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Domenico Maione

Le mie esperienze con l’ondulato di forma e posizione

testo e foto di Domenico Maione

Con alti e bassi, da ormai quarant’anni, allevo l’ondulato di forma e posizione; ho attraversato dei periodi bui durante i quali la tentazione di smettere è stata forte, ma poi la mia passione e il mio amore per questi esserini eleganti, non presenti in natura ma frutto delle capacità selettive dell’uomo, mi hanno spinto a ricominciare con sempre maggiore determinazione. Non ho la presunzione, con queste poche righe, di insegnare nulla a nessuno; vorrei semplicemente far trasparire il mio amore per questo pappagallino, farlo conoscere ai più e condividere le mie esperienze di allevamento. I miei esordi con questa specie risalgono alla fine degli anni Settanta, quando vidi per la prima volta un ondulato inglese (all’epoca l’unico termine per indicare gli ondulati di forma e posizione) che faceva bella mostra di sé all’interno di un negozio di animali: fu amore a prima vista! Nei primi anni Ottanta ho conseguito dei discreti risultati espositivi, anche in mostre blasonate, dovuti però all’esiguo numero di soggetti presenti piuttosto che al raggiungimento di importanti obiettivi selettivi. A quei tempi era assai difficile creare, in Italia, un buon ceppo, sia per la difficoltà di approvvigionarsi di soggetti di buona qualità (che, peraltro, avevano dei prezzi proibitivi) sia per le scarse nozioni delle quali si disponeva riguardo la genetica, la riproduzione e il mantenimento. Gli anni Novanta sono trascorsi senza passi avanti significativi e, anzi, con un acquisto sciagurato, ho introdotto nel mio allevamento il poliomavirusa viare, con un conseguente altissimo tasso di mortalità. Ho accusato duramente il colpo e quella è stata la volta in cui, più prepotente che mai, è emersa la volontà di mollare tutto. L’incontro con un nuovo socio della mia Associazione ornitologica, anch’egli appassionato come me di ondulati, mi ha dato però nuova linfa: insieme abbiamo cominciato a visitare diversi allevamenti, abbiamo conosciuto altri allevatori, alcuni dei quali oggi mi onoro di chiamare amici e, sempre insieme, abbiamo cominciato a frequentare, grazie all’ausilio di internet, dei gruppi specifici sull’ondulato. Se l’incontro appena descritto ha rappresentato la mia ripartenza, il punto di svolta l’ho avuto con l’ingresso nel gruppo virtuale “Ondulati Inglesi Italia 2008”, dove ho potuto conoscere esperti appassionati che mi hanno consigliato e indirizzato, consentendomi di maturare come allevatore e conoscitore della razza.

Ma entriamo ora nel mio allevamento e cominciamo con l’analizzare gli errori più gravi che ho commesso.

Primo errore: acquistare da allevatori

diversi. Quando si comincia l’allevamento di una nuova specie è buona norma acquistare i soggetti di partenza tutti da uno stesso allevatore, dopo averne individuato uno competente, disponibile e magari non troppo distante da noi. Questo perché, quando si acquista da un allevatore, non si sta acquistando soltanto quello che possiamo facilmente vedere del soggetto (fenotipo), stiamo prelevando la “linea di sangue” di quell’allevamento, ciò che non vediamo ma che è scritto nel patrimonio genetico del pappagallino (genotipo) e che è frutto del lavoro di selezione dell’allevatore. Partire mescolando linee di sangue diverse ha un’altissima percentuale di fallimento, dato che molto probabilmente andremo a rimescolare e scombinare caratteristiche genetiche che altri allevatori avevano fissato con tempo e fatica prima di noi. Ovviamente, una volta consolidato il proprio ceppo, questo andrà di tanto in tanto “innestato” con sangue nuovo, ma, appunto, ciò dovrà avvenire solo dopo aver fissato determinate caratteristiche.

Secondo errore: non visitare gli alle-

vamenti. Questo è un errore comune a molti di noi allevatori che, per mancanza di tempo o a causa delle distanze, spesso identifichiamo l’allevatore che ci appare migliore e prenotiamo i suoi soggetti che ritireremo in questa o quella mostra. Tale pratica, però, ci impedisce di valutare da vicino la genealogia dei soggetti che stiamo per portare nel nostro aviario, di verificare l’ambiente nel quale sono abituati a vivere, ciò con cui sono soliti alimentarsi e, più in generale, ci impedisce quell’interscambio culturale e quella condivisione che dovrebbero rappresentare

Prima di immettere nuovi soggetti nel nostro aviario, è buona norma far trascorrere loro il giusto periodo di quarantena

uno degli obiettivi di ciascuno di noi. Terzo errore: la quarantena. Prima di immettere nuovi soggetti nel nostro aviario, è buona norma far trascorrere loro il giusto periodo di quarantena in un locale in qualche modo collegato a quello di stazionamento del resto dei nostri pappagallini; questo per evitare di introdurre malattie nel proprio ambiente e anche per permettere ai nuovi arrivati di acclimatarsi al diverso microclima (ricordiamoci che, da allevamento ad allevamento, variano la carica batterica, la temperatura, l’umidità, etc.). Un fattore importantissimo all’interno di un aviario è la disinfezione. Io la pratico regolarmente con varechina e/o sali quaternari di ammonio per contrastare i batteri, e con prodotti più specifici per i virus. Parliamo ora dei nidi. Per quanto mi riguarda li uso in legno, con l’interno, estraibile, in plastica. I “cassettini” interni in plastica sono di facile disinfezione e possono essere sostituiti all’occorrenza senza problemi; inoltre, garantiscono una buona areazione, essendo sollevati dal fondo del nido. È importante assicurarsi che i fondi siano

dotati di una conca dove le madri effettueranno comodamente la deposizione. In questi cassettini dispongo trucioli di legno o canapa, insieme a farina di diatomee (utile contro i parassiti) che sostituisco, generalmente, ogni due o tre giorni. Durante il periodo di deposizione sono solito marcare le uova con un pennarello indelebile, in maniera da riconoscerne immediatamente provenienza e tempo di incubazione anche nel caso abbia dovuto spostarle da un nido a un altro. Può capitare, infatti, di dover spostare le uova per diversi motivi, tra i quali il fatto che i nascituri saranno troppi da accudire per una sola femmina, oppure che la madre, sciagurata, abbandoni la covata. Ispeziono i nidi giornalmente: oltre a osservare con attenzione il comportamento dei riproduttori, questo mi permette, generalmente, di accorgermi subito di eventuali problemi così da intervenire tempestivamente per arginarli. Tra i problemi riscontrabili abbiamo: - Madre che non alimenta i piccoli.

Una possibile soluzione è quella di spostare i novelli in un altro nido, sostituendoli con piccoli più avanti di età che, essendo più grandi, chiameranno più forte l’imbeccata, invogliando la madre ad alimentarli. Con questo sistema si raggiungerà il duplice scopo di portare a svezzamento i piccoli e insegnare alle madri i tempi dell’imbeccata. - Pica.Si tratta della pratica di spiumare i propri pulli, a volte fino a farli sanguinare e arrivando a causarne addirittura la morte. In queste situazioni non ho trovato altra soluzione che spostare i piccoli in altri nidi, affidandoli cioè alle cure di altri “genitori”. Ho preso l’abitudine di non mettere in riproduzione femmine al di sotto dei 14 mesi, perché ho notato che, in linea di massima, i problemi summenzionati si hanno con madri troppo giovani. Altro problema riscontrabile potrebbe essere quello che i genitori becchino i piccoli usciti da poco dal nido. In questi casi risolvo posizionando, all’interno della gabbia, un rifugio dove i piccoli possano sfuggire alle ire dei genitori, oppure una gabbietta esterna, collegata a quella dei riproduttori, attraverso la quale i novelli possano essere alimentati, ma non feriti; nei casi più gravi bisogna allontanare il genitore colpevole degli attacchi (l’altro riuscirà tranquillamente ad alimentare da solo i propri figli). Per quanto riguarda l’alimentazione, io utilizzo una miscela composta al 50% di miglio (giapponese, bianco e giallo) e per il restante 50% di scagliola, integrati con panico in spighe. A parte, somministro semi germinati (grano, misto per piccioni e avena), emulsionati con olii (evo, semi di girasole, fegato di merluzzo) e mescolati a pastone secco all’uovo addizionato con probiotici, prebiotici e un mix di erbe e spezie (origano, rosmarino, peperoncino, paprika, ortica, basilico, erba medica, menta, timo, etc.). Questa l’alimentazione di base che, in alcuni periodi dell’anno (preparazione cove, riproduzione), viene ulteriormente integrata da uova sode, sali minerali, verdure e ortaggi tritati. Ebbene sì, l’allevamento dell’ondulato di forma e posizione non è certo economico, né si può portare avanti senza attenzioni o sacrifici, ma vi assicuro che questi splendidi pappagallini ripagano ogni sforzo, lasciandosi ammirare in tutta la loro eleganza e maestosità!

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