUBRICHE 3

La buona notizia

8 Flash

Arte Sport Storia

122

Visioni dal futuro

Ci trovi anche su:

15 L’intervista 17

In numeri

70

Come funziona

122 Visioni dal futuro

www.focus.it


B.A.G. Spa

INQUADRA IL QR CODE: NEROGIARDINI TI OFFRE IL VIDEO-MODA DIRETTAMENTE SUL TUO SMARTPHONE!

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Flash Riflessi di squadra

8 | Focus Ottobre 2015


NELL’ACQUA

Getty Images

L’esibizione della squadra francese di nuoto sincronizzato ai primi Giochi europei della storia (Baku, Azerbaigian, 12-28 giugno 2015), durante la fase preliminare di esercizio libero. Nel nuoto sincronizzato le squadre (di quattro o otto atlete) devono esibirsi in esercizi e coreografie che combinano nuoto, danza e ginnastica. Le atlete possono sentire la musica grazie ad altoparlanti stagni subacquei.

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Flash Riflessi sul fiume

10 | Focus Ottobre 2015


NEL TUNNEL

Contrasto

Uno dei tunnel in costruzione per il progetto di trasposizione del São Francisco, il lungo fiume brasiliano che nasce nello Stato di Minas Gerais e scorre verso nord. Il progetto, molto contestato dalle popolazioni indigene e dagli ambientalisti, prevede la costruzione (al momento più o meno a metà dell’opera) di due canali di deviazione delle acque (600 km), 27 acquedotti, 37 dighe (di cui due idroelettriche).

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Flash Riflessi in volo

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Il pilota ungherese Zoltan Veres a bordo di un aeroplano MXS, durante un’esibizione di volo acrobatico a Budapest. Veres è campione europeo di acrobazie su aeroplano e le sue performance sono sempre spettacolari: nel 2007 ha stabilito un record mondiale eseguendo 408 giravolte consecutive. In questa foto il campione sembra superare se stesso... doppiandosi. In realtà è solo riflesso sull’ala del velivolo.

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Reuters/Contrasto

NEL CIELO


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L’intervista di

Ian Mortimer Alla ricerca dei motori che hanno mutato la società

Ci ha sconvolto di più Internet o la Peste nera? Se lo è chiesto uno storico inglese, che ha riletto gli avvenimenti degli ultimi 10 secoli per scoprire quali hanno cambiato davvero la vita della gente. I risultati? Molto spesso inaspettati.

1 4Forse in alcuni campi, molto definiti. Per Nel mio saggio mi riferisco soprattutto al cam- esempio, la speranza di vita alla nascita negli Che cosa intende precisamente per “cambiamento”?

Jim Wileman

biamento sociale ed economico, mi interesso cioè ai motori che hanno mutato il modo di vivere, la “realtà percepita” delle persone comuni, influendo sulle loro possibilità di sostentamento e di benessere, in particolare in Europa. Da questo punto di vista, se ad esempio si considera la tecnologia, l’invenzione del computer nel secolo scorso ha avuto sulla popolazione un effetto paragonabile a quello della diffusione delle ferrovie nel 1800.

2 Biografia Ian Mortimer è uno storico inglese, membro della Royal Historical Society, premiato da questa con l’Alexander Prize nel 2004 per i suoi studi sulla storia sociale della medicina. È autore di vari studi e saggi, anche divulgativi: l’ultimo si intitola Il libro dei secoli (Bollati Boringhieri) e prende il via da una domanda affascinante... Quali sono stati i più potenti “motori” di cambiamento negli ultimi 1.000 anni in Europa? Quali personaggi, quali idee, quali invenzioni, quali eventi storici o naturali hanno inciso di più sulla vita degli uomini? Se credete che la risposta sia semplice, e pensate subito ai progressi scientifici del ’900, state sbagliando prospettiva.

Quali sono stati, nella sua opinione, i secoli che hanno avuto più impatto sul maggiore benessere della società?

Tutti. Ma molti di noi non sono consapevoli di quanto peso abbia avuto, per esempio, la costruzione di castelli e fortificazioni negli anni 1000, evento che per la prima volta ha limitato la violenza come stato permanente della società, permettendo uno straordinario sviluppo dell’agricoltura e un boom demografico. Oppure, la nuova circolazione delle persone e delle idee dovuta alla ramificazione dei mercati in Europa nel XIII secolo. O ancora, la nascita del concetto di individualismo nel 1400...

3 I cambiamenti più significativi non furono do-

... E quali le persone che più hanno influito sul cambiamento?

vuti a singoli individui, ma a un enorme numero di persone che lavoravano nella stessa direzione, creando inconsapevolmente un bisogno che poi sarebbe stato soddisfatto. L’innovatore, come l’invenzione in sé, da solo muove molto poco. Prendiamo per esempio la bussola magnetica. Era conosciuta in Europa già secoli prima che Colombo attraversasse l’Atlantico, ma solo in quel momento servì a provare al mondo che la sapienza dei Greci e dei Romani (che ignoravano l’esistenza di interi continenti ), fino ad allora considerata superiore e indiscutibile, era sbagliata e incompleta. Il che era proprio quello che serviva sapere perché i nuovi studi scientifici ottenessero uno slancio decisivo, che si è proiettato fino a oggi.

Secondo lei il progresso esiste davvero?

ultimi secoli è andata sempre aumentando. Nel passato però ci sono state eccezioni a questa tendenza. La “piccola era glaciale” a metà del 1600 provocò carestie così gravi da far calare l’aspettativa di vita dai 40 ai 30 anni. Se invece quello che si vuole sapere è se, nel corso della storia, la vita abbia continuato a migliorare per la maggior parte delle persone, la risposta è ancora più complessa: non tutti gli aspetti della realtà avanzano insieme, molte cose devono essere regolarmente ri-scoperte, e spesso vanno pagate a caro prezzo a livello sociale. Personalmente, quando leggo delle

Raramente un solo individuo può cambiare la storia: ad agire sono forze collettive profonde miserevoli condizioni degli operai nelle industrie dell’800, mi chiedo se non stessero molto meglio i contadini del 1700, che almeno lavoravano all’aperto e abitavano in villaggi che fornivano un forte supporto comunitario.

5

Che cosa in definitiva ha influenzato di più la nostra storia? Il caso (come epidemie e cambiamenti climatici) o la volontà umana?

La Peste nera, tra il 1347 e il 1351, provocò uno dei più drammatici cambiamenti negli ultimi mille anni: morì quasi il 60% della popolazione europea. Per contro, questo liberò un’enorme quantità di risorse per i sopravvissuti. Anche la “volontà” di Martin Lutero, però, ebbe un effetto devastante sull’Europa, provocando una frattura religiosa e politica e infiniti altri sviluppi successivi. In realtà, quando si parla di cambiamento, è tutto connesso. Ma la complessità della questione non è una buona scusa per ignorarla. Se lo facciamo, è a nostro rischio e pericolo. Isabella Cioni

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In numeri Scuola Chi studia, chi insegna

anni

1907

l’età limite dell’obbligo scolastico in Italia

Maria Montessori apre a Roma la prima “Casa dei Bambini“

percentuali di studenti stranieri:

9,5% alle elementari 9,3% alle medie 6,2% alle superiori

32%

gli studenti iscritti all'anno scolastico 2014/2015, a formare 368.341 classi

percentuale degli alunni italiani che dopo la terza media si sono iscritti a una scuola secondaria superiore statale e non hanno terminato gli studi

fondazione dell'Università di Bologna, la più antica d'Europa

47mila

gli iscritti alla City Montessori School a Lucknow, India

68

le università statali in Italia

gli insegnanti precari in Italia

84

gli anni di Kimani Ng'ang'a Maruge (Kenya), l'uomo più anziano che si sia mai iscritto a una scuola elementare A cura di Marco Paternostro Ottobre 2015 Focus | 17


Natura

5,9

MILIONI DI ANNI FA

MARE MEDITERRANEO. Un movimento tettonico collegò la rocca di Gibilterra all’Africa e impedì all’Atlantico di fluire nel Mare Nostrum. Che evaporò lasciando il posto a un’abbagliante distesa di sali. È la cosiddetta crisi di salinità del Messiniano, che ridusse il Mediterraneo a pochi bacini di acqua ipersalina, tra l’Italia e la Spagna e a sudest della Sicilia. L’isolamento fu interrotto dall’alluvione zancleana, che aprì le porte all’Atlantico 5,3 milioni di anni fa.


La Terra come non l’ha vista nessuno

Il pianeta era giovane e la geologia ne plasmava la superficie. Fino a creare grandiosi scenari apocalittici.

Getty Images, elaborazione di Chiara Scandurra

ROCCA DI GIBILTERRA. Anche se l’origine della rocca è giurassica, il suo aspetto si è completato circa 5 milioni di anni fa.


132

MILIONI DI ANNI FA

TRA AFRICA E SUD AMERICA. Un’eruzione che durò circa 10 milioni di anni ricoprì i continenti meridionali di uno spesso strato di roccia fusa. È l’episodio che creò la cosiddetta provincia Paranà-Etendeka, che andava dal Brasile Meridionale alla Namibia. Decine e decine di vulcani (o forse un supervulcano) eruttarono circa 8.600 chilometri cubi di lava, in un’immensa eruzione che interessò 1,5 milioni di chilometri quadrati.

20 | Focus Ottobre 2015

Vulcani, ghiaccio, acqua, e vita hanno continuato a modificare la forma della Terra, fin dagli inizi. Nessun altro pianeta del sistema solare è così vivo


PAESAGGIO BOLLENTE. Vulcani del Sud America uniti a rappresentare una delle eruzioni più ampie della storia della Terra.

Getty Images, elaborazione di Chiara Scandurra

ISTANTANEE DAL PASSATO

MILIONI DI ANNI FA

PIANETA GELATO. I faraglioni di Capri nella banchisa. C’è stato più di un episodio di “ghiaccio totale” che ha ricoperto la superficie terrestre. Definite “Terra a palla di neve”, queste fasi furono dovute a cambiamenti profondi, come la diminuzione dell’anidride carbonica o l’eruzione di un supervulcano. La vita multicellulare era appena nata, e dovette rifugiarsi nelle profondità dell’oceano. Al tempo i faraglioni non esistevano ancora... ma se ci fossero stati sarebbero apparsi così.

FARAGLIONI DI CAPRI. Costituiti da rocce calcaree del Giurassico (200–145 milioni di anni fa), qui fanno da sfondo ai ghiacci molto più “antichi”.

© Ulrika Finnberg, elaborazione di Chiara Scandurra

600

SENZA PACE. La storia del nostro pianeta è quella di un corpo celeste in perpetuo cambiamento, con le terre emerse che cambiavano di posizione e ampiezza e i mari che si alzavano e si abbassavano. Questi avvenimenti furono forse alla base anche dell’origine della vita, che ha “approfittato” degli elementi espulsi dai vulcani o erosi dal vento e dall’acqua per costruire le prime cellule. Abbiamo ricreato alcuni momenti della storia della Terra, riportando paesaggi moderni a milioni o miliardi di anni fa. Per questo motivo alcune ricostruzioni possono essere irreali, ma danno l’idea di come doveva presentarsi il nostro pianeta.


1 ANTICHISSIME CIME. L’aspro paesaggio della Rodinia, ricostruito con montagne attuali.

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MILIARDO DI ANNI FA

SUPERMONTAGNE. Rodinia è il nome di un supercontinente che univa tutte le terre emerse: esistette da circa 1,1 miliardi a 750 milioni di anni fa. La sua precisa forma non è ancora certa, ma si sa che la catena di montagne che lo percorreva era lunga migliaia di chilometri, e che i suoi fiumi attraversavano di conseguenza un territorio immenso; erano molto più lunghi di qualsiasi fiume della Terra odierna. Gli spostamenti delle placche continentali spezzarono l’intero supercontinente, per riformarne un altro circa 550 milioni di anni fa.


Reuters, elaborazione di Chiara Scandurra

Il meccanismo che sposta le immense placche terrestri su cui viaggiano i continenti è ancora in parte misterioso Ottobre 2015 Focus | 23


Società

Siamo tutti Grandi Fratelli Videocamere e connessione al Web sono alla portata di chiunque. Prepariamoci dunque all’era in cui tutti riprendono tutto... Con quali conseguenze?

UN DIARIO DIGITALE. Chatal Gurrin, ricercatore dell’Insight Centre for Data Analytics di Dublino. È l’autore delle foto in queste pagine, scattate in gran parte in modo automatico e poi selezionate da un software che individua i momenti importanti.


È

il 1° luglio del 2012 e Steve Mann sta mangiando con la sua famiglia in un McDonald’s sugli Champs-Élysées, a Parigi. Nessuno sembra dare peso alla telecamera incapsulata nel bizzarro occhiale che indossa, tranne tre dipendenti che all’improvviso lo aggrediscono perché si sentono spiati. Non sanno che, nonostante il tentativo di distruggerlo, quell’obiettivo li riprenderà, né che Mann è uno scienziato così famoso da essere stato definito il “padre della tecnologia indossabile”. Negli Anni ’70 fu lui il primo a sperimentare l’uso di una telecamera su un elmetto. Oggi possono farlo tutti, per di più con una connessione internet, aprendo così scenari straordinari e inquietanti per il futuro: entreremo in un’epoca più democratica, in cui i cittadini controlleranno il potere e gli abusi verranno smascherati? Oppure, al contrario, saremo minacciati a ogni angolo da occhi indiscreti, pronti a immortalare ogni nostra azione senza alcuna possibilità di controllo da parte nostra? LA VITA IN DIRETTA. L’incidente accaduto a

Cathal Gurrin(4)

NATALE A TOKYO. Sopra, luci di Natale a Tokyo. La foto è stata scattata con i Google glass, gli stessi ripresi nella foto a sinistra, durante una dimostrazione per una tv a Dublino.

Steve Mann è la prima nota reazione violenta alla pratica del lifelogging, che consiste nel riprendere tutto ciò che vediamo attraverso un obiettivo indossato al collo o su un paio di occhiali: ieri per farlo c’era bisogno di una telecamera collegata a un computer portatile, oggi basta la prima e una connessione per caricare le immagini in Internet. I modelli in commercio possono essere divisi in tre categorie: le telecamere che scattano da sole una foto a intervalli regolari e quelle attivate dall’utente o da sensori che valutano il momento giusto; infine ci sono

AFFETTATI E VINO PER LE STRADE DI PARIGI. Un altro momento della vita di Gurrin, ripreso questa volta (pochi mesi fa) con la fotocamera indossabile Autographer in un ristorante di Parigi.

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SELFIE IN ASCENSORE. Sotto, un autoscatto davanti allo specchio di un ascensore, sempre con i Google glass. A destra, sulla strada per l’ufficio, a Dublino.

Il ricercatore Cathal Gurrin (nelle foto) si riprende dal 2006 DAI CASCHETTI ALLE WEBCAM INDOSSABILI IL PRIMO CYBORG. Steve Mann, dopo avere sperimentato una telecamera su un casco fin dagli Anni ’70, diventa dal 1994 al 1996 il primo lifelogger che trasmette la sua vita sul Web 24 ore su 24. JENNICAM. Nel 1996, la studentessa americana Jennifer Ringley trasmette in Rete immagini della sua stanza in un dormitorio universitario, compresa la sua intimità. È un boom di contatti. DOTCOMGUY. È il 2000 e Mitch Maddox si battezza DotComGuy: decide di vivere per un anno senza uscire di casa, trasmettendo la sua vita con una serie di webcam. Il lifelogging si tramuta nel Grande Fratello tv. SENSECAM. Microsoft crea nel 1999 un brevetto per una telecamera in grado di scattare immagini ogni 30 secondi per tutto il giorno. Il primo a sperimentarla è l’ingegnere Gordon Bell. Sarà oggetto di molti studi. GOPRO. Arriva nel 2004 la più celebre telecamera indossabile per riprendere spezzoni della propria vita. Ancora non è possibile archiviare 24 ore di video e la GoPro è usata soprattutto per le imprese sportive. MOTORE DI RICERCA. Nel 2006, il lifelogger e ricercatore Cathal Gurrin inizia a indossare una telecamera e a registrare tutto il giorno quello che fa. L’esperimento permette di creare un motore di ricerca che individua diverse attività e fino a mille oggetti nelle immagini. JUSTIN.TV. Justin Kan, nel 2007, fonda il sito Justin.tv dove chiunque può trasmettere con una webcam. Il primo a cimentarsi è lui stesso, con un obiettivo su un cappellino, ma ancora la tecnologia rende difficile una diretta video 24 ore su 24. IPERCOMPATTE. Nel 2013 le telecamere per i lifelogger vengono ufficialmente sdoganate con l’arrivo sul mercato di Narrative Clip e Autographer, il cui utilizzo è proprio quello di riprendere una sequenza di foto della propria giornata.

26 | Focus Ottobre 2015

TAVOLO INTERATTIVO. Sopra, Gurrin in volo durante un rientro a Dublino. Più in alto, al lavoro con un touch screen sul quale sono visualizzate le foto (una ogni minuto) che il ricercatore ha scattato durante la giornata.


Cathal Gurrin(6)

TRAMONTI CON WASABI. A sinistra, in auto verso Sligo, in Irlanda, per una breve vacanza: «Adoro la vista del tramonto e le luci dell’auto sulla strada», dice Gurrin. Sotto, in un ristorante a Tsukuba, in Giappone.

le “action-cam” come la GoPro, che per ora sono usate per attività sportive limitate nel tempo come la mountain bike o il surf: conservare video troppo lunghi richiederebbe troppa memoria. A parte i campioni sportivi, però, perché mai qualcuno dovrebbe voler registrare la propria giornata con un occhio digitale? «Le persone hanno sempre archiviato momenti della propria vita, con diari e disegni prima, foto e video poi», spiega in uno studio sul lifelogging Albrecht Schmidt, docente di Interazione uomomacchina all’Università di Stoccarda. «Il motivo di registrare tutta la propria vita potrebbe essere quello di non perderne i momenti significativi». Ritrovarli tra anni di video sarebbe però come cercare un ago nel pagliaio. «Una persona non avrebbe il tempo di rivedere neanche le foto di un giorno, perché sarebbero troppe», spiega Cathal Gurrin, ricercatore dell’Insight Centre for Data Analytics di Dublino e autore delle foto in queste pagine. «È per questo che c’è bisogno di un motore di ricerca con cui individuare gli elementi in un’immagine: un luogo, una persona, un oggetto e così via. Per crearne uno, con i miei colleghi ho iniziato a indossare una videocamera nel 2006 (la SenseCam di Microsoft, ndr) e da allora non ho mai smesso».

La sua ricerca, che gli fa immagazzinare 2mila immagini al giorno, per 1 Tera­byte di dati (l’equivalente di un milione di libri) ogni anno, ha permesso di sviluppare un algoritmo che divide la giornata in categorie. «Il software individua circa 30 eventi», spiega Gurrin, «tra cui fare colazione, essere in ufficio, fare shopping. Ma è molto più complicato costruire un motore in grado di rispondere a domande complesse come: “qual era la marca di quel buon vino rosso che ho bevuto con mia moglie in un viaggio a Roma?”». Anche se siamo sicuri di aver inquadrato l’etichetta, infatti, ritrovarla potrebbe essere molto arduo. «Per ora il programma riconosce fino a mille oggetti comuni in ogni foto, ma non è ancora in grado di reagire a quel tipo di domande». BABY-TELECAMERE. Gli scienziati han­

no scoperto che registrare il punto di vista di una persona può essere utile. «Negli ultimi anni», spiega Gurrin, «sono stati compiuti studi soprattutto in ambito medico: in alcuni casi si usano le immagini per aiutare i malati di Alzheimer a ricordare, in altri per correggere ad esempio la sedentarietà o l’errata alimentazione. In generale il lifelogging è utile a osservare i comportamenti o l’influenza dell’ambiente: in un esperimento, una telecamera è stata messa addosso ai bambini per vedere quante volte sono esposti alle pubblicità dei fast food». In un futuro in cui tutto ciò che facciamo sarà registrato e catalogato, forse anche gli psicologi potranno esaminare i pazienti cercando indizi nel flusso di immagini della loro vita, oltre che in quello della coscienza. «Rievocare in maniera vivida un comportamento», continua Schmidt, «può aiutare a modificarlo, ed

è dimostrato che riportare in superficie ricordi positivi può migliorare il benessere delle persone». Naturalmente ci sono altre applicazioni professionali di queste telecamere. «Per esempio l’aiuto a distanza», spiega Gurrin, «che si verifica quando un ingegnere lontano migliaia di chilometri da un impianto vede attraverso gli occhiali di un operaio presente sul posto e gli spiega come agire». «Chi usa di più questa tecnologia al momento sono le forze dell’ordine, i membri di servizi di emergenza e le aziende», commenta Joshua Flood, ricercatore della società Valour Consultancy, che ha pubblicato lo scorso aprile uno studio sul settore. Il risultato? Nel 2014 sono state vendute nel mondo 14 milioni di telecamere indossabili e nel 2024 il numero dovrebbe salire a 92 milioni. «La parte del leone la fanno ancora le action-cam, ma quelle per il lifelogging passeranno l’anno prossimo da 100mila unità vendute a 1,2 milioni». La domanda è che cosa succederà quando tutti ne indosseremo una. «Il fenoOttobre 2015 Focus | 27


LATTUGA DI CASA MIA. A lato, Gurrin raccoglie l’insalata per cena, a casa sua in Irlanda. A sinistra, Gurrin in metro in Giappone: «Sembra che ci siano due sole cose che si possano fare in un treno giapponese: giocare con il telefono o dormire».

Cathal Gurrin(3)

Sfuggire agli occhi indiscreti? Sembra impossibile

TI SPIEGO COME SI FA. All’aeroporto di Francoforte, Gurrin spiega agli assistenti di volo la sua attività.

QUESTIONE DI PRIVACY COME DIFENDERSI. Cathal Gurrin è convinto che il lifelogging porterà a una società più sicura. Ma ci sarà il solito prezzo da pagare: la privacy. «Dovremo accettare che in un luogo pubblico potremmo essere ripresi da telecamere pubbliche o di altri cittadini», spiega. «Non credo che chi le indosserà dovrà mostrare una targhetta in cui avverte che ti sta riprendendo (non funzionerebbe). Ma magari in futuro le telecamere avranno un software che automaticamente renderà irriconoscibili le facce degli sconosciuti che incontriamo». Oggi, però, non ci sono leggi adeguate: le regole sarebbero tutte da stabilire.

28 | Focus Ottobre 2015

meno», spiega Gurrin, «è stato definito da Steve Mann “subveglianza”, perché è un controllo democratico e dal basso dei cittadini. Mann sostiene che quando tutti ne indosseremo una la società diventerà più sicura, perché sapremo che ciò che stiamo facendo o dicendo può essere sempre registrato». Anziché un Grande Fratello dunque, tanti piccoli fratelli, in posizione di uguaglianza. IL GOOGLE DEI RICORDI. La gente, però,

non sempre vuole essere ripresa, come dimostra la già citata aggressione che lo stesso Mann ha subìto a Parigi (v. anche riquadro a sinistra). «Il problema di essere ripresi e individuati esiste», dice Gurrin, «anche per il progressivo sviluppo delle tecnologie di riconoscimento facciale; ma come non facciamo più caso alle telecamere di sorveglianza, alla fine adotteremo questa tecnologia. Il vantaggio di avere una memoria molto più efficace che in passato supera ogni lato negativo. Inoltre, anche la condivisione delle esperienze sarà rivoluzionata: domani queste telecamere avranno tanti sensori, in grado di registrare anche le nostre emozioni. Sui social network pubblicheremo video che mostrano ciò che vediamo e ciò che stiamo provando». E

magari tutto questo avverrà in diretta, come già oggi permettono di fare applicazioni quali Periscope e Meerkat. L’ipotesi è affascinante e tremenda al tempo stesso: potremo rianalizzare le foto o il video di una giornata per capire dove abbiamo messo le chiavi di casa o per riascoltare ciò che è stato detto durante una conversazione. «È uno scenario plausibile, ed è ciò che accade in una puntata della serie tv Black Mirror», spiega Gurrin, alludendo a un episodio in cui i protagonisti riguardano insieme le registrazioni degli eventi per stabilire la verità. «Questa tecnologia potrebbe rivoluzionare i processi», scrive Kristin Bergman sulla rivista Richmond Journal of Law and Technology, «dando la possibilità al giudice di vedere direttamente ciò che ha detto o fatto un testimone». SPERANZE E TIMORI. Forse evolveremo

tutti nella migliore versione possibile di noi stessi, educati e rispettosi del prossimo, persino sinceri. Per ora, però, a utilizzare una telecamera per riprendere l’omicidio di due ex colleghi e poi mettere in scena l’orrore sul Web è stato Vester Lee Flanagan, lo scorso 26 agosto negli Usa. «È un’azione simile all’uso propagandistico che dei video fa l’Isis quando uccide gli ostaggi», dice Gurrin, «e non ha nulla a che fare con il lifelogging». Oltre a questo, Gurrin vede all’orizzonte altri rischi: «Di solito si parla della privacy di chi viene ripreso per strada, ma mai di quella di chi indossa la telecamera: quale società gestirà e proteggerà le riprese della vita di una persona in modo che rimangano private e non vengano spiate da aziende, dal coniuge o dal datore di lavoro? E cosa succederà quando il proprietario di quei “ricordi” morirà?». Le risposte potrebbero arrivare prima di quanto immaginiamo.

Marco Consoli



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Animali

Quel dinosauro è proprio un pollo... Coperti di penne, come gli uccelli. Colorati. Ottimi baby-sitter. Le ultime ricerche ci mostrano gli antichi rettili come non li avevamo mai visti.


Chuang Zhao

PICCOLO PREDATORE. Una ricostruzione di Zhenyuanlong suni, vissuto 125 milioni di anni fa. Lungo 2 m dal muso alla punta della coda, aveva penne sul corpo ma non volava. Era un predatore piccolo e veloce.


Davide Bonadonna

S FORME DIVERSE. Sopra, uno Spinosaurus, carnivoro di 15 m con cranio simile a quello dei coccodrilli, che viveva in Nord Africa. Sotto, Regaliceratops peterhewsi: questo erbivoro vissuto 68 milioni di anni fa in Nord America aveva un collare “a corona”.

apevate che quando vi trovate nel piatto un’omelette state mangiando... uova di dinosauro? Non siate delusi dall’aspetto poco minaccioso della gallina che ha deposto il vostro pasto: è proprio lei, infatti, la “pro-pronipote” dei dinosauri. Gli scienziati ne sono ormai convinti: gli unici discendenti dei dinosauri sono gli uccelli. L’ultima prova è arrivata a maggio con la ricerca di Bhart-Anjan Bhullar: il paleontologo della Yale University è infatti riuscito a rimettere indietro le lancette dell’evoluzione creando dei veri “pollosauri”. Il suo obiettivo in realtà era capire come il muso dei dinosauri si sia trasformato nel becco degli uccelli, con l’allungamento e la fusione delle due ossa gemelle che formano la faccia dei rettili. Bhart-Anjan Bhullar ha bloccato, in embrioni di pollo, l’azione di due proteine fondamentali per lo sviluppo del becco. Risultato: alcuni embrioni hanno sviluppato due ossa del muso simili a quelle di dinosauri come i Velociraptor.

Ma, oltre alla parentela evolutiva, negli ultimi anni gli scienziati hanno scoperto che c’è anche una certa somiglianza fisica tra dinosauri e... galline. Le ricerche ci hanno infatti rivelato un’immagine piuttosto diversa da quella dei lucertoloni preistorici del nostro immaginario, plasmato dalle “vecchie” ricostruzioni paleontologiche e dai film. Ormai sappiamo che molti dinosauri avevano l’aspetto – più che di draghi – di polli extralarge: erano infatti coperti di penne. PICCOLI. L’esempio più clamoroso è quello dei Velociraptor: vere star del cinema, rappresentati come temibili predatori dal primo Jurassic Park del 1993 all’ultimo campione d’incassi della serie, Jurassic World. I veri Velociraptor – ce n’erano due specie, diffuse tra Mongolia e Cina tra 75 e 71 milioni di anni fa – in realtà erano pennuti! E grandi quanto un grosso tacchino: mezzo metro d’altezza per due metri di lunghezza, la maggior parte rappresentati dalla coda. Predavano altri piccoli dinosauri, con le zampe posteriori dotate di un artiglio lungo più


di 6 cm, ma noi umani avremmo potuto liberarcene con un calcione... La coda era rigida, non flessibile come nei film. E il ghigno malefico che mostrano al cine­ ma? Sostituitelo pure con un’espressio­ ne immutabile: erano privi dei muscoli necessari a muovere il muso. Certo, le regole dell’intrattenimento so­ no ferree: dove sta il fascino di un mostro, se ha l’aspetto di un tacchino inferocito? Un Jurassic World scientificamente cor­ retto non farebbe lo stesso effetto... E poi il film di quest’anno ha conservato i Velociraptor immaginati più di due decenni fa nel romanzo Jurassic Park di Michael Crichton (1990) e nell’omonimo film di Steven Spielberg del ’93 (che per di più in realtà erano modellati su un altro loro parente, Deinonychus). Ma da allora molto è cambiato. Da metà Anni ’90 sono stati scoperti diversi fossili con tracce di penne, soprattutto in Cina. E, grazie ai nuovi ritrovamenti e ad anali­ si più raffinate, gli scienziati hanno visto che molte “lucertole” preistoriche erano appunto piumate. Nel 2007 è arrivata la conferma, per esempio, per i Velocirap-

Davide Bonadonna

Collari e corna erano soprattutto un vistoso carattere sessuale da esibire

CIRO IN CORSA. Uno Scipionyx samniticus insegue un piccolo Eichstaettisaurus. Scipionyx viveva in Italia 113 milioni di anni fa e si nutriva di pesci e rettili; il suo fossile è stato soprannominato “Ciro”.

Photo courtesy of the Royal Tyrrell Museum, Drumheller, Alberta

RESUSCITIAMOLI, RIPORTANDO INDIETRO L’EVOLUZIONE REGRESSIONE. «Siamo a metà strada». Jack Horner, l’uomo che aiutò Steven Spielberg a creare i dinosauri di Jurassic Park e che è tornato come consulente nei film successivi come Jurassic World, è ottimista: resuscitare i dinosauri non è più un’impresa impossibile. Il metodo però non è quello usato in Jurassic Park, ovvero clonare i dinosauri dal Dna trovato nelle zanzare prigioniere nell’ambra. Il futuro della de-estinzione starebbe nella regressione genetica. Se è vero che «i dinosauri sono gli uccelli della preistoria», come ribadisce Horner, basta prendere un volatile moderno e farlo regredire geneticamente sopprimendo quei caratteri avanzati – ali, becco, coda – che lo distinguono dai suoi antenati (v. Focus n° 236). Pensiamo all’esperimento che vi abbiamo raccontato nell’articolo principale, in cui si è riusciti a far regredire il becco. Per questo il paleontologo sostiene che siamo a metà strada: secondo Horner il prossimo passo sarebbe trasformare la coda degli uccelli. «Abbiamo identificato i geni responsabili del suo sviluppo, ora dobbiamo scoprire se siamo in grado di “spegnerli”». Vale la pena precisare che l’esperimento di Horner non servirebbe a riportare in vita specie estinte, ma a creare un dinosauro nuovo, proprio come avviene in Jurassic World, che secondo lo stesso paleontologo è «scientificamente più plausibile del primo film». Niente T. rex negli eventuali Jurassic Park del futuro, dunque, ma “pollosauri”.

Ottobre 2015 Focus | 35


Coelophysis

Sinosauropteryx

Archaeopteryx

Davide Bonadonna

Deinonychus

EVOLUZIONE. Una rappresentazione del passaggio dai Teropodi agli uccelli moderni. Nella mappa sotto, i siti dove sono stati trovati fossili. Siti del Giurassico (200–145 milioni di anni fa).

Siti del Cretaceo (145–65 milioni di anni fa).

Davide Bonadonna

Siti del Triassico (252–201 milioni di anni fa).

Airone cenerino

tor: in un fossile sono stati trovati i punti dove le penne erano ancorate all’osso. La stragrande maggioranza dei dinosauri con penne scoperti appartengono al gruppo da cui si sono evoluti gli uccelli: i Teropodi, in particolare i Celurosauri, di cui fanno parte Velociraptor e Tyrannosaurus rex (alcuni ipotizzano che persino il tirannosauro avesse filamenti simili a penne su parte del corpo, almeno da giovane). Ma altre scoperte recenti hanno fatto pensare agli scienziati che tutti i dinosauri – non solo i “pro-pro-zii” degli uccelli – potessero avere proto-penne: sono infatti stati trovati filamenti in dinosauri erbivori non imparentati con gli uccelli (Ornitischi). In particolare in 36 | Focus Ottobre 2015

Kulindadromeus zabaikalicus, erbivoro di 1 metro che zampettava in Siberia tra 169 e 144 milioni di anni fa: nel 2014 un team internazionale ha visto sul suo corpo penne filamentose di tre tipi diversi, tra cui una sorta di “piumino”. Ma aveva anche squame su coda e zampe. Nelle ricostruzioni sembra un pulcino sovradimensionato con coda da lucertola... AL CALDO. A sottolineare l’incredibile

somiglianza dinosauri-uccelli è stato anche Stephen Brusatte dell’Università di Edimburgo, che a luglio ha pubblicato l’analisi di Zhenyuanlong suni, trovato in Cina: questo piccolo predatore piumato è un cugino del Velociraptor e «se lo

vedeste vivo probabilmente non fareste distinzione tra lui e un qualunque uccello, come un tacchino o un avvoltoio...». Il fossile mostra chiaramente penne sulle zampe anteriori e sulla lunga coda. Zhenyuanlong suni aveva insomma piccole ali, ma per gli scienziati non volava. Già, ma allora a cosa servivano le penne? E le ali primordiali? Si pensa che in realtà il piumaggio sia nato per ragioni di isolamento termico, per il corpo o per coprire le uova. E come carattere sessuale da esibire (sono state trovate tracce di organelli produttori di pigmenti, quindi le penne erano non solo calde, ma anche colorate). Un esempio? Nel 2012 un team canadese ha visto che gli adulti di Orni-


LUCERTOLONI. Ma come la mettiamo coi rettili volanti che vediamo al cinema o nei fumetti? Quelli sono pterosauri: non erano dinosauri, ma un gruppo a parte, che andava dai piccoli Pterodactylus ai giganteschi Quetzalcoatlus. Questi rettili dal lungo becco potevano sostenersi attivamente in aria: le loro ali erano membrane – di pelle, muscoli e altri tessuti – ed erano coperti di filamenti chiamati picnofibre. Quetzalcoatlus – il più grande animale volante mai esistito – poteva raggiungere gli 11 metri di apertura alare e volava a lungo. Tuttavia gli pterosauri non avrebbero potuto sollevare un uomo, come si vede per esempio in Jurassic World: si pensa che si nutrissero di piccoli animali o carcasse. Aspettate però a classificare tutti i bestioni preistorici come “pollosauri”. In vari casi le analisi confermano l’aspetto a cui più siamo abituati: colossi coperti di squame. A giugno uno studio ha calcolato che la maggior parte dei dinosauri erano dotati non di piume ma di semplici squame, in particolare quelli più antichi. Ma anche un teropode come Carnotaurus, predatore lungo 9 m, era coperto di

I Velociraptor in realtà erano dei “pennuti”. E piuttosto piccoli

squame (si è conservato un calco della sua pelle). E lo stesso vale per molti erbivori che conosciamo, come i giganteschi Apatosaurus (23 metri) dal lungo collo. I “lucertoloni” tuttavia non erano solo grigi o verdi, ma probabilmente anche colorati. E il loro armamentario di corna e scudi non era soltanto minaccioso come pensiamo. Prendete Regaliceratops peterhewsi, studiato quest’estate. Era un colosso erbivoro con corna sul muso e collare osseo, come i suoi cugini Triceratops. Gli studiosi oggi sono convinti che corna e collare di questi animali servissero soprattutto come... carattere sessuale da esibire: la “corona” di Regaliceratops era evidente, e probabilmente colorata. Ciò non esclude che tali strutture potessero servire anche come difesa, o in lotte tra individui della stessa specie. Infine, sono sempre più le prove che i dinosauri avessero un comportamento sociale complesso e cure parentali. Nel 2014, per esempio, gli scienziati hanno studiato un “nido fossile” di 120 milioni di anni trovato in Cina. Dentro c’erano 24 piccoli di Psittacosaurus lujiatunensis, erbivori lunghi 1-2 m, con la loro “babysitter”: non era un adulto, ma forse un fratello di una covata precedente.

FACCIO PAURA? Una ricostruzione di Velociraptor: coperto di penne, lungo due metri (coda compresa) e pesante 15 kg. Viveva in ambienti aridi, saltava addosso alle prede e le teneva ferme sotto il suo corpo stringendole con gli artigli.

IN BRANCO. Colori, penne, baby-sitter...

Che ne è allora dei mostri preistorici a cui siamo abituati? Non preoccupatevi. Per molti rimane valida la definizione data nel 1842 dal paleontologo britannico Richard Owen: “terribile lucertola”, dinosauro, dal greco deinos e sauros. Innanzitutto sembra che un cugino sovradimensionato dei Velociraptor formasse davvero temibili branchi di predatori, come nei film. È Utahraptor, lungo 7 m: sono stati trovati i resti di sei esemplari, vicini a un erbivoro, e un’analisi sembra confermare che cacciassero in branco, coordinando gli attacchi. Ad aprile, David Hone della University of London ha scoperto in Canada un cranio di Daspletosaurus, un parente stretto del T. rex che arrivava a 9 m di lunghezza. Il fossile riportava segni di ferite, probabilmente inferte da un esemplare della sua stessa specie: segno di dura lotta, forse con cannibalismo. Del resto, i T. rex con un solo morso potevano strappare fino a 200 chili di carne dal corpo della propria preda. Se il Velociraptor è stato retrocesso a tacchino oversize, il T. rex (anche se da piccolo forse aveva le piume) non ha perso un’oncia del suo fascino. Gabriele Ferrari

SPL/Contrasto

thomimus edmontonicus avevano lunghe penne sugli arti anteriori, simili a tozze ali: l’ipotesi è che questi dinosauri grandi come struzzi, che 71 milioni di anni fa abitavano le paludi in Canada, le usassero per il corteggiamento. Come fanno oggi i pavoni con la coda. Solo in seguito questi arti coperti di penne, sovrapposte in strati, ad alcune specie servirono anche per prendere il volo. I dinosauri però non avevano l’agilità e la capacità di decollo da terra degli uccelli moderni: secondo gli scienziati, si arrampicavano sugli alberi e da qui planavano. Potessimo visitare il Giurassico, non vedremmo quindi dinosauri che solcano i cieli come aquile, ma rettili che svolazzano da un albero all’altro o restano al suolo come gli struzzi.


Salute

L’APPARENZA INGANNA. Colorate e divertenti, queste pillole contengono in realtà veleni.

Droghe da zombie

Centinaia di sostanze dai nomi accattivanti promettono il paradiso per poche decine di euro. E bruciano il cervello.


Meow Meow, Batman, Liquid X, Killer, Black Mamba e così via) e anche le formulazioni sono varie, per meglio adattarsi alle esigenze dei singoli e vincere eventuali reticenze. Le nuove droghe si trovano in pillole da ingoiare o in polvere da sniffare; in soluzioni da iniettare, da mescolare ai cocktail oppure da spruzzare su francobolli che si leccano, o su foglie di salvia, ortensia o marijuana, che si fumano. «A volte i ragazzi le sciolgono nelle bottiglie di plastica dell’acqua e bevono senza destare sospetti», dice Carlo Locatelli, direttore del Centro nazionale d’informazione tossicologica della Fondazione Maugeri di Pavia. ALLUCINATI PER GIORNI. Nel cervello,

le nuove sostanze psicoattive interferiscono con i circuiti della serotonina, della dopamina, della noradrenalina e,

se si tratta di oppioidi sintetici, con il sistema dei recettori oppioidi. «Hanno di solito un effetto eccitatorio, ad eccezione del Ghb, o “droga dello stupro”, che invece deprime il sistema nervoso e determina confusione mentale, collassi, difficoltà a respirare», prosegue Locatelli. «Il meccanismo d’azione generale, insomma, non è diverso da quello delle sostanze d’abuso classiche, ma le nuove droghe sono molto più potenti. Infatti sono attive a dosi parecchio più basse e spesso possono attraversare la barriera ematoencefalica, che separa il cervello dal circolo sanguigno, arrivando così più direttamente ai neuroni». Per esempio, le feniletilammine (Solaris, Smiles, Pandora, N-Bomb e così via) hanno un effetto analogo a quello del “vecchio” Lsd già in quantità molto inferiori, e possono lasciare allucinati per diversi giorni. Chi

Alamy

S

ono potenti; anzi potentissime. Provocano allucinazioni, stravolgono la personalità. Alcune annullano ogni difesa dalle violenze; altre generano comportamenti aggressivi, tanto da indurre a mordere chiunque si avvicini. Non di rado mettono a rischio la vita. Nei mesi passati le “nuove sostanze psicoattive”, come le chiamano gli addetti ai lavori, hanno più volte fatto parlare di sé. Certo, non sono le droghe che uccidono di più in Italia né in Europa (al primo posto c’è l’eroina); ma la loro diffusione è in vertiginoso aumento. Il motivo? Sfuggono ai controlli, costano poco, si ordinano online senza dare nell’occhio e con pochi strumenti è possibile persino sintetizzarle in casa. Per non parlare dell’attenta strategia di marketing di chi le spaccia: gli street name sono accattivanti (Spice,


LA CHIMICA DEI RISCHI Le principali categorie di nuove sostanze psicoattive e i loro effetti. Le conseguenze sul lungo periodo sono poco note, ma comprendono lesioni permanenti al cervello, malattie mentali, danni a molti organi e apparati. FORMULAZIONE

EFFETTO RICERCATO

CANNABINOIDI SINTETICI (JWC-018 e derivati, apinaca ecc.).

da spruzzare su foglie essiccate di marijuana o altre piante. Oppure in forma liquida, da bere o iniettare.

rilassamento, euforia.

ansia, allucinazioni, tachicardia, ipertensione, dilatazione delle pupille, iperglicemia, difficoltà respiratorie, vomito, brividi, ictus, encefalopatia, infarto, sindromi renali acute. Diversi decessi riportati.

CATINONI SINTETICI (mefedrone, metilone, Mdpv ecc.).

in pillole e polvere da sniffare o in soluzioni iniettabili.

stimolanti, euforizzanti.

delirio, allucinazioni, agitazione, aggressività, tachicardia, ipertensione, pupille dilatate, nausea e vomito, dolori addominali, sudorazione e vampate di caldo, brividi, ansia, paranoia, attacchi di panico, insufficienza renale acuta, rabdomiolisi (distruzione del tessuto muscolare). Morte.

FENILETILAMMINE (es. 25-Nbome, Pmma e derivati).

in pillole o francobolli da leccare.

euforizzanti, energizzanti, allucinogeni.

tachicardia, ipertensione, acidosi metabolica, convulsioni, rabdomiolisi, dilatazione delle pupille, vomito, diarrea, ansia, dissociazione, aggressività e violenza, ipertermia. Morte.

AMFETAMINE SINTETICHE (ecstasy, metamfetamina, e altre).

pasticche, polveri da sciogliere e iniettare, cristalli da inalare o sciogliere e iniettare.

euforia, resistenza alla stanchezza, eccitazione sessuale.

allucinazioni, agitazione, ipertermia, problemi cardiorespiratori, perdita di appetito, nausea, mal di testa, irritazione della pelle, difficoltà a urinare. Morte.

ACIDO GAMMA IDROSSIBUTIRRICO (Ghb) o “droga dello stupro”.

liquido incolore e inodore aggiunto alle bevande.

rilassamento, aumento della libido.

collasso, incapacità di reagire, vertigini, nausea, vomito, confusione mentale, delirio, convulsioni, difficoltà respiratorie. Morte.

KETAMINA E DERIVATI

polvere da sniffare, fumare o iniettare. Esiste anche in supposte.

allucinazioni, esperienze dissociative, dissociazione mente-corpo.

attacchi di panico, paranoia, sensazione che il corpo si deformi, ansia, angoscia, confusione mentale. Registrati decessi a causa di traumi e annegamenti.

PIPERAZINE E ANALOGHI

pasticche.

stimolanti, allucinogeni.

tremore, attacchi di panico, confusione, paranoia, mal di testa, convulsioni.

OPPIOIDI SINTETICI (metorfano, fenantil, demerol, AH-7921 ecc.).

soluzioni da iniettare.

perdita di controllo.

sedazione o effetto stimolante (a seconda della sostanza), difficoltà respiratorie, alterazioni della pressione e del battito cardiaco, nausea e vomito. Morte.

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Troppo spesso chi si droga non sa che sostanza sta prendendo. In questi casi, se sta male, è difficile soccorrerlo le assume ha una percezione alterata e tende a essere aggressivo. Oltre ad avere il battito cardiaco accelerato e a volte convulsioni, panico, vomito e diarrea. Le conseguenze sul lungo periodo sono poco conosciute, ma si segnalano disturbi della personalità e psicosi, oltre che danni a reni, cuore, fegato, polmoni e altri organi. Di certo c’è che queste droghe hanno ucciso.

EFFETTI AVVERSI IMMEDIATI

Un’analisi condotta dal gruppo di Locatelli, su un migliaio di pazienti giunti in pronto soccorso per aver assunto una o più sostanze psicoattive, ha accertato che la maggior parte di queste persone era in stato di agitazione, con allucinazioni e delirio. Se hanno armi le usano, se non ne hanno mordono, motivo per cui alcune di queste molecole hanno meritato l’appellativo di “droghe dei cannibali”. «Gesticolano, sono molto nervosi e violenti», dice il medico. «Ma è difficile prestare soccorso, perché spesso queste persone non sanno che cosa hanno preso. Se c’è stato un incidente e il paziente deve essere operato, non sappiamo quale

Infografica Gloria Galbiati

CATEGORIA


TBWA\PARIS


anestetico somministrare, perché alcuni farmaci potrebbero interagire con gli stupefacenti e peggiorare la situazione». ROULETTE RUSSA. Uno dei problemi

delle nuove droghe, infatti, è che in molti “si fanno” alla cieca. I dati italiani del progetto Espad (European School Survey on Alchool and Other Drugs), raccolti dal Cnr, dicono che nel 2014 circa 54.000 ragazzi fra i 15 e i 19 anni hanno assunto sostanze senza sapere che cosa fossero. «È una roulette russa», chiosa Locatelli. Ma i rischi sono altissimi anche per chi crede di sapere che cosa sta prendendo, perché le dosi e le molecole sono tutt’altro che controllate. A luglio, la morte di un sedicenne che aveva assunto una dose di ecstasy molto superiore a quella normalmente utilizzata ne è un chiaro esempio. E l’allerta è massima per la parametossimetamfetamina (Pmma), una droga che le autorità europee definiscono “dal profilo di sicurezza preoccupante” e che viene mescolata all’ecstasy o venduta come tale. Agisce facendo crescere in modo abnorme i livelli di serotonina nel cervello. Le conseguenze sono allucinazioni, aumento del battito cardiaco, agitazione, movimenti anomali degli occhi e della bocca, difficoltà respiratorie. La temperatura del corpo aumenta moltissimo, le lesioni al cervello sono permanenti, diversi organi vengono danneggiati. I morti in Europa sono già decine: la Pmma è un veleno potentissimo. Già oggi, il 9 per cento delle emergenze ospedaliere legate alla droga riguarda le nuove sostanze psicoattive. Ma anche fare prevenzione è complicato. I nuovi drogati infatti non vivono ai margini della società ma sono perfettamente integrati, spesso hanno molti amici e conducono una vita apparentemente normale.

42 | Focus Ottobre 2015

Eppure un sondaggio europeo condotto fra i 15-24enni ha trovato che ben l’8 per cento ha assunto almeno una volta queste sostanze. «Il fenomeno è però sfumato e multiforme», avverte Locatelli, «ed è un errore pensare che i consumatori siano solo giovani che cercano lo sballo. Fra gli utilizzatori, infatti, ci sono anche persone con più di 35 anni, che magari prima non hanno mai fatto uso di stupefacenti e che pensano così di poter migliorare le performance sul lavoro o le prestazioni sessuali. È evidente che né i ragazzi né gli adulti hanno idea dell’effetto reale. La percezione dei rischi è scarsissima». A confondere ancora di più le acque c’è anche il fatto che spesso i prodotti sono smerciati come “droghe legali”, o mascherati da integratori dietetici. Questa ridotta consapevolezza, unita ai costi contenuti e all’ampia disponibilità, fa sì che le nuove sostanze si stiano diffondendo rapidamente: in Europa, il numero dei sequestri è aumentato di sette volte dal 2008 al 2013. DROGATI 2.0. Anche le vie dello spac-

cio stanno cambiando. I locali notturni continuano ad avere un ruolo rilevante (fra i frequentatori abituali il numero di chi si droga è da 4 a 25 volte superiore, a seconda della sostanza). Ma Internet sta assumendo un’importanza crescente, sia nel Web visibile a tutti, sia nel “deep Web”, al quale si accede solo attraverso programmi e motori di ricerca particolari. Nel 2013, il Centro di monitoraggio europeo sulle droghe e l’alcol ha censito 651 siti che vendono stupefacenti vecchi e nuovi: «Per evitare i controlli, i prodotti

TRAVESTIMENTI. La scritta “a scopo di ricerca” maschera a volte l’uso reale.

sono spesso muniti di un’etichetta contenente informazioni ingannevoli – per esempio “sostanze chimiche destinate alla ricerca” – o clausole di esclusione della responsabilità in cui si afferma che il prodotto non è destinato al consumo umano», scrivono gli esperti europei. Inoltre gli scambi possono avvenire in Bitcoin, la moneta virtuale che consente di eseguire transazioni mantenendo l’anonimato. Ma la Rete è anche luogo di scambio di informazioni e di condivisione delle “esperienze”, ed è qui che i chimici dilettanti trovano istruzioni su come fabbricare le loro tossine. In Europa circolano almeno 450 nuove droghe, ma la stima è imprecisa e certamente in difetto, perché nuove molecole sono prodotte in continuazione con procedimenti alla portata di molti, spiegati in video-tutorial tutt’altro che difficili da reperire online. Anche la materia prima si trova facilmente: spesso, infatti, si parte da sostanze chimiche piuttosto comuni, o usate in altri contesti per scopi perfettamente legittimi. L’efedrina, per esempio, è presente in alcuni decongestionanti per il naso, ma serve anche per produrre metamfetamina, la “droga della pazzia”, che nella sua forma più pura è nota (anche) come Shaboo, Ya ba o Meth. Più potente delle amfetamine classiche, genera euforia e non fa sentire la fame, la sete e la stanchezza. Determina comportamenti aggressivi e violenti, paranoia, problemi cardiaci. I vapori, inalati, deturpano il volto. Anche la metamfetamina ha ucciso. Margherita Fronte

Michael McGurk/REX/Olycom

Alamy/IPA

Cambia anche lo spaccio: il Web permette infatti pagamenti anonimi in moneta virtuale



Spazio

BANDIERA E STELLE

Apollo: le smentite non bastano mai

APPESA. Sulla Luna non c’è aria, ma la bandiera sventola. È un errore rivelatore? No, il drappo è stropicciato e appeso a un’asta orizzontale; infatti le pieghe non cambiano da una foto all’altra. Niente stelle? Giusto: fotocamera regolata per luce diurna.

I

l repertorio di presunte prove della falsificazione delle sei missioni della Nasa che portarono dodici uomini sulla Luna fra il 1969 e il 1972 è vasto e intrigante ed è stato risollevato da una recente dichiarazione di Vladimir Markin, portavoce della massima autorità d’inchiesta della Federazione Russa, che ha proposto un’indagine sulla sorte delle pellicole originali e delle rocce lunari raccolte.

Getty Images

Recenti dichiarazioni delle autorità russe sembrano avvalorare i dubbi di chi dice che non siamo mai stati sulla Luna. Ma i fatti le smentiscono. Ecco perché.

C’È, MA NON SI VEDE. Buzz Aldrin accanto alla bandiera Usa, la cui ombra cade fuori dall’immagine perché il Sole è molto basso.

PHOTOSHOP NON C’ERA... I dubbi vanno liquidati per

una ragione molto semplice: il fotoritocco e gli effetti speciali di allora erano troppo primitivi per creare ben 6.500 foto e decine di ore di riprese video e cinematografiche a colori perfettamente coerenti e senza errori. L’unico modo per farlo era andare davvero sulla Luna. E dal 2009 la sonda Lunar Reconnaissance Orbiter ci manda foto dei siti di allunaggio che mostrano gli strumenti, i veicoli e persino le impronte degli astronauti e delle loro jeep elettriche.

Paolo Attivissimo

44 | Focus Ottobre 2015

IL VEICOLO LUNARE TROPPO FRAGILE? Il veicolo lunare sembra fatto di carta stagnola, ma è semplicemente rivestito da una copertura termica: la struttura sottostante è in titanio e leghe ultraleggere. Sulla Luna la gravità è un sesto di quella terrestre e non c’è atmosfera, per cui bastava una struttura leggera e non aerodinamica.


LE OMBRE

Buzz Aldrin/Nasa

RIVERBERO. Sulla Luna non c’è aria e c’è una sola fonte di luce (il Sole): le ombre non dovrebbero essere nerissime? No, perché vengono rischiarate dalla luce riflessa dalla superficie lunare. Il riverbero infatti non ha bisogno d’aria.

Nasa

UNICA IMMAGINE. C’è una sola fotografia di Neil Armstrong a figura intera sulla Luna: questa. Se fosse stata una messinscena, ne avrebbero fatte altre.

Neil A. Armstrong/Nasa

IN ARRIVO. I computer di bordo erano meno potenti di un telefonino, ma i calcoli di volo non richiedono potenze enormi. Sopra, il modulo lunare dell’Apollo 11.

NASA / Neil A. Armstrong

TUTA TERMICA. Gli astronauti (qui Buzz Aldrin, Apollo 11) avevano nello zaino un sistema refrigerante che smaltiva il calore facendo sublimare dell’acqua.

REGOLITE. I bordi delle orme degli astronauti sembrano esageratamente precisi: la sabbia non si comporta così. Infatti non era sabbia, ma finissima polvere (regolite), simile a cipria. I suoi granelli non sono levigati dagli agenti atmosferici e quindi si incastrano fra loro. E la bassa gravità evita crolli.

Nasa

IMPRONTE NETTISSIME

AI GEOLOGI. I russi chiedono dove siano le rocce lunari: a Houston, a disposizione dei geologi. Sopra, Harrison Schmitt (Apollo 17) raccoglie dei campioni.

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Invenzioni

MADE IN ENGLAND. Il designer inglese James Dyson, 68 anni. Ha inventato l’aspirapolvere senza sacchetto, ma non solo...


Quelli che ci brevettano il futuro

Utili, geniali, talvolta incomprensibili: sono le idee in testa ai grandi nomi dell’industria. Per migliorarci, si spera, la vita.

Adrian Sherratt / Dyson Ltd

A cura di Roberto Graziosi


Courtesy James Dyson

GEOMETRIE D’ARIA. James Dyson con un componente di aspirapolvere.

SILENZIATORE PER ASCIUGACAPELLI

Marco Patern

ostro (3)

PIÙ TUBI, MENO DECIBEL. L’inventore britannico James Dyson ha costruito le sue fortune imparando a sfruttare l’aria, prima inventando l’aspirapolvere senza sacchetto (il Dyson, appunto, che produce piccoli vortici per eliminare le particelle di polvere), poi lanciando un asciugamani elettrico (quasi) supersonico e infine disegnando un rivoluzionario ventilatore senza pale. La sua ultima trovata è un silenziatore per phon (a sinistra). Nei brevetti depositati dalla sua azienda sono descritte le possibili varianti del dispositivo che consentirà agli asciugacapelli di domani di... ammutolirsi (si fa per dire). Il cuore del sistema è un articolato circuito di tubi, all’interno dei quali metà dell’aria viene costretta a passare prima di rimescolarsi con l’altra metà (che fa un percorso più breve e viene riscaldata) e formare il getto in uscita. Per far funzionare il tutto, basta una ventola più piccola e dunque più silenziosa. A completare l’opera, l’uso di materiali in grado di assorbire le vibrazioni. State già pensando di prenotarne uno? Alt! È probabile che il dispositivo sarà incorporato nei phon già in fase di produzione e che non esisterà come accessorio.

VIETATO AI MINORI? ALLORA CI PENSA LUI MISURE. Avete presente Kinect? È la telecamera-sensore della Xbox (la console per videogame di Microsoft) che consente di giocare muovendo il corpo, senza usare alcun joystick. Pochi sanno che Microsoft ha brevettato un sistema che sfrutta Kinect anche per altri scopi: è un Apparecchio per misurazioni demografiche passive che, osservando con i suoi sensori alcune parti del corpo della persona inquadrata (larghezza delle spalle, lunghezza di braccia ecc.), riesce a stimare la sua età. Per ora esiste solo sulla carta, ma potrebbe avere varie applicazioni: una tv con un simile accessorio, per esempio, potrebbe bloccare (se è il caso) la trasmissione di film vietati ai minori, ma potrebbe anche raccogliere dati preziosi sull’età di chi assiste a un programma e fornirli alle aziende che fanno pubblicità.

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PER DORMIRE IN ALTA QUOTA IL PESO DEL SONNO. Se siete tra coloro che in aereo viaggiano in business (la classe più comoda), beati voi, nei viaggi più lunghi avrete sperimentato il comfort di sedili che, ormai sempre più spesso, diventano veri letti. Se invece appartenete al resto dell’umanità, quella che viaggia in economy, allora apprezzerete questa idea di Boeing. Il gigante dell’aeronautica, infatti, ha appena registrato il brevetto di un Supporto per dormire in posizione verticale, una specie di zainetto formato da due cuscini che si fissa al sedile con alcune fascette di velcro. I cuscini sono sagomati in modo che il passeggero, quando decide che è il momento di dormire, possa appoggiarvi il viso e il petto, inclinandosi in avanti a peso morto, con la facoltà di regolare l’inclinazione, l’altezza ecc., oltre che di scegliere tra cuscini sagomati per uomini e donne. L’invenzione potrà trovare applicazione anche su treni, auto ecc. e – si legge nel progetto – sarà la soluzione al problema di chi, per riposare, oggi deve “accartocciarsi” su un cuscino, appoggiandosi al finestrino o al tavolino.

Le tv di domani saranno in grado di calcolare la nostra età e di studiare i nostri comportamenti



L’iPad del futuro? Potrebbe essere arrotolabile, grazie a una nuova batteria “elastica”

Bloomberg/Getty Images

IL PADRE DELLA BIG G. Larry Page, 42 anni: insieme a Sergey Brin ha fondato Google nel 1998.

PILE FLESSIBILI FORME. Gli schermi arrotolabili esistono in laboratorio da qualche anno (per esempio, quelli con tecnologia Oled), ma finora non si sono visti in giro per un motivo: non è disponibile un tipo di batteria adatto, altrettanto capace di cambiare forma. Ad alimentare i sogni dei fan dell’hi-tech arriva ora un brevetto Apple su Progetti di batteria per display flessibili. L’idea: una struttura sottile a “sandwich” – dove le celle della batteria sono racchiuse tra due lamine di materiale plastico – che abbina, alle prestazioni della tecnologia al litio, la flessibilità della plastica. Che impieghi potrà avere? Nel brevetto si parla di robotica, trasporti, applicazioni militari ed “elettronica flessibile”: in pratica, prima o poi potrebbe arrivare un iPad arrotolabile.

LENTI PER DIABETICI SENSORI. Che c’entra Google con le lenti a contatto? C’entra, perché, anche se si tratta di un interesse meno sbandierato rispetto ad altri progetti – come l’auto che si guida da sola o come il sistema che promette di portare il Web ovunque nel mondo grazie a palloni aerostatici – la grande G ci scommette eccome. Lo dimostrano i molti brevetti di “smart lens” (lenti intelligenti) che ha depositato in questi mesi, in particolare quello che, incorporando un sistema di sensori e di microchip, è in grado di misurare, in modo continuo e non invasivo, il livello di glicemia nel sangue di chi lo indossa e di inviare via radio i dati a un ricevitore portatile come uno smartphone: i diabetici potranno così tenere la situazione sempre sotto controllo, semplicemente dando un’occhiata al telefono. Se vi sembra fantascienza, attenzione: è proprio di qualche settimana fa la notizia di un accordo tra la casa farmaceutica Novartis e Google X (il centro ricerche che, nella recente ristrutturazione di Google, è passato sotto il controllo della nuova azienda madre Alphabet) per costruire già entro l’anno un prototipo di queste lenti.

Marco Paternostro (3)

I DRONI DANNO SPETTACOLO CON PIPPO & C.

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SINCRONIZZATI. I droni, ormai si sa, sono le star del momento: c’è chi li usa per catturare foto e video dall’alto, chi li impiega per studiare la salute di mari e vulcani e persino chi sta progettando di usarli per consegnare posta, pacchi, medicinali ecc. Gli ingegneri del team di ricerca e sviluppo della Disney, invece, stanno pensando di “ingaggiarli” nei loro parchi tematici per realizzare nuove e sorprendenti forme di spettacolo. Lo dimostrano alcuni brevetti depositati di recente, che prevedono di impiegare uno “stormo” di quadricotteri-robot (sotto il controllo di una regia a terra) per tenere sospeso nell’aria un megapupazzo e, grazie a un “piano di volo” sincronizzato, farlo muovere come una marionetta. Una versione alternativa dell’invenzione prevede, invece, di usare i droni per far volare maxischermi a cristalli liquidi che proiettano video o immagini e realizzare spettacoli di luci e di colori. Una versione tecno dei soliti fuochi d’artificio? In un certo senso sì, ma – si legge nella descrizione – “più sicuri e meno imprevedibili”.



DOUBLE FACE. Nel 2014 Samsung ha depositato, nel solo registro americano, ben 5mila brevetti (in media 13 al giorno, festivi inclusi) che le sono valsi il secondo posto in classifica dietro a Ibm. Tra i progetti più originali del colosso coreano, c’è quello di uno speciale computer portatile capace di accogliere, in un apposito alloggiamento, uno smartphone. Nelle intenzioni dei progettisti, le possibilità di interazione tra i due dispositivi sarebbero tante: lo smartphone potrebbe, per esempio, fornire al computer il sistema operativo e altri programmi per funzionare, garantirgli il collegamento al Web attraverso la rete telefonica e fargli da touchpad. In cambio il telefono riceverebbe l’energia per caricare le batterie.

SET FOTOGRAFICO CON COPYRIGHT CHE SCATTI. Secondo Jeff Bezos, boss di Amazon (la celebre azienda di ecommerce), le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti sono tutt’altro che quelle (disumane) descritte dal recente reportage del New York Times. In particolare, dice lui, in ogni amazonian (questo il soprannome di chi lavora in Amazon) sarebbero molto incentivate la creatività e la capacità di “avere una buona idea”. Una conferma indiretta viene spulciando nel registro brevetti americano, per scoprire che cosa si sono inventati quattro fotografi alle sue dipendenze: hanno depositato il progetto per la Sistemazione di uno studio fotografico, che fissa il marchio Amazon non su una classica invenzione o su un’innovazione tecnologica, ma... su un modo di fotografare! Proprio così: il documento, infatti, fissa nel dettaglio la posizione del fotografo e quella del soggetto da ritrarre, stabilisce quale tipo di illuminazione usare e come disporla... Le intenzioni di Amazon sono, per adesso, incomprensibili: d’ora in poi, se un fotografo scatterà senza permesso una foto in uno studio allestito in quel modo, violerà il copyright. Questo in teoria, perché in pratica – dicono gli esperti di diritto – come si farà, nel caso, a dimostrarlo?

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L’OROLOGIO A SEI FACCE SMART. Molto probabilmente si tratta del primo brevetto di “smartwatch” che sia stato mai depositato, in anticipo di due o tre anni rispetto ai modelli che, con vari marchi, sono poi arrivati davvero sul mercato. Parliamo dell’Accessorio indossabile multi-segmento ideato nel 2013 dagli ingegneri di Nokia: un bracciale composto da sei moduli, ciascuno dei quali ospita un piccolo touchscreen che, a scelta di chi lo indossa, può essere programmato per svolgere una determinata funzione, dal telefono al navigatore Gps, dal visualizzatore di mail all’orologio. Da allora, però, il progetto – per colpa di qualche punto debole, ma soprattutto perché nel frattempo Nokia è stata acquisita da Microsoft – si è arenato, mentre i concorrenti sono andati avanti.

THE BOSS. Jeff Bezos, 51 anni, capo di Amazon. Di recente è stato al centro di polemiche per le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti.

John Keatley/Redux/Contrasto

Marco Paternostro (3)

IL COMPUTER-SMARTPHONE

L’idea dello smartwatch è venuta prima a Nokia, ma sul mercato sono arrivati in anticipo i concorrenti


ASUS consiglia Windows.

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IN ESCLUSIVA SU


Mondo

Non ho l’età Reuters/Contrasto

A quanti anni si può fare sesso, bere un mojito, camminare sui muri o sposare un cugino? Paese che vai, legge che trovi.


CUORE IMPAVIDO. Una “figura” di parkour sul Tamigi (Londra): in Inghilterra ci si può esibire in acrobazie a partire dai 12 anni.


S

i ha l’età che si sente d’avere”, diceva il protagonista dei Buddenbrook, nell’omonimo libro di Thomas Mann. Un’idea più che mai attuale: non siamo forse tutti convinti che l’anagrafe sia un semplice “stato dell’anima”, del tutto indipendente dalla data di nascita? Le stravaganze di attori quindicenni come le avventure sessuali di arzilli ottuagenari lo dimostrano: nessuno vuole rassegnarsi al passare degli anni e se da ragazzi si vogliono bruciare le tappe, dopo gli “anta” si darebbe la vita per tornare indietro. Per fortuna, si dirà, ci sono le leggi, queste sì in grado di mettere un punto fermo (e razionale) su cosa si può, si deve o non si può fare, e quando. Eppure questi paletti, utilissimi e necessari, sono estremamente variabili, come vedremo, di Paese in Paese. E spesso surreali.

SUI BANCHI DI SCUOLA. Partiamo dall’i-

nizio, cioè dal primo dovere dei bambini: la scuola. Le elementari si iniziano a 5

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Nell’Idaho fino a 14 anni si è tenuti a dimostrare di aver lavato i denti

Reuters/Contrasto

BALLA! Fino a 12 anni le bambine hawaiane sono costrette a studiare le danze tradizionali (qui durante un festival a Honolulu).

anni in Irlanda, Malta e nel Myanmar, con ben tre anni di anticipo rispetto agli invidiatissimi scolari della Mongolia. Ma 5 anni, paradossalmente, è anche l’età a partire dalla quale in Gran Bretagna si può bere alcol. L’unico limite alla dissolutezza precoce è che i bambini brindino esclusivamente in casa e sotto la supervisione di un adulto. (Per ordinare un drink in pubblico nel Regno Unito bisogna invece aspettare i 18 anni, meno in ogni caso che in India e Kazakistan, dove ci si rassegna ad at-

tendere 21 candeline). Ma torniamo ai bambini e la scuola: quelli di casa nostra arrivano sui banchi a 6 anni, stessa età in cui secondo i tribunali del North Carolina si può invece diventare... delinquenti acquisendo la Criminal Responsibility, cioè la punibilità per aver commesso azioni penali. In Svizzera i malavitosi in formato tascabile possono star tranquilli fino a 10 anni, in Irlanda e Canada fino a 12, in Italia fino a 14. Altro è, responsabilità criminale a parte, il vero e proprio passaggio all’età adul-

OBBLIGHI, DIVIETI E PERMESSI ETÀ

LUOGO

COSA SI PUÒ O NON SI PUÒ FARE

5 anni

Regno Unito

Si può bere alcol con la supervisione di un adulto.

8 anni

Mongolia

Si va a scuola.

12 anni Regno Unito

Ci si può esibire in spettacoli acrobatici.

14 anni Idaho

Non è più necessario dimostrare di aver lavato i denti.

15 anni Bangladesh

Si va in prigione se si bara agli esami scolastici.

18 anni Arizona

Si può comprare vernice spray.

65 anni Utah

Ci si può sposare fra cugini.


The New York Times/Contrasto

GIOCO ANCH’IO! Un ragazzino guarda il padre impegnato in un torneo di flipper: questo gioco, che in passato ha creato problemi di dipendenza, in alcuni Paesi è vietato ai giovanissimi.

ta, che nella maggioranza dei Paesi del mondo è convenzionalmente posta a 18 anni. Con qualche eccezione al rialzo e al ribasso. A 8 anni le femmine in Iran e Arabia Saudita smettono di essere considerate bambine dallo Stato e raggiungono quella maturità legale per cui i conterranei maschi devono invece attendere i 14 anni. In Giappone si diventa adulti a 20 anni, negli Usa e in Egitto a 21, mentre sul piano religioso l’ebraismo sancisce il passaggio all’età adulta con le cerimonie del Bar Mitzvah per i maschi e del Bat Mitzvah per le femmine, rispettivamente a 13 e a 12 anni più un giorno. SESSO E ASPIRINE. Restiamo su questi

ultimi due numeri. Dodici anni, secondo i medici, è la soglia superata la quale si può prescrivere a un bambino la sua prima aspirina. In compenso, se vive nel Regno Unito, col dodicesimo compleanno il ragazzo acquista pure il diritto di scapicollarsi in arditi (e pericolosi) spettacoli acrobatici. Anche a molte bambine hawaiane i 12 anni danno una nuova libertà: quella di

disertare le obbligatorie – e magari non sempre gradite – lezioni di danze tradizionali dell’arcipelago. Discutibile invece il “permesso” che a 12 anni le ragazze conquistano in Angola: quello del sesso consapevole, la cosiddetta “età del consenso” che in Italia, Germania, Giappone è fissata a 14 anni, in Norvegia e in Svizzera a 16 e nel Bahrain addirittura a 21. A 13 anni, poi, in molti Paesi si diventa a pieno titolo cittadini del Web, acquisendo la facoltà di poter aprire un account su Google e Facebook. Unica e singolare eccezione è quella dell’Olanda, su altri fronti notoriamente molto permissiva: 16 anni è l’età minima prevista nella terra dei tulipani per poter diventare “social” sulla Rete. Ma concentriamoci sul “tempo delle mele” vero e proprio: i 14 anni, un’età di grandi mutamenti psicofisici, cruciale per il metabolismo e per molte legislazioni. Se, per esempio, in Italia si può guidare il motorino, nella provincia canadese di Alberta e in alcuni Stati degli Usa (Alabama, Alaska, Michigan, Iowa) ci si può addirittura mettere al volante di

un’automobile. Sempre negli Stati Uniti un 14enne dell’Indiana inizia a poter essere multato se bestemmia in pubblico, mentre uno dell’Idaho si vede finalmente sollevato dall’obbligo di girare con un attestato a firma dei genitori per comprovare che si lava i denti regolarmente. Ben più complessi – in teoria – gli oneri previsti da un’antica e di fatto mai abrogata legge britannica, la quale imporrebbe a tutti gli “over 14” di esercitarsi con la balestra due ore a settimana, con la supervisione del clero locale.

16

anni: l’età limite per le false promesse di matrimonio in North Carolina. Poi la pena è un anno di carcere.

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Pieter Ten Hoopen/Agence VU/PhotoMasi

GLI SPOSI BAMBINI. Una coppia di giovanissimi appena sposati in India: in alcuni Paesi le bambine possono sposarsi a 12 anni e in Arabia Saudita non c’è limite alcuno!

VOTANTI E VOTATI. Dai 15 anni in su in

Bangladesh la scuola diventa una cosa molto seria: se si viene “beccati” a barare durante gli esami scolastici si può finire in prigione. A 16 anni in Paesi come Indonesia, Russia, Norvegia, Egitto e Messico si è abbastanza maturi per prepararsi alla guerra (come soldati volontari) ma non abbastanza per fumare, votare o guidare l’auto: tutte attività che, in divisa o no, vanno rimandate ai 18 anni. E proprio i 18 anni – chiave d’accesso alla maggiore età in buona parte dei Paesi – in materia di licenze e interdizioni si rivelano a volte uno spartiacque meno assoluto di quanto si creda. Il voto, per esempio: in Brasile, Austria, Argentina e Cuba ci si può recare alle urne già a 16 anni, in Iran fino al 2007 persino a 15; fuori dal coro il Giappone, dove bisogna aspettare i 20 anni, mentre in Malesia e Camerun i 21. Quanto alla politica attiva, alcuni neomaggiorenni sono decisamente più avvantaggiati di altri. A 18 anni in Olanda e Norvegia si può diventare parlamentare

18

Gli anni minimi richiesti per poter giocare a flipper nel South Carolina e nel Tennessee.

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e ministro, e in Francia addirittura presidente della Repubblica; ben altra storia da noi, dove le porte della Camera si spalancano dopo i 25 anni, quelle del Senato a 40 e quelle del Quirinale addirittura a 50. Neppure in Canada la Camera Alta è roba da diciottenni: di anni ne servono infatti almeno trenta, oltre al possesso di terreni per almeno quattromila dollari nella provincia in cui ci si candida. Altrove i fatidici 18 sdoganano diritti non proprio fondamentali: in Tennessee i 18 anni sono l’età minima per giocare a flipper e in Arizona quella per poter comprare... una bomboletta di vernice spray. PIEDI NUDI E TESTOSTERONE. Un di-

ciottenne dell’Indiana è al volante da almeno due anni, secondo lo standard in vigore laggiù, ma da questo momento in poi dovrà anche fare molta attenzione a chi si porta in macchina. Qualora si accompagnasse con una passeggera sprovvista di calzini e scarpe, infatti, il guidatore diciottenne potrebbe essere incriminato per stupro. In molti Paesi i 18 anni sono necessari per sposarsi. Ma può farlo anche un sedicenne cubano, un quattordicenne del Belize, una dodicenne francese del Settecento prerivoluzionario e – purtroppo – una moglie-bambina dell’Arabia Saudita, dove oggi non esiste limite minimo d’età per le nozze. Anche per la Chiesa di Roma i fatidici 18 anni sono indicativi: già a 17 gli aspiranti preti possono iniziare il noviziato, e l’ordinazione sacerdotale non avviene in genere prima dei 25. La prima giovinezza ci abbandona? Non

35 anni è l’età minima per diventare vescovo, e quindi papa così le stranezze in fatto di divieti e concessioni. A un uomo che compie 30 anni, le leggi della scienza prevedono per l’avvenire l’inesorabile perdita di un 1% del proprio testosterone ogni 12 mesi. A 35 anni un ecclesiastico può diventare vescovo, e quindi papa, mentre un renitente alla leva colombiano di 48 può ancora essere richiamato a vestire i panni della recluta. Un 65enne italiano vede avvicinarsi il diritto alla pensione; uno dello Utah, lo Stato americano dei mormoni, la facoltà di sposare una cugina della stessa età, avendo entrambi ormai acquisito una “impeccabile capacità di giudizio”. E più oltre ancora, che si può fare e che cosa no? Forse morire secondo statistica. Ma solo in Paesi quali Svezia, Israele e la stessa Italia, dove l’aspettativa di vita ha ormai da tempo sfondato il tetto delle ottanta primavere; altrove, come in Botswana, Congo e Repubblica Centrafricana, a quella distanza dalla nostra nascita probabilmente non ci saremmo più, saremmo morti a circa 47 anni. Tra i “diritti” delle età, ci sono anche quelli che non fanno ridere affatto. Adriano Monti Buzzetti Colella



Salute

IL DESTINO NEL PANCIONE Nel grembo materno si forma l’individuo e si decide il suo futuro: sarà sano, malato, obeso? Nuovi studi portano alla luce insospettabili relazioni.

C Illustrazioni di Marco Paternostro

A LUNGO TERMINE. La salute del nascituro, del bambino e del futuro adulto sono in parte determinate dall’andamento della gravidanza.

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laudia, che abita a Bologna, si è arruolata nel progetto Ninfea dell’Università di Torino tre anni fa, quando era incinta: ha risposto a un questionario che le chiedeva dove abitava e se aveva animali, con quali prodotti puliva la casa, se aveva preso farmaci, quanto era ingrassata, che lavoro faceva. Poi, quando la sua bambina è nata, sono iniziate le domande sulla piccola: quanto era cresciuta, a che età aveva iniziato a gattonare, a dire le prime parole, quanti raffreddori aveva preso. Al compimento dei sei mesi, le è arrivato per posta un kit con cui ha prelevato un campione di saliva della bimba per farlo analizzare. Marina, di Moncalieri (Torino), è invece una volontaria del progetto Piccolipiù coordinato dal Dipartimento di epidemiologia del Servi-


VIETATO FUMARE. Un buon investimento per il suo futuro? Smettere di fumare e sospendere gli alcolici.

zio Sanitario della Regione Lazio. Per lei l’arruolamento è iniziato al momento del parto, due anni e mezzo fa: ha acconsentito a far conservare un frammento del cordone ombelicale e campioni di sangue suo e del bambino; ha anche risposto a questionari sul proprio stile di vita e

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MILA

I bambini “arruolati” in Italia. Soprattutto da Ninfea (Univ. di Torino) e Piccolipiù (Servizio Sanitario Reg. Lazio).

sulle tappe fondamentali dello sviluppo di suo figlio. Insieme a migliaia di altre mamme e bambini in Italia, Claudia e Marina contribuiscono in prima persona a progetti di ricerca che studiano come la vita prima della nascita influenzi la salute futura del bambino. NOVE MESI DECISIVI. Si sa ormai che,

lungi dall’essere “solo” un tempo di attesa in cui il feto si sviluppa col pilota automatico, i mesi della gravidanza sono cruciali: l’ambiente in cui la mamma vive, quello che mangia e beve, un’infezione che prende possono avere ripercussioni sulla salute del nascituro, del bambino e dell’adulto che sarà. Non si tratta solo delle influenze immediate e ormai tragicamente conosciute,

ITALIANE DILIGENTI MA NON TROPPO CHI FA LA COSA GIUSTA. Gli studi statistici discussi nell’articolo permettono anche di monitorare il comportamento delle gestanti di fronte alle raccomandazioni mediche. Dalle prime analisi dei dati di Piccolipiù emerge, per esempio, che quasi il 95% delle donne incinte assume durante la gravidanza acido folico, raccomandato per la prevenzione della spina bifida nel feto, ma solo il 30% lo prende al momento giusto, cioè da alcuni mesi prima del concepimento e nelle prime settimane di gestazione. A PANCIA IN SU. Riguardo al peso, circa il 40% delle donne aumenta nel range raccomandato (tra i 7 e gli 11 kg), mentre il 30% ingrassa troppo, e il restante 30% troppo poco. A inizio gravidanza fuma il 20% delle donne, ma la percentuale scende al 10% alla fine. Il 30% beve occasionalmente un bicchiere di vino, mentre solo il 25% fa esercizio fisico in maniera abituale. Infine, nonostante si raccomandi da tempo di far dormire i lattanti a pancia in su (il modo più sicuro), un quarto dei bimbi dorme prono o su un fianco.

come le malformazioni dovute al virus della rosolia durante la gravidanza, ma di effetti più sottili e a lungo termine, su cui c’è ancora molto da indagare. Uno dei primi ad accorgersi di quanto conti il periodo trascorso nel pancione fu un epidemiologo inglese, David Barker. Analizzando i dati sulla morte per malattie cardiovascolari nelle contee inglesi si accorse di una strana relazione: infarti e ictus erano più frequenti tra le persone che, alla nascita, pesavano poco. Come se una crescita stentata nell’utero potesse influenzare la “robustezza” dell’organismo negli anni a venire. L’ipotesi, cui inizialmente quasi nessuno credeva, ha trovato via via numerose altre conferme, ed è oggi un filone di ricerca noto come “origine fetale delle malattie”. Ottobre 2015 Focus | 61


nel tempo i figli per vedere se emergono associazioni tra certe “esposizioni” e determinati “esiti”, partendo di solito da ipotesi o sospetti», spiega Lorenzo Richiardi, epidemiologo all’Università di Torino e coordinatore del progetto Ninfea. Mentre in Europa esistono da alcuni decenni studi di questo tipo, l’Italia ha iniziato a reclutare mamme e neonati in anni più recenti e, a oggi, sono circa 12mila i piccoli arruolati. I campioni biologici donati dalle madri (sangue, saliva, capelli o l’urina e le prime feci del neonato) vengono conservati nei frigoriferi delle biobanche in modo completamente anonimizzato. «Si analizzano per verificare ipotesi di ricerca, per esempio che in seguito a certe condizioni ambientali in gravidanza alcuni geni nel genoma del bambino risultino “accesi” o “spenti”; o per controllare la presenza di sostanze tossiche o protettive (come metalli o vitamine)», spiega Maria Antonietta Stazi, che all’Istituto superiore di sanità coordina la biobanca di Piccolipiù. L’“ambiente” per il feto è – ovviamente – il corpo della madre: da quello che lei mangia e respira agli ormoni messi in moto dalle sue emozioni. CHILI DI TROPPO. Oggi sembra sia in cor-

BRUTTA ARIA LÀ FUORI. Inquinamento, veleni domestici e alimentari: il banco degli imputati è affollato.

Quello che la gestante mangia, respira o prova a livello emotivo può influenzare il nascituro 62 | Focus Ottobre 2015

Attraverso quali strade una “sofferenza” prenatale (dovuta a malnutrizione o a mille altri fattori) possa influenzare il rischio di malattie future, dall’obesità al diabete, dalle malattie cardiache a quelle respiratorie, forse perfino mentali, è quanto i cosiddetti studi sulle coorti di nascita cercano di capire. In termini statistici, le coorti sono gruppi di persone con una caratteristica in comune: l’essere in gravidanza, come in questo caso, aver vissuto la stessa esperienza, seguire un tipo di dieta particolare e così via. «In questi studi si raccolgono informazioni, il più possibile dettagliate, su quello che avviene durante la gestazione. Per esempio: se la madre fuma; se è esposta a particolari inquinanti ambientali (dallo smog del traffico ai detersivi), a virus (per esempio l’influenza) o tossine (magari la muffa di casa); se ha preso farmaci o si è sentita stressata. Poi si seguono

so un’epidemia di obesità infantile, e dagli studi di coorte si cercano indicazioni su quanto conti il fatto che la mamma sia ingrassata troppo in gravidanza. È stato in effetti osservato un legame del genere, ma non sembrano tanto i chili di troppo presi durante l’attesa a costituire il vero rischio, quanto il fatto che la mamma sia in sovrappeso in partenza o addirittura obesa (in questi casi i chili in eccesso presi in gravidanza “pesano” di più). Il meccanismo biologico considerato plausibile è questo: se la madre mangia troppo, il feto produce più insulina, il bambino nasce più in carne, con una ridotta tolleranza allo zucchero (che è l’anticamera del diabete) e, forse, con una predisposizione a ingrassare. Ma è ancora difficile capire quanto pesi l’influenza dei geni, delle abitudini alimentari e di quel che è avvenuto durante la gestazione. L’asma sembra in aumento in tutto il mondo, non si sa bene perché. Ma uno dei fattori di rischio identificati è il fumo. «Se la mamma fuma, il bambino nasce con una funzione polmonare ridotta. Oltre all’effetto diretto, ce n’è forse uno indiretto. Il fumo si associa a un peso più basso del bambino; peso più basso significa via aeree più piccole, e quindi maggiore rischio di wheezing (il respiro sibilante o “fischio”) e asma», osserva


COLPA DEL PAPÀ DIMMI COME MANGI. Se il grembo materno conta per la salute del nascituro, cominciano a emergere indizi (sebbene il campo sia assai meno studiato) anche sulle responsabilità paterne. Alcuni studi condotti sugli animali suggeriscono per esempio che una dieta ricca di grassi saturi lasci traccia di sé negli spermatozoi con modifiche epigenetiche (quelle che influenzano l’espressione dei geni) associate a un rischio di malattie metaboliche come il diabete. Anche lo stress produrrebbe cambiamenti nelle cellule germinali maschili che a loro volta influenzano il rischio di malattie cardiovascolari, autismo e schizofrenia. E ancora: la presenza di infezioni nel liquido seminale del padre sembrerebbe influire sullo sviluppo dell’embrione modificando l’equilibrio biochimico dell’apparato riproduttivo della donna nelle primissime fasi del concepimento. Un intreccio complicatissimo di cui solo ora si cominciano a sciogliere alcuni nodi.

EFFETTO CRISI. I danni dell’inquina-

mento dell’aria saranno studiati pure sui bambini di Piccolipiù. C’è da capire, per esempio, come favorisca l’asma: è una relazione diretta, provocata dall’effetto degli inquinanti sui polmoni? Oppure l’asma è conseguenza del maggior numero di infezioni alle vie aeree che colpiscono chi respira smog? O, ancora, di una riduzione della vitamina D causata da una minore esposizione al Sole? «Useremo dati da satellite: ci forniranno una misura precisa dell’inquinamento respirato da ogni donna e cercheremo di vedere se può avere un ruolo in diverse patologie del bambino, dall’obesità alle alterazioni del metabolismo, oltre che nello sviluppo neurocognitivo», spiega Francesco Forastiere, ideatore del progetto al Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della Regione Lazio.

NO A GRASSI E STRESS. Diabete, autismo, schizofrenia: potrebbero dipendere dai papà.

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Gli studi sull’origine fetale delle malattie avviati in Europa negli Anni ’90. I dati più abbondanti da Danimarca e Norvegia.

Gli studi italiani si sono avviati nel momento dello scoppio della crisi economica, una coincidenza che gli epidemiologi intendono sfruttare per capire quali possano essere gli effetti della recessione sulla salute: diminuisce l’aspettativa di vita alla nascita? La disoccupazione dei genitori influenza la salute dei figli? «Con Piccolipiù raccogliamo dati socioeconomici, dal lavoro (o la mancanza di

Illustrazioni di Marco Paternostro

Franca Rusconi, responsabile dell’unità di epidemiologia pediatrica dell’ospedale Meyer di Firenze. Si sospetta che ad aumentare il rischio siano anche altri fattori, per esempio complicazioni come la pre-eclampsia (un disturbo della placenta legato all’ipertensione), o il sovrappeso e l’obesità della mamma prima della gravidanza. E che possano incidere anche i farmaci: al momento i sospetti si addensano soprattutto sugli antibiotici. Ma sul banco degli imputati c’è anche l’inquinamento ambientale. Studi che da quasi trent’anni seguono i bambini residenti nei quartieri più poveri di New York hanno osservato ogni sorta di effetto nefasto. Tra i figli di mamme che hanno trascorso l’attesa in mezzo allo smog o usato pesticidi c’erano più casi di asma, problemi respiratori, ritardi nello sviluppo cognitivo, problemi comportamentali e forse un maggior rischio di tumori rispetto ai nati in zone più “sane”.

lavoro) dei genitori fino a informazioni indirette sul reddito», risponde Sara Farchi, ricercatrice al Dipartimento di epidemiologia del Lazio. «Questi dati ci serviranno anche per studiare gli effetti della crisi economica sulla salute di mamme e bambini». Oltre all’aria e al cibo, insomma, evidentemente nel pancione conta anche lo stipendio. Chiara Palmerini

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Arte

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Sotto la tela c’è un Nobel Il cielo di Van Gogh, i colori di Seurat, il Cristo di Dalí... Opere immortali per la loro bellezza. E speciali per i loro contenuti scientifici. A cura di Edoardo Monti

Corbis/Contrasto

LE GALASSIE DI VINCENT NOTTE STELLATA. Vincent van Gogh, 1889 (New York, The Museum of Modern Art). Freme di bagliori il cielo notturno che Van Gogh osserva nel 1889 dal manicomio di Saint-Rémy-de-Provence, dove è ricoverato per essersi amputato l’orecchio destro. La sua inquietudine prende forma nelle turbolenze al centro del dipinto. Nel 2004, il telescopio spaziale Hubble fotografa le turbolenze di polveri e gas provenienti da una stella remota. Gli astronomi notano la somiglianza di quelle formazioni con i vortici al centro di Notte stellata e un gruppo di fisici inizia a studiare l’opera. L’indagine dei rapporti matematici tra i punti luminosi del dipinto rivela molte corrispondenze con le equazioni formulate nel 1941 dal russo Andrej Kolmogorov per descrivere il comportamento delle turbolenze nella dinamica dei fluidi, uno dei fenomeni che da secoli la scienza cerca di interpretare.

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UN PAPPAGALLO SOTTO VUOTO ESPERIMENTO SU UN UCCELLO NELLA POMPA PNEUMATICA. Joseph Wright of Derby, 1768 (Londra, National Gallery). È una notte di Luna piena, una di quelle in cui a Birmingham si riunivano i membri della Lunar Society, consesso di scienziati e appassionati innovatori di cui anche l’autore fece parte. Nel salotto di una casa borghese di metà ’700 uno scienziato si serve di una pompa pneumatica per creare il vuoto nell’ampolla in cui è stato posto un cacatua. La mancanza di ossigeno potrebbe uccidere l’uccello e le bambine hanno paura. L’esistenza del vuoto è stata intuita da Galileo Galilei e dimostrata nel 1644 dal suo assistente Evangelista Torricelli. Questa scoperta ha aperto nuovi spazi allo studio della fisica. Grazie all’invenzione della pompa pneumatica nel ’600, è stato possibile sperimentare il comportamento a bassa pressione di gas, suoni e, come nel dipinto, esseri viventi.

UNA DOMENICA POMERIGGIO ALL’ISOLA DELLA GRANDE JATTE. Georges Seurat, 1886 (Chicago, Art Institute). Tocchi di colore puro accostati danno vita a forme austere su un’isola della Senna. Seurat non impastava i colori, li accostava, affinché a mischiarli fosse poi l’occhio dell’osservatore. È il principio fondante del puntinismo, via scientifica allo sviluppo delle intuizioni sulla luce dell’impressionismo. Seurat seguì le ricerche scientifiche del chimico Michel-Eugène Chevreul sulla separazione dei colori assoluti e sul contrasto simultaneo (l’aumento di luminosità dovuto all’accostamento di due colori complementari).

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Corbis/Contrasto (3)

IL COLORE? TUTTA QUESTIONE DI CHIMICA


IN CROCE A QUATTRO DIMENSIONI CROCIFISSIONE (CORPO IPERCUBO). Salvador Dalí, 1954 (New York, The Metropolitan Museum of Art). È forse la crocifissione più insolita che sia mai stata dipinta. Per il realismo del Cristo, ma ancora di più per lo straniante paesaggio e per la croce che fluttua a mezz’aria. Quest’oggetto è una delle rappresentazioni tridimensionali che i matematici hanno dato all’ipercubo (o tesseratto), cubo posto in uno spazio a quattro dimensioni, una figura geometrica altrimenti impossibile da vedere con la nostra vista tridimensionale. Nel 1914, il matematico Henry Parker Manning propose il disegno in seguito usato da Dalí, quando cercò di dare forma artistica ai principi della fisica atomica e della meccanica quantistica.

akg-images/Mondadori Portfolio

Esperimenti bizzarri, geometrie impossibili, eventi cosmici. Tutto serve per ispirarsi

QUELLA ECLISSI È DIVINA DIONIGI L’AEROPAGITA CONVERTE I FILOSOFI PAGANI. Antoine Caron, 1571-72 (Malibu, J. Paul Getty Museum). Un’eclissi di Sole crea scompiglio. È il 1571, ma l’artista immagina che la scena si svolga ai tempi di Dionigi l’Aeropagita, l’ateniese convertito da San Paolo nel I secolo. I filosofi pagani cercano di spiegare l’evento, ma Dionigi ne sostiene la natura divina. Nel XVI secolo si guardava alle eclissi con superstizione. Eppure erano passati quasi trent’anni dalla pubblicazione, nel 1543, del trattato di Copernico che rivoluzionò gli studi astronomici: la sua dimostrazione del moto della Terra attorno al Sole, e della Luna attorno alla Terra, spiegava molte cose, anche riguardo alle eclissi.

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Leemage/Corbis/Contrasto

A LEZIONE DI CATASTROFI

ERA PICCOLA MA ERA GLACIALE

I fenomeni naturali hanno affascinato sempre gli artisti. E le loro tele hanno spesso aiutato la scienza

Heritage Images/Corbis/Contrasto

LA FROST FAIR SUL TAMIGI A TEMPLE STAIRS. Abraham Hondius, 1684 (Museo di Londra). C’è stato un tempo in cui sul Tamigi si pattinava e si passeggiava tra le bancarelle di una grande fiera allestita sul fiume ghiacciato. Era il tempo della Piccola era glaciale, un periodo caratterizzato da inverni molto rigidi che ha interessato l’emisfero boreale tra l’inizio del XIV secolo e la metà del XIX, toccando le temperature più basse intorno al 1645-1715. Non è ancora chiaro che cosa abbia causato questo prolungato fenomeno e le ipotesi sono diverse. Ma i londinesi, che soffrirono il freddo, poterono almeno godere della Frost Fair, la fiera sulle acque del Tamigi, che si tenne ogni volta che lo spessore del ghiaccio lo permise tra la fine del ’600 e il 1815.

IL VESUVIO IN ERUZIONE. Joseph Wright of Derby, 1776 (Londra, Tate Britain). È un’eruzione di grande impatto quella illustrata con ricchezza di dettagli nel dipinto. Wright of Derby era molto attratto dai fenomeni naturali; nel 1774 soggiornò a Napoli e “ritrasse” il Vesuvio in molti disegni che, tornato in patria, rielaborò in una trentina di opere. In quell’anno, però, non si verificò un’eruzione simile a quella descritta. Si servì allora delle incisioni pubblicate nei volumi dedicati ai vulcani italiani del suo illustre connazionale Sir William Hamilton, archeologo e padre della moderna vulcanologia.

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BOLLE DI SAPONE “ABERRANTI” NEWTON SCOPRE LA RIFRAZIONE DELLA LUCE. Pelagio Palagi, 1827 (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo). Nel 1827 ci si immaginava così uno degli eventi più significativi per la scienza moderna: Isaac Newton (1642-1727) scopre la rifrazione della luce osservando l’iridescenza sulle bolle di sapone soffiate da un bimbo. Ma non andò proprio così. Newton arrivò allo studio della rifrazione partendo dalle aberrazioni cromatiche delle lenti dei telescopi allora in uso, in cui riflessi colorati disturbavano la visione. Per questo realizzò un telescopio a riflessione (citato nel quadro), sostituendo le lenti con specchi, immuni dal fenomeno. Gli studi culminarono nel celebre esperimento in cui, grazie a un prisma di vetro, scompose la luce in raggi luminosi di diversi colori.

LA LEZIONE DI ANATOMIA DEL DOTTOR TULP. Rembrandt, 1632 (L’Aia, Mauritshuis). Rembrandt aveva 26 anni quando, nel 1632, fu chiamato dai chirurghi dell’Aia per onorare il nuovo Praelector Anatomiae della loro corporazione, il maestro che doveva guidarli nello studio del corpo umano. Questa la genesi di uno dei suoi dipinti più celebri, che ha per soggetto una lezione di anatomia. Protagonista è il dottor Nicolaes Tulp, intento a illustrare il funzionamento dei tendini dell’avambraccio di un noto furfante dell’epoca, impiccato da poche ore. Lo studio dell’anatomia e della fisiologia umana conobbe tra ’500 e ’600 un profondo impulso e, grazie al definitivo imporsi dell’osservazione empirica, si arrivò a superare le teorie formulate da Galeno nel II secolo dopo Cristo. Massimo artefice di questa svolta fu il fiammingo Andries Van Wesel (Andrea Vesalio), autore nel 1542 del rivoluzionario trattato De humani corporis fabrica libri septem.

The Gallery Collection/Corbis/Contrasto

De Agostini/Getty Images

IL TENDINE DEL CONDANNATO


Come funziona La galleria del vento

Qui si corre e si vola... da fermi! Il primo test su un aereo in progettazione o su una nuova auto? Si costruisce un modellino, lo si investe con un getto d’aria e si vede che effetto fa. A cura di Roberto Graziosi IL MOTORE. Un “ventolone” dà all’aria la spinta necessaria per compiere il giro del “circuito”. La galleria del Politecnico di Milano (tra le più importanti d’Europa) ha un motore da 1,4 megawatt che spinge la corrente fino a 200 km/h. LE CURVE. Lungo il percorso l’aria affronta quattro “gomiti”, all’interno dei quali una serie di alettoni curvi fa sì che il flusso d’aria prenda la giusta direzione.

PROVE DI... FRENATA! Tra le applicazioni più curiose, le prove sui paracadute, sia i modelli per uso... umano, sia quelli impiegati per frenare le capsule spaziali al rientro nell’atmosfera terrestre.

LA CAMERA DI PROVA. È il cuore della galleria del vento: ospita l’oggetto da provare, circondato da sensori che, durante il test, misurano i dati (velocità, forze, temperature...) e li trasmettono ai computer della sala di controllo.

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IL CONVERGENTE. Ha il compito di accelerare il flusso (come accade all’aria che esce da un asciugacapelli) e di ridurre i fenomeni di turbolenza. Il contrario succede nei tratti divergenti.


MA A CHE COSA SERVONO? MULTIFUNZIONE. Furono inventate per consentire agli ingegneri di condurre i test su modelli di aerei, prima che questi fossero in grado di volare davvero. Poi le gallerie del vento iniziarono a essere usate anche per studiare la forma delle auto (da quelle “normali” alle Formula Uno), nello sport (per trovare la posizione più aerodinamica di ciclisti, sciatori ecc.) e persino per prevedere l’effetto del vento su ponti e grattacieli, prima di costruirli. LA FISICA. I test si basano su un semplice principio: per capire gli effetti subiti da un corpo che si muove a una certa velocità, si può studiare lo stesso corpo fermo, ma investito da una corrente d’aria alla medesima velocità. AEREI IN MINIATURA. Le prove su oggetti di grandezza reale si possono effettuare dal vero solo con auto o con aerei di piccole dimensioni, altrimenti si usano modelli in scala. In questo caso è il flusso dell’aria tutt’attorno all’oggetto a risultare uguale a quello prodotto nella realtà. IL RADIATORE. A forza di girare, l’aria si riscalda (per effetto dell’attrito): in alcune gallerie sono presenti sistemi di raffreddamento per riportare la temperatura al giusto livello.

SIMULATORE DI VENTO

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RETE E NIDO D’APE. Una rete “rompe” i vortici che l’aria forma durante la sua corsa, mentre una struttura a nido d’ape rende il flusso più uniforme.

PONTI E CASE. Non solo aerei, bolidi di Formula Uno, treni: in certe gallerie (quelle di dimensioni più grandi, con camere di prova di qualche decina di metri) si testano ricostruzioni di ponti sospesi, di grattacieli e persino di porzioni di aree urbane. Lo scopo? Studiare come reagiscono gli edifici agli effetti del vento, mettendone alla prova la resistenza. Oppure, nel caso di fabbriche in costruzione, per prevedere se (e come) i fumi si diffonderanno nei centri abitati.

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Andy Ryan

Prisma

Con la stampa 3D si può fare tutto. Anche un vaso di vetro come quello sopra. Neri Oxman e Peter Houk del Massachusetts Institute of Technology hanno adattato allo scopo uno dei metodi di stampa 3D, che funziona depositando un filamento di materiale semifuso. Nel loro sistema, chiamato G3dp, il filamento scende attraverso un ugello da una fornace a 1.000 °C, in una camera riscaldata a 500 °C, dove l’oggetto si forma. Così il vetro non ha uno “choc termico” e si raffredda in modo regolare. Obiettivo: produrre oggetti trasparenti, dai vasi ai materiali speciali per esperimenti.

88%

La percentuale di chi ha fatto “sexting”, l’invio o la ricezione di messaggi a contenuto sessuale, tra gli 870 adulti partecipanti a uno studio Usa.

Getty Images

Così ti stampo un vaso di vetro

PICCOLI CREATORI DI NUVOLE

Organismi microscopici “fertilizzano” le nubi. Possono creature microscopiche, che vivono nei mari, “fabbricare” nuvole? Sì, secondo uno studio guidato da Daniel McCoy, della University of Washington. Ha verificato come nei mari dell’Antartide i piccoli organismi che fanno fotosintesi (fitoplancton) producono gas e particelle che finiscono nell’atmosfera. Qui diventano “semi” per nubi: le rendono più “spesse” e brillanti, quindi capaci di riflettere più luce solare (ciò significa che ne arriva meno a scaldare il mare). RIFLESSI. «L’acqua presente nelle nuvole è suddivisa in minuscole gocce: più queste sono numerose – a parità d’acqua – più la nube riflette luce solare», spiega McCoy. I gas emessi dal fitoplancton e lo “spray” di acqua marina contenente parti di questi organismi diventano i nuclei di condensazione su cui si formano le gocce. «Abbiamo visto che nei mari dell’Antartide, in estate, il numero di gocce raddoppia per le sostanze provenienti da questi organismi, più numerosi nella bella stagione». E.I.

Le note giuste per farci comprare...

Bloomberg/Getty Images

La colonna sonora in negozi e ristoranti influenza i nostri acquisti. Una conferma viene da scienziati australiani. Hanno proposto un menu internazionale a 10 volontari, dopo aver loro fatto ascoltare musica cinese, indiana o statunitense. Poi i partecipanti dovevano ricordare i piatti e selezionarne uno. Quelli più ricordati e scelti sono stati in linea con la musica udita: i brani Usa hanno per esempio fatto ordinare hamburger e hot dog. Un altro test era una simulazione di shopping: chi ha ascoltato musica classica era disposto a spendere di più per articoli “di classe” (profumi, orecchini), chi ha sentito il country si è mostrato incline a comprare merci utili (penne, spazzolini). L’effetto era più accentuato se c’era poco tempo per decidere. E.I.

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Le porte segrete nella tomba di Tutankhamon

Prisma Quei tarli musicali nel cervello

Reuters/Contrasto

Avete presente quei motivetti che non vi escono dalla testa? La psicologa Lauren Stewart (Goldsmiths, University of London) ha chiesto a 44 persone quanto spesso fossero “vittime” di questi tarli musicali. Ha visto che chi li sente più di frequente ha una corteccia cerebrale più spessa nelle aree coinvolte in percezione uditiva e discriminazione tonale. «Sono le aree attive quando ascoltiamo davvero musica e sembrano diverse in chi è più spesso vittima di questi motivetti», ha detto. Altre differenze sono legate a come le persone li vivono. In chi li trova utili per concentrarsi, l’ippocampo (area implicata nella memoria) tende a essere più grande. Chi invece non li sopporta tende ad avere più materia grigia nel polo temporale, legato al controllo emotivo. In un altro test Stewart ha visto che comunque i tormentoni mentali partono di più se la mente è inattiva. E.I.

Getty Images

Per un egittologo, esisterebbero due ingressi chiusi. Uno, forse, verso la sepoltura di una regina.

CANZONE CONTINUA. Capita di avere un motivo in testa, magari una hit del momento (sopra, il rapper J-Ax).

Aprite quella porta: potrebbe nascondere un tesoro archeologico. Be’, non è semplicissimo, visto che l’ingresso in questione si troverebbe in mezzo a una parete della tomba più famosa del mondo: quella del faraone Tutankhamon, nella Valle dei Re. La porta però celerebbe un’altra sepoltura eccellente: quella, finora mai rinvenuta, della potente regina Nefertiti, moglie del faraone Akhenaton, morta nel 1338 a.C. TEORIA. L’ipotesi è di Nicholas Reeves, della University of Arizona. L’egittologo ha studiato le scansioni ad alta risoluzione delle pareti della tomba, fatte per ricreare una copia destinata alle visite dei turisti. E ha individuato alcune crepe e fessure che potrebbero indicare due passaggi sigillati e intonacati. «Sarebbe una scoperta straordinaria, se l’apparenza digitale dovesse trasformarsi in realtà», assicura Reeves. L’apertura più piccola, su una delle pareti della camera funeraria, condurrebbe a un ripostiglio. Quella più grande, su un’altra parete, porterebbe invece a un altro sepolcro: quello di una regina o principessa (per la disposizione orientata a destra rispetto al corridoio di entrata, soluzione usata per le donne). Per Reeves, il 18enne Tutankhamon morì all’improvviso senza un sepolcro pronto: per lui fu creata una piccola tomba, nella parte esterna di quella di una regina. E potrebbe trattarsi di Nefertiti, sua “matrigna” (per le analisi del Dna, il giovane faraone sarebbe figlio di Akhenaton e di un’altra sposa) o per qualcuno sua madre. M.L.L.

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Getty Images/Flickr Flash

Preda o predatore? Si riflette nella forma delle pupille, hanno visto alla University of California, Berkeley. Pupille orizzontali sono tipiche di erbivori (capre, gazzelle): danno una vista panoramica per vedere i predatori da ogni direzione. Chi caccia con agguati a livello del suolo (volpi, alligatori) le ha verticali: fanno valutare meglio la distanza. Le tonde sono tipiche di predatori che cacciano in corsa, o con agguati, ma sono più alti (ghepardi, leoni). Da sin.: volpe, capra, leone, gatto, caimano.

Getty Images

DIMMI CHE OCCHI HAI...


Marea verde

Romantici baci? No, grazie

Le piante hanno “maree”? Peter Barlow (Gb) ha considerato il movimento ciclico delle foglie di alcune piante, notte e giorno: si sa che è influenzato da fattori come la luce, ma forse lo è anche dalla gravità della Luna, come accade per le maree. Barlow ha confrontato dati su questi movimenti con stime della forza gravitazionale lunisolare (dovuta alle posizioni di Luna, Sole, Terra). C’è correlazione, dice. Potrebbe essere coinvolta l’acqua nel pulvino, una struttura sul picciolo. G.F.

Reuters/Contrasto

Il bacio è un apostrofo rosa... ma non è stato sempre così. «Oggi il bacio romantico è comune nelle società moderne occidentalizzate. Ma è un comportamento universale nell’uomo, presente in tutte le società?», si chiede Justin Garcia, Indiana University (Usa). Per rispondere, ha analizzato resoconti di antropologi su 168 culture, in popolazioni del passato, e ha visto in quante era presente il bacio romantico, sulla bocca: sotto sono indicate le percentuali, in totale (nel 46% dei casi) e per aree. «Negli altri casi non era un comportamento in uso, o era visto come strano o disgustoso», dice. «Il bacio romantico non è universale, dunque. Anche se possono essere più diffusi altri baci, di saluto o ai figli». G.C. 100 90

46%

60

0

100% Medio Oriente

73% Asia

70% Europa

55% Nord America

Una piscina di palline Che cosa fanno questi signori, riempiono una mega-piscina di palline per bambini? Non proprio. La “piscina” è un bacino di acqua potabile, a Sylmar, Los Angeles. E le palle nere che gli uomini stanno buttando dalla sponda devono schermare l’acqua dal Sole, per diminuire l’evaporazione e risparmiare acqua, nella California colpita dalla siccità. Ne sono state gettate 96 milioni, coprendo il bacino. SCHERMO. L’obiettivo dello schermo galleggiante (già testato in altri casi) è poi anche evitare la produzione di sostanze nocive che si formano nell’acqua con cloro, in reazioni causate dalla luce solare. E proteggere l’acqua da polvere e animali. G.C.

Martin Harvey/Corbis

10

44% Oceania

20

13% Africa

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Getty Images

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Zumapress/Corbis

Le culture in cui c’era il bacio romantico.

Getty Images/EyeEm

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DALLO SPAZIO In collaborazione con

VEDO COSA SEI Il satellite PRISMA fornirà informazioni sulla composizione di ciò che osserva. È stato da poco firmato, tra l’Asi e un gruppo di imprese italiane, il contratto che dà il via definitivo alla realizzazione di PRISMA. Si tratta di un satellite “leggero”, il cui lancio è previsto dopo il 2017, che porterà a bordo un dispositivo d’avanguardia per l’osservazione terrestre. Il cuore del sistema è una strumentazione elettro-ottica composta da una fotocamera pancromatica (cioè sensibile a tutte le lunghezze d’onda del viFocus04.pdf 03/03/2015 11:49:51 sibile) e1uno spettrometro “iperspettrale”. Quest’ultimo è in grado, per ogni pixel di

COLORI RIVELATORI. Da un’immagine aerea “iperspettrale” (in alto) si può risalire alla composizione di ciò che si osserva (qui sopra): giallo = tegole, verde = lamiera, rosa = bitume, rosso = eternit ecc.

un’immagine, di effettuare misure in tutta la banda di lunghezze d’onda comprese tra 400 a 2.500 nanometri, cioè dal visibile all’infrarosso a onda corta. Significa avere non semplici immagini ma grandi quantità di dati, da cui si possono estrarre informazioni sulla composizione chimico-fisica degli elementi presenti nell’area osservata. SVILUPPO SOSTENIBILE. «Tra le applicazioni di maggior interesse primeggia l’analisi della vegetazione per monitorarne lo stato di salute e per fornire un supporto prezioso alla coltivazione di grandi aree

agricole», afferma il responsabile del programma Roberto Formaro. «Non solo. Le capacità di PRISMA potranno favorire uno sviluppo urbano sostenibile, identificando i livelli delle sostanze tossiche, la crescita delle discariche e la distruzione di ecosistemi. Sarà possibile anche valutare la composizione delle acque o rilevare la presenza di elementi inquinanti nell’atmosfera. Un importante contributo si avrà anche nella prevenzione e gestione di disastri naturali». PRISMA ogni giorno potrà osservare un’area di 200mila km2. G.R.

L’Agenzia spaziale italiana (Asi) coordina gli investimenti nel settore aerospaziale e dipende dal ministero dell’Università e della Ricerca. È uno dei più importanti attori mondiali per lo spazio e le tecnologie satellitari. Il suo presidente è il prof. Roberto Battiston.


VIAGGIO SUL FONDO

Prisma

Museo Leonardo

Una nuova mappa dei sedimenti negli oceani.

Come sarebbe camminare sul fondo dell’oceano? Vedreste distese di sabbia, zone fangose, cimiteri di microorganismi... Per orientarvi potreste usare questa mappa realizzata dal team di Adriana Dutkiewicz, Università di Sydney. Gli scienziati hanno analizzato quasi 15 mila campioni di sedimenti oceanici e creato una nuova mappa digitale della composizione dei fondali, da cui è tratta l’immagine qui sopra. Ci sono argilla (marrone scuro), cenere dai vulcani (rosso), sabbia (giallo), e materiali di origine organica come “fanghi” calcarei (azzurro), frammenti di conchiglie e coralli (rosa), o resti di diatomee, alghe unicellulari (verde acido). CIMITERI. Un quadro più complesso di quanto si pensava. «Vaste aree del fondale sono per esempio costituite dai resti del fitoplancton, in particolare diatomee, che precipitano dalla superficie», dice Dutkiewicz. «Studiare la distribuzione di tali “cimiteri” ci aiuta a capire come le fluttuazioni climatiche si sono riflesse sugli oceani». E.I.

Non ti distrarre! Niente interruzioni, il cervello è occupato. È l’idea di Phylter, sistema che blocca email e messaggi in arrivo se una persona è occupata. Ci riesce rilevando l’attività cerebrale. «Usiamo una tecnica (spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso) che misura, proiettando luce sul cranio e vedendo quanta ne viene riflessa, il flusso di emoglobina nella corteccia prefrontale: il che ci dice se quella parte del cervello sta “lavorando sodo”», spiega Robert Jacob, Tufts University, del team che ha ideato Phylter. «Il sistema decide se interrompere la persona o avvisarla solo in seguito dell’arrivo dei messaggi». G.C.

Reuters/Contrasto

C’è una sala che svela, in realtà virtuale, dettagli inediti del Cenacolo Vinciano di Santa Maria delle Grazie a Milano: per esempio una parte non visibile dell’affresco, sul lato superiore. Ci sono nuove riproduzioni di armi da guerra ideate più di 500 anni fa. E, soprattutto, c’è la prima ricostruzione “corretta” dell’aquila meccanica (sopra), una macchina volante che Leonardo da Vinci aveva progettato senza però portarla a compimento. Sono alcune novità della sezione che, dal 30 settembre, amplierà Il Mondo di Leonardo, la mostra allestita a Milano (Piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II) dal centro Leonardo3. La macchina volante sarà il fiore all’occhiello. È stata ricostruita esattamente come Leonardo l’aveva descritta nel cosiddetto Manoscritto B. A differenza delle ricostruzioni fatte finora – con ali “piatte” – ha una struttura alare a sportelletti mobili che imitano le piume degli uccelli. Ed è funzionante, almeno dal punto di vista aerodinamico (per muoverla, al “pilota” servirebbe però una forza enorme): il pubblico la proverà in realtà virtuale. R.G.

The University of Sydney

Ali, armi, affreschi: Leonardo in mostra

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Quando e a chi serve?

Che cos’è? La sedazione cosciente è una tecnica che toglie ansia, stress e paura, donandoti un piacevole senso di relax. È utilizzata da decenni in nazioni tecnologicamente avanzate come: Stati Uniti, Giappone, Inghilterra, Svezia, Olanda... e ora si sta diffondendo anche in Italia.

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DOSSIER

Un cosmo nuovo Big bang, macchine del tempo, onde e lenti gravitazionali...

100 anni di RelativitĂ Il fascino dei buchi neri Einstein in sette vignette

Getty Images

La scienza conquista Hollywood

Ottobre 2015 Focus | 81


DOSSIER

Meridith Kohut/The New York Time/Contrasto

CUOR DI GALASSIA. Due immagini del Large Millimeter Telescope, in Messico. Fa parte di un network di osservatòri per studiare il buco nero al centro della Via Lattea (la nostra galassia).

“L

COMPLICATISSIMA! La Relatività generale è una teo-

ria avanzata della gravità, l’erede moderna della “vecchia” teoria della Gravitazione universale di Newton che si studia a scuola. «Quando Einstein la completò, nel 1915, non era interessato alle applicazioni», spiega Clifford M. Will, docente all’Università della Florida (Usa), uno dei massimi esperti nel settore. «E non si impressionò particolarmente quando arrivò la prima conferma sperimentale nel 1919». Si trattava di un’osservazione, svolta appunto da Eddington, agevolata da un’eclissi totale di Sole: dimostrava che la gravità della nostra stella, come una lente ottica, è in grado

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James D. Lowenthal, Smith College Department of Astronomy

ei deve essere una delle tre persone al mondo che capisce la Relatività generale”, disse una volta un collega all’eminente fisico britannico Sir Arthur Eddington, che di questa teoria aveva fornito la prima prova sperimentale. L’interpellato non rispose. “Suvvia Eddington, non sia modesto…”, insisté l’uomo, che forse sperava di essere annoverato tra i pochi “eletti”. “Al contrario”, rispose infine Eddington, “sto cercando di capire chi sia il terzo”. Questo aneddoto dà un’idea di quanto la Relatività sia stata fin dall’inizio sinonimo di teoria complicata, per molti perfino astrusa, priva di prove concrete e di applicazioni pratiche. Nulla di più sbagliato. Innanzitutto di teorie della Relatività ce ne sono due, una “ristretta” e l’altra “generale” (v. riquadro nelle prossime pagine). La prima, concepita nel 1905, ha già avuto diverse applicazioni, a partire dalla bomba atomica. Ma quella che si celebra quest’anno è la Relatività generale, il vero capolavoro di Einstein, che in molti considerano la teoria più bella di tutti i tempi. Una teoria che ha rivoluzionato la nostra stessa concezione del cosmo. E che oggi, a cento anni esatti dalla sua formulazione, ha un’applicazione tecnologica di tutto rispetto che avrebbe sorpreso lo stesso Einstein.


Il fascino dei buchi neri La Relatività generale è stata a lungo considerata una teoria astrusa e senza applicazioni. Oggi è l’epoca della sua riscossa.


DOSSIER La Relatività in pillole

Se non si tenesse conto della teoria di Einstein, in due minuti i navigatori diverrebbero inutilizzabili

84 | Focus Ottobre 2015

CONSEGUENZE. Due eventi che sono simultanei per un osservatore non è detto che lo siano per un altro. Per un osservatore in moto, il tempo scorre più lentamente che per uno in quiete.

Per un osservatore in moto, lo spazio si contrae nella direzione del movimento.

RELATIVITÀ RISTRETTA Anno di pubblicazione: 1905

Un oggetto in movimento ha una massa maggiore di quando è a riposo. BASI DELLA RELATIVITÀ RISTRETTA. Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento “inerziali”, cioè in movimento rettilineo uniforme (senza accelerazioni) gli uni rispetto agli altri. In altre parole, è impossibile distinguere, anche in linea di principio, tra un sistema in moto rettilineo uniforme e uno in quiete. La velocità della luce nel vuoto, inoltre, è una costante assoluta.

Toronto Star via Getty Images

SATELLITI E CARTINE. Raccolta di dati e immagini per Google Maps sulle strade di Toronto (Canada).

Ci sono due teorie della Relatività, una “ristretta” e una “generale”. Entrambe partono da idee semplici per raggiungere risultati molto complessi e apparentemente paradossali. Ecco come.

La massa si può trasformare in energia: è il principio della bomba atomica.

di deviare i raggi luminosi (provenienti da stelle lontane) che le passano vicino. Quell’esperimento, anche se non fu accurato come si pensò all’epoca, segnò una svolta nella vita di Einstein: all’improvviso lo scienziato diventò famoso in tutto il mondo e divenne la superstar mediatica che tutti conosciamo. Tanto che, nel 1921, fu accolto da una folla festante insieme con Charlie Chaplin: “Stanno sorridendo a entrambi”, notò con una battuta l’attore del cinema muto, “a te, perché non capiscono niente di quello che dici. E a me, perché capiscono tutto”. Tuttavia, nonostante la popolarità di Einstein, nei decenni successivi ci si dimenticò della sua Relatività generale, o quasi. «Nel 1961», ricorda Clifford Will, «al relatore della mia tesi di dottorato, Kip Thorne, fu suggerito di dedicarsi a un altro settore, perché la Relatività non aveva niente a che fare con la fisica o con l’astronomia. Fortunatamente ignorò il consiglio». Kip Thorne, negli anni successivi, divenne uno dei protagonisti di una nuova esplosione di studi su buchi neri, spostamenti interstellari e viaggi nel tempo. Tanto da essere preso come consulente di film che hanno fatto storia,


BASI DELLA RELATIVITÀ GENERALE. 1. In assenza di gravità valgono le leggi della Relatività ristretta. 2. Un sistema (come un aereo o un ascensore) in caduta libera in un campo gravitazionale è del tutto equivalente a un sistema che si trovi in quiete in assenza di gravità. 1 2 3 4 5 6 7 8 9

RELATIVITÀ GENERALE

di di euro, con applicazioni che spaziano dall’ingegneria edile alla guida automatica di navi e aerei, dalla ricerca di persone disperse allo spionaggio. Per non parlare della comodità di sapere dove siamo su Google Maps.

CONSEGUENZE. La massa distorce la struttura stessa dello spazio e del tempo. L’effetto più evidente di questa distorsione è la forza di gravità. Il tempo scorre più lentamente al livello del mare che in montagna, dove la forza di gravità è un po’ inferiore.

UN MONDO DIVERSO. «Anni fa, la Rela-

La distorsione dello spazio e del tempo rende teoricamente possibili i viaggi nel futuro e perfino nel passato. La teoria spiega anche la nascita e l’evoluzione dell’universo.

come Contact (1997) di Robert Zemeckis e Interstellar (2014) di Christopher Nolan (v. articolo a pag. 91). NEL TELEFONO. Ma l’impatto moder-

no della teoria più avanzata di Einstein non si limita alla sfera di Hollywood. C’è anche il Gps, un’applicazione che si sviluppò a scopo strategico-militare negli Usa a partire dai primi Anni ’70. Il Gps si basa su una squadra di una trentina di satelliti che orbitano intorno alla Terra, ciascuno dotato di un precisissimo orologio atomico. Ogni satellite invia segnali nei quali è registrato il tempo esatto in cui sono emessi. E quando un ricevitore, come quelli che abbiamo in macchina o sugli smartphone, capta un segnale, confronta il tempo di emissione con quello di arrivo: questo gli permette di calcolare la sua distanza dal satellite, di cui è nota l’orbita. Confrontando le distanze da più satelliti, il ricevitore può determinare le sue coordinate di latitudine, longitudine e altitudine con un’accuratezza di 15 metri, oltre che l’ora esatta con la precisione di 0,05 milionesimi di secondo. Già, ma che cosa c’entra la Relatività con tutto questo? «I satelliti Gps, con i loro

Anche lo spazio si altera: se la gravità è intensa, infatti, le leggi di Euclide non valgono più. Per esempio, il rapporto tra una circonferenza e il suo diametro non è più pari a π (3,14159...), mentre a scuola ci insegnano che è uguale. Questo fenomeno, che è molto piccolo sulla Terra, diventa ben visibile in prossimità delle stelle più dense.

orologi a bordo, si muovono a 14mila km/h, compiendo due giri al giorno intorno alla Terra», spiega Will, «dunque si muovono molto velocemente rispetto agli orologi sulla superficie del nostro pianeta. La teoria della Relatività ristretta dice che gli orologi che si muovono velocemente scandiscono il tempo più lentamente, in questo caso di 7 milionesimi di secondo al giorno». Orbitando a 20mila km di quota, inoltre, questi satelliti sono sottoposti a una forza di gravità inferiore rispetto a quella sulla superficie terrestre. «E la teoria della Relatività generale dice che, a quella quota, gli orologi hanno la tendenza a scandire il tempo più velocemente di circa 45 milionesimi di secondo al giorno». Sommando i due effetti si ottiene che gli orologi dei Gps avanzano più velocemente di quelli a Terra di 38 milionesimi di secondo al giorno. Poco? Niente affatto: se non si tenesse conto di questo fenomeno, i nostri ricevitori, nel giro di un giorno, accumulerebbero un errore sulle posizioni di circa 10 km. In pratica, dopo un paio di minuti sarebbero inutilizzabili. Oggi il giro di affari dell’industria del Gps è stimato intorno a una ventina di miliar-

Illustrazione Gloria Galbiati

Anno di pubblicazione: 1915

tività generale era considerata difficile e oscura; oggi non è più così», conclude Will. «Questa branca della fisica non è peggio di altre, come la fisica nucleare, la meccanica quantistica o la fisica delle particelle. Al pubblico queste potranno sembrare ugualmente difficili e oscure, ma per il fisico sono equivalenti». Nonostante le prime applicazioni pratiche, però, la Relatività generale è importante soprattutto per le sue implicazioni concettuali. «Innanzitutto ci dà una visione molto diversa dell’universo rispetto a quella di Newton, permettendoci di concepire il cosmo nel suo insieme, con un inizio e un’espansione. Inoltre, nelle stelle più strane ed esotiche che conosciamo, come i buchi neri, la Relatività gioca un ruolo determinante. Gli astronomi sono convinti che un buco nero supermassiccio (da uno a dieci milioni di volte la massa del Sole) si trovi nel centro di ogni galassia (a cominciare dalla nostra, v. foto in apertura di servizio). Capire come questi giganti crescano a tal punto, e come possano influire sulla galassia che li circonda, è una delle grandi sfide dell’astrofisica moderna». Per finire, ci sono le onde gravitazionali: sono piccole oscillazioni dello spaziotempo prodotte da eventi catastrofici come lo scontro di due stelle di neutroni o la nascita di un buco nero. Possiamo pensarle come onde provocate nell’acqua da un sasso lanciato in uno stagno. La vecchia teoria di Newton, in cui lo spazio è pensato come un contenitore fisso e immobile degli eventi del cosmo, nemmeno prendeva in considerazione che potesse esistere qualcosa del genere. «Il futuro della Relatività si preannuncia molto eccitante», conclude Will. «Entro i prossimi cinque anni c’è una buona chance che le onde gravitazionali siano rilevate dagli osservatòri in funzione (come Ligo negli Usa e Virgo in Italia). Questa scoperta aprirà le porte a un nuovo tipo di astronomia che ci permetterà di esplorare le proprietà dei buchi neri e di altre stelle con un dettaglio finora impensabile». Andrea Parlangeli

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DOSSIER 1. IL MONDO DI NEWTON A DISTANZA. Prima di Einstein, per spiegare l’universo si usavano le leggi scritte da Isaac Newton nel ’600. Secondo Newton, lo spazio e il tempo sono gli stessi per tutti gli osservatóri, indipendentemente dal loro stato di moto: lo spazio è il “contenitore” di tutta la materia del cosmo e il tempo scorre allo stesso modo per tutti. La gravità è definita come una “magica” forza a distanza, in virtù della quale i pianeti girano intorno al Sole e le mele mature cadono per terra. Queste sono le idee più intuitive, quelle che ancora oggi si insegnano a scuola. Ma Einstein capì che le cose non stanno esattamente così.

La Relatività è complicata? Sì, ma con esempi e disegni, le idee principali sono alla portata di tutti. 86 | Focus Ottobre 2015

Einstein in 7 vignette A cura di Andrea Parlangeli, disegni di Mariateresa Conte


2. SPAZIO E TEMPO SI ALTERANO IN VIAGGIO. Immaginiamo infatti due gemelli, uno dei quali parta per un lungo viaggio a velocità prossime a quella della luce. Per lui, dimostrò Einstein, il tempo scorre più lentamente che per il gemello rimasto sulla Terra (v. spiegazione a pag. 94). Non solo: l’astronave in cui viaggia, con tutto lo spazio, si contrae nella direzione del moto (in basso a sin.). Spazio e tempo, infatti, non hanno un valore assoluto e indipendente, ma arrivano a mischiarsi tra loro per formare un “tessuto” definito spazio-tempo.

3. MASSA, ENERGIA E BOMBE ATOMICHE BUM! Un’altra conseguenza della Relatività ristretta è che la massa di un oggetto in movimento aumenta. Con il risultato che una pallottola, sparata contro un muro a velocità prossima a quella della luce (300mila km/s), può avere la stessa forza d’urto di una palla di cannone. Un principio che, su scala più piccola, i fisici osservano regolarmente negli acceleratori di particelle come quelli del Cern di Ginevra e nei rilevatori dei raggi cosmici. In base allo stesso principio, in alcune circostanze può avvenire la trasformazione di massa in energia, rendendo possibile la realizzazione di bombe e centrali nucleari.


DOSSIER

4. COME ASTRONAUTI IN CADUTA LIBERA. Già Galileo aveva notato che l’accelerazione di gravità è la stessa per tutti gli oggetti: se lasciassimo cadere una mela e una piuma dalla Torre di Pisa (sotto), in assenza d’aria arriverebbero insieme al suolo. Einstein spinse questo principio fino alle estreme conseguenze. Innanzitutto notò che, se immaginiamo un ascensore lasciato cadere senza alcun freno (a destra), tutti gli oggetti al suo interno cadrebbero nello stesso modo. Quindi, per loro, è come se la gravità non ci fosse affatto: è la stessa esperienza che vivono gli astronauti nella Stazione spaziale. Einstein dedusse che un sistema in caduta libera in un campo gravitazionale è equivalente a un sistema in quiete senza gravità (in cui valgono le leggi della Relatività ristretta).

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6. EFFETTO QUOTA DISTORSIONI. La curvatura dello spazio-tempo indotta dalla massa della Terra ha una conseguenza senza equivalenti nella fisica classica di Newton: in quota, dove la gravità è un po’ inferiore rispetto – per esempio – al livello del mare, il tempo scorre più velocemente. La differenza è piccola, ma rilevabile con gli orologi atomici (v. articolo precedente e Focus n° 273). Anche lo spazio si distorce, in modo analogo a come si distorcerebbero le figure geometriche elementari (cerchi, triangoli ecc.) disegnate su un telo elastico su cui poi si posa una biglia. Il fenomeno, trascurabile sulla Terra, è importante intorno alle stelle e alle galassie più massicce.

Alla base della teoria c’è l’idea che la gravità scompaia se si è in caduta libera. Einstein la definì “l’intuizione più felice” della sua vita 5. PURA GEOMETRIA

7. LÀ, DOVE IL TEMPO SI FERMA

NELLA BUCA. In assenza di materia, lo spazio e il tempo formano una struttura “piatta” che possiamo paragonare a un telo teso: in questo contesto valgono le leggi della Relatività ristretta. Se aggiungessimo la Terra (o una stella) è come se posassimo una sfera su questo telo, modificandone la struttura come illustrato nel disegno. La Luna, per esempio, che in assenza di gravità seguirebbe una traiettoria rettilinea, resta intrappolata nella “buca” indotta dalla Terra nello spazio-tempo: quindi è costretta a girarle intorno. La gravità, dunque, nella Relatività generale è un effetto geometrico.

ETERNO PRESENTE. La distorsione temporale (così come quella spaziale) è massima dove la gravità è estrema. Se, per esempio, uno dei nostri due gemelli si recasse sul “bordo” di un buco nero (cioè il punto di non ritorno anche per la luce, v. articolo seguente), l’altro – rimasto sulla Terra – lo vedrebbe congelato nel tempo, e potrebbe aspettare anche un milione di anni senza vederlo invecchiare. Anche i suoi colori apparirebbero diversi, perché la gravità del buco nero “ruba” energia alla luce che se ne allontana, spostando le tonalità verso il rosso.

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DOSSIER

La scienza conquista Hollywood

REALISTICO. Gargantua, il buco nero del film Interstellar (2014). Il suo aspetto è stato calcolato con le equazioni della Relatività.

STRANO MA VERO

Buchi neri, scorciatoie spazio-temporali, messaggi gravitazionali... Tutta la fisica in gioco dietro un film come Interstellar.

L

a pellicola in cui Matthew McConaughey interpreta un astronauta che attraversa l’universo e il tempo per salvare la Terra, Interstellar (2014), è stata probabilmente la prima della storia del cinema con un fisico teorico come produttore esecutivo. Si tratta del 75enne americano Kip Thorne, che ha aiutato a rendere scientificamente plausibili le principali trovate del film, in particolare il buco nero Gargantua che – in tutti i sensi – è il suo vero centro di gravità (v. immagine e scheda sopra).

Ma un posto nei titoli di coda se lo sarebbe meritato anche Albert Einstein. Perché senza la sua teoria della Relatività generale, né Thorne né il regista Christopher Nolan avrebbero avuto molto su cui lavorare. Distanze siderali attraversate in un attimo grazie a cunicoli spazio-temporali; buchi neri che risucchiano tutto, luce compresa; perturbazioni della gravità che attraversano lo spazio e il tempo sotto forma di onde.

FANTASCIENZA.

Il suo aspetto ha sorpreso perfino gli scienziati, ma questo è il ritratto più realistico di come appaia un buco nero (che nessuno ha mai visto direttamente). Il disco di accrescimento che lo circonda (v. infografica nelle prossime pagine) è deformato dall’effetto di lente ottica dovuto alla gravità: invece di essere un semplice anello, avvolge l’oggetto anche sotto e sopra.

Il film è pieno di trovate che mettono a dura prova la nostra immaginazione, ma che provengono direttamente dalle equazioni pubblicate da Einstein nel 1915. E gli effetti di quelle equazioni si fanno ancora sentire, non solo nei film, ma soprattutto nel lavoro dei fisici, Ottobre 2015 Focus | 91


DOSSIER Anatomia di un mostro cosmico

COME SONO NELLA REALTÀ. Nel quadrato, Cygnus X-1, a 6mila anni luce da noi. Si ritiene che sia un buco nero di origine stellare, come quelli descritti nello schema a lato.

che devono ancora capire fino in fondo le loro conseguenze. IL PIANETA INVISIBILE. Senza la Relativi-

tà generale, la nostra concezione del cosmo sarebbe ancora ferma a Intorno alla Luna di Jules Verne, che nel 1870 era un po’ l’Interstellar del suo tempo. Anche lì, come nel film di Nolan, la forza di gravità è protagonista. I personaggi di Verne devono vincerla per staccarsi dalla Terra, lanciandosi con un grosso cannone verso la Luna. Ma la stessa forza poi li intrappola in orbita attorno al nostro satellite, finché, con un colpo di scena finale, riescono a tornare a casa. Per Verne, tuttavia, la gravità era quella di Isaac Newton: un’azione a distanza che agiva sui corpi dotati di massa, di origine misteriosa ma prevedibile come un orologio. «Funzionava molto bene per descrivere il moto dei pianeti intorno al Sole», spiega Giovanni Amelino-Camelia, fisico all’Università di Roma La Sapienza. «Ma c’era qualcosa che non tornava, a partire da un’anomalia nell’orbita di Mercurio. All’epoca era stata ipotizzata la presenza di un pianeta, Vulcano, per far quadrare i conti». Einstein, invece, intuì che c’era dietro qualcosa di più: bisognava riscri-

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Optical: DSS; Illustration: NASA/CXC/M.Weiss

I “wormhole” come quello del film potrebbero essere usati per viaggiare nello spazio e nel tempo

I buchi neri si formano quando stelle di massa molto grande, alla fine della loro vita, collassano sotto il proprio peso. Se il collasso non è totale, si forma una stella di neutroni.

INVISIBILE. Un buco nero non si può vedere, ma può essere rivelato dalla sua gravità. Attira infatti gas e stelle, che cadono formando un disco di accrescimento ed emettendo raggi X.

RAGGI DI LUCE

vere la definizione di gravità. Nella Relatività generale, infatti, quest’ultima non è più una forza, ma una curvatura dello spazio-tempo provocata dalla massa. La Terra, in altre parole, non “attrae” davvero la Luna, piuttosto deforma lo spazio attorno a sé tanto che la Luna, che ci sta dentro, è costretta a girarle attorno. DIECI EQUAZIONI. Einstein scrisse 10 equazioni che descrivono il comportamento della gravità. Quando le masse in gioco sono modeste (esseri umani o pianeti, fa poca differenza) e le velocità molto al di sotto di quella della luce, i risultati sono praticamente uguali a quelli di Newton. Ma per masse molto più grandi e velocità vicine a quei fatidici 300.000 km al secondo, le cose cambiano molto. Il primo successo (passato, all’epoca, quasi inosservato) della Relatività generale riguardò proprio Mercurio. La nuova teoria spiegava infatti le anomalie della sua orbita, dovute alla massa del Sole che deforma lo spazio-tempo attorno a sé. Ma le principali conseguenze riguardavano la luce che, priva di massa, sfuggiva alle regole della gravità newtoniana. Se però è lo spazio-tempo a incurvarsi, ragionava Einstein, allora anche la luce che lo percorre è costretta a seguire la curvatura. La scoperta delle lenti gravitazionali lo avrebbe confermato: se la luce di una stella distante passa vicino a una grande massa (come una galassia), noi la vediamo distorta, deformata, in qualche caso moltiplicata.

DISCO DI ACCRESCIMENTO

SCURI E VORACI. Lo stesso ragionamen-

to può essere spinto fino alle più estreme conseguenze. Già nel 1916, il fisico tedesco Karl Schwarzschild si accorse che per un oggetto molto denso le equazioni di Einstein danno un risultato curioso: nulla, nemmeno la luce, può sfuggire dal loro campo gravitazionale. Fu la prima intuizione dell’esistenza dei buchi neri. Allora sembrava fantascienza, oggi sappiamo che i buchi neri esistono e sono l’ultimo stadio della vita di una stella, quando le sue reazioni nucleari si spengono e tutta la materia collassa in un punto (v. infografica e foto sopra). Non solo intrappolano la luce, ma inghiottono via via altra materia dai dintorni,


1

GIGANTE ROSSA. È un centinaio di volte più grande del Sole.

SUPERGIGANTE. Arriva a 1.000 volte il diametro del Sole.

2

4

STELLA DI NEUTRONI. Una cucchiaiata della materia che compone questo corpo celeste ipercompatto (in gran parte neutroni) sulla Terra peserebbe un miliardo di tonnellate.

3

DESTINI DIVERSI. Passando vicino a un buco nero, la luce viene deviata. E in parte catturata.

SUPERNOVA. La supergigante esplode. Al centro rimane una stella di neutroni.

SPAZIO CURVO. Per la Relatività generale, la gravità è una distorsione dello spazio-tempo che crea “buche” gravitazionali.

2 - NANA BIANCA. Genera una buca più profonda. 3 - STELLA DI NEUTRONI. La deformazione dovuta alla gravità è molto marcata.

ORIZZONTE DEGLI EVENTI. È il limite oltre il quale non si può più sfuggire alla forza di gravità del buco nero.

IN ASCOLTO. Un’altra previsione della Relatività generale che potrebbe presto essere confermata sono le onde gravitazionali. Secondo Einstein, fenomeni estremamente violenti come lo scontro tra due buchi neri dovrebbero produrre improvvise perturbazioni nella gravità che si propagano come onde attraverso l’universo. Molti osservatòri sono in ascolto per scoprire queste onde, tra cui Virgo, vicino a Pisa. Finora non hanno mai captato nulla, ma potrebbe essere

asse di rotazione

1 - SOLE. Forma una buca gravitazionale poco profonda. entrata

wormhole

4 - BUCHI NERI E TUNNEL SPAZIO-TEMPORALI. Nel caso più estremo, lo spazio-tempo si lacera e si forma un buco nero (a sinistra). Due buchi neri collegati potrebbero generare un wormhole (a destra), cioè un cunicolo che collega punti distanti del cosmo.

fino a dare vita ai giganteschi buchi neri supermassicci che si pensa si trovino al centro di molte galassie. Come Gargantua di Interstellar, appunto.

PULSAR. Queste stelle ruotano su se stesse decine di volte al secondo e hanno campi magnetici molto intensi. La prima fu scoperta nel 1967.

stella di neutroni campo magnetico onde radio Sol90

FASI DI VITA. Le stelle si formano da nubi di gas e polveri. Dopo un lungo periodo di stabilità iniziano la fase finale della loro vita, dilatandosi e raffreddandosi fino a diventare stelle giganti (1, a destra) e supergiganti (2). Quelle simili al Sole poi si contraggono diventando nane bianche e si raffreddano. Quelle più massicce possono invece esplodere come supernovae (3). Se nell’esplosione non si disintegrano del tutto, lasciano dietro di sé una pulsar, cioè una stella di neutroni (4), oppure un buco nero.

uscita

questione di mesi o di anni. «Ci è mancata un po’ di fortuna, sarebbe bello che qualche grande esplosione stellare ci desse una mano», scherza Amelino-Camelia. «Ma oggi siamo attrezzati anche per rivelare onde più deboli». Alcune soluzioni delle equazioni di Einstein sembrano invece destinate a rimanere solo curiosità matematiche. È il caso dei “wormhole”, o cunicoli spaziotemporali. Il termine ricorda il buco che un verme scava in una mela, un modo più rapido per andare da un punto all’altro del frutto piuttosto che fare il giro largo sulla superficie. Allo stesso modo, la Relatività prevede che due punti distanti dell’universo, per esempio due bu-

IL PRIMO? FU GALILEO 1632. Relatività galileiana. 1687. Legge della gravitazione universale di Newton. 1905. Relatività ristretta. 1915. Relatività generale. 1967. Equazione di Wheeler-De Wit: primo tentativo di rilievo di conciliare Relatività generale e meccanica quantistica. 2015. Prevista entrata in funzione in fase avanzata dei rivelatori di onde gravitazionali Virgo (Italia) e Ligo (Usa).

Ottobre 2015 Focus | 93


DOSSIER SCONTRI STELLARI. Simulazione di onde gravitazionali generate dallo scontro tra stelle di neutroni.

to in cui la curvatura dello spazio-tempo è infinita, una singolarità. «Ma quando una teoria ci dice che qualcosa ha valore infinito è come se non rispondesse. È un campanello di allarme», spiega AmelinoCamelia. E infatti qui la Relatività entra in conflitto con l’altra grande teoria del ’900, la meccanica quantistica, che descrive il comportamento delle particelle elementari. Per quest’ultima, infatti, una particella non può occupare uno spazio più piccolo di un certo limite, mentre la Relatività ne comprimerebbe un numero enorme in uno spazio infinitesimo.

Infn

VERSO UNA NUOVA SINTESI. «Oggi la

C’è chi pensa che nel cuore di un buco nero si possa aprire un passaggio che conduca nel passato o in un altro universo chi neri, possano essere collegati da un “ponte”, un percorso nello spazio-tempo più breve rispetto a quello normale. Fermo restando che non si può andare più veloci della luce, un wormhole consentirebbe di batterla sul tempo usando una scorciatoia. Proprio Kip Thorne è diventato famoso per aver descritto matematicamente questi oggetti, e quando Nolan gli ha chiesto di metterne uno in Interstellar non si è fatto pregare. Puntualizzando però che, se pure esistesse, un wormhole sarebbe molto instabile, pronto a sparire da un istante all’altro.

94 | Focus Ottobre 2015

si degli ultimi anni, le conseguenze più importanti della Relatività non stanno nelle risposte che ha dato, ma nelle nuove domande che crea. In uno studio recente, per esempio, il celebre fisico britannico Stephen Hawking ha ipotizzato che, quando un oggetto entra in un buco nero, non scompare del tutto, ma lascia una traccia della sua esistenza “congelata” sulla superficie della stella o in un altro universo. Di certo nessuno sa che cosa ci sia al centro di un buco nero. Secondo Einstein, c’è un pun-

Nicola Nosengo

luce

specchio

A

B

Illustrazioni Gloria Galbiati

IL TEMPO È RELATIVO. ECCO PERCHÉ. La dilatazione del tempo nella teoria della Relatività ristretta. A) Un passeggero in un treno in movimento misura il tempo che un raggio di luce impiega a rimbalzare su uno specchio e a tornare. B) A un uomo fermo in stazione il percorso appare più lungo: dunque per lui (poiché la velocità della luce è la stessa, 300mila km/s per entrambi gli osservatóri) anche il tempo impiegato deve essere più lungo. Risultato: il suo orologio procede a un ritmo più veloce.

MONDI PARALLELI. Nonostante i succes-

fisica delle particelle non “parla” con la Relatività generale, le due teorie si ignorano», aggiunge Amelino-Camelia. «Eppure descrivono lo stesso universo». Il problema è sempre lei, la gravità, che è determinante su scala cosmica ma che scompare (è troppo debole per misurarla) alla scala delle particelle elementari. Amelino-Camelia fa parte di quella schiera di fisici che lavorano sulla frontiera della “gravità quantistica”, cioè una sintesi delle due teorie. I loro studi ci diranno di che cosa sono fatti davvero la gravità, lo spazio e il tempo. «Ho fiducia che un giorno ci saranno ricadute tecnologiche del nostro lavoro. Ma non saranno quelle che alcuni oggi immaginano», dice Amelino-Camelia, che è scettico anche sulla possibilità di trovare una “teo­ria del tutto” – come ipotizzano alcuni – capace di rispondere a ogni possibile dubbio sull’universo. «E per fortuna!», conclude. «Restare senza più domande sarebbe una iattura cosmica».


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Sport

Il 34enne rider australiano Robbie Maddison è riuscito in un’impresa unica: cavalcare le onde con una moto da cross!

Getty Images

A cura di Francesca Tarissi

SUI FONDALI DELLA POLINESIA. Sopra, Robbie Maddison con la sua moto. Quest’estate, a Tahiti (a destra), ha fatto surf con la sua Ktm. «Ci sono voluti due anni di duro lavoro con il mio team per modificare la moto e raggiungere la giusta messa a punto», ha raccontato a Focus.


Courtesy Robbie Maddison

A due ruote sull’acqua


«Ogni componente della moto è isolato», ci ha detto, «così non inquino l’oceano»

VITA SPERICOLATA Australiano, classe ’81, Robbie “Maddo” Maddison a 23 anni vince gli X Games negli Usa. Nel 2005 stabilisce 2 record di “salto in lungo”: 67 m su una 125 cc e 75 m su una 250 cc. Nel 2007, con una Honda CR500, salta le fontane del Caesars Palace a Las Vegas (98,34 m a 154 km/h). Nel 2014 altro record: a Park City (Utah) stacca dal trampolino a 114 km/h e atterra dopo un volo di 114 m.

NELL’ONDA GIGANTE. In sella alla sua Ktm, il rider cavalca una delle famose onde di Tahiti, che si sviluppano nei pressi del villaggio di Teahupoo.

I video delle imprese di Robbie Maddison su: www.focus.it/maddison

98 | Focus Ottobre 2015

Courtesy Robbie Maddison

Courtesy Robbie Maddison

TRA PALME E MANGROVIE. Partenza dalla spiaggia. La moto “galleggia” sulle onde grazie a due sci posti davanti e dietro il telaio, e alla ruota posteriore dotata di piccole “pale” come la ruota di un mulino.


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VERSO LA SFIDA. “Maddo� prende il largo. I test sono stati eseguiti a Lake Elsinore, in California.


VOLO SUL CANALE. Un’altra impresa di Maddison: il salto (di 85 metri) sul Canale di Corinto, in Grecia.

Getty Images

CAPODANNO SPERICOLATO. Salto dai 30 metri dell’Arco di trionfo di Las Vegas, replica di quello di Parigi: una performance del 31 dicembre del 2008.

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La prossima impresa? «Non la dico, potrebbero prendermi per matto»


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Storia

IL BAMBINO E IL LUPO. I lupi che aggredivano e sbranavano le persone, nel ’600 venivano impiccati.

102 | Focus Ottobre 2015


Mary Evans Picture Library/Archivi Alinari, Firenze

ORA TI SBRANO. Per orsi, lupi, ma anche cavalli o maiali assassini c’era la forca o il rogo.

D

oveva esserci parecchia agitazione tra la folla nella piazza del mercato, quella mattina. Stavano per impiccare una pericolosa criminale: aveva massacrato un neonato facendogli a pezzi il volto e le braccia. Il boia aveva dovuto trascinare la condannata fin sotto la forca poiché, per la legge del taglione, il giudice aveva stabilito che le fossero spezzati gli arti a bastonate prima dell’esecuzione. Poi, finalmente, le aveva stretto il cappio intorno al collo, e aveva aperto la botola. Siamo a Falaise (Bassa Normandia), nel 1386, e a penzolare dalla forca è un maiale vestito di tutto punto con abiti umani: una scrofa assassina, per la precisione.

BRUCHI, VENITE IN TRIBUNALE. Bizzar-

rie medioevali? Mica tanto: i processi agli animali (e le eventuali esecuzioni) si sono celebrati un po’ ovunque in Europa, dal IX secolo fino alla metà dell’Ottocento. Erano di due tipi: quello in cui un animale veniva condannato “di persona” come un normale criminale; e quello in cui un intero gruppo di bestiole nocive veniva accusato di costituire una molestia pubblica e di conseguenza processato. I processi del primo tipo erano condotti da corti secolari, secondo le leggi in vigore. Quelli del secondo tipo, che diventarono numerosi solo nel XV secolo, venivano condotti dalla Chiesa o comunque con la supervisione di alti prelati. Con risvolti paradossali: nel giugno del

SCROFA INFANTICIDA. Il processo contro la scrofa di Falaise (Bassa Normandia), nel 1386.

Quella bestia di imputato Per secoli, gli animali che attaccavano o danneggiavano l’uomo sono stati processati. Un’assurdità? Non proprio. 1659, a Chiavenna, alcuni bruchi furono citati in giudizio e invitati a comparire in tribunale per aver distrutto le foglie degli alberi. Il proclama, affinché gli animaletti potessero vederlo, fu affisso sui tronchi degli alberi dei cinque boschi della zona. Mentre nel processo che si svolse

nel 1394 a Mortagne (Bassa Normandia) contro un altro maiale infanticida, il fatto che il suino si fosse cibato delle carni del piccolo, “nonostante fosse venerdì”, costituì un’aggravante a carico del reo. Nel 1519 a Stelvio, in Alto Adige, le talpe colpevoli di scavare gallerie danneggiando le colture furono condannate a lasciare le loro tane, ma ottennero dal giudice un salvacondotto che consentiva loro protezione da cani, gatti e altri predatori; inoltre, alle talpe con figli piccoli o in stato di gravidanza furono concesse due settimane in più per andarsene. SE NON TI UCCIDO, TI MALEDICO. Nella regione di Požega, in Croazia, ancora nel 1866, in un processo contro le locuste che divoravano le colture delle zona, una delle più grosse fu catturata, giudicata in rappresentanza di tutte le altre e poi giustiziata per annegamento mentre contro le sue simili veniva scagliato un anatema (vedi riquadro nella pagina seguente). Se i singoli animali colpevoli di un de-

Ottobre 2015 Focus | 103


Bridgeman Images/Archivi Alinari

Anatema su di te!

MORSI DI CANE ETRUSCO. I popoli antichi processavano tutto ciò che faceva del male all’uomo: animali e perfino oggetti.

litto potevano essere giustiziati, infatti, per liberarsi di creature infestanti (soprattutto insetti o roditori) non restava che ricorrere agli anatemi o addirittura agli esorcismi. Naturalmente, dopo aver condotto un regolare processo sotto l’autorità del vescovo locale o del suo vicario. Con tanto di avvocato difensore, come nel caso delle mosche denunciate dai contadini dell’elettorato di Magonza in Germania, nel XIV secolo, che “in considerazione delle loro piccole dimensioni e del fatto che non avevano ancora raggiunto la maggiore età”, poterono evitare di comparire in tribunale per rispondere della loro condotta e delegare il difensore a far loro da portavoce. Tra l’altro, in questo caso l’avvocato fu bravo: ottenne che alle mosche fosse concesso un pezzo di terra dove potersi ritirare in pace.

Scala www.scalarchives.com

LE TERRIBILI CAVALLETTE. Gli insetti in genere erano processati e condannati “in contumacia”.

Trattandosi di processi condotti da tribunali ecclesiastici, il dibattito in aula tra accusa e difesa si trasformava di solito in una disputa teologica: l’avvocato difensore sosteneva che le creature infestanti avessero, fin dalla Creazione, il diritto di nutrirsi, quindi di vivere. L’accusa ribatteva che gli animali sono, secondo gli insegnamenti dell’apostolo Paolo, per loro natura subordinati all’uomo e devono servirlo anziché danneggiarlo. IL POPOLO CONTRO LE LOCUSTE. Altre volte le argomentazioni delle parti erano di carattere più pratico. Gaspard Bailly, giurista savoiardo, alla fine del Seicento lasciò un resoconto di alcune azioni penali contro gli animali infestanti. Del processo, che chiamò “il popolo contro le locuste” (avvenuto a Mantova nella

I processi catturavano per mesi l’attenzione dell’opinione pubblica: le arringhe degli avvocati erano molto seguite 104 | Focus Ottobre 2015

DEMONIACI. Tecnicamente, gli animali non possono essere scomunicati, ma solo subire un anatema, dato che non possiedono l’anima e quindi non fanno parte della comunità cristiana. Secondo alcuni filosofi dell’epoca, gli animali crudeli erano strumenti del demonio e quindi l’anatema non era tanto contro le creature, anch’esse figlie di Dio, ma contro il demonio che si era impossessato di loro. Guillaume Bougeant, un gesuita vissuto tra ’600 e ’700, giunse a teorizzare che la progressiva cristianizzazione di molte popolazioni e il battesimo dei neonati aveva provocato una “penuria” di persone disposte a ospitare i demoni. E, poiché questi ultimi erano moltissimi, dovevano accontentarsi di possedere gli animali. Se, dopo l’anatema, gli insetti scomparivano, la Chiesa se ne attribuiva il merito. Se restavano testardamente dov’erano, la colpa era da attribuire ai peccati della popolazione.

seconda metà del XV secolo), riporta la requisitoria del difensore: “In difesa di questi infelici animali, dichiaro, in primo luogo, che le ingiunzioni a loro carico sono nulle, essendo state emesse a carico di bestie che non possono e non devono essere portate in giudizio davanti a questa corte, visto che questa procedura implica che le parti in causa siano dotate di ragione e capaci quindi di commettere un crimine”. Esattamente l’argomento che useremmo anche oggi per scagionare un animale. Ma la giurisprudenza medioevale non si faceva ingannare da questi argomenti “razionali”. L’accusa replicò che anche se la legge impedisce di punire chi non è responsabile, consente comunque di prevenire i crimini successivi e può quindi intervenire. Alla fine, le locuste furono condannate a lasciare i campi che stavano devastando entro sei giorni, altrimenti avrebbero subìto l’anatema. Nella sentenza si precisava inoltre che i cittadini avrebbero dovuto sostenere tale ingiunzione con preghiere e buone azioni, soprattutto quella di “pagare interamente le decime”. Decisamente, anche allora non si lasciava nulla di intentato per convincere la gente a pagare le tasse...



Erich Lessing Culture and Fine Arts Archives/Contrasto

Le condanne servivano per “ristabilire l’ordine del mondo”. E come monito, per tutti, sulla certezza della giustizia animali, in ogni caso, costavano parecchio tempo e denaro: le cronache ci raccontano che, per la detenzione e l’esecuzione della scrofa di Falaise, per esempio, furono spesi “dieci soldi e dieci denari” e fu acquistato un nuovo paio di guanti per il boia. Per non parlare dei dibattiti in aula, che potevano durare parecchi mesi, per stabilire se la misura più efficace contro gli animali infestanti fosse la cacciata o l’esorcismo. In Francia esiste perfino un elenco dei procedimenti contro gli animali che si sono tenuti tra l’824 e il 1845 (tutti conclusi con l’esecuzione o un anatema contro i colpevoli): riporta 144 casi. «I nostri trisavoli, e gli uomini e le donne che li hanno preceduti, non erano certo impazziti: conoscevano bene la differenza tra una persona e un animale. Ma c’era un certo gusto teatrale in questi rituali, una parvenza di farsa», spiega Franco Cardini, docente di Storia medioevale all’Università di Firenze. «I processi erano celebrati perché era consuetudine “mettere ordine nel mondo” attraverso l’applicazione della legge». Nicholas Humphrey, antropologo e professore emerito di psicologia alla London School of Economics, ha però un’al-

MAIALE A GIUDIZIO. I processi agli animali non erano esclusivi dell’Europa, si usavano anche in Cina.

Heritage Images/Getty Images

VIVERE PIÙ SICURI. I processi contro gli

ASINO INDIAVOLATO. In questa allegoria si rievoca l’usanza di perseguire gli animali “indemoniati”.

tra teoria. «Spesso gli animali venivano anche flagellati o torturati prima di essere giustiziati. Ciò indica che non si voleva solo sbarazzarsi dell’animale, ma anche punirlo per le sue malefatte», afferma. «Ma a che scopo? Di solito la punizione serve a far sì che altri non ripetano lo stesso crimine, ma non risulta che altri animali siano mai stati portati a “vedere” le esecuzioni». Così, alcuni storici hanno ipotizzato che questi processi e le successive condanne avessero la funzione di far filare dritti gli uomini, secondo il princi-

pio che se “perfino i maiali (o i lupi, o i tori...) devono pagare per le malefatte commesse, allora ciò vale a maggior ragione per le persone”. «Ma, a mio parere», conclude Humphrey, «il motivo va cercato a un altro livello: fino a un paio di secoli fa, l’umanità viveva sull’orlo di un abisso di fatti inspiegabili. I tribunali, che giudicassero persone o bestie, dovevano addomesticare il caos, dare un ordine agli avvenimenti inspiegabili, definendoli come crimini». Raffaella Procenzano

Che cosa succede oggi agli animali pericolosi? Misure diverse. Un cane attacca un bimbo, un cinghiale carica un cacciatore... Anche oggi, le cronache riportano spesso episodi come questi. Che cosa succede allora ai “colpevoli”? «È diverso per gli animali domestici e per quelli selvatici», spiega Antonello Pollutri, biologo del Wwf. Per le specie protette (orsi, lupi...), i cui individui non possono essere uccisi, eventuali procedure di abbattimento sono molto lunghe e avvengono solo in casi eccezionali. Sono autorizzate dall’Unione Europea e vagliate dai tecnici dell’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). L’abbattimento degli animali “comuni” responsabili di aver gravemente ferito o ucciso una o più persone viene stabilita con un’ordinanza del sindaco, che può procedere abbastanza velocemente soprattutto in caso di animali domestici o da cortile. «Nel caso di fauna selvatica, la competenza è di Province o Regioni, che su segnalazione per esempio della Forestale possono stabilire l’abbattimento selettivo di animali pericolosi perché feriti o malati», sottolinea Pollutri. In tutti i casi, comunque, la legge consente l’uccisione di un animale per “legittima difesa” propria o altrui. 106 | Focus Ottobre 2015


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Ancora un mese per entrare in Focus Tv

Come funziona Spazio& Scienza

Natura

Prosegue il grande casting per trovare i protagonisti del canale televisivo di Discovery Italia. Partecipate anche voi!

P

rosegue con successo la nuova edizione di Mettiti a Focus!, l’iniziativa del canale televisivo del gruppo Discovery Italia Focus (Dtt canale 56 | Sky canale 418), in collaborazione con la casa di produzione Hangar, per cercare i quattro volti

che nel 2016 saranno protagonisti di un nuovo programma. Tutti possono partecipare, sia attraverso il sito www.focustv.it, sia attraverso gli eventi sul territorio, che da quest’anno sono aperti anche ai più piccoli (v. riquadro a destra). Le informazioni sugli eventi sono sul sito e sulla fanpage su Facebook: www.facebook.com/focustvitalia. Il casting prosegue fino al 20 ottobre. Che aspetti? Mettiti a Focus!

GLI APPUNTAMENTI 25 E 26 SETTEMBRE. ROMA Explora Il Museo dei Bambini di Roma (casting junior). 4 OTTOBRE. BERGAMO BergamoScienza (casting adulti). 10 E 11 OTTOBRE. SAVIO (RA) Mirabilandia (casting junior). 16 OTTOBRE. NAPOLI Futuro Remoto 2015 – Le frontiere, la grande festa della scienza (casting adulti). 17 E 18 OTTOBRE. ROMA Maker Faire Rome – The European Edition (casting adulti e junior).

Altre info su www.focustv.it

L’IMPIANTO PERSONALIZZATO IN TITANIO ESTERNO ALL’OSSO Risolve anche i casi con osso basso, sottile, vuoto per ampi seni mascellari Approvato dalla F.D.A. degli Stati Uniti

L’équipe del San Babila Day Hospital di Milano, che fa ricerca da oltre trent’anni, risolve anche i casi con osso deficitario con l’impianto in titanio applicato intorno all’osso. L’impianto viene programmato sul modello stereolitografico della cresta ossea, rilevato al computer da una tac multislice.

E’ l’impianto che può essere collaudato prima dell’applicazione in bocca, una prova importante poiché viene testata la tenuta dell’impianto dal suo ancoraggio sugli avvallamenti e asperità tipici della cresta ossea. L’applicazione in bocca è semplice e veloce, pochi minuti per divaricare la fibromucosa gengivale

e altrettanti per applicare l’impianto, essendo già stato testato sul modello. Il blocco immediato e definitivo dell’impianto permette, già alla sua applicazione, di utilizzarlo subito. L’impianto in titanio esterno all’osso ha rivoluzionato la vecchia metodica. Abbiamo realizzato dagli anni 80 migliaia di casi che sono ancora validissimi, in quanto questo impianto viene applicato sull’osso esterno corticale più consistente dell’interno midollare. Eseguiamo la valutazione dello stato clinico generale con inquadramento metabolico funzionale in preparazione all’impianto. Abbiamo all’attivo migliaia di casi con dichiarazioni gratificanti di numerosi pazienti.

E’ stato possibile realizzare questo impianto di nuova generazione grazie all’attuale metodica di fusione del titanio, metallo che ha grande affinità con l’osso umano, come è dimostrato dagli ottimi risultati ottenuti in implantologia.

Il Direttore Scientifico Dr. Giancarlo Di Giulio

San Babila Day Hospital srl - P. IVA 06477120155 - Direttore Sanitario A. T. Di Giulio MIlAno – Via Stoppani 36 tel. 02 2046941/339 8402335 RoMA – Via oglio 9 tel. 06 8546472/338 3080957

www.sanb.it

www.sanbabiladayhospital.it

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ODONTOIATRIA



Tecnologia


PROTETTA. Manutenzione e pulizia di una nave. Per proteggere gli scafi dalla corrosione, si possono applicare elementi di zinco: questo si consuma al posto dell’acciaio. In basso, ruggine al microscopio.

Brutta e pericolosa: porta alla distruzione oggetti e strutture. Per questo la si combatte. A terra, ma perfino nello spazio...

S

e l’umanità sparisse all’improvviso – come ipotizza il libro Il mondo senza di noi di Alan Weisman – in poco tempo di molti oggetti creati dall’uomo non resterebbe traccia. Ponti e mezzi di trasporto, tubature ed elettrodomestici, monumenti e intere strutture industriali in breve si polverizzerebbero. Perché il ferro di cui sono fatti arrugginirebbe e, inesorabilmente, finirebbe per disgregarsi. La ruggine, infatti, è un nemico implacabile che lentamente distrugge quello che noi realizziamo. Porosa e friabile, è una patina che finisce per sfagliarsi e disgregarsi, lasciando esposto un nuovo strato di metallo... finché l’intera massa di ferro

Ian Hanning/Rea/Contrasto

Science Photo Library / AGF

Divorati dalla ruggine


1,6 MILA

migliaia di miliardi

Costi diretti della corrosione dei metalli all’anno al mondo (senza contare danni ambientali, mancata produzione ecc.).

si disintegra. Ben più di una “seccatura”, insomma, come tendiamo a considerarla quando ci tocca dare la vernice protettiva al cancello. In tutto il mondo, gli ingegneri la studiano e la combattono. «Quando il ferro diventa ruggine, perde la sua integrità strutturale», spiega Luz Marina Calle, alla guida del Corrosion Technology Laboratory al Kennedy Space Center. La ruggine è appunto l’effetto della corrosione del ferro, esposto ad aria e acqua; visto l’enorme impiego delle leghe di ferro, come l’acciaio, nella nostra società, è ovvio che sia un problema. «Qui al Kennedy Space Center, per le rampe di lancio o per varie strutture a terra si impiega acciaio al carbonio», dice per esempio la scienziata della Nasa. «Se i bulloni si corrodono fino a “perdere” la loro integrità, la struttura che tengono insieme può crollare o ci possono essere cedimenti catastrofici». Pensate che, nel 2003, il Kinzua Bridge negli Usa è collassato al passaggio di un tornado: il vecchio LA RICETTA. Gli ingredienti: ferro e ossigeno, in presenza di acqua. E si ha la ruggine (più a destra, cristalli di ossidi di ferro visti al microscopio in uno strato di ruggine).

112 | Focus Ottobre 2015

EX DIFESE ANTIAEREE. Nell’estuario del Tamigi, il complesso di Red Sands delle fortezze marittime Maunsell, piattaforme della Seconda guerra mondiale.

ponte ferroviario, non più in uso, non ha “tenuto” perché i bulloni che lo ancoravano al suolo erano arrugginiti e rovinati. La ruggine, come abbiamo detto, è il risultato della corrosione del ferro. Ma come si forma? E perché è così insidiosa? Il problema è che si tratta della ricomposizione di un’unione che l’uomo ha rotto: quella tra ferro e ossigeno. «In natura il ferro non si trova allo stato puro, ma sotto forma di ossidi (metalli combinati con l’ossigeno) in minerali come l’ematite», spiega Luciano Lazzari, docente di Corrosione e protezione dei materiali al Politecnico di Milano. «Estraiamo il ferro da quei minerali grazie a tecniche metallurgiche che lo separano dall’ossigeno. Ma a contatto con l’ossigeno dell’atmosfera, o con quello disciolto in acqua, il metallo tende a tornare alla condizione iniziale». Avviene cioè una reazione chimica in cui si ricrea un ossido di ferro: quel composto rossiccio e sgradevole al tatto e alla vista che chiamiamo ruggine. IL TERZO ELEMENTO. Il processo ha però bisogno di un altro comprimario: l’acqua. «È questa che permette il “matrimonio” tra ferro e ossigeno», scherza Lazzari. «Siamo di fronte infatti a una reazione elettrochimica, in cui il ferro cede elettroni all’ossigeno; l’acqua permette questo passaggio di elettroni (fa da elettrolita). Questa reazione è la “partenza” del processo. Poi a contatto di aria

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e acqua ne avvengono altre e si arriva alla formazione di composti che contengono ferro, ossigeno e idrogeno: gli ossidi idrati di ferro». Ovvero, ruggine. La forma e la composizione esatta della ruggine in real­tà variano a seconda delle condizioni in cui avvengono le reazioni e delle sostanze presenti. E le cose arrugginiscono ancora più velocemente se l’acqua è salata: pensiamo a quella di mare, o alle goccioline in cui si è sciolto il sale buttato sulle strade in inverno. «Il sale aumenta la conduttività dell’acqua e il processo è accelerato», spiega Calle. Se manca qualcuno degli elementi in gioco, invece, la ruggine non si forma o lo fa molto lentamente. «Pensiamo a un impianto di riscaldamento domestico, che è un circuito chiuso: la ruggine si dovrebbe fermare una volta che si è consumato tutto l’ossigeno disciolto nell’acqua. A patto di non continuare a introdurne di nuovo cambiando l’acqua», avverte Lazzari. E infatti eliminare l’ossigeno disciolto in acqua – con procedimenti detti di degasaggio – è una tecnica usata per prevenire la corrosione delle caldaie. E se manca l’umidità? «Se l’aria è secca, come nei deserti, la reazione è lentissima: per questo, per esempio, lì si vedono quei rottami di auto o camion che si coprono di una patina di ruggine ma restano integri per anni», racconta Lazzari. Va decisamente peggio, invece, nelle località

= Science Photo Library/AGF

Reuters/Contrasto

Colpa dell’aria. E anche dell’acqua: se poi è salata, ancora peggio


Getty Images

LIFTING ALLA STATUA. La Statua della Libertà, a New York, nel restauro del 1984-1986. È stata riparata la “pelle” di rame e cambiata l’armatura interna di ferro: si era molto rovinata per la corrosione galvanica.


I rimedi usati: dalla verniciatura isolante al “sacrificio” di altri metalli piovose e vicino al mare. «Le condizioni atmosferiche possono rendere una zona particolarmente “adatta” alla ruggine», spiega Ray Taylor, direttore del National Corrosion Center alla Texas A&M University. «Dipende dall’umidità, ma anche da altri fattori come il caldo – il tasso di corrosione aumenta con la temperatura – oppure la direzione e la velocità del vento che porta sale dal mare». Non a caso il rimedio più comune – la verniciatura – ha come scopo isolare il ferro dall’ambiente. Abbandonate le vernici con minio – un ossido di piombo che creava un pesante strato sulle superfici – ora si impiegano altre sostanze. In E RUGGINE DIVENTERAI. Il “cimitero dei treni” vicino a Uyuni, in Bolivia: i mezzi erano usati dalle miniere della zona.

commercio ci sono prodotti di vario tipo, dalle “pure” vernici antiruggine isolanti a quelle che combinano anche lo smalto di finitura. Ci sono poi convertitori che si stendono direttamente sulla ruggine, dopo avere tolto le scaglie che si staccano, e la trasformano in un composto scuro e stabile pronto da verniciare. La verniciatura protegge i nostri cancelli o mega-strutture come il Golden Gate Bridge di San Francisco: il ponte degli Anni ’30 era stato trattato con una vernice antiruggine al minio, sostituita dagli Anni ’60 con una a base di zinco, poi coperta da finitura. Oggi ben 34 persone sono impiegate nella continua riverniciatura delle parti corrose del ponte. RELAZIONI PERICOLOSE. E la situazio-

ne si complica se nella coppia ferro-ossigeno entra... un altro metallo. Questo “triangolo” è infatti l’ambiente ideale per il fenomeno della corrosione galvanica. Immaginiamo che il ferro sia a contatto col rame, per esempio. Cosa succede? «Il primo si corrode molto più rapidamente, mentre il secondo resta inalterato», spiega Lazzari. «In pratica il rame accelera il processo. È come se “attivasse”

di più l’ossigeno, che continua a rubare elettroni provenienti dal ferro». Ne sanno qualcosa gli uomini chiamati nel 1984 a curare gli acciacchi della Statua della Libertà: si era scoperto che la struttura portante era molto compromessa, come se si fosse deteriorata a una velocità superiore a quella attesa. La colpa era dei materiali: ferro per l’intelaiatura, rame per l’esterno (a contatto, perché gli elementi che li isolavano avevano ceduto). Così nel monumento che dal 1886 svetta a New York «il rame aveva accelerato la corrosione del ferro, con la formazione del suo inevitabile prodotto, la ruggine», racconta Lazzari. Risultato: l’intervento richiese la sostituzione totale dell’armatura, con nuovo acciaio. Questo “triangolo” però si può sfruttare come difesa. Basta invertire le parti, accoppiando il ferro a un metallo più disposto a cedere elettroni (come lo zinco) che si consuma al suo posto. «È il metodo della protezione catodica», dice Lazzari. Per difendere lo scafo di una nave si possono applicare elementi di zinco: basta sostituirli quando si usurano (si parla appunto di “anodi sacrificali”). Lo zinco è inoltre usato come rivesti-


a indebolire l’armatura di acciaio, ne aumenta il volume, fino a provocare crepe nel calcestruzzo. «In teoria il calcestruzzo crea un ambiente basico – le soluzioni acide, al contrario, favoriscono la corrosione – in cui l’acciaio si ricopre di una pellicola protettiva», dice Lazzari. Ma porosità e microfessure aprono la strada a sostanze che rendono l’ambiente acido o minano questa pellicola. Per questo è allo studio un progetto europeo (Dosecops) che punta a ripristinare l’alcalinità del cemento con tecniche elettrochimiche e iniezione di nanoparticelle. Insomma, la ricerca è continua. Luz Ma-

rina Calle, per esempio, sperimenta rivestimenti sempre migliori. Come quelli contenenti speciali microcapsule: se la ruggine inizia a formarsi, si rompono rilasciando sostanze che bloccano il processo. «Le stiamo testando», dice la scienziata Nasa, continuando la sua lotta alla corrosione. Che peraltro è un problema anche... in orbita. «Per esempio, per i velivoli spaziali si usano metalli come il leggero alluminio. E questo, pur con un meccanismo diverso, è degradato dall’ossigeno, presente (tra 200 e 700 km di altitudine) in forma di singoli atomi». Mauro Gaffo e Francesco Orsenigo

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mento totale (zincatura). «Lo strato di zinco si ricopre di un ossido che però – a differenza della ruggine – resta aderente e non si stacca: quindi la corrosione non procede», dice Lazzari. E se poi si fessurasse la copertura, esponendo il ferro, sarebbe lo zinco a “sacrificarsi”... La formazione di un analogo, sottilissimo film è ciò che difende gli acciai inox, che contengono cromo. O il Cor-Ten, l’acciaio “arrugginito” usato per statue e costruzioni. «È un acciaio al carbonio con aggiunte di cromo e rame: si ricopre di una patina bruna di ossidi, che però è compatta e non si sfalda», spiega Lazzari. Un altro metodo di protezione, poi, è elettrico. «Nei tubi interrati si usa un generatore di corrente continua per fornire elettroni all’ossigeno, che così non li sottrae al metallo», dice Lazzari. CORROSI NELL’ANIMA. C’è poi il proble-

ma del cemento armato. La ruggine, oltre GIÀ IN PARTENZA... Il Barclays Center, palazzetto dello sport a New York. È rivestito da una struttura di acciaio Cor-Ten, dall’aspetto “arrugginito”.

Juan Tapias/VWPics/Redux/Contrasto

QUESTE SONO BUONE VERDE. I ricercatori puntano anche a sfruttare particolari forme di “ruggine”. Come la cosiddetta ruggine verde: è un’argilla con ferro solo parzialmente arrugginito, che ha la caratteristica di reagire molto prontamente con alcune sostanze. Tra cui il nettunio, un sottoprodotto delle reazioni nei reattori nucleari: un team danese ha proposto di usare la ruggine verde nello stoccaggio di scorie radioattive, per “assorbire” fughe di nettunio. E una “nanoruggine” potrebbe fornire un sistema low-cost per rimuovere l’arsenico dall’acqua, un problema in vari Paesi in via di sviluppo. Un team della Rice University (Usa) nel 2006 ha testato nanoparticelle di ossido di ferro, che si possono estrarre dalla ruggine. Queste si sono legate all’arsenico in acque contaminate e sono state poi “pescate” con un magnete.

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Domande & Risposte

Che cosa c’è nello spazio tra una galassia e l’altra? Fino a poco tempo fa si pensava che non ci fosse nulla, o quasi. Oggi invece si è scoperto che... Per molto tempo, gli astronomi

Grazie al valore della loro roughness, cioè l’asprezza, che è in grado di innescare una maggiore attivazione dell’amigdala, la regione del nostro cervello deputata all’elaborazione delle emozioni e, in particolare, della paura. A dimostrare questo processo è uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di New York. Un valore legato alla roughness è la rapidità con cui cambia il tono di un suono: se nel parlato normale questa variazione è minima, nelle urla risulta invece molto evidente, facendo registrare oscillazioni da 30 a 150 Hz. Un esperimento su un gruppo di volontari ha mostrato che le urla con un’asprezza maggiore, oltre ad attivare in modo considerevole l’amigdala, sembrano stimolare una specifica nicchia acustica.

non sono state osservate una a una, come solitamente le vediamo all’interno della nostra galassia, ma come luminosità di fondo: una luce la cui esistenza non può essere spiegata se non ipotizzando proprio la presenza di astri. Ora rimane da spiegare perché una così grande popolazione stellare vaghi solitaria. Le prime ipotesi suggeriscono che la maggior parte di queste stelle vaganti sia il prodotto di scontri tra galassie, che in molti casi sarebbero più violenti rispetto a quanto finora ipotizzato, al punto da espellere verso lo spazio un gran numero di astri.

hanno pensato che tra una galassia e l’altra ci fosse il vuoto quasi assoluto. Ipotizzavano che ci si potessero trovare solo gas, polveri e qualche rara stella sfuggita dalle galassie. La realtà, oggi, si rivela essere diversa: Ciber (Cosmic Infrared Background Experiment ), una recente ricerca realizzata attraverso un insieme di strumenti lanciati con un razzo a 300 km d’altezza, ha concluso che probabilmente la metà delle stelle esistenti nel nostro universo vaga proprio tra una galassia e l’altra. Le stelle

Corbis/Contrasto

Quando fu inventata la pentola a pressione? Accadde nel 1679, per opera di Denis Papin, poliedrico studioso francese. Dopo aver compiuto una serie di studi sul vapore, nel 1679 Papin depositò il brevetto del “digestore”, un recipiente con chiusura ermetica che, come scrisse lui stesso: “rende digeribili molte quantità di cibi, tra cui le carni più dure”. Mosso dal desiderio di fornire ai poveri uno strumento in grado di rendere commestibile anche il cibo più coriaceo, Papin mise a punto un dispositivo molto simile all’attuale pentola a pressione. La sua invenzione era dotata anche di una valvola di sicurezza dal funzionamento piuttosto complesso che permetteva lo sfiato del vapore. Purtroppo il costo elevato ne decretò la scomparsa fino al secolo scorso, quando la pentola a pressione conobbe un nuovo e notevole successo.

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Il Giardino cosmico creato a Dumfries, in Scozia, dall’artista Charles Jencks.

Spl/Contrasto

Come distinguiamo le urla in mezzo ad altri rumori?


Inviata da SARAH, PALERMO

LE ROTAIE DEI TRENI sono fatte d’acciaio e perciò durante l’estate, quando fa molto caldo, tendono a dilatarsi. I convogli, percorrendole a velocità troppo elevata, rischiano di deformarle e disallinearle, mettendo così a repentaglio la sicurezza del trasporto. Quando la temperatura esterna supera i 32-35 °C i binari possono arrivare a superare i 55 °C, aumentando in maniera significativa il rischio di deragliamento. Ecco perché durante le estati particolarmente torride i treni sono spesso costretti a ridurre la propria velocità, con conseguenti ritardi e disagi per i passeggeri. Il fenomeno della dilatazione termica può essere attenuato durante la posa delle rotaie, “stirandole” con speciali macchinari idraulici. Questa forzatura deve però avvenire entro certi limiti: il rischio è quello di indebolire eccessivamente il materiale, che potrebbe rompersi durante l’inverno, quando le temperature sono particolarmente basse. In Italia la temperatura delle rotaie è costantemente misurata con speciali sensori, collegati in tempo reale alle sale di controllo di Trenitalia.

Marka

Perché in estate, con il caldo, i treni devono andare più piano che in inverno?

È vero che gli occhi del camaleonte sono indipendenti? Sì e no. Si possono muovere separatamente (come in questa foto),

Marka

ma gli occhi del camaleonte sono anche in grado di lavorare insieme, in maniera molto simile a quella umana. A scoprirlo è uno studio dell’Università di Haifa (Israele), che ha esaminato il comportamento del camaleonte di fronte alla rappresentazione di un unico insetto su uno schermo: il rettile focalizza l’attenzione sulla preda calcolandone la distanza per poi cercare di catturarla con la lingua. Se sullo schermo, però, gli insetti sono due, l’animale punta inizialmente ogni occhio su una preda differente, ma poi si focalizza solo su quella prescelta: se gli occhi fossero davvero indipendenti, questo processo sarebbe impossibile, in quanto a livello cerebrale le informazioni provenienti da ogni occhio resterebbero separate, come accade per esempio negli uccelli.

SE

IL CERVELLO PERCEPISCE IN MODO DIVERSO la stessa quantità di tempo, se questa viene indicata attraverso misure differenti: è quanto hanno scoperto alcuni ricercatori della Southern California University e della Michigan University (Usa) in un esperimento condotto su un campione di studenti universitari. La ricerca ha preso in esame le risposte di 162 di loro, cui è stato chiesto di immaginare di prepararsi a una presentazione di lavoro fissata in una data futura. Ai soggetti è stato quindi chiesto di valutare la distanza temporale dall’evento in giorni, mesi o anni, e successivamente di indicare quando si sarebbe svolto tale evento. Risultato: chi ragionava sul tempo mancante in termini di giorni percepiva la scadenza come molto più imminente, con una media di 29,6 giorni di anticipo rispetto a chi utilizzava i mesi come misura di riferimento.

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Corbis/Contrasto

Dura di più un mese o 30 giorni?

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Gli scimpanzé sanno cucinare?

Reuters/Contrasto

D&R

Perché gli uccelli vanno a sbattere contro gli aerei? Accade spesso, con grave pericolo per loro e soprattutto per i passeggeri dei velivoli.

Getty Images

i 60 e i 360 km/h. I passeri volavano via via quando il camion appariva a circa 30 metri di distanza. Questa strategia li salva dai predatori naturali, come i falchi, ma non dai veicoli che viaggiano a più di 120 km all’ora. Perciò, installare luci speciali sugli aerei potrebbe servire ad avvertire gli uccelli e fare in modo che inizino la fuga prima, facendo loro percepire il pericolo a una distanza più elevata.

Perché la pizza piace così tanto a tante persone?

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Il rischioso fenomeno, che in passato ha provocato anche gravi tragedie, accade perché nei loro “calcoli” gli uccelli riescono a valutare la distanza, non la velocità degli aerei. Per stabilirlo, gli scienziati hanno chiuso in una stanza alcuni esemplari di uccelli della famiglia dei passeri: poi, di fronte a loro hanno proiettato immagini di camion in avvicinamento a una velocità tra

Se sapessero usare il fuoco, probabilmente sarebbero dei discreti chef. È quanto sostiene uno studio condotto dalle Università di Harvard e di Yale (Usa). Per i ricercatori, gli scimpanzé capirebbero e soprattutto apprezzerebbero la differenza tra un cibo cotto e uno crudo, preferendo il primo. Nell’esperimento, condotto su un gruppo di scimpanzé che vivono nella Repubblica del Congo, è emerso che questi animali sanno attendere pazientemente che il cibo sia cotto anche per più di un minuto prima di ingerirlo. Ecco come si è svolto: agli scimpanzé è stato dato un pezzo di patata cruda. A loro disposizione, però, c’era anche un fornello, dove altri tuberi stavano cuocendo. A sorpresa, uno scimpanzé ha aspettato che la patata cuocesse prima di mangiarla ed è stato subito imitato da quasi la metà degli animali presenti.

Tutta colpa della sua forma e dei suoi colori. Secondo Roberto Maggi, direttore del Laboratorio di Neuroendocrinologia dell’Università di Milano, ancor prima di sentirne il profumo siamo attratti dal suo profilo rotondo dai bordi rialzati un po’ bruciacchiati, cui si sommano i colori vivaci di mozzarella e pomodoro. A quel punto il nostro cervello ne ha già elaborato il gusto, memorizzato da assaggi precedenti, e libera dopamina, che agendo sul sistema del piacere attiva la salivazione. A rendere questo piatto uno dei più amati intervengono anche la giusta temperatura e croccantezza. Masticando, siamo stimolati da una combinazione di sapori e consistenze: le informazioni che definiscono il sapore ci giungono dall’organo del gusto (25%) e dell’olfatto (75%), mentre quelle tattili, termiche e dolorifiche (il piccante) dal nervo trigemino.

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Come facciamo a non pestarci i piedi ballando il tango?

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Come si fa a catturare un asteroide? Non è fantascienza ma un progetto, in due fasi, che la Nasa realizzerà molto presto. di costruzione, porterà in prossimità un equipaggio umano, che raccoglierà dei campioni per portarli a Terra. Al momento sono già stati catalogati oltre 1.000 asteroidi che potrebbero essere meta della missione e tra di essi 4 risultano adeguati. Il candidato finale sarà scelto, una volta definito l’anno e il mese della missione, in base alla sua velocità relativa con la Terra, l’orbita, le dimensioni e la velocità di rotazione. La spedizione servirà anche per mettere a punto le tecnologie necessarie all’esplorazione umana di Marte.

Lo scopriremo nei prossimi 10 anni. Ci penserà la Nasa, che sta

sviluppando una missione robotizzata per raggiungere un asteroide scelto tra i tanti che passano relativamente vicino alla Terra. La sonda staccherà dalla superficie dell’asteroide una grossa porzione, dal peso di varie tonnellate, e la porterà in prossimità della Luna, dove la forza di gravità del nostro satellite è eguagliata da quella terrestre: così il pezzo di asteroide potrà rimanere in quella posizione per tempi “eterni”. A quel punto una navicella, oggi in fase

Merito di una regione del cervello, il solco intraparietale anteriore sinistro, dove ha sede la capacità di coordinazione dei movimenti, che ci permette anche di integrarli con quelli di una persona che ci sta di fronte. Lo sostiene uno studio dell’Università La Sapienza e della Fondazione Santa Lucia di Roma. Gli scienziati hanno chiesto ad alcuni volontari di coordinarsi con un compagno virtuale per afferrare con sincronia un oggetto, imitando il movimento dell’avatar oppure eseguendo un movimento complementare, come nella danza. Durante l’esperimento, la reattività di quell’area cerebrale è stata inibita artificialmente. Risultato: la capacità di coordinamento interpersonale diminuiva molto, mentre restava identica la capacità di imitare i movimenti osservati nel compagno virtuale. La coordinazione, quindi, non è solo una questione di imitazione.

Corbis/Contrasto

D&R

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Esistono segnali esterni che indicano quando la donna è più fertile? Sì, ma gli uomini non li notano. Secondo uno studio della Northumbria University (Regno Unito), durante l’ovulazione le guance della donna diventano più rosse. Lo rivelano le foto del volto di 22 di volontarie scattate quotidianamente, durante tutto il ciclo mestruale, con una speciale macchina fotografica. Nei giorni che precedono l’ovulazione le guance arrossiscono progressivamente, per tornare al loro colore originale all’inizio della mestruazione. Queste variazioni di colore sono però così tenui da risultare del tutto impercettibili all’occhio umano: perché? Per i ricercatori questo “nascondimento” servirebbe a favorire le relazioni di lungo termine, evitando che il maschio corteggi la partner solo durante il periodo fertile, come accade nella maggior parte delle altre specie. Ulteriori studi, comunque, hanno rivelato che le donne, durante il periodo fertile, tendono a vestirsi in modo più appariscente e con colori caldi, tra cui il rosso.

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Visioni dal futuro Lo spazzino dell’oceano Barriere gonfiabili contro i rifiuti

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Un ventenne olandese vuole liberare i mari dalla plastica galleggiante che li inquina. A cura di Margherita Fronte 122 | Focus Ottobre 2015

DALLA GRECIA AL GIAPPONE. Nel 2011, l’olandese Boyan Slat, poco più che adolescente, fece una vacanza in Grecia e restò sorpreso e amareggiato dall’enorme quantità di rifiuti di plastica sulla costa e nel mare. Scoprì che non esisteva un modo per portarli via e decise di inventarlo. Nei prossimi mesi, la sua tecnologia sarà testata in Giappone, al largo dell’isola di Tsushima, dove sarà posizionata una barriera galleggiante lunga 2 km (1), che raccoglierà la plastica sulla superficie del mare, ripulendolo.

COME FUNZIONA. La barriera è ancorata e non si sposta: sono le correnti marine a trasportare nel suo campo d’azione i rifiuti, facendoli convergere al centro. Qui c’è una torre (2) (3) che raccoglie la plastica con un nastro trasportatore, mosso da un motore alimentato da pannelli solari (4). Sotto la superficie del mare, alcuni tiranti garantiscono che la barriera resti in posizione (5) (6). Il sistema è in grado di raccogliere 65 m3 di plastica al giorno. Recuperare 1 kg di rifiuti costa 0,14 euro.


OBIETTIVO PACIFICO. In agosto partirà anche una gigantesca spedizione scientifica che analizzerà la più grande isola di plastica del mondo, che si trova nell’oceano Pacifico e potrebbe essere estesa quanto l’Europa. Almeno 50 navi percorreranno il tratto di mare fra le isole Hawaii e la costa orientale degli Usa (7) per determinare la densità dei rifiuti, la profondità a cui arrivano, le dimensioni. Questo studio è necessario per pianificare al meglio la ripulitura, che secondo Slat dovrebbe richiedere circa 10 anni.

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65 METRI CUBI. Il volume di rifiuti che il sistema può raccogliere ogni giorno. Gran parte della plastica in mare è fatta di piccoli frammenti che, ingeriti, uccidono ogni anno milioni di uccelli e pesci.

theoceancleanup

IPA (6)

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7 Ottobre 2015 Focus | 123


Corbis/Contrasto

Corpo umano

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IDENTICA FUNZIONE. Di lato, un colon “fotografato” in 3D. Sotto, la Macchina della cacca: riproduce le funzioni dell’intestino.

GIÙ PER IL TUBO

È

morbido come il velluto e di un colore rosa delicato. È pulitissimo, solo nel suo ultimo metro contiene le feci, mentre il tratto precedente è spesso lindo e inodore. È il nostro “secondo cervello” per il suo incredibile numero di connessioni nervose: ha più di 100 milioni di neuroni e produce 40 molecole, fra neurotrasmettitori e ormoni, in grado di agire sul cervello modificando i nostri comportamenti. Oggi è addirittura protagonista di un bestseller, L’intestino felice (Sonzogno, 2015), un saggio scientifico-divulgativo che in Germania ha venduto un milione e mezzo di copie, e che da noi veleggia verso le 90 mila, numero eccezionale per un Paese di non-lettori. L’autrice, Giulia Enders (dottoranda in biologia medica presso l’Istituto di microbiologia e igie-

ne ospedaliera di Francoforte), gli ha dedicato pagine appassionate, ribaltando l’opinione corrente che lo considera la parte del corpo destinata al lavoro più sporco. Invece… altro che cuore, polmoni e stomaco! Stiamo parlando dell’intestino, un organo potentissimo, in grado di spingere il cibo verso la sua inesorabile destinazione anche quando ci mettiamo a testa in giù e che svolge un ruolo fondamentale nel processo digestivo. È lui che riduce a stato molecolare il cibo che mangiamo, lo assimila e ci restituisce la sua energia. Come fa? Prendiamo per esempio un panino di quelli che trangugiamo in fretta nel bar e facciamoci fare da guida attraverso il più fascinoso dei nostri organi... PRONTI? SI PARTE! 50 secondi: è questo su per giù il tempo che ci mettiamo a divorare i primi morsi del panino. I denti

Mona Museum

Più di 400 metri quadrati di intestini e (almeno) 24 ore per trasformare un panino in feci. Da valutare bene, su apposita Scala.

Ottobre 2015 Focus | 125


I resti del cibo, ridotti a un liquido lattiginoso, iniziano il loro viaggio nell’intestino a una velocità di 3 m/h. triturano, la lingua amalgama, le ghiandole salivari ammorbidiscono e lubrificano, e il panino perde il suo design per trasformarsi in bolo, praticamente una poltiglia sferica. 30 secondi: il panino così lavorato, spinto da lingua e guance, attraverso la faringe passa nell’esofago, un canale lungo circa 25 centimetri, dove i liquidi scorrono in pochi secondi mentre gli alimenti solidi ne impiegano di solito dai 30 ai 60. 2 ore: prima sosta, lo stomaco. «Il panino ormai da bolo è diventato un composto semifluido detto chimo e in questa sacca che sembra una cornamusa viene lavorato dall’acqua e dai potentissimi succhi gastrici (enzimi ma soprattutto acido cloridrico) che lo frantumano», spiega Giamila Fantuzzi, biologa dell’Università dell’Illinois a Chicago. 2 ore: quando ormai il sandwich è ridotto a un liquido color latte (detto chilo) si presenta al piloro (ingresso dell’intestino tenue) e inizia il suo viaggio alla velocità di circa 3 metri all’ora. CAMPO DA TENNIS. «L’intestino tenue è lungo circa 4-5 metri, con una superficie di circa 300 metri quadrati, su per giù le dimensioni di un campo da tennis, mentre l’intero intestino (tenue più colon) misura circa 7 metri. Sembra che la sua

126 | Focus Ottobre 2015

Contrasto

PASSEGGIATA INTERIORE. Installazione a Parigi: un tunnel gonfiabile rappresenta un enorme colon, per sensibilizzare le persone alla prevenzione delle patologie che lo riguardano.

TENIA Fascia muscolare.

VALVOLA ILEOCECALE Si rilassa tra un pasto e l’altro, permettendo al flusso di accelerare.

TASCHE DEL COLON Sono le gibbosità che lo caratterizzano.

COLON ASCENDENTE Qui acqua e sali minerali vengono separati dai resti e assorbiti.

DUODENO Sezione iniziale del tenue: vi arrivano le secrezioni del pancreas e del fegato.

ILEO

CIECO Sezione iniziale del colon.

APPENDICE

Apertura dell’appendice.

ACQUA IN INGRESSO NEL CANALE ALIMENTARE Saliva 1 litro Acqua bevuta 2,3 litri Bile 1 litro Succo pancreatico   2 litri Succo gastrico  2 litri Succo intestinale 1 litro Totale       9,3 litri

ACQUA RIASSORBITA NEL CANALE ALIMENTARE Intestino tenue 8,3 litri Intestino crasso 0,9 litri Subtotale 9,2 litri Acqua nelle feci    0,1 litro Totale

lunghezza aumenti con l’età e vari con il sesso, perché gli uomini hanno un tenue più lungo (dell’8-12%) rispetto alle donne», spiega Silvio Danese, gastroenterologo a capo del Centro malattie infiammatorie intestinali dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Mi). L’intestino è un organo sempre in movimento, infat-

9,3 litri

CIECO Sezione iniziale del colon.

ILEO Sezione finale dell’intestino tenue.

ti dobbiamo a lui i rumori imbarazzanti che ogni tanto sentiamo dentro la pancia e di cui di solito accusiamo lo stomaco! «È in attività continua, non riposa mai», conferma Danese: «Secondo alcuni studi, quando post mortem è completamente rilassato la sua misura addirittura raddoppia». Mobile e sinuoso, ha la su-


INTESTINO TENUE

TENUE E COLON L’intestino tenue si occupa dell’assorbimento dei nutrienti contenuti nel cibo, il colon (o intestino crasso) trasforma quello che rimane in feci, che infine vengono evacuate. MEMBRANA SIEROSA La protezione più esterna.

COLON (INTESTINO CRASSO)

SUBMUCOSA Ospita i vasi e i nervi. MUCOSA Assorbe i nutrienti.

COLON TRASVERSO Qui i resti del cibo cominciano a essere trasformati in feci. COLON DISCENDENTE Qui le feci diventano più solide e si accumulano prima di essere evacuate.

TUNICA MUSCOLARE È composta da fibre muscolari longitudinali all’esterno e circolari all’interno.

VILLI. La parete interna del tenue è ricoperta di milioni di strutture simili a capelli, i villi. Nella parte centrale di ognuno c’è un vaso linfatico, detto chilifero, dotato di minuscoli capillari e nervi, mentre la superficie è coperta da uno strato di cellule che assorbe i nutrienti.

VILLO INTESTINALE

CAPILLARE LINFATICO

CAPILLARE ARTERIOSO

CAPILLARE VENOSO

DIGIUNO Parte centrale dell’intestino, tra il duodeno e l’ileo.

Sol90

SIGMA Consente ai gas di fluire senza che spingano le feci. MUCOSA

ANO La porta d’uscita delle feci.

perficie interna molto vellutata: la mucosa, infatti, si pieghetta in numerose e minuscole sporgenze di forma conica o a lamella, i villi intestinali. Impossibile contarli, ogni tenue si “corruccia a modo suo”, ma le stime parlano di circa 5 milioni di villi ondeggianti nella pancia di ognuno, per offrirci una superficie di as-

RETTO Il punto di accumulo finale delle feci: ha una capacità limitata.

SUBMUCOSA TUNICA MUSCOLARE MEMBRANA SIEROSA

sorbimento il più possibile estesa. Se non si piegasse, per digerire avremmo bisogno di 18 metri di intestino tenue. ENERGIA IN CIRCOLO. Per essere assorbito dai villi, il chilo ha bisogno della “lavorazione” dei succhi biliari e pancreatici, che rompono le grosse molecole di

carboidrati, grassi e proteine e le trasformano in sostanze più semplici. I villi convertono poi il panino in energia (precisamente in adenosintrifosfato), quindi la distribuiscono ai vari organi attraverso la rete dei capillari (vedi sopra). In seguito l’intestino tenue, con i suoi continui movimenti (peristalsi), spinOttobre 2015 Focus | 127


ge ciò che resta del panino, come le fibre di crusca e verdura, sempre più giù. 14/20 ore: le parti che non sono state assorbite transitano ora verso il colon, ma prima le aspetta una brusca curva di circa 90 gradi: tra il tenue e il colon c’è l’intestino cieco, il vivaista di batteri intestinali, il tratto che più li accoglie e nutre. «Si è calcolato che l’intestino umano sia colonizzato da qualcosa come 100 trilioni di batteri, una massa che sulla bilancia pesa circa due chili. Abbiamo più batteri che cellule: il rapporto tra i primi e le seconde è 10 a uno», dice Fantuzzi. LA “FATTORIA” DEI BATTERI. Dal punto di

vista nutrizionale alcuni microrganismi aiutano a digerire le fibre, altri permettono di assimilare grassi e carboidrati,

L’appendice non è inutile: funziona da “serbatoio di emergenza” di batteri che servono a ripopolare l’intestino in caso di dissenteria o malattie devastanti come il colera

Reuters/Contrasto

QUANTA FRETTA! Con gli sci ai piedi e lo sguardo al trampolino di discesa... Non proprio il modo e il luogo migliore per rilassarsi!

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altri ancora aiutano a sintetizzare la vitamina B e la K... In più, i batteri hanno la fondamentale funzione di tenere in continuo allenamento il nostro sistema immunitario. Il cieco, la loro “fattoria”, di solito misura 6 centimetri di altezza con un diametro di 8. «A esso è attaccata una piccolissima porzione, l’appendice, la cui lunghezza diminuisce con l’età. Tutto il cieco è un serbatoio di batteri simbiotici, che assolvono e regolano molte funzioni importanti per il nostro organismo, e lo è anche l’appendice, benché per anni sia stata ritenuta non necessaria», spiega Danese. Uno studio del 2007, del Duke University Medical Center del North Carolina, ha infatti constatato che, a seguito di un grave attacco di colera o dissenteria, l’appendice funge da riserva di batteri eubiotici. Una specie di serbatoio di emergenza, insomma, pronto a intervenire se le cose si mettono male. Ma torniamo a ciò che resta del panino: soprattutto fibra e acqua. Il colon continua a lavorarli per altre 16 ore. «Grazie a questo processo, assimiliamo sostanze che avremmo perduto, se ci fossimo fatti prendere dalla fretta», dice Enders. Ma il colon ha anche un’altra importante funzione. «Assorbe il sodio, prosciuga i resti

dai liquidi, assembla i frammenti e li modella in feci», spiega Fantuzzi. Infine, gli ultimi centimetri del tubo intestinale hanno capillari che non passano dal fegato per disintossicare il sangue, ma confluiscono direttamente nella grande circolazione. Questo spiega l’efficacia delle supposte, i cui principi attivi sono subito messi in circolo e senza sovraccaricare il fegato. D’altra parte, tutte le sostanze che potevano rivelarsi tossiche sono ormai state filtrate. ULTIMA FERMATA. 30 secondi-15 minu-

ti: eccoci arrivati all’ultima tratta. I primi residui di solito fanno capolino dopo 24 ore ma gli intestini più pigri per liberarsi completamente anche di un semplice panino impiegano fino a quattro giorni. Ciò che resta del cibo, modellato dal lungo passaggio attraverso il colon, arriva al nostro primo sfintere. Sì, perché ne abbiamo due: uno interno, il più coscienzioso, che vuole liberarsene subito e uno esterno che, governato da muscoli volontari, valuta il momento adatto per portare a termine la missione. I due, comunque, lavorano in tandem, come spiega Enders «Quando i resti della digestione arrivano allo sfintere interno,


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PIÙ BELLE DA VICINO. Feci al microscopio: i residui di cibo sono popolati dai batteri, che sembrano coriandoli colorati.

questo si apre automaticamente. Poi, però, non passa subito tutto il carico al collega esterno, bensì solo un campione di prova. Nello spazio fra gli sfinteri interno ed esterno ci sono molte cellule sensoriali. Queste analizzano il prodotto, per vedere se è solido o gassoso, e inviano le informazioni al cervello».

Superata la stretta finale, del sandwich resta ben poco, perché «i nostri escrementi sono composti da un 70% di acqua e un 30% di sostanza solida, che include prevalentemente residui di fibre, batteri (vivi) e cellule morte», puntualizza Stefania Vetrano, docente di biologia applicata all’Humanitas University di Rozzano. RESTI IMPORTANTI. E se ci mettessimo a studiare la nostra “produzione” potremmo capire dalle feci se il nostro intestino, come dice Enders, è felice? «Certo», risponde Vetrano. «Le feci sono uno specchio dello stato di salute dell’apparato gastroenterico». Esiste una vera classificazione: è la “Scala delle feci di Bristol”, che ne individua ben 7 diversi tipi. Secondo i gastroenterologi le migliori sono quelle che, nella Scala, si piazzano tra la forma a salsiccia con crepe in superficie e quella di serpente, cioè lisce e morbide, con la consistenza del dentifricio. Se poi le vediamo galleggiare, possiamo essere certi che il nostro intestino ha fatto un buon lavoro: contengono piccole bolle d’aria, che segnalano l’attività di batte-

ri intestinali “buoni”. E per quanto riguarda il colore? Ottimo quello classico: marrone, in tutte le sue tonalità. Questa tinta è provocata dalla bile. Anche eventuali screziature verdi non devono preoccupare: sono verdure. Solo se le feci sono molto scure deve scattare un campanello d’allarme, perché potrebbero segnalare emorragie. Una colorazione dal marrone chiaro al giallo indica di solito un transito intestinale troppo rapido o un cattivo assorbimento: la flora batterica, in pratica, non riesce a degradare la bile nelle feci e potrebbe smascherare un colon irritabile o un’intolleranza a latte e latticini o al glutine. Se tendono al rosso, la causa potrebbe essere di alimenti di quel colore, come il pomodoro. Se ci sono tracce di sangue rosso vivo, invece, si tratta probabilmente di emorroidi. In conclusione, cosa rende felice l’intestino? Dieta mediterranea, abbondanza di fibre e verdure, e... movimento. «L’attività fisica», conclude Fantuzzi, «gli fa da coach: lo massaggia, lo stimola e lo risveglia quando batte la fiacca». Camilla Ghirardato

Posizione di... spinta TAZZA O TURCA? Per portare a termine l’ultima operazione serve un luogo consono ma anche una particolare posizione. E non è detto che sia la più diffusa. Uno studio pubblicato su Medical Hypotheses ha verificato i tempi di evacuazione tra chi si sedeva comodamente sul water e chi si accucciava su una turca. Risultati: gli accovacciati hanno impiegato circa 50 secondi e hanno dichiarato di sentirsi svuotati completamente, i seduti ci hanno messo in media 130 secondi e non erano del tutto soddisfatti. Spiega Enders: «L’apparato sfinterico non è progettato per aprirsi del tutto quando siamo seduti. Esiste un muscolo che in posizione seduta, o eretta, stringe l’intestino come un laccio e lo tira da una parte, creando una strozzatura». Ma per trovare la giusta posizione non c’è bisogno di una turca: anche sulla tazza, basta uno sgabello sotto i piedi e un piegamento del busto in avanti.

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Scienza

Tutti al Planetario con Samantha Il 7 ottobre, l’astronauta italiana Cristoforetti e i suoi compagni di viaggio nello spazio incontreranno i lettori di Focus a Milano. Un’occasione da non lasciarsi scappare.

E

ravamo abituati a vederla nello spazio, ma presto sarà in mez­ zo a noi. Il prossimo 7 ottobre, Samantha Cristoforetti parteci­ perà a un incontro organizzato da Focus, in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea (Esa), l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e l’Aeronautica militare. Samantha, che è capitano dell’Aeronautica e astro­ nauta dell’Esa, è stata infatti in missione sulla Stazione spaziale per conto dell’Asi. Con lei ci saranno anche i suoi due com­ pagni di viaggio della cosiddetta “Expe­ dition 42”, e cioè l’americano Terry W. Virts e il russo Anton Shkaplerov.

L’appuntamento è al Planetario di Mi­ lano Ulrico Hoepli, in Corso Venezia 57. UNA LUNGA GAVETTA. Samantha Cristo­ foretti è arrivata allo spazio dopo una lau­ rea in Ingegneria meccanica a Monaco di Baviera. Quindi è entrata all’Accademia di Pozzuoli, dove è diventata la prima donna tenente e pilota da combattimen­ to dell’Aeronautica italiana. Infine, nel 2009, è entrata nel corpo degli astronau­ ti dell’Esa, superando con 5 colleghi una selezione tra 8.500 candidati. Samantha sarà a Milano a raccontare la sua avventura insieme ai suoi compagni

di missione. Un’avventura nel corso del­ la quale ha voluto sottolineare anche un tema che le sta molto a cuore: quello di una sana alimentazione. I POSTI SONO LIMITATI! Solo una rac­

comandazione: la sala del Planetario di Milano, pur grande, ha una capienza li­ mitata. È quindi necessario prenotarsi (l’ingresso è gratuito) con le modalità riportate nel riquadro che si trova qui a fianco. Chi non dovesse riuscire ad acca­ parrarsi un posto potrà comunque con­ tare su uno schermo predisposto all’e­ sterno del Planetario. Vi aspettiamo!

DONNA DA RECORD. La missione Futura dell’Asi, cui ha preso parte Samantha Cristoforetti, è stata la 42esima verso la Stazione spaziale internazionale. Nel corso dei circa 6 mesi e mezzo trascorsi a bordo della Iss (per l’esattezza, 199 giorni e 16 ore, il record per una donna in un singolo volo), l’astronauta italiana ha svolto moltissimi esperimenti scientifici su argomenti diversi, tra i quali la fisiologia umana e i disturbi del sonno in condizioni di microgravità, la stampa in 3D nello spazio e perfino la preparazione in orbita di un buon... caffè espresso.

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Esa

LA MISSIONE FUTURA

Terry W. Virts (a sinistra), Anton Shkaplerov e Samantha Cristoforetti. Saranno tutti a Milano.


Mondadori Portfolio

IN MEZZO ALLE STELLE. La sala del Planetario di Milano, dove si svolgerà l’evento. Al centro, la macchina che proietta il cielo.

PER PRENOTARE Telefonare, dal 28 settembre, al numero 0288463546 (lun.-ven., dalle 9 alle 13). Altre info su www.focus.it/cristoforetti

Ottobre 2015 Focus | 131


GLI SCOIATTOLI PIÙ FAMOSI DEL MONDO ARRIVANO PER LA PRIMA VOLTA IN CHIARO SU K2 CON LA LORO CARICA DI MUSICA E SIMPATIA. NON PERDERLI!

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I movimenti del giocoliere non sono del tutto consapevoli: l’apprendimento e la ripetizione, più volte, degli stessi gesti li hanno resi abitudinari e “automatici”.

O

gni mattina uscite di casa e salite in macchina, inserite la chiave nel cruscotto, allacciate la cintura di sicurezza, schiacciate la frizione e mettete in moto, inserite la marcia, date un’occhiata nello specchietto e partite. Quanto tempo impiegate? Tre o quattro secondi, forse. Non sapete dirlo con precisione perché eseguite questi gesti in modo automatico, senza pensarci. Tanto che nel frattempo vi concentrate su mille altre cose: cambiate stazione radio, pensate a cosa cucinerete per cena o agli orari dei corsi pomeridiani dei vostri figli. Insomma: che ne siate consapevoli o meno, per voi guidare è diventata un’abitudine. Le abitudini influenzano tutta la nostra vita: ci permettono di pensare alla lista della spesa mentre facciamo la doccia, ci guidano mentre ci laviamo i denti o prendiamo i vestiti dall’armadio, ci portano a pranzo, a fare jogging o sul divano davanti alla televisione. Secondo David Neal, ricercatore del dipartimento di psicologia della Duke University e autore nel 2006 di uno studio sull’argomento, oltre il quaranta per cento delle azioni

Non ci penso ma lo faccio

È così che, ogni giorno, compiamo circa il 40% delle nostre azioni: perché la forza delle abitudini è una realtà, che abita più o meno al centro del nostro cervello. che compiamo ogni giorno non è frutto di decisioni ma di questi comportamenti automatici, così radicati nel nostro cervello da attivarsi senza che ne siamo completamente coscienti. RISPARMIO ENERGETICO. Un po’ come

succede a quei due pesciolini che, di fronte al “Salve ragazzi, com’è l’acqua?” di un pesce più anziano, si guardano perplessi: “Che diavolo è l’acqua?”. «L’acqua», faceva notare dieci anni fa a una platea di studenti lo scrittore statunitense David Foster Wallace (1962-2008), «sono le abitudini in cui inconsapevolmente ci muoviamo ogni giorno». Chi di voi sa-

prebbe dire con quale piede scende dal letto, in che modo si fa il nodo alla cravatta o si allaccia le scarpe? Quasi nessuno, perché sono gesti ormai appresi, che eseguiamo in maniera automatica. «Un’abitudine è una sequenza comportamentale, composta di stati fisici, cognitivi ed emotivi coordinati fra loro. Serve a svolgere funzioni anche complesse: invece di decidere ogni volta cosa fare e come farlo, mi affido a una decisione presa una volta per tutte. Per esempio mi lavo i denti prima di fare la doccia, faccio la stessa strada per raggiungere il mio ufficio. Addirittura, uso sempre la stessa modalità seduttiva avendo scoperto Ottobre 2015 Focus | 133

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Comportamento


Le abitudini sono “radicate” nelle zone più primitive del nostro cervello, che funzionano anche senza consapevolezza

Le aziende sfruttano da sempre le abitudini dei clienti per vendere le proprie merci, ma il pubblicitario statunitense Claude Hopkins (1866-1932) fece molto di più: noto fra gli addetti ai lavori per le sue regole su come indurre nuove abitudini tra i consumatori, fu l’uomo che diffuse tra gli statunitensi l’igiene orale. Grazie allo spot di un dentifricio. Negli anni Trenta del Novecento, lavarsi i denti non era tra le principali preoccupazioni dei suoi compatrioti: le cose cambiarono quando Hopkins accettò di pubblicizzare Pepsodent. «Basta scorrere la lingua sui denti. Sentirai una patina. È questo che fa sembrare i tuoi denti “privi di colore”», recitavano i manifesti. Chi leggeva quel messaggio si trovava senza volerlo a passare la lingua su canini e incisivi e a prendere atto della situazione; innescato così lo stimolo, lo splendente “sorriso Pepsodent” diventò la gratificazione finale per una nuova routine: il lavaggio dei denti. Dieci anni dopo, il 65% degli americani (all’inizio erano dieci volte di meno) usava il dentifricio ogni giorno.

biamo visto all’inizio, ora che abbiamo la patente nel portafoglio non pensiamo più ai gesti che l’istruttore ci ha elencato all’inizio del corso: guidare è diventata un’abitudine. COME TOPOLINI. Visto dall’interno del nostro cervello, questo significa che, col tempo, i centri che regolano i processi decisionali si sono disattivati, lasciando il posto prima alle strutture cerebrali connesse alla memoria e infine, spente anche quelle, ai cosiddetti “nuclei della base encefalica”, delle minuscole e

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che funziona magnificamente», spiega Bruno Giuseppe Bara, docente di Psicologia e direttore del Centro di Scienza cognitiva dell’Università di Torino. Lo scopo, per il cervello, è faticare meno. «La ripetitività del mondo fisico e sociale ci permette di anticipare il futuro, risparmiare energie, sfruttare l’esperienza. Senza questi schemi, dovremmo affrontare continuamente l’ignoto, con impegno e costi di attenzione alti in una situazione sempre imprevedibile», prosegue l’esperto. Ma come fa un’abitudine a mettere radici nel nostro cervello? Torniamo alla nostra auto: durante le prime lezioni di guida, la mente ha lavorato a pieno ritmo per imparare a non far spegnere il motore, a frenare e a parcheggiare. Lezione dopo lezione, ogni azione è diventata più naturale finché, come ab-

QUANDO LA PUBBLICITÀ CI INSEGNÒ A LAVARCI I DENTI

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antiche strutture neurologiche che si trovano più o meno al centro del cranio. Sono loro che si occupano di quello che gli scienziati chiamano chunking, ovvero “acquisizione di unità d’informazione”, il processo che traduce una sequenza di azioni, sperimentate più volte con successo, in una routine automatica. Ma nell’immenso archivio delle abitudini giornaliere, i nuclei della base come fanno a richiamare la giusta “unità d’informazione” ogni volta che occorre? I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology lo hanno scoperto osservando il cervello di un topo alle prese con un labirinto. Entriamo nella gabbietta con lui: con un suono, la porta si apre e la cavia si trova all’ingresso di un corridoio a forma di T. Annusa l’aria e procede lentamente, un passo alla volta: non sa cosa l’aspetta, quindi è cauto. Sbaglia strada, ricomincia, fa diversi tentativi prima di imparare a seguire il percorso che lo conduce alla sua ricompensa. Quando impara, però, lo ripete in automatico ogni volta che sente il segnale acustico che precede l’apertura della gabbia. Proprio a partire da quel suono, rivelano i sensori collegati al suo cervello, i nuclei della base encefalica inseriscono il pilota automatico che fa partire la routine del “percorso giusto”. Come accade al topo, anche nell’uomo ogni abitudine ha una precisa corrispondenza neurologica, attivata e disattivata da un determinato segnale iniziale e dalla corrispondente gratificazione. Ecco come i nuclei della base riescono a cavarsela in ogni momento. Una comodità, se non fosse che le abitudini hanno un lato oscuro: a mano a mano che l’azione si consolida e il circolo “segnale-routine-gratificazione” si fa automatico, la gratificazione può diventare un bisogno, a volte così potente da pro-


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Grazie alle abitudini risparmiamo tempo, energia e stiamo più tranquilli, illudendoci di avere il controllo sulla realtà

TRACCE CEREBRALI. Ormai è un’abitudine e, anche quando i biscotti non mi vanno, finisce che li mangio lo stesso. Opporsi non è facile: «Le abitudini possono diventare un vincolo quando ci rifugiamo in loro al di là della loro efficacia concreta, ripetendo azioni che per la loro familiarità ci tranquillizzano», conferma Bara. «Talvolta infatti la funzione principale di un’abitudine è di farci raggiungere un preciso stato emotivo, per esempio dandoci una sensazione di controllo sulla realtà che spesso è incontrollabile, e che per questo ci fa paura». Peccato che con questo meccanismo psicologico si possa rimanere incastrati in cliché ripetitivi, anche quando ne percepiamo la pericolosità: come capita a chi si ostina a scegliere partner violenti o distanti perché è ormai abituato a esser trattato male e non saprebbe come reagire di fronte all’affetto. O a chi, dopo ogni tentativo di smettere, ricomincia sempre a fumare. «La dipendenza fisica dalla nicotina dura solo finché questa sostanza chimica è presente nel sangue del fumatore, cioè fino a circa cento ore

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durre reazioni simili alle dipendenze. La “pausa-macchinetta” in ufficio ne è un esempio: verso le tre del pomeriggio, quando la mia attenzione comincia a calare, vado alla macchinetta, compro un pacchetto di biscotti e torno alla scrivania solo quando li ho finiti tutti.

dall’ultima sigaretta. Quando smettiamo di fumare, molti degli stimoli che riteniamo dipendenti dalla nicotina sono in real­ tà abitudini comportamentali», spiega il giornalista del New York Times Charles Duhigg, autore del saggio La dittatura delle abitudini (Corbaccio). Perciò, quando ci viene voglia di una sigaretta dopo un mese di astinenza, non è perché ne abbiamo fisicamente bisogno, ma perché il cervello ha conservato traccia di quell’abitudine. E non vale solo per il fumo: proprio come un fiume, che scava il suo corso nella roccia e anche dopo un periodo di siccità riprende a scorrere sempre in quel canale, così le abitudini segnano in modo indelebile il nostro cervello. Un bene, da un certo punto di vista: se non accadesse, dovremmo reimparare a guidare dopo ogni lunga vacanza

COSÌ SI PUÒ SCORDARE IL BAMBINO IN AUTO Un genitore molto stanco o stressato, il figlio di due anni addormentato nel seggiolino sul sedile posteriore, la convinzione di averlo già lasciato all’asilo. Parcheggio, lavoro e solo dopo ore la tragica scoperta. Dimenticare in auto il proprio bambino con esiti letali: un dramma purtroppo non così raro. L’affetto, spiegano gli esperti, non c’entra: i centri dove si formano le abitudini sì. In condizioni di particolare stress, spiega David Diamond, docente di fisiologia molecolare alla University of South Florida di Tampa, capita che i nuclei della base encefalica prendano il sopravvento sulle strutture superiori del cervello, sovrascrivendo i circuiti della memoria. In pratica se un segnale, come il pianto di nostro figlio, non arriva a riavviare il sistema, il cervello va avanti come se avesse portato a termine il circolo dell’abitudine. E il genitore è sicuro di aver lasciato il bambino a scuola, anche se di fatto non è così.

senz’auto, ad andare in bici dopo averla lasciata in garage per anni, ad allacciarci le scarpe dopo un’estate in infradito. Ma anche un male, se pensiamo a quanto questo ci renda difficile modificare le nostre abitudini alimentari ogni volta che cominciamo una dieta. CAMBIARE, CHE FATICA! «Il cambia-

mento è la salvezza degli esseri umani, ma non è semplice da realizzare. Un comportamento che genera una sofferenza già nota, infatti, è di solito preferito a una alternativa che potrebbe darci felicità, ma che per la sua carica di novità ci spaventa e ci sbilancia. Quindi sì, è possibile cambiare le nostre abitudini, ma rimane un lavoraccio: le vecchie abitudini sono sempre pronte a saltar fuori nel caso in cui il nostro nuovo sé ci faccia troppa paura», conclude Bara. Eppure gli alcolizzati possono smettere di bere, i fumatori di accendere sigarette e io di mangiare biscotti durante il pomeriggio. Inserendo, dicono gli esperti, una nuova routine tra il segnale iniziale e la gratificazione finale dell’abitudine che vogliamo scardinare. Torniamo ai biscotti: quale stimolo mi spinge a mangiarli? Non la fame, ma la noia e il bisogno di distrarmi: potrei sostituirli con una chiacchierata alla scrivania del mio collega. L’importante è crederci. O fare in modo che credere di farcela diventi la nostra abitudine.

Maria Leonarda Leone

136 | Focus Ottobre 2015


SCOPRIRE IL PASSATO, CAPIRE IL PRESENTE.

Il nostro Paese ha conosciuto secoli di dominazioni che, nelle diverse epoche, hanno modellato le identità regionali. Al Nord, al Centro e al Sud. In questo numero Focus Storia racconta le tre (e più) Italie. E inoltre: l’alleanza di Delo, la lega greca contro i Persiani, le maglie delle squadre di calcio di una volta, Filippo Mazzei, i resti italiani in Eritrea, la storia delle feste di compleanno.

FOCUS STORIA. OGNI MESE LO SPETTACOLO DEL PASSATO.

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Trasporti

Finestrino o corridoio?

Quali sono i posti più sicuri in aereo? Gli studi recenti dicono quelli in coda. Ma contano diversi fattori. Facciamo il punto, per una scelta... consapevole. A cura di Gianluca Ranzini

Se un aereo esplode in volo, o si schianta sul fianco di una montagna, difficilmente, purtroppo, ci sono superstiti. Ma la maggior parte degli incidenti è molto meno grave, e nel 90% dei casi ci sono sopravvissuti. In questo caso, essere seduti in un sedile o in un altro può fare la differenza. La rivista americana Time ha analizzato statisticamente gli incidenti aerei dal 1985 in cui vi sono stati sia deceduti sia sopravvissuti, e il risultato è riportato nel disegno qui a fianco. USCITE VICINE. In generale, risulta che l’incidenza di sopravvissuti è maggiore nella parte di coda dell’aereo (in media è il 68%). E che per le parti anteriore e centrale i posti al corridoio sono sfavoriti rispetto a quelli centrali e ai finestrini. Inoltre, fa molta differenza la distanza dall’uscita di sicurezza più vicina: se si trova a più di cinque file, le probabilità di sopravvivere sono minori di quelle di non farcela. I posti più sicuri in assoluto? Quelli centrali nelle file di coda.

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USCITE DI EMERGENZA. Avere un’uscita di sicurezza non più lontana di 5 file di sedili fa sì che in caso di incidente la probabilità di cavarsela superi il 50%.

SOPRAVVIVENZA NEI DIVERSI SEDILI

72%

56%

Illustrazione di Emanuela Ragusa

Dietro è meglio

I MIGLIORI IN ASSOLUTO. I posti centrali delle file di coda dell’aereo hanno le probabilità di sopravvivenza più elevate: 72%.


PARERI CONTRASTANTI Sono più sicuri i posti al finestrino o al corridoio? Secondo Time a centro aereo meglio i posti vicino ai primi, ma per l’Università di Greenwich sono meglio i secondi.

EVACUAZIONE RAPIDA. Secondo le regole della Faa, l’Agenzia dell’aviazione Usa, qualsiasi aereo deve poter essere evacuato in 90 secondi.

Davanti

62%

BUSINESS CLASS. Attenzione alle prime 4 file (in genere sono quelle di business o first class): sono tra le meno favorevoli in caso di incidente.

Centro

61%

LA REGOLA DEL PIÙ 3 MENO 8. L’80% degli incidenti aerei avviene nei primi 3 minuti che seguono il decollo e negli 8 che precedono l’atterraggio.

SEZIONE CENTRALE. Gli studi recenti concordano sul fatto che i posti nella parte centrale dell’aereo e in quella anteriore siano quelli che offrono meno chance.

Coda

68%

LE FILE DI CODA. Secondo lo studio di Time sono i posti più sicuri, in particolare i sedili centrali. Quelli al corridoio sono meglio dei finestrini.

21

Gli incidenti di aerei civili con morti nel 2014. Il numero più basso di sempre.

PREPARATEVI, NON SI SA MAI. Il 50% dei passeggeri non segue le presentazioni pre volo sulla sicurezza e l’89% non legge i fogli informativi. Non è un buon modo per prepararsi a un’emergenza.

Diversamente da quanto si pensa, nella maggior parte degli incidenti aerei ci sono molti sopravvissuti Ottobre 2015 Focus | 139


Società

UN TUFFO DOPO CENA. Un ratto balza da un bidone di rifiuti: può saltare 1 metro in lunghezza e cadere dal 5° piano senza morire.

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PIÙ FORTI DI NOI I ratti: alleati nei laboratori, ma pericolosi in città. I segreti di questi animali intelligenti, capaci di resistere alle bombe nucleari. Riusciremo a sconfiggerli?

no portato morte e distruzione con la peste? Oggi la lotta ai ratti, priva di nuove armi chimiche, si è potenziata con la tecnologia: alle trappole elettroniche, capaci di inviare un sms quando hanno ucciso un roditore, si è aggiunta la potenza di calcolo dei computer, che ne stimano le presenze con nuova precisione. Ma il futuro appare inquietante. Secondo Jan Zalasiewicz, docente di paleobiologia all’Università di Leicester (Uk), se il riscaldamento globale dovesse far estinguere i grandi mammiferi, sopravviverebbero solo i roditori, Npl/Contrasto

Q

uando calano le tenebre, sbucano furtivamente dai tombini e invadono la città, aggirandosi a piccoli gruppi in cerca di cibo. Si muovono rapidi, come ombre inquietanti che zampettano lungo i marciapiedi deserti... L’estate scorsa i ratti sono tornati al centro delle cronache: additati come il sintomo clamoroso del degrado di Roma, ma anche di Milano, Cagliari, Ivrea, Trani. Dobbiamo preoccuparci? Rischiamo di essere messi in scacco da questi roditori, che già nella Storia han-

Ottobre 2015 Focus | 141


Npl/Contrasto National Geographic/Getty Images

Hanno sentinelle e capi. E anziani che sacrificano la propria vita per il gruppo

IMMOLATI PER LA SCIENZA. Ratti in un laboratorio di ricerca: si stima che 15 Nobel per la medicina siano merito di studi sui roditori.

142 | Focus Ottobre 2015

che potrebbero ingrandirsi fino a 1 metro di lunghezza per 80 kg di peso. Arriverà l’era dei super topi? No, obiettano invece gli zoologi: se il clima dovesse surriscaldarsi, in realtà sarebbero avvantaggiati gli animali piccoli. Di certo i ratti sono davvero resistenti: dal 1948 al 1958, sulle isole Eniwetok (Isole Marshall, oceano Pacifico), furono testate 15 bombe nucleari. Quando, 4 anni dopo, gli scienziati della Marina militare Usa – protetti da tute anti radiazione – sbarcarono sulle isole, non c’era traccia di vegetazione e di animali. Tranne i ratti, che circolavano indisturbati. «Nessuna città è immune da loro», avverte Dario Capizzi, zoologo della Regione Lazio e fra i maggiori esperti di roditori. «E di certo i tagli alla spesa pubblica (meno derattizzazioni, edifici abbandonati, cattiva gestione dei rifiuti) hanno reso più evidente il problema. Ciò vale per Roma ma anche per le altre città». Fra i mammiferi, i roditori sono l’ordine con più specie sulla Terra: sono il 42% dei mammiferi, con 2.277 specie su 5.419. Ma quelle che hanno impatti negativi sulle attività e sulla salute dell’uomo sono per lo più 3: il topo domestico (Mus musculus), il ratto nero (Rattus rattus) e il ratto grigio (Rattus norvegicus, i ratti di fogna). Sono i ratti, in particolare, i più sgraditi abitanti delle città. «Arrivano dall’Asia e hanno avuto grande successo evolutivo perché sono molto resistenti e adattabili, oltre che intelligenti: hanno un alto

UN SORSO D’ACQUA. Un ratto norvegese beve da un bicchiere: la nostra convivenza coi roditori è iniziata 11mila anni fa.

tasso riproduttivo (una coppia può generare 108mila discendenti in un anno), si adeguano a ogni clima (vivono a qualsiasi latitudine, da –40 a oltre 50 °C), mangiano di tutto (possono rosicchiare perfino il piombo, il cemento, l’alluminio) e sono capaci di muoversi sotto terra, in acqua e di arrampicarsi», aggiunge Capizzi. CACCIATORI. Il loro successo risale a 66

milioni di anni fa, quando apparvero i primi roditori, che impararono a cacciare di notte affinando l’udito, l’olfatto e il tatto, e sostituendo l’istinto con l’apprendimento. Come tutti gli animali piccoli, i ratti consumano molta energia e vivono poco, compensando questo limite con una grande prolificità. Possono avere 20 rapporti sessuali al giorno e, grazie a una gestazione breve (20-24 giorni), generare migliaia di discendenti in poco tempo. Ecco perché sono diventati anche i simboli del sesso, come testimoniano i termini topa, zoccola, sorca. La capacità di moltiplicarsi in fretta è uno dei segreti del loro successo: in poco tempo si selezionano roditori sempre più adattati all’ambiente. Quelli sopravvissuti ai test nucleari, pur colpiti da mutazioni genetiche, le hanno diluite rapidamente da una generazione all’altra. Ed è per questo (e perché condividono


PRESTAZIONI... “TOP”

ONNIVORO

Ottimo arrampicatore parchi

FRUTTI

tetti

terrazzi

fessure

SEMI

R AT T O N E R O

( R AT T U S R AT T U S )

PESO 150-200 g

lunghezza coda

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centimetri

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Originario delle foreste dell'Asia orientale, è molto diffuso nell'area mediterranea. Colore: dall’ardesia al nero. Ha un naso appuntito, orecchie grandi e un corpo sottile. È molto agile e un ottimo arrampicatore. Onnivoro, preferisce semi e frutti.

lunghezza corpo

16-24 centimetri

ONNIVORO

M A L AT T I E

conosciute trasmissibili all’uomo

R AT T O G R I G I O

CARNE

( R AT T U S N O R V E G I C U S )

PESO 350-500 g lunghezza coda

27

centimetri

27

lunghezza corpo

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centimetri

10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

Originario di Cina e Mongolia. Diffuso ovunque, tranne in Antartide. Colore: marroncino-grigiastro. Ha il naso smussato, orecchie piccole e un corpo più spesso. Onnivoro, preferisce le carni.

Ottimo nuotatore fogne discariche giardini sponde corsi d’acqua

Rosicchia piombo, alluminio, gomma, plastica, mattoni, intonaco, cemento. E adora il rivestimento dei cavi elettrici TA S S O 18 GENI o r e : tempo dopo il parto in cui un ratto può D I M O R TA L I TÀ essere di nuovo ingravidato 24 A 6 - 1 2 M E S I 12 m e s i : età a cui il ratto raggiunge la maturità sessuale % mesi V I T A g i o r n i : la durata della gestazione dei ratti

18

3 20

24

0

Quantità di geni che il ratto condivide con l'uomo

6

0

95%

0

6-9: 108m i l a :

i ratti partoriti in ogni cucciolata numero di discendenti annui potenziali di una coppia di ratti

220 v o l t : scarica elettrica a cui possono resistere per un minuto 2 H z - 80 k H z : soglia uditiva dei ratti (nell’uomo è 30 Hz-20 kHz) 15 m e t r i : altezza da cui possono cadere senza ferirsi

Stefano Carrara

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Negli Usa sono segnalati su mappe interattive, per fare previsioni e interventi mirati quasi il 90% dei nostri geni) che questi roditori sono stati scelti per sperimentare nuovi farmaci: grazie alla loro prolificità, gli scienziati possono osservarne subito gli effetti su diverse generazioni. A PIRAMIDE. I ratti vivono in colonie

e saltava sulla carne, scavandosi una galleria a morsi finché il pezzo cadeva a terra. E gli altri lo divoravano. Sono anche abili cacciatori e nuotatori: «Sul lungomare di Palermo», aggiunge Graziano Dassi, derattizzatore di Saronno, «avevamo scoperto che la loro tana era nel frangiflutti al largo. Una sera ci siamo immersi e li abbiamo seguiti: uscivano a nuoto e raggiungevano i tramagli a un centinaio di metri; si avventavano sui pesci intrappolati, li ghermivano e li portavano a riva per mangiarli». GRANAI E FOGNE. Non a caso, “ratto” ha

la stessa etimologia di razzia: si stima che

i roditori mangino fino a 1/5 delle riserve di cibo mondiali (oltre ai cavi elettrici: 1/4 degli incendi sono causati da loro). Sono state proprio queste riserve ad avvicinare i ratti agli uomini, dopo che per millenni avevano vissuto separati: «Nessun osso di roditore è stato trovato nelle caverne dell’uomo preistorico», sottolinea Francesco Santoianni nel saggio Topi (Giunti). La fastidiosa convivenza cominciò 11mila anni fa con l’invenzione dell’agricoltura: permise all’uomo di abbandonare il nomadismo e di vivere in comunità stanziali. «Nel 3000 a.C. i re della Mesopotamia accumulavano i raccolti nei granai per sostentare l’esercito: ENTRANO OVUNQUE. Un topo domestico passa sotto una porta: i più piccoli riescono ad attraversare fessure alte 6 mm.

Npl/Contrasto

guidate dai maschi dominanti. Poiché dormono 20 ore al giorno, alcuni di loro fanno da sentinelle per vigilare sui numerosi predatori: colpa loro se il 95% dei ratti muore a 6-12 mesi, mentre la loro vita media sarebbe di 2 anni. E in caso di pericoli sono solidali: nel 1962, in Danimarca, una nave infestata dai ratti fu saturata di gas velenosi. Molti di loro riuscirono a salvarsi perché i più anziani si erano sacrificati otturando le condutture in cui scorreva il veleno. Altrettanto raffinate le strategie che usano per procurarsi il cibo. Per rubare un uovo senza spaccarlo, ad esempio, un ratto lo prende e si capovolge a pancia in su; poi interviene un altro ratto che gli afferra la coda fra i denti e lo trascina fino alla tana senza rompere il prezioso bottino. In Breve storia della vita privata (Guanda), il saggista Bill Bryson racconta che i ratti riuscivano – non si sa come – a mangiare pezzi di carne appesi ai ganci di un alto soffitto in un impianto di imballaggio negli Usa. Un derattizzatore, spiandoli di notte, ha capito come: si mettevano l’uno sull’altro formando una piramide. Uno saliva in cima al mucchio


NUTRITI E ADORATI. Il tempio Karni Mata a Deshnoke (India): i ratti sono venerati come reincarnazioni dei seguaci della dea Druga.

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3 Stefano Carrara(2)

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GHIGLIOTTINA... Il funzionamento della “Smart drain trap”, trappola “intelligente” di Anticimex per i ratti di fogna: 1) un rilevatore di calore e movimento individua un ratto; 2) lo colpisce con una forca acuminata; 3) la carcassa è rimossa dal flusso d’acqua.

Marka

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furono queste riserve di cibo ad attirare i ratti, che dalle aree del Mar Caspio raggiunsero l’Europa e l’Africa al seguito delle carovane di viaggiatori, via terra e via mare», racconta Santoianni. Il temibile Rattus norvegicus (così chiamato perché avvistato per la prima volta 3 secoli fa in Nord Europa), in realtà, è originario di Cina e Mongolia: forse questa specie arrivò in Occidente per fuggire da un devastante terremoto avvenuto nel 1727 in Iran. Trovò rifugio nelle fogne delle città europee, che offrivano un habitat riparato, ricco di cibo, acqua e di vie di fuga. E proprio nelle fogne i ratti – di per sé animali puliti – diventano portatori di oltre 30 malattie trasmissibili all’uomo, dal tifo alla leptospirosi: ospitano parassiti, batteri, protozoi, virus. Ecco perché, da secoli, si tenta di debellarli con trappole e veleni. ARMI CHIMICHE. La svolta risale al

1948, quando furono scoperti gli anticoagulanti: sostanze letali (provocano emorragie interne, facendoli morire in 5 giorni) e non percepibili dal loro sensibile olfatto. Oggi, però, la chimica segna il passo: per tutelare altri animali (uccelli, cani, gatti) dall’avvelenamento da esche per ratti, le leggi europee hanno ridotto

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... E SCOSSA. Una trappola “intelligente” elettrica a pannelli solari: 1) il roditore entra nella trappola e attiva i sensori; 2) viene catturato da un elevatore a griglia e riceve una scossa elettrica; 3) la carcassa è riposta nel cestino; 4) la griglia torna in posizione.

il numero di molecole e di formulazioni utilizzabili. In più, già 12 anni dopo l’introduzione degli anticoagulanti, i primi ratti (in Scozia) vi si sono assuefatti. Così, oggi si usano i veleni di seconda generazione: ma è difficile dire per quanto ancora funzioneranno. «La strategia più interessante», aggiunge Capizzi, «sarebbe renderli sterili: dagli Anni ’60 sono state sperimentate varie sostanze, ma finora non hanno dato risultati efficaci. E comunque c’è il problema di come somministrarle in modo continuativo e senza contaminare altri animali». Altri sistemi, invece, si sono rivelati un buco nell’acqua: dagli ultrasuoni (all’inizio li tengono lontani, ma poi si abituano) fino ai predatori: «Alle Hawaii», ricorda Capizzi, «furono introdotte le manguste, che sono predatori diurni, mentre i ratti circolano di notte. Risultato: le due specie non si incontrarono mai, e le manguste distrussero i raccolti». In realtà hanno successo, nella caccia ai ratti, furetti e cani addestrati, usati in Spagna, Usa, Germania. Ma i killer più infallibili sono i rapaci: un gufo può catturare anche 100 roditori in una notte. ALGORITMI. Ma se la guerra chimica è

arenata, «l’elettronica ha aperto nuovi

orizzonti», racconta Dino Gramellini, direttore tecnico di Anticimex, una delle 3 multinazionali di disinfestazione in Italia. La nuova frontiera sono le trappole intelligenti. Ne esistono di due tipi: la “smart trap” per le fognature, con un rilevatore di movimento e di calore, che fa scattare una ghigliottina quando un ratto vi passa sotto; e la “smart box” per le ville, alimentata a pannelli solari: cattura i ratti e li folgora con una scossa elettrica. «Entrambe le nostre trappole», spiega Gramellini, «inviano un sms o una mail per segnalare l’avvenuta esecuzione». Intanto, il Dipartimento di salute pubblica di New York ha lanciato nel 2014 il “Rat information portal”, un sito che visualizza le segnalazioni di ratti su mappe interattive, per monitorarne la concentrazione e programmare interventi mirati. E a Chicago, grazie a uno studio sulle denunce degli ultimi 12 anni, hanno elaborato un software capace di prevedere, sulla base di 31 variabili (attività, traslochi, stagione...) dove appariranno i roditori con 7 giorni di anticipo. Un algoritmo sconfiggerà i ratti? «Qualsiasi cosa inventeremo», risponde Gramellini, «dobbiamo farcene una ragione: hanno comunque già vinto loro». Vito Tartamella

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In questo numero speciale tigri, leoni e leopardi. Sono ancora oggi una minaccia per l’uomo? Pet Club: cane e gatto amici per la pelle. Lab: 18 esercizi per il tuo cane. Intervista a Bryan Fry, il maggior esperto al mondo di animali velenosi. Questo e tanto altro ti aspetta in edicola con Focus Wild!

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OGNI MESE "PET CLUB" LE PAGINE DEDICATE AGLI ANIMALI DOMESTICI


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redazione@focus.it facebook.com/focus.it @Focus_it

Fotografie, segnalazioni, commenti... Il dialogo con i lettori di Focus Rispettiamo le meduse! 149

Al Maker Faire di Roma 149

Giochi di fuoco a Vieste 151

Il lago turchese La foto del mese Antonio Firriolo Che mi hai portato a fare al lago di Braies (Bz) se non mi vuoi pi첫 bene?

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Viaggio in Brasile, il vero motore del Sud America: dalle spiagge di Ilhabela, passando per Rio e la foresta pluviale in Amazzonia, fino alle dune del nord. In più: ultime novità sul mondo delle giraffe, la rivoluzione della stampa 3D, Kaifeng, la città cinese madre di tutte le metropoli, le miriadi di batteri “domestici” e molto altro...

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MyFocus Commenti, post

solo obiettivo di uccidere o torturare queste meduse (nonostante siano innocue per l’uomo e non siano affatto in sovrannumero). Non sono un “animalista a tutti i costi”, ma non sopporto vedere i bagnanti sfogare la loro rabbia su queste creature, che peraltro raramente si avvicinano alla riva. Alessandro C., via mail

GRAZIE A TE, “DOTT.”

Mesi fa vi ho chiesto le fonti di un articolo pubblicato su Focus 266: grazie a quei riferimenti sono riuscito a costruire una tesi di laurea con i fiocchi, che ho presentato ricevendo diversi complimenti da parte dei professori nella sessione. Grazie, e vi auguro con i vostri articoli di ispirare sempre più persone. Dott. Andrea E.V., via mail IL TRAINING DELLA MENTE

Non ho mai pensato di scrivere alla redazione di Focus, ma ho visto che adesso date spazio agli enigmi preparati dagli esperti del Mensa, sul giornale e sul sito, e ne approfitto per presentarmi. Ho 18 anni e mi diverte creare indovinelli logici, enigmi criptici e quesiti matematici: potete vederli sulla mia pagina Facebook (cercate RiddleMaster). Sono anche un pioniere della community internazionale ad alto QI (e membro di numerose società, Mensa inclusa) e, in qualità di IQ Test Designer, ho creato due test High Range che sono una vera sfida. Eccoli, se vi va di provare: tetrastiq.com (test numerico), tetragram.weebly.com (test verbale).

secondo rover? E le impronte che si vedono sulla sinistra della foto sembrano... di scarponi, non di cingoli! Che cosa ne pensate? Andrea, via mail

Risponde Gianluca Ranzini, giornalista di Focus La foto è una composizione di decine di scatti ripresi dalla fotocamera sul braccio articolato del rover e assemblati in modo laborioso dal team della Nasa. Il braccio è stato eliminato in fase di ritocco delle immagini, per dare l’impressione che la foto sia stata scattata dall’esterno. Su Focus.it (http://bit.ly/1LjhHl8) c’è un video che mostra come sono presi i fotogrammi che formano il selfie marziano. Quanto alle impronte sulla sinistra della fotografia, sono punti del terreno “grattati” dal braccio meccanico del rover.

Luce sulla Città del Futuro La Sapienza-Università di Roma ospita la terza edizione europea della Maker Faire (16-18 ottobre 2015), tradizionale appuntamento con “gli artigiani della tecnologia”, che metteranno in mostra idee e invenzioni nell’ambito delle manifestazioni organizzate dall’ateneo romano a partire dal 25 settembre per l’Anno internazionale della Luce, con la Notte dei Ricercatori. Una delle installazioni dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare allestite a Roma.

Gabriel, via mail MA COME SI FANNO I SELFIE SU MARTE?

Nel numero 274 a pagina 25 si vede l’immagine di Curiosity su Marte, ma... Se è su Marte, come è possibile che ci sia un suo “autoscatto”? C’è forse un

Muse/Francesca Padovan

Hugh Pearson/NPL/Contrasto

Seguo da sempre e con interesse MeteoMeduse (www. focus.it/meteomeduse) e voglio segnalarvi una piccola esperienza personale che si ripete ogni estate. A 100-200 metri dalla costa che unisce Terracina a San Felice Circeo, nel Lazio, si possono trovare vari esemplari di polmone di mare (Rhizostoma pulmo, foto sotto) alcuni veramente grandi e affascinanti a vedersi. Purtroppo ogni giorno orde di ragazzini prendono la canoa e, spinti anche da genitori e bagnini, si recano al largo con il

NASA/JPL-Caltech/MSSS

RISPETTIAMO LE MEDUSE!

Perché fare esperimenti sugli animali per capire la vita? Alessandra FP (http://on.fb.me/1fFsZom)

I NOSTRI ERRORI FOCUS 275, PAG. 106: VESUVIO, IL FUOCO SOTTO L’illustrazione, che mostra la struttura sotterranea del Vesuvio e dei Campi Flegrei, è per forza di cose schematica. Le solfatare, in particolare, a rigore si trovano in un’altra zona (non visibile nella sezione in 3D) della Baia di Pozzuoli.

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MyFocus Le foto dei lettori

Machiavelli o Macchiavelli? Agli Uffizi lo scrivono con due “c”! Silvia C. (http://on.fb.me/1PSpMic)

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curiosita@focus.it

Dai giocolieri sputafuoco alle baraccopoli di Manila Per la sua “bolla di bolle”, la nostra lettrice Amorvena cita Trilussa: “l’astuccio trasparente d’un sospiro”. Le bolle di sapone, però, oltre che arte e poesia (e sorpresa, negli occhi dei bambini) sono scienza: modelli per studiare gli uragani sulla Terra e persino alcune ipotesi a proposito dell’universo. Sono anche fonte di ispirazione in architettura, per esempio per costruire gli stadi. Vi raccontiamo tutto questo su http://bit.ly/yTEOwi. Mandate le vostre foto a Focus.it: selezioneremo le più belle per MyFocus (in queste pagine) e per le fotogallery online su www.focus.it/letuefoto

Spedisci i tuoi scatti a animali@focus.it, macro@focus.it, photoshop@focus.it... Vedi su www.focus.it/myfocus l’elenco delle caselle tematiche e i nostri consigli. 150 | Focus Ottobre 2015

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viaggi@focus.it


MyFocus C’è troppa polemica sul riconoscimento facciale di Windows 10. Nicola (http://on.fb.me/1Ei8Osp)

insetti@focus.it

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notturno@focus.it

Vuoi pubblicare le tue fotografie su Focus e Focus.it? Le opportunità si moltiplicano, con le nuove caselle postali tematiche dedicate a viaggi, animali, insetti, paesaggi, fotomontaggi e tanto altro. 5

riflessi@focus.it

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Amorvena Mengarelli L’astuccio trasparente d’un sospiro (Trilussa).

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Clelia Mattana Il lavoro nello slum di Manila.

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Gabriele Pardini Libellula.

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Paolo Lullini Giochi di fuoco sulla spiaggia di Vieste (Foggia).

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Marina Magro Riflessi del Brenta sul lago di Tovel (Tuenno, Trento).

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Relax Fotofollie

In cuffia con le ciambelle

... e altre strane “combinazioni” ai confini della realtà.

bmw

Scienza quotidiana

Ipa (4)

A volte Photoshop non serve, per stupire basta il tocco di un grafico in gamba. Le immagini qui a fianco, per esempio, sono il frutto della fantasia e della pazienza di Stephen McMennamy, art director di Atlanta (Usa). Gli assurdi mix fotografici sono composti, semplicemente, da 2 foto scelte con cura e accostate.

Pedala che si lava! Si chiama Bwm, Bike Washing Machine, ed è una lavatrice che funziona a pedali. Oppure, è una cyclette che in più lava la biancheria. Comunque lo si consideri, si tratta di un macchinario ecologico, salvaspazio e perfino

salutare. Lo ha inventato uno studente cinese che, con un team di designer della Dalian Nationalities University, ha poi costruito il prototipo. I panni vanno inseriti nella “ruota” della macchina, dove si trova il cestello che, per

girare, utilizza l’energia prodotta dal movimento dei pedali. Per un lavaggio efficace bisogna pedalare circa venti minuti, ma è possibile ridurre i tempi e accumulare l’energia in una batteria, rinviando il lavaggio a dopo.

Sorrisi

Reuters/Contrasto

Ma insomma! Come faccio a evolvermi se continuate a ributtarmi nell’oceano!


Reuters/Contrasto

A PRIMA VISTA. Inès de la Fressange, modella e designer di moda.

La scienza dell’acqua calda

di Giovanna Camardo

I belli si notano subito, i “belli dentro”... dopo un po’ I belli fuori si fanno notare subito. I “belli dentro”, invece, sanno di giocarsela soprattutto sulle lunghe distanze. «Avere il tempo di conoscersi permette che emergano altri fattori, per esempio la compatibilità col partner, oltre alle caratteristiche che si notano più

Sapevi che... ? Notizie curiose da raccontare agli amici

Per scoprire cosa ha mangiato un orso, basta esaminarne un pelo. Lo ha scoperto un team di scienziati statunitensi e canadesi. Il più antico messaggio in bottiglia potrebbe essere quello ritrovato in agosto sulla spiaggia di Amrum, in Germania. Risale al 1904 ed è una cartolina indirizzata alla Marine Biological Association inglese. Anche i tarli del legno hanno carattere: possono essere più o meno coraggiosi nell’attuare la loro strategia difensiva... che poi consiste nel restare immobili fingendosi morti. Se il chirurgo plastico opera ascoltando la sua musica preferita, ottiene risultati migliori. Lo sostiene uno studio dell’Università del Texas.

facilmente, come la bellezza». Così Lucy Hunt, University of Texas, motiva in modo scientifico il fascino di chi magari non brilla per avvenenza ma è tanto, tanto simpatico. Col suo team ha analizzato le storie di 167 coppie, dividendole in due tipi: quelle in cui i due sono ugualmente

Curiosità

Non ti capisco: parli ostrogoto? Quando un italiano vuole dire

che qualcosa per lui è indecifrabile, esclama: “Per me è ostrogoto!”. E nelle altre lingue, come si esprime la stessa incapacità di comprensione? In realtà, noterete nello schema qui a lato, siamo gli unici a tenere vivo il ricordo di quella lingua “barbara”. Altri popoli tirano in ballo il cinese, il greco, lo spagnolo. Qualcuno l’arabo, e a volte lo facciamo anche noi. Dipende da come la storia ha incrociato i destini delle lingue e delle popolazioni... Paese che vai, insomma, “ostrogoto” che trovi!

attraenti e quelle in cui lui o lei sono più brutti del partner. Ha visto che nel primo caso i partner si erano fidanzati entro un mese dal primo incontro, nel secondo ci hanno messo di più o erano amici da prima. Insomma, conclude, i “belli dentro” hanno avuto il tempo di farsi apprezzare.

ARABI TEDESCHI FRANCESI SPAGNOLI GRECI RUSSI GIAPPONESI

dicono: è

CINESE?

CROATI MACEDONI SLOVENI SERBI CECHI

dicono: è

SPAGNOLO?

INGLESI AMERICANI NORVEGESI SVEDESI

dicono: è

GRECO?

ITALIANI

dicono: è

OSTROGOTO?

ITALIANI TURCHI PORTOGHESI

dicono: è

ARABO?

IRANIANI

dicono: è

GIAPPONESE?

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Giochi I consigli degli esperti del Mensa Italia

Allenati con noi! Una nuova iniziativa per voi. Ogni mese proporremo giochi diversi e sveleremo le tecniche per affrontarli, stimolando a una a una tutte le capacità del cervello. Obiettivo: una grande sfida nel 2016.

Il Mensa è un’associazione che riunisce persone che in un test controllato risultano avere un Quoziente Intellettivo superiore al 98% della popolazione. Sito web: www.mensa.it

ABILITÀ DI TIPO SPAZIALE. In questo tipo di quiz abbiamo solo figure geometriche. A volte la legge che lega i disegni è esplicita, mentre in altri casi (come nell’esempio) individuarla è parte del problema. Questo tipo di quiz è poco influenzato da fattori culturali, ed è chiamato con la locuzione inglese “culture fair”. Per questo motivo è utilizzato da molti test per la misura del QI, compreso quello del Mensa.

.it

Mettiti alla prova con altri giochi logici di varia difficoltà su www.focus.it/mensa

A cura di Alberta Sestito, Mensa Italia

?

SECONDA PUNTATA: TEST VISUALI IL PROBLEMA. Individuare quale figura deve essere sistemata nella casella con il punto interrogativo. COME SI AFFRONTA. Per prima cosa si deve osservare lo schema e cercare di capire il problema. Ognuno di questi giochi, infatti, è un caso a sé. Spesso, in questo tipo di sfida, si trovano nove caselle disposte in 3 file da 3, a forma di quadrato, che si possono leggere in orizzontale o (più raramente) in verticale. Nel nostro caso, invece, abbiamo dieci caselle disposte a piramide. Una possibile idea di soluzione è che le caselle superiori siano funzione di quelle immediatamente inferiori. Se partiamo dall’angolo in basso a sinistra, notiamo che abbiamo un cerchio e un rombo nella riga inferiore, e nella superiore un cerchio con un rombo, sovrapposti. Quindi la prima ipotesi che possiamo formulare è che la casella superiore riporti i disegni delle due caselle su cui poggia, rispettando la geometria del disegno. Se ci spostiamo nelle caselle adiacenti, troviamo una conferma: abbiamo infatti un rombo e una stella, e sopra un rombo con una stella. Tuttavia se passiamo alle caselle successive non è più così. A destra troviamo infatti una stella e un rombo con stella, mentre nella riga

superiore c’è solo un rombo. Dunque dov’è finita la stella? Trascuriamo per un momento l’elemento mancante e passiamo alle righe superiori. I primi due disegni della seconda riga sono cerchio con rombo, e rombo con stella. Sopra, troviamo un cerchio con una stella. Deduciamo allora che, se un elemento è presente in una sola delle due caselle inferiori, viene riportato in quella superiore, se è in entrambe viene cancellato. Possiamo verificare questa condizione per tutti i quadrati della piramide e osserviamo che è sempre confermata. Quindi abbiamo individuato sia il problema (ogni casella dipende dalle due sottostanti) sia la legge di composizione (figure uguali si elidono, figure diverse si sovrappongono). A questo punto, è facile arrivare alla soluzione.

Soluzione La figura da sistemare al posto del punto interrogativo è il cerchio vuoto.

I virtuosi del QI

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16 - 18

OTTOBRE 2015

Maker Faire Rome

makezine.com

#MFR15


Relax Brain Trainer, ginnastica per la mente

ORIZZONTALI: 1 Ne soffriva anche Alessandro Manzoni - 9 È usato col tung-

steno per fabbricare filamenti elettrici - 13 Dea della salute - 14 L’urbanista francese che progettò i boulevard di Parigi - 16 Suoni sgradevoli - 18 Molecole semplici capaci di legarsi tra loro - 20 Simbolo del gallio - 21 Comprende la Siberia - 22 Un dono dei re Magi - 23 Iniziali della Bergman - 24 Nome improprio dei Paesi Bassi - 26 Piombo - 27 Sua Maestà - 29 In taxi e in camion - 30 Le facce del dado - 32 Opposto a minor - 35 Sito archeologico francese - 38 Si pratica sulla neve - 39 Il comburente per eccellenza - 40 Sugli autobus di Roma - 41 Interruttori elettrici - 42 Iniziò con l’incoronazione di Carlo Magno (sigla) 43 Un antenato dell’uomo - 46 Musicò il Peer Gynt - 47 Simile al papavero - 49 Vocali di scorta - 50 Iniziali di Montale - 52 Adorano feticci - 54 Particelle subnucleari - 57 Il dominio di primo livello della Costa d’Avorio - 58 Un satellite di Urano - 59 La terra madre - 62 Megaton - 63 Intingoli per condire - 65 È allo studio un vaccino per contrastarla - 67 Né miei né suoi - 68 Il valore che tende ad assumere una funzione - 70 La Lovelace che lavorò con Babbage - 71 Sporco - 72 Edema diffuso del tessuto sottocutaneo - 74 Direzione opposta a NE - 75 Vivace, frizzante. VERTICALI: 1 L’osservatorio di onde gravitazionali in provincia di Pisa - 2 Identico - 3 Fase del sonno - 4 Ente supremo dei cinesi - 5 Lega di ferro e carbonio - 6 Nel Siam - 7 Pompilio secondo re di Roma - 8 Prefisso di uguaglianza - 9 Ballo coreografico

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del Manzotti - 10 Celebre, nota - 11 Nord Nord-Est - 12 La scritta sulla Croce - 15 Un tipo affettato - 17 Corpo celeste captato solo da certi telescopi - 19 La penisola con la Spagna - 25 Sconfisse Totila - 26 Mammiferi con dita palmate - 28 Sottordine dei Cetacei che comprende le balene - 30 Funicella per issare le bandiere sulle navi - 31 Tutt’altro che

subalterna - 32 Simbolo del manganese - 33 Una contrada di Siena - 34 Si occupa dei processi educativi dell’infanzia - 35 Cicli di lezioni - 36 La Medici attrice - 37 Identifica la farina di grano duro - 40 Roccia sedimentaria - 42 Paramento per sacerdoti - 44 Sfocia nel mar Caspio - 45 Posto in basso - 48 Vigliaccheria - 51 Una stazione orbitante russa - 53 Poggiano

sugli scalmi - 55 L’opposto del download - 56 Riserva con fauna protetta - 60 È usato spesso in lega col platino - 61 Il nome della Ricciarelli - 64 Il suono del televisore - 65 Gatto domestico - 66 Il Messi del calcio - 68 Animali la cui fame è proverbiale - 69 La più bella del concorso - 71 Fernando, chitarrista e compositore spagnolo - 73 Simbolo del rubidio. Ottobre 2015 Focus | 157

Corbis/Contrasto

CruciFocus


Relax Brain Trainer, ginnastica per la mente Catena di parole a tappe

Bunny Bond L’affascinante cugina del ben più noto James lavora per un’agenzia senza nome come esperta di codici segreti. Ecco due nuovi “casi” da risolvere di difficoltà crescente.

Ricostruite il giusto ordine della catena, di cui vi forniamo quattro anelli. L’elenco delle parole da concatenare è qui sotto, in ordine alfabetico.

STAMPA

ACQUA ALZARE CAMICIA

DA MADRID A OTTAWA

Bunny riceve una soffiata dall’agenzia senza nome: “Il ladro è scappato portandosi il capitale nella città italiana indicata da questo schema”. Adesso dategli un’occhiata anche voi, riuscite a capire quale città è suggerita? M R

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LA PENDOLARE

Bunny Bond è appena rientrata dalla Francia, quando riceve un messaggio dal suo capo. Il messaggio dice: “Mi dispiace che tu debba fare la pendolare, ma questa è la tua prossima destinazione”. Seguono poi delle lettere messe apparentemente a caso. Riuscite a decifrare questo messaggio?

STAMPA; sala; pranzo; sacco; pelo; uovo; camicia; forza; maggiore; età; RAGIONE; santa; acqua; dolce; vita; media; inglese; lingua; punta; ora; ZERO; sparare; vista; occhiali; lenti; contatto; gomito; alzare; cresta; gallo; CANTO.

LENTI LINGUA

Bunny Bond DA MADRID A OTTAWA Inserendo nello schema i nomi delle nazioni che stanno a sinistra delle rispettive capitali (Spagna, Belgio, Grecia, Russia, Egitto, Libano, Canada) e leggendo di seguito le lettere nella seconda colonna, si scopre la città: Perugia. LA PENDOLARE Muovendosi “come un pendolo” e leggendo la prima lettera, poi l’ultima, poi la seconda, poi la penultima... e così via, si legge il messaggio: “martedì stazione di Nizza”, che è il prossimo appuntamento per Bunny.

Vuoi continuare a giocare? Scopri il Focus Quiz online www.focus.it/quiz

M AGGIORE M EDIA

Gioco testatina cyan CruciFocus

OCCHIALI

Avete risolto correttamente il Crucifocus? V I R G O P E D A G O G I S T A

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GOMITO INGLESE

Soluzioni dei giochi Catena di parole a tappe

GALLO

G I N I H A U S S I M O N S I A O A P B S E I M A G N O I G E N O T O M I A L O P I A N E M M I D O I C I R I A K R M A L I M I T U D I C I P I S I A I O S O

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PELO PRANZO PUNTA SACCO SALA

V I L T A

SANTA SPARARE U OVO

CANTO

VISTA VITA

Autori dei giochi: Lucio Bigi, Silvano Sorrentino, studiogiochi

158 | Focus Ottobre 2015


Presenta

KIDZLAND la nuova App educativa che stimola l’intelligenza dei bambini da 2 a 6 anni!

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dalle aziende LIFE CLASS

terme & Wellness life Class: a portorose, l’offerta Wellness più Completa d’europa

Portorose vanta l’offerta benessere più completa d’Europa, frutto di una tradizione lunga 800 anni, sviluppatasi anche grazie alla presenza di fanghi salini, del mare e dell’Acqua Madre, liquido pregiato ad alto contenuto di differenti minerali. I 7 centri delle Terme & Wellness Life Class, ubicati nella località slovena, raggruppano un insieme veramente articolato di possibilità legate allo stare bene: centro thalasso, sauna park, trattamenti ayurvedici e un’area interamente dedicata al massaggio tradizionale tailandese unica nel suo genere. Da provare per vivere in prima persona i benefici di una tradizione plurisecolare. Per ulteriori informazioni: www.portoroz.si www.lifeclass.net GRAND HOTEL RIMINI

grand hotel rimini

Il Grand Hotel Rimini, il cinque stelle lusso da sempre considerato il simbolo della Dolce Vita in Riviera Adriatica, è una stupenda dimora storica che vanta oltre cento anni di storia ed è monumento nazionale dal 1984. Appartiene alla catena alberghiera Select Hotels Collection della famiglia Batani, che lo ha completamente restaurato, restituendo splendore alle forme neoclassiche della facciata, ristrutturando anche le camere e le suite, senza intaccare il fascino della struttura. Il Grand Hotel Rimini è immerso in un grande parco e dotato di piscina, annessi campi da tennis e spiaggia privata. L’ambiente è ovattato, con un’atmosfera tipicamente felliniana. Da visitare il grande e modernissimo centro benessere, ma non si può tacere il “piatto forte della casa”: l’enogastronomia. Negli austeri saloni dell’hotel, si trova il ristorante “Dolce Vita”, dove lo chef Claudio Di Bernardo e la sua brigata elaborano raffinati menù.

SAMSUNG

Chef ColleCtion: il futuro degli elettrodomestiCi ultra-premium

Fa parte della Samsung Chef Collection, la serie di elettrodomestici premium di ultima generazione pensati per rispondere alle esigenze dei migliori cuochi al mondo, la nuova linea di forni a incasso Defense, caratterizzata da un’intuitiva interfaccia LCD touchscreen a colori e dalla tecnologia Wi-Fi, che consente di controllare i propri cibi da remoto. Il piano cottura, con tecnologia Virtual Flame ™, è la soluzione ideale in grado di impostare l’intensità perfetta per i propri piatti, scegliendo tra i 16 livelli disponibili. Il frigorifero Kitchen Fit è dotato di tecnologia Precise Chef Cooling™, che regola i cambiamenti di temperatura mantenendola entro lo 0,5 ° C per preservare il sapore originale e la consistenza del cibo più a lungo. Infine, la lavapiatti Waterwall™ fornisce performance di pulizia eccellenti attraverso la tecnologia Waterwall ™ che, con un getto d’acqua potentissimo, raggiunge ogni angolo utilizzando acqua ad alta pressione fino al 15% più efficace rispetto a un ciclo tradizionale.

EURONICS

euroniCs e Wikimedia anCora insieme per sostenere il patrimonio artistiCo italiano

Euronics e Wikimedia ancora insieme per sostenere il patrimonio artistico italiano. Si sta svolgendo da martedì 1 settembre sino al 30, la IV edizione italiana del concorso di fotografia “Wiki Loves Monuments”. Promosso sul territorio nazionale da Wikimedia Italia, è il contest più grande al mondo a cui ogni anno aderiscono sempre più Comuni, Enti, fotografi e appassionati, per far conoscere e salvaguardare il valore artistico e culturale di cui è ricco il nostro Paese. Euronics ha rinnovato il suo sostegno al progetto come sponsor ufficiale, in collaborazione con Canon, premiando i primi 10 vinvitori con voucher fino a 500 euro da spendere nei punti vendita sui prodotti Canon. Il soggetto della foto a lato è la Basilica di San Giovanni Battista di Busto Arsizio; la foto è stata tra le prime dieci classificate del concorso 2014. Autore: Marco da Busto.


Questo mese online

Mondo Focus

Progetto Grafico: Studio Berg Magazine Publishing Coordinator e Business Manager Carolina Cefalù Digital Publishing Coordinator Daniela Grasso Subscription Manager Alessandro Scampini Coordinamento Tecnico Valter Martin Amministratore Delegato, Coo e Publisher Roberto De Melgazzi Direttore del Personale e Affari Legali Lucio Ricci Direttore Controllo di Gestione Paolo Cescatti Abbonamenti: 12 numeri € 29,90 + spese di spedizione. Non inviare denaro. Per informazioni o per comunicare il cambio di indirizzo telefonare esclusivamente ai numeri: dall’Italia 199 111 999 costo da telefono fisso € 0,12 + Iva al minuto senza scatto alla risposta, costo da cellulare in funzione dell’operatore; dall’estero +39 041.5099049; fax 030.7772387. Il servizio abbonamenti è in funzione da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 19.00. Oppure scrivere a Press-Di Srl Servizio Abbonamenti – via Mondadori, 1 – 20090 Segrate (MI); mail: abbonamenti@mondadori.it; Internet: www.abbonamenti.it/gruner Servizio collezionisti: Arretrati: I numeri arretrati possono essere richiesti direttamente alla propria edicola, al doppio del prezzo di copertina per la copia semplice e al prezzo di copertina maggiorato di € 4,00 per la copia con allegato (DVD, libro, CD, gadget). La disponibilità è limitata agli ultimi 18 mesi per le copie semplici e agli ultimi 6 mesi per le copie con allegato, salvo esaurimento scorte. Per informazioni: tel. 045.8884400; fax 045.8884378; mail collez@mondadori.it Raccoglitori: € 14,90. Per acquistare o per informazioni telefonare al numero 199 152 152 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 18.00 e il sabato dalle 10.00 alle 14.00 (costo da telefono fisso € 0,12 + Iva al minuto senza scatto alla risposta, costo da cellulare in funzione dell’operatore). Fax: 030.7772385; mail: focusclub@mondadori.it; Internet: www.tuttocollezioni.com/raccoglitorefocus Stampa: Elcograf Spa, Verona. Distribuzione: Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl - 20090 Segrate (Mi). Focus: Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano n. 552 del 16/10/92. Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica sono riservati. Tutto il materiale ricevuto e non richiesto (testi e fotografie), anche se non pubblicato, non sarà restituito.

CULTURA I riti di passaggio più curiosi del mondo.

Kristian Buus

Direttore Responsabile: Jacopo Loredan Ufficio Centrale: Gian Mattia Bazzoli (caporedattore), Giovanna Camardo (caposervizio), Isabella Cioni (caporedattore), Emanuela Cruciano (caporedattore), Andrea Parlangeli (caporedattore centrale), Gianluca Ranzini (vicecaporedattore), Marina Trivellini (caporedattore art director) Redazione Grafica: Giorgio Azzollini (caposervizio), Gloria Galbiati, Elena Lecchi, Luca Maniero (caporedattore art director), Francesca Patuzzi (caporedattore), Emanuela Ragusa, Luca Tomasi Ufficio Fotografico: Paola Brivio (caposervizio), Alessandra Cristiani (vicecaposervizio), Sara Ricciardelli, Daniela Scibè Redazione: Amelia Beltramini (caporedattore), Sabina Berra, Marco Ferrari (caposervizio), Margherita Fronte, Roberto Graziosi, Raffaella Procenzano (caporedattore), Fabrizia Sacchetti (caposervizio), Vito Tartamella (caporedattore), Stella Tortora (caporedattore), Raymond Zreick (caposervizio) Segretaria di Redazione: Antonella Buccino Hanno collaborato a questo numero: Paolo Attivissimo, Luigi Bignami, Marco Consoli, Fabio Dalmasso, Giulia Donati, Gabriele Ferrari, Mauro Gaffo, Camilla Ghirardato, Elisabetta Intini, Maria Leonarda Leone, Roberto Mammì, Rebecca Mantovani, Valentina Meschia, Edoardo Monti, Adriano Monti Buzzetti Colella, Nicola Nosengo, Francesco Orsenigo, Chiara Palmerini, Alberta Sestito, Francesca Tarissi

©Mark Power/Magnum

Via Battistotti Sassi, 11/A – 20133 Milano

ARTE Dismaland, il parco a tema dell’artista Banksy.

MATERIA OSCURA

Asa, Esa, M.J. Jee e H. Ford (J. Hopkins Univ.)

Gruner+Jahr/Mondadori SpA

Molti ne parlano, alcuni la cercano, nessuno sa che cos’è: 10 cose che tutti dovrebbero sapere sulla materia oscura, l’elemento che secondo gli astrofisici compone più dell’80 per cento della materia dell’universo.

Tutto questo e molto altro su: http://www.focus.it/276

Ottobre

22.05

Dal 1° ottobre ogni giovedì

MEDIOEVO DA BRIVIDO La serie che ci guida alla ricerca di indizi e rivelazioni tra chiese, castelli e campi di battaglia.

Direzione, redazione, amministrazione: Via Battistotti Sassi, 11/A - 20133 Milano. Telefono 02/76210.1. Fax amministrazione: 02/76013439. Fax redazione: 02/76013379. Garanzia di riservatezza per gli abbonati. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 D. leg. 196/2003 scrivendo a: PressDi Srl Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 – 20090 Segrate (MI). Mail: privacy.pressdi@pressdi.it Pubblicità: Mediamond S.p.A. - Sede centrale: Palazzo Cellini - Milano Due 20090 Segrate (Mi) - Tel. 02/21025917 - Mail: info.adv@mediamond.it Accertamento Diffusione Stampa Certificato n. 7152 del 14/12/2011

Periodico associato alla FIEG (Federaz. Ital. Editori Giornali) Codice ISSN: 1122-3308

17.45

21.15

SPACE WEEKEND

HOME FACTORY

Sabato 10 e domenica 11 ottobre

Dal 14 ottobre, ogni mercoledì

Ottobre 2015 Focus | 161


Nei prossimi numeri di Focus:

LO COMPRO SOLO SE NON CONVIENE

Getty Images

Siamo esseri razionali? Non tanto, a giudicare dal modo in cui, come hanno evidenziato 2 premi Nobel, prendiamo le decisioni di tipo economico. Numero 277 in edicola dal 23 ottobre

Questo mese in edicola

Arjan Vennema

FOCUS STORIA Le radici, le identità, i luoghi comuni delle nostre tre (e più) Italie.

FOCUS JUNIOR Entra in un universo di divertimento con il nuovo Focus Junior!

162 | Focus Ottobre 2015

FOCUS EXTRA Un numero “tabù” interamente dedicato alla fisica del sesso.

FOCUS PICO Fiabe, giochi e filastrocche per i più piccini.

©Photo Josse/Leemage

FOCUS WILD Tigri, leoni e leopardi sono ancora oggi una minaccia per l’uomo? Scoprilo su Focus Wild.

FOCUS STORIA COLLECTION I grandi personaggi che hanno fatto il Medioevo e il Rinascimento.


Infusi alla frutta Bonomelli. Perfetta armonia di gusto e naturalità.

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