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Lettere in Redazione

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Pasquale Leo

Pasquale Leo

54 anni di ricordi F.O.I.

di PIERGIANNI AMERIO

In questo malaugurato anno di Covid-19, che ha portato alla soppressione di moltissime esposizioni, ho voluto scrivere il presente testo al fine di proporre una riflessione, attraverso una serie di ricordi ed osservazioni, senza alcuno spirito polemico. Sono due i fattori che mi hanno portato a questo scritto e cioè l’articolo a firma Giovanni Canali, presente sul numero 8/9 2020 di questa rivista, in cui l’autore narra i suoi 50 anni di iscrizione alla F.O.I. ed il fatto della ricorrenza del 70° anno di questa Federazione. Veniamo al primo motivo. Cinquanta anni di adesione ad un sodalizio non sono pochi, soprattutto nei riguardi della F.O.I. dove ciclicamente, a parte l’inarrestabile trascorrere del tempo, ci sono soci che, dopo pochi anni di entusiasmo, cessano di iscriversi. Per una quarantina di anni ho allevato Pastori tedeschi, con piacevoli risultati nelle esposizioni. Orbene la federazione tedesca di questi cani ha la sensibile usanza di inviare ai soci, che raggiungono il 25° anno di iscrizione, un diploma di ringraziamento ed al 50° una targa ricordo. La stessa usanza l’ho riscontrata dal Politecnico di Torino, che dopo alcuni lustri dalla laurea invia una medaglia ricordo. Siamo rimasti in pochi ad avere il codice R.N.A. composto da soli numeri. Il mio è 7139 e l’attestato di iscrizione alla F.O.I., datato 1 Gennaio 1967, è firmato dall’allora Presidente Giovanni La Cava. In quell’anno avrei compiuto venti anni. A questo proposito vorrei citare alcuni amici, con il codice R.N.A. composto di soli numeri, quali: Ercole Concetti con 4159, Luigi Calissano con 7136. Con delusione ho constatato sul sito della F.O.I., per la ricerca del codice R.N.A., che il numero 0001 è stato cancellato. È probabile che il possessore di questo numero non sia più tra noi, ma 0001 non è un numero qualunque, è storia! Orbene, vorrei ricordare che questo codice R.N.A. apparteneva al Presidente dell’Associazione Romana Ornicoltori, funzionario del Ministero degli esteri, Raffaele Danza. A dimostrazione della sua fedeltà risulta ancora, sul vademecum del 1993, iscritto all’Associazione Romana, pur risiedendo ad Ospedaletti, nell’estremo Ponente ligure. Per chi come me è appassionato di storia, consiglio in internet il sito ”Nascita delle associazioni e delle mostre italiane (1930-1953)” curato dal signor Enrico Banfi nel 2014, che presenta anche interessanti fotografie d‘epoca. Per esempio la mia società, cioè l’Associazione Ornitofila Astigiana, è stata fondata nel 1948. Data la mia età ho avuto modo di conoscere alcuni di quelli che, partecipando alle riunioni di Reggio Emilia alla fine degli anni quaranta del secolo scorso, diedero vita alla futura F.O.I. Vorrei citare il Presidente di allora Piero Tosetti ed il segretario Giuseppe Avedano. Veniamo adesso al settantesimo anniversario della F.O.I. Sul numero di Marzo 2015 di Italia Ornitologica compare l’articolo, a firma Bruno Novelli, dal titolo: “F.O.I., ricordare fa bene”. In esso si analizzano i vari passaggi e fusioni (infatti la lettera F sta per Federazione) che portarono alla nascita di questa associazione. L’analisi temporale si conclude con la frase: la nascita ufficiale della F.O.I. avvenne il 1° Aprile 1951 a Piacenza con la fusione di F.N.C e U.N.O.I.. Di mio aggiungo che il primo Presidente fu il Nobiluomo Comm. Cesare Bossi di Reggio Emilia, mentre il codice R.N.A. 0001 fu assegnato al già citato Raffaele Danza, che le società fondatrici erano circa una dozzina, tra cui la mia, con circa 500 iscritti. Desidero adesso esporre alcune osservazioni personali su come in questi miei 53 anni di iscrizione ho visto svilupparsi l’allevamento ornitologico. Forse alcune mie considerazioni possono piacere o meno, ognuno è libero di sostenere le sue idee, l’importante è non cadere in ciò che diceva Giulio Cesare nel De bello gallico: “homines id quod volunt credunt”. A tal proposito, ho preso in considerazione il pregevole catalogo, preparato dall’amico Antonio Pizzi, per il 18° Campionato interregionale Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta del Novembre 1988, cioè trentatre anni fa. La manifestazione, tenutasi nei bellissimi ambienti dell’Exposalone dei vini di Asti, fu un vero successo. Era presente nel Comitato d’onore anche il Presidente del Consiglio Giovanni Goria. Alla premiazione partecipò, tra gli altri, anche l’allora segretario F.O.I. Salvatore Cirmi. Il catalogo aperto era nel formato

Attestato di adesione alla Federazione Ornicoltori Italiani datato 1 gennaio 1967

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A4, cioè 210 x 297 mm. La voce categorie a concorso, compresi i canarini da canto, occupava una pagina di detto catalogo chiuso. I canarini di forma e posizione arricciati erano divisi in otto categorie. I canarini di colore lipocromici erano divisi in otto categorie. Sul numero limitato di categorie in concorso di allora trovo delle incoerenze che è stato giusto modificare. Come esempio cito il fatto che esisteva solamente la categoria “esotici di piccola taglia”, nella quale venivano radunati tutti gli esotici con quella caratteristica, maschi e femmine insieme. In genere i preferiti nei giudizi erano o i Diamanti di Lady Gould o i Cardinalini del Venezuela. Per quanto riguarda i Diamanti di Lady Gould era inutile portare le femmine poiché quasi sempre i maschi venivano meglio trattati. Quindi trovo giusto avere aumentato le razze e le categorie in concorso, ma secondo me si è esagerato! Inoltre, ogni volta che una razza diventa popolare si nota un aumento della taglia rispetto a quella che le ha dato la natura. Per tornare come esempio ai Diamanti di Lady Gould, si osservino su alcuni numeri di questa rivista le fotografie di soggetti, premiati in mostre importanti, che presentano il petto carenato, gravissima deformità congenita, dovuta ad una crescita abnorme! A me piacciono i soggetti aventi bella struttura, ma se lo slogan pluri-ripetuto è “Allevare è proteggere”, penso che bisogna stare all’interno della taglia e della forma che gli ha conferito la natura. Per tornare sull’enorme aumento delle razze e categorie in concorso, avvenuto in questi ultimi trenta anni, sempre a mio parere, affinché una nuova razza sia riconosciuta dovrebbero passare alcuni lustri e non pochi anni. Una cinquantina di anni fa allevavo dei cosiddetti Milanbianchi. Non potevo portarli in mostra poiché si diceva che si trattava di Parigini accoppiati inizialmente con sassoni bianchi, ed era vero! Poi, anni di selezione hanno portato a bellissimi soggetti. Inoltre, sempre in questi ultimi decenni ho visto una enorme esaltazione delle mutazioni, alcune pregevoli, ma altre sinceramente meno. Pensiamo al Cardellino di Raffaello, nella sua celebre Madonna, e confrontiamolo con certi mutati! Ogni volta che un soggetto presenta due piume di colore diverso, anziché vederlo come difettoso, si esalta come nuova mutazione e avanti con i discorsi sugli alleli! Inoltre, fra mutazioni e selezioni prodotte in allevamento sarebbe necessaria una chiara distinzione. Faccio l’esempio del Parrocchetto splendido, razza con cui con uno stamm di femmine, con i tipici colori della specie selvatica, ho vinto al Campionato italiano di Parma 2018. Se accoppio una di queste femmine con un maschio ventre rosso od un viola, che sono selezioni avvenute in gabbia, rovino il fenotipo della specie pura. È come accoppiare un Gallo di razza livornese con una Gallina selvatica dell’Asia! La mia domanda è: fra nuove mutazioni e nuove razze non si è esagerato? Una volta, quando i viaggi erano meno comodi, ogni allevatore si creava un ceppo della razza che allevava e gli acquisti di nuovi soggetti, anche per motivi economici, erano molto mirati e limitati. Fra alcuni conoscenti di allora desidero ricordare, come esempio, Vavassori con i bianchi dominanti, Saglietti con i lipocromici rosso mosaico, Masini con i lipocromici rosso intenso e brinati, Avedano con gli arricciati del Nord e del Sud e ne potrei citare molti altri residenti in tutta Italia. Per quanto riguarda l’amico Bruno Saglietti, lo vedo ancora, nel suo ordinatissimo allevamento, mentre mi dice: ho saputo che Ascheri da Parigi ha portato degli F3 (in realtà bisognava dire R2 di Canarino) di Cardinalino del Venezuela ad Arduino a Torino; vado a trovarlo per cercarne uno come dico io! Ricordo il suo stupore quando vide i primi moderni maschi lipocromici rosso mosaico portati ad Asti, in una mostra organizzata dall’APACO, dal signor Guido Mastantuono di Biella. A dare una forte spinta a questa enorme crescita delle categorie in concorso è stato, a mio parere, l’uso del computer per stilare le classifiche, avvenuto nei primi anni 90 del secolo scorso. Come sovente accade, una scoperta positiva può nascondere imprevisti. Per diversi decenni ho preparato i tabelloni per le premiazioni nelle mostre organizzate dalla mia società. Preparavo i lucidi che poi venivano eliografati e quindi scritti con il pennarello, così come i diplomi. Ricordo le ore di impegno, proprio per il Campionato interregionale a cui ho fatto riferimento, poiché di ogni categoria occorreva premiare anche il terzo classificato. Dovessi fare le classifiche oggi, con i mezzi di allora, chiederei senz’altro l’intervento della Protezione civile! Potrei proseguire nei miei ricordi ornitologici di una vita, ma non voglio annoiare oltre misura. Concludo con la seguente considerazione seguita da una domanda. La teoria dell’evoluzione di Charles Darwin si basa su 5 conclusioni-base, di cui la numero 4 e la 5 dicono che con la riproduzione non vengono quasi mai riprodotti due individui identici e che le variazioni sono abbondanti. Pertanto, se la voce “categorie in concorso” una trentina di anni orsono era contenuta in una pagina del catalogo della mostra e oggi è un discreto fascicolo, fra una trentina di anni, proseguendo con lo stesso incremento, quante pagine avrà il volume necessario?

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