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Futuro, problemi e speranze

Editoriale

Futuro, problemi e speranze

di GIOVANNI CANALI

Per hobby come l’allevamento amatoriale degli uccelli e altri analoghi il presente è pesantissimo ed il futuro incerto. Ovviamente penso alla pandemia di Covid 19 che tanto duramente ci colpisce, ma anche ad altri aspetti. Tralascio per ora la pandemia che prenderò in considerazione in seguito, per inquadrare l’allevamento amatoriale in un contesto generale, di non emergenza. Allevare uccellini è già da tempo problematico. I condomini nei quali moltissimi abitano, spesso non concedono di tenere animali. Anche dove è possibile, spesso manca il luogo adatto; non sempre c’è una cantina luminosa ed asciutta o analoga soffitta ed anche il garage non sempre è idoneo, automobile a parte, e la stanza intera da dedicare agli uccellini, liti familiari a parte, in un piccolo appartamento non c’è. Si può ripiegare in una parte di stanza con protezioni, ma non sempre è possibile e le conflittualità fra familiari si possono verificare spesso. In passato si vedevano molte gabbie alle finestre o sui balconi, oggi molto meno. Diversa era la tipologia degli appartamenti. Anche uscendo dal nostro ambiente specifico, ho sentito cifre da paura come calo di iscritti, ad esempio fra gli allevatori di piccioni. Cito questi perché è un hobby non troppo lontano dal nostro ed a Parma, la mia città, c’era una notevole tradizione, specialmente per quanto riguarda i piccioni viaggiatori. Ebbene non c’è un sufficiente ricambio generazionale, anzi bassissimo. Anche nel nostro ambiente il ricambio generazionale è de bolissimo, forse al sud qualcosa di meglio, ma in generale non andiamo bene affatto. Del resto basta vedere quali sono gli interessi dei giovani, con telefonino incorporato, e molto tecnologici, con i vari strumenti informatici. Certo non mancano giovani attenti alle tematiche ambientali, per fortuna! Tuttavia spesso si dedicano alla protezione ed all’osservazione delle specie in natura, attività lodevoli al massimo, ma raramente allevano, almeno a livello amatoriale.

Editoriale

In questo ambito la F.O.I. può fare ben poco; non possiamo fornire appartamenti o locali a tutti coloro che li vorrebbero. Certo è estremamente difficile realizzarlo, ma se un’associazione locale o qualche privato riuscisse a reperire luoghi adatti da affittare o dare in comodato ai soci, sarebbe molto bello. Ricordo che diversi anni or sono ho visto qualcosa del genere, realizzato a Bologna nella vecchia fornace. Tuttavia è ben difficile che circostanze del genere possano realizzarsi e mantenersi. Non resta che lavorare al meglio e fare pubblicità. Ho spesso messo in evidenza come i rapporti esterni siano importanti per farci conoscere. Le iniziative ci sono state, come la “F.O.I. scuola” ed altro. Ritengo si debba insistere, ad esempio anche con il museo, una volta che ci si potrà muovere agevolmente. Ora c’è da considerare qualcosa che non avremmo mai voluto vedere e cioè la pandemia Covid 19. Ne abbiamo già parlato, ma ora si impone ulteriormente in tutta la sua gravità e con le sue conseguenze. Certo gli aspetti più gravi e drammatici riguardano la salute pubblica e l’economia così duramente provata, ma in questa sede prendo in considerazione un aspetto minimo, se visto in generale, ma importante per il nostro particolare. Vale a dire il rischio di avere un calo dei soci. Dobbiamo dirlo, molti soci sono sconfortati, per la minima presenza di mostre ed altre manifestazioni che, come sappiamo, sono insostituibile momento di incontro e confronto. Io stesso di fronte a qualche soggetto valido, mi stizzisco al pensiero di non poterlo esporre. Certo non possiamo prendercela con qualcuno, se non con il virus; la F.O.I. e diverse associazioni hanno fatto e fanno il possibile. Tuttavia capita di sentire che diversi allevatori dicono di voler ridurre il numero dei riproduttori, si mostrano amareggiati e si pongono talora anche il dubbio se continuare. Anche la difficoltà di cedere il surplus della produzione incide alquanto. Del resto, se i commercianti non hanno richieste è difficile che possano acquistare. Molto bene ha fatto la F.O.I. ad organizzare un sito di scambi possibili fra allevatori, ma certo cedere o acquistare di presenza è diverso; ce ne rendiamo tutti conto, ma si fa di necessità virtù. Ora gli allevatori “più impegnati” come me, l’iscrizione l’hanno già rinnovata, magari hanno già gli anelli. I dubbi possono esserci per i meno motivati. Ebbene, ritengo giusto incoraggiare i dubbiosi. C’è già stato un periodo terribile per l’allevamento, cioè la guerra. Premesso che la tragedia della guerra ha prodotto lutti e rovine terribili ed il problema dell’allevamento amatoriale è quindi è infinitesimale come importanza, tuttavia ci riguarda e ritengo giusto ricordarlo. Se oggi si allevano ancora certe razze è perché sono state preservate da veri amatori, magari con grandi sacrifici. Senza di loro avremmo avuto un danno difficilmente riparabile. Chi ha tenuto duro, poi ha avuto una posizione di vantaggio alla fine del conflitto, oltre ai meriti per aver salvato le razze di cui sopra. Chi terrà duro con la pandemia potrà riprendersi meglio dopo, dovrà pure arrivare il tanto atteso vaccino. Per i nostri maggiori, durante la guerra, le difficoltà furono ben più impegnative. Ricordo che vecchi allevatori della mia città mi raccontarono di aver affittato un campo da coltivare a scagliola. Gli approvvigionamenti erano ben difficili all’epoca, ben più di oggi, che sono rimasti pressoché invariati. Mi piace ricordare un’esperienza di Giuseppe Vaccari che viene ricordata nel suo testo: “I canarini Isabella” Edizioni Encia, Udine 1972: su quel testo, Vaccari, sia pure con argomenti non tutti condivisibili, ci racconta un episodio significativo in cui ricorda di essere stato bloccato in una zona circondata dalle opposte forze, senza possibilità di reperire il misto per canarini (aveva sei coppie di gibber italicus); ebbene, si arrangiava con pastoncino all’uovo e verdure, ma per i nuovi nati non bastavano. Cercava senza esito piante selvatiche con semi immaturi, ma non ne trovava essendo la zona piuttosto arida; ripiegò sul frumento prima acerbo, poi cotto, salvando parte della produzione, infine lo usò germinato per gli adulti. Direi che almeno sotto questi aspetti per noi è meno dura. Penso che chi saprà respingere tentazioni disfattiste, potrà averne vantaggio quando finalmente usciremo dal tunnel della pandemia, o almeno ci sarà un equilibrio accettabile. Raccomando quindi a tutti, me compreso, di non abbattersi troppo e, nei limiti del possibile, preservare il nostro impegnativo ma bellissimo e creativo hobby.

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