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commento di Alfonso Contaldo
quanto riguarda un utente che abbia caricato file lesivi di un diritto di proprietà intellettuale, al suo indirizzo di posta elettronica, al suo numero di telefono nonché all’indirizzo IP utilizzato per caricare tali file o all’indirizzo IP utilizzato in occasione del suo ultimo accesso all’account utente.
IL COMMENTO
di Alfonso Contaldo
Sommario: 1. Premesse. – 2. La responsabilità degli ISP e i controlli “a posteriori” a seguito di segnalazioni di violazioni di diritto d’autore. – 3. L’interpretazione restrittiva sulle informazioni rilasciabili al titolare del diritto d’autore.
La sentenza in epigrafe offre la possibilità di soffermarci sull’evoluzione tecnologica nell’ambito della società dell’informazione e l’esigenza di individuare punti di equilibrio in quelle “terre di confine” dove la giurisprudenza consolidata viene a doversi confrontare con nuove situazioni non ancora completamente univoche nel sistema giuridico. The judgement offers a possibility to dwell on the technological evolution in the Information Society and on the necessity to identify the right points of balance with regard to those “borderlands” where the consolidated jurisprudence has to deal with new situation not yet univocal pursuant to the legal system.
1. Premesse
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ci evidenzia come gli indirizzi IP e di posta elettronica di soggetti che abbiano violato il diritto d’autore on line non possono essere oggetti della richiesta legittima dei titolari del diritto de qua nei confronti delle piattaforme digitali. Nel caso di specie, seppure è risultato pacifico che tali piattaforme fornissero, su scala commerciale, servizi on line anche avvalendosi, in una specifica attività di caricamento sulla piattaforma di YouTube, di opere in violazione di un diritto d’autore sui file contenenti opere protette, a danno della parte attrice, tuttavia l’aspetto controverso portato innanzi alla Corte verteva sulla legittimità o meno del rifiuto da parte di queste società di fornire talune informazioni richieste dal titolare dei diritti d’autore relative ai cd. trasgressori, ed in particolare i loro indirizzi di posta elettronica e numeri di telefono nonché gli indirizzi IP utilizzati da questi ultimi sia al momento del caricamento dei file in questione sia al momento dell’ultimo accesso al loro account Google/YouTube. La Corte si è vista porre il quesito se le informazioni richieste dalla parte attrice rientrassero nella nozione di «indirizzo», ai sensi dell’art. 8, par. 2, lettera a), della direttiva 2004/48/CE. Occorre ricordare che, a termini dell’art. 8, par. 1, lettera c), della direttiva 2004/48/CE, gli Stati membri assicurano che, nel contesto dei procedimenti riguardanti la violazione di un diritto di proprietà intellettuale e in risposta a una richiesta giustificata e proporzionata del richiedente, l’Autorità giudiziaria competente possa ordinare che le informazioni sull’origine e sulle reti di distribuzione di merci o di prestazione di servizi che violino un diritto di proprietà intellettuale siano fornite dall’autore della violazione e/o da ogni altra persona che sia stata sorpresa a fornire su scala commerciale servizi utilizzati in attività di violazione di un diritto; tuttavia l’art. 8, par. 2, lettera a), della direttiva 2004/48/CE precisa che le suddette informazioni comprendono, ove opportuno, nome e indirizzo dei produttori, dei fabbricanti, dei distributori, dei fornitori e degli altri precedenti detentori dei prodotti o dei servizi, nonché dei grossisti e dei dettaglianti: gli Stati membri devono pertanto garantire che le autorità giudiziarie competenti possano, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, ordinare al gestore della piattaforma online di fornire il nome e l’indirizzo di qualsiasi persona che abbia caricato su tale piattaforma un film senza il consenso del titolare del diritto d’autore, soprattutto se l’attività della piattaforma non sia di mero hosting (1) bensì quello di un vero e proprio content provider (2).
(1) Gli hosting providers sono gli operatori tecnologici che forniscono un servizio di rete che si sostanzia nella disponibilità ad allocare, sui propri server web le pagine web di un sito rendendolo, così, accessibile nella rete. Il server web definito host consente la connessione ad Internet mantenendo le pagine web ospitate, senza realizzarle o modificarle, in modo da consentirne la visione agli utenti. (2) In questo caso è da considerarsi come un provider che fornisce, non solo lo spazio di memorizzazione e visibilità della pagina web e del relativo contenuto ma, bensì, diretto autore dei contenuti e, quindi, responsabile degli stessi. “Ne consegue che l’illiceità dei contenuti è imputabile solo ed esclusivamente al fornitore e non all’host provider, escludendo che quest’ultimo abbia un obbligo giuridico di accertare ed eventualmente impedire immissioni di messaggi illeciti da parte del gestore del sito”. Così CASSAno, ContALdo, La natura giuridica e la responsabilità civile degli internet Service Providers (ISP): il punto sulla giurisprudenza, in Corr. giur., 2009, n. 9, 1212 ss.
Bisogna ricordare che la Direttiva n. 31/2000/CE sul commercio elettronico (3), recepita in Italia con D. lgs. 9 aprile 2003 n. 70 si occupa della tutela e dell’affidabilità delle transazioni predisponendo una disciplina dei prestatori di servizi in rete. Tale norma prevede esplicite esenzioni dei prestatori di servizi dalla responsabilità, nel caso di illeciti commessi dagli utenti tramite i loro servizi, in presenza di specifici requisiti sanciti dall’art. 16 del D. lgs. n. 70 del 2003. Infatti, quest’ultima disposizione prevede l’irresponsabilità dell’hosting provider laddove: “a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono, manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso”. L’art. 16, come mostrato, sancisce queste esclusioni di responsabilità considerando l’inesigibilità (4) della prestazione di controllo dei contenuti in capo al provider di hosting che non abbia avuto un ruolo attivo e diretto nella realizzazione dei contenuti stessi.
Sul tema bisogna ricordare che la giurisprudenza della Corte di Giustizia sin dalle pronunce C-70/10 (Scarlet c.- Sabam) e C-360/10 (Netlog c. Sabam) ha circoscritto la responsabilità dell’ISP, per violazioni dei diritti della proprietà intellettuale a mezzo della rete, allorquando non abbiano effettuato dei controlli a posteriori in seguito a specifiche segnalazioni. Appare doveroso richiamare il considerato n.59 della direttiva europea 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi alla società dell’informazione la quale specifica “In particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela a disposizione, i titolari dei diritti dovreb-
(3) Vedi per tutti deLFini, Il commercio elettronico, II, Trattato di diritto dell’economia, diretto da piCozzA, GABrieLLi, Torino, 2004, spec. 142 ss.; infine vedi i saggi del collettaneo in toSi (a cura di), La tutela del consumatore in Internet e nel commercio elettronico, Milano, 2012. (4) Vedi Trib. Roma, 4 luglio 1998, in Dir. inf. 1998, 807 e ss., con nota di CoStAnzo, I newsgroup al vaglia dell’autorità giudiziaria (ancora a proposito della responsabilità degli attori d’Internet) e in Arch. Civ. 2000, 1252 e ss., con nota di CArApeLLA, CASSAno, Il danno da informazioni a mezzo reti telematiche. Ai fini di una lettura più approfondita della materia si prenda visione di de CAtA, La responsabilità civile dell’internet service provider, 2010, 174 e ss. bero avere la possibilità di chiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti” (5). Definizione richiamata dalla Corte di Giustizia nell’ambito del provvedimento C-314/12 (UPC Telekabel Wien GmbH c. Constantin Film Verleih GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft mbH) (6), sulla stregua della risoluzione del Parlamento Europeo del 27 novembre 2014 sul sostegno ai diritti dei consumatori nel mercato unico digitale 2014/2973 (RSP) (7), che ai punti 15, 17 e 21 mostra le preoccupazioni riguardo all’abuso di posizione dominante dei motori di ricerca (fra i quali è da annoverare la stessa Yahoo!). Nello specifico il punto 15 “osserva che il mercato dei motori di ricerca online (8) è particolarmente importante per garantire condizioni concorrenziali all’interno del mercato unico digitale, data la potenziale evoluzione dei motori di ricerca in sistemi di filtro dei contenuti (gatekeeper) e la loro possibilità di commercializzare lo sfruttamento secondario delle informazioni ottenute; invita pertanto la Commissione ad applicare con fermezza le norme dell’UE in materia di concorrenza, sulla base del contributo di tutti i soggetti interessati e tenendo conto dell’intera struttura del mercato unico digitale, al fine di garantire mezzi di ricorso che vadano effettivamente a vantaggio dei consumatori, degli utenti di Internet e delle imprese online; invita inoltre la Commissione a prendere in considerazione proposte volte a separare i motori di ricerca da altri servizi commerciali quali strumenti potenziali a lungo termine per conseguire gli obiettivi summenzionati”. La conseguenza più immediata non particolarmente approfondita dalla Corte è la facilità con cui si possono riprodurre in Internet opere coperte dal diritto d’autore e la possibilità di dare o meno un carattere personale alle idee immateriali o alle immagini, tenuto conto del fatto che la multimedialità è realizzata con immagini e suoni. Si presentano, pertanto, due ordini di problemi: da un lato la smaterializzazione del supporto informativo, dall’altro la difficoltà di distinguere esattamente ciò che è nuovo, ciò che innova, dalla porzione di originale che c’è in un’opera dell’ingegno. Un contributo interessante a questo dibattito è stato apportato dall’OMPI
(5) Fonte: <http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2001:167:0010:0019:IT:PDF>. (6) Vedi punto 27 provvedimento C-314/12 (UPC Telekabel Wien GmbH c. Constantin Film Verleih GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft mbH) Fonte: <http://owlitalia.com/wp-content/uploads/2014/04/sentenza.pdf>. (7) Fonte: <http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2f%2fEP%2f%2fTEXT%2bTA%2bP8-TA-2014-0071%2b0%2bDOC%2bXML%2bV0%2f%2fIT&language=IT>. (8) Sul punto vedi SAMMArCo, Il motore di ricerca. Nuovo bene della Società dell’informazione: funzionamento, responsabilità e tutela della persona, in Dir. inf., 2006, 621 ss.
(Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale) che, in una conferenza tenutasi a Ginevra nel 1996, con l’intento di aggiornare la Convenzione di Berna sul diritto d’autore ed il Trattato di Roma sui diritti connessi rispetto alle nuove problematiche giuridiche poste da Internet, è stato stipulato un trattato per una nuova forma di diritto sui generis, per la regolamentazione delle banche dati. Questo diritto non sarebbe però previsto a tutela delle creazioni intellettuali, ma per proteggere gli investimenti economici sostenuti dai costitutori per la creazione delle banche dati. Un’altra novità deriva anche dalle fattispecie comportamentali a cui si applica il diritto sui generis: si parla di estrazione, termine che sta ad indicare la specifica operazione effettuata dagli utenti nella consultazione dei dati archiviati nei data base, più limitata dell’uso e della riproduzione (9). Resta da stabilire quale sia la tutela apprestata alle pagine Web, anch’esse forma particolare di editoria elettronica. Il mero collegamento ipertestuale non è stato ritenuto suscettibile di tutela, né nei sistemi di copyright né in quelli di origine europea basati sul diritto d’autore. Infatti la pagina che rinvia, tramite ipertesti, ad altri documenti non può essere considerata un’originale struttura di accesso all’informazione da proteggere come una banca dati. L’affermazione della tutela delle opere diffuse via rete telematica comporta importanti conseguenze: così in materia di trasmissione di file, il gestore del server, che copia il file nel proprio computer e poi lo mette a disposizione del pubblico, dovrà chiedere una duplice autorizzazione (una per l’attività di copia, assimilabile alla riproduzione, l’altra per la comunicazione elettronica); l’utente, nel momento in cui prelevi un file, ponendo in essere un’operazione di riproduzione, necessita anch’egli di apposite autorizzazioni, soprattutto se può ritenersi sostenibile l’inapplicabilità alle comunicazioni telematiche della cosiddetta eccezione dell’uso personale, valida in molte legislazioni con riferimento ad altre categorie di opere . Allo stesso modo, nel caso di consultazione di pagine web, il gestore del server deve ottenere una duplice autorizzazione, mentre l’utente dovrà ottenere il consenso dell’autore solo se il transito della memoria del suo computer possa essere qualificato come riproduzione. Ci si chiede a questo
(9) Vedi al riguardo pArdoLeSi, Software di base e diritto d’autore: una tutela criptobrevettuale?, in Foro it., 1988, I, 3132; SpoLidoro, Il sito web, in AIDA, 1998, 178; MuSSo Ipertesti e thesauri nella disciplina del diritto d’autore, in AIDA, 1998, 211;GAttei, Tutela dell’opera multimediale su rete telematica: la situazione europea, in Dir. inf., 1998, 469 ss.; CuneGAtti, La creazione dell’autore come opera dell’ingegno, in MASi (a cura di) L’autore nella rete, Milano, 2000, spec. 29 ss.; BoneLLi, Il sito web quale opera dell’ingegno, in Dir. inf., 2002, 199 ss.; MArzAno, Il digital audio sampling tra diritto d’autore, right of publicity e legge Marchi, in Dir. aut., 2002, 193 ss.; di CoCCo, L’opera multimediale. Qualificazione giuridica e regime di tutela, Torino, 2005, 42 ss., ChiMenti, Lineamenti del nuovo diritto d’autore. Aggiornato con il d. lgs. 118/2006 e con il d. lgs. 140/2006, Milano, 2006, spec. 143 ss. punto se i principi fin d’ora enunciati siano realmente efficaci nella protezione dei diritti di proprietà intellettuale sulle reti telematiche, ed in particolare su Internet. In riferimento al diritto d’autore si sono create correnti di pensiero in favore della soppressione di questo diritto in riferimento agli usi delle reti telematiche , convinti che lo scopo primario di ogni legislatore sia quello di mettere il patrimonio della creatività a disposizione della comunità, anche se i diritti degli autori paiono difficilmente sopprimibili allo stato attuale; tuttavia le opere pubblicate in origine su rete, scritte dunque elettronicamente, mantengono una valenza di oralità essendo temporanee, precarie, potendo sparire senza lasciare traccia alcuna della loro previa esistenza. Non esiste, infatti, alcun strumento riconosciuto dalla legge che possa fornire la prova certa dell’anteriorità della pubblicazione dell’opera e quindi della sua paternità. Perdurando un tale vuoto legislativo, gli autori e gli editori, non sentendosi tutelati, difficilmente pubblicheranno originariamente le loro opere sulla rete, rivolgendosi invece ai media tradizionali, relegando alla rete il ruolo di mezzo di diffusione secondario se non occasionale; ciò avverrà in costanza di un‘editoria che risulta essere molto più sensibile a soddisfare le necessità primarie del lettore quali un accesso semplice e veloce, con costi minimi, ad una grande mole di informazioni di vario genere, elaborate e soprattutto aggiornate continuamente. Compito principale e di vitale importanza per l’industria multimediale, appare quello dell’appropriazione tempestiva e conveniente dei diritti di sfruttamento relativi alle opere da inserire nel prodotto finale. La questione riguardante l’acquisizione dei diritti insistenti sulle opere da inserire nel titolo multimediale, trova la fonte principale nella legge sul diritto d’autore (legge 22 aprile 1941 n.633). I singoli contributi informativi si possono amalgamare e completarsi l’un l’altro a formare un tutt’uno, in un modo che esso potrebbe essere accostato più alle tradizionali opere composte (disciplinate ex art. 33 l.d.a.) che alle opere collettive (10). Tuttavia, ciò che realizza la connessione tra i diversi contributi informativi contenuti nel prodotto multimediale è pur sempre il progetto tecnico e quindi un’attività creativa che (come avviene appunto nelle opere collettive) si colloca a un livello superiore e distinto rispetto ai singoli contributi, determinando il risultato finale. Non ci si può stupire che assai dibattuto appaiono la possibilità e l’opportunità di dare una definizione giuridica della nuova categoria di “opere multimediali” e di stabilire la tutela specifica che ad
(10) Vedi al riguardo FABiAni, Banche dati e multimedialità, in Dir. aut., 1999, 1 ss.; pASCuzzi, Il diritto nell’era digitale, III ed., Bologna, 2012, 172 ss.
essa vada accordata (11). La questione è incentrata sulla possibilità di configurare per queste nuove categorie di opere o piuttosto considerare la multimedialità come uno strumento di veicolazione delle opere divulgate già su altro supporto. In tale ottica la stessa Direttiva 96/9/ CE può rappresentare una tendenza del diritto d’autore a offrire la propria tutela ad opere contraddistinte soprattutto da una intelligente sintesi del lavoro anche altrui. Sia che il testo si imperni sui criteri della scelta e del coordinamento (art. 3 l.d.a.), sia che si imperni sui criteri della scelta o della disposizione (art. 3.1 Direttiva 96/9), l’editoria ipertestuale risulta riconducibile tanto alla più tradizionale categoria delle opere collettive, benché il legislatore nazionale taccia del fine informativo (visto che risulta problematico immaginare una finalità informativa allo stato puro, come distinta da finalità di altro genere, letterarie, scientifiche, didattiche, ecc.) quanto alla più recente figura delle banche dati. Tuttavia, appare evidente che la nozione di banca dati accolta dalla Direttiva risulta pericolosamente prossima a quella in uso per le opere collettive in ambito nazionale o internazionale (v. art. 2.5 Convenzione di Berna) (12). Sicché, da una parte, è condivisibile l’opinione secondo la quale l’elemento specializzante andrebbe ravvisato in una maggiore ampiezza del potenziale oggetto di una banca dati rispetto a quello di un’opera collettiva generalmente intesa e nella simultanea, e non alternativa, presenza nella fase di creazione di quest’ultima sia dell’elemento della scelta che dell’elemento del coordinamento (“disposizione” secondo la Direttiva). Pertanto, data la mancanza di un espresso coordinamento fra la Direttiva n. 96/9/CE e la disciplina delle opere collettive, operato dal legislatore in sede d’attuazione, si va incontro ad una sovrapposizione pressoché integrale tra le possibili discipline. Benché si possa affermare che in tale conflitto normativo dovrebbe senz’altro prevalere la regolamentazione di fonte comunitaria, in virtù del principio del primato del diritto comunitario su quello interno, non sono da escludersi in futuro soluzioni giu-
(11) Vedi in tal senso uBertAzzi, Raccolte elettroniche di dati e diritto d’autore: prime riflessioni, in Foro it., 1994, V, 21 ss.; dAFFArrA, d’ Addio, Le opere multimediali e la tutela del diritto d’autore, nel sito <http://www.interlex. com>; inoltre si rinvia a CArdAreLLi, Banche dati pubbliche. Una definizione, in Dir. inf., 2002, 796 ss. ed alla bibliografia colà citata.; vedi infine Sirotti GAudenzi, Il diritto d’autore in rete: aspetti tecnici e analisi giuridica, in Sirotti GAudenzi (a cura di), Trattato breve di diritto della rete. Le regole di Internet, Rimini, 2001, 57 ss. (12) Vedi in tal senso quando la direttiva era ancora in itinere di MinCo, La tutela giuridica delle banche dati verso una direttiva comunitaria, in Inf. Dir., 1996, 45 ss.; vedi altresì CArdAreLLi, Il diritto sui generis: la durata, in AIDA,1997, 64 ss.; AuteLitAno, La rilevanza delle banche dati nel sistema del “cyberlaw”, in Contratti, 1999, 29 ss.; GiAnnAntonio, voce Banche di dati (tutela delle), in Enc. dir. agg. V., Milano, 2001, 130 ss.; FAuCeGLiA, voce Banche dati (tutela delle), cit., 4 (ad vocem); pASCuzzi, Il diritto dell’era digitale, cit., 186 ss. risprudenziali favorevoli alla disciplina nazionale. Tentativi in tal senso potrebbero essere giustificati dalla necessità di continuare a garantire quegli interessi ritenuti tradizionalmente rilevanti nel settore dell’informazione, (quello dei privati relativo allo sfruttamento economico dell’opera multimediale e quello del pubblico relativo alla libera circolazione dell’informazione), interessi che, nel corso degli anni e attraverso il consolidamento degli indirizzi della giurisprudenza e della prassi politico-economica in materia, hanno trovato una sicura base di tutela nella nostra legge sul diritto d’autore. Non sembra da sopravvalutare la lieve differenza di formulazione tra l’art. 3 della Direttiva (“per la scelta o la disposizione”) e l’art. 3 l.d.a. (“scelta e coordinamento”) (13). Si consideri, infatti, che l’art. 3 l.d.a. richiede per la protezione un carattere di creazione autonoma “come risultato della scelta e del coordinamento”; al risultato richiesto si giunge quindi con la combinazione di due attività e se una delle due ha un coefficiente creativo assai basso, ciò non esclude che il risultato di creazione autonoma possa essere raggiunto con l’altra componente. Inoltre occorre precisare a fini di completezza espositiva che, anche ammettendo l’applicabilità al prodotto editoriale multimediale della disciplina nazionale dell’opera collettiva, quest’ultima fattispecie sarebbe comunque configurabile solo ove si realizzi una vera e propria opera in collaborazione (categoria più ampia in cui rientra, tra l’altro, l’opera collettiva) tra gli autori dei diversi contributi informativi e colui che dirige ed organizza l’opera multimediale. Ne consegue che non si avrebbe opera in collaborazione, e quindi opera collettiva, quando un soggetto di propria iniziativa incorporasse un altrui opera preesistente nell’opera da lui stesso pensata. È il caso, preso come esempio emblematico, di un opera multimediale composta da informazioni o da rinvii ipertestuali ad informazioni selezionate e disposte visualmente sul computer dell’utente sulla base di un’operazione di reperimento effettuata mediante un software di ricerca che seleziona ed organizza automaticamente opere informative o semplici notizie diffuse precedentemente sul Web, spesso nell’ambito di siti di informazione qualificabili come opere collettive, e ciò senza che vi sia alcun accordo o attività concertata a tal fine tra gli autori dei singoli contributi. Si avrà in tal caso una semplice opera derivata frutto di un processo, più o meno raffinato, di rielaborazione in cui il soggetto titolare in via originaria del diritto d’autore è l’elaboratore stesso ex art. 7.2 della l.d.a. Peraltro, che l’opera multimediale sia qualificabile allo stesso tempo come una banca dati e un’opera derivata non pone problemi di difformità
(13) Cfr. al riguardo niVArrA, Le liste di discussione, in AIDA, 1998, 196 ss.; FABiAni, Banche dati e multimedialità, cit., 1 ss.
di disciplina per quanto riguarda l’individuazione del titolare dei diritti di utilizzazione economica poiché sia l’art. 6 l.d.a. che la Direttiva 96/9/CE attribuiscono tali diritti in via originaria all’autore dell’opera , salva l’applicazione delle rispettive disposizioni sulla creazione di un prodotto editoriale nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato. Nell’ambito di un sito online, le opere ivi raccolte risultano individualmente accessibili solamente qualora essi siano organizzati all’interno di una struttura ipertestuale e/o un sistema di reperimento mediante motori di ricerca specializzati (14) che, attraverso la comunicazione interattiva, consentono all’utente di scegliere mano a mano le informazioni di suo interesse, escludendo il resto. Questo non vuol dire che per essere qualificato come banca dati un sito di informazione debba necessariamente essere costituito da un insieme di legami ipertestuali o motori di ricerca ognuno dei quali rinvia ad una pagina contenente un’unica unità informativa (notizia, articolo, servizio). Infatti, stando alla lettera dell’art. 3 della Direttiva, affinché una qualsiasi raccolta di dati possa essere qualificata come banca dati è sufficiente che ad essere individualmente accessibili siano, se non propriamente le singole opere o i singoli dati, almeno gli “altri elementi indipendenti”. L’opera multimediale è una banca dati ai sensi della Direttiva 96/9/CE quando presenti un sistema di suddivisione e reperimento delle informazioni (struttura ipertestuale e/o motori di ricerca) che permetta un accesso visualmente distinto ai diversi argomenti di informazione, si identifichino essi con le singole unità informative raccolte (“opere, dati”) ovvero con sezioni più ampie che comprendono parecchie unità informative alla volta (“al-
(14) Vedi niVArrA, Le liste di discussione, cit., 200 ss.: “(…) se è vero che le raccolte di elementi indipendenti di vario genere (opere, dati, altro) saranno sempre delle banche dati, mentre le raccolte esclusivamente di opere saranno assimilabili ora al paradigma delle opere collettive ora a quello delle banche dati. (…) il criterio distintivo tra le due fattispecie potrebbe farsi risiedere nel modo di intendere il requisito dell’originalità, valorizzando a tal fine la circostanza che, laddove la legge speciale esige che le opere collettive siano “il risultato della scelta e del coordinamento”, per la Dir. 96/9 sembra che le banche dati soddisfino gli estremi di una creazione autonoma in virtù della semplice scelta o della semplice disposizione del materiale. Ne discende che un’opera collettiva, come opera dell’ingegno, presupporrebbe la contestuale operatività di due criteri ispiratori, il primo inerente alla scelta, il secondo inerente al coordinamento, mentre per dar vita ad una banca dati originale basterebbe attivare un solo criterio alla volta. (…) Le opere collettive di cui alla legge speciale identificherebbero, in altri termini, una classe di banche dati (di opere) caratterizzate da un più elevato grado di creatività e, quindi, assoggettabili ad una disciplina almeno in parte diversa da quella dettata per le banche dati in generale”. In tal senso vedi altresì CArdAreLLi, op. et loc. supra cit. Vedi altresì i saggi contenuti nel numero monografico della rivista Nuove leggi civ. comm., 2003, n.4 a cura di Auteri, Attuazione della direttiva 96/9/ CE relativa alla tutela giuridica delle banche dati (d. lgs. 6 maggio 1999 n.169); inoltre più recentemente vedi ChiMienti, FABiAni, La nuova proprietà intellettuale nella Società dell’informazione, cit., 142 ss. tri elementi indipendenti”); tale interpretazione appare tanto più corroborata dalla evoluzione dell’informazione on line, che si rivela uno spazio di informazione in Internet, diffuso come un sito web ovvero come una serie periodica di messaggi e-mail, che facciano a meno di links e presentino tutti i saggi ed i servizi informativi, anche se contengono dei titoli iniziali in forma di links che rinviano alle diverse sezioni o unità informative che si susseguono nella pagina durante lo scorrimento.
La Corte di Giustizia pone un ulteriore problema riguardo la questione se la nozione di «indirizzo», ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della direttiva n. 2004/48/CE, includa anche gli indirizzi di posta elettronica, i numeri di telefono e gli indirizzi IP di tali persone; al riguardo la posizione della Corte di Giustizia sembra tendere ad un’interpretazione restrittiva della norma, rilevando che, poiché tale disposizione non contiene alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per la determinazione del suo senso e della sua portata, la nozione di «indirizzo» costituisce una nozione di diritto dell’Unione che deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione, a un’interpretazione autonoma e uniforme. La determinazione del suo significato e della sua portata deve essere operata conformemente al suo senso abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto allo stesso tempo del contesto in cui essa è utilizzata e degli scopi perseguiti dalla normativa in cui essa si inserisce, anche se la direttiva n. 2004/48/CE non definisce tale nozione: il senso abituale del termine «indirizzo», riguarda infatti unicamente l’indirizzo postale, vale a dire il luogo di domicilio o di residenza di una determinata persona (15). Ne consegue che tale termine, qualora, come all’art. 8, par. 2, lettera a), della direttiva n. 2004/48/CE, sia utilizzato senza ulteriori precisazioni, non si riferisce all’indirizzo di posta elettronica, al numero di telefono o all’indirizzo IP, che invece
(15) I lavori preparatori che hanno portato all’adozione della direttiva 2004/48 e, in particolare, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure e alle procedure volte ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, del 30 gennaio 2003 [COM(2003) 46 definitivo], il parere del Comitato economico e sociale europeo del 29 ottobre 2003 (GU 2004, C 32, pag. 15), e la relazione del Parlamento europeo del 5 dicembre 2003 (A5-0468/2003) su tale proposta si inseriscono nel solco di tale constatazione. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni e come sostenuto dalla Commissione europea dinanzi alla Corte, essi non contengono alcun indizio tale da suggerire che il termine «indirizzo» utilizzato all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), di detta direttiva debba intendersi riferito non solo all’indirizzo postale, ma anche all’indirizzo di posta elettronica, al numero di telefono o all’indirizzo IP delle persone interessate.
servono ad individuare il domicilio informatico. Inoltre seppure il diritto d’informazione previsto dal suddetto art. 8 mira a rendere applicabile e a dare espressione concreta al diritto fondamentale ad un ricorso effettivo garantito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali e ad assicurare in tal modo l’esercizio effettivo del diritto fondamentale di proprietà, nel cui novero rientra il diritto di proprietà intellettuale tutelato all’art. 17, par. 2, della stessa Carta, consentendo al titolare di un diritto di proprietà intellettuale di individuare la persona che lo viola e di prendere i provvedimenti necessari per tutelare tale diritto; tuttavia, in sede di adozione, il legislatore con la direttiva n. 2004/48/CE ha scelto di procedere ad una sorta di armonizzazione minima relativamente al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale in generale, circoscrivendo le informazioni richiedibili. Per quanto più specificamente riguarda l’art. 8 della direttiva 2004/48/CE, la Corte di Giustizia ha già avuto occasione di dichiarare che questa disposizione mira a conciliare il rispetto di diversi diritti, in particolare il diritto d’informazione dei titolari e il diritto alla tutela dei dati personali degli utenti (16): la giurisprudenza dell’Unione ha espressamente previsto la possibilità, per gli Stati membri, di concedere ai titolari di diritti di proprietà intellettuale il diritto di ricevere un’informazione più ampia, purché, tuttavia, sia garantito un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali coinvolti e siano rispettati gli altri principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio di proporzionalità (17). Pertanto la Corte di Giustizia ritiene che l’art. 8, par. 2, lettera a), direttiva n. 2004/48/CE dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «indirizzo» ivi contenuta non si riferisce, per quanto riguarda un utente che abbia caricato file lesivi di un diritto di proprietà intellettuale, al suo indirizzo di posta elettronica, al suo numero di telefono nonché all’indirizzo IP utilizzato per caricare tali file o all’indirizzo IP utilizzato in occasione del suo ultimo accesso all’account utente: elementi che potrebbero far individuare il domicilio informatico (18) che ha una sua specificità peraltro riconosciuta dalla previsione nell’ordinamento giuridico italiano dell’art. 615-ter c.p., con cui il legislatore ha assicurato la protezione del “domicilio informatico” quale spazio ideale (ma anche fisico in cui sono contenuti i dati informatici) di pertinenza della persona, ad esso estendendo la tutela della riservatezza della sfera individuale, quale bene anche costituzionalmente protetto, offrendo anche una tutela più ampia, che si concreta in un vero e proprio “jus excludendi alios”.
(16) Vedi in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Coty Germany, C-580/13, EU:C:2015:485, punto 28. (17) Vedi in tal senso, ordinanza del 19 febbraio 2009, LSG-Gesellschaft zur Wahrnehmung von Leistungsschutzrechten, C-557/07, EU:C:2009:107, punto 29, e sentenza del 19 aprile 2012, Bonnier Audio e a., C-461/10, EU:C:2012:219, punto 55. (18) Nell’ordinamento giuridico italiano la sentenza della Corte Cass., sez. I, n. 42021/2012 rappresenta la giusta occasione per la Corte Suprema al fine di tracciare i confini corretti del “domicilio informatico” tutelato in sede penale peraltro dall’art. 615-ter c.p. In tale sentenza la Suprema Corte riconosce la legittimità della querela, presentata dal legale rappresentante di una società titolare del server di posta elettronica violato da un tecnico informatico che si è appropriato di indirizzi e-mail, ed ha sottolineato che per “domicilio informatico” si intende lo spazio ideale (ma anche fisico in cui sono contenuti i dati informatici) di pertinenza della persona, a cui viene estesa la tutela della riservatezza della sfera individuale, quale bene anche costituzionalmente protetto, offrendo nel contempo una tutela più ampia che si concreta nello “jus excludendi alios”, quale che sia il contenuto dei dati racchiusi in esso, purché attinente alla sfera di pensiero o all’attività, lavorativa o non, dell’utente; con la conseguenza che la tutela della legge si estende anche agli aspetti economico-patrimoniali dei dati, sia che titolare dello “jus excludendi” sia persona fisica, persona giuridica, privata o pubblica, o altro ente. La specifica novità è rappresentata dal fatto che i sistemi informatici e telematici non costituiscono più soltanto mezzi attraverso i quali il soggetto può esprimere le proprie idee, capacità professionali etc. Essi costituiscono dei luoghi di concezione diversa da quelli tradizionali dove l’uomo non solo proietta la propria persona fisica, ma addirittura trasferisce alcune facoltà intellettuali.