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Pierluigi Mengacci
Il Crespigno: una pianta erbacea buona e salutare
testo e foto di PIERLUIGIMENGACCI
Premessa Siamo a fine febbraio, sto perlustrando il campo confinante con il mio giardino in cerca di erbe commestibili da raccogliere. È una bella mattinata. Alcuni fiori gialli su steli che sovrastano tutte le altre erbe attirano la mia attenzione: - “il giallo è il primo colore che risveglia la natura… non saranno mica crespigni?!”- Mi avvicino: - “Toh! sono proprio “scarpégn”, (Sonchus oleraceus) proprioquelli che cercavo!” - Li raccolgo e, lavati e asciugati, come ogni anno prima delle cove, li porto alle femmine dei miei canarini, memore di una vecchia tradizione contadina che mia nonna Ersilia praticava conle sue galline: “perchè i crespigni fanno fare più uova” -mi disse, fin dal primo “incontro” che ho avuto con questa pianta erbacea mangereccia. Fra tutte le piante erbacee mangerecce di cui ho già descritto proprietà ed utilizzo in miei precedenti articoli, il crespigno è la prima pianta che ho imparato a riconoscere e raccogliere con sicurezza, grazie alla nonna Ersilia. Era un pomeriggio di maggio, avevo circa 10 anni, e stavo giocando a “nascondino” per le vie del paese. Ad un certo punto compare nonna Ersilia e con la sua voce autoritaria, che non ammetteva un rifiuto, chiamò me e mio cugino Walter: - “Gigi, Walter nit sa me, a gein a coia le magiòl da non Saptel. (Gigi e Walter venite con me, andiamo a raccogliere le ciliegie maggiole dal nonno Saptel”); – così era soprannominato il bisnonno Stefano Montanari –. Molliamo tutto e di corsa raggiungiamo la nonna che si era già incamminata. Strada facendo non ve-
Dai miei appunti orto-ornitofili e non solo
Crespigni in fiore nel giardino dell’autore
devamo l’ora di salire sulla pianta e fare una scorpacciata di ciliegie… invece, arrivati sotto la pianta, abbiamo dovuto dire come la volpe con l’uva nella favola di Esopo: ”non sono ancora mature!” - La nonna nel frattempo si era messa a raccogliere erbe di campagna lungo il filare di viti dove c’è anche il ciliegio ed io, mentre mio cugino Walter si allontana per cercare il bisnonno, mi avvicino alla nonna e incuriosito le chiedo che erbe fossero. Lei: - “Gigén mia l’è i scarpégn, maché c’è sol questi” (Gigino mio sono i crespigni, qui ci sono solo questi).
Sonchus asper Mi dà una pianticella nelle mani e mi dice (lo scrivo in italiano): “Prendi, guardala bene, questo è un crespigno, fa un fiorellino giallo e le foglioline sono frastagliate. Adesso guarda bene questo, lo tagli col coltello alla base e, quando lo prendi in mano, stai attento perché è un crespignocon le foglioline ruvide e spinose - e mentre lo “concia” (pulisce) prosegue: - “Un domani non si sa mai, forse anche tu andrai a raccogliere le erbe, così il crespignolo potrai riconoscere -e chiude dicendomi: -“impara l’arte e mettila da parte.” Mentre seguita a raccogliere le chiedo: - “Ma sono buoni da mangiare o sono per i conigli?” – Lei: - “Si, sono buoni; sono erbe dolciastre, buone sia in insalata che cotte assieme ad altre erbe. Oggi li raccolgo anche per i conigli e le galline, così si ingrassano e le galline fanno più uova.” Nel frattempo mi raggiunge Walter e mi dice che “non Saptel” ci aspetta nella stanza dei bachi da seta. Se vogliamo vederli, dobbiamo raggiungerlo. Non mi sembra vero e, con l’immagine del crespigno fissata nella memoria e un po’ di prurito nelle mani, si va nella stanza dei bachi. Uno spettacolo indescrivibile, rastrelliere piene di bruchi bianchi-avorio che si mescolano al verde delle foglie di gelso. E non vi dico che meraviglia i telaietti pieni di bruchi giallastri che, indisturbati, stanno tessendo i loro
Sonchus oleraceus
bozzoli bianchi... Bei ricordi che rimangono impressi nella memoria per sempre, come il prurito del crespigno spinoso! Con questo episodio voglio dire che la mia conoscenza visiva e tattiva di alcune erbe selvatiche mangerecce, crespigno in primis, viene da molto lontano. L’interesse per la botanica, per le proprietà medicinali e culinarie è iniziato, invece, a fine anni 60 del secolo scorso con la frequentazione di un allevatore di canarini. Era un erborista più che convinto e mi decantava ad ogni visita le virtù delle varie erbe di campagna che raccoglieva, delle tisane che realizzava e del loro utilizzo nell’alimentazione dei canarini nelle varie fasi della loro vita. - “Ricordati questo vecchio proverbio –mi diceva quando andrai a raccogliere erbe di campagna: “Ogni erba che guarda in su ha la sua virtù!” Grazie ai suoi consigli e qualcosa che carpivo dai suoi “omissis” e sbirciando fra le gabbie, ho appreso i primi rudimenti sull’allevamento e sull’uso di erbe e tisane per i canarini. Per il suo tramite, mi sono iscritto alla FOI nel 1971, ed è da quella data che iniziai la mia seria hobbistica avventura con la conoscenza dei canarini e delle erbe di campagna. Trasferitomi a Monteciccardo, nel 1995, oltre ai canarini e le erbe di campagna, è iniziata l’altra mia avventura con l’impianto di un piccolo frutteto di piante antiche e di un orticello biologico, seguendo i preziosi consigli dell’amico agronomo Massimo. E così, nel corso degli anni, si è maturata la mia modesta cultura di “orto-ornitofilo”. Dopo questa digressione, ritorno al tema iniziale: il crespigno.
Alcuni cenni botanici e storici Alla famiglia delle Asteraceae, appartengono le due varietà di crespigno conosciute nella mia zona e precisamente: - Crespigno Comune(nome scientifico Sonchus oleraceus) con fusti eretti ramosi e fogliosi fino in alto.
Gli steli, come le foglie, sono più teneri e dolci dello spinoso. Le foglie si presentano di un verde opaco (verde lucido a piena maturazione), sono molli e lisce e non sono spinose; quelle basali sono picciolate e formano una folta rosetta a livello del terreno. - Crespigno Spinoso(nome scientifico Sonchus asper). I fusti sono poco ramosi con foglie coriacee e spinose, leggermente amarognole, di colore verde lucido nella pagina superiore, bluastre nella pagina inferiore. Anche qui abbiamo una folta rosetta pari al terreno. Entrambe le specie sono commestibili e molto apprezzate per il sapore dolciastro delle foglie e degli steli e attenuano in misticanze l’amarognolo di altre erbe come la cicoria selvatica. I fustidi colore verde o rossiccio sono cavi e quando si spezzano o vengono tagliati fuoriesce un latice bianco (lattarolo) leggermente appiccicoso ma assolutamente innocuo. Possono raggiungere un’altezza oltre il metro ed hanno una radice a fittone che si infissa nel terreno per 20/30 cm. I fiori, simili a margherite, sono riuniti in capolini sulle estremità degli steli ed hanno la corolla composta da numerosi petali di colore giallo chiaro alle estremità e giallo oro al centro; sbocciano nelle ore più fresche del mattino per poi chiudersi non appena i raggi del sole diventano più caldi. La fioritura inizia da fine febbraio fino a tutto novembre e, con miti temperature, anche oltre. I frutti sono acheni con pappo, oblunghi e spinosi. Il pappo è sessile ed è formato da setole semplici. Habitat:sono comuni in tutto il territorio italiano, in alcune regioni sono presenti anche tutto l’anno, ad esclusione dei mesi più freddi. Li troviamo indifferentemente in terreni coltivati o negli incolti, negli uliveti, nelle vigne, lungo i cigli delle strade di campagna, in mezzo alle aiuole spartitraffico, nei parchi cittadini, lungo i marciapiedi ecc. N.B.:raccogliamo solamente quelli lontani da fonti inquinanti o in campi privi di diserbanti o dove ci sono colture biologiche. Etimologia: il nome del genere deriva dal greco sonchus = molle, spugnoso, per la caratteristica del fusto lungo, cavo e debole; mentre il nome delle specie oleraceus di origine latina, (oler = verdurae aceus= simile), cioè simile a verdure da ortaggio. Il nome asper, significa ruvido, aspro, rugoso, scabro. A tal proposito un detto del mio paese recita così: “Tsi drostic com un scarpèign”, riferito ad una persona, rustica e poco socievole! Storicamente troviamo menzionato il crespigno fin dall’antichità e il suo Crespigni comuni pronti per le femmine dei canarini dell’autore nome risale a Teofrasto (III e II secolo avanti Cristo). Plinio il Vecchio descrive ilcrespigno come pianta commestibile e riporta che Teseo prima di inoltrarsi nel labirinto per uccidere il Minotauro si nutrì con un bel piatto di crespigno. Nel medioevo il crespigno veniva coltivato soprattutto negli orti dei monasteri non solo come erba mangereccia, ma veniva anche utilizzato, secondo la medicina popolare, come trattamento per contrastare vari disturbi associati a fegato, ai polmoni e ai reni.
Crespigno in fiore nel giardino dell’autore
Nido di agata con 7 uova
L'autore nella raccolta invernale di erbe mangerecce
Proprietà ed utilizzo (vedi anchemio articolo su I.O. n.8-9 del 2015 p.59-60) Il crespigno, pianta spontanea mangereccia, oltre a vitamine e fibre, contiene elevate quantità di sali minerali (ferro, calcio e fosforo) ed omega 3. Studi recenti, oltre a confermare quanto asserito nella tradizione della medicina popolare, hanno dimostrato che può essere anche un alimento, per l’alto contenuto di omega 3, adatto a combattere i radicali liberi, le malattie cardiovascolari e per i vegetariani essere un valido sostituto del pesce. Anche l’Erboristeria e la Fitoterapia hanno preso in considerazione questa pianta erbacea e ne consigliano gli estratti per proteggere i reni e alleviare lo stress ossidativo indotto. Inoltre, viene consigliato come un ottimo rimineralizzante in quanto fornisce tutti i sali minerali (macro e microelementi) indispensabili per l’accrescimento e utilissimi per la regolazione delle attività biologiche dell’organismo umano.
Uso culinario L’uso del crespigno, nella mia zona, è sempre stato presente soprattutto come erba mangereccia, sia cotto che in insalata assieme ad altre erbe selvatiche. Nella mia cucina, come penso in quella di molti ornicoltori italiani, il crespigno viene utilizzato sia crudo nelle misticanze di insala, per attenuare l’amarognolo delle altre erbe di campagna, sia cotto come ripieno di tortellini o ravioli, in sostituzione delle bietole. Alcune volte con i fusti cavi più grossi, dopo la lessatura, mia moglie prepara delle squisite frittatine; oppure tagliati alla Julienne, sostituiscono le “puntarelle” in misticanze di insalata. Lo scarpigno, o crespigno (scarpégn in dialetto) è altresì riconosciuto come il principe delle erbe di campagna pesaresi e romagnole. Era, ed è, una parte fondamentale del “companatico” della piadina. In campagna, dai contadini, oltre agli usi suddetti in cucina, veniva anche utilizzato come foraggio per gli animali, (bovini, conigli e pollame) perché ritenuto ottimo per la produzione di latte, carni e uova. Altra usanza era anche quella di adoperarne le radici, estratte nei mesi estivi, tostate e macinate, come sostituto del caffè.
Uso ornitologico Nell’alimentazione dei volatili, il crespigno lo troviamo in tutta la letteratura riguardante l’avifauna selvatica. Soprattutto le infiorescenze sono appetite da cardellini, verzellini, lucherini, verdoni, ecc. sia nel periodo riproduttivo che in quello di riposo. Anche nell’allevamento amatoriale di canarini e soprattutto di I.E.I., ho riscontrato l’utilizzo sia della pianta intera che delle rosette basali, a partire dalla primavera e oltre, fin quando la natura dà la possibilità di raccoglierle. Nel mio piccolo allevamento di canarini di colore, memore di quanto diceva mia nonna, a conferma della tradizione contadina (il crespigno dato
Fiori di Crespigno
alle galline fa aumentare la produzione di uova), a partire dai primi di marzo faccio un trattamento alle femmine a giorni alterni con il pastoncino inumidito dalle rosette basali del crespigno sminuzzate e frullate, o con le pianticelle, messe a disposizione fino alle prime deposizioni. Non posso dire se effettivamente c’è un aumento di uova deposte, ma mediamente i nidi contengono circa 5 o 6 uova, il che è un ben sperare! Chiudoribadendo che leerbe spontanee, e fra queste anche il crespigno, sono molto ricche di vitamine, sali minerali e principi attivi, perché crescono spontaneamente senza che intervenga la mano dell’uomo. Infatti, il luogo, il tempo giusto, i nutrienti del terreno, l’umidità, le temperature, l’irraggiamento solare, la lontananza da fonti inquinanti, sono le condizioni naturali e ottimali per la crescita, lo sviluppo e per dotare ogni specie di proprietà utili per il nostro organismo. Dai primi di marzo fino ai primi freddi ed oltre, abbiamo a disposizione una pianticella, il crespigno, che apporta all’organismo vitamine e sali minerali indispensabili per l’accrescimento e utilissimi per la regolazione delle attività biologiche, senza dimenticare che contiene una buona dose di antiossidanti, utili a mantenere i tessuti sani e prevenire l’invecchiamento. Chi ha la possibilità di andare in campagna, oltre a fare una sana passeggiata, in luoghi lontani dallo smog e inquinanti vari, si munisca di un coltello ed una sporta e cerchi di reperire tra le varie erbe mangerecce anche il crespigno; approfitti per raccoglierlo in abbondanza e, oltre al proprio consumo, lo dia volentieri ai propri volatili in tutte le stagioni; e… (il contadino insegna) “foraggiamo” bene le nostre femmine per una stagione cove prosperosa!!! Ad maiora semper
Cespuglio di crespigno comune nel giardino dell’autore