Laboratorio Prato | Giulio Giovannoni, Olivia Gori (a cura di)

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SERAFINA AMOROSO La città intermedia

La dimensione urbana della città-fabbrica è stata da sempre parte integrante della storia di Prato, ma a partire dagli anni 70, e soprattutto nel decennio tra il 1970 ed il 1980, il volto della città di Prato è cambiato radicalmente, sia dal punto di vista fisico-spaziale che sociale e produttivo. Nuovi insediamenti industriali iniziarono ad occupare precedenti zone agricole, orientandosi secondo le giaciture del sistema rurale preesistente; fra questi, il Macrolotto 1 divenne la più grande lottizzazione industriale realizzata in Italia in quegli anni, con un’estensione complessiva di 150 ettari, occupando un’ampia zona a sud del tracciato dell’autostrada A11 [1]. Attualmente, è in corso un’ulteriore trasformazione, che coinvolge sia la città che i suoi distretti produttivi. Le nuove sfide lanciate da questa evoluzione che proietta Prato verso il futuro non possono ignorare il destino del Distretto Tessile e del Pronto Moda (un nuovo distretto delle cui dinamiche i Macrolotti 1 e 2 sono i principali protagonisti), fortemente collegato alla presenza della comunità cinese. In particolare, il Macrolotto 1 si sta progressivamente specializzando nella commercializzazione del prodotto, rendendo sempre più plausibile l’ipotesi, già formulata nell’ambito degli indirizzi programmatici per la formazione del nuovo Piano Operativo, di sviluppare luoghi specifici per l’esposizione del prodotto. Il Macrolotto 1 appartiene ad una categoria ambigua di aree, quelle della città ‘intermedia’ - prendendo in prestito la definizione che ne dà Maurizio Bradaschia (2003) - in cui possono prendere forma nuove urbanità che, pur rientrando nella dimensione transnazionale delle ‘geografie inter-città’ teorizzate da Saskia Sassen (2005, 2006, 2010) - in cui al contesto urbano locale si sovrappone una rete di relazioni intangibili ed immateriali - restano profondamente ancorate alle dinamiche determinate dalla gestione locale delle ricadute spaziali derivanti sia da attività economiche formali ed informali che dalla coesistenza di una dimensione multi-culturale [2]. Ma le potenzialità di trasformazione del Macrolotto 1 si iscrivono anche in un’altra dimensione, quella di un nuovo tema progettuale per l’architettura del XXI secolo: la terziarizzazione dei distretti industriali e tutto quello che

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ciò comporta, ovvero la re-invenzione di spazi un tempo marginali e che oggi, essendo in corso di trasformazione e sfidando, pertanto, le categorie classificatorie tradizionali, si muovono quasi ai limiti della legalità e reclamano un nuovo ruolo urbano. Nel caso del Macrolotto 1 la sfida progettuale risiede, inoltre, in una questione di scala: con il suo perimetro da castrum romano definito dalla immensa mole orizzontale dei suoi capannoni e dal reticolo delle sue strade - la cui sezione trasversale appare talvolta ‘sovradimensionata’, rispetto alle esigenze strettamente funzionali ed ‘ufficiali’ dell’area, a tal punto da essere utilizzata ed ‘attivata’ da usi ‘informali’, come la vendita al dettaglio di prodotti agricoli o lo street-food - il Macrolotto 1 genera una sensazione di straniamento urbano che invita ad un possibile ripensamento delle dinamiche di funzionamento della relazione tra produzione, commercializzazione e consumo. Nell’ambito di un sistema multicentrale e policentrico come quello della realtà pratese - già riconosciuto, anche a livello di pianificazione, a partire dal piano Bardazzi Savioli (1954 -1956), e confermato successivamente dal piano Secchi (1993/1996) e dal piano strutturale attuale, caratterizzato da una costellazione di piccoli e grandi nodi (il centro storico; la città in espansione; le ‘frazioni’ ed i centri minori consolidati, dotati di una forte dimensione identitaria, ai quali difficilmente si può applicare la categoria definitoria di ‘periferia’; il paesaggio agrario; le aree industriali) cui si sovrappone una rete di sistemi (infrastrutturali) lineari - il Macrolotto 1 si configura come un potenziale contesto ‘allargato’ della città, all’interno del quale si possono mettere in pratica delle strategie progettuali (basate sul riciclaggio creativo del costruito e sulla realizzazione di spazi pubblici e collettivi) in grado di migliorare le potenzialità di adattamento ai cambiamenti in atto e futuri, ovvero la resilienza di tutto il sistema urbano-territoriale. Il Macrolotto 1 presenta delle specificità di rilievo che dipendono da molti fattori; in primo luogo, non si tratta di un contesto industriale in via di dismissione, bensì piuttosto in via di trasformazione: grandi contenitori spaziali concepiti per un determinato tipo di programmi funzionali si preparano a ospitarne di nuovi, passando dalla produzione alla commercializzazione del prodotto. Si tratta, inoltre, di un contesto urbano vivo, con ritmi


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