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Ivano Mortaruolo

Diamante quadricolore Erythrura prasina (Sparrman, 1788)

Considerazioni di carattere tassonomico e storico: digressioni e postille

di IVANOMORTARUOLO, foto AUTORIVARI

Il Diamante quadricolore occupa variabilmente un vasto areale che interessa Thailandia, Malesia, Laos, Cambogia, Vietnam, Giava, Sumatra, Borneo e anche le Filippine (segnatamente l’isola di Palawan)(1). Il suo habitat è sostanzialmente costituito da boscaglie di bambù, aree aperte adiacenti a foreste primarie, foreste secondarie, risaie. Fortunatamente il suo statusnon è preoccupante, anzi, in alcune zone, a causa delle sue incursioni nelle risaie, è considerato un bird pest, “riconoscimento” che condivide con il Padda Padda oryzivora. Data la consistente presenza di que-

In alcune zone, a causa delle sue incursioni nelle risaie, è considerato un bird pest

Una femmina e due maschi (uno a fenotipo “ventre giallo”) di Diamante quadricolore della sottospecie nominale, foto e all. Vittorio Ferrara

Il volatile corrispondente al n. 4 è un Diamante quadricolore. Incisione su rame realizzata da François-Nicolas Martinet e tratta dall’opera Ornithologie(volume III - 1760) di Mathurin Jacques Brisson (1723-1806), fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

sto volatile in ampie zone del Sud-Est Asiatico, si potrebbe credere che i vari aspetti della sua biologia siano ormai ben noti. Purtroppo, sono ancora da chiarire i movimenti effettuati in natura e le peculiarità dell’habitat (Goodwin, Estrildid finches of the world, 1982). È ipotizzabile che le osservazioni vengano rese più difficoltose dalla natura tendenzialmente timorosa e diffidente del Diamante quadricolore e dai frequenti spostamenti dettati dall’esigenza di reperire riso, semi di bambù e di varie piante erbacee. Questa realtà ci viene in qualche modo proposta anche da Bertram Smythies, autore del libro Birds of Borneo (pubblicato nel 1960 e con una terza edizione nel 1981), il quale, dopo aver evidenziato la scarsità e l’irregolarità degli avvistamenti, si lascia andare a due disorientanti interrogativi (naturalmente, per chi si aspetta informazioni dal volume): Where do our birds breed? What are their movements? Se questa è l’attuale o la recente situazione, non ci stupiscono i ripensamenti, le contraddizioni e le inesattezze, anche dal punto di vista iconografico, dei primi testi ornitologici. Ciò posto, tenterò di ripercorrere a ritroso, lungo il filo della letteratura ornitologica, i tratti più salienti della storia tassonomica del Diamante quadricolore. Non si hanno notizie precise sulle prime importazioni in Europa, ma si presume che tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento qualche esemplare possa aver trovato ospitalità presso vari ornitofili. Si dovette però attendere la seconda metà del secolo XVIII per la pubblicazione di illustrazioni (le prime ornitografie avevano valore per lo più esornativo) e di informazioni (esclusivamente di natura fenotipica, in quanto si ignoravano pressoché del tutto le abitudini) su tale specie. Una delle maggiori opere del Settecento è l’Ornithologie,composta da sei volumi, con un numero di pagine

Sopra: Ritratto del medico e naturalista Anders Erikson Sparrman (1748-1820). Segnò una tappa decisiva nella formazione della nomenclatura e tassonomia del Diamante quadricolore. Fonte iconografica: Wikipedia A lato: Nel 1788 Anders Erikson Sparrman (1748-1820) corredò con questa ornitografia la descrizione del Diamante quadricolore, al quale attribuì il nome scientifico di Loxia prasina. Fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

Non si hanno notizie precise sulle prime importazioni in Europa

Si dovette attendere la seconda metà del secolo XVIII per la pubblicazione di illustrazioni

intorno alle quattromila. L’autore è Mathurin Jacques Brisson (17231806), uno zoologo e fisico caratterizzatosi per alcune interessanti iniziative tassonomiche, che si possono compendiare nella descrizione di numerose nuove specie, nella costituzione di 26 ordini e 115 generi (Linneo, per converso, ne propose rispettivamente 6 e 51) e nella copiosa e attenta descrizione di ogni singolotaxon (Linneo anche su questo aspetto si differenziava, perché le sue analisi fenotipiche sono sintetiche, quasi “scheletriche”). Il Diamante quadricolore è presentato nelle pagine 198-200 del volume III (1760) con il nome di Verdier de Java e la denominazione scientifica di Chloris javanensis. A corredo della trattazione vi è la tavola VII (figura n. 4) nella quale il volatile è raffigurato in bianco e nero e in maniera un po’ approssimativa; per giunta, mancano le due penne centrali e sporgenti della coda. L’autore dell’ornitografia è François-Nicolas Martinet (c.17601800), un reputato artista che collaborò anche con Buffon. È noto che Carlo Linneo (1707-1778) fosse solito incoraggiare i propri allievi (ai quali veniva attribuito l’appellativo di “apostoli”) ad aggregarsi a spedizioni, sia commerciali sia scientifiche, al fine di poter avere l’opportunità di scoprire e catalogare nuove specie animali e vegetali. Uno dei più giovani e intraprendenti discepoli del “Grande Nomenclatore” fu lo svedese Anders Erikson Sparrman (17481820). A quattordici anni iniziò gli studi di medicina presso l’Università di Uppsala (Svezia), interrotti però tre anni dopo per imbarcarsi alla volta di Canton (Cina) e al seguito del comandante Carl Gustav Ekeberg (17161784), amico di Linneo. Tornato in patria, completò il percorso scolastico ed effettuò altri viaggi, uno dei quali fu la spedizione nei mari del sud guidata da James Cook (1728-1779). Ebbe occasione, così, di raccogliere un buon numero di reperti zoologici e botanici e di arricchire la propria preparazione scientifica. Ma al di là di queste pregevoli peculiarità, Sparrman merita una particolare menzione e ospitalità in questa nota perché segna un’importante tappa nell’iterche condurrà alla formazione dell’attuale nomenclatura scientifica e della relativa collocazione tassonomica. L’autore, infatti, nel 1788 descrive il Diamante quadricolore col nome di Loxiaprasina (Museum Carl sonianum - in quo novas et selectas aves- fascicolo III, pagina VXXII) e propone un’ornitografia (con lo stesso n. 72) nella quale viene raffigurato un soggetto con caratteristiche simili a una femmina. Sul frontespizio dell’opera viene indicato che il disegno è stato realizzato ad vivum; nono-

Nonostante gli evidenti deficit artistici, questa tavola ha il merito di proporre due maschi (di cui uno con morfologia “ventre giallo”) e una femmina di Diamante quadricolore e, nel contempo, di offrire sufficienti elementi per la determinazione specifica. Tratta dall’opera Nouveau recueil de plantes coloriées d’oiseaux (1838) di Coenraad Jacob Temminck (17781858), fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

stante la rappresentazione abbia ben poco di realistico. La scelta del nome scientifico non presenta grosse difficoltà etimologiche, in quanto loxia sta a indicare “storto, obliquo” (dal greco loxos). Forse il lettore sarà sorpreso nel constatare che tale denominazione attualmente sia attribuita solo al gruppo dei Crocieri il cui becco è, appunto, incrociato. Ma Linneo incluse in tale taxon anche specie con regolare morfologia delle ranfoteche (si pensi, ad esempio, a uccelli molto diversi come il Ciuffolotto, il Cardinale rosso e il Cappuccino tricolore). Pertanto Sparrman, pure in questo caso, non fa altro che seguire le orme del Maestro. Mentre il nome specifico diprasina(di origine greca e latina) sta a indicare il colore prevalente della livrea, ovvero il verde. Da rilevare che nella lingua italiana con il termine “prasino” s’intende una particolare tonalità del verde. Invito, a questo punto, il lettore a porre attenzione al titolo di questo articolo, nel quale il Diamante quadricolore è indicato come Erythrura prasina (Sparrman, 1788).Ciò perché la comunità scientifica riconosce all’autore svedese il merito di aver per primo descritto questa specie, ma, come verrà chiarito a breve, successivamente la denominazione subì ulteriori variazioni. Difatti, in base all’articolo 51.3 dell’International code of zoological nomenclature, il nome del naturalista che per primo ha effettuato la descrizione va posto fra parentesi se la denominazione generica viene in seguito cambiata (in questo caso si è passati da Loxia a Erythrura). L’attuale nomenclatura scientifica fu adottata intorno agli anni Cinquanta del secolo XIX. Fra i primi ornitologi a optare per questo orientamento tassonomico figura il nipote di Napoleone Bonaparte, ovvero il principe di Canino Carlo Luciano Bonaparte (1803-1857). Costui s’impose nel mondo scientifico di allora per la sua non comune preparazione e la rilevante mole di opere zoologiche scritte. Fu membro di oltre ottanta accademie (buona parte delle quali ubicate all’estero) e istituì, dal 1839 al 1847, un congresso di scienziati italiani: un’iniziativa che nel nostro Paese aveva carattere di assoluta novità e che diede un potente impulso allo scambio culturale. Nel 1850 pubblicòil Conspectus generum avium, un’opera nella quale si dà ordine alla classificazione di tutte le specie ornitiche allora conosciute e nella quale, appunto, a pag. 457 viene riportata la denominazione di Erythrura prasina (ricordo che erythruraè il frutto dell’unione di due parole greche: erythros = rosso e oura = coda). Un reperto iconografico, realizzato infelicemente dal punto di vista artistico ma, nel contempo, in grado di offrire sufficienti indicazioni fenotipiche sulla specie di appartenenza viene offerto dall’olandese Coenraad

Gros-Bec de Coromandel (Vescovo del Capo); Gros-Bec de Java (Diamante quadricolore). Planche 101 da Buffon Georges Louis Leclerc comte de, Histoire naturelle des oiseaux. Paris, Imprimerie Royale, 1771-1786 (Biblioteca del Museo di Storia Naturale di Milano, vol. III, inventario: 13444, collocazione: RAR.A.105).

L’attuale nomenclatura scientifica fu adottata intorno agli anni Cinquanta del secolo XIX

Jacob Temminck (1778-1858), con la collaborazione del barone Meiffren Laugier de Chartrouse (1770-1832), nell’opera Nouveau recueil de plantes coloriées d’oiseaux(1838)(2), volume III. L’ornitografia ritrae infatti due maschi, di cui uno con morfologia “ventre giallo” (rara in natura), insieme a una femmina (tavola n. 96, pagina 275). Ma l’autore (pagine 273-274) non si limita a una muta presentazione, in quanto afferma che la rappresentazione grafica proposta sia più realistica di quella presente nelle planches enluminéesdel Buffon con il nome di Gros-bec de Java (tra breve mi occuperò anche di questa tavola). Inoltre, attribuisce al volatile la denominazione volgare di Gros-bec longcônee indica il nome scientifico di Fringilla sphecura (designazione che era stata proposta dall’autore anche in precedenti occasioni: 1821, 1824).Ciononostante, si potrebbe ipotizzare che l’epiteto (sphecura) sia frutto di un originario refuso di stampa o addirittura di un lapsus calami sfuggito all’attenzione di Temminck. Perché sarebbe stato più corretto scrivere sphenura, vale a dire l’associazione di due parole greche: sphen = cuneo e oura = coda (“coda a forma di cuneo”), proprio per evidenziarne una delle peculiarità morfologiche. Sta di fatto che alcuni autori di opere successive, come per esempio Carlo Luciano Bonaparte (Conspectus generum avium, pag. 457, 1850) e Gustavo Hartlaub (Sinopsis generis Fringillini Erythrurae, pag. 461 del Proceedings of the Zoological Society of London, parte XXVI, 1858), riportano il nome specifico emendato (sphenura). Colgo l’occasione per rilevareche simili “sviste” non costituiscono un fenomeno isolato. Infatti, rimanendo sul genere Erythrura, William John Swainson (1789-1855), nel proporre questo nuovo taxonnella sua opera On the natural history and classification of birds (pag. 280 del vol. II, 1837), pubblicò erroneamente la parola Erythura, che però in seguito venne rettificata dalla comunità scientifica. Va inoltre evidenziato che l’autore costituì questo nuovo genere attribuendo al Diamante quadricolore il nome di Erythura viridis (anche in questo caso l’epiteto attiene alla cromia prevalente della livrea: infatti, la parola latina viridis sta a indicare il colore verde).Peraltro, il volatile in esame ha acquisito un ruolo importante nella storia del suo genere di appartenenza, in quanto ne costituisce la specie tipo e, come tale, ha la funzione di rappresentare tutte le Erythrure. Semplificando ulteriormente, si potrebbe affermare che se dovessimo paragonare quest’ultimo gruppo tassonomico a una squadra di calcio, il Diamante quadricolore ne sarebbe il capitano! Malgrado gli apprezzamenti non benevoli del Temminck, riportati dianzi, un contributo significativo dal punto di vista iconografico si deve riconoscere anche a Georges-Luis Leclerc conte di Buffon (1707-1788), noto anche con il semplice nome di Buffon. Fu un uomo d’affari abilissimo, industriale di successo, raffinato linguista, zoologo, botanico et cetera, ma seppe anche esprimere egregiamente l’anelito intellettuale e la sete di sapere del suo tempo. Conobbe una straordinaria popolarità con la sua monumentale opera Histoire naturelle(3), suddivisa in sette parti, di cui la seconda dedicata agli uccelli (pubblicata dal 1770 al 1785 con il titolo Histoire naturelle des Oiseaux). Le più belle tavole di uccelli (soprattutto quelle dei pappagalli) fanno parte delle cosiddette planches enluminées, di grande formato (in-folio) ed eseguite dal summenzionato artista François-Nicolas Martinet (autore di tutte le fasi lavorative: disegno, incisione e coloritura a mano), sotto la supervisione dello stesso Buffon e del suo collaboratore Louis Jaen-Ma-

Specimen di Diamante quadricolore della sottospecie coelica. Fonte iconografica: Naturalis Biodiversity Center

rie Daubenton (1716-1799)(4). Nell’ornitografia che attiene al Diamante quadricolore è raffigurato anche un Vescovo del Capo o Vescovo groppone giallo Euplectes capensis, la cui grandezza appare decisamente esagerata. Le immagini sono stilizzate ed evidenziano posture statiche e anche innaturali; tuttavia, la distribuzione delle aree cromatiche, pur essendo approssimativa, è in grado di offrire sufficienti elementi di individuazione specifica. In questa tavola il Diamante quadricolore è presentato, come già indicato, con il nome Gros-bec de Java, ma altrove viene utilizzata la singolare denominazione di Toupet bleu (Histoire naturelle des Oiseaux, Tomo VII, pag. 251, 1779). L’ultimo personaggio di questa rassegna è Edward Charles Stuart Baker (1864-1944), un alto funzionario di polizia che svolse la sua attività lavorativa per lo più ad Assam (Stato federato dell’Unione Indiana). Quivi si dedicò anche allo studio dell’avifauna locale, raccogliendo un gran numero di osservazioni che gli consentirono di realizzare numerose pubblicazioni, fra le quali Fauna of British India including Ceylon and Burna (la prima edizione apparve in quattro volumi dal 1889 al 1898), la quale costituì per diverso tempo un’importante opera di riferimento. Di rilievo fu anche la sua collezione di uova e nidi. Un altro merito di Baker è quello di aver segnalato la seconda sottospecie del Diamante quadricolore: l’Erythrura prasina coelica. Anche in questo caso l’epiteto sottospecifico non presenta grosse difficoltà ermeneutiche, in quanto coelica sta a significare celeste, proprio per evidenziare la maggior estensione di tale cromia (dalla gola fino al petto). La descrizione del volatile è stata effettuata sul Bulletin of the British Ornitologists’ Club (volume XLV, pagina 84, 1925), nel quale è pure indicato che il rosso delle parti inferiori è più intenso ed esteso e il verde delle parti superiori appare più brillante. Il tipo, vale a dire il soggetto da cui è stata tratta l’analisi fenotipica, è un maschio e fa parte della collezione A.H. Everett del British Museum con il numero 88.8.13.42. La località tipica (locus typicus), cioè il luogo dove è stato catturato l’esemplare descritto, è Marintan-an nel Borneo. Successivamente è stato però chiarito che tale taxon non è endemico del Borneo, bensì è presente anche nell’isola di Palawan (del Hoyo, Elliot e Christie, Handbook of the Birds of the World, volume 15, 2010). Concludo qui questo breve scritto con la consapevolezza che l’argomento è vasto e, al tempo stesso, molto interessante: si renderanno necessari, pertanto, ulteriori approfondimenti in un prossimo futuro. Va inoltre doverosamente evidenziato che altri autori, da me non citati, hanno suggerito nomenclature di-

Un altro merito di Baker è quello di aver segnalato la seconda sottospecie del Diamante quadricolore

Ritratto di Edward Charles Stuart Baker (1864-1944). A lui si deve la descrizione, nel 1925, della sottospecie Erythrura prasina coelica, fonte iconografica: Wikipedia verse da quelle inserite nella presente ricerca. Ne propongo alcuni: Emberiza cianopis, Johann Friederich Gmelin (1748-1804); Lonchura quadricolor, William Henry Sykes (1790-1872); Amadina prasina, Georges Robert Gray (1808-1872); Erythrina prasina, Edward Blyth (1810-1873).

Note

(1)Il Diamante quadricolore intorno al 1938 venne introdotto a Tahiti, ma l’esperimento non ebbe successo (John Long,1981). Alcuni tentativi di introduzione e naturalizzazione ebbero inizialmente esito positivo in circoscritte aree negli USA e Nuova Guinea nell’Ottocento e, in parte, del secolo successivo (gbif.org/species/5231416). Inoltre, recentemente in una località della provincia cinese di Yunnan sono stati osservati alcuni soggetti in libertà (BirdingAsia, dicembre 2014). (2) Trattasi di un’importante e lussuosa opera pubblicata par livraison dal 1820 al 1838.

La maggior parte dei testi furono scritti dal Temminck (direttore del Museo di

Scienze Naturali di Leida dal 1820 fino alla sua morte, 1858), mentre il contributo del barone Meiffren Laugier sostanzialmente si limitò a mettere a disposizione la sua rilevante collezione ornitologica. (3) A testimonianza dell’enorme successo ottenuto dal Buffon con l’Histoire naturelle, basti segnalare che i primi tre volumi si esaurirono in meno di due mesi (1749): fu dunque un evento editoriale che trovò un equivalente solo dopo un secolo circa, quando tutti i volumi de “L’origine delle specie” di Charles Darwin furono venduti nell’arco di un mese (1859). Va anche rilevato che nel 1788, tra nuove edizioni, ristampe, edizioni non autorizzate e traduzioni abusive erano reperibili sul mercato venti-ventidue diverse vesti tipografiche dell’Histoire naturelle (Mario Schiavone, LePlanches enluminéesdel Conte di Buffon”, 1989). (4) La pubblicazione delle planches enluminées richiese un notevole sforzo economico, che impose la creazione di una successiva serie di incisioni meno costosa (prevalentemente in bianco e nero) realizzata dal pittore Jacques De Sève (Mario Schiavone, “Il conte di Buffon”, 1988).

Ringraziamenti

Desidero esprimere viva riconoscenza al dott. Enrico Muzio (Biblioteca del Museo di Scienze Naturali di Milano) per la sua disponibilità e per le utili informazioni fornite.

Ricerca effettuata per conto del

Parrot Finches European Club

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