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Ivano Mortaruolo

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Titian Peale (1799-1885) e il Diamante di Peale Erythrura pealii

Digressioni e postille

di IVANOMORTARUOLO, foto V. FERRARA, I. MORTARUOLOe AUTORIVARI

Diamante di Peale. Foto e allevamento: Vittorio Ferrara

Titian Peale nacque a Filadelfia nel 1799 e quivi morì nel 1885. Fu l’ultimo dei sedici figli (però solo undici sopravvissero) di Charles Willson Peale (1741-1827), un eclettico e colto personaggio che si affermò come pittore e che ebbe anche il merito di istituire un proprio museo a Filadelfia (fu il primo nella nazione), dove confluirono reperti naturalistici e opere pittoriche. Inoltre, fu anche il cofondatore della Pennsylvania Academy of Fine Arts e, durante vari eventi della Rivoluzione Americana, fu amico e assistente di George Washington, che ritrasse più volte. L’iperdinamico genitore, essendo animato da un grande interesse sia per l’arte sia per la scienza, a tutti i suoi figli attribuì nomi di pittori famosi o di scienziati e, in vario modo, trasmise loro le sue passioni. Fu così che Franklin Peale, Raphaelle Peale, Rembrandt Peale (il più affermato dei fratelli), Rubens Peale e Titian Peale (1) s’imposero per la loro bravura e, insieme al padre, diedero un rilevante impulso all’arte pittorica statunitense. Non sorprende, quindi, che Titian avesse manifestato precocemente forti interessi naturalistici e apprez-

Fotografia di Titian Peale (circa 1875), conservata presso Smithsonian’s National Portrait Gallery. Fonte iconografica: Gooble Arts & Culture

zabili capacità figurative. A diciassette anni, infatti, partecipò alla sua prima spedizione scientifica e l’anno successivo era già membro dell’Accademia delle Scienze Naturali. L’accuratezza delle sue rappresentazioni animali e vegetali gli aprì la strada per collaborare con importanti zoologi come Carlo Luciano Bonaparte (il quale divenne anche suo protettore) e John Cassin. Da esperto di Lepidotteri (farfalle) pubblicò un’apprezzata monografia e ideò speciali strutture e accorgimenti atti a impedire il deterioramento delle collezioni. Quando suo padre morì (1827) assunse la direzione del museo famigliare e si attribuì il titolo di “professore di zoologia e curatore”. Ma al di là di queste piccole vanità, diede costante prova di grande serietà e impegno, che gli permisero di diventare un apprezzato zoologo, entomologo, etnografo e fotografo, oltre che un valido pittore naturalista (tuttavia, la sua fama venne un po’ oscurata quando “entrò in scena” John James Audubon, le cui raffigurazioni degli animali erano più accurate e realistiche). Tralascio la segnalazione delle varie spedizioni scientifiche cui il nostro par-

Autoritratto di Charles Willson Peale eseguito a ottantuno anni (1822). È visibile uno scorcio del museo realizzato dall’artista. Olio su tela cm. 263,5 x202,9. Collezione Joseph Harrison Jr. Fonte iconografica: Daily Art tecipò per soffermarmi soltanto su quella realizzata dal 1838 al 1842, comandata da Charles Wilkes (17981877), che circumnavigò il globo raggiungendo le isole dell’Oceano Pacifico centrale e la costa nord-occidentale dell’America settentrionale. A Peale fu attribuito, oltre al compito di realizzare disegni, l’incarico di responsabile del reperimento di campioni e informazioni attinenti agli uccelli: ebbe così la possibilità di raccogliere un gran numero di reperti faunistici e di scoprire nuove specie, ma la fortuna non fu dalla sua parte. Durante il viaggio di ritorno (1841) una delle navi della spedizione, la Peacock, fece naufragio presso la foce del fiume Columbia. Purtroppo, andarono perduti gli specimensdi uccelli, mammiferi e farfalle, insieme a numerosi manufatti di varie popolazioni: erano il frutto di tre anni di raccolta. Come se non bastasse, diverso materiale risultò difficilmente utilizzabile (approssimativa o mancata catalogazione degli oggetti, smarrimento o erronea indicazione delle etichette, ecc.). Al suo rientro a Filadelfia, i rapporti con il capo della spedizione Wilkes si inasprirono ulteriormente su questioni attinenti sia alla rilevanza scientifica delle scoperte effettuate sia alla pubblicazione del resoconto della spedizione (giudicato incompleto). Ciononostante, nel 1848 venne data alle stampe, in forma ridotta, la prima edizione della relazione, cui venne attribuito il titolo United States Exploring Expedition– Mammology and Ornithology, naturalmente curata da Peale. In tale opera vennero descritti per la prima volta gli attuali Diamante di Samoa Erythrura cyaneovirens e Diamante di Peale Erythrura pealii, rispettivamente come Geospiza cyaneovirens(2) (pagina 117) e Geospiza prasina (pagina 116). Se si considera che John Gouldnel 1837ascrisse un gruppo di cosiddetti Fringuelli di Darwin al nuovo genere Geospiza(Proceding of the Zoological Society of London – parte V, pagg. 4-7), si rimane un po’ sconcertati dalla scelta tassonomica del nostro. Invero, i maschi di questi singolari pennuti darwiniani sono ca-

Titian Peale ha curato il disegno di questa tavola (la n. 8) che riproduce, dall’alto verso il basso, una coppia di Diamanti di Peale, un Diamante di Samoa e una coppia di Fringuelli negrillo (Volantinia jacarina). Ornitografia tratta dalla pubblicazione United States Exploring Expedition Mammology and Ornithology (1858). Fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

ratterizzati da una livrea pressoché nera o molto scura che non ha nulla in comune con l’accattivante policromia delle suddette due Erythrure. Inoltre, i due taxadifferiscono per morfologia, in particolare quella del becco. Queste considerazioni si fanno ancor più stridenti se si pensa che, difformemente dall’orientamento attuale, allora il criterio di valutazione tassonomica si basava pressoché esclusivamente su parametri fenotipici. Quanto esposto mi fa supporre che la speculazione classificatoria non fosse l’habituspiù profondo di Peale, pur riconoscendogli i meriti sopra indicati. Non sorprende, quindi, se alle ostilità del capitano Wilkes si aggiunsero anche quelle di John Cassin, un uomo d’affari ma soprattutto un competente ornitologo e un attento tassonomista. Fu così che a quest’ultimo venne affidato l’incarico di curare un’edizione fortemente ampliata (ed emendata) della United States Exploring Expedition– Mammology and Ornithology, che venne pubblicata nel 1858. Per il povero Peale i guai non finirono qui, in quanto morirono sua moglie Mary e la figlia Florinda; inoltre, ebbe grossi problemi economici a seguito del fallimento del museo paterno. Per potersi assicurare una certa “tranquillità economica”, accettò l’incarico di esaminatore presso l’Ufficio Brevetti di Washington, dopo di che la sua fama di naturalista e pittore andò progressivamente scemando. Rivolgendo lo sguardo all’evolversi della storia tassonomica delle suddette due Erythrure segnalate da Peale, va evidenziato che Carlo Luciano Bonaparte (Generum avium, 1850, pag. 457) traghettò il Diamante di Samoa dal genere Geospiza a quello di Erythrura con l’attribuzione dell’epiteto pucherani(Erythrura pucherani), in onore dello zoologo francese Jacques Pucheran (1817-1894). Dal contributo dei due autori (Peale e Bonaparte) si è poi giunti all’attuale denominazione scientifica di Erythrura cyaneovirens (Peale,1848). Per quanto attiene al Diamante di Peale, il medico e zoologo Gustav Hartlaub(1814-1900) nel 1852effettuò una sapiente operazione di “maquillage” (Archiv für Naturgeschichte, pag. 104) che consentì di superare un impasse tassonomico. Cerco di essere più chiaro. Quando una specie cambia denominazione perché è stata assegnata a un diverso genere, l’epiteto originario rimane inalterato mentre, naturalmente, il nome generico muta. Nel caso del volatile in esame, che da Peale era stato assegnato al genere Geospiza in sede di descrizione, l’attribuzione al taxon Erythrura (peraltro condivisa da vari ornitologi di allora) avrebbe creato un’omonimia: cioè si sarebbe ottenuta la denominazione di Erythrura prasina, cheperò era stata precedentemente attribuita al Diamante quadricolore. Pertanto, in base al “principio di priorità” (uno dei cardini della nomenclatura zoologica e botanica), tale assegnazione non era disponibile. Ma Hartlaub, cambiando l’epiteto da prasinaa pealii,argutamente trovò la soluzione a questo problema. Un rimedio pregevole che immediatamente mi rievoca un’espressione popolare con qualche attinenza al mondo alato: “Ha preso due piccioni con una fava”. Proprio così! L’autore ha reso anche omaggio al nostro pittore-naturalista, in quanto pealii sta a significare “del signor Peale”. L’attuale denominazione scientifica è quindi Erythrura pealii (Hartlaud,

1852).

Forse ai giovani lettori può risultare poco chiara la trasformazione nomenclaturale da “Peale” apealiieffettuata da Hartlaub.La spiegazione sta nel

L’attuale denominazione scientifica del Diamante di Gould è Chloebia gouldiae, perché l’autore ha voluto dedicare questo volatile alla sua amata moglie Elisabetta Coxen

Frontespizio del volume cui si fa riferimento nel testo e nel quale vengono apportate modifiche ed emendamenti al precedente operato di Titian Peale. Fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

Maschi di Diamante di Peale. Foto e allevamento Vittorio Ferrara

fatto che, quando l’epiteto (anche detto nome specifico) è derivato dal nome di una persona,può essereoperata una latinizzazione aggiungendo la desinenza al genitivo. In questo caso, pealesi trasforma in pealius(nominativo) che al genitivo (sostituendo uscon i) diviene pealii. Naturalmente, questa trasformazione è stata operata per un nome al maschile; se si fosse trattato del genere femminile si sarebbe aggiunta la desinenza ae. Propongo un esempio molto noto. L’attuale denominazione scientifica del Diamante di Gould è Chloebia gouldiae, perché l’autore ha voluto dedicare questo volatile alla sua amata moglie Elisabetta Coxen. Pertanto, il primo adattamento è gouldius,cui fa seguito l’applicazione della desinenza al genitivo femminile: ottenendo così gouldiaeovvero“della signora Gould”.(3) Prima di concludere questa nota, vorrei proporre alcune considerazioni sul Diamante di Peale, un uccello caratterizzato da varie capacità attrattive ma che, nel contempo, è ancora poco conosciuto. Si ha notizia che il primo successo riproduttivo in Europa sia stato ottenuto allo Zoo di Londra nel 1912. Consultando la scarna letteratura in mio possesso apprendo che, nei primi anni del secolo scorso, la presenza di tale Estrildide era molto esigua e si dovettero attendere gli anni Sessanta per ottenere consistenti importazioni. Sono incline a pensare che questo boomdi presenze abbia interessato molto marginalmente il nostro Paese (sarei ben lieto di essere smentito). Una sorta di conferma me la fornisce indirettamente anche il volume “Uccelli esotici” di Vittorio Orlando (Edizioni Encia, 1959), il quale, durante i miei anni giovanili, ha rappresentato una sorta di livre de chevet. L’autore, infatti, si limita a indicare che questo uccello esiste, mentre a molte altre specie dedica “sufficiente” spazio, suggerendo così che ne aveva avuto esperienza d’allevamento direttamente o indirettamente. Un’ulteriore conferma credo di poterla cogliere anche dalla consultazione della letteratura specialistica in lingua italiana degli ultimi quaranta anni: infatti gli articoli su tale volatile sono molto esigui. Fortunatamente la situazione attuale è incoraggiante e verosimili sono le prospettive che il Diamante di Peale diventi un petapprezzato dagli ornicoltori di piccoli uccelli esotici. La sua livrea è infatti un piacevole contrasto cromatico tra il rosso e il verde, nel quale s’inserisce un deciso o progressivo passaggio tonale dal nero della gola all’azzurro del petto. Vari allevatori, attraverso un’attenta e costante selezione, sono riusciti a rendere il rosso della mascherina omogeneo, ben delineato ed anche leggermente più esteso: ne scaturisce un effetto estetico rilevante. In alcuni casi la pressione selettiva ha coinvolto sia la taglia sia le rotondità corporee, caratteristiche che hanno conferito al volatile un aspetto “infantile” e, come tale, in grado di esercitare un ulteriore vis attractiva,pure su persone non interessate al nostro hobby. Non meno peculiare è l’ethos del Diamante di Peale, il quale costantemente si dimostra un uccello vivace, intelligente, attento a tutto ciò che accade intorno e ben predisposto, similmente al Diamante coloria Erythrura coloria, ad accordare fiducia alla persona che si prende cura di lui. Se gli si dedicano pochi minuti al giorno, offrendo con le dita, attraverso le sbarre della gabbia, cibi graditi come avena decorticata, larve di Tenebrio molitor e così via, entro breve tempo verrà a mangiare senza esitazione sulla mano. Naturalmente non mi riferisco a soggetti allevati “a mano” che, pertanto, hanno subito l’imprinting sull’uomo e verso il quale non nutrono diffidenza.

Tuttavia, una volta instaurato un buon rapporto con il volatile, bisogna fare attenzione a non tradire la fiducia che ci è stata accordata. Così, se sorge la necessità di prendere un esemplare per qualsiasi ragione (cure, pulizie, trasferimento in altre gabbie ecc.), sarà bene affidare l’incarico a un’altra persona o, se ciò non fosse possibile, rendersi irriconoscibile con abiti diversi e un cappello o con una maschera. Questo accorgimento può sembrare eccessivo e forse anche ridicolo, però si rivela utile allo scopo. Del resto, il suggerimento viene da una fonte autorevole: Konrad Lorenz. Egli infatti, quando aveva la necessità di afferrare le sue Taccole, indossava un costume da Belzebù: così facendo, anche se rischiava di essere con siderato “lo strambo del paese”, manteneva intatto il legame con i suoi Corvidi.

D. di Peale di 4 giorni. Foto e allevamento Ivano Mortaruolo

Le suddette caratteristiche del Diamante di Peale, in un passato recente, mi hanno indotto a regalare a persone che vivevano situazioni di difficoltà psichiche o di disagio fisico (si pensi ad anziani soli o con disabilità) alcuni esemplari di questa specie e anche di Diamante coloria. I risultati

Nidiaceo di D. di Peale di 16 giorni. Foto e allevamento Ivano Mortaruolo

sembrano incoraggianti, in quanto la convivenza con questi vivaci e policromi pennuti ha destato curiosità e anche appagamento, rendendo così l’esistenza meno gravosa. Sono stato indotto a intraprendere questa nuova esperienza perché incoraggiato dai risultati delle passate iniziative con Merli indiani Gracula religiosa e Diamanti di Gould. Su quest’ultima specie ho anche scritto una nota dal titolo “Pet-therapy: considerazioni sull’uso degli uccelli e, in particolare, dei Diamanti di Gould Chloebiagouldiae (Gould, 1844)”, pubblicata nel libro “Gli Estrildidi - vol.II” di Sergio Lucarini, Emilio De Flavis e Alberto De Angelis, edito dalla FOI nel 2005. Infine, in apicibus, il Diamante di Peale è dotato di una plasticità trofica che gli consente di assumere numerosi ed eterogenei alimenti. Invero, da osservazioni effettuate in allevamento, gli impulsi neofobici appaiono pressoché soppressi dalla forte curiosità di scoprire e assumere nuove fonti di cibo. Ricordo che la neofobia (ovvero la diffidenza verso gli alimenti sconosciuti) è un comportamento adattativo, riscontrabile in tutte le classi animali (uomo compreso), che induce alla prudenza di fronte ad alimenti non noti e, nel contempo, evita di assumere sostanze potenzialmente tossiche o addirittura letali(4). Per quanto riguarda il nostro pennuto, sono incline a ipotizzare che la sua innata “imprudenza” sia alla base del suo successo in natura. Nelle Isole Fiji, dove vive, si nutre di sorgo, riso, semi di graminacee e di altre essenze vegetali (soprattutto allo stato lattiginoso), insetti vari e loro larve (ha peraltro dimostrato una particolare abilità nella loro cattura), ragni, nettare, piccoli fichi e frutti di bosco. Da questo breve elenco si ha la conferma che il Diamante di Peale è in grado di nutrirsi di un ampio ventaglio di alimenti ed è conseguentemente ritenuto una specie generalista. È anche interessante evidenziare che la sua polifagia si esprime su vari habitat, come le foreste montane e di pianura (tendenzialmente ai margini), la vegetazione nelle aree intermedie, le terre coltivate, le aree urbane e suburbane e le paludi. La sua non specializzazione alimentare gli ha anche permesso di convivere, nell’Isola di Viti Levu, con il Diamante di Kleinschmidt Erythrura kleinschmidti, il quale, perconverso, è considerato una specie specialista perché ritenuto da alcuni ornitologi prevalentemente insettivoro, mentre altri studiosi evidenziano un deciso orientamento trofico verso diverse specie di fichi. Sta di fatto che fra i due taxanon vi è una vera e propria rivalità e questo rapporto in sistematica e biogeografia viene chiamato di simpatria. Anche negli ambienti cosiddetti controllati la sua peculiare plasticità trofica gli ha consentito di adattarsi e di esprimere una rusticità e fecondità apprezzabili. Dunque, il Diamante di Peale ha tutte le caratteristiche per attrarre un buon numero di ornicoltori. E il Parrot Finches European Clubsi sta adoperando, attraverso varie iniziative, affinché questa specie, e altre ascritte allo stesso genere, vengano conosciute e apprezzate.

Ricerca effettuata per conto del Parrot Finches European Club

Note

(1)In realtà il nome completo è Titian Ramsay

Peale; così si chiamava anche un fratello maggiore morto prematuramente nel 1798, a diciotto anni. Per operare una distinzione fra i due fratelli, il nostro personaggio veniva indicato anche come Titian

Ramsay Peale II. (2)Il nome specifico di cyaneovirens è l’unione di due parole latine: cyaneus=azzurro e virens=verde. (3)Per completezza d’ informazione va detto che, per formare un epiteto derivato da un nome di persona, se non si applica la suddetta latinizzazione è sufficiente aggiungere la desinenza i per il maschile e ae per il femminile. Propongo il seguente esempio: al piccolo passeriforme africano chiamato Astro montano di Jackson, l’ornitologo inglese Richard Browdler Sharpe (1847-1909) attribuì nel 1902 il nome scientifico di Cryptospiza jacksoni, in onore dell’esploratore e ornitologo Frederick

John Jackson (1860-1929). Ovviamente, se l’epiteto attiene a più persone, le desinenze sono orum (maschile) o arum ( femminile). Per approfondimenti ulteriori si consultino gli articoli 31.1 e 31.2 del Codice

Internazionale di Nomeclatura Zoologica. (4)Per approfondimenti su tale comportamento, si può consultare l’articolo “La neofobia negli uccelli” pubblicato su questa

Rivista nel n. 4/2004, pagine 10-12.

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