IN CASO DI MANCATA CONSEGNA A UFF. BO CMP PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A VERSARE LA DOVUTA TASSA. Spedizione in abbonamento postale 45%. Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB BO. 1 COPIA e 3,00 - Codice ISSN 18284396-08
N. 150 - novembre/dicembre 2011
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DEGUSTA L a R i v i s t a d e l G u s t o e d e l Tu r i s m o E n o g a s t r o n o m i c o
EDITORIALE Le bibite gassate ci uccidono, meglio un buon bicchiere di vino!
GIANLUIGI VERONESI
N
egli Stati Uniti succedono fatti negativi o positivi che puntualmente si ripetono anche in Italia: lo sappiamo da sempre ma, nonostante la fortuna di poter intravedere situazioni allarmanti in anticipo, continuiamo a sbagliare. La storia dei titoli spazzatura, le illusioni della Goldman Sachs o della Lehman Brothers dovevano averci insegnato qualcosa, invece… Anche in campo alimentare non siamo abbastanza intelligenti da “prevedere” e quindi evitare il ripetersi di drammatici errori: per carenza o assenza informativa sulla corretta dieta, la municipalità di New York sta investendo fiumi di denaro per promuovere una campagna contro l’abuso di zuccheri; lo ha fatto per sensibilizzare drasticamente l’opinione pubblica a bere meno bevande gassate di fronte ad una cittadinanza esageratamente diabetica e obesa. In Italia, patria della dieta mediterranea, abbiamo già i bambini più obesi del mondo e l’aumento degli infarti è continuo. Non ci vuole molta fantasia per rendersi conto che a breve vivremo probabilmente la medesima situazione newyorkese e americana. Ma per fortuna abbiamo anche giornalisti che lottano per denunciare fatti e misfatti enogastronomici e si impegnano, quasi fossero missionari, a “diffondere” informazioni, notizie e dati, tesi a valorizzare la buona tavola e i prodotti genuini e qualificati (dop, doc, stg, ecc) a discapito di surrogati chimici e taroccature che oltre ad offendere i sacrifici e il merito dei nostri artigiani e agricoltori, spesso fanno male alla salute, fino alle estreme conseguenze. Con questo paziente lavoro quotidiano di informazione e divulgazione noi contribuiamo a sensibilizzare l’opinione pubblica, evitando così che le amministrazioni si trovino poi a sborsare milioni di euro per arginare un fatto divenuto di fatto “piaga sociale”: più si mangia male, più si ha bisogno di ospedali, più aumenta la spesa pubblica! Ormai il danno causato dalla totale disinformazione in materia finanziaria e bancaria ha fatto le sue vittime, lo abbiamo toccato con mano tutti, no? Ma almeno per ora siamo qui a leggere e parlarne… Invece i danni causati dalla disinformazione nelle diete alimentari non ci lasceranno scampo. Su Youtube si possono vedere i video shock pagati e diffusi a spese del New York City Ealth Departmet e quindi dai contribuenti americani: bere una bibita gassata equivale ad ingoiare 16 bustine di zucchero! http://www.youtube.com/watch?v=62JMfv0tf3Q
novembre/dicembre 2011
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SOMMARIO
DEGUSTA
N. 150 - novembre/dicembre 2011
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IN CASO DI MANCATA CONSEGNA A UFF. BO CMP PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A VERSARE LA DOVUTA TASSA. Spedizione in abbonamento postale 45%. Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB BO. 1 COPIA e 3,00 - Codice ISSN 18284396-08
L a R i v i s t a d e l G u s t o e d e l Tu r i s m o E n o g a s t r o n o m i c o
Editoriale
Le bibite gassate ci uccidono, meglio un buon bicchiere di vino!
Attualità
Oltre il pangasio anche il siluro Essenza di natura in barattolo Un Apery Fish sotto le due torri Agricoltura vera o agricoltura immaginata? Secchiello del ghiaccio? No, grazie…
Gastronomia
pag 12
27 30 32 35 40 42 44 146
Speciale Strade dei Vini, 8 itinerari proposti Autoritratto di un terroir: Lis Neris Commissione vini: il pignoletto ai raggi x Le famiglie del vino: passione e dedizione Gaggioli: quando il Pignoletto è donna A cena con i produttori dell’Emilia Romagna Northern Cape, i vini del grande fiume A Bologna il Miglior Sommelier d’Italia
64 82 85 96 98 101 102 106
SPECIALE Cioccoshow La nuova filosofia di Monte Fasolo Cremona e la Festa del Torrone L’ombelico dell’Emilia Romagna La Valdichiana e la sua storia Vinimpero, vini dall’Ungheria Autumn in Savigno da non perdere Claudio Sordi e La Piazzetta Archeologia in Val Susa Formaggi sul podio a Caseus Veneti A Torino l’evento solidarietà e record Salsamentari in festa durante il T-DAY Andar per langa in modo diverso Renato & Anna, affinatori di formaggi in Roncofreddo Appuntamenti per golosi Alla Masseria Torre Coccaro
107 114 116 120 122 123 124 126 128 130 134 135 136 138 161 162
Blocknotes La lettera di Attilio Scotti Storie di gastronomia Buona DE.CO. a tutti! Mai dire buon appetito Wine’s FLAvour Il calice tagliente Lo sproloquio enologico La birra nel mondo Un giorno al museo Economia e finanza Tutto weekend
6 10 22 26 28 84 94 100 104 145 164 166
Turismo Enogastronomico
Rubriche
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pag 80
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12 16 17 18 20
La qualità che si vede La Berlocca: lussuosa semplicità Pasta ammescata, ovvero pasta mista Costanza e identità di uno chef cagliaritano A Natale il tortellino tradizionale Dolci per le feste? Panettone artigianale PATATA in BO: le foto di chi c’era Cosa regalo a Natale?! Un libro d’arte e cucina
Vini
La foto di copertina è di Gianfranco Battisti
3
BLOCKNOTES ] San Lazzaro di Savena (BO) Cirio sbarca oltre confine Una scelta strategica interessante quella del gruppo Conserve Italia – leader europeo dell’ortofrutta trasformata – che punta a riposizionarsi sui mercati esteri e a rafforzare la propria presenza su quelli “storici”. In particolare, il celebre marchio Cirio è stato oggetto di un’intensa opera di restyling e valorizzazione complessiva della gamma, inserendosi in Gran Bretagna, Belgio e Svizzera come sinonimo del miglior made in Italy alimentare.
] Italia-Scozia Nuovi traguardi per Glenfarclas Una ventata di novità per la famosa distilleria scozzese Glenfarclas (in gaelico “la valle dei verdi pascoli”) che lancerà sul mercato italiano due nuovi whisky: il 40 anni e il Chairman’s Reserve, edizioni limitate che stupiranno piacevolmente gli appassionati e i collezionisti. A presentare i nuovi Whisky sarà Ms. Kate Wright, Sales & Marketing Executive di Glenfarclas (Fratelli Rinaldi Importatori, tel. 051 4217811).
A cura della redazione ] San Maurizio Canavese (TO) Gran pasticceria al femminile Grande soddisfazione per gli chef Grasso e Macchia e per il team del ristorante stellato “La Credenza”. Paolo Marchi, patron della guida “Identità Golose”, ha dato merito alla tenacia di Chiara Patracchini, entrata a far parte dello staff del noto ristorante all’età di 18 anni, con il titolo di miglior Chef Pasticcere 2012. Il premio conferma la grande voglia di crescita che contraddistingue l’intero gruppo de “La Credenza”.
A sinistra: Glenfarclas 40 anni A destra: Chiara Patracchini, miglior Chef Pasticcere 2012
SALUTO A WALTER FACCHINI DI SIGILLO QPGR
Dedico questo numero della rivista ad uno dei personaggi più straordinari che ho conosciuto, il casaro magico Walter Facchini, uomo il cui valore umano e sociale non è mai stato sufficientemente compreso, apprezzato e condiviso. Oggi Walter non è più tra noi, ma il suo insegnamento e le sue battaglie resteranno per sempre. Era un casaro che portava dentro di se l’antica tradizione casearia umbro-etrusca, scriveva libri e poesie, faceva continue ricerche sulla caseificazione e sull’utilizzo delle erbe naturali di montagna anziché prodotti artificiali. Mi piace ricordare un un pezzo estrapolato da un articolo di Piero Valdiserra che recentemente lo aveva intervistato: “Col tempo, i saperi ancestrali dei pastori si sono andati perdendo, e sono proprio uomini come Walter Facchini che oggi cercano con ogni mezzo di farli rivivere per il piacere nostro e dei nostri figli e nipoti”. Un pezzo delle nostre tradizioni se ne vanno con lui: grazie Walter per ciò che hai fatto e per quanto hai voluto insegnarci, non ti dimenticheremo mai.
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] Milano FIC sempre più in alto E fu così che una delle principali fiere di settore - HOST Salone Internazionale dell’Ospitalità Professionale - diventò teatro di nuovi successi per la Federazione Italiana Cuochi. Dopo aver ricevuto l’incarico dalla World Association Chefs Society di ospitare il prossimo Meeting Europeo della categoria, la FIC si è vista approvare (unica in tutta Europa) il progetto Master Chef, corsi professionali dedicati all’arte culinaria che servirà da modello per analoghe istituzioni nel resto dell’Europa.
] Povegliano (TV) Radicchio: voglia di Dop Da poco iniziata, la stagione del Radicchio Rosso di Treviso tardivo IGP - che, secondo il disciplinare, può essere raccolto solo dopo il primo Novembre – sta già facendo parlar di sé. Sempre più alta risuona la tenace richiesta del Comune di Povegliano (TV) di poter estendere al proprio territorio l’eventuale Dop del radicchio rosso di Treviso. Onorato Paolo Manzan, presidente del Consorzio del radicchio rosso di Treviso e variegato di Castelfranco Veneto Igp, che però ricorda la tortuosità del percorso di certificazione.
] Val di Non (TN) Ciaspolada a regola d’arte Correre indossando un’opera d’arte non è cosa di tutti i giorni. Per questo quella del 6 gennaio prossimo sarà una Ciaspolada... d'autore! ll classico appuntamento cade quest’anno in concomitanza con il 120° anniversario dalla nascita di Fortunato Depero, evento celebrato con degli appositi pettorali sui quali è stata riprodotta l'opera “Le Sciatrici”. L’idea di Laura Schütz è stata caldamente accolta dal comitato organizzatore, che vuole celebrare il pittore futurista nato nel 1892 proprio a Fondo (Val di Non) traguardo della Ciaspolada.
BLOCKNOTES ] Emilia Romagna App per Città d’Arte Fino a ieri le Città d’Arte dell’Emilia Romagna si raggiungevano dalla Via Emilia, oggi sono accessibili anche dallo smartphone. Il patrimonio regionale di cultura e ospitalità approda al mondo mobile, grazie all’impegno di tutti i soci pubblici e privati dell’Unione di Prodotto delle Città d’Arte dell’Emilia Romagna che, sotto la regia di APT Servizi, hanno dato vita a una guida digitale di oltre quattromila punti di interesse: monumenti, musei, siti Unesco, aree archeologiche, luoghi della Motor Valley, teatri, castelli e dimore storiche. Ma disponibili sullo schermo del telefonino ed in tempo reale anche hotel, eventi e offerte vacanza. Quella che si potrà scaricare sul proprio cellulare sarà una guida di viaggio virtuale specializzata in arte e cultura, l’applicazione segnala i punti d’interesse culturale vicino al turista: basterà regolare a che raggio di distanza si vuole effettuare la ricerca. Nella foto di sinistra La gamma Calvisius 2011, nella foto accanto Il dott. Cesare Mazzetti, presidente del Consorzio aceto balsamico Modena
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] Parigi Premi Benessere Animale 2011 Compassion in World Farming, organizzazione internazionale per il benessere degli animali da allevamento, ha assegnato anche quest’anno i suoi riconoscimenti alle aziende europee del settore alimentare che si sono maggiormente distinte in quanto a condizioni di vita degli animali da loro allevati. Tra le 26 aziende premiate a Parigi, spiccano le italiane Coop Italia , Mulino Bianco e Pavesi. ] Viadana di Calvisano (BS) Oro nero, new style Da novembre, l’indiscussa qualità del caviale prodotto da Agroittica Lombarda S.p.A., si veste di eleganza, con nuove confezioni impreziosite da un logo dorato. Sotto la comune denominazione “Calvisius”, diverse tipologie di “oro nero”: Tradition, dal gusto delicato; Venise, dal profumo intenso e sapore iodato; Oscietra Royal, con note intense di nocciola, Oscietra Classic, più deciso e solido; infine, per palati più esigenti, la linea Élite.
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] Modena “Balsamico: nulla di generico!” Il Consorzio Aceto Balsamico di Modena e i Consorzi di Tutela delle DOP Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e di Reggio Emilia, hanno dato ampio spazio alla discussione sul triste primato dei loro prodotti nel campo della contraffazione. Da una ricerca risulta infatti che la denominazione “balsamico” sia concepita in molti paesi europei – a causa della scarsa attenzione prestata alla lettura dell'etichetta - come un aggettivo che qualifica l’italianità del prodotto, non la sua specifica zona d’origine.
] Italia In libreria Osterie d’Italia 2012 La nuova guida Osterie d’Italia 2012 porta una novità tra le altre, la lista Oltre alle Osterie, che segnala locali cresciuti negli anni, allontanandosi dalla classica definizione di osteria. Questi i numeri della guida 2012: 1711 Locali segnalati 225 Chiocciole 198 Locali del Buon formaggio 414 Locali rinomati per i vini 169 Nuove segnalazioni rispetto all’edizione 2011 73 Locali inseriti nelle sezioni Oltre alle Osterie 400 Collaboratori
La lettera di Attilio Scotti LA RIVOLUZIONE DELLA LATTUGA
Attilio Dr. Scotti Giornalista Professionista & Scrittore di Enogastronomia “Enogastronomade”
Si può riscrivere l’economia del cibo? Nel mondo ci sono 800 milioni di contadini urbani che coltivano tra il 15 ed il 20% del cibo consumato, sono concentrati soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ma sono sempre di più i giovani e le famiglie che nel ricco nord vogliono riconquistare gli spazi della città e soprattutto ripensare il rapporto con quello che mangiano. Accanto a questo esercito armato di zappe, che fa rivivere aree dismesse, si dedica all’orto e realizza fattorie sui tetti, cresce il numero delle persone che acquistano diversamente affollando i mercati a filiera corta entrando a far parte di un gruppo di acquisto e sottoscrivendo servizi di vendita diretta. Oggi il mercato del cibo, dalla commercializzazione delle sementi alla distribuzione dei commestibili è in mano a poche e potenti multinazionali e grandi catene di supermercati, un sistema globalizzato che ha tagliato il prezzo di quello che mettiamo nel piatto: ma a quale costo? Nei paesi avanzati ci si ammala di cibo e si sprecano tonnellate di alimenti, mentre nei paesi poveri quasi un miliardo di persone continua a morire di fame. Dagli “orti senza petrolio” dell’Avana, a quelli creativi di Nairobi, le fattorie sociali di Detroit, i tetti coltivati di New York e di Milano, le ex parcelle abusive di Torino, alle aiuole improvvisate di Todmordem in Gran Bretagna, siamo di fronte a come le città del mondo stanno reagendo alla passione di tanti che sono intenzionati a ritrovare il legame con la terra, strappandola al cemento. Pionieri di certo ma Uomini che combattono le “multinazionali del non gusto” con coraggio e dignità.
Vi invito a leggere il volume “La rivoluzione della lattuga” a cura della collega Franca Roiatti che si pone tante domande ed alla quali cerca di dare una risposta passando dagli orti delle città, alle fattorie sui tetti, ai gruppi di acquisto in Italia ed all’estero /Egea Editore.
2012 La Romagnoli F.lli Spa è lieta di augurare a tutti i clienti, produttori e collaboratori del comparto nazionale della patata un sereno Natale ed un 2012 ricco di soddisfazioni e felicità.
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GIANLUIGI VERONESI
Oltre il pangasio anche il siluro Il pesce siluro (silurus glanis) sarà presto sulle nostre tavole? cresce a dismisura, danneggia le specie autoctone e si fatica a debellarlo, cose ne facciamo?
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l caso scoppiato in alta Lombardia nei giorni scorsi ci fa riflettere, soprattutto dopo aver letto il botta e risposta intercorso fra il nostro opinionista Attilio Scotti e l’assessore alla pesca di Como, dott. Ivano Polledrotti.
Un pesce siluro pescato a poca distanza da una centrale nucleare
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Lo scritto di Attilio Scotti Non bastava il pangasio del Vietnam (dal fiume Mekong, il più inquinato al mondo), a breve arriveràanche il pesce siluro sulle nostre tavole. “Silurus Glanis”, ecco la carta di identità di questo pesce onnivoro: predatore formidabile,
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originario dell’Europa centrale ed oggi presente nei fiumi e laghi italiani. Vorace, prolifico, velocissimo, danneggia tutto ed è in grado di alterare completamente l’ambiente che lo ospita: un esemplare catturato nel lago di Varese misurava un metro e 90 di lunghezza e pesava 65 chilogrammi. Con un contributo privato (Cariplo: Cassa Risparmio Provincie Lombarde) e l’opera della Provincia di Varese ed il Parco Ticino, si sta cercando di salvare quattro bacini da questo flagello (lago di Varese, Comabbio, palude Brabbia, fiume Ticino): eliminate quasi 6 tonnellate di pesce siluro ed è in corso una serie di iniziative atte a bloccare questo flagello. Il signor Ivano Polledrotti assessore alla pesca della Provincia di Como, esce con un progetto Interregionale nel quale si dice testualmente: stiamo cercando di capire se i mercati ittici sono interessati a proporre questo tipo di prodotto (il pesce siluro) perchè pensiamo che anche i pesci di “basso pregio” rappresentano una interessante risorsa ali-
mentare che non deve essere assolutamente sprecata ed in prospettiva - perché no- conquistare anche la nostra cucina. E quindi a breve solo pangasio e pesce siluro sulle nostre tavole, addio persico, agone, luccio, cavedani, alborelle. Ho assaggiato le carni di questo pesce siluro, consiglio di girare al largo: in tempi di crisi ed autarchia meglio una polenta, la castagnaccia o la farinata. La risposta di Polledrotti (tratto da www.vaol.it) Capisco che il simpaticissimo Attilio Scotti per attirare l’attenzione del pubblico debba ogni tanto “forzare” qualche concetto, però non ci sto proprio a passare per quello che vuole portare sulle nostre tavole il pesce siluro al posto di
persico, agone, luccio, ecc. LA PESCA SUL LARIO: Se dovessi fare l’elenco di tutte le iniziative che ho portato avanti in questi anni per valorizzare il nostro pesce di lago rischierei di annoiare il lettore. Se però Scotti avesse la pazienza di approfondire un po’ l’argomento potrebbe scoprire alcune cose interessanti; ad esempio potrebbe accorgersi che il prelievo operato dalla pesca professionale nel lago di Como - composto per oltre l’80% da persici, agoni e coregoni - è calibrato in modo tale da prelevare gli “interessi” senza intaccare il “capitale” (mi faccia Scotti un altro esempio di pesca “sostenibile” nel nostro paese o mi indichi un modo migliore per garantire anche in futuro la presenza del nostro pesce locale sulle nostre tavole). DARE FUTURO ALLA
Ci salverà il “LUCIOPERCA” ?
Dopo anni di inquinamenti e di moria di pesci pregiati, finalmente i nostri laghi, attraverso una difficile opera di risanamento ambientale unita ad una nuova filosofia ecologica, stanno ritornando acque sicure nelle quali si riproducono specie pregiate e da ultimo anche il luccio perca, vivace e longilineo pesce di acqua dolce che consegna carni d’eccezione.
Nelle acque del Nord Italia è stato registrato un consistente incremento delle popolazioni di lucioperca, una specie ittica pressoché sconosciuta nel nostro paese fino a pochi decenni fa e, di recente, comparsa anche nel Lario dove, nel 2009, il pescato ha raggiunto e superato la tonnellata. Conosciuto anche con il nome di sandra, il lucioperca è un predatore originario dell’Est europeo: uno squalo di acqua dolce che può raggiungere un metro di lunghezza e oltre 10 chili di peso. Il lucioperca è quindi un pesce ambito dai pescatori di professione e un prodotto ittico che si è subito conquistato un posto d’onore sulla tavola degli appassionati di gastronomia: bollito, al sale, oppure sfilettato e fritto in padella, il lucioperca è una vera prelibatezza: le sue carni sode, bianche e completamente prive di spine, si prestano a numerose ricette ideali per una dieta gustosa e salutare, mentre dagli ovari delle femmine mature si ottiene un’ottima bottarga. Ho degustato la bottarga di lucioperca e l’ho trovata ottima, se messa su soffice pan carrè caldo con burro non ha nulla da invidiare alle più nobili bottarghe. (A.S.) novembre/dicembre 2011
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Cina: carpaccio di pesce siluro
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PESCA PROFESSIONALE: Oppure, curiosando sul sito www.gustavopescedilago.it, potrebbe accorgersi che l’obbiettivo principale del progetto è, per dirla nel modo più semplice possibile, quello di dare un futuro alla pesca professionale nei nostri laghi. Ogni tanto ce lo dimentichiamo, ma se dovessero scomparire i pescatori, allora sì che non ci resterebbero altro che pangasio e simili. PER ORA NIENTE SILURO NEL LARIO: Per quanto riguarda il siluro le cose stanno così: ci piaccia o non ci piaccia, il siluro è presente (e in alcuni casi è massicciamente presente) in alcuni dei nostri laghi, quali Varese, Comabbio, ecc., ma non in quello di Como. COSA FARNE DEL PESCATO? Siamo tutti d’accordo sul fatto che bisogna fare tutti gli sforzi possibili per contrastare il suo ulteriore sviluppo, quindi bisogna pescarlo, e il più possibile, come sta giusta-
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mente facendo la Provincia di Varese dove, in giornate “fortunate”, i pescatori potrebbero riuscire a prendere anche diversi quintali. E cosa devono farsene, i pescatori, di questi siluri? Devono portarli in discarica? Il signor Scotti faccia la sua proposta. La nostra, dettata anche da un’etica contraria ad ogni forma di spreco, è quella di destinarli al consumo umano, anche perché già oggi esiste una domanda non trascurabile, garantita dalle comunità che provengono dall’Europa dell’Est dove il siluro è presente da sempre ed è considerato una prelibatezza. Quindi, in conclusione, l’alternativa al siluro fritto non è il riso con il pesce persico ma più banalmente il siluro in discarica. La replica di Scotti Egregio Signor Polledrotti, assessore alla pesca della Provincia di Como la ringrazio per la Sua attenta risposta al mio articolo sul pesce siluro, articolo che ha avuto e sta avendo uno straordinario numero di lettori, riportato da altre testate e da numerose lettere ricevute su questo argomento: ciò sta a significare la grande attenzione e la dice lunga su questo problema, molto sentito dalle popolazioni insubriche lacustri e non. La ringrazio anche per il simpatico, ma non ho forzato nulla nel mio scritto,
ho solo descritto una realtà che, soprattutto nel lago di Varese, Comabbio, palude Brabbia e fiume Ticino, sconcerta e pone grossi problemi; il pesce siluro per la sua voracità ed aggressività tende non solo a distruggere le altre faune ittiche, ma divora erbe e piante lacustri che spuntano sui bordi dei laghi. Mentre prendo atto che questo pesce vorace non alberga nel Lario, credo che valga la pena di comunicare la mancanza di controlli o la facilità con cui si sono ripopolati i corsi d’acqua lombardi dal 1980 in poi, immettendo il cosidetto “misto pesce” incautamente acquistato all’estero e non come un acquacultore avveduto avrebbe dovuto suggerire. E poi i tanti laghetti “sportivi” sorti in ogni dove per la nuova usanza della pesca sportiva, dove sono state immesse partite di carpe provenienti, ad esempio, dalla Polonia. E mi si dice che è difficilissimo, o quasi impossibile, distinguere tra milioni di
avanotti immessi, conoscere l’avanotto di carpa dal piccolo siluro. C’è una piccola notiziola che leggo oggi sul foglio ufficiale del Consiglio di Stato del Canton Ticino e che ha ratificato alcuni restrizioni sulla pesca nel Ticino e nel Ceresio: l’umile alborella è stata dichiarata “specie protetta” forse in previsione del fatto che il siluro ne faccia scomparire la specie. Ho degustato (si fa per dire) il pesce siluro più volte e più volto l’ho trovato stopposo, irsuto, senza sapore e anche a volte stomachevole, forse i ristoratori non sanno ancora cucinare questo pesce di acqua dolce. Auguri che il “siluro” non arrivi nel Lario.
Ad ogni modo il giorno 26 novembre 2011 presso la sede di Villa Olmo a Como si è svolta una giornata di incontri e dibattito sul tema “Valorizzazione sostenibile dei prodotti ittici tradizionali e innovativi dei laghi insubrici”. Ulteriori informazioni su www.gustavopescedilago.it
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Essenza di natura in barattolo E’ lo zucchero naturale di ERIDANIA composto da fruttosio ed eritritolo. Ideale per assaporare la dolcezza di bevande e ricette, senza rinunciare al benessere e alla leggerezza
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SCHEDA TECNICA Ingredienti: Eritritolo Formulazione ES50 (Eritritolo + Fruttosio) Formato: barattolo da 500 g Shelf-life: 36 mesi Prezzo al pubblico consigliato: 3,75 € Disponibile in grande distribuzione nel reparto zucchero e dolcificanti www.essenzadinatura.it
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er chi è attento alla linea e vuole vivere in equilibrio con il proprio corpo, per chi ama cucinare e non sa rinunciare al dolce e anche per chi difende il proprio sorriso, da oggi c’è Essenza di Natura, il primo dolcificante totalmente naturale, prodotto da Eridania. E’ buono e contiene il 50% in meno di calorie e – per i sorrisi – determina una minima attività cariogena. Potrebbe sembrare uno spot a favore di Eridania Sadam - leader nella dolcificazione - invece sono le parole del suo presidente, Massimo Maccaferri, che in conferenza stampa nella sede di ConfcommercioAscom a Bologna, presenta il nuovo prodotto frutto di anni di ricerca, voluto per favorire gli aspetti nutrizionali positivi. Essenza di Natura, innovativa formulazione dolcificante, 100% di origine naturale, ottenuto per bio fermentazione (è una miscela di eritritolo ES50 [domanda di brevetto
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depositata] polialcol, presente in una grande varietà di frutti e alimenti e fruttosio) ha le stesse proprietà organolettiche dello zucchero, ma il 50% di calorie in meno. Rispetto al “solito”, quello da barbabietola, non ha nulla da invidiare: stesso sapore e stesse modalità di utilizzo, senza alcun retrogusto. Nel contempo limita il rischio di obesità e delle patologie cardiovascolari (l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità e l’AHA, Associazione dei Cardiologi Americani, consigliano di ridurre almeno del 50% l’aggiunta di zuccheri nella dieta quotidiana). Eletto “Prodotto dell’Anno 2011”, grazie alla valutazione di oltre 12 mila consumatori che lo hanno giudicato il più innovativo e convincente nella categoria “zucchero e dolcificanti”, il nuovo prodotto di Eridania è l’ideale protagonista di una dieta sana ed equilibrata. (G.L.)
Un Apery Fish sotto le due torri Dopo le esperienze di Milano, Roma, Torino adesso anche a Bologna apre il punto d’incontro dove gustare subito o portare a casa, pesce sempre fresco pronto
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alle 12,00 in poi, la Pescheria del Pavaglione nel Quadrilatero, cuore del centro storico di Bologna propone, oltre alla tradizionale vendita di pesce fresco, un aperitivo o il break del pranzo, naturalmente a base di tutto ciò che arriva dal mare - di Ancona e Chioggia - sempre freschissimo ogni giorno. L’idea è di Maurizio Fini, titolare della pescheria insieme al padre Stefano e al fratello Mario. I Fini, famiglia di origini marchigiane (il nonno Mario era pescatore) da qualche tempo volevano realizzare questo progetto, ma ostacoli burocratici e la normativa comunale non l’avevano reso possibile. Per realizzare i menù quotidiani, alla pescheria del Pavaglione si avvalgono dell’esperienza dello chef Daniele Simonetti, amico di famiglia di lunga data, che ha dato la spinta giusta e la competenza ideale per il successo che i clienti stanno già decretando. Per i buongustai, due gli appuntamenti della giornata all’Apery Fish: dalle 12,00 alle 14,00 e nel pomeriggio, dalle 17,30 fino alla chiusura. Per loro, fasolari, tartufi di mare,
ostriche, gamberi rossi di Sicilia, mazzancolle nostrane, gamberoni, serviti in crudità o con leggero condimento, tutto abbinato a frutta o verdura, compreso il classico cocktail di gamberi (o anche solo quelli sgusciati, serviti con il concassé di pomodoro) o ancora il baccalà, alla vicentina o mantecato, con polentina grigliata o con pane nero. Per completare l’opera non poteva mancare un calice a scelta tra Chardonnay, Prosecco di Valdobbiadene, Pinot grigio, Ribolla gialla, Verdicchio di Jesi e, naturalmente, per un tocco di tipicità locale, il versatile Pignoletto dei Colli bolognesi. Se è poco... (F.M.)
Pescheria Del Pavaglione S.A.S. di Stefano Fini & C. Via Pescherie Vecchie, 14 40124 Bologna Tel. 051 227798
Lo chef Daniele Simonetti e Maurizio Fini
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Agricoltura vera o agricoltura immaginata? Dalla collana Coltura&Cultura un aiuto al consumatore italiano che, secondo recenti studi, non conosce quello che mangia: per sfatare luoghi comuni e creare nuovi saperi...
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www.colturaecultura.it
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l progetto Coltura&Cultura compie quest’anno 4 anni, è organizzato in 13 volumi e conta 600 autori, tra agronomi, ricercatori e comunicatori. Il valore di questo progetto risiede nella sua mission: voler trasferire le ragioni ed i benefici dell’innovazione, la cultura e il pregio della nostra agricoltura al consumatore che, come emerge da numerose ricerche condotte, non conosce quello che mangia. Nella mente del consumatore infatti il passato si confonde con il naturale, il presente con il corrotto, il dannoso, e il futuro, chi può dirlo... Secondo l’agronomo e scrittore Antono Pascale si deve parlare di agricoltura museo, un contenuto mentale in cui c'è tutto tranne l’innovazione. Questa agricoltura tipo è l'immagine attualmente proposta con maggior frequenza ai consumatori, i quali ne
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derivano un sapere nostalgico. Questo “”modus comunicandi” sta producendo gravi danni, perché non fa altro che aumentare la distanza, già enorme, esistente tra il mondo produttivo e l’opinione pubblica, aggravando l’ignoranza di quest’ultima sull’agricoltura e favorendo l’affermarsi di stereotipi privi di fondamento. Le notizie che apprendiamo dal mondo mediatico sembrano allarmanti circa la presenza di residui di agrofarmaci negli alimenti, ma questo, come sostiene Angelo Moretto membro dell’EFSA, perché non sono sufficentemente noti gli studi e le valutazioni che escludono i rischi per la salute delle sostanze naturali e di sintesi. Esistono poi dei falsi problemi da far comprendere all’opinione pubblica in campo agricolo e agroalimentare e dei problemi reali. L’agricoltura italiana ha tanto da raccontare al mondo della comunicazione e dei consumatori, e non dimentichiamoci che un ruolo fondamentale svolto dall’agricoltura è quello di preservare e generare il paesaggio che tutti, nel mondo, ci invidiano.
BERNADETTE STAUDER
Secchiello del ghiaccio? No, grazie... Con HI-CE è possibile dimenticarsi del ghiaccio in cucina. Si tratta di un sistema per gestire il freddo in ambito enogastronomico che permette di ottenere il “freddo controllato”
NOVITA’: CONSIGLIATI DA DEGUSTA
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razie ad HI-CE, ora si possono abbassare o conservare a lungo le temperature di vini o di altri prodotti. E’un rivoluzionario dispositivo, sempre pronto all’uso, che permette di gestire a secco, senza acqua, le basse temperature in un tempo pre-determinato, garantendo la qualità dei prodotti serviti e il servizio al tavolo più qualificato. HI-CE è uno stabilizzatore termico in grado di mantenere costante la temperatura di vino, acqua o pietanze fino a 90 minuti dalla messa in tavola. In pochissimo tempo si può stabilizzare e/o mantenere la condizione termica del prodotto da servire, grazie all’anidride carbonica contenuta in due bombole di gas da 20 kg. facilmente sostituibili, situate all’interno di un pratico mobiletto. Tra i vantaggi più evidenti, la drastica riduzione dei costi di gestione, di consumo di acqua, energia e dei tempi di
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preparazione; la riduzione dei tempi per il raggiungimento della temperatura di servizio; il mantenimento della temperatura del vino o del cibo, che resta ottimale anche dopo 90 minuti dalla messa in tavola; il mantenimento equilibrato dei “gradi” necessari e della qualità dei prodotti serviti. Altri plus: ridotta manutenzione, consumi energetici trascurabili (alimentazione 24 volt), impatto ambientale zero delle emissioni di Co2 e, altro fattore importante, grande facilità di trasporto. In più, grazie ai cinque programmi pre-impostati, si possono scegliere tempi di ricarica che variano da un minino di 2 secondi (solo mantenimento della temperatura) ad un massimo di 7 secondi (abbassamento veloce della temperatura e mantenimento del freddo per un lungo periodo). Infine, la grande versatilità di HI-CE in cucina, permette tante altre applicazioni. Info: tel. 035 7170111info@hi-ce.it
Storie di Gastronomia AL CONTADINO NON FAR SAPERE…
di Gabriele Cremonini giornalista e scrittore
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“Cacio che pianga (la sua lacrima d’olio), vin che salti (frizzoso), pan che canti (scrocchiando)”, recita un efficace proverbio toscano, senza dimenticare “Cacio, pane e pere pasto da cavaliere”, cui fa eco “Al contadino non far sapere quanto è buono il cacio con le pere”, per scoraggiare il villano dall’intromettersi in piaceri riservati a classi più agiate. E si potrebbe continuare davvero a lungo, mettendo in fila i tanti proverbi che nel corso dei secoli hanno accompagnato una produzione povera e artigianale, mai decollata sul piano dell’allargamento produttivo, del cacio, specie di quello prodotto sugli Appennini tosco-emiliani. Anzi, c’è stato anche un tempo del basso medioevo in cui la scienza medica ed i trattati pseudo dietetici guardavano con sospetto ai meccanismi, definiti oscuri, della coagulazione e della fermentazione, scoraggiando addirittura il consumo di questo formaggio “povero”. Il cacio stagionato contava anche su una nutrita schiera di detrattori, a partire da Bartolomeo Sacchi detto il Platina (XV secolo) che, mentre promuoveva a piene mani quello fresco (“… Nutre molto e in maniera efficace, calma l’infiammazione dello stomaco, giova agli ammalati di tisi”), di quello “adulto” diceva: “… E’ pesante da digerire, nutre mediocremente, non fa bene allo stomaco e all’intestino, genera bile, fa venire la gotta, dolore ai reni, renella e calcoli”. Eh, per la miseria!, verrebbe da dire… Bisognerà attendere personaggi come Vincenzo Tanara, per sdoganare il cacio stagionato, a metà Seicento: “… Il cascio vecchio, vitto universale de’ faticanti, gagliardi, viaggianti, guerreggianti e simili”. C’è un episodio divertente, riferito da Giorgio Vasari, che ha come protagonista, nella seconda metà del Quattrocento, il grande pittore Paolo Uccello alle prese col cacio. Dunque, mentre lavorava agli affreschi di San Miniato al monte, l’abate non gli dava da mangiare null’altro che cacio. L’artista era timido, non osava chiedere che il cibo venisse mutato, così decise di non andare più a lavorare. Poi sappiamo che l’affresco venne terminato, certo dopo aver contrattato pasti un po’ più variati.
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Buona DE.CO. a tutti!
di Riccardo Lagorio food scout
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I PIN DI CERIGNALE Le paste ripiene, pur non essendo esclusive della gastronomia italiana, ne rappresentano senz’altro un’articolata peculiarità. In origine elaborate in occasione delle principali festività, sono l’esempio più evidente che la cucina è un’arte combinatoria in cui si fondono elementi variabili e costanti. Elemento costante la sfoglia, realizzata con farina acqua e talvolta uova, a cui si accosta un elemento variabile, il ripieno, che rispecchia l’eterogeneità della penisola. Anche i vettori di cottura e presentazione sono estremamente mutevoli: direttamente nel brodo (che a sua volta può essere di più carni o una sola varietà) o nell’acqua, arricchendo eventualmente il gusto della pasta ripiena dopo la bollitura con un apposito condimento (burro, olio, carne, funghi ed altro ancora). La forma è un altro elemento estremamente variabile. Tortellini, piccoli anelli di pasta ripieni di carne, al burro o in brodo che diventano marubini a Cremona, cappelletti in Emilia o anolini se preparati in Emilia Romagna e perdono la caratteristica forma, essendo composti di due cerchi sovrapposti; panadas ripiene di carne d’agnello o di anguilla del lago Coghinas fanno parte della tradizione di Oschiri (OT); agnolotti se il ripieno è di brasato di bovino e l’origine è piemontese; casoncelli sono la pasta ripiena di formaggio o carne e talvolta patate dei bergamaschi e dei bresciani, condita con pancetta e burro; si chiamano sempre tortelli, ma hanno ripieno di zucca se li acquistiamo a Mantova o ricotta e bieta se provengono dal Piacentino. Sorprendentemente proprio nel Piacentino, a Cerignale, alto sulla Val Trebbia che sfiora la ligure val d’Aveto, i tortelli vengono preparati… privi di involucro. Si chiamano pin, abbreviazione locale di ripieno. La quantità degli ingredienti avviene quasi sempre a brettio, a caso. Nel territorio comunale, che conta meno di 170 iscritti all’anagrafe, ma non più di una cinquantina di residenti fissi, ne esistono diverse versioni. La più accreditata prevede che alla ricotta si aggiunga formaggio grattugiato, farina 00, pane grattugiato, ortiche o biete (ma non manca chi vi aggiunge foglie novelle di primula selvatica o spinaci) sbollentate e frullate con uova. Lavorando ed omogeneizzando l’impasto, se ne ottengono a mano lunghi cilindri che vengono tagliati della lunghezza di circa 3 cm. Ciascun piccolo cilindro ottenuto viene a sua volta strascinato e si ottiene una forma vagamente ovoidale, il pin, che può ricordare un pinolo gigante. Molto variabile a seconda del colore più o meno intenso a seconda della quantità di erbe utilizzata e della modalità di bollitura, gli abitanti sono tutti concordi nel ritenere che vi sia un unico condimento utile ad esaltare il gusto del pin: il burro fuso con della salvia.
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La qualità che si vede
A tavola con Valerio
Un’attenta osservazione ci aiuta ad evitare le contraffazioni e dunque a non rinunciare alla qualità e alla sicurezza garantita dal Consorzio di Tutela del Parmigiano Reggiano
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ffrontiamo oggi con il nostro amico Valerio, mastro casaro e proprietario dell’Az. Agr. F.lli Caretti, un tema che risulterà di certo molto utile a tutti gli appassionati consumatori di Parmigiano Reggiano; si tratta di informazioni fondamentali per chi desidera poter fare acquisti in tutta sicurezza, senza rischiare di incorrere in contraffazioni. Come riconoscere dunque il vero Parmigiano Reggiano? “La prima cosa da osservare, nel caso di una forma intera, sono i caratteristici puntini sullo scalzo e la placca di caseina apposta su uno dei due piatti della forma. Quest’ultima è la targa, non si scappa!”. In effetti è proprio così: applicata il giorno della lavorazione, quando la massa caseosa viene messa in fascera per acquisire la famosa forma, su di essa troviamo riportati la scritta CFPR (Consorzio Formaggio Parmigiano-Reggiano), il codice alfanumerico identificativo di ogni singola forma e l’etichetta
Datamatrix per lettura ottica. Riconoscere l’originalità di una forma intera sembra una questione tutto sommato abbastanza semplice, ma le cose potrebbero complicarsi nel momento, per noi più familiare, in cui ci troviamo ad acquistare un pezzo di Parmigiano Reggiano presso un punto vendita della grossa distribuzione: “Una volta confezionato e tagliato, la placca può andare ovviamente persa oppure, se si trova posizionata proprio all’incrocio dei tagli, può non essere più riconoscibile; ma l’etichetta posizionata sulla pellicola che avvolge ogni singolo pezzo confezionato, deve necessariamente riportare fedelmente, i dati del produttore e del confezionatore. I numeri identificativi che ci permettono di risalire al caseificio e al confezionatore, sono rilasciati dal Consorzio di Tutela e sono molto importanti per il consumatore che esige la tutela dell’originalità del marchio Parmigiano Reggiano”.
Az. ag. F.lli Caretti Via Zenerigolo, 4 San Giovanni in Persiceto (BO) Tel. 051 823198
Valerio Caretti, mastro casaro persicetano
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Mai dire buon appetito
Maestro Alberto Presutti www.poetando.it
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RELAZIONI INTERPERSONALI… MA CON BON TON! Si dice, comunemente, che qualcuno, già appena conosciuto, possa suscitare “a pelle”, simpatia o antipatia, tanto che, appunto, sin da subito, il nostro atteggiamento nei suoi confronti sia ben disposto o, al contrario, appaia di chiusura. Il vero problema nasce quando sarà l’antipatia a prevalere e a condizionare emotivamente e, a volte, istantaneamente, il nostro comportamento che rischierà di divenire non più ben educato. Purtroppo, un po’ tutti noi, per un motivo vero o presunto, finiamo per coltivare l’idea di avere un “nemico”. Carriera, competizione sociale, semplice screzio passionale, come può accadere con l’ex coniuge, con cui non si riesce a trovare un equilibrio e un accordo pacificatorio, queste ed altre motivazioni mutano i nostri atteggiamenti che diventano, per conseguenza, scorbutici, aggressivi, scostanti, persino cattivi. Chiediamoci quale condotta con-
Ogni giorno è facile che simpatie e antipatie interferiscano nelle relazioni interpersonali, migliorandole o peggiorandole
siglia di tenere il Bon Ton nei riguardi di tutte quelle persone che non riusciamo a sopportare e con cui siamo sempre sul punto di litigare, anche pubblicamente. Solo facendo riferimento alle regole del Bon Ton possiamo, infatti, dirimere queste situazioni tanto imbarazzanti quanto pericolose per noi e la nostra immagine e reputazione. Quando, in un evento pubblico o mondano, il nostro malumore esorbita, per causa di una irresistibile antipatia, non evitiamo, però, di dare un saluto di circostanza che è d’obbligo per educazione e non raccogliamo mai qualsiasi provocazione tesa a sfidare la nostra pazienza. Nel corso di un’occasione conviviale o durante una festa, non potremo assolutamente permetterci di guastare la gioiosa atmosfera generale dando improvvisamente in plateali escandescenze. Per il Bon Ton la miglior scelta che possiamo praticare è una signorile indifferenza che, contraddistinguendoci, costituirà anche un argine invalicabile. Ogni sgarbo o scortesia nei confronti di un altro invitato, è ovvio che offenderà, di riflesso, i padroni di casa, per cui con stile e Bon Ton chiediamo, preventivamente se ne abbiamo il forte sospetto, circa la presenza di un invitato a noi non gradito, facendo presente che in sua presenza, la nostra, non potrebbe coesistere. Nel caso in cui non potessimo avvisare i padroni di casa, al termine dell’evento conviviale o della festa, li avviseremo che il nostro comportamento meno cordiale del solito, era dovuto ad una presenza per noi ostile, essendo questo anche un modo tacito per comunicare loro che al prossimo party non gradiremmo essere invitati se vi dovesse partecipare talaltra persona. In conclusione, il Bon Ton ci suggerisce che la simpatia, per contro, non debba diventare mai una forma di adulazione o una fonte di complimenti esagerati, continuativi e surreali, e soprattutto, non debba piegarci a perdere la dignità e il buon gusto!
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La Berlocca: lussuosa semplicità “La Berlocca”, via Venezia 10/a, 38037 Predazzo (TN). Tel: 0462 502880
La bella insegna in pietra che segnala il ristorante
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C’è il macellaio, il birraio, il produttore di formaggio e di miele, l’allevatore di trote, salmerini, capre e conigli: Slow Food e prodotti bio alla base di una cucina semplice e mai banale
Una filosofia di vita nata al crocevia di varie identità regionali, l’amore per la semplicità e le tradizioni locali, la sapienza derivante dal contatto diretto con le eccellenze enogastronomiche e dalla paziente ricerca di materie prime “buone, pulite e giuste”: è da questa misticanza che nasce il progetto di Paola Bruzzone e Angelo Panzavolta. Uniti nella conduzione di salumifici e aziende di lavorazione delle carni, decidono di chiudere con la frenetica vita cittadina e di fuggire da Reggio Emilia per trovare la loro dimensione ideale a Predazzo, cittadina
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della Val di Fiemme. “Trovammo una vecchia stalla di capre, collocata in un’antica corte del paese, ci innamorammo del posto e, dopo più di un anno di lavori di restauro, nel 2005 finalmente aprì La Berlocca. La sua impostazione ci fu chiara fin da subito: avremmo portato in tavola la nostra storia familiare -nei rispettivi alberi genealogici ci sono intrecci di almeno 10 regioni!- dedicando ampio spazio al Trentino che ci aveva amorevolmente adottati.”, ci spiega Paola. Il menu ci colpisce per la sua semplicità: piatti che non vogliono stupire con effetti speciali, con sontuose presentazioni arricchite da francesismi; cibi concreti che vanno a scavare nella memoria di ognuno, facendo affiorare ricordi di sapori antichi e mai scontati. Spesso ci si trova a fare i conti con ristoratori che propongono solo i piatti locali più noti: nel caso del Trentino, la tendenza è quella di servire canederli e polenta, trasmettendo erroneamente l’idea che la sua cucina non abbia altre specialità da proporre. “Nel
periodo invernale un cavallo di battaglia è la zuppa di patate e latte. Certo, nella nostra versione è stata insaporita da porri e speck in cottura e arricchita dai funghi porcini caramellati al servizio. Una spolverata leggera di ricotta affumicata e in un piatto ritrovi tutti i sapori e i profumi del Trentino”. (L.T.)
Curiosità: l’etimologia del nome La scelta del nome non nasce dalla nostra storia personale, ma da quella regionale. Originari una della Liguria, l'altro dell'Emilia ma trentini di adozione, cercavamo un nome che accomunasse le tre regioni. Consultando testi di storia locale e gastronomica, abbiamo trovato questo elemento: Napoleone. Già, perché il generale corso occupò la Liguria e l'Emilia, e il 22 marzo
1797 le sue truppe si spinsero fino in Val di Fiemme. Quel giorno, proprio a Predazzo, il Regolano versò la taglia imposta alla Regola dagli invasori francesi. L'esercito era chiamato alla distribuzione del rancio dal rullio di un tamburo, in francese "le berloque". Questa abitudine ha lasciato traccia in tutti e tre i dialetti. In Liguria "a berlocca" è l'ora del pranzo dei marinai a bordo e degli operai dei cantieri navali; in Emilia "berloca" indica il pasto, il desinare; in Val di Fiemme, a Tesero in particolare, "as na berloca" vuol dire avere una gran fame. Ecco nata la nostra Berlocca. Le origini familiari e l'amore per le nostre terre hanno guidato anche la scelta dei piatti che vi proponiamo in carta. Se avrete voglia di seguirci, potrete fare con noi un viaggio gastronomico in alcune regioni d'Italia. (L.T.)
L’ingresso del locale
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“Pasta ammescata” ovvero pasta mista Una ricetta semplice che fonda le sue origini nelle antiche tradizioni contadine, Pasta Rummo la propone con la pasta mista a lenta lavorazione… ecco la storia
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na cosa che molti non sanno è che originariamente, negli antichi molini, la pasta non veniva venduta confezionata, ma sfusa. Era tenuta in sacchi di juta nei quali veniva collocata una sassuola di latta per dar modo a chi vendeva di prelevare il formato richiesto dal cliente. Il prodotto era rimestato continuamente, per cui, quasi sempre, alla fine di ogni sacco, rimanevano pezzi di pasta sminuzzati e quindi invendibili. Per poter vendere anche questi avanzi, si mescolava ciò che era rimasto nei sacchi e lo si proponeva a metà del prezzo corrente. Tutto questo fino all’inizio degli anni cinquanta, quando sono scomparsi i sacchi, sostituiti dalle confezioni singole. Era la massaia allora che preparava la “pasta ammescata”, mettendo insieme tutte le rimanenze di pasta che aveva in casa per poi cucinarle prevalentemente con le patate (past’e patane) o con i legumi.
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La minestra così ottenuta doveva essere densa, tanto che anticamente al posto del cucchiaio si usavano le sfoglie delle cipolle. In questo modo però, inevitabilmente, a cottura ultimata alcuni formati erano troppo cotti, altri restavano crudi. Oggi molti pastifici propongono confezioni di pasta mista per lo stesso utilizzo, in particolare RUMMO, storico pastificio di Benevento, fondato nel 1846 da Antonio Rummo, propone una pasta mista che ha il pregio di essere equilibrata per garantire una cottura uniforme dei diversi formati ed essere perfetta per il cucchiaio: linguine, stortini, spaghetti spezzati, mafaldine corte e tripoline vengono mescolati ‘ad arte’ per comporre un formato ideale per zuppe, minestre di verdura e di legumi. Inoltre, la Pasta Mista RUMMO Lenta Lavorazione®, come vogliono le ultime tendenze in cucina, si presta perfettamente per la cottura ‘risottata’.
Pasta Mista con fagioli tondini (tipici del Sannio Beneventano) INGREDIENTI: (4 persone)
300 g di Pasta Mista RUMMO Lenta Lavorazione®, 300 g di fagioli tondini, 100 g guanciale, 3 pomodorini rossi, 1 costa di sedano bianco, 1 carota piccola, 1 spicchio d’aglio, 5 cucchiai di olio extra vergine di oliva, sale q.b., peperoncino piccante al gustosale, caviale a piacere.
PROCEDIMENTO:
Lessare i fagioli dopo averli tenuti in ammollo per una notte e salarli a fine cottura. Versare l’olio in una pentola alta e soffriggere l’aglio e il guanciale tagliato a dadini. Aggiungere la carota e il sedano tagliati a tocchetti e i pomodori lavati e tagliati. Continuare la cottura per circa 5 minuti, versare i fagioli e farli insaporire per altri 5 minuti. Aggiungere l’acqua e, quando sarà giunta ad ebollizione, salare e versare la pasta. A cottura ultimata, aggiungere il peperoncino e lasciar riposare per qualche minuto prima di servire.
Pasta Mista RUMMO Lenta Lavorazione® prezzo al pubblico: euro 1,09
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Costanza e identità di uno chef cagliaritano
PIETRO PITZALIS di Reporter Gourmet
Nel reportage di Pietro Pitzalis scopriamo uno scorcio di Sardegna nel lavoro di Stefano Deidda, giovane chef che a soli 29 anni conduce la cucina del Ristorante Dal Carso, nel cuore di Cagliari
“
E’ un giovedì di fine agosto, la giornata non caldissima ed il leggero vento m’inducono con piacere ad inoltrarmi per la downtown cagliaritana, in uno dei suoi quartieri più suggestivi, la Marina, fino al ristorante Dal Corsaro, che è un pezzo rilevante di storia gastronomica cagliaritana. Questo, attraversando la generazione passata, giunge a quella attuale, cedendo orgogliosamente il passo a quella futura, che trova nel suo giovane chef un più che degno successore. Dai piatti degustati emerge una buona complessità e un’ottima tecnica. Armonie, contrapposizioni, equilibri ben ponderati, frutto di tanta costante ricerca ed applicazione. I pani, per esempio, sono tutti fatti in casa, dai grissini al cornetto alle olive e semi di papavero, la treccina ai semi di finocchietto, la pizzetta al pomodorino cherry ed origano, la focaccina e così via. Lo stuzzichino è un’insalata di sarde marinate con cipolle rosse e crema di ricotta di pecora seguito dal battuto di spigola
con verdurine croccanti, crostini al timo e guazzetto di agrumi. Ottimo il piatto successivo: un baccalà in due maniere, con crema di mozzarella affumicata e croccante alle olive nere. Il secondo è un pesce spada marinato al miele, crema di zucchine in scapece e prosciutto croccante, che offre un eccellente risultato in termini di texture e sapidità, così come graditissimi sono i germogli di daikon e di mostarda. La carne è stupefacente: il maialino da latte appena affumicato e laccato al caffè, con salsa alla senape e centrifugato di mele è una moderna rivisitazione di un grande classico della cucina sarda. L’abbinamento con la senape potrebbe aprire nuove strade all’abituale modo di degustare il “maialetto sardo”. In tutto questo tripudio di sapori e sensazioni, il gelato allo zafferano con gateau di mandorle e scorzette d’arancia candite con sfogliatina alle fragole e zabaione non è da meno: dessert di un dolce piacevole, complesso ma decisamente armonico.”
Il giovane chef Stefano Deidda
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DEGUSTA 35
by Reporter Gourmet
Pesce spada marinato al miele, crema di zucchine in scapece, gel di vitella, menta e chips croccanti di prosciutto
INGREDIENTI: (4 persone)
Pescespada 500 gr, miele di macchia mediterranea 500 gr, peperone 1, scalogno 2, menta 4 foglie, pepe bianco in bacche 6, sale affumicato 10 gr, ristretto di vitella 0.5 lt, agar agar 2.5gr, zucchine verdi 3, olio extravergine 0.5lt, anice stellato 1, prosciutto crudo di Villagrande 400 gr.
PROCEDIMENTO:
ITagliamo lo spada in parallele-
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pipedi da 120 gr circa e mariniamolo sottovuoto con il miele, il peperone e lo scalogno in brunoise, le bacche di pepe bianco, la menta e il sale affumicato. Prepariamo il gel di vitella, gelificando il ristretto con 0,4 gr di agar agar ogni 100 gr di liquido. Prepariamo la crema di zucchina stufando la parte bianca con un po’ di scalogno e omogeneizziamo al Bimbi, mettiamo in infusione la menta per qualche minuto, bilanciamo con zucchero e un pizzico di sale quindi passiamo il
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tutto al colino cinese. Per le chips tagliamo finemente il prosciutto con l’affettatrice e lo poniamo in forno a 130° tra due teglie e carta forno per 1 ora circa. Prepariamo l’olio all’anice stellato mixando al cutter l’extravergine con l’anice, dopo di che lo mettiamo sottovuoto in forno a 32 ° C per 20 min. Usare un piatto fondo, disporre la crema di zucchine, il pesce spada e completare con chips di prosciutto croccante, una macinata di sale e un filo d’olio extravergine di oliva.
Maialino da latte appena affumicato e laccato al caffè, salsa alla senape e centrifugato di mele
INGREDIENTI: (4 persone)
Maialino da latte di 5 kg circa, 3 patate, 200 gr. di senape, 0.5 demi glacé, 10 gr. di caffè in chicchi, 4 mele verdi.
PROCEDIMENTO:
Il maialino di 5kg viene disossato e ricompattato in una terrina
quindi cotto sottovuoto a bassa temperatura per 12 ore a 64 ° C. Per il fondo prepariamo una demi-glacé di vitella con scarti di prosciutto e mettiamo in infusione i chicchi di caffè. Il maialino viene affumicato dopo cottura con rami aromatici all’interno della camera del forno. Per la centrifuga di mele verdi aggiungiamo un poco di zenze-
ro e dell’acido ascorbico per evitare l’ossidazione. Per la salsa alla senape prepariamo un purè di patate leggero, montato in planetaria con senape liscia e olio extravergine. Il maiale una volta freddo viene tagliato, rosolato dalla parte della pelle con burro chiaro e quindi infornato a 160 ° C per qualche minuto.
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by Reporter Gourmet
Zuppetta tiepida di carote,cannolo croccante di pane ripieno di ricotta alle erbe
INGREDIENTI: (4 persone)
PROCEDIMENTO:
Carote 600 gr, porri 1, Olio extravergine 10 gr, pane moddizzosu 1, ricotta di pecora 300 gr, finocchietto selvatico 1 rametto, sale q.b., pepe q.b., liquirizia 4 gr.
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Pelo le carote e le cuocio semplicemente in sottovuoto a 125 ° C con acqua, un poco di sale, zucchero e qualche costa di porro, quindi raffreddo e omogeneizzo con il cutter. Aggiusto la crema con un filo d’olio e una macinata di pepe bianco. Per i cannoli congelo il moddizzosu, quindi taglio delle fette sottilissime
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con l’affettatrice, dopo di che avvolgo il pane su dei cannoli da pasticceria e cuocio in forno a 130 ° C per alcuni minuti. Stempero la ricotta con olio, sale, pepe e il finocchietto tritato, quindi riempio i cannoli usando una tasca da pasticceria. Impiatto in una fondina completando la preparazione con la liquirizia e qualche fiore edule.
Sarde marinate con crema di ricotta di pecora, cipolla rosa e insalatina di campo
INGREDIENTI: (4 persone)
12 sarde, ricotta di pecora, pepe q.b., insalata riccia 1, tarassaco 1, songino 1, gentilina rossa 1, gentilina verde 1, fiori eduli, 1 testa d’aglio, 3 fogli di pane morato.
PROCEDIMENTO:
Squamiamo e dilischiamo le sarde, ricaviamo i filetti e mariniamoli in aceto per 15 minuti circa, quindi li scoliamo e facciamo riposare in olio extravergine dopo averli conditi con sale, pepe e aglio a lamelle. Selezioniamo e mondiamo le insalate, tagliamo a julienne la cipolla rossa, la mariniamo con il
sale per un’ora circa, quindi la dissaliamo e la condiamo con un poco di succo di limone in modo da ottenere una cipolla rosa shock. Stemperiamo la ricotta con olio, sale e pepe. Appiattiamo il pane morato con il mattarello e tagliamolo in concassea, quindi tostiamo in forno e saltiamo in padella con olio, aglio, e timo.
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A Natale il tortellino tradizionale Associazione “La San Nicola”, Via Circondaria sud 6, 41013 Castelfranco Emilia (MO). Tel. - Fax: 059 921665.
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Il Tortellino Tradizionale di Castelfranco Emilia resta una delle più classiche preparazioni per il pranzo di Natale, la San Nicola e le sue sfogline ci indicano la ricetta da seguire
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tortellini che gusterete in brodo rigorosamente di cappone vengono preparati secondo il metodo tradizionale basato sulle ricette delle “Rezdore” di Castelfranco Emilia. L’associazione La San Nicola con le sfogline vi consigliano sulla preparazione di questo piatto che racchiude i saperi e i sapori locali. Si inizia con il ripieno che deve essere lasciato riposare in frigo ventiquattro ore una volta ultimata la preparazione. Pensando di radunare attorno alla tavola, che sarà riccamente imbandita, i famigliari
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con nipoti e nuore, vi indichiamo la ricetta per 8 persone.
Ingredienti: lonza di maiale g. 200, prosciutto di Modena g. 70, mortadella di Bologna g 70, parmigiano reggiano di 24 mesi g 120, uova 1, sale g 4.50, noce moscata un pizzico, come notate solo carne di maiale. Preparazione: tagliare la lonza in piccoli quadretti e in una padella antiaderente e già calda, andrete a scottarli per breve tempo sino a creare su tutti i lati una leggera crosta. Tagliate a liste il prosciutto e la
mortadella e macinate assieme alla carne, due volte in tutto. Aggiungere al preparato l’uovo, il formaggio, il sale e la noce moscata, lavorate con le mani il tutto per alcuni minuti per avere un composto ben amalgamato. Il giorno dopo preparate la sfoglia con farina di grano tenero doppio zero, con 400 grammi utilizzerete 4 uova fresche di 60-70 grammi di gallina. Su un tagliere versate la farina, create una montagnola con un cratere al centro versategli le uova, sbattete con una forchetta ed impastate lavorando la pasta con il palmo delle mani dosando sempre più ritmicamente e alternando l’uso delle mani, otterrete, dopo alcuni minuti, un impasto ben amalgamato di una media consistenza, una “palla” che avvolgerete in un foglio di plastica o la metterete fra due piatti lasciando riposare l’impasto per 20 minuti. Con il matterello tirerete la sfoglia sino ad ottenere un grande ovale di circa 1 mm di spessore. Il calore delle mani sul matterello è fondamentale per avere la possibilità di stendere in modo uniforme la vostra sfoglia. A questo punto taglierete la sfoglia con la coltellina per ottenere dei quadretti di 3-4 cm di lato. A Castelfranco Emilia si usa fare i tortellini leggermente più grandi di quelli bolognesi. Si inserisce un pizzico di ripieno preparato il giorno prima e si piega la pasta a triangolo chiudendo attorno al dito indice le due punte estreme lasciando un foro al centro, risulterà molto simile all’ombellico. Tradizional-
mente ci si trova tutta la famiglia ad allineare i tortellini e qualcuno viene assaggiato crudo. Se si mangiano il giorno dopo, vengono conservati in frigo, o si usa metterli in una stanza fredda coperti da un canovaccio di cotone. La mattina di Natale preparate il brodo utilizzando carne di manzo, doppione e punta di petto kg 2.750, cappone per un peso di kg 1.500, ossa di manzo e sale q.b. Riempite con acqua fredda, una pentola capace e versateci la carne, portate ad ebollizione a fuoco lento per circa 4 ore schiumando frequentemente. Mettete in una pentola una parte del brodo, quando questo bollirà versate i tortellini coprendo con il coperchio, dopo 4-5 minuti i tortellini saranno pronti. Spegnete il fuoco ma lasciate per altri 2 minuti i tortellini ad insaporirsi nella pentola coperta e quindi serviteli. Godetevi lentamente e con gusto il Tortellino Tradizionale di Castelfranco Emilia, uno scrigno di sapori ricco di proteine che la storia di questa terra di Grandi uomini e Grandi donne ha saputo rendere un prodotto unico e inimitabile. Buon Natale
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Dolci per le feste? Panettone artigianale La Pasticceria delle Meraviglie Via Cappi, 25 41013 Castelfranco Emilia (MO) Tel. 338 33223774
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Lungo la via Emilia che collega Modena e Bologna, si trova Castelfranco Emilia, cittadina ricca di eccellenze gastronomiche, qua si trova una pasticceria che vi consigliamo…
“
Una delle caratteristiche della nostra pasticceria è quella di non usare nessun tipo di prodotto chimico, tantomeno idrogenato o modificato. Tutto questo lo mettiamo in pratica quotidianamente, in questi giorni ad esempio, avvicinandoci al periodo natalizio, siamo in grado di produrre un ottimo panettone artigianale (ovviamente secondo i nostri standard!). Il nostro panettone è preparato secondo le antiche tradizioni dei maestri pasticceri che erano alla continua ricerca e sviluppo di prodotti, il più naturali possibili, a volte a scapito della bellezza
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stessa del prodotto. La ricetta di questo panettone infatti, l’abbiamo appresa direttamente da colui che creò i primi panettoni per conto dell’Alemagna (ovviamente prima che iniziasse a produrre a livello industriale) Rolando Morandin. Fu proprio lui che ci consegnò un pezzo del suo lievito naturale, che noi gelosamente conserviamo e rinfreschiamo quotidianamente, questo lievito ci consente di produrre qualsiasi prodotto lievitato con un sapore genuino, un sapore differente dai soliti prodotti già confezionati (per cui con quantitativi di conservanti) o peggio ancora surgelati (pieni di grassi idrogenati (margarina ad esempio) che, a lungo andare, nuociono alla salute del consumatore. Tutto questo però deve essere accompagnato da materie prime di altissimo livello come Burro di Latteria, Farine eccezionali etc. E’ soprattutto senza fretta, in questo modo siamo in grado di preparare dolci che dopo aver mangiato si ricordino solo per il loro sapore buono e genuino.” Marco Biasi, il Pasticcere
3a edizione ecco le foto di chi c’era!
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Settimana nazionale della patata
Foto Š Gianni Schicchi
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Visti a
I partecipanti alla conferenza stampa del 26 luglio nella sede di Confcommercio Ascom Bologna. Da sinistra: Giulio Romagnoli della F.lli Romagnoli Spa, Giancarlo Tonelli ed Enrico Postacchini rispettivamente direttore generale e presidente di Confcommercio Ascom Bologna, Gianluigi Veronesi ideatore dell’evento, Eros Palmirani presidente dei ristoratori Confcommercio di Bologna con la collega Katia Fanciullacci, Andrea Galli direttore di ASSOPA, Francesco Mafaro presidente dell’Associazione Panificatori di Bologna e Vincenzo Cappelletti ristoratore.
400 panificatori con PATATA in BO L'Associazione Panificatori di Bologna, molto attiva e conosciuta in città, anche per le tante iniziative benefiche che sostiene, ha deciso quest'anno di aderire alla Settimana Nazionale della patata, così per tutta la settimana, i 400 panificatori associati hanno realizzato e proposto la ricetta tipica e tradizionale della Focaccia alla patata.
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Conferenza stampa 26 luglio - Bologna
In questa pagina, la foto in alto, Enrico Postacchini presidente di Confcommercio Ascom Bologna durante la conferenza stampa; nella foto sotto alcuni dei relatori, Giulio Romagnoli e Gianluigi Veronesi; infine in basso Francesco Mafaro e Andrea Galli.
Foto Š Gianni Schicchi
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DEGUSTA 47
Visti a
Sante Cervellati
Mario Manaresi
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Foto di Angela Roig P.
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In queste foto tutti i relatori della conferenza stampa milanese svoltasi nell’esclusiva location di UNICO Restaurant, al ventesimo piano della World Join Center Tower. La conferenza è stata introdotta da Gladys Torres, giornalista peruviana e storica dell’alimentazione e collaboratrice del centro mondiale della patata di Lima (Perù), con l’intervento dal titolo “Lassù sulle Ande peruviane: storia del lungo cammino della patata”. Si sono poi susseguiti gli interventi di Giuliano Mengoli direttore del Consorzio delle Buone Idee, Giulio Romagnoli consigliere d’Amministrazione delegato Commissione Patate FRUITIMPRESE, Sante Cervellati presidente UNAPA, Unione Nazionale fra le associazioni dei produttori di patate e Mario Manaresi, Sustainable Agriculture Manager Crop Protection BASF; è stato poi presentato il volume “LA PATATA” della collana “Coltura & cultura” di Bayer Crop Science. La conclusioni dell’incontro è stata affidata al Cav. Paolo Bruni, Presidente della Confederazione generale delle cooperative agricole dell’Unione Europea, già consulente trasmissione televisiva Rai Uno “Uno Mattina”, Presidente del CSO – Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara. Moderatore della conferenza Giancarlo Roversi, giornalista e scrittore.
Conferenza stampa 16 settembre – Milano
Il cav. Paolo Bruni
Foto di Angela Roig P.
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Visti a Gianluigi Veronesi insieme a fabio Baldassarre, chef di UNICO Restaurant, rinominato “ristorante più alto d’Italia” perché situato al ventesimo piano della World Join Center Tower di Milano
Uno dei piatti offerti in degustazione ai giornalisti intervenuti: gnocchi di patate con trigliette di scoglio e zenzero
Foto di Angela Roig P.
La World Join Center Tower in zona Portello a Milano
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Conferenza stampa 16 settembre – Milano
In primo piano una selezione dei prodotti protagonisti della conferenza stampa: la patata di Bologna DOP, la patata Selenella, i Pizzoccheri di Annoni e l’innovativa confezione Blind Bag di Marmocchi Angiolino srl
Menù del 16 settembre 2011
Per capire Tre patate tre, cotte a vapore poi olio extravergine e sale: Patata di Bologna Dop, patata Selenella e patata light Soave Classico d.o.c.“Bassanella” 2010 Bixio Poderi Per stupire Gnocchi di patate con trigliette di scoglio e zenzero Rinero I.g.t. Rosso Veneto 2008 - Desmontà Pizzoccheri della Valtellina Annoni con le patate di Bologna Dop Merlot d.o.c. 2010 - Desmontà Per finire Budino di Patata, 20 leghe sopra il dolce Pinot grigio spumante Brut - Desmontà
Fabio Baldassarre di UNICO Restaurant cresce e si forma all’interno di una famiglia di cuochi d'origine abruzzese. Dopo gli studi all’Istituto Alberghiero, la sua esperienza sul campo comincia nelle cucine dell’ambasciata tedesca di Roma dove Fabio perfeziona le sue capacità e ben presto decide di allargare il raggio delle sue esperienze: dopo un anno infatti lascia l’Italia per un periodo di formazione in Austria, a Salisburgo. Nel 1994 Fabio torna a Roma per lavorare con il grande Heinz Beck nel ristorante “La Pergola” dell’Hotel Cavalieri Hilton, prestigioso locale dove avrà modo di dimostrare tutta la sua bravura diventando sous-chef del maestro tedesco. Una collaborazione che dura quattro anni. Desideroso di apprendere nuove tecniche e di accrescere il suo bagaglio di conoscenze, si sposta di nuovo nel nord Europa, prima in Germania, con Heinz Winkler, e poi in Inghilterra da Raymond Blanc. Al ritorno in Italia, nel 1999, è per un anno chef-patron di un ristorante di tradizione romana e poco dopo, nel 2000, gli viene proposto di diventare chef executive de “L’altro Mastai”, e di portare nella nuova esperienza la sua sapienza gastronomica e le sue competenze tecniche. I suoi piatti si ispirano alla cucina mediterranea. Profumi, sapori, tradizioni e un’attenta cura dei particolari. Fabio ha messo tutta la sua esperienza al servizio della formazione nel settore enogastronomico, accettando un incarico di insegnamento nelle Scuole di Specializzazione del Gambero Rosso alla Città del Gusto di Roma. Gli è stata assegnata una stella Michelin. Attualmente dirige la cucina del prestigioso “Unico”, locale di grande con meravigliosa cucina a vista e definito come il ristorante più alto d’Italia data l’ubicazione al ventesimo piano della World Join Center Tower di Milano, da cui si gode di un panorama incredibile che va dalle prealpi Valtellinesi alla magnificenza della città meneghina.
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Visti a I relatori della seconda conferenza stampa presso Confcommercio ASCOM Bologna, nella foto qua accanto e sotto: Graziano Prantoni e Gabriella Montera, rispettivamente assessore alle attività produttive e all’agricoltura della provincia di Bologna, l’On. Paolo De Castro Presidente Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, Giancarlo Tonelli direttore generale ASCOM, Mario Manaresi BASF ed Alberto Zambon presidente Consorzio delle Buone Idee e patata di Bologna DOP. Nella foto a sinistra Paola Sidoti di Bayer presenta il testo “la patata” per la collana Coltura&Cultura di Bayer Crop Science
La presentazione ufficiale della Fiat 500 “PATATA in BO” realizzata dalla concessionaria Maresca & Fiorentino
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Conferenza stampa 22 settembre - Bologna
Foto © Gianni Schicchi
L’On. De Castro, Giancarlo Tonelli e Gianluigi Veronesi
Il buffet a base di patata e prodotti tipici locali offerto agli intervenuti alla conferenza stampa e curato dai ristoratori Confcommercio Ascom e dall’Associazione Panificatori di Bologna.
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DEGUSTA 53
Visti a L’imponente ingresso di Villa Guastavillani, sede di ALMA GRADUATE SCHOOL sui primi colli Bolognesi. Qua si è svolto il convegno AGRICOLTURA: scenari e aspettative al 2020, promosso da BASF nel calendario di iniziative culturali della terza edizione PATATA in BO
La parola al Cav. Paolo Bruni Presidente Confederazione generale delle cooperative agricole dell’UE, alla sua sinistra Mario Guidi presidente di Confagricoltura e accanto Lorenzo Frassoldati, moderatore dell’incontro e giornalista QN / Il Resto del Carlino, a destra del Cav. Bruni Sante Cervellati, presidente UNAPA
L’aula magna della sede Universitaria, gremita di partecipanti al convegno
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Convegno presso ALMA, 22 settembre - Bologna
L’intervento dell’On. Paolo De Castro Presidente Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo
Sante Cervellati in rappresentanza dell’Unione Nazionale associazioni produttori di patate
Chiude il convegno Tiberio Rabboni, Assessore All’Agricoltura della Regione Emilia Romagna, accanto a lui Mario Manaresi di BASF
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DEGUSTA 55
Visti a La suggestiva “Grotta”, il salone presso Villa Guastavillani in cui si è svolto il rinfresco a seguito del convegno Agricoltura: scenari e aspettative al 2020. Sotto Tiberio Rabboni, Assessore all’agricoltura della regione Emilia Romagna mentre accende le piccole mongolfiere lasciate volare a conclusione del convegno, per consegnare simbolicamente al vento i concetti espressi dai relatori e quindi farli volare alto e arrivare lontano
Il buffet curato dall’Azienda Agricola F.lli Caretti con il casaro enogastronomo Valerio Caretti; i vini in degustazione erano offerti dall’Azienda Agricola Gaggioli dei Colli Bolognesei.
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Convegno presso ALMA, 22 settembre - Bologna
l convegno svoltosi a Villa Guastavillani è stato promosso da BASF all’interno del calendario d’ iniziative culturali della terza edizione PATATA in BO. Di grande impatto il titolo dell’incontro: Agricoltura, scenari e aspettative al 2020; da corollario alcune domande cui i relatori hanno tentato di dare risposta: Come cambierà l’agricoltura nei prossimi anni? Che ruolo avrà l’innovazione in agricoltura ? Quali saranno gli investimenti ? Quale sostegno da parte dell’UE ? Qualità o quantità? Perché questo incontro? Ecco le parole di Mario Manaresi, Sustainable Agriculture Manager Crop Protection - BASF
“Nel dopoguerra, in Europa, per merito della cosiddetta rivoluzione verde, si passò dalla scarsità alla eccedenza delle produzioni agricole e allora si privilegiò un’agricoltura basata sulla qualità delle produzioni. Ora, con una popolazione in esponenziale aumento, che nel 2050 arriverà a più di 9miliardi di individui, si deve tornare a parlare di quantità e l’imperativo è quello di allargare l’orizzonte della discussione al mondo intero. Non dimentichiamoci che la stabilità sociale, da sempre, passa attraverso il soddisfacimento dei bisogni primari: le rivolte dei paesi del Nord Africa e il continuo flusso migratorio che si riversa sulle nostre coste ne è un chiaro esempio. In questo complesso panorama, quale sostegno è previsto da parte dell’UE? I bisogni continuano ad essere gli stessi, ma il numero di persone a doversi spartire le risorse del pianeta è in costante crescita: tutto ciò crea necessità di sempre più difficile soddisfazione. L’agricoltura è chiamata a tentare di rispondere nel modo più adeguato possibile a questa lotta per la sopravvivenza, modificando i suoi tradizionali metodi di produzione. Chiaramente il tutto senza che l’ambiente ne risenta. È questa la grande sfida: trovare il giusto equilibrio fra natura e tecnologia, fra necessità sociali e ambientali, per ottenere prodotti di qualità, in quantità sufficienti e accessibili a tutti senza dimenticare che l’agricoltore è la colonna portante di tutto questo e porta sulle spalle sia il peso di produrre il cibo che mangiamo sia la responsabilità della tutela dell’ambiente.”
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Visti a
Malandrino e Veronica, il duo di comici bolognesi che ha fatto divertire gli ospiti intervenuti alla consueta serata di gala
l buffet di formaggi e salumi curato dalla gastronomia Vecchia Malga; qua sotto Carlo Gaggioli dell’omonima azienda agricola mentre serve agli ospiti il suo Pignoletto Colli Bolognesi DOC
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La serata di gala a Palazzo Albergati – Zola Predosa (BO)
La terza edizione di PATATA in BO ha visto crescere i premi e gli stimoli per il mondo giovanile; confermato il progetto di educazione alimentare con i bambini delle scuole elementari ed il premio letterario correlato Tanti kg di patate quanto pesi, con una giuria composta dai giornalisti professionisti del territorio: Antonio Farnè TGR, Gianluigi Armaroli Mediaset, Giuseppe Tassi Quotidiano.net, Lorenzo Frassoldati giornalista QN-Il Resto del Carlino, Gianfranco Leonardi Degusta, On. Giancarlo Mazzuca presidente di commissione. A questo progetto si è affiancata la novità della terza edizione, il premio Spot in BO rivolto principalmente ai giovani del mondo della comunicazione per la realizzazione del migliore video, scelto come spot ufficiale della terza edizione PATATA in BO.
Graziano Prantoni e Gabriella Montera, rispettivamente assessore alle attività produttive e all’agricoltura della provincia di Bologna, brindano insieme durante la cena di gala
Giacomo Gilli, il bambino premiato per il racconto giornalistico dal titolo “Una patata sindaco”
Stefano Giovanazzi, giovane regista di Rovereto, premiato Spot in BO 2011
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Visti a Giuseppe Tassi, direttore del Quotidiano.net, sul palco delle premiazioni in rappresentanza della giuria di giornalisti per il premio Tanti kg quanto pesi, riceve il grembiule PATATA in BO, gadget dell’evento, da Gianluigi Veronesi
Gabriella Montera e Graziano Prantoni salutano gli intervenuti e aprono ufficialmente PATATA in BO, settimana del buon mangiare a Bologna
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Alberto Zambon, presidente del Consorzio della patata di Bologna DOP e del Consorzio delle Buone Idee, rappresenta e racconta la vera protagonista di tutta la manifestazione: la patata
La serata di gala a Palazzo Albergati – Zola Predosa (BO)
Giancarlo Tonelli, direttore generale Confcommercio Ascom Bologna, associazione di categoria tra i principali sostenitori dell’iniziativa insieme alla Camera di Commercio cittadina, dopo aver salutato tutti i presenti conferma il sostegno di Confcommercio alla kermesse PATATA in BO e poi scambia una battuta simpatica con i due comici Malandrino e Veronica
Massimo Gagliardi, firma de Il Resto del Carlino, ricevere da Giovanni Leporati, presidente della Confraternita della Patata, la pergamena che gli conferisce il titolo di socio onorario della stessa Confraternita
Lo stesso riconoscimento di socio onorario della Confraternita delle patate, viene conferito anche a Giulio Romagnoli, della Romagnoli F.lli spa
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Visti a Nella foto da sinistra Massimo Gagliardi, Giovanni Leporati, Giulio Romagnoli e Giancarlo Tonelli.
I veri protagonisti della serata di gala, i ristoratori Confcommercio Ascom che oltre ad aderire alla manifestazione PATATA in BO hanno curato una ricca selezione di piatti e ricette rigorosamente a base di patata, dando prova della loro alta professionalità . L’elenco completo dei ristoranti è disponibile sul sito www.patatainbo.it.
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SPECIALE STRADE DEI VINI 8 itinerari proposti
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Tutta la magia dei colli fiorentini Paesaggi incontaminati e suggestive testimonianze storiche nel territorio che da Sud circonda Firenze. È qui che nasce un Chianti equilibrato e dal carattere inconfondibile
ITINERARIO
TOSCANA
Lo stemma del Chianti Colli Fiorentini DOCG
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U
n’incantevole campagna immersa nel verde della natura e una lunga tradizione di cultura e di sapori: sono le caratteristiche del territorio dei Colli Fiorentini che, da Sud Est a Sud Ovest, circondano la città di Dante. Questa porzione della celebre area del Chianti comprende 18 Comuni immersi tra ulivi e filari di viti, in cui le tracce della storia sono visibili ancora oggi nei monumenti e nei borghi perfettamente conservati. Oltre alla natura e
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alla storia, questi luoghi sono arricchiti da un’importante tradizione enogastronomica, che vede tra i suoi prodotti di punta il Chianti Colli Fiorentini, un vino particolarmente equilibrato e dal carattere definito e unico. Per accorgersi delle meraviglie di questi luoghi basta uscire da Firenze e proseguire per Galluzzo, frazione del capoluogo toscano nota per la sua Certosa. Il complesso monastico sorge sulla sommità del Monte Acuto e risale al 1341. Qui è possibile ammirare la Pinacoteca di palazzo Acciaioli, oltre ad assaggiare i liquori prodotti dai monaci cistercensi. Proseguendo per la Provinciale 69 si raggiunge Impruneta, paese di origine etrusca famoso per la sua basilica di epoca alto-medievale. Secondo la tradizione, è qui che nasce il peposo alla fornacina, uno stracotto abbondantemente pepato, tipico della cucina fiorentina e amatissimo dal Brunelleschi. Questa specialità si può assaggiare nei ristoranti e nelle
osterie della zona, abbinato al caratteristico Chianti Colli Fiorentini Docg. Ridiscendendo per le strade comunali, tra i lunghi filari di vigne di Sangiovese, Canaiolo e Colorino, si entra nel territorio del Comune di Bagno a Ripoli, raggiungendo la frazione di Grassina. L’area di Bagno a Ripoli, circondata da boschi, pascoli, vigneti e uliveti, vanta un vasto patrimonio di edifici di interesse storico, tra cui spicca l’Oratorio di Santa Caterina delle Ruote a Rimezzano, che ospita importanti affreschi del ‘300. Facendosi guidare dall’Arno e allontanandosi da Firenze, si raggiunge Rosano. Il paese si sviluppa intorno al suggestivo Monastero di Santa Maria, uno dei più antichi d’Italia, considerando che la sua nascita potrebbe risalire al 780. Rientrando a Firenze, è d’obbligo passare per Fiesole, città che offre una grande ricchezza storica e monumentale. Sorgendo su una collina, il comune regala ai visitatori la vista sul meraviglioso panorama delle campagne fiorentine. Durante questo incantevole itinerario non può mancare una sosta in una delle tante aziende vitivinicole che producono il Chianti Colli Fiorentini Docg. Questo vino, prodotto con almeno il 70% di uve sangiovese, è riconoscibile per il suo colore rubino vivace, l’odore intensamente vinoso e un sapore armonico, sapido, che si affina col
tempo al morbido vellutato. Viene prodotto nel territorio delimitato a nord da Fiesole, Firenze e Lastra a Signa, a est da Pèlago e Reggello, a sud da Figline Valdarno e Barberino Val d’Elsa e a Ovest da Montelupo Fiorentino e Montespertoli. La sua tradizione lo rende un abbinamento ideale per le specialità della tavola fiorentina, come i fagioli all’olio di oliva e salvia, la carne alla griglia e la ribollita. Oltre al vino, in questo territorio si produce anche un olio extravergine d’oliva dal sapore intenso e fruttato con note piccanti, ideale complemento di una tradizione gastronomica tra le più famose al mondo.
Il consorzio
Il Consorzio Chianti Colli Fiorentini nasce nel 1994 per tutelare e valorizzare il territorio e la denominazione, il cui riconoscimento e disciplinare risalgono al 1967. Con il Decreto del 14 dicembre 2004 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, al Consorzio è stata affidata la tutela delle denominazioni Chianti Colli Fiorentini e Vin Santo del Chianti Colli Fiorentini. Attualmente le aziende socie sono 27, e rappresentano la quasi totalità della produzione di Chianti Colli Fiorentini. I lunghi filari tipici della zona del Chianti
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DEGUSTA 67
Sulla Strada del Vino Colli Euganei Un territorio dolcemente arrotondato a pochi chilometri da Padova. Di lunghissima tradizione enologica, il paesaggio è un susseguirsi di vigneti, borghi medievali e antiche dimore
ITINERARIO
VENETO
Il paesaggio autunnale di Castelnuovo di Teolo
68 DEGUSTA
A
pochi chilometri da Padova c'è un paesaggio di grande bellezza, terre che l'uomo abitò sin dall'antichità impreziosendole con un'eredità storica e culturale conservata sino ai nostri giorni. Sono i Colli Euganei, un gruppo di colline di origine vulcanica tutelato fin dal 1989 con l’istituzione del Parco Regionale per preservare un ambiente unico dove alla macchia mediterranea si contrappongono boschi di castagni e quercia, mentre sui dolci pendii gli ulivi e i terrazzamenti di viti formano suggestive figure geometriche. Non solo, per-
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ché questa natura lussureggiante è intervallata qua e là da piccoli borghi medievali, antiche e preziose dimore, parchi rinascimentali, monasteri ed eremi. Scoprire questi paesaggi è facilissimo grazie ai tanti percorsi e sentieri tabellati (da fare anche in bici o a piedi), ma uno dei giri più interessanti e goderecci è senz’altro la Strada del Vino dei Colli Euganei: un tour tra cantine, osterie e agriturismi, dove farsi tentare dai sapori genuini dei prodotti tipici e dall’eccellenza delle 17 tipologie di vini DOC e di una DOCG. Infatti, in questo territorio l’enologia ha trovato la sua massima espressione perché il suolo di origine vulcanica è particolarmente favorevole alla coltivazione della vite. Non ci dimentichiamo però di altre chicche come il miele, l’olio extravergine di oliva Euganei DOP e il rinomato prosciutto Veneto Berico Euganeo DOP. L’itinerario si può fare in macchina o in motocicletta grazie a un tracciato GPS scaricabile gratuitamente dal portale turistico della Regione del Veneto. Si può cominciare da Battaglia
Terme, località nata dall'acqua e cresciuta sulla terra, la cui storia si legge nel Museo della Navigazione Interna, unico del suo genere in Italia per la ricchezza di documenti e oggetti esposti. Ma, prima di lasciare la località, non dimenticatevi di visitare il Catajo, imponente villa veneta a forma di castello. Da Battaglia si continua in direzione Montegrotto Terme, rinomato centro di salute e benessere, già apprezzato dai romani per le proprietà terapeutiche delle sue acque caldissime. In pochi chilometri si raggiungono silenziosi luoghi monastici e oasi di fede, come il Santuario Mariano di Monteortone e l’Abbazia di Praglia, autentico gioiello rinascimentale e importante centro della spiritualità benedettina. Il dolce saliscendi ci porta poi a Luvigliano e alla sua Villa dei Vescovi, monumento recentemente entrato far parte del patrimonio del FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) che a giugno, dopo lungo restauro, verrà riaperta al pubblico. I panorami si fanno insolitamente montani a Castelnuovo di Teolo dove si scoprono alcuni tra i più affascinanti angoli del territorio euganeo: la cascata del Calto Contea e i ruderi del Castello di Rocca Pendice. Prima di tornare in pianura si passa per Vo’ Euganeo per ammirare villa Contarini – Venier, con la sua vasta corte in trachite, magnifiche barchesse e l’armoniosa chiesa di San Lorenzo. Lasciato il paesaggio collinare, si entra a Cinto Euganeo dove vi aspetta il museo di Cava
Bomba e la sua ricca esposizione di fossili e reperti sulla storia geologica ed industriale dei Colli Euganei. Penultima tappa ad Arquà Petrarca, il paese più famoso e meglio conservato dei Colli Euganei, il cui nome è legato a quello del sommo poeta Francesco Petrarca, che qui decise di trascorre gli ultimi anni della sua vita. L’itinerario si conclude a Valsanzibio, a Villa BarbarigoPizzoni-Ardemani, il cui giardino storico è noto nel mondo per i giochi d'acqua, il magnifico labirinto vegetale e l'ingresso monumentale. L’itinerario ci è stato fornito dalla Direzione Promozione Turistica Integrata della Regione Veneto
Gusti Euganei
Meta tutta da scoprire, i Colli Euganei anche a tavola riservano piacevolissime sorprese! Si va dalle erbette spontanee, immancabili nei risotti e nella pasta ripiena, ai dolcissimi piselli, o ancora dai frutti del sottobosco ai formaggi, ai mieli. Tra i prodotti tipici a Denominazione di Origine Protetta ricordiamo l’Olio extravergine di oliva “Veneto Colli Euganei” e il famoso Prosciutto Veneto Euganeo-Berico, dolcissimo e dal profumo delicato. Ma il vanto di questo territorio sono i vini, ben 17 tipologie a DOC e una DOCG, il Fior d’Arancio, stupendo vino da dessert. Villa Contarini-Venier
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DEGUSTA 69
La Franciacorta: una terra, un vino Un viaggio alla scoperta di una terra ricca di storia e natura e del suo punto di forza: il vino Franciacorta, un prodotto unico ed inimitabile
ITINERARIO
LOMBARDIA
Una veduta del lago d’Iseo
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A
d identificare questo vino, prodotto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia, è unicamente il nome della regione geografica. Le etichette recano soltanto la denominazione Franciacorta, unico termine che definisce il vino, il metodo di produzione e il territorio. La Franciacorta si trova nel cuore della Lombardia, affacciata sulle sponde del Lago d’Iseo, in un’area che comprende 19 comuni della provincia di Brescia, per una superficie totale di 230 chilometri quadrati.
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Il vasto patrimonio culturale, storico e naturale di questa terra è disseminato in splendide cornici verdeggianti, lungo i dolci declivi delle antichissime colline di origine morenica che fanno della Franciacorta un territorio da scoprire, assaporare e respirare. Il Franciacorta nel 1995 è stato il primo vino italiano prodotto con il metodo della rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg). E’ prodotto con uve Chardonnay e/o Pinot Nero. È consentito anche l’uso di Pinot Bianco fino ad un massimo del 50% dell’uvaggio. Dopo la vendemmia, fatta esclusivamente a mano per garantire una migliore selezione delle uve, i grappoli integri vengono trasportati in cantina, dove il raccolto di ogni vigneto viene vinificato separatamente. Dalla soffice spremitura delle uve si ottiene il mosto “fiore”, per la produzione delle basi Franciacorta, le quali a primavera saranno as-
semblate per formare la cuvée: una mescolanza di vini base Franciacorta, anche di differenti annate, scelti sulla base di attente degustazioni al fine di determinare le caratteristiche che ogni produttore vuol dare al “suo” Franciacorta. Segue la fase dell’imbottigliamento (tiraggio) che consiste nell’aggiunta al vino in bottiglia di lieviti e zucchero, per dar così vita ad una lenta rifermentazione naturale che sviluppa anidride carbonica nella bottiglia (presa di spuma), con il conseguente incremento di pressione fino al raggiungimento di 5-6 atmosfere. Le bottiglie sigillate vengono accatastate in orizzontale nella cantina e rimangono in questa posizione per i tempi necessari ad ottenere i diversi Franciacorta. È proprio durante questo periodo che il Franciacorta assume il suo profilo sensoriale caratteristico, arricchendosi di complessità aromatica. Alla fine di questa fase le spoglie dei lieviti si depositano sul fondo della bottiglia. Il deposito viene portato in prossimità del tappo grazie al processo di scuotitura (remuage), che porterà progressivamente ogni bottiglia in posizione verticale a testa in giù e quindi sarà rimosso attraverso la sboccatura. Durante questo processo le bottiglie vengono mantenute in posizione verticale con il collo immerso in una
L’Associazione Strada del vino Franciacorta
Nata nel 2000 dalla sinergia tra operatori privati (aziende vitivinicole, alberghi, dimore storiche, ristoranti, trattorie, osterie, aziende agrituristiche, enoteche, agenzie di viaggi, campi da golf) ed enti pubblici (Comuni, associazioni per la promozione del territorio) la Strada del vino Franciacorta è un percorso di 80 km che ha lo scopo di promuovere e sviluppare le potenzialità turistiche, in particolar modo legate al turismo enogastronomico, della Franciacorta. L’Associazione Strada del vino Franciacorta si propone come punto di riferimento per turisti individuali, gruppi e operatori, garantendo loro un supporto tecnico-organizzativo per ricevere informazioni e servizi, costruire itinerari e scoprire più da vicino le svariate opportunità che questa terra da sempre vocata alla viticoltura, situata tra il lago d’Iseo e la città d’arte di Brescia, può offrire.
soluzione refrigerante. Questa operazione consente la formazione di un “tappo” di ghiaccio che blocca le spoglie dei lieviti. Quando il tappo metallico viene rimosso, la pressione all’interno della bottiglia è tale che il residuo ghiacciato viene violentemente espulso con una minima perdita di pressione e di vino. Per i Franciacorta non dosati si introduce solo vino a ripristino del livello, per gli altri invece si aggiunge dello sciroppo di dosaggio composto da vino base Franciacorta e zucchero. A questo punto il Franciacorta è pronto per essere tappato con il definitivo tappo di sughero, protetto dalla gabbietta metallica. Il rigido disciplinare di produzione del Franciacorta, il più restrittivo al mondo, stabilisce i tempi minimi di rifermentazione in bottiglia a contatto con i lieviti più lunghi di qualunque altro vino prodotto con questo metodo.
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DEGUSTA 71
Sapori di Romagna Un viaggio enogastronomico nel cuore profondo di una Rimini che non è solo mare e divertimento ma anche storia, cultura e tradizioni
ITINERARIO
ROMAGNA
I Colli di Rimini in estate
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L
a via dei sapori dell’entroterra riminese parte da Rimini; città famosa per la sua grande ospitalità e per la qualità delle sue strutture ricettive. Nel famoso capoluogo sono da vedere il ponte di Tiberio e l’arco di Augusto, memorie delle origini romane della città, il poderoso Castel Sismondo, il Tempio Malatestiano e le altre notevoli chiese cittadine, i bei palazzi e il Museo della città. Da assaporare la tipica cucina adriatica e le suggestioni legate a Federico Fellini, dal Grand Hotel sulla marina, ai
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migliori vini dei Colli di Rimini, detti appunto “I Felliniani”. L’itinerario inizia dall’Arco d’Augusto e, percorrendo la Marecchiese, si dirige verso l’interno sulle dolci colline alle spalle di Rimini. In località S.Martino dei Molini volge verso nord fino a raggiungere Santarcangelo di Romagna, da dove parte la “Strada Romagna”, l’arteria color vinaccia riferimento di tutto il percorso. La cittadina, dal borgo storico ben conservato su cui s’impone la solida Rocca, è nota per molti aspetti, dalle rappresentazioni teatrali alla gastronomia ai numerosi monumenti. Senza dimenticare le antiche botteghe artigiane di tele stampate, il Museo etnografico e la particolarità delle oltre cento “grotte di Giove”, misteriose e antiche cavità tufacee scavate nel sottosuolo cittadino, probabilmente destinate alla conservazione del vino Sangiovese. Le tappe dell’itinerario sono numerose e tutte interessanti. Tra queste ne citiamo alcune. Verucchio, la “culla dei Mala-
testa” ma anche importante centro archeologico, poiché tra il IX e il VI sec a.C. fu la sede centrale della cultura Villanoviana, in grado di produrre oggetti di raffinata bellezza, oggi conservati nell’interessante Museo civico. Da vedere le numerose chiese, tra cui la Collegiata e la pieve di S. Martino. Sul territorio, Sangiovese e Trebbiano si accompagnano ad una ricca cucina di terra e di mare. Montecolombo, altro borgo fortificato dei Malatesta, oggi immerso in una rigogliosa campagna segnata da vigneti e uliveti. Dell’epoca della Signoria mantiene il centro storico medievale con la bella porta d’ingresso, la torre e le mura di cinta, ma anche in prossimità del borgo due antichi lavatoi. In zona, grande la tradizione dei vasai e rilevante quella gastronomica, con trippa, strozzapreti e ottimi vini passiti. San Giovanni in Marignano, l’antico “granaio dei Malatesta”, collocato nella fertile piana della Valconca, terra di abbondanti e ottimi vini. Nel centro storico e nei dintorni sono conservati pregevoli testimonianze della storia antica come il minuscolo teatro-gioiello A. Massari. Inoltre, a pochi chilometri dal borgo, sorge il Riviera Golf Resort, con il suo centro benessere e il campo da golf a 11 buche. San Clemente, terra d’eccellenza del Sangiovese e antico borgo fortificato di cui restano tracce delle mura e Coriano, terra di vini e di olio
Strada dei vini… perché?
Il Consorzio Strada dei vini e dei sapori dei Colli di Rimini nasce nel settembre 2000, in stretta collaborazione tra enti, istituzioni, associazioni di categoria e imprese private, allo scopo di perseguire l’affermazione dell’identità storica, culturale, ambientale, economica e sociale di Rimini e del suo entroterra. Rimini rivela così un volto nuovo, dimostrando di essere anche storia, cultura e tradizioni, di cui l’enogastronomia è certamente una delle espressioni maggiormente apprezzate. Vini DOC e olio extravergine di oliva sono i prodotti più rappresentativi, ai quali si affiancano i primi piatti, i secondi di carne, salumi, formaggi, piadina e poi i dolci tipici, il miele e i liquori.
extravergine d’oliva. Qui si apprezza la storia nei resti dell’antico castello e la rigogliosa natura nel parco fluviale del Marano, ottimo per le attività “en plein air”. La Strada si chiude a Rimini, capoluogo del territorio su cui si snoda l’itinerario percorso, sicuramente una bella e inattesa scoperta, a soli due passi dallo scintillio della famosa riviera romagnola.
Panoramica della città di Torriana
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Nella zona dei vini DOC della Ciociaria Ecco un itinerario per scoprire il territorio della Ciociaria e dei numerosi prodotti gastronomici che questa terra, ancora lontana dal turismo di massa, ha da offrire: su tutti vino e formaggio
ITINERARIO
in UMBRIA
Cantina di Piglio, particolare
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l Cesanese del Piglio, conosciuto sin dai tempi dell’antica Roma, si produce a cavallo fra i Monti Prenestini e Affilani e nell’area collinare dell’Alta Valle del Sacco. Siamo nell’angolo più settentrionale della Ciociaria, in una zona di transizione fra le province di Roma e Frosinone, che comprende i comuni di Paliano, Serrone, Affile, Olevano, Anagni, Acuto e Piglio. Quest’ultimo è considerato la “patria” del Cesanese, tant’è che il Cesanese del Piglio è divenuta la prima DOCG del Lazio: un importante riconoscimento che ha improvvisamente portato alla ribalta questa
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eccellenza della viticoltura regionale nel mondo dell’enologia italiana. Vino sempre elegante, con prevalenza di toni floreali e speziati, caldo e minerale. Di colore rosso rubino molto carico, con intensi riflessi violacei tendente al granato, con un profumo intenso e complesso, con sentori di viola, di amarena e marasca. Il sapore è prorompente in bocca, al palato è pieno e caldo con tannini armonici ma ben presenti, è supportato da una buona acidità ed il finale è lunghissimo. Il nuovo disciplinare prevede due tipologie: Cesanese del Piglio e Cesanese del Piglio Superiore con la menzione di “Riserva” per i vini invecchiati più di 18 mesi. Il percorso della Strada del Vino del Cesanese si snoda in uno scenario verdeggiante, caratterizzato dall’alternanza fra dolci colline e monti dalle sagome ora morbide ora rocciose e da un paesaggio agrario molto vario, ove, accanto ai vigneti, compaiono uliveti, pascoli e, più a valle, vasti campi di grano. Si può partire da Paliano, cittadina rinascimentale situata su una panoramica collina e dominata
da un’imponente fortezza, per poi risalire le alture che conducono ad Olevano Romano, da secoli meta cara al turismo internazionale: famoso è il Bosco della Serpentara, una piccola selva di querce secolari nei pressi del paese, molto visitata ai tempi del Grand Tour; intorno ad Olevano, soprattutto in direzione di Bellegra e Roiate, si ammirano alcuni fra i paesaggi più suggestivi dell’itinerario, ove i boschi e i vigneti sono punteggiati da vecchi casali ornati da pini e cipressi. Da Olevano, poi, la strada corre ai piedi dei monti, bordata da una pista ciclabile (la più lunga d’Europa, che collega Paliano a Fiuggi): con brevi deviazioni si raggiungono prima il piccolo borgo medievale di Serrone, in splendida posizione panoramica alle pendici del Monte Scalambra (notevole l’Eremo di San Michele), Anagni, insigne cittadina d’arte, ricca di monumenti medievali, ed infine Piglio, cuore dell’itinerario, rustico paese allungato su uno sprone dei Monti Affilani. Dal Piglio, ove si concentrano i maggiori produttori (e rivenditori) del Cesanese, si può deviare brevemente verso Acuto, altra località di produzione vinicola (ed olivicola), oppure continuare sulla strada principale, che prende a salire decisamente fra boschetti e colline pietrose in direzione degli Altipiani di Arcinazzo, pittoresco complesso di pianori carsici: superate le rovine della Villa di Traiano, il paesaggio si fa via via più splendido e si possono notare numerosi antichi casali ora abbandonati fra i prati ora restaurati e cir-
Non solo vino
Dove c'è buon vino alta è la cultura gastronomica e accurata la ricerca delle materie prime. L'estremo nord della Ciociaria non tradisce questo assioma. Tra i prodotti tipici del territorio ricordiamo l'olio extravergine tratto dalle coltivazione della Rosciola, una qualità nobile di oliva da spremitura e i prodotti della pastorizia. Qui i formaggi di latte ovino e caprino, di varietà e qualità ormai introvabile altrove, conservano in alcune (purtroppo sempre più rare) versioni tradizionali il gusto e il profumo di tempi lontani.
condati da vigneti. Si giunge così ad Affile, piccolo centro con interessanti chiese medievali, chiudendo il percorso automobilistico o proseguendo verso Subiaco, alla volta dei celebri monasteri benedettini di Santa Scolastica e del Sacro Speco. All’andata o al ritorno una meritata sosta presso una delle tante trattorie che si incontrano lungo l’itinerario permette, fra l’altro, di apprezzare l’accostamento del vino Cesanese con i genuini prodotti della semplice tradizione contadina ciociara, come l’olio extra vergine di oliva, il pecorino, la polenta con spuntature di maiale o la pasta fatta in casa.
La piazza della cittadina di Paliano
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Rosso Conero: nettare della Marca Avviata dagli Etruschi, la produzione di vino nella Marca Dorica ovvero l'area del Conero, fonda le sue radici già intorno al X sec. a.C. e nel tempo la viticoltura si è andata via via sviluppando
ITINERARIO
MARCHE
Veduta del Parco del Conero realizzata da Raffaele Pepa
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ggi come oggi, quasi tutte le aziende producono il Rosso Conero utilizzando in prevalenza uve Montepulciano in purezza, ma è prevista altresì la possibilità di aggiungere uva Sangiovese per una quantità che non superi il 15%.
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A livello geografico, la zona di produzione interessa il promontorio del Monte Conero sul mare Adriatico, a sud est di Ancona e le colline discendenti. L’area comprende sette comuni, Ancona, Camerano, Numana, Offagna, Sirolo ed in parte Castelfidardo e Osimo, per
un totale di 200 ettari di vigneti. Un’area di nicchia, caratterizzata da terreni con differenti caratteristiche, con le marne e le marne calcaree delle propaggini del monte, le argille e le argille marnose di Camerano e Osimo e le sabbie della zona di Offagna. Il microclima, con estati secche ed autunni miti, è fondamentale per la formazione dell'inconfondibile nettare rosso. A tutela di questo pregiato vino, nel 1996 è nato il Consorzio per la tutela del Rosso Conero, organismo che comprende tutti i produttori della zona. La Denominazione di Origine Controllata è arrivata nel 1967 e presto la tipologia Riserva, che prevede due anni di invecchiamento a decorrere dal 31 Marzo seguente a quello di produzione delle uve. Ultimo riconoscimento qualitativo arrivato è quello della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG). Il Rosso Conero ha un colore rosso rubino intenso ed i suoi profumi ricordano la frutta rossa come more e ciliegie, con note speziate e balsamiche. La gradazione alcolica minima, parte da 11,5°, mentre per la Riserva deve essere di un grado superiore. E’ consigliato berlo dopo due o tre anni di invecchiamento e la sua struttura permette di conservarlo anche per sei o sette anni per la Riserva. Si sposa con i tipici salumi Marchigiani e con le paste condite con sughi di carne,
con la selvaggina, il brasato ed è ottimo con il pecorino di fossa. La Strada del Rosso Conero è nata anche con la collaborazione dell’Ente Parco del Conero, per gli amanti della ricerca della tipicità, e vi aderiscono le cantine che producono questo crù.
Il parco-vitigno del Conero
Un'oasi ambientale nata attorno al Monte Conero: 572 metri di macchia mediterannea a picco sul mare. Istituito nel 1987, il Parco è un'area protetta in cui è possibile passeggiare nei 18 sentieri che si snodano fra i boschi, da soli o accompagnati da guide esperte. In ogni punto del parco è possibile osservare il transito di uccelli migratori come il falco pellegrino e i rapaci notturni, visitare preziose testimonianze storicoartistiche, come la Torre di Guardia e la chiesetta romanica di Santa Maria nella baia di Portonovo. Il monte Conero prende il nome da un suo antico prodotto, il Komaròs, per gli antichi greci, il Corbezzolo o "ciliegio marino”. I suoi frutti sono bacche rotonde di sapore dolciastro, con buccia granulosa di colore dal giallo al rosso scarlatto secondo la maturità. Raccolti a fine autunno possono essere consumati freschi o in confettura. Dal corbezzolo si produce anche un ottimo vino rosato e miele. Numerose sono le aziende vitivinicole e agricole in cui degustare e acquistare il pregiato Rosso Conero e i migliori prodotti della terra (miele, olio, legumi, etc.). Nell’entroterra marchigiano, veduta di Raffaele Pepa
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La Strada del Barolo e grandi Vini di Langa Un percorso enogastronomico di eccellenza in una storica regione italiana, il Piemonte, alla scoperta della cultura del vino, del cibo e della vocazione all’accoglienza tipica di questo territorio
ITINERARIO
in PIEMONTE
Bottiglie come pezzi d’antiquariato
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e Langhe sono un territorio collinare nel sud del Piemonte, attraversato dal corso del fiume Tanaro e che ha come centro principale la cittadina di Alba. Ma le Langhe sono soprattutto note in tutto il mondo per alcuni nomi leggendari: Barolo, Nebbiolo, Barbera, tartufo bianco d’Alba, nocciola Tonda gentile delle Langhe e i formaggi Castelmagno, Raschera, Robiola di Roccaverano. Nel bel mezzo delle Langhe corre una strada, lungo la quale si trovano cantine, hotel di charme e agriturismi,
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Foto © Beppe Malò
ristoranti e osterie, castelli e musei: è la Strada del Barolo e grandi Vini di Langa. Si tratta di un percorso segnalato che attraversa le colline della Langa del Barolo, abbraccia le cantine produttrici e le aziende agricole per offrire ai turisti la possibilità di incontrare il “re” dei vini nei luoghi della sua produzione, fermandosi per una piacevole sosta dai soci che fanno parte della Strada. L’associazione “Strada del Barolo e dei grandi vini di Langa” nasce nel 2006 con lo scopo di valorizzare, promuovere e animare il territorio dove nascono questi pregiati vini e dove sono radicate le tradizioni secolari, la cultura e le produzioni enogastronomiche tipiche che hanno reso questo territorio unico al mondo: sono più di cento i soci che insieme collaborano per offrire al turista qualità ed emozioni. Padrone di casa è il vino Barolo che, insieme agli altri grandi vini e ai prodotti della cucina locale, caratterizza e nobilita il territorio della Langa del Barolo. La Strada unisce i comuni di Alba, Barolo, Castiglione Falletto, Cherasco,
Diano d’Alba, Dogliani, Grinzane Cavour, La Morra, Monchiero, Monforte d’Alba, Montelupo Albese, Novello, Roddi, Roddino, Rodello, Serralunga d’Alba, Sinio e Verduno. Non solo vino, ma anche turismo culturale. Il comune di Barolo può essere il punto di partenza di qualsiasi itinerario sul vino, oggi ancor di più grazie al nuovo Wi.Mu., il Wine Museum, il Museo del Vino, ospitato nel Castello dei Marchesi Falletti di Barolo, che permette di comprendere lo sviluppo del vino nella storia e nell’attualità, anche attraverso il cinema, la musica, la letteratura, l’arte. Il Wi.Mu è anche una delle sedi delle Wine Tasting Experience che la Strada del Barolo organizza per scoprire e conoscere i vini del territorio. Si tratta di lezioni di alto livello, anche personalizzate, per offrire ai “wine lovers” di tutto il mondo un’occasione in più per conoscere e apprezzare la produzione vinicola di Langhe e Roero: sulla traccia delle “Ecole du Vin” francesi, sono esperienze di degustazione, rese uniche dalle ambientazioni - cantine comunali, enoteche, passando inevitabilmente per il WiMu di Barolo - e dalla presenza di importanti sommelier, produttori e esperti del settore a guidare gli incontri. Sul territorio, la scoperta del barolo e degli altri grandi vini abbinati alla cucina tradizionale di Langa, possono essere la ragione di una visita alle manifestazioni della Strada come “Io Barolo”, presenta-
zione della nuova annata del barolo, la “Caccia al Tesoro nelle Langhe” e la “Vendemmia in Langa”. Tutte le informazioni per organizzare una vacanza in Langa sono sul sito www.stradadelbarolo.it. Su questo sito si può programmare tranquillamente da casa propria, con il proprio computer, il viaggio nella Langa del Barolo e trovare informazioni sulle cantine, sui vini, sul cibo, sulle possibilità di pernottamento e per finire, con gusto, trovare curiosità come le ricette tipiche della tradizione. Per informazioni: tel. +39 0173 364030, e-mail info@stradadelbarolo.it, www.stradadelbarolo.it
L’interno di una enorme cantina
Foto © Beppe Malò
I vini del Piemonte
"I Vini del Piemonte" è un nuovo consorzio tra aziende piemontesi produttrici di vini a denominazioni d’origine, le loro associazioni e i consorzi di produttori, che parte dalla volontà dei produttori del Piemonte e dalle loro reali esigenze di consolidare quote di mercato e conquistarne di nuove in Italia e all’estero. Il Consorzio, insieme alla Strada del Barolo e a partner, fra i quali la Regione Piemonte, organizza per i propri associati dei tour promozionali all’estero con la consolidata formula del Barolo & Friends Event. Info su www.stradadelbarolo.it novembre/dicembre 2011
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Il Vino Safari Dell’Alto Adige Esplorando la terra dei vini altoatesini, tra cultura, eccellenze enogastronomiche e panorami indimenticabili
ITINERARIO
ALTO ADIGE
Una degustazione di bollicine nell’ambito del VinoSafari © Strada del Vino dell’Alto Adige/allesfoto.com
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ra vigneti rigogliosi, cantine pluripremiate, tramonti dolomitici, castelli e rocche senza tempo, e infine arte e cultura contemporanea nel centro mitteleuropeo di Bolzano, “VinoSafari” è una nuova proposta presentata dalla Strada del Vino dell’Alto Adige, una soluzione coinvolgente e stimolante, per andare alla scoperta dei migliori vitigni sudtirolesi in tutta sicurezza, grazie a un comodo servizio di minibus che consentirà di dimenticare le problematiche legate alla guida. Per tutto il 2011, si terrà un appuntamento ogni mese dedi-
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cato alla cultura di calici e bollicine, con degustazioni di vino e di spumante del luogo. Un’occasione per partire alla volta di questi vigneti sospesi tra l’Adige e le Dolomiti, inseguendo il ritmo delle stagioni e delle infinite attrattive naturali e culturali proposte dal territorio. VinoSafari si svolge il primo venerdì di ogni mese. Si inizia con una visita in una cantina specializzata nella produzione di spumanti e con la degustazione di tre differenti etichette. Si prosegue poi con una passeggiata tra i vigneti per conoscere l’arte di allevare la vite e trarne il meglio in rapporto al clima e terreno. Dopo una degustazione di vino, è la volta del pranzo con menù di degustazione in un locale selezionato, in compagnia di un vignaiolo che presenterà tre suoi vini e racconterà dell’abbinamento vino e cibo. Il viaggio prosegue poi a Bolzano, città del vino e capitale tra i vigneti, dove si respirerà il suo modello unico di vivere e apprezzare il vino, con una ulteriore
visita in cantina e poi il passaggio in vinoteca, per un connubio finale, tra delizie mediterranee e calici altoatesini. Il VinoSafari si tiene tutto l'anno, ogni primo venerdì del mese, da gennaio a dicembre ma, per gruppi da dieci persone in su, è possibile organizzare appuntamenti su richiesta, anche in date al di fuori del programma. Il tour dura dalle 8.30 alle ore 19.30 e costa 95 euro a persona, incluso viaggio in confortevole minibus, accompagnamento da guide professioniste, degustazioni di vini, menù di degustazione a pranzo e visita guidata a Bolzano.Prenotare il proprio posto per il VinoSafari è semplice! Basta presentare la prenotazione entro il martedì che precede il VinoSafari prescelto, telefonando o inviando mail alla Strada del Vino dell’Alto Adige. Informazioni e prenotazioni: Strada del Vino dell’Alto Adige, tel. 0471 860659
Per riposare e mangiare APPIANO ****Hotel Stroblhof Contatto: Via Pigano 25, 39057 San Michele/Appiano, tel. 0471 662250 CALDARO ****Garni-Hotel Weingut Klosterhof Contatto: Prey – Klavenz 40, 39052 Caldaro s.s.d.v., tel. 0471 961046 CALDARO Steflhof Vacanze al maso (Associazione Gallo Rosso) 2 fiori Contatto: Fam. Andergassen Georg, Via Penegal 8, 39052 Caldaro, tel. 0471 964955 APPIANO Ristorante Zur Rose Contatto: chef Herbert Hintner, 1 Stella Michelin, Via Josef Innerhofer 2, 39057 San Michele/Appiano, tel. 0471 662249 TERMENO Bistrot Le Verre Capricieux - Elena Walch Contatto: Via A. Hofer 1, 39040 Termen, tel. 0471 860172 MAGRÈ Vineria Paradeis - Alois Lageder Contatto: Piazza San Geltrude 5, 39040 Magrè, tel. 0471 809580 CORTACCIA Punto di Ristoro - Tiefenbrunner Castel Turmhof Contatto: Via Castello 4, 39040 Niclara/Cortaccia, tel. 0471 880 122
Con l’esperto in vigna © Strada del Vino dell’Alto Adige/allesfoto.com
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LUCA GARDINI
Miglior Sommelier del Mondo 2010
Lis Neris s.s. Agricola Via Gavinana, 5 34070 San Lorenzo Isontino (GO) Tel. 0481.80105
Il produttore e vignaiolo Alvaro Pecorari
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Autoritratto di un terroir: Lis Neris
Alvaro Pecorari ci parla della simbiosi che da quattro generazioni lega la sua famiglia al territorio, un incontro da cui nasce un prodotto eccezionale, il bianco Lis Neris.
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uest’intervista è cominciata con la domanda sbagliata: volevamo avere qualche anticipazione sulla vendemmia 2011 ma Alvaro ci risponde in maniera inaspettata: “le vendemmie -dice- sono fenomeni transitori del nostro lavoro, vorrei parlarvi di aspetti più duraturi e importanti come, ad esempio, il rapporto che si stabilisce tra vignaiolo e vigna.” Ci racconti… Ciò che chiamiamo vino dipende dall’incontro tra il vitigno e il territorio, con la partecipazione più o meno straordinaria dell’uomo.
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Ogni territorio vocato ha il suo vitigno ideale e la bravura di un produttore sta nel saperlo individuare e potenziare traendone il meglio. Ci parli della filosofia Lis Neris… Non abbiamo mai voluto ridurre la produzione al mero calcolo: da noi il vino è nato spontaneamente, un po’ alla volta e senza forzature, con capitali interni senza trasfusioni. Queste ragioni sono alla base di una nostra caratteristica peculiare, quella dei tempi molto lunghi. La nostra è un’azienda di famiglia, tre generazioni mi hanno preceduto e si sono distinte per il grande attaccamento alla terra e alla cultura rurale. Mio padre, uomo istintivo, appassionato ed entusiasta ha avuto il merito negli anni ‘60 di portare le prime vere novità: vitigni, macchinari e soprattutto una nuova mentalità. In seguito, un po’ alla volta, Lis Neris è diventata quello che è oggi.
Ci racconti della personalità del suo vino… Devo tornare a parlare del territorio: parliamo di un territorio che ha caratteristiche importanti per produrre, soprattutto, vini bianchi: a causa di fattori climatici e di morfologia e proprietà della terra, questa zona della riva destra dell’Isonzo ha delle qualità sorprendenti che conferiscono al vino una struttura e un carattere unici che mescolano forza e eleganza insieme. I vitigni su cui abbiamo costruito Lis Neris sono Pinot Grigio e Sauvignon Blanc, vitigni che fino agli anni ’80 non venivano molto considerati, per lo meno non qui da noi. Mio padre –come dicevo- li piantò negli anni ’60, ma non ci facemmo troppo caso, erano lì perché avevano un bel nome esotico, e solo quando abbiamo cominciato a dar loro la possibilità di esprimersi abbiamo scoperto che avevano delle qualità uniche. I vini dispongono di una struttura superiore e la loro profondità aromatica è supportata da una particolarissima sapidità, garanzia di sorbevolezza. Genius loci a parte, ho una curiosità: perché il nome Lis Neris? Il nostro vigneto storico si trova all’interno di un sito chiamato “Neris”. Un tempo le campagne erano segnate dal duro lavoro dell’uomo, tante braccia vi partecipavano e fra queste quelle di
molte donne. Donne che, vestite di nero, caratterizzavano i paesaggi rurali di un tempo. Consuetudini e tra-
dizioni locali sono valori preziosi a cui non vogliamo rinunciare. “Lis Neris” le donne vestite di nero. (L.S.)
La veduta dal vigneto di pinot grigio dell’azienda Lis Neris
Deg usta z ione a cura di
L u c a G ar d i ni
“Picol” Friuli Isonzo Sauvignon D.O.C., 2009, Lis Neris
Oro brillante. Il profilo olfattivo è fresco ed espressivo: mango, ananas, melone bianco e tocchi floreali di fiori di pesco, sambuco, glicine. Con l’ossigenazione emerge l’aromaticità: salvia, timo, menta piperita, mandorla amara, con chiusura piccante di pepe bianco. In bocca è secco, fresco, piacevolmente morbido e di buona struttura. Nel finale, equilibrato e sapido, ritornano i frutti tropicali.
“Gris” Friuli Isonzo Pinot Grigio D.O.C., 2009, Lis Neris
Giallo paglierino, tenue, con lievi riflessi color buccia di cipolla. Il naso rivela la spiccata mineralità, con decise note iodate che emergono al primo impatto. In seconda battuta arrivano richiami di frutti autunnali, come la nespola e il caco. Un tocco aggrumato di cedro colpisce sul finale. Al palato il vino è caldo e generoso, ma anche sapido e dotato di una spiccata acidità, che rafforza l’equilibrio. Chiusura ammandorlata e persistente.
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Wine’s FLAvour
di Flaviano Lenzi, wine consultant. Vino preferito: Champagne...!!!
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MERANO INTERNATIONAL WINE FESTIVAL Novembre, tempo di Merano Wine Festival, uno degli eventi più importanti per gli appassionati di vino. Questo festival giunto alla ventesima edizione rappresenta un punto di riferimento per le degustazioni dei migliori vini italiani e non solo... Personalmente sono molto legato a questo appuntamento che raccoglie le eccellenze del mondo enogastronomico, con particolare attenzione al vino. I saloni dedicati alla Francia permettono la degustazione di alcuni tra i migliori vini francesi importati nel nostro paese. Bordeaux è rappresentata maestosamente dall’Union Des Grands Crus de Bordeaux che, nel salone dedicato esclusivamente a questi grandi vini, permette la degustazione dell’ultima annata di etichette veramente eccezionali quali: Chateau Angelus, Batailley, Trottevieille, Gazin, Lynch Bages o il Sauternes di Chateau De Fargues, per citarne solo alcuni. Al contrario, lo Champagne in degustazione negli splendidi saloni del Kurhaus è quello dei
Il vademecum personale per affrontare la rassegna più eno che gastronomica importante e selettiva del nostro paese. Per non perdersi in un calice di bollicine…
piccoli produttori, dei Vigneron Independant, etichette sconosciute ai più che, grazie a questo evento, si stanno conquistando il giusto spazio sugli scaffali delle enoteche e nelle cantine degli appassionati. Volete sapere alcuni nomi da non perdere? Lallier, Deutz, Margaine, Guy Charlemagne, Encry, Paul Bara, Delavenne. Ho avuto la possibilità di assaggiare anche lo Champagne Philippe Gilbert, Cuvèe la Jolie Fillette. Uno champagne fatto selezionando le migliori uve Premier Cru del villaggio di Aÿ, un prodotto veramente di nicchia; una produzione di solo 10mila bottiglie che si differenzia anche nella particolarità dell'etichetta… un quadro di Marc Chagall, La promenade, dipinto nel 1917. Insieme a Bordeaux e Champagne abbiamo degustato anche alcune vere “chicche” provenienti dalla Borgogna... Devillard, Paul Pillot, Seguin Manuel; dalla Loria con il particolarissimo Savennieres de La Roche Aux Moines, o gli Alsaziani di Domaine Schoffit. Merano Wine Festival ogni anno cresce e amplia i suoi orizzonti: birre, specialità alimentari, uno spazio per i vini del nuovo mondo con un’attenzione particolare al Sud Africa, le degustazioni di sigari grazie agli spazi allestiti da “Sigaro Toscano” e Davidoff. Al Merano Wine Festival c’è tutto, un vero paradiso per i cultori del Buon Bere e del “Bon Vivre”. Arrivederci a Merano 2012 quindi, in trepidante attesa delle sorprese che sicuramente gli organizzatori di questo magnifico evento non ci faranno mancare…
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INSERTO SPECIALE
da pag. 85 a pag. 92
A Bologna la nostra rivista ha selezionato e raggruppato alcuni noti SOMMELIER, RISTORATORI e GIORNALISTI dando vita ad una severa commissione vini che si RIUNISCE OGNI MESE per VALUTARE i VINI di un TERRITORIO attraverso vere e proprie DEGUSTAZIONI ALLA CECA …
ABBIAMO MESSO IL PIGNOLETTO AI RAGGI X
ed ecco cosa ne è uscito!
ATTENTE DEGUSTAZIONI ALLA CIECA “FUORI DAL CORO”. Giudicare un vino in modo serio e imparziale? Non è facile, certo, ma non è nemmeno impossibile. Servono attenti uomini “di naso”, disponibili a dedicare la loro capacità e un’organizzazione seria, volonterosa e motivata. Naturalmente serve anche una sede attrezzata e l’Istituto Alberghiero Bartolomeo Scappi di Castel San Pietro Terme ha assolto perfettamente a questa funzione. Certamente le guide dicono la loro, ma è anche vero che non si vendono più e che non hanno più quella “patina” che avevano una volta. Infine non mancano autorevolissime riviste che passano in rassegna vini e vignaioli e noi non vogliamo certo rubare la scena a nessuno (solitamente avviene l’esatto contrario) ma il desiderio di migliorarci non si può soffocare e non è un difetto: la nostra rivista vuole essere più autorevole e competente nel mondo dei vini. Il nostro sforzo quindi ha solo uno scopo, quello di sempre: dare la massima autorevolezza a ciò che scriviamo e quindi massima qualità dell’informazione ai nostri abbonati e lettori. Ormai sono più di 10 anni che perseguiamo la strada della serietà, certo più faticosa e irta, ma sicuramente più appagante professionalmente. Gianluigi Veronesi.
Gianluigi Veronesi (a sinistra) e Davide Staffa (a destra) durante uno dei momenti di preparazione della serata.
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La Commissione vini DEGUSTA®: è un esperimento dell’unica rivista mensile bolognese specializzata nell’enogastronomia e nel turismo enogastronomico (ma diffusa in tutta Italia e alcuni Paesi limitrofi) con l’attenzione e il supporto organizzativo di Davide Staffa, sommelier professionista conosciuto e stimato. Staffa è di fatto il Presidente della commissione, ha contribuito all’individuazione dei componenti e ha messo a disposizione l’esperienza maturata in tanti anni di attività: dopo aver ragguagliato i commissari presenti su indicazioni e caratteristiche delle degustazioni si è adoprato per accogliere le numerose domande dei partecipanti relative a dubbi sulla compilazione delle schede, ecc. Caratteristica saliente di questa commissione è sicuramente l’eterogeneità dei componenti: ci sono sommelier ASPI, AIS, ONAV, AIES, ma Staffa ribadisce di esser felice nel poter dare il benvenuto ad appartenenti ad altre associazioni, a patto che per una sera siano disposti a mettere da parte simboli e casacche allo scopo unico di mettere a disposizione solamente la loro professionalità indiscussa. In questa prima sessione tra i votanti c’era anche un produttore di vini, la sig.ra Cristiana Galletti, titolare del Podere Riosto, che aveva chiesto di poter partecipare in commissione e che prontamente è stata accolta. Così come saranno accolti altri produttori, sommelier e ristoratori che volessero partecipare. Annalisa Borsari
I vini messi ai raggi X erano stati perfettamente avvolti da carta stagnola per essere irriconoscibili e contrassegnati da dei numeri che contraddistinguono quindi l’ordine progressivo di degustazione. A fine degustazioni le bottiglie sono state spogliate della loro veste di stagnola e fotografate.
novembre/dicembre 2010
DEGUSTA 87
Da leggere prima di esprimere pareri e giudizi troppo affrettati. Vorrei analizzare correttamente la graduatoria, invitando ad attente valutazioni. Durante le degustazioni, assaggio dopo assaggio, osservando i vari risultati finali siamo intervenuti per valutare ulteriormente alcune situazioni che potevano risultare equivoche e sulle quali invece volevamo essere sicuri al massimo e a prova di ogni possibile contestazione. Nel caso per esempio del primo vino degustato (quindi “etichetta1” come si può vedere dalla tabella) l’elevato punteggio riscontrato poteva corrispondere ad un dato falsato, poiché i sommelier si erano appena seduti e non avevano forse ancora affinato e tarato i loro sensi olfattivi, degustativi. Per questo motivo, a sorpresa, abbiamo re-inserito la bottiglia “etichetta1” nella carrellata delle degustazioni e addirittura questo secondo passaggio non solo ha confermato il grado di giudizio ma ne è uscito un voto finale sensibilmente più alto. Anche il risultato dell’etichetta 6 ha richiesto la nostra attenzione: purtroppo con un secondo giro di degustazione effettuato a sorpresa la situazione così come è stata giudicata non è cambiata. Stessa cosa abbiamo fatto con l’etichetta 14 corrispondente ad un vino che in altri ambiti ha ricevuto importanti riconoscimenti mentre nel nostro caso il giudizio della commissione non è stato brillante: sia per l’etichetta 6, sia per la 14, a giudicare dalle segnalazioni espresse dai commissari nella loro scheda, questi due vini ricordano troppo il timbro tipico del sauvignon e quindi non hanno avuto riscontro rispetto agli aromi e i gusti tipici del vitigno, ovvero non rispecchiano le caratteristiche tipiche del pignoletto. Questo li ha penalizzati, è vero, ma va sottolineato apertamente che si tratta comunque di ottimi vini sotto ogni punto di vista e quindi la votazione bassa non deve assolutamente essere intesa come penalità assoluta. Davide Staffa Prossimo appuntamento della commissione vini DEGUSTA®: 09 gennaio 2012
DEGUSTAZIOEN ALLA CIECA DI:
L’ALBANA DI ROMAGNA SECCA (DOCG – DOC – IGT – DOP – IGP)
E’ la volta dell’albana di Romagna secca, che sarà analizzata dai sommelier della commissione, in due diverse sessioni. Faremo quindi 2 categorie: le albana secche e le albana di vendemmie tardive (non le passite, le dolci o le spumanti). Ricordiamo a tutti i sommelier che volessero far parte della commissione di fare richiesta al nostro indirizzo e-mail e di inviare una loro nota di presentazione unitamente alla loro fotografia all’indirizzo redazione@degusta.it La commissione valuterà l’inserimento individuale comunicandolo l’esisto in tempi rapidissimi. Vi ricordiamo che sono benvenuti in commissione anche gli stessi produttori dei vini esaminati, in numero massimo di 3 produttori per ogni sessione di commissione. - Sono benvenuti i sommelier appartenenti ad ogni associazione e categoria - Sono benvenuti i ristoratori e i produttori degli stessi vini esaminati o di altre tipologie Per informazioni potete scrivere a redazione@degusta.it o telefonare a 051.736770
I vini (é richiesto unicamente un cartoncino da 6 bottiglie) devono essere spediti entro il 5 gennaio 2012 alla nostra sede di redazione ovvero: DEGUSTA® - Via Caduti di Sabbiuno 1 – 40011 ANZOLA EMILIA (BO)
88 DEGUSTA
novembre/dicembre 2011
PUNTEGGIO: 83,00
1°
VINO: Colli Bolognesi Classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Il Francia Classico CANTINA: GAGGIOLI ORDINE DI ASSAGGIO: 1
VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Bonfiglio CANTINA: BONFIGLIO ORDINE DI ASSAGGIO: 16
PUNTEGGIO: 81.88
3°
VINO: Colli Bolognesi Classico pignoletto DOC 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Ammestesso 2007 CANTINA: VALLONA ORDINE DI ASSAGGIO: 10
PUNTEGGIO: 81.33
VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Vigna Antica CANTINA: BONZARA ORDINE DI ASSAGGIO: 15
PUNTEGGIO: 82,71
2°
PUNTEGGIO: 81.76
4°
VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: ZigAnt CANTINA: LODI CORAZZA ORDINE DI ASSAGGIO: 17
5°
PUNTEGGIO: 81.22
6°
VINO: Colli bolognesi pignoletto superiore DOC 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Tizzano CANTINA: TIZZANO ORDINE DI ASSAGGIO: 13
novembre/dicembre 2010
DEGUSTA 89
PUNTEGGIO: 79,75
7°
VINO: Colli bolognesi classico pignoletto DOC 2008 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Badianum CANTINA: ERIOLI ORDINE DI ASSAGGIO: 2
PUNTEGGIO: 77,72
VINO: Colli bolognesi pignoletto superiore DOC 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Vigna della Torre CANTINA: PODERE RIOSTO ORDINE DI ASSAGGIO: 3
11°
VINO: Pignoletto Reno D.O.P. 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Pignoletto Branchini CANTINA: BRANCHINI ORDINE DI ASSAGGIO: 5
PUNTEGGIO: 76,33
PUNTEGGIO: 77.44
12°
VINO: Colli bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Vigna del Grotto 2010 CANTINA: ORSI Vigneto SAN VITO ORDINE DI ASSAGGIO: 14
15°
VINO: Colli di Imola Pignoletto D.O.P. 2011 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Pino Lieto CANTINA: ZUFFA ORDINE DI ASSAGGIO: 4
90 DEGUSTA
PUNTEGGIO: 78,77
8°
novembre/dicembre 2011
PUNTEGGIO: 75.88
VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Montefreddo CANTINA: CORTE D’AIBO ORDINE DI ASSAGGIO: 8
16°
PUNTEGGIO: 78.55
9°
VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Manaresi CANTINA: MANARESI ORDINE DI ASSAGGIO: 9
PUNTEGGIO: 77.33
PUNTEGGIO: 78.55
9°
VINO: DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: d’estro CANTINA: BOTTI ORDINE DI ASSAGGIO: 7
13°
VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Pignoletto del Monticino CANTINA: IL MONTICINO ORDINE DI ASSAGGIO: 12
VINO: Emilia - Pignoletto I.G.T. 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Emilia IGT CANTINA: SANDONI ORDINE DI ASSAGGIO: 11
CLASSIFICA: 17 PUNTEGGIO: 73,55 VINO: Colli Bolognesi classico pignoletto DOCG 2010 DENOMINAZIONE IN ETICHETTA: Montevecchio Isolani 1456 CANTINA: MONTEVECCHIO ISOLANI ORDINE DI ASSAGGIO: 6
PUNTEGGIO: 77.22
14°
17°
Chi sono i componenti della commissione?: nessuna scelta forzata, nessun inserimento dovuto. La rosa dei commissari esce da un rapido giro di telefonate, null’altro. Si tratta di persone animate da grande passione, che amano il vino e ne hanno fatto una ragione di vita. Lo studiano, lo assaggiano, lo confrontano, lo valutano. E quando si tratta di degustazione alla cieca hai solo i tuoi sensi e il vino che ti versano nel bicchiere, non ci sono favori, amicizie, riconoscenze o inchini. Ecco perché crediamo di meritare il rispetto dei produttori: a loro non chiediamo altro che le bottiglie per la degustazione e rendiamo una sacrosanta verità.
novembre/dicembre 2010
DEGUSTA 91
Ecco la commissione della prima seduta del 30.11.2011
Ecco i sommelier partecipanti alla prima sessione, a loro il sentito ringraziamento di DEGUSTA per il prezioso ed imparziale lavoro svolto. Davidfe Staffa, sommelier professionista e docente AIS, vice campione italiano anno 2009, miglior sommelier romagnolo 2005, 1° classificato master del sagrantino 2009, 1° classificato master dell’aglianico 2009, 2° classificato master del Sangiovese 2007, 2008 e 2009, 2° classificato master dei vini passiti Excellenzia 2009); Carlo Cortesi (sommelier A.I.E.S, ristoratore); Nino Castorina (ex ristoratore bolognese, sommelier e docente professionista AIS); Mario Buia (sommelier professionista, 2° classificato Miglior sommelier della Romagna 2011); Luca Ariani (sommelier AIS); Nino Pappalettera (sommelier A.S.P.I.); Fabio Magnani (sommelier e giornalista); Umberto Faedi (sommelier, giornalista e maître sabreur); Neria Rondelli (sommelier); Marco Terrazzan (sommelier AIS); Cristiana Galletti (sommelier, titolare Podere Riosto).
Cristiana Galletti
Carlo Cortesi
Cristiana Galletti
Fabio Magnani
Luca Ariani
Marco Terrazzan
Mario Buia
Neri Rondelli
Nino Castorina
Nino Pappalettera
Umbertop Faedi
92 DEGUSTA
Porgiamo un vivo ringraziamento alla professoressa Paola Mambelli, Preside dell’Istituto Alberghiero “Bartolomeo Scappi” di Castel San Pietro Terme (BO) per aver messo a disposizione il locale che ci ha ospitato. Si ringrazia anche l’Az. Agr. Caretti di San Giovanni Persiceto che ha fornito il buffet contadino con prodotti freschi tra l’altro estremamente graditi dai sommelier i quali, a fine sessione, erano particolarmente affamati. novembre/dicembre 2011
Il Calice tagliente
A
di Umberto Faedi giornalista e sommelier
94 DEGUSTA
d ogni Autunno finiva l’estate dice il Maestro Francesco Guccini in Canzone per Piero e questo Autunno che sembrava non voler cominciare e continuava a travestirsi da Estate è veramente anomalo. Per la serie le cattive notizie non mancano mai, si fa per dire, segnalo la vendita dell’Alcisa ad un gruppo modenese. Quasi senza parole, dato che i “Mutinensi” non hanno ancora restituito ai “Felsinei” la Secchia Rapita ma soprattutto speriamo di non dover andare nei negozi e chiedere due etti di Modena, sarebbe davvero il colmo delle beffe. Si è celebrato in maniera molto sobria la storia di cinquanta anni di attività delle Enoteche Amaduzzi. L’importanza di continuare una attività con impegno e passione, soprattutto di mantenerla nella città di Bologna e di non cedere a facili tentazioni di dismissione o vendita, è sicuramente un grande merito da attribuire alla famiglia Amaduzzi che è giunta alla terza generazione di conduzione con la piena assunzione di responsabilità di Serena che è la nipote del fondatore Gino e figlia di Marco che la affianca tuttora assieme alla moglie Mara nella gestione dell’azienda. Un ottimo esempio per molti e un punto di riferimento per chi vuole poter scegliere tra una vastissima gamma di vini, spumanti, champagnes, liquori, bibite, cioccolato, caramelle, coloniali, caffè, olio, aceti e dolciumi artigianali. Serena è sommelier professionista e ha la giusta passione per portare degnamente l’attività di famiglia ad altri traguardi prestigiosi. L’abbinamento tra moda e vino è davvero diventato un must molto apprezzato e in occasione della presentazione della Collezione Autunno Inverno dell’atelier di moda Degradè si è avuto un ottimo connubio tra le gradevoli e sempre di qualità bollicine dello spumante Cesarini Sforza e i capi della linea di questa azienda che ha la sua sede a Bologna presso il Centergross e quindi un’altra impresa che crede nel plusvalore che rappresenta il nome di Bologna. La sfilata ha visto l’alternarsi di modelli destrutturati che possono essere indossati da tutte le donne e imperniati sull’ottanio, il colore trendy di stagione. L’azienda ha avviato negli anni una attività di recupero dei tessuti che consente il miglior utilizzo possibile delle stoffe. La signora Marika, titolare del brand, ha definito frizzantino lo stile dei suoi vestiti, quindi ben intonato con le piacevoli bollicine dello spumante italiano Cesarini Sforza.
novembre/dicembre 2011
DAVIDE STAFFA
Le famiglie del vino: passione e dedizione
Partiamo oggi alla volta della tenuta familiare San Lorenzo, sui colli senigalliesi, per concederci una ventata di genuinità con i pregiati vini della paziente opera del suo proprietario
S
Fattoria San Lorenzo Via San Lorenzo, 6 Montecarotto (AN)
La tenuta San Lorenzo, sulle colline seniggaliesi
96 DEGUSTA
iamo sulle dolci colline a circa 20 km da Senigallia, nel cuore della produzione del Verdicchio di Jesi. Una serie di curve e saliscendi ed eccomi di fronte al cancello della tenuta San Lorenzo: ad aprirmi è proprio il titolare, Natalino Crognaletti. Dopo una breve presentazione e una stretta di mano, mi trovo seduto al lungo tavolone imbandito, dove fanno bella mostra una serie di bottiglie. Tra un assaggio e l’altro, Natalino mi spiega che la proprietà si tramanda da varie generazioni e vi si coltivano principalmente Verdicchio, Montepulciano, Sangiovese e Lacrima di Morro d’Alba. I suoi vigneti li lavora tutti a mano, con fatica e passione, utilizzando esclusivamente la zappa per dissodare i terreni ed eliminare le erbe nocive, e io non posso non notare la sua pelle arsa dal sole e le mani scolpite dalla fatica. Ci tiene a sottolineare che la sua è una viticoltura biologica e biodinamica, dove solo il tempo e il sole possono sul risultato finale. Chiedo della vendemmia, vista l’annata particolarmente calda e siccitosa, e mi risponde che molti hanno già iniziato la raccolta da settimane, ma lui preferisce
novembre/dicembre 2011
aspettare le piogge che devono poter portare quel giusto grado di umidità per far lavorare la muffa nobile, molto utile per la riuscita dei suoi particolari vini. Non ha fretta, dice: “Solo i grappoli più forti resisteranno e saranno sufficienti, è la natura che decide chi vince”. Inizio ad assaggiare il Verdicchio Vigna di Gino (in onore del padre scomparso), a seguire il Vigna delle Oche Superiore e poi il Riserva. Tutti vini molto ricchi nel corpo, ma eleganti, puliti e fini. La traccia di Botritis ne solca il gusto, con una componente minerale e sapido-acida che supporta la lunga persistenza. L’apoteosi è raggiunta con il San Lorenzo Verdicchio Riserva del 1998 (“Mi sembra impossibile che un vino possa tenere per così tanti anni…” penso). La mia curiosità è subito esaudita: note minerali si sviluppano lentamente mentre il vino inizia ad aprirsi. Sapido ed ancora marcato da una vena acida, la mia mente è corsa a cercare delle similitudini con alcuni Chardonnay del Nord della Borgogna. Scaldandosi, impressionanti nuance di idrocarburi, mi riempiono le narici. Non posso che fare a questo punto i com-
plimenti a Natalino. Mi dice che per ottenere questo vino lascia al massimo 2 grappoli per pianta e li raccoglie solo alla fine di ottobre. Dopo la fermentazione in acciaio inox, con solo i suoi lieviti indigeni, il vino sosta in vasche di cemento per ben 110 mesi, subendo solo travasi senza chiarifiche o filtrazioni. Dopo un lauto pasto, preparato con cura da sua moglie, riprendo con i rossi. Inizio con il Vigna di Gino rosso, nato assemblando Montepulciano e Sangiovese. Questo vino non viene passato in legno: è fresco e giovane, rosso con ancora sfumature violacee, concentrato. Molto piacevole al gusto, rotondo e armonico. Poi è la volta del Vigna la Gattara rosso Conero, stesso uvaggio ma con passaggio in fermentazione in bar-
rique usate. È fitto e impenetrabile nel colore, con note speziate dolci in evidenza. Un vino da cacciagione. Chiudo la tornata con un'altra perla: il Marche rosso Vigna Paradiso, ottenuto raccogliendo un solo grappolo per pianta di uva Lacrima che, dopo la vinificazione, sosta per 30 mesi in grandi botti di rovere. L’approccio al naso è dolce, il colore rubino impenetrabile; vino di grande concentrazione cromatica e di gusto, molto ricco e di pregevole estratto: un altro bel ricordo della giornata. La visita termina in cantina, tra piccole cisterne inox e vasche di cemento. Ancora una volta ritorno a casa fiero di aver conosciuto un altro contadino che ama fare il vino con grande passione e cura maniacale. Grazie Natalino!
Natalino Crognaletti di Fattorie San Lorenzo
PIERO VALDISERRA
Gaggioli: quando il Pignoletto è donna Produttrice di vino, responsabile amministrativa e direttrice dell’agriturismo. Il ritratto lucido e sensibile di una professione senza sesso, svolta con talento e dedizione
I
Nella foto Carlo e Letizia Gaggioli
98 DEGUSTA
ncontriamo Maria Letizia Gaggioli sulle prime colline di Zola Predosa, nelle immediate vicinanze di Bologna. Qui ha affiancato da tempo il padre Carlo nella conduzione dell’azienda vitivinicola di famiglia; da qualche anno è inoltre responsabile del “Borgo delle Vigne”, il piccolo agriturismo di charme sorto a completamento della cantina. Letizia, quando hai cominciato a lavorare nel mondo del vino? Come è successo? Ho iniziato quando avevo vent’anni, mentre ancora stavo studiando. Il passaggio dai libri all’azienda è stato graduale e molto naturale.
novembre/dicembre 2011
È stato un amore a prima vista, quello con il vino? Sì, il mondo del vino mi è piaciuto subito. E subito ho cominciato a darmi da fare per saperne sempre di più: corsi da sommelier, corsi di abbinamento con i cibi… Oggi di che cosa ti occupi esattamente? Un po’ di tutto, dalla gestione dell’azienda alla partecipazione alle fiere. Anche se l’attività che assorbe maggiore tempo è forse quella legata all’agriturismo e all’accoglienza dei clienti. Che cosa ti piace di più del tuo lavoro? Direi proprio l’accoglienza dei clienti: sentire che si affidano a me, che desiderano sentirsi qui come a casa loro, cioè capiti, contenti e soddisfatti. Un momento bellissimo, quando lasciano l’azienda o l’agriturismo, è quello in cui penso di esser riuscita a entrare in sintonia con loro: solo allora mi distendo e mi gratifico veramente. Fra i tanti vini che produci, quale preferisci? Sicuramente il Pignoletto Superiore. Per me ha proprio tutto: profumi, struttura, gusto. È senza dubbio il mio prediletto. Che cosa pensi del momento che sta vivendo il mercato del vino? La
gente oggi ha meno denaro da spendere, e anche di vino ne compra meno. Il numero dei produttori è invece molto cresciuto, c’è grande affollamento di cantine…Ecco, in questa distonia c’è a mio avviso la chiave di lettura della crisi di oggi. Che cosa significa, oggi, essere una Donna del Vino? Una volta era diverso, c’era un altro fascino, eravamo in poche. Oggi direi che Donna del Vino rischia di essere un’etichetta vuota, poco significativa, una specie di stereotipo. Che cosa pensi del turismo del vino? È stato, ed è, un fenomeno molto positivo. La stampa di settore, i corsi di cucina e di vino hanno avuto il loro seguito. Oggi in azienda vengono persone interessate, attente, curiose di conoscere la cantina, la sua storia, i suoi prodotti. Tu sei anche sommelier: è ancora importante l’attività della sommellerie per promuovere il vino e il suo consumo? L’attività del sommelier è importante, affascinante; è stata, è e resta il tramite ideale per avvicinare il grande pubblico al mondo del vino. Anche se, da produttrice, mi permetto di aggiungere che – per parlare veramente con cognizione di causa – il vino bisogna non solo degustarlo: bisogna farlo. Letizia, che cosa vedi nel tuo futuro? Senza mettere mano alla sfera di cristallo, che ovviamente non ho, vedo in prospettiva un mio ruolo sempre maggiore nella direzione dell’azienda. Per garantire la continuità a quanto per primo ha fatto mio
padre, e per consegnare una realtà sempre più solida e affermata alla prossima generazione Gaggioli. Che cosa ti dà fastidio, professionalmente parlando? Se penso ai nostri Colli Bolognesi, due sono soprattutto le cose che non condivido. Dal punto di vista produttivo, la ricerca esasperata, direi quasi paranoica, di un perfezionismo tecnico standardizzato, che rischia soltanto di appiattire i vini e di renderli tutti uguali fra loro. Dal punto di vista commerciale, la tendenza delle nostre cantine a restare chiuse nel proprio guscio, senza guardare a mercati più grandi, in Italia o anche fuori dei confini nazionali. Si può dare di più, diceva una vecchia canzone…È possibile, secondo te? Sì, senz’altro. Anche se il panorama produttivo dei Colli Bolognesi è fatto di tante, piccole realtà (anzi, forse proprio per questo…), ci sarebbe bisogno di una maggiore coesione fra produttori. Una coesione che oggi non c’è, o comunque non c’è sempre. Ecco, su questo fronte si potrebbe, e si dovrebbe, dare di più. Ultima domanda: se avessi la bacchetta magica, per che cosa la adopereresti? Per trovare un po’ di tempo in più e fare qualche scappata al mare. Vivendo la collina tutto l’anno, sento fortissimo il richiamo del mare!
Azienda Agricola Gaggioli Agriturismo “Borgo delle Vigne” Via Raibolini Il Francia, 55 40069 Zola Predosa (BO) Tel. e fax 051 75 34 89
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DEGUSTA 99
Pier Luigi Nanni, giornalista enogastronomo e docente IPSSAR
Lo sproloquio enologico
N
asce una nuova rubrica semi-seria in cui il vino, accattivante ed odiato, ma certamente amato dai gourmet della tavola, che affabilmente sorrideranno dell’innata carenza di conoscenza enogastronomica, sì perché la rubrica trae spunto dall’omonimo libello “Sproloqui enologico” a firma di Pier Luigi Nanni: laureato in Scienze Agrarie, giornalista pubblicista ed enogastronomo collabora con numerose testate e siti web del settore; è inoltre docente presso vari Istituti Professionali Alberghieri e Direttore Didattico de “EPULAE - Accademia Internazionale per la Formazione e la Promozione della Cultura Enogastronomica e dell’Analisi Sensoriale degli Alimenti” il cui fine è la diffusione della cultura non solo del vino, dell’alimentazione. Risiede e lavora a Bologna. Ma entriamo subito nel vivo della rubrica.
CHE CLASSE… Una splendida signora dal portamento di classe con incedere elegante e passo deciso, si avvicinò al banco delle degustazioni: “Stasera, per il supper, ho ospiti VIPS, per cui vorrei tre bottiglie del vino nero secco ed invecchiato che è il ‘Conte di Montecristo’.”
Battiti di ciglia, sguardo smarrito e, incrociando i miei occhi, il sommelier mi chiede se ci fosse e dove era posizionato sullo scaffale: “Al momento è terminato, ma a giorni arriverà nuovamente” risposi.
Con un lampo di malizia, azzardai: “Però ho un ottimo ‘Abate Faria’, molto simile per caratteristiche, ma chiaramente non ha la stessa classe.”
100 DEGUSTA
Madame, un attimo perplessa, arricciò all’insù il delicato nasino e mi apostrofò: “Le dirò Caro Maestro, che questo vino piemontese l’ho assaggiato la settimana scorsa a Saint Moritz, quando ci sono andata per rilassarmi delle fatiche e responsabilità d’imprenditrice e, sinceramente, non mi ha entusiasmata più di tanto, dato che è un po’ troppo dolciastro per il mio palato e per quello dei miei amici, a cui tengo moltissimo, in quanto sono dei veri ‘gourmerts’ della tavola e dei vini raffinati…”
novembre/dicembre 2011
A cena con i produttori dell’Emilia Romagna Per il ciclo d’incontri “Esperienze di vita”, organizzati da Aies, Mtv Emilia Romagna ed Onav Bologna, la proposta per una serata di cultura enogastronomia a contatto diretto con i produttori del territorio
S
i svolgerà venerdì 2 dicembre, ore 20.00, nell’incantevole cornice della villa Palazzona di Maggio a Ozzano dell’Emilia, la cena con degustazione vini di quattro rinomate cantine dell’Emilia Romagna: Az. Agr. Bio. Il Pratello Colli di Forlì, Fattoria Monticino Rosso Colli di Imola, Tenuta Bonzara Colli Bolognesi e Tenuta Palazzona Colli di Imola. Ogni azienda presenterà due vini abbinati ad un menù degustazione creato con materie prime di elevata qualità e del territorio, anch’esse presentate dai produttori. Durante la serata saranno presenti i vignaioli che ci racconteranno la storia della cantina e la loro passione per la viticoltura insieme ai Maestri Sommelier Aies ed Assaggiatori di Vino Onav che guideranno la degustazione dei vini e spiegheranno gli abbinamenti con il cibo. La serata è proposta al costo di 33 euro (soci Aies, Onav), 38 euro (non soci). La prenotazione è obbligatoria sul sito: www.onav.it, alla sezione Emilia Romagna – Bologna – Degustazioni.
Info: Davide Gallia bologna@onav.it; Paride Cocchi info@accademiasommeliers.it; Raffaella Melotti info@mtvemiliaromagna.it
Menù della Serata
Aperitivo a buffet Bonzarino Bianco Pignoletto Frizzante Doc Colli Bolognesi 2010 – TENUTA BONZARA Salvia fritta e zucchine in pastella con balsamico Acetaia Muratori Parmigiano Reggiano con balsamico Acetaia Muratori Indivia con robiola e noci Bicchierini di pinzimonio e cesto dei pani a boccone: piccole crescentine, grissini, sfizi salati Albana Secco Docg Colli di Imola 2010 – FATTORIA MONTICINO ROSSO Risotto al Parmigiano Reggiano Monte Severo Igt Bianco dell’Emilia 2008 – TENUTA BONZARA Ravioli mantecati al radicchio rosso e guanciale Maleto Chardonnay Doc Colli di Imola 2010 – TENUTA PALAZZONA Tortino di polenta con pancetta croccante Dracone Colli d’Imola Doc Rosso 2008 – TENUTA PALAZZONA Mantignano Sangiovese Igp 2007 – IL PRATELLO Filetto di maialino scaloppato alla Roberspierre Pralineria di cioccolato dell’Artigiano di Forlì in abbinamento a: Becugiano Malbo Centesimino Merlot 2010 – IL PRATELLO Albana Passito Docg 2008 – FATTORIA MONTICINO ROSSO La rivista Degusta® è media partner dell’iniziativa.
novembre/dicembre 2011
DEGUSTA 101
PAOLO FERRARI
Northern Cape, i vini del grande fiume Tra imponenti cascate, animali selvaggi e parchi sconfinati, la regione attraversata dall’Orange river, scopre una vocazione viti-vinicola destinata a ripetere i successi dei vini del Capo
I
vigneti della zona di Cape Town, in Sudafrica e la classica wine road, sono ormai famosi nel mondo, ma non è solo qui l’eccellenza vitivinicola sudafricana. Nella regione del Northern Cape - parte occidentale del Paese ai confini con la Namibia - dove si trovano i parchi naturali Kgalagadi Transfrontier park, Augrabies Falls national park, Namaqa national park, Richtersveld national park e una parte del deserto del Kalahari, c’è una vasta area lungo le sponde dell’Orange river, dove si è affermata una vocazione enologica importante che ha favorito la nascita di vastissimi vigneti e aziende per la trasformazione, cooperative di viticultori e winerie di grande qualità. Cuore di questo polo, le città di Upington, Kakamas e Keimoes nelle vicinanze del parco delle Augrabies e delle sue cascate, le più impressionanti al mondo per la potenza sprigionata dall’enorme salto d’acqua.
102 DEGUSTA
Orange River, la strada del Vino Lì, nella parte meridionale del Kalahari, su circa 17.000 ettari, si trova un polo enologico d’eccellenza: grazie ai particolari
novembre/dicembre 2011
microclimi dovuti alla vicinanza all’Orange, le uve da vino esprimono grande qualità e i vini prodotti sono davvero speciali. Quelli dei territori più orientali del Northern Cape, hanno maggiore acidità e un pH meno elevato, con profilo sensoriale più delicato. Tra le varietà, lo Chenin Blanc, il Colombard, lo Chardonnay, il Pinotage (specie esclusiva del Sudafrica: incrocio tra Pinot e Cinsaut, conosciuto un tempo come Heritage) lo Shiraz, il Cabernet Sauvignon, il Merlot, le Petit Verdot, il Tannat, il Muscadel (sia rosso che bianco) e l’Hanepoot, ovvero il Moscato d’Alessandria. L’Orange Wine Cellars è una cooperativa di 794 produttori i cui vigneti si estendono per circa 300 chilometri lungo le rive del corso d’acqua più lungo del Sudafrica (2.200 Km.). La produzione è rappresentata da una vasta gamma di vini bianchi secchi, rossi dolci e secchi, vini da dessert e spumanti. Un Muscadel rosso della cantina Grootdrink uno dei produttori dell’Orange Wine Cellars - è stato selezionato per l’asta di Nederburg 2011, dopo essere stato insignito della medaglia d’oro al Concorso
Moscati della rassegna internazionale “Monde en France” nel 2009. I vigneti del Muscat de Frontignan, crescono infatti su terreni argillosi, che danno corpo e componenti aromatiche al vino.
I vini del grande fiume Colombard: vino bianco con gusto persistente caratterizzato da aromi marcati di ananas, melone e mela verde. E’ adatto per carni bianche e frutti di mare. Chardonnay: seducente abbinato a piatti di pesce, crostacei, carni bianche. Deciso e persistente gusto alla nocciola rafforzato da retrogusto di agrumi. Shira: vino rosso da gustare con arrosti, agnello stufato, bistecche alla griglia. Aromi e sapori decisi, tra cui mora e prugna. Ruby Cabernet: forti sapori di frutta matura, adatto per ogni tipo di carne alla brace, ma anche con pizza e pasta condita con sughi decisi. Cabernet Sauvignon: gusto classico che, in questo luogo, esalta i sapori di mora e aghi di pino. Oltre che con la carne, è suggerito con tutti i tipi di formaggi pregiati.
Un eco-sistema incontaminato Tra Sudafrica, Namibia, Zimbabwe e Botswana, si estende il quarto deserto più grande al mondo, uno degli eco-sistemi più incontaminati del pianeta e primordiale terra del popolo dei Boscimani. Kgalagadi, in lingua Tswana, significa “la grande sete” o “luogo senz’acqua” ed è il nome con il quale il popolo San, chiama questa distesa di oltre mezzo milione di chilometri quadrati. Al-
cune tracce della loro esistenza risalgono a circa 20.000 anni fa. Oggi lì si parlano ancora dialetti che derivano dalla lingua conosciuta come click sound, sorta di scrocchio effettuato con la lingua che precede spesso la parola (come il verso con il quale si imita il correre del cavallo). Abitano in capanne di paglia e fango e sopravvivono grazie ad un atavico spirito di conservazione, confezionando piccoli oggetti in legno per i turisti. Dalla fusione del Gemsbok Kalahari national park in Sudafrica con il Gemsbok national park in Botswana, è nato il Kgalagadi Transfrontier park, area rigorosamente protetta (36.000 Kmq.). Vi vivono i grandi predatori: il maestoso leone nero del Kalahari (più grande di quello del Kruger) così chiamato per il collare nero che caratterizza la sua criniera. Di recente ne sono stati censiti circa 450, insieme a 150 leopardi, 200 ghepardi, migliaia di antilopi (gemsbok, springbok, kudu, etc.) gnu, giraffe (reintrodotte di recente dopo la loro estinzione in questo territorio circa 100 anni fa) struzzi, sciacalli e iene.
Nei prossimi numeri documenteremo l’uso di attrezzature prodotte in Italia - Della Toffola S.p.A. e Seital - utilizzate per la vinificazione in Sudafrica.
Contatti in Italia: www.southafrica.net – info@turismosudafricano.it – 02 43911765 Contatti in Sudafrica: www.northerncape.org.za – tel. + 27 (0) 538 331434
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Storia della birra in Australia ieri La produzione australiana: dalla deportazione dei galeotti britannici di fine ‘700 all’incremento dei birrifici dei primi decenni dell’Ottocento, fino ad approdare ai giorni nostri Antonio Mennella scrittore
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l 26 gennaio del 1778, data storica celebrata con l’Australian Day, l’Australia venne formalmente messa sotto l’amministrazione inglese. Cominciò quindi l’esportazione della birra dalla madrepatria per le truppe dislocate in questo Paese. Nel 1794, a Sydney, il colonizzatore John Boston produsse la prima birra in terra australiana. Pur realizzata con granturco tallito e insaporita con foglie e bacche di ribes del Capo, la bevanda si rivelò di un certo interesse. Nel 1804, a una quindicina di chilometri da Sydney, a Parramatta, nacque il primo birrificio australiano. Anche se pare che già nel 1795, scontata la pena nella colonia di Botany Bay, avesse aperto una birreria a Sydney James Squire, deportato da Kingston nel 1787. Tra il 1820 e il 1830 sorsero numerose altre birrerie, anche per l’incoraggiamento dei governatori che promossero la produzione di birra e la coltivazione locale delle materie prime. E chiaramente la produzione, soprattutto per il consumo locale, verteva su ale di stampo britannico. Inevitabile che i primi produttori australiani incontrassero numerose difficoltà. Le materie prime non erano certo di buona qualità; e dall’Europa, così lontana, non è che arrivassero in grandi quantitativi e con tanta facilità. Soprattutto, in un clima torrido e aspro il lievito si deteriorava rapidamente. E, quelle poche volte che si riusciva a controllare il processo produttivo, poteva anche succedere che la birra marcisse durante i lunghi trasporti. Insomma spesso e volentieri la birra risultava un liquido caldo e acido con effetti lassativi, per cui veniva soprannominata “scarica”. Di conseguenza, la maggior parte dei consumatori preferiva il rum o le forti birre d’importazione. Il processo di miglioramento della birra iniziò con la fondazione della Swan e della Cooper’s. Ma solo negli anni ’80 si ebbe la svolta decisiva. Ne furono artefici, a Melbourne, i tedeschi Friedrich e Renne, che aprirono la Victoria, e i fratelli americani Foster fondatori dell’omonima azienda. Da allora in Australia cambiò per sempre la cultura della birra. Le due ultime imprese, produttrici di lager, non avevano fatto altro che sfruttare l’invenzione, negli anni Cinquanta, proprio dell’australiano James Harrison. Il compressore messo a punto da Har-
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La birra nel mondo rison serviva a conservare molti prodotti deperibili, e le grandi fabbriche di birra non avevano perduto tempo a sfruttarlo. Fu proprio la possibilità di adottare le tecniche di raffreddamento per produrre le più stabili lager, peraltro più facili da ottenere ovunque e in ogni periodo, a determinare la fine delle ale. Dall’inizio, cioè dal 1804, lo sviluppo produttivo e dei consumi fu continuativo e portò gli australiani a occupare le prime posizioni nella classifica dei maggiori consumatori di birra del mondo. Sicché fino alla metà del secolo XX il Paese dovette fare i conti con il movimento antialcolico. Nel tentativo di ridurre la percentuale di alcolisti, le autorità australiane imposero la chiusura alle sei del pomeriggio dei locali pubblici. Ma l’unico risultato fu che gli avventori impararono a ubriacarsi prima dell’ora di chiusura. Da parte loro, alcuni produttori di birra si unirono, per concentrare le forze e dar vita a una dura opposizione. A partire dal 1975 il consumo interno di birra in Australia cominciò a calare. Sull’esempio allora dell’Irlanda, della Danimarca e del Belgio (paesi ugualmente con scarsa popolazione e il mercato ormai saturo), i due grandi gruppi birrari (la Elders IXL Group, casa madre della Carlton & United Breweries, e la Bond Corporation), nati dalle numerose fusioni cominciate verso gli anni ’30 del secolo XX in seguito alla Grande Depressione, cercarono sbocchi in altri mercati attraverso le esportazioni e gli acquisti di
società estere. La Elders IXL comprò aziende quali l’inglese Courage Brewing Group e la canadese Carling O’Keefe. La Bond Corporation Holdings si diresse negli Stati Uniti dove nel 1987 fagocitò la Pittsburgh Brewing Company, in Pennsylvania, e la G. Heileman Brewing Company, nel Wisconsin, costituendo il Bond Brewing Group of Companies e affermarmandosi come quarto gruppo birrario d’importanza mondiale. Entrambi i gruppi però si spinsero troppo in là e si ritrovarono intrappolati sotto il peso di enormi debiti. Nel 1990 la Elders, dopo aver liquidato alcune delle sue prime acquisizioni, nonché la Courage e la Carling, sotto il nuovo nome di Foster’s Brewing Group, intraprese la ristrutturazione. Nel 1992 riprese gli acquisti, con la Power di Yatala e l’anno successivo con la Cascade di Hobart. Si diresse quindi in Asia, costruendo fabbriche in Cina, India, Vietnam. La Bond, sempre nel 1990, crollò invece inesorabilmente. Le aziende australiane furono rilevate dalla National Brewing Holdings, una joint venture tra Bell Resources (poi Australian Consolidated Investments) e Lion Nathan, per finire a distanza di due anni sotto il controllo della Lion Nathan Australia. Quest’ultima, rilevò quindi anche la Hahn Brewing Co. di Sydney e la South Australian Brewing Company di Adelaide; mentre andò a vuoto il tentativo di comprare la Cooper’s Brewery di Adelaide.
Emu Pilsner Beer della Swan di Perth
FRANCESCO MAURO
A Bologna il Miglior Sommelier d’Italia
Altisonanti nomi della sommellerie riuniti a Bologna per decretare il Miglior Sommelier d’Italia ASPI 2011: grande soddisfazione per il venticinquenne Alberto Piras, star della giornata
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Alberto Piras, salito sul podio del Miglior Sommelier d’Italia ASPI 2011
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ilanese, classe 1986 e con tutte le carte in regola per diventare in breve tempo una stella nel panorama internazionale della degustazione di vini. È Alberto Piras, sommelier presso il ristorante-enoteca Il Vino di Parigi, il Miglior Sommelier d’Italia ASPI 2011, premiato in occasione di “Sfoglino d’Oro”, evento simbolo per la città di Bologna, svoltosi in concomitanza con il concorso ASPI. Nonostante la giovane età, Piras possiede un curriculum di tutto rispetto, con esperienze altamente qualificanti: vanta infatti una fruttuosa collaborazione con il noto ristorante Sadler** di Milano e un’intensa esperienza al famoso Connaught Hotel dell’elegante quartiere Mayfair di Londra. A consegnare l’ambito premio, il volto noto di Alessandra Spisni, fondatrice de “La Vecchia Scuola Bolognese”, l’unica scuola al mondo per provetti sfoglini, che ha rivestito il ruolo eccezionale di madrina del concorso. Superare tutte le prove non è stato certo semplice: Piras ha dovuto affron-
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tare nelle varie fasi di degustazione, decantazione, abbinamento, correzione carta vini, servizio al tavolo, dimostrazione in lingua straniera, il temuto avversario Antonio Garofolin, consulente e docente presso l’Istituto di Formazione Professionale Alberghiero, che ha ottenuto un ottimo secondo posto al concorso AISP, e l’altrettanto agguerrito Marco Grassi, sommelier presso l’enoteca Metro di Cinisello Balsamo, (terzo posto). A valutare la performance, una giuria composta da illustri nomi della sommellerie, tra i quali il presidente Asi - Association de la Sommellerie Internationale - Shinya Tasaki, giunto dal Giappone a testimoniare l’importanza di questo concorso e a sottolineare il valore di ASPI, unica associazione italiana ad essere riconosciuta a livello internazionale. Gli altri finalisti sono stati premiati dal Presidente e Direttore del Consorzio Vini Colli Bolognesi e dal Conte Francesco Cavazza Isolani, con il prezioso supporto dell’Accademia della Muffa Nobile.
La nuova filosofia di Monte Fasolo
Una nuova lettura del territorio, una strategia di rivalutazione dell’ambiente e dei vigneti, mantenendo un fedele legame con la tradizione euganea: è questa la nuova filosofia di Monte Fasolo
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Fattoria Monte Fasolo Via Monte Fasolo 2 35030 Cinto Euganeo (PD) Tel. 0429 634030 - fax 0429 634800
La struttura che ospita la Sala delle Feste
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l centro del Veneto, nella splendida cornice dei Colli Euganei, la Fattoria Monte Fasolo rappresenta da oltre 30 anni una realtà produttiva unica: più di 100 ettari di superficie in alta collina, 60 di vigneto, 4000 piante di ulivo e decine di ettari di bosco con sentieri e percorsi segnalati ed attrezzati in collaborazione con l’Ente Parco dei Colli Euganei. Con il progetto “SoleViteStoria” avviato nel 2005, l’azienda si è impegnata in un’opera di ristrutturazione. Grazie alla sapienza dell’agronomo Filippo Giannone e del suo staff, è stato ridisegnato il contesto ambientale, ristrutturandone i vigneti e favorendo così lo sviluppo della flora e della microfauna spontanea. Accanto alle varietà tipiche della viticoltura euganea, pinella, serprino e garganega, spiccano nella produzione dell’azienda agricola i vitigni di merlot, cabernet franc e sauvignon, carmenere, moscato bianco e giallo, chardonnay e pinot bianco. La nuova filosofia di Monte Fasolo prevede naturalmen-
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te anche la “valorizzazione in cantina”: grazie all’opera dell’enologo Andrea Boaretti e del suo staff, con la preziosa collaborazione dell’enologo di cantina Antonio Froio, sono rifioriti rinomati vini che hanno ricevuto unanimi riconoscimenti nazionali e internazionali, come il pluripremiato "Moscato Fior d'Arancio" e la sua versione passita denominata "Solone", medaglia d’oro al "Muscats du Monde 2011” di Frontignan-la-Peyrade (Francia). Ultimi nati in casa, il “Millesimato 2005”, ottenuto da una selezione di uve garganega, prosecco e chardonnay, e “Miro 2007”, un merlot in purezza dedicato al fondatore dell’Azienda, il Prof. Miro Mazzucato. Ispirata alla stessa filosofia anche la nuova linea di prodotti d’altissima qualità, comprendenti le più prestigiose varietà di miele, dall’acacia alle giuggiole, dalla melata al rosmarino, le grappe di cabernet, di moscato, dei crus, e l’olio, frutto dei 4 ettari di olivi disseminati nella proprietà. (L.T.)
LUCIANO SCARZELLO
Cremona e la Festa del Torrone
Un invito a nozze per tutti i golosi: Cremona, città che diede i natali a Stradivari, a novembre si esibisce sulle note del suo famoso torrone, in una melodiosa armonia di sapori
La splendida piazza di Cremona vestita a festa
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Adagiata sulle rive del Po che è diventato, con il passare degli anni, una delle mète preferite dei turisti che visitano il nord Italia (si può navigarlo e anche pescare in diversi punti), Cremona è stata per molti secoli un importante snodo commerciale proprio grazie al grande fiume, che la collegava agilmente al mare. Oggi Cremona è una città elegante e signorile dove si respira il fascino della provincia italiana, che tra l’altro ha dato i na-
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tali a grandi artisti come Antonio Stradivari, Mina e Ugo Tognazzi. Ma Cremona è soprattutto famosa per essere la capitale per eccellenza del torrone. A metà novembre, dal 18 al 20, il torrone - ma non solo - è il protagonista dell’ormai tradizionale ed attesa kermesse “Torrone & Torroni”, meglio nota come Festa del Torrone, vero e proprio appuntamento cult per golosi e non. Un ricco calendario di eventi, incontri, spet-
tacoli ed ovviamente degustazioni, animerà i tre giorni della festa che quest’anno sarà concepita lungo l’asse tematica del viaggio. Viaggio che, quindi, avvolgerà i palati con una ricchissima serie di degustazioni ed esperienze a base di torrone e non solo, per rendere anche dolce e gustoso il tempo che si trascorrerà a Cremona. I momenti per i palati più raffinati, inizieranno nella giornata di sabato 19 novembre e continueranno nella giornata di domenica con ben otto appuntamenti dedicati a ghiotti assaggi di torrone accompagnati dai Distillati di Gussago presso l’Hotel Impero. Il torrone verrà proposto e accompagnato insieme a grappe bianche invecchiate e ad alcuni Rum invecchiati, morbidi e maturi. Al cioccolato sarà invece dedicata una particolare esperienza sensoriale abbinato al brandy e ai sigari italiani del Club Amici del Toscano, sotto l’attenta guida di esperti sommeliers del sigaro. L’appuntamento si terrà presso l’Hotel delle Arti. Anche quest’anno si terrà il tanto atteso “Alta Cucina al Torrone”. Sabato pomeriggio, presso la Società Filodrammatica Cremonese (piazza dei Filodrammatici 2), sotto la guida esperta dello chef Mattia Poggi, volto di Alice Tv, i partecipanti potranno prendere parte all’incontro-degustazione di alta cucina in cui verranno presentate delle creazioni a base di torrone ma anche utili consigli per un utilizzo innovativo del dolce e squisito torrone, sia nella cucina quotidiana che nelle grandi occasioni. Un appuntamento nel
A Cremona per la Festa del Torrone oltre 50 appuntamenti di spettacolo, cultura ed enogastronomia: VENERDI 18 NOVEMBRE Diretta “Il Ruggito del Coniglio” Rai Radio 2 8.00 Palazzo Cittanova, Corso Garibaldi 20
SABATO 19 NOVEMBRE In Viaggio per Cremona sulla locomotiva a vapore ore 8.40, Partenza da Milano Lambrate Per informazioni e prenotazioni individuali: Cooperativa Il Nucleo – cell. 334 1124806 La Disfida del tortello ore 11.00, Hotel Continental, Piazza della Libertà 26
Rievocazione Storica del matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti ore 16.00 partenza da piazza Palazzo Cittanova e arrivo piazza del Comune
Viaggio nella Valle del Po ore 21.00, Teatro Filodrammatici, Piazza Filodrammatici 1
Domenica 21 NOVEMBRE “In viaggio sul dolce Po”- Motonave Stradivari Motonave Stradivari, nuovo pontile comunale a 200/300 metri spostato a valle della MAC. Per informazioni e prenotazione servizio ristorante 333 3616208 Mappamondo gigante di torrone 15.00 Palco P.zza del Comune Torrone D’Oro a Gianluca Vialli 15.30 Piazza Del Comune Spettacolo finale “Il Viaggio” 17.15 piazza del Comune
Tutte le iniziative menzionate sono gratuite. Il programma è aggiornato al 30 settembre. L’organizzazione declina ogni responsabilità per eventuali cambiamenti.
quale il torrone diventa il protagonista di spicco e l’ingrediente base di una cucina “fuori dall'ordinario”, con la presentazione di sfiziose ricette e un omaggio per tutti i partecipanti. All’Hotel Continental, in-
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Il protagonista della kermesse a Cremona: il torrore
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vece, sabato mattina avrà inizio una particolare disfida: quella tra le tre specialità culinarie del tortello. Da quello cremonese a base di torrone, a quello cremasco a base di amaretti e biscotti speziati a quello mantovano, nello specifico il tortello amaro di Castel Goffredo. I migliori chef di questa specialità metteranno in mostra loro abilità culinarie realizzando i tre piatti davanti al pubblico presente e ad una commissione tecnica composta da giornalisti. Sarà un esempio di sana competizione volta a promuovere queste tre eccellenze, e, attraverso i toni divertenti e brillanti di un conduttore, si mette-
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ranno in discussione i pregi e i difetti di ciascun tortello. Se poi volete scoprire cosa si mangiava in una corte rinascimentale, l’appuntamento è in Piazza del Comune per la presentazione del libro "I ricettari della contessa". A svelarlo saranno i personaggi del gruppo storico "Corte dei Montecuccoli" attraverso aneddoti, curiosità e letture di ricette dell'epoca tratte da antichi ricettari e dalla tradizione popolare. Ricette originali, curiose, capaci ancora oggi di stuzzicare i palati più raffinati. Per i palati più “piccoli”, invece, la Libreria Timpetill diventerà una vera e propria fucina per giovani chef: il laboratorio “Bambini in cucina” metterà in gioco i bambini, a partire dai cinque anni, nel preparare semplici ricette a base di torrone, per scoprire il piacere di "cucinare" insieme lavorando con tanti ingredienti semplici e legati alla nostra tradizione. Dulcis in fundo, il mappamondo gigante di torrone che verrà “issato” in Piazza del Comune: un vero e proprio torrone “oversize” realizzato con torrone e cioccolato Sperlari, dal diametro di 2 metri e mezzo e che sarà ruotabile. Il perfetto mix tra il re della Festa e il tema di quest’anno. Accanto alle proposte goderecce ci sarà il tempo di farsi travolgere dai ritmi e dagli appuntamenti della Festa, che, tra talk shows e happening artistici, cortei storici e spettacoli, trasformerà Cremona in un vortice di colori, parole, note e profumi. Non perdeteveli!
LUISA TOMASINI
L’ombelico dell’Emilia Romagna
Bastarono pochi versi a scatenare la diatriba: "l'Oste, ch'era guercio e bolognese […] l'arte di fare il tortellino apprese”; ma ben presto un’apologia in rima decretò Castelfranco sua patria
Associazione “La San Nicola”, Via Circondaria sud 6, 41013 Castelfranco Emilia (MO). Tel. – Fax: 059 921665.
Lo chef Massimo Bottura, Oste 2011
© Andrea Maticevic
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arra un’antica leggenda che un oste castelfranchese, particolarmente sensibile al fascino femminile, sbirciando dal buco della serratura della stanza di una nobildonna sua ospite, rimase abbagliato dalla sinuosità delle sue forme e dalla perfezione del suo ombelico che volle riprodurre attraverso un piatto: fu così che nacque il tortellino, creazione destinata a diventare uno dei simboli dell’italianità in tutto il mondo. Secondo la ricetta emiliana, la sfoglia va tirata a mano e, una volta farcita con un impasto di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella, parmigiano reggiano, uova e noce moscata e, data la celebre forma, i tortellini devono essere rigorosamente cotti in un buon brodo di cappone. Per rivivere il gusto della tradizione, ogni anno l'Associazione di Promozione Sociale “La San Nicola”, con il patrocinio, fra gli altri, del Comune di Castelfranco Emilia e della Provincia di Modena, organizza la Sagra del Tortellino Tradi-
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zionale di Castelfranco Emilia, giunta ormai alla sua 30ª edizione. Dal 9 al 21 settembre le strade della cittadina emiliana si sono vestite di storia e gastronomia grazie a 28 caparbie sfogline, 50 addetti alla cucina, i cuochi di “Modena a Tavola”, le degustazioni di Vacca Bianca – presidio Slow Food - e la collaborazione dei Consorzi. Ospiti d’eccezione il pluristellato chef Massimo Bottura e la giornalista ed enologa californiana Monica Larner, a vestire i panni dell’Oste e della Dama. A conclusione della sagra, il tanto atteso passaggio del mattarello dall’Oste 2010 Mauro Tedeschini con la sua Dama Mariella Mengozzi alla nuova coppia Bottura-Larner, seguito dalla rievocazione della leggenda messa in scena dai due illustri ospiti. Si dichiara decisamente soddisfatto anche Giovanni Degli Angeli, presidente dell’Associazione “La San Nicola”, nonché patron della festa che in 30 anni è diventata un punto di riferimento per gli amanti delle eccellenze locali.
MICHELE PETROCELLI
La Valdichiana e la sua storia
In viaggio tra le province di Arezzo e Siena, terra di pregiati vini, patria di ottimi oli d'oliva, luogo d'origine della celebre "chianina": esperienze sensoriali in Valdichiana
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La Piazza Grande di Arezzo, nel cuore della città medievale
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ercorrendo l’autostrada A1, tra Firenze e Roma, incontriamo verdi colline che accolgono manieri e castelli di epoche antichissime. Proseguendo, si arriva agli svincoli di Arezzo o, pochi chilometri più a Sud, di Valdichiana. Lasciando alle spalle l’Autosole ci immergiamo negli scenari che diedero i natali a Francesco Petrarca o Pietro l’Aretino e arriviamo a Cortona, comune arroccato in piena Valdichiana e
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terra d’adozione del cantante Jovanotti. Cominciamo a sentire i profumi dell’olio nuovo e del risultato della vendemmia appena terminata. Entriamo in una tipica enoteca e chiediamo di degustare un Valdichiana Doc, vino bianco di recente denominazione che ha sostituito lo storico Bianco Vergine della Val di Chiana. Salutando Cortona ci incamminiamo verso Arezzo e incontriamo antichi e caratteristici borghi come il comune di Castiglion Fiorentino che affonda le proprie radici nella notte di tempi, quando gli etruschi posero le sue fondamenta. Dopo circa 20 chilometri ecco lo skyline di Arezzo, il cui territorio fu abitato già in epoca preistorica. Come alloggio scegliamo il prestigioso Hotel Minerva, un quattro stelle a pochi passi dal centro che offre ampie camere e un centro fitness dove rilassarsi. Per cena siamo alla storica Buca di San Francesco dove in tavola ci servono le tipicità della cucina casentino-aretina: gli immancabili crostini, la ginestrata, i bringoli al sugo finto e i fegatelli all’aretina. Ovviamente, il tutto innaffiato da un Chianti dei Colli Aretini.
Vinimpero, vini dall’Ungheria
MARA MUSANTE
L’accurata selezione di bianchi, rossi e dolci muffati provenienti da quattro zone tipiche di produzione – Tokaj, Eger, Villany e Badacsony-Balaton – proposta da Henrieta Raffo Markova
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lovacca, nata vicino alla regione Tokaj - area vinicola patrimonio dell’umanità dell’UNESCO - sposata con Andrea, appassionato gourmet genovese, Henrieta è andata con lui alla ricerca delle migliori cantine ungheresi, percorrendo splendidi itinerari tra castelli, abbazie, laghi e montagne. La passione l’ha portata a frequentare un corso all’Accademia dei Vini di Budapest, poi, a Genova, ha avviato Vinimpero per far conoscere agli italiani non solo i vini, ma anche storia e tradizioni ungheresi. Il Tokaj o Tokay (come spesso si scrive) è sinonimo di Ungheria: quello friulano non ha nulla in comune, né colore, profumo, gusto, né metodo di produzione, poi dal 2007 si chiama “Friulano”. L’ungherese comprende vari vini provenienti dall’omonima regione che conta 27 paesi e 7000 ettari di vigneti. Il più antico è il Tokaj Aszú “il re dei vini, il vino dei re” già noto alla corte di Luigi XIV, poi ci sono il Furmint e l’Hárslevelü da vitigni autoctoni, oltre al Muscat Lunel e all’Orémus, tutti muffati ottenuti da uve botritizzate (colpite dalla Botrytis cinerea o muffa no-
bile) da cui si ricava una pasta da aggiungere al vino base - misurata in puttonyo (la gerla usata per la vendemmia che equivale a circa 20 lt. di pasta) per determinarne la dolcezza. La qualità delle uve del Tokaj assicura la giusta acidità per così accompagnare formaggi e dessert. Ma l’Ungheria non è solo Tokaj: da più di 15 anni anche i bianchi e i rossi delle altre regioni sono qualitativamente cresciuti, come l’Egri Bikavér (sangue di toro di Eger) che nel 1997 ha ottenuto il DHC (doc ungherese). Henrieta, con Vinimpero, si sta impegnando per far scoprire e conoscere questa realtà davvero straordinaria.
VINIMPERO SAS, via Domenico Fiasella 1/3, 16100 Genova. Tel. +39 345 9951246
Henrieta Raffo Markova al Porto Antico di Genova
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Autumn in Savigno da non perdere
Inebriante, afrodisiaco, lenitivo: il tartufo bianco dei Colli bolognesi non è mai stato così vicino. Proprio nel cuore dell’Emilia Romagna esso trova il suo habitat prediletto
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iente è più rappresentativo del tartufo per descrivere Savigno, un comune in provincia di Bologna depositato nell’immaginario collettivo come un borgo in cui fluttua un’aria fresca e pungente, si estendono boschi lussureggianti e incontaminati, e si dipana una valle fertile, tessuta a regola d’arte dal torrente Samoggia. Come gli altri anni anche questo novembre la località, situata nel primissimo Appennino bolognese, diventa la patria emiliana di celebrazione del frutto più prezioso che la terra offre, e che il prolungarsi dell’estate ha quest’anno forse messo un po’ a repentaglio. Già perché Savigno fa parte dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, che condivide con i celeberrimi Acqualagna, Alba e Norcia, associazione presso cui ricopre una carica direttiva, sebbene le piccole dimensioni del comune incoraggino a immaginare una posizione più marginale. Per le vie del centro storico, accarezzate in questo periodo dall’inebriante e inconfondi-
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bile aroma del tartufo che filtra dalle cucine di tutti i ristoranti del paese, sarà piacevole perdersi alla scoperta della chiesa di San Matteo, edificata nel 1683 e rimessa a nuovo di recente e soffermarsi sotto l’obelisco di piazza XV agosto, e lanciare un pensiero ai moti patrioti del 1843. Nel frattempo ecco un’altra vaporosa nuvola di tartufo arrivare al naso, lo stomaco implorare, l’acquolina riempire la bocca, sì perché il tartufo non concentra in sé caratteristiche solo culinarie, ma esiste qualcosa che avvolge, che scalda, pacificando anima e cuore, nel suo aroma, e avviando un processo di riconciliazione tra uomo e natura ricco di spiritualità. E pensare che questo raro e prezioso frutto della terra ha trovato nel territorio di Savigno il suo habitat ideale, per ospitare soprattutto la qualità di tartufo “Bianco pregiato dei Colli bolognesi”. Ciò gli ha valso il prestigioso riconoscimento di “Città italiana dei sapori” che l’ha resa celebre su scala nazionale insieme a pievi, oratori e antichi
mulini a cui fanno da sfondo i fianchi scoscesi dei calanchi e le fitte macchie paesaggistiche dei boschi autunnali. Ma abbandoniamo un momento le digressioni sentimentali e soggettive e concentriamoci sulla datità dell’elemento sensibile il tartufo. Esso rappresenta per Savigno un fattore di crescita economica e culturale da non sottovalutare: con i suoi 130 tartufai tesserati su un totale di 2.500, abitanti possiamo legittimamente concludere che è intrinseco nel paese una sana, profonda e viscerale passione per il tartufo, elemento che diventa ragionevolmente protagonista indiscusso dell’intera stagione au-
tunnale, in una manciata di preziose manifestazioni che si susseguono fin dal 1984. Oltre alla Sagra del Tartufo bianco pregiato dei Colli Bolognesi, va segnalata la mostra mercato del tartufo, patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre, durante le prime tre domeniche del mese di novembre, la piazza e le vie del paese ospitano numerose bancarelle, selezionate per qualità, che propongono il Tartufo Bianco Pregiato dei Colli Bolognesi, secondo i prezzi stabiliti dalla Borsa. Da non perdere assolutamente la Gara Nazionale dei Cani da Tartufo, step valido per il Campionato nazionale di Ricerca. (L.S.)
6 novembre Mostra mercato del tartufo Mostra mercato del vecchio e dell’antico Mercato delle Cose Buone Itinerando: passeggiata nella Valle del Samoggia fino alla tartufaia naturale “Le vigne” in compagnia di un tartufaio che, con il suo cane, insegnerà i segreti per la raccolta del tartufo. domenica 13 novembre Mostra mercato del tartufo Mostra mercato del vecchio e dell’antico Mercato delle Cose Buone 18,19,20 novembre 11° raduno nazionale di camperisti “Savigno città del tartufo” 20 novembre Mostra mercato del tartufo Mostra mercato del vecchio e dell’antico Mercato delle Cose Buone Itinerando: passeggiata nella Valle del Samoggia fino alla tartufaia naturale “Le vigne” in compagnia di un tartufaio che, con il suo cane, insegnerà i segreti per la raccolta del tartufo. Mattina: Gara Nazionale Libera per cani da Tartufo Pomeriggio: Finalissima Campionato Italiano Cani da Tartufo Manifestazione organizzata dall’Associazione Il Tartufo di Bologna e dall’Associazione Tartufai Savigno Valsamoggia . Info: Comune Savigno 051 6700811/07
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LEILA SALIMBENI
Claudio Sordi & La Piazzetta
Molte volte abbiamo sentito dire che arte e vita, spesso, coincidono. Se l'arte è poi arte culinaria, la vita si trasforma in un atto di amore per il prossimo. E' quel che accade alla Piazzetta...
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Ristorante La Piazzetta Via del Pratello, 107 (Piazzetta San Rocco) 40122 Bologna. Tel. 051 558882
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laudio Sordi è un vulcano di parole animate da un entusiasmo autentico e travolgente. Da tre anni è il cuore e la mente della Piazzetta, un piccolo ristorante in Via del Pratello 107, a Bologna, amorevolmente gestito da un bolognese doc, Andrea Zappi, che in pochi anni ha saputo conquistare un pubblico sempre più vasto e esigente. Noi di Degusta siamo arrivati a intervistare lo chef in occasione della festa di fine estate, che è stata per noi la possibilità di sperimentare e ampliare nuove frontiere del gusto. Cosa ami di più del tuo lavoro? Be' partiamo dal presupposto che io non so più se Claudio Sordi ha una vita e in questa vita fa il cuoco o se Claudio Sordi fa il cuoco e in questo fare il cuoco ha una vita (ride n.d.r.). Mi suc-
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cede infatti, a volte, di avvertire un'ansia, che corrisponde all'urgenza che l'opera esige da me, che sono lo strumento per la sua creazione, e patisco. Vuoi un esempio? Adesso piove, ecco se non metto nel menu la polenta o la pasta e fagioli che faceva mia nonna quando tornavo a casa fradicio, comincio a scalpitare: io voglio coccolare il mio cliente, come se il cliente fossi io. Se potessi, senza essere frainteso, o arrestato, io vorrei servire il latte della mamma, a seguire un omogeneizzato, e questo perché vorrei svezzare i miei clienti, vorrei far tornare vergine il loro palato e la loro capacità di percepire i sapori. Un piatto in cui ti identifichi? Si tratta di tutti i piatti della tradizione, però, modificati: penso alla zuppa di lenticchie e farro con l'aggiunta dei miei gamberoni in tempura, alla aglio olio e peperoncino, impreziosita da una crudaiola leggera di tonno: in sintesi, mi impegno ad aggiungere elementi che rendono più complesso il gioco delle consistenze, e più stimolante la percezione del sapore finale. A me piace così... A noi anche! To be continued...
Archeologia in Val Susa
La Val Susa non è conosciuta soltanto per lo sci e le sue note stazioni, come Bardonecchia, ma anche per il patrimonio archeologico derivante dalla presenza dell’uomo da oltre 6000 anni
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Una panoramica sulla Val Susa
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ono un esempio di questa ricchezza archeologica le incisioni rupestri sulle pendici del Rocciamelone e altr. Raccolte al museo preistorico di Vaie. Sulla valorizzazione di queste testimonianze la Valle sta puntando molto per accogliere nuovo turismo extrastagionale. Si snoda quindi un percorso che parte del capoluogo, Susa, e arriva oltre Bardonecchia. Susa conserva molti e importanti monumenti precedenti l’epoca celtica e il passaggio degli antichi Romani, che proprio con i Celti conclusero la pace. Tra questi, l’arco di Augusto che richiama alla mente l’antica Roma, il castello con le tracce delle antiche e colossali mura, i resti dell’acquedotto di Graziano e dell’arena. Rilevante
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è anche il museo Diocesano di arte sacra che raccoglie prezioso materiale appartenuto in passato alle chiese e paramenti sacri dei sacerdoti. Interessante il museo di Vaie, di cui abbiam parlato prima, che permette un viaggio a ritroso nella preistoria della Val Susa, dal neolitico all’Età del rame. Importante anche la Sacra di san Michele, fondata nell’alto Medioevo, e disposta su tre edifici uno sopra l’altro, la cappella di San Giuseppe, mentre ad Avigliana è degno di nota il sito archeologico di Malano. Infine l’Abbazia di Novalesa, zona di contenimento dei Valdesi durante le persecuzioni del XVII° secolo. Gli antichi Romani han lasciato una traccia significativa della loro presenza. Tra questi i resti della villa di Almese che risalirebbe al 1° secolo d.c. e scoperta con gli scavi effettuati circa 30 anni fa. Insomma c’è molto a disposizione per un tour che può interessare gli amanti della montagna. Senza dimenticare che le soste ai ristoranti permettono di avvicinarsi ai prelibati piatti della cucina locale e ai vini, cosiddetti, di montagna. (L.S.)
Formaggi sul podio a Caseus Veneti
Un provolone della Val Padana
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Settemila presenze in due giorni, decisamente riuscita la settima edizione della manifestazione voluta e promossa dalla Regione Veneto ed organizzata dall’Associazione Regionale Produttori Latte
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Foto © pacphoto
aseus Veneti, l’evento che in un virtuoso connubio di promozione turistica ed enogastronomica si svolge sempre in una diversa villa veneta, è sbarcato per questa settima edizione al Castello Estense di Arquà Polesine in provincia di Rovigo. La kermesse prevedeva una serrata competizione fra 328 formaggi per 34 categorie partecipanti, provenienti da ben 80 caseifici: una gara fra protagonisti di una regione che, in quanto a prodotti caseari, non ha nulla da invidiare a nessuno. In Veneto sono 8 i formaggi a Denominazione di Origine Protetta (DOP): Asiago, Casatella Trevigiana, Grana Padano, Montasio, Monte Veronese, Piave, Provolone Valpadana e Taleggio. Arduo il lavoro della giuria che ha decretato i 36 vincitori di categoria: Treviso sul podio con ben 14 medaglie d’oro, seguito da Vicenza con 10 medaglie, Belluno con 7 e Verona con 5. Tra questi 36 vincitori la giuria critica, composta da Cri-
Un artigiano casaro alla manifestazione veneta
Foto © pacphoto
Un altro casaro tra gli espositori presenti a Caseus Veneti 2011
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stiano Draghi direttore de La Voce di Rovigo, Maria Botter blogger enogastronomica di Veneziaeventi.com, Franco Ruggero responsabile di In.gredienti, il negozio di specialità gastronomiche della famiglia Alajmo, Fabrizio Nonis giornalista gastronomo e presieduta dallo specialista dei formaggi Alberto Marcomini, ha assegnato a Malga Ciapela di Gianni Miola il premio Onaf al migliore formaggio tradizionale ed il Premio Friuladria Forme di Solidarietà, andato al Piave DOP di Lattebusche. La due giorni prevedeva inoltre spazi di approfondimento che hanno avuto ottimi riscontri: subito esauriti i posti per le cinque degustazioni abbinate a birra e mostarde guidate da Alberto Marcomini, e poi i corsi di cucina con la blogger Anna Maria Pellegrino ed il giornalista gastronomo Fabrizio Nonis. Grande soddisfazione da parte degli organizzatori, come spiega Terenzio Borga, presidente di A.pro.La.V. “Una adesione entusiasta, oltre ogni aspettativa della vigilia, da parte dei rodigini, che hanno inoltre dato prova di grande sensibilità nel loro contributo all’iniziativa benefica; come sempre una grande partecipazione da parte dei produttori, che non temono di mettersi in gioco e di accettare le sfide, perché sono convinti del va-
lore dei loro formaggi”. Durante la due giorni è stata infatti presa d’assalto l’area mercato Caseus Veneti Shop che offriva 6 caseifici, 7 consorzi DOP, 4 birrifici artigianali e 5 esponenti di altre produzioni tipiche locali, dove assaggiare e fare acquisti, il cui raccolto è stato devoluto in beneficenza a favore di Life Inside, onlus che aiuta le persone affette da autismo, e di Città della Speranza di Padova che si occupa di ricerca e cura dei tumori infantili. (A.B.)
Una forma del caratteristico formaggio “inbriago”
La giuria critica presieduta da Alberto Marcomini
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A Torino l’evento solidarietà e record
E’ stato il cocktail più grande del mondo ad entrare nel guinness dei primati a Torino, lo scorso ottobre: il contenuto del bicchiere alto 9 metri è stato venduto per sostenere Telethon
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l Guinness World Record ha ufficializzato un nuovo record mondiale a Torino, in piazza Vittorio Veneto, il 1° ottobre. Ha patrocinato l’evento la storica azienda Fabbri 1905 con la preparazione del cocktail più grande del mondo. Un bicchiere alto nove metri, con un diametro
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di 2,80 metri, che conteneva almeno 30.000 litri di aperitivo, rigorosamente analcolico e non a caso. La Fabbri infatti è da sempre impegnata a favore del bere responsabile, in particolare sostiene campagne di sensibilizzazione dei giovani sui danni causati dall’abuso di alcool. In questa particolare occasione però, accanto alla finalità sociale si è trovata una benefica: l’obiettivo dell’operazione è stato la raccolta di fondi a favore di Telethon, fondazione di ricerca biomedica nata nel 1990. E’ lo stesso Nicola Fabbri, amministratore di Fabbri, che commenta il coinvolgimento dell’azienda nell’evento: “Un’occasione di festa e un momento di grande importanza sociale, la nostra azienda promuove da anni il concetto del bere responsabile: un impegno di responsabilità che offre concrete alternative di consumo al bere alcolico, soprattutto per i più giovani. Sono molto felice che questa vocazione abbia sposato in quest’occasione la finalità benefica a sostegno di Telethon”. (F.M.)
Salsamentari in festa durante il T-DAY
Rinasce l’Associazione dei Salsamentari di Bologna, una storica società di mutuo soccorso che va salvaguardata. Un’occasione d’incontro è stata la festa del T-Day a Bologna
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’inedita occasione della pedonalizzazione totale di parte del centro storico di Bologna (la cosiddetta ZONA T) di fine estate (17 settembre scorso) è stata l’occasione per l’Associazione Salsamentari bolognesi (fondata da Giuseppe Vaccari e Ferdinando Berti a Bologna nel 1876) di fare festa esibendo vecchie glorie e velleità, tra cui lo storico gonfalone affiancato dai numerosi quadri storici che ritraggono salsamentari famosi e non, nelle foto in bianco e nero di un secolo fa. Fra tutte, spiccava quella di Vittorio Emanuele re d’Italia, che fu socio onorario del blasonato sodalizio. Nella pittoresca cornice della centralissima via Pescherie Vecchie all’angolo con via Drapperie, è stata istituita anche una cena conviviale curata dalla Salsamenteria Simoni e dalla storica salumeria A.f. Tamburini (la quale si è occupata di realizzare il primo piatto, gramigna con la salsiccia, ndr), che ha visto riunirsi diverse personalità da sempre sostenitrici della Salsamentari, tra cui l’ex presidente del gruppo Granarolo nonché ex assessore alle attività produttive del Co-
mune di Bologna Luciano Sita, i dirigenti di Confesercenti Bologna, Valerio Caretti, titolare dell’omonimo caseificio, il nostro direttore Gianluigi Veronesi, Gabriele Forni, manager dell’azienda Visconti di Modrone (produttrice dei famosi vini “Tizzano”) e Roberto Golinelli della Golinelli 1975. Presente tra l’altro Cav. Giovanni Pelagalli, fondatore del Museo della comunicazione e del multimediale “G. Pelagalli”, che ha intrattenuto i presenti illustrando sistemi di riproduzione vocale e musicale di grande rarità, ormai dimenticati dai più ma capaci, proprio come le gesta dei salsamentari, di emozionare e affascinare passanti e visitatori.
Da sinistra: Simoni, G. Veronesi, D. Simoni e R. Golinelli
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"Andar per langa" in modo diverso Il Moscato
FRANCO MIONI
Barolo, Barbaresco, Fontanafredda, Neive, Serralunga, Verduno, Dogliani, La Morra... la zona a est e a sud-est di Alba, dalla Valle Belbo alla Val Bormida, è sempre stata meno frequentata e meno appetita, probabilmente perché il visitatore crede di trovare “solo”
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I vigneti e crinali di Loazzolo
rrore rimediabile attraverso un itinerario... riparatorio che conduce nel più grande vigneto d’Italia, oltre 10.000 ettari. La non eccellente fama conquistata negli anni dall’Asti spumante ha portato purtroppo a fare di... tutta un’uva un vino; eppure parliamo di 2300 aziende produttrici in 52 comuni sparsi in 3 province (Asti, Cuneo ed Alessandria), tanto da trovarsi in zone dove si parla di “Langa Astigiana”! L’idea di una zona minore, dove si produce solo un vino e per di più di non grande interesse, è ovviamente uno stereotipo, ma purtroppo molto diffuso. I
Foto © Bepi Pucciarelli
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“Produttori del Moscato d’Asti Associati”, cooperative o piccole aziende di grande qualità, propongono anche alcuni tra i grandi classici come Barbera e Dolcetto, e poi interessantissimi assemblaggi con Merlot e Pinot nero, deliziose bollicine, anche rosa, ottenute perfino dal Nebbiolo (!). In una regione dove i bianchi sono sempre stati poco presenti, ecco alcune encomiabili realizzazioni con Sauvignon e Chardonnay. L’uso della barrique è sempre equilibrato e permangono antiche usanze come il cemento e la botte grande; naturalmente alta e moderna tecnologia (acciaio inox e tecniche di raffreddamento) per la produzione del Moscato. Un nome che nella conoscenza e nell’immaginario di molti richiama vini passiti o liquorosi realizzati soprattutto nel sud (Trani, Noto, Pantelleria...) oppure il tragicomico Moscato di S.Marino o ancora vini particolari come il Moscato giallo Trentino o il Gold Muskateller sud-tirolese. Forse anche perché questi sono grandi vini con prezzi
adeguati. Il “Moscato d’Asti” invece ha costi più che abbordabili che non ne esaltano l’immagine. Vino con una leggera effervescenza ed una gradazione alcoolica sui 5,5°, offre delicati aromi agrumati ed un gusto assai suadente al palato: leggermente dolce ma mai stucchevole. L’ideale per accompagnare quasi tutti i tipi di dolce e dessert, soprattutto torte e pasticceria secca, ma anche creme. Assai versatile com’è, può rappresentare un fantasioso aperitivo con una giovane Robiola di Roccaverano, ma anche accompagnarne una più stagionata dove il latte di capra sia maggiormente protagonista. In questo caso ottima una vendemmia tardiva come il “Loazzolo”, piccolissima produzione DOC (30.000 bottiglie) presente solo nel territorio del comune omonimo. Una grande risorsa dal punto di vista dell’immagine e della comunicazione è costituita dall’ “Enoteca Regionale di Mango”, tra le tante, troppe (11) in Piemonte ma particolarmente dedicata al Moscato. E’ presieduta finalmente non da un politico ma da un appassionato produttore che si sforza di mediare le paralizzanti problematiche generate da scontri e antipatie presenti in una composita realtà: coloro che tendono alla sovraproduzione (e quindi alla sottoqualità) per uscire con prezzi da grandissima distribuzione in antitesi con una frangia una volta minoritaria ma sempre più crescente di
Foto © Bepi Pucciarelli
agricoltori e produttori che operano con convinzione per rese più basse, qualità più alta e prezzi adeguati (sempre inferiori a tanti vini da fine pasto). Nelle sue diverse sfaccettature derivanti da terreni, altitudini, colture e culture diverse, il Moscato d’Asti alla giusta temperatura può risultare sia un ottimo abbinamento con prosciutto e melone che un curioso “vino da meditazione” nel periodo estivo. Il paesaggio: piccoli antichi borghi silenti e ben curati, crinali intarsiati di splendidi vigneti e tante macchie di boschi salendo d’altitudine. Canelli, culla del Moscato fin dal '600, e soprattutto S. Stefano Belbo. Qui tra brume e solitudine, aleggia ancora lo spirito tormentato di Cesare Pavese: nella sua casa natale, nella bottega dell’amico del cuore, nella tomba in semplice pietra di Langa. E’ sufficiente riflettere sulla più disperata ed appassionata dichiarazione di “bisogno” d’amore che si possa ricordare “Verrà la morte... e avrà i tuoi occhi” .
La sede della fondazione Pavese a S. Stefano Belbo
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Renato & Anna, affinatori di formaggi in Roncofreddo Sono loro che consegnano i veri saperi & sapori dei formaggi della Romagna, la loro fossa nella quale maturano formaggi che diventano capolavori, viene girata una sola volta all’anno, scoperchiata nel giorno di Santa Caterina (25 novembre), con un rituale vecchio di secoli e che emoziona REPORTAGE DI ATTILIO SCOTTI FOTOGRAFIE DI GIANFRANCO BATTISTI
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enato Brancaleoni, 65 anni portati alla grande, romagnolo doc da Roncofreddo, in Romagna, (a pochi chilometri da Cesena) affinatore di formaggi, oste e cantore della cucina del territorio: è considerato uno degli irriducibili difensori delle tradizioni gastronomiche della sua terra: rubizzo e sanguigno non usa mai mezzi termini, il grigio non è il suo colore. La sua fossa (detta dell’Abbondanza) la usa canonicamente una sola volta all’anno e non due o più volte come avviene in queste plaghe, i suoi formaggi di fossa (vaccino, pecorino, caprino) sono diventati gli ambasciatori più autorevoli al mondo del made in Italy alimentare (da poco in un autorevole store di New York). Da qualche tempo Renato Brancaleoni è anche direttore di Alma Caseus in quel di Colorno (Parma) e lancia per il 2012 una competizione tra i grandi e piccoli produttori di formaggi che mancava nel panorama italiano (dal 7 al 10 maggio al Cibus di Parma, lo spettacolo dei formaggi italiani, per capire, degustare e valorizzare il meglio della produzione italiana.) La figlia Anna bellezza romagnola: elegante, sciolta e professionale è la nuova frontiera della continuità di chi non si piega alle multinazionali del non gusto.
ps: a Roncofreddo Renato Brancaleoni gestisce con la figlia Anna l’Osteria dei Frati, qui dal venerdì alla domenica “covo dei carbonari del gusto”: i passatelli al brodo di manzo e di gallina sono capolavori, da provare almeno una volta nella vita. Si ringrazia Gianfranco Battisti per la gentile concessione delle fotografie che illustrano le sequenze di questo momento emozionante dell’apertura delle fosse e il signor Daniele Bertorello per la logistica e trasporti.
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Dall’origine ad oggi: breve storia del formaggio di fossa Secondo la leggenda la storia del formaggio di fossa si colloca nel lontano 1486, quando Alfonso d’Âragona figlio del Re di Napoli fu sconfitto dai francesi ed ebbe ospitalità da Girolamo Riario, signore di Forlì. Ma la fame dei soldati sconfitti era enorme tanto che cominciarono a depredare i cibi dei contadini i quali, per difendersi da queste ruberie, presero l’abitudine di nascondere le provviste alimentari nelle fosse arenarie e quando a novembre gli eserciti partirono e non vi era più sciacallaggio i contadini dissotterravano i loro approvvigionamenti e scoprirono, con loro grande sorpresa, che i formaggi nascosti al posto di ammuffire avevano cambiato le proprie caratteristiche organolettiche acquistando un sapore nuovo ed ottimo. Se una volta questo formaggio veniva infossato per necessità, oggi invece viene infossato per ragioni gastronomiche.
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La preparazione della fossa Renato ed Anna Brancaleoni dopo aver preparato e “tappezzato” la loro fossa dell’abbondanza con paglia di grano e paglia di orzo, immettono i formaggi (pecorino 100%, vaccino 100%, caprino 100% e misto caprino/vaccino in pezzature ognuna di circa un chilo e mezzo) dopo averli avvolti in sacchetti di cotone vergine e chiusi a laccio. Vengono impilati uno sopra all’altro e disposti a semicerchio:
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questa operazione avviene generalmente a fine luglio o ai primi giorni di agosto, successivamente la botola di chiusura viene sigillata con colla di farina ed aceto. L’affinamento dura circa dai tre mesi e mezzo ai quattro e l’apertura avviene per tradizione il giorno di Santa Caterina (25 novembre).
L’apertura della fossa E’ un giorno di festa, di apprensioni, di grandi fatiche. Aiutati da amici del paese, dopo aver attentamente aperto la fossa, si cala una corda con una candela accesa che si spegne immediatamente per mancanza assoluta di ossigeno. Con potenti aspiratori elettrici si aspirano le varie esalazioni (calarsi senza queste precauzioni può provocare serie problematiche di respirazione). Quindi viene calata una lunga scala e con fatica tutti i sacchetti vengono riportati alla luce. Qui inizia un’altra operazione faticosa: aprire i sacchetti, spazzolare i formaggi uno ad uno, deporre gli stessi su assi di legno per un riposo che dura circa due o tre giorni, poi la confezione. Altra emozione di questi amici affinatori è la prima degustazione per conoscere se i vari tipi di formaggi hanno assunto le caratteristiche di stagionatura voluta. La fossa dell’abbondanza 2011 ha consegnato formaggi perfetti. Poi tutti nella grande cucina della casa padronale a festeggiare un evento, con una cena d’antan che è qualcosa di grande.
La ricetta di Renato, ai fornelli Anna Brancaleoni. Osteria dei Frati di Roncofreddo (FC) un ritorno al gusto, al mare blu ed al fossa dolce
“FILETTO DI SGOMBRO al FOSSA DOLCE”
il ritorno di una eccellente presenza: il pesce azzurro dell’Adriatico quasi dimenticato, sapori garbati e nuove emozioni per le papille. (La ricetta è stilata con dosi per quattro persone)
gr.30/40 formaggio di fossa dolce 4 sgombri da circa 200 gr caduno ½ bicchiere di olio del Rubicone 1 bicchiere di vino bianco secco 1 porro, 1 spicchio d’aglio, 1 tuorlo di uovo sodo 30 grammi di capperi
Preparare una emulsione con il vino e metà dell’olio, sfilettare lo sgombro e saltarlo in padella nella emulsione ottenuta. Lessare il porro (solo le parti bianche) e l’aglio, scolare e metterli nel frullatore unitamente al tuorlo d’uovo, metà dei capperi, il formaggio di fossa, pepe e sale ed acqua di cottura quel tanto che basta per ottenere una salsa fluida. Stendere questa salsa nei piatti di portata (ben caldi) adagiare sopra il filetto di sgombro che avete in precedenza cotto e guarnire con i capperi rimasti. Buon appetito. ps. Renato Brancaleoni ha provato e descritto decine e decine di ricette con il formaggio di fossa nelle sue diversità, (fossa ed insalata di acciughe, frittata di sardoncini e fossa, spaghetti in bianco con erbe aromatiche, peperoncino, sarda e fossa piccante; garganelli al sugo di cicerchie e formaggio di fossa, etc) e, su richiesta, potrete degustarle nella sua Osteria. Noi pubblichiamo quella che coniuga il mare con la collina: a nostro giudizio un piatto da Re Per saperne di più sul formaggio di fossa segnaliamo un libro di Graziano Pozzetto “C’era una volta il formaggio di fossa. c’è ancora?”. Una completezza di informazioni eccezionale (Panozzo Editore euro 15,20).
Brancaleoni Anna Via R. Comandini 149 sede operativa Piazza Allende 13 47020 Roncofreddo (FC) Tel. ++39 0541 949649 www.osteriadeifrati.it
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Le parole valgono molto, ma la documentazione fotografica, qualche volta supera le parole: in anteprima assoluta, si documenta, con scatti d’autore, una realtà di un mondo rurale che è ancora la spina dorsale del gusto italiano. Questo scatto ritrae lo sforzo di portare alla luce i formaggi ma nel contempo anche la certezza che gli stessi siano i nuovi capolavori del gusto. novembre/dicembre 2011
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Un giorno al museo SPECIALE BOLOGNA
A pochi giorni dal termine di Artelibro, il Festival del libro d’arte, il capoluogo emiliano continua a proporre un ricco panorama culturale e qui vogliamo segnalare in particolare due mostre che meritano senza dubbio una visita. Fino al 26 dicembre 2011 il MAMbo ospiterà l’esposizione “Arte Povera 1968” curata da Gianfranco Maraniello e Germano Celant, il critico d’arte che proprio negli anni ’60 diede il nome al movimento dell’arte povera. I protagonisti principali di questo periodo, come Mario Merz, Kounellis, Penone, Zorio, Pistoletto, prediligevano materiali e forme povere, semplici, non concentrandosi sull’esito finale-estetico dell’opera ma sull’idea da esprimere. In mostra sono presenti opere della fine degli anni ’60 per collegarsi all’esposizione del febbraio 1968 alla Galleria de’ Foscherari di Bologna e concentrarsi sui primissimi frutti del movimento. L’altra mostra che proponiamo è quella dell’ungherese Alexandre Hollan, “Silences en couleurs”, presso il Museo Morandi fino al 5 febbraio 2012. Grazie al video girato da Stefano Martelli e Matteo Morris, riusciamo a capire meglio come Hollan intende l’arte e alcuni nodi focali della sua opera. Nel breve documentario, girato nella casa-studio di Morandi in via Fondazza (visitabile su appuntamento), è proprio Hollan che ci racconta della sua opera e del legame che ha da sempre con la pittura di Morandi. Due sono i soggetti che l’artista predilige: gli alberi e le nature morte. I primi sono immagini di movimento, studiati nel dettaglio di ogni loro respiro, mentre le nature morte sono gli oggetti immobili che, contemplati nel silenzio, divengono vivi. Ognuno di essi è una vita silenziosa. Info: MAMbo, tel. 051 6496611. Museo Morandi, tel. 051 2193338.
di Rita Borsari
Michelangelo Pistoletto, “Venere degli stracci”, 1967 cemento, mica, stracci. cm 150 x 280 x 100, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Photo© Paolo Pellion
Alexandre Hollan , “Vie silencieuse”, 1999, acquerello su carta, 35 x 53 cm. Collezione privata
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ANNALISA BORSARI
Cosa regalo a Natale?! Un libro d’arte e cucina E’ un’idea di Terra Ferma edizioni, una collana di testi illustrati che propongono un parallelo tra le opere di un artista canonico e l’arte culinaria di grandi chef: un’interessante idea regalo
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La copertina del testo
l testo in questione, dal titolo “Nelle camere da letto di Tiziano” e pubblicato per la collana I luoghi della modernità di Terra Ferma edizioni, presenta il pittore veneto Tiziano, concentrandosi su uno specifico filone della sua opera pittorica, lo spiega chiaramente nell’introduzione al testo Angelo Sette, Presidente della Banca FriulAdria Crédit Agricole “il prof. Giuseppe Bar-
bieri ha puntualmente esplorato un settore specifico della sua opera, quello delle figure femminili, dee ed eroine mitologiche sdraiate su letti di stupefacente attualità. Lenzuola, coperte, cuscini che sembrano appena sgualciti; spazi privatissimi che mettono a nudo la nostra umanità… I nudi di Tiziano e le promesse che racchiudono sono significativamente ac-
Nelle camere da letto di Tiziano
L'intimità della figura e gli alimenti della passione A cura di: Giuseppe Barbieri Saggi di: D. Arasse, G. Barbieri Collana: I luoghi della modernità Pagine: 160 Immagini: 200 illustrazioni a colori Formato: 30,5x 28,5 cm Confezione: cartonato ISBN: 978-88-6322-101-5 Prezzo di copertina: € 60,00 Foto: di Cristiano Bulegato
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costati, secondo l’impostazione di questa fortunata collana, ad alcune invenzioni gastronomiche. Altre gioie della carne: in cui si potranno riscontrare disarmante semplicità e convincente impiego di nuove tecnologie, attenzione alla qualità dei prodotti e gusto per insolite sperimentazioni”. Il libro si apre quindi con l’analisi puntuale di Giuseppe Barbieri, direttore del Dipartimento di Storia delle arti e Conservazione dei beni artistici “Giuseppe Mazzariol” dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dal titolo LO SPAZIO ATTORNO AL CORPO e in successione inizia il parallelo in cucina, a firma di Carlo Ottaviano che sviluppa la sua dissertazione SE IO FOSSI TIZIANO: CINQUE CHEF TRA COLORI E SAPORI e così facendo introduce gli altri protagonisti del libro, gli chef, in ordine di comparizione: Simone Padoan, Renato Rizzardi, Carlo Cracco, Fabrizia Meroi e Andrea Spina. Ottaviano comincia così: “Potrei scrivere – potrei – di Giacomo Casanova, qualche secolo dopo Tiziano, qualche secolo prima di noi. Potrei parlare – potrei – dei cibi afrodisiaci. Ma sarebbe come far ricorso oggi alla pillola blu. E torto – torto grave – si farebbe al “principe dei maccheroni”, come qualcuno appellò Casanova pensando al suo amore per la cucina napoletana. Sì perché il più famoso dei latin lover progettava le sue conquiste partendo dai cibi, ma non
usandoli banalmente come afrodisiaci. Piuttosto, come fanno i nostri magnifici cinque chef con le loro creazioni, ci dimostrò che la conquista (di una donna, del benessere, della felicità, del piacere, della voluttà, perfino del dolce far niente) necessita di un progetto partendo dallo studio della preda (oggi parleremmo di “target” da raggiungere). E così eccolo spiegarci – copio – che il colore delle chiome e la carnagione dell’oggetto di desiderio esigono menù differenti. Per le bionde, in tavola frutti di mare, filetto di sogliola al burro, pollo lesso, formaggi di gusto leggero, dolci fondenti, accompagnati da vino bianco a poca gradazione alcolica…” . E continua su questa strada Ottaviano. Dopo le pagine dedicate ai cinque chef, nell’ultima parte il testo propone una ricerca di alcuni chef triestini che hanno lavorato alla traduzione, riscrittura e aggiornamento di alcune ricette codificate e scritte nei più antichi testi italiani di gastronomia, pubblicati tra il XV e il XVIII secolo. La ricerca realizzata non propone una semplice trascrizione, bensì un adeguamento alle categorie gustative dell’uomo d’oggi, alle tecniche nel frattempo sopraggiunte e alle necessarie tarature caloriche. Nelle pagine a seguire vi proponiamo un estratto sul lavoro dello chef Simone Padoan, alcune immagine dei quadri raccontati ed infine un paio delle ricette storiche rivisitate.
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Cinque pezzi facili
di Simone Padoan, locale I Tigli Via Camporosolo, 11 - San Bonifacio (VR). Tel 045.6102606
Nella mia pizzeria siamo abituati a servire a pezzi ciò che ci viene chiesto. Se per esempio tre clienti chiedono tre pizze diverse dovranno assaggiare anche quelle degli altri. Mi sembra una buona forma di condivisione, e viviamo in un’epoca in cui ciò è ritenuto un valore, pare. Io la considero davvero una forma di civiltà, specie a tavola. Ma si tratta anche del nucleo profondo di ogni rapporto importante, tanto più in amore, in ciò che lega due persone. I Cinque pezzi facili del titolo, qualcuno forse lo ricorderà, rimandano a un film, e il film a sua volta rinvia alla musica di Chopin. Anche qui si tratta di una condivisione, di una contaminazione: uno dei criteri che ispira ogni mia proposta. Non è vero che siano proprio facili: si mangiano facilmente, questo sì, e credo anche che rappresentino un’efficace modalità di risveglio, se uno non deve proprio correre subito in ufficio. E poi un simile inizio di giornata può certamente farci risparmiare tutto il tempo del pranzo. La preparazione è un po’ più complicata.
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Dolce, sapido, acidulo, fresco… Solido, liquido. Cromatico. Gli chef non si occupano quasi mai di prime colazioni. Se lo possono permettere, se non lavorano all’interno di un albergo, ma anche in quel caso si è convinti che la cosa migliore sia lasciare la libertà di scelta al cliente. Spesso succede che il cliente sbagli, per troppo appetito, per golosità, per la lentezza del risveglio. La mia prima colazione può essere mangiata anche in un momento diverso della giornata, anche a metà pomeriggio, o sostituire uno dei due pasti principali: però ho cercato di studiare un equilibrio convincente, nelle densità e nei sapori, nei colori e nelle forme. C’è probabilmente una più giusta sequenza nel consumare questo ricco brunch (l’insalata, la focaccia con l’astice, la brioche con il carpaccio di manzo, il panettoncino: il bloody mary può accompagnare ogni fase), ma anche confondendo l’ordine di apparizione dei fattori, il risultato all’interno del nostro stomaco dovrebbe essere lo stesso. Convincente. Credo infine che sia importante usare le mani e solo aiutarsi con le posate: per millenni gli uomini non hanno adoperato altro, e credo che questo abbia addirittura accentuato la nostra percezione del gusto di prodotti magari semplici, anche già preparati.
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Un estratto delle pagine del libro
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Un estratto delle pagine del libro
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Alessio Cazzador e Roberto Ubaldini Ristorante Al Bagatto, Trieste
SANDWICH DI PAN SPEZIALE CON MERINGA ALL’ITALIANA INGREDIENTI: (6 persone)
per il pan speziale • 100 g di farina • 0,75 dl di acqua bollente • 65 g di miele • 50 g di zucchero • 1/2 cucchiaino di bicarbonato • 40 g di uva di Corinto ammorbidita in acqua tiepida • 40 g di mandorle pelate • 40 g di pinoli • 25 g di cedro candito a pezzettini • 40 g di cioccolato per copertura a scaglie • 25 g di scorza d’arancia candita • sambuca • cannella in polvere • sale, burro per la tortiera
PROCEDIMENTO:
Versate in una terrina il miele, lo zucchero, il bicarbonato e un cucchiaino di sambuca e versatevi sopra l’acqua bollente continuando a mescolare. Unite poco per volta la farina facendola scendere lentamente a pioggia e lavorate energicamente il composto con il cucchiaio di legno. Strizzate l’uva di Corinto e aggiungetela al composto con le mandorle, i pinoli, il cedro, il cioccolato, una presa di cannella in polvere e un pizzico di sale. Imburrate uno stampo rettangolare e versatevi il composto, livellandone la superficie sulla quale distribuirete l’arancia candita. Passate in forno già caldo a 190° e lasciate cuocere il dolce per circa 40’ o fino a
per la meringa all’italiana • 150 g di albume • 300 g di zucchero • 0,80 dl di acqua
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quando diventerà asciutto e di un bel colore dorato scuro. Estraetelo dalla tortiera e quindi fatelo raffreddare completamente. Scaldate l’acqua con lo zucchero portando a 121° (verificate la temperatura con un termometro da cucina). Montate leggermente gli albumi con la frusta elettrica e versatevi a filo lo sciroppo di acqua e zucchero ottenendo così la meringa all’italiana. Tagliate a fette il pan speziato e dividete ciascuna fetta a metà. Inserite la meringa all’italiana con un sac à poche tra due fettine di pan speziale, quindi infornate il sandwich così ottenuto a 70° per 2 ore. Potete servire accompagnando con una riduzione di vino rosso e decorando il piatto a piacere.
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Michael Tozza Enoteca Ristorante Nettare DiVino, Trieste
MILLEFOGLIE CON CONFETTURA DI MELE INGREDIENTI: (4 persone)
• 1 kg di mele Appia • 400 g di pere • 1 arancia • 1 limone • 6 foglie di alloro • cannella in polvere
PROCEDIMENTO:
Sbucciate le mele e le pere e grattugiatele assieme in una ciotola stando attenti che non vi entrino anche i semi. Unitevi la scorza di limone e di arancia grattugiata (evitando la parte bianca perché amara) e le foglie di alloro. Lasciate riposare in frigorifero per 2 giorni. Una volta trascorso questo tempo, trasferite il composto di mele e pere in un tegamino con
per la salsa • 4 mele • 60 g di burro • 40 g di zucchero • scorza di limone e arancia • cannella in stecca
• 1 foglio di pasta sfoglia già pronta
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1 l di acqua e cuocete a fiamma dolce per un’ora e mezza. Aggiungete un po’ di cannella in polvere, versate il composto in un contenito-
re, fate raffreddare e trasferite in frigorifero. Nel frattempo sbucciate le quattro mele e tagliatele a spicchi molto sottili. Sciogliete il
burro in un padellino e saltate gli spicchi di mele con lo zucchero per qualche minuto. Scolate le mele dal burro e trasferitele in una ciotola; rimettete il padellino con il burro sul fuoco, grattugiatevi un po’ di scorza di arancia e di limone, unitevi qualche pezzetto di cannella in stecca e scaldate a fuoco dolce. Spennellate il foglio di pasta sfoglia con del burro fuso e un uovo intero sbattuto e cuo-
cetelo in forno a 180° fino a quando sarà dorato. Estraetelo dal forno e tagliatelo in tre rettangoli. Disponete il primo rettangolo di pasta sfoglia sul piatto e cospargetelo con uno strato di confettura di mele e pere; adagiate sopra il secondo rettangolo di pasta sfoglia e spalmatelo con un altro strato di confettura e quindi con uno strato di mele a spicchi; posizionate un ultimo rettangolo di pasta sfoglia e spolverate con dello zucchero a velo. Concludete con qualche cucchiaino di burro aromatizzato con le scorze degli agrumi.
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Prodotti tipici invernali Il calendario di appuntamenti di Con i Piedi per Terra, la trasmissione televisiva dedicata all’agricolture in Emilia Romagna, questo mese si dedica alla scoperta dei prodotti tipici dell’inverno Ogni trasmissione è visibile su Telesanterno, Telecentro, Telestense, sul circuito nazionale Odeon TV e anche su satellite in chiaro 864, e sul web www.conipiediperterra.com. Per l’Emilia Romagna un canale tematico: Antenna Verde.
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E
’ il periodo più goloso dell’anno, durante il quale i consumi salgono (soprattutto quelli alimentari) e i prodotti di qualità, DOP ed IGP in particolare, vivono il loro momento d’oro, in tavola, nelle ceste, come acquisto e come regalo. Con i piedi per terra seguirà la preparazione dei più significativi prodotti agroalimentari di fine anno: per la frutta regna sovrano il kiwi, tra l’altro una delle varietà che ci vede leader indiscussi e una delle poche remunerative per i coltivatori. Per i prodotti della salumeria, i festeggiamenti per i 500 anni del cotechino, anche per questo una delle IGP più pregiate del modenese. Le
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due eccellenze gastronomiche che allietano le tavole degli italiani durante le feste (cotechino e fratello zampone), videro la luce 500 anni fa nelle terre modenesi. Si deve ringraziare l’ingegnosità del popolo di Mirandola che, per sottrarre i maiali al nemico invasore, ne insaccarono le carni macinate nella cotenna e nelle zampe: un’astuzia che oggi ci consente ancora di gustare queste due prelibatezze, orgogliosi della loro italianità. Dopo 5 secoli i due illustri insaccati sono ancora preparati secondo la ricetta di un tempo, con in più la garanzia della certificazione IGP, che assicura che lo Zampone Modena e il Cotechino Modena siano proprio quelli nati dalla sapiente miscela di carni e aromi in uso nel lontano Rinascimento. A Cremona si festeggia il torrone artigianale, a Cesena il mondo dei fiori da mangiare, l‘Italian masters of Taste di Cna e naturalmente il natale le feste e i menù, in compagnia dei migliori ristoratori d’Italia.
Appuntamenti per golosi
ANNALISA BORSARI
Con i mesi di novembre e dicembre si conclude Wine Food Festival, il calendario di appuntamenti enogastronomici promossi da APT Emilia Romagna, vi segnaliamo gli ultimi eventi da non mancare
L
a seconda metà di novembre in Emilia Romagna, offre davvero tante possibilità di svago agli appassionati della buona tavola, s’inzia con la Festa dell’Olio e dell’Olivo di Longiano, che inaugurata l’11 novembre proseguirà fino al 20 prevedendo un angolo particolare per l’incontro tra olio e baccalà, in collaborazione con il Reale Consolato di Norvegia. Fino al 20 novembre sarà anche possibile degustare l’Ambra di Talamello, il formaggio di fossa prodotto in questa località del riminese: la tipica lavorazione prescrive che in agosto le forme vengano riposte nelle fosse di arenaria di Talamello ed essere lasciate a riposo fino a novembre, quando saranno estratte e pronte per la tavola; questa pratica risale al 1400, quando i contadini custodivano il formaggio nelle fosse per preservarlo dalle razzie delle truppe militari. A fine novembre a Mondaino, sempre nel riminese, protagonista il tartufo con la
consueta mostra mercato; spostandoci in provincia di Reggio Emilia, ultimo appuntamento del 2011 è la XII edizione del Cicciolo d’Oro durante la quale, come ogni anno, gli artigiani locali produrranno il supercicciolo da guiness. La manifestazione sarà arricchita da un concorso letterario con giuria che avrà come presidente lo scrittore Giuseppe Pederiali. Gli altri appuntamenti in calendario:
18-21 novembre Enologica e salone del prodotto tipico della Romagna, Faenza (RA) 20-27 novembre e 4 dicembre Fiera del Formaggio di Fossa, Sogliano al Rubicone (FC) 20-27 novembre Fiera dell’Oliva e dei Prodotti Autunnali, Coriano (RN) 20-27 novembre Fossa Tartufo e Cerere, Mondaino (RN) 27 novembre Sagra dell’Olivo e dell’Olio, Brisighella (RA) 4 dicembre Super Zampone, Castelnuovo Rangone (MO) 11 dicembre XII Edizione Cicciolo d’Oro, Campagnola (RE)
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DONATO TROIANO E VALERIA BERTOCCHI
Masseria Torre Coccaro Contrada Coccaro, 8 72015 Savelletri di Fasano (Brindisi) Tel +39 080.482.93.10
Masseria Coccaro, vista principale
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Alla Masseria Torre Coccaro Anche in inverno si può godere questo autentico angolo di paradiso e assaporare l’eccellente cucina con i migliori sapori della tradizione pugliese, ricca di prodotti a km 0 Masseria Torre Coccaro, cinque stelle lusso, è una magia tutta storia ed esclusività. Sotto il sole sembra un miraggio esotico, ma diventa orientale alla luce della luna, con il suo panorama di ulivi centenari e con una scenografica e bellissima piscina-laghetto. In Puglia per viaggiare nel tempo basta soggiornare in questa Masseria del settecento per rivivere il passato con le comodità e lo charme del terzo millennio. Qui abita la storia e la cultura, si trova nella zona di Fasano, in provincia di Brindisi, un
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territorio che costeggia il mare nell’Alto Salento e si spinge nell’entroterra fino ai piedi delle Murge. La Masseria Torre Coccaro è stata inaugurata nel 2003 e recentemente è stata votata tra i migliori 100 alberghi al mondo dalla rivista Tatler. “Questa Masseria a inizio novecento faceva capo ad un grande latifondista del posto, il marchese Palmieri, originario di Napoli, che possedeva tutte le terre tra qui e Monopoli, sulla costa, a 10 km di distanza” ci dice Vittorio Muolo che con la sua famiglia è proprietario e gestore di questa Masseria e della vicina Masseria Torre Maizza, oltre all’Hotel Sierra Silvana a Selva di Fasano, e all’Hotel del Levante a Torre Canne sulla costa. Proprio all’interno della struttura antica di Torre Coccaro, che si staglia tra ulivi secolari, con gli ampi spazi che vanno dalla fattoria al fienile, dalla stalla alla cappella, si trova un ristorante dove la cucina pugliese si esprime al suo massimo livello. Questi i protagonisti dello star bene a tavola: in cucina lo chef
Donato Vannella e il pasticciere Martino Neglia, in sala Ottavio Marolla, talentuoso e veterano maitre della struttura (lavora qui da otto anni) e Saverio Marasciulo, esperto uomo di sala. Vittorio Muolo a ragione può andar fiero, non solo delle sue belle location, ma anche della bravura di questi professionisti della tavola. La qualità della cucina comincia dalla scelta delle materie prime che per buona parte, almeno per gli ortaggi, dal finocchio alle fave, dalle zucchine alle erbe aromatiche, dalle melanzane ai piselli, dai cavoli ai pomodori, fino all’uva da tavola e agli agrumi, provengono dall’antico orto della Masseria curata da Felice, un contadino albanese che da anni presta la sua opera in questo luogo. Gli altri prodotti invece arrivano dalle masserie vicine o da agricoltori e pescivendoli locali. La carne proviene da animali allevati nei dintorni di Fasano. Verdura, pesce e carne sono accostati con maestria dal bravo Vannella che propone solo piatti che affondano le radici nel territorio, con un’offerta di cucina che sintetizza lo spirito e lo spartito del buono della regione Puglia. Una cucina tradizionale proposta al massimo livello per soddisfare i palati più esigenti. Ogni giorno c’è uno speciale menu oltre a quello tradizionale. Alcuni antipasti e primi piatti: Quenelle di ricotta in crosta di mandorle con coulisse di pomodoro al basilico di Masseria, Verdure alla griglia con mozzarelle bufala, Purea di fave con gamberi e cipolla rossa di Acquaviva, Insalatina calda di
polpo e patate aromatizzato alla menta con salse di capperi della Masseria, Paccheri con bocconcini di scorfano, pomodorini di Torre Guaceto, capperi di Masseria ed olio al prezzemolo, Ravioli di farro con melanzane e ricotta di bufala con salsa di pomodorini, basilico e cacio ricotta affumicato. Per un gran finale, che spiana la strada alla sorpresa e all’emozione, vi aspetta un dolce a tutto cioccolato: Armonia al cioccolato: Tortino caldo, Gelato al cioccolato, Tronchetto e Mousse al cioccolato con Crumble al Cocco. Ed ora non vi rimane che prenotare una vacanza in Masseria, perchè è tutta un’altra storia! Nelle vicinanze della Masseria Torre Coccaro, per scoprire le Meraviglie della Puglia d’inverno
La Masseria Torre Coccaro è situata alle porte di Savelletri, piccolo paese lungo la costa della Puglia, tra Bari e Brindisi, in una delle aree di maggior interesse della Puglia. Nelle immediate vicinanze ci sono infatti alcuni tra i luoghi più celebri della regione come Alberobello, Ostuni, Cisternino, le Grotte di Castellana e Martina Franca. La Masseria Torre offre confort particolarmente attenti anche alla stagione invernale, con le camere dotate di romantici caminetti e grandi vasche idromassaggio. Le proposte per le prossime feste. NATALE 2011: 2 pernottamenti in camera doppia con prima colazione. Cena della vigilia (bevande incluse) e Accesso alla SPA Aveda (piscina, bagno turco, jacuzzi e palestra) Costo per persona in camera Classic Euro 330. Pacchetto bambini dai 3 ai 12 anni Euro 250,00 per persona se condividono la camera con i genitori. CAPODANNO 2012: 3 pernottamenti in camera doppia. Gala dinner di San Silvestro con musica dal vivo (bevande incluse). Accesso alla SPA Aveda (piscina coperta, bagno turco, jacuzzi e palestra). Costo per persona in camera Classic Euro 715,00. EPIFANIA 2012: 2 Pernottamenti e prima colazione. Welcome Drink. 1 cena Gourmet nel ristorante Egnathia (bevande escluse). Accesso al Centro Benessere con uso della piscina coperta, idromassaggio, bagno turco e palestra Technogym; In camera doppia Classic Euro 245,00 per persona. Pacchetto bambini 3-12 anni in camera con genitori Euro 170,00. novembre/dicembre 2011
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Le domande delle piccole imprese Quali sfide prevede il futuro per le PMI? I nostri due esperti ci aiuteranno a tracciare un quadro della situazione rispondendo a qualche breve quesito Il Dott. Fabio Adelgardi ex Credit Manager di primario gruppo industriale reggiano, poi divenuto consulente per LINCE SPA prima e CERVED GROUP dopo la fusione che ha interessato LINCE SPA e CERVED SPA creando il più importante gruppo del settore nel panorama italiano.
Il Sig. Vincenzo Sereno da tre anni in LINCE/CERVED GROUP e già considerato come punto di riferimento in materia per la sua attività di consulenza.
A
bbiamo posto ai nostri esperti alcune domande sul futuro delle piccole e medie imprese: banche e imprese troveranno un punto d’incontro? I prezzi delle materie prime che direzione prenderanno? Quali prove dovrà superare l’euro per sopravvivere? Le pmi sapranno scegliere se investire nei Paesi emergenti? Eccovi riassunto quanto ci hanno detto. Non mancano deboli segnali di ripresa per l’economia mondiale, tuttavia il destino delle pmi dipende da quali saranno le risposte alle domande sopra riportate. Sul fronte dell’ accesso al cre-
Imprese in default per macro area geografica (valori %)
dito gli esperti prevedono un anno di svolta anche se permarranno limitazioni; per le materie prime si ipotizzano ulteriori accelerazioni di prezzo, mentre per luce e gas gli aumenti dovrebbero mantenersi contenuti. L’Europa vive forti momenti di tensione e l’unione monetaria viene messa alla prova piuttosto duramente. Infine, le pmi italiane dovranno essere in grado di cogliere le opportunità offerte da Egitto, Vietnam, Turchia, Brasile, Corea del Sud e Polonia, i cosiddetti “Paesi emergenti avanzati”. Queste le sfide delle pmi per il 2011 e 2012.
Questo è il rischio crediti oggi in Italia nel suo settore. Forse non sa che esistono società con equipe di professionisti che hanno messo a punto strumenti per anticipare e prevenire i possibili problemi. Se vuole saperne di più può contattarci per un’analisi gratuita del rischio interno del suo portafoglio clienti e per le referenze del suo settore. Dott. Fabio Adelgardi f.adelgardi@lince.it - 328 9491708 Vincenzo Sereno v.sereno@lince.it – 338 32545873
TUTTO WEEKEND rassegna di eventi, sagre, manifestazioni enogastronomiche e appuntamenti per la cultura e il tempo libero in collaborazione con il portale www.prodottitipici.com Per segnalare un evento Tel. 051 736770
OTTOBRE 2011 01-02/10 Piozzo (CN) XVIIIª Fiera Regionale della Zucca Info: Pro Loco 349 2798710
08-09/10 Casez di Sanzeno (TN) 7ª Pomaria Info: Az. Turist. 0463 830133
01-02/10 Saint Vincent (AO) 12ª Festa dell’Uva Info: Ass. Viticoltori 0166 537306
13-16 e 20-23/10 Rosa di S.Vito T.to (PN) Sagra del Pan-Zal Info: Pro Loco 0434 875075
01-02/10 Castell’Arquato (PC) Festa delle Castagne Info: IAT 0523 803215
01-04/10 Spilamberto (MO) Vetrine Motori e Balsamici Sapori Info: IAT 059 781270
14-23/10 Perugia (PG) 18° Eurochocolate Info: Sedicieventi 075 5025880
02/10 Rovegno (GE) 42ª Sagra della Patata Info: Comune 010 955033
22-23/10 Genova (GE) 2° ChocoFantasy Info: Pro Loco 345 2310074
01-02 e 08-09/ Comacchio (FE) Sagra dell’Anguilla Info: IAT 0533 314154
07-09/10 Castegnato (BS) XVI° Franciacorta in Bianco Info: Castegnato Serv. 030 2146881 07-09/10 Casalmaggiore (CR) Chocomoments Info: 0381 938333
07-09/10 Mel (BL) Mele a Mel Info: Pro Loco Zumellese 333 9102177
07-09/10 Fénis (AO) 51ª Castagna d’Oro Info: Comune 0165 769869
07-09 e 14-16/10 Bondeno (FE) Xª PANarea – Festa del Pane Info: Comune 0532 89924
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08/10-13/11 Alba (CN) 81ª Fiera Int.Tartufo Bianco Info: Cons.Turist. 0173 366328
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17-20/10 Bolzano (BZ) 35° Hotel e 8ªAutochtona Info: Fiera 0471 516000
23/ 10 Soncino (CR) 45ª Sagra delle Radici Info: Pro Loco 0374 84883
27-30/ 10 Cremona (CR) 66ª Fiera Int. Bovino da Latte Info: Fiera 0372 598011
28-30/ 10 Valle di Maddaloni (CE) XIXª Sagra della Mela Annurca Info: Pro Loco 0823 336552
29-30/10 Châtillon (AO) 8ª Sagra del Miele e dei suoi derivati Info: 329 3865407
In vetrina Dal 30 settembre al 2 ottobre, Zola Predosa (BO) V° Mortadella, Please Info: IAT 051 752472 Il Festival Internazionale della Mortadella, giunto alla 5ª edizione, si svolge nel centro cittadino di Zola Predosa, sede di due delle aziende leader mondiali di questo salume, che è anche il prodotto gastronomico bolognese più rappresentativo, conosciuto infatti in tutto il mondo come "la Bologna". Durante il festival, Zola si trasforma in “Cittadella del Gusto” dove i visitatori possono gustare in sei diverse ricette la mortadella abbinata ad altri prodotti del territorio, in particolare i Vini DOC dei Colli Bolognesi, tra cui spicca il Pignoletto, vino autoctono ideale con la mortadella. L’evento è organizzato dalla Strada dei Vini e dei Sapori Città Castelli e Ciliegi, ma all’interno della Cittadella sono presenti anche soci produttori di Città del Vino, Movimento Turismo del Vino, Strade dei Vini e dei Sapori nazionali ed uno speciale gemellaggio con il tartufo.
Dal 14 al 16 ottobre, Merano (ME) 125ª Festa dell’Uva Info: Az. Turist. 0473 272000 Il dorato autunno meranese incornicia una delle massime espressioni delle tradizioni sudtirolesi: la Festa dell'Uva, una kermesse in cui per tre giorni, nel centro di Merano si accavallano folclore, musica tipica e gastronomia. Momento centrale della rassegna è la sfilata domenicale di carri e bande, mentre le bancarelle del tipico” mercatino della festa dell’uva” sono pronte ad offrire il meglio delle specialità gastronomiche locali. Ma ottobre è anche tempo di Törggelen, la tradizionale usanza sudtirolese legata alla cucina tipica stagionale e quindi alle merende a base di vino nuovo o mosto, castagne, speck, formaggi: una tradizione che viene onorata a partire dalla tarda mattinata nei locali dei Portici ed allietata dalla musica folcloristica tirolese delle bande che diffondono ritmi e arie fra strade e piazze del centro storico e sulle passeggiate che corrono lungo il fiume Passirio
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TUTTO WEEKEND NOVEMBRE 2011
MACELLERIA CILLO Ctr. Cortedona 20 82011 Airola (BN) Tel. & Fax 0823/714422 Cell. 335/454723 www.savigni.com www.salumificiocillo.it
04-07/11 Merano (ME) 20° Merano Int. Wine Festival Info: Gourmet’s Int. 0473 210011
17- 20/11 Imperia (IM) XIª OliOliva Info: Cam. Comm. 0183 793245
05-07/11 Milano (MI) 6ª Golosaria Info: Club di Papillon 0131 261670
18- 20/11 Bolzano (BZ) 8° Biolife Info: Fiera 0471 516000
04-07/11 Ravenna (RA) GiovinBacco –Sangiovese in Festa Info: 339 4703606
05-13/11 Cavour (TO) 32° Tuttomele Info: Pro Loco 0121 68194
05-20/11 Imola (BO) Baccanale 2011 Info: IAT 0542 602207
06 e 13/11 Tredozio (FC) 26ª Sagra del Bartolaccio Info: 334 3609032
18- 20/11 Lanciano (CH) 13ª AgroAlimenta Info: Fiera 0872 710500 18- 20/11 Faenza (RA) Enologica Info: Fiera 0546 621111
19- 20/11 Santa Lucia di Piave (TV) 1ª Golosissima Trivento Info: Il Mulino delle Idee 337 502010
11-13/11 Arezzo (AR) 10° AgrieTour Info: Fiere 0575 9361
19-20/11 Solarolo (RA) 16ª Sagra del Sabadò Info:Pro Loco 0546 53266
12-20/11 Talamello (RN) 26ª Fiera del Formaggio di Fossa Info: Comune 0541 920036
20/11 San Sebastiano Curone (AL) 28ª Fiera Nazionale del Tartufo Info: Comune 0131 786205
11-14/11 Cremona (CR) 8° Il BonTà e Cheese of the Year Info: Cremona Fiere 0372 598011
16- 20/11 Bologna (BO) 7° Cioccoshow Info: BF Servizi 051 282811
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18- 20/11 Cremona (CR) 10ª Festa del Torrone Info: Sgp Eventi 059 643664
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19-20 e 26-27/11 Valtopina (TV) 30ª Mostra Mercato Naz. del Tartufo Info: Comune 0742 751928
27-30/11 Longarone (BL) 52ª Mostra Int. Gelato Artigianale Info: Fiera 0437 577577
In vetrina
Dal 15 al 17 ottobre, Longarone (BL) 11° Sapori Italiani Info: Fiera 0437 577577 Questa rassegna è un’importante vetrina di presentazione delle principali produzioni agroalimentari di qualità provenienti da tutte le regioni italiane, con particolare riferimento alle aree della montagna dolomitica che hanno in Longarone il loro polo fieristico di riferimento. Assume risalto anche quest’anno lo spazio promozionale realizzato dalla Regione Veneto, all’interno del quale vengono presentate le produzioni più rinomate del territorio: prodotti tipici biologici, insaccati, prosciutti e speck, formaggi, vini e distillati, pane, pasta e prodotti da forno,confetture, salse e sughi, funghi e prodotti del sottobosco. Nel corso delle tre giornate sono previste degustazioni guidate, una rassegna dei vini veneti a cura dell’Associazione Italiana Sommeliers, un’area gelateria e pasticceria di Confartigianato alimentare, oltre a dibattiti ed incontri con i produttori.
Dal 28 ottobre al l’1 novembre, Cesenatico (FC) Il Pesce fa Festa Info: Uff. Turistico 0547 673287 A Cesenatico si scatena la voglia di pesce con questa iniziativa gastronomica patrocinata dal Comune, organizzata dal consorzio “ Le Città, i Mercati”, con la collaborazione di A.RI.CE. -Associazione dei ristoratori di Cesenatico- delle categorie economiche del territorio, della Cooperativa Pescatori di Cesenatico, dell’Associazione Centro Storico e che prevede un articolato programma. Nelle vie del centro storico della città vengono allestiti 14 punti ristoro dove si possono degustare i piatti della tradizione locale, come il fritto misto dell’Adriatico, il risotto alla pescatora, le seppie con i piselli e tante altre ricette, il tutto condito con intrattenimento musicale. É prevista inoltre una fiera con artigianato tradizionale e prodotti tipici. Con "Il Pesce fa Festa", Cesenatico diventa il polo d'attrazione per chi non sa rinunciare al sapore ed al profumo di mare.
Trattamenti gourmand corpo e viso al cioccolato, vino, tartufo e caviale
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Amministrazione - Abbonamenti Daniela Turrini amministrazione@degusta.it Servizi video - fotografici Francesco Valletta Progetto grafico Ran Studio (Forlì)
Stampa Filograf Litografia srl - Forlì
Collaborano Lorenzo Frassoldati, Luca Gardini, Gabriele Cremonini, Umberto Faedi, Luigi Ialuna, Piero Valdiserra, Pier Luigi Nanni, Michele Petrocelli, Riccardo Lagorio, Rita Borsari In questo numero Leila Salimbeni, Luisa Tomasini, Flaviano Lenzi, Antonio Mennella, vignette a cura di zap e ida autori di Agenda tiraMISU’
Numero ROC: 9559
Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
IL NOSTRO ATTEGGIAMENTO ETICO
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In redazione:
Gianluigi Veronesi Direttore e A.D.
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Daniela Turrini Ammistrazione
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Annalisa Borsari Redazione
Francesco Valletta Degusta TV