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noi e loro Gli animali di una volta

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reportage

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Saluto la signora Bruna sulla porta di casa - non prima di averle raccomandato ancora una volta di ridurre il cibo alla sua povera gata che si muove a fatica - prendo la borsa da moderna Mary Poppins e mi rimeto in auto. La fta nebbia della pianura avvolge la strada e dà spazio ai miei pensieri. Cosa è cambiato negli ultimi anni? Davvero anche per i nostri animali “si stava meglio quando si stava peggio”? Con il passare del tempo abbiamo cambiato abitudini, necessità ed esigenze e il loro ruolo nelle nostre vite è indubbiamente molto diverso rispeto a quello di una volta. Se prima erano fondamentali e decisamente funzionali nel lavoro, oggi hanno un altretanto importante compito sociale. Pensiamo per esempio al cane: prima guardiano e fedele aiuto ci accompagnava proteggendo il bestiame nei pascoli e le nostre case dai predatori, oggi si è guadagnato a pieno titolo il divano di casa compensando talvolta le nostre carenze afetive e di relazione. Vivo in una zona dove il rapporto con la natura è ancora molto complesso e schizofrenico, tra allevamenti intensivi, cani da cortile che scappano lungo le carraie polverose in cerca di avventure e cani e gati di famiglia o di casa, amati e coccolati come solo chi ha provato la gioia di aprirsi a una tale esperienza di vita può capire. Sì, prendersi cura di un animale è un’esperienza di vita, un’esperienza di amore estremo direi. Il particolare momento che stiamo vivendo ci ha mostrato in modo brusco e quasi violento come le piccole abitudini di tuti i giorni, anche le più insignifcanti e banali, possano condizionare profondamente la nostra salute. Ora, proviamo per un attimo a pensare alla vita di un cane o di un gato in un appartamento: l’impossibilità di uscire di casa, gli spazi limitati, le relazioni obbligate con conviventi di uguale specie o diversa (come noi strani esseri senza pelo con tuti i nostri apparecchi eletronici), l’isolamento, la mancanza di luce naturale e di sole direto, la limitazione del movimento all’aria aperta, della possibilità di esplorazione, l’annullamento degli stimoli, la noia, l’aspetativa, la frustrazione, la paura verso il mondo esterno, … Tute esperienze molto familiari anche per noi ora, vero? E quali efeti hanno avuto sulla nostra salute psichica e fsica le restrizioni e gli obblighi che abbiamo sperimentato? Quanto ci hanno messi in difcoltà? Cani e gati (e non solo!) sono entrati a far parte a tuti gli efeti delle nostre famiglie - nel conceto più profondo e inclusivo del termine - e abbiamo iniziato a condividere con loro anche la nostra sfera emotivo-emozionale più intima. Questo ha comportato però una condivisione anche degli aspeti più problematici che riguardano i ritmi della nostra quotidianità, non sempre in linea con le fsiologiche necessità di una vita sana, umana o animale che sia. Tecnopatia in medicina umana è sinonimo di malatia professionale, in medicina veterinaria invece indica un’anomalia del comportamento che si può verifcare in alcuni animali d’allevamento per le innaturali condizioni in cui talvolta sono costreti a vivere. E allora non potrebbero forse dipendere da “tecnopatie domestiche” molti dei piccoli gravi malanni che afiggono i nostri animali? È ormai noto come lo stress prolungato comporti un innalzamento dei livelli di cortisolo nell’organismo, una conseguente alterazione del proflo immunitario e uno stato di infammazione cronica di basso grado che può provocare, con il tempo, gravi alterazioni metaboliche e organiche. Quindi i nostri animali di casa si ammalano davvero di più rispeto a quelli di una volta? Non credo, solo si ammalano in modo diverso. Mangiano molto di più, spesso eccessivamente (cibi poco adeguati e ricchi di conservanti), si muovono meno di quanto dovrebbero, hanno spazi limitati, subiscono i nostri sbalzi di umore e le nostre emozioni, ma hanno cure e atenzioni mai avute prima e un’aspetativa di vita molto più lunga di un tempo. La medicina veterinaria ha fato passi da gigante nella clinica, nella diagnostica e nella medicina d’urgenza, ma condivide con la medicina umana la tendenza univoca alla ricerca e alla cura della malatia, trascurando talvolta la cura del paziente nella sua integrità. Così come gli animali sono estremamente sensibili agli agenti esterni che condizionano la loro vita e l’ambiente in cui vivono, allo stesso modo sono altretanto reativi a tuto ciò che li può ricondurre a uno stato di salute. Tanto più coerente è il messaggio che mandiamo all’organismo, tanto più rapidi saranno la risposta e il miglioramento dei sintomi. La natura è perfeta e intelligente e ha in sé tuti gli strumenti e le risorse per

riportare in equilibrio ogni organismo in caso di difcoltà: rimedi e integratori naturali permetono di intervenire tempestivamente con un’azione mirata e allo stesso tempo delicata, per fornire supporto e favorire una ripresa veloce e duratura. Sono una tavolozza di infnite possibilità terapeutiche, il cui limite unico in genere sono le nostre conoscenze. C’è chi vi atinge per convinzione, chi per dedizione e chi per disperazione: sempre più spesso c’è la necessità di supportare animali con patologie croniche, pazienti oncologici, cani o gati anziani che non possono tollerare lunghi tratamenti farmacologici. O più semplicemente c’è la volontà di curare la salute del proprio animale, nel senso più ampio e tanto umano di prendersi cura di lui. E allora anche noi medici veterinari, come il caro Dotor James Herriot faceva con tanta passione, talvolta potremmo prenderci qualche atimo in più durante la visita clinica e sederci a conversare con l’accompagnatore umano del nostro paziente, per comprendere a pieno la complessità della relazione che ci troviamo davanti. Osservare e conoscere per capire e poter consigliare al meglio, per un approccio integrato volto alla cura dell’animale e del suo benessere psico-fsico, ma anche un’atenzione all’ambiente, al contesto e alla famiglia. Perché la medicina preventiva inizia dall’ascolto e dalla comprensione e la natura parla ancora un linguaggio semplice, intuitivo, al quale probabilmente gli uomini di una volta erano più abituati.

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(Alice Z. )

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