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Marina Caracciolo e Il pensiero sognante, di Tito Cauchi, pag
by Domenico
MARINA CARACCIOLO
IL PENSIERO SOGNANTE
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di Tito Cauchi
LA milanese Marina Caracciolo, docente di Lettere, consulente di redazione presso varie Case Editrici, ha collaborato a fianco del compianto Giorgio Bàrberi Squarotti presso la UTET e a varie riviste letterarie; è autrice di saggi critici, l’ultimo dei quali si intitola Il pensiero sognante, il cui sottotitolo riguarda La poesia di Ada De Judicibus Lisena, poetessa pugliese di Molfetta di lunga esperienza.
In esergo riporta alcuni versi il cui incipit recita: “Sull’orizzonte è ferma una nave”. Il volume comprende dodici capitoli, ciascuno dei quali tratta un’opera della Poetessa, con allacci alle restanti sillogi che vanno dal 1986 fino ai giorni nostri; affonda le radici nelle tre opere precedenti del 1983-1984, presentate da Gianna Sallustio e che la Poetessa considera “una sorta di esperimento”. Completa il volume, la breve raccolta di recenti poesie dal titolo Versi da Milano.
La Nostra spiega che il titolo del volume rappresenta “una proiezione soggettiva e pittorica della realtà”; cita alcuni critici che si sono pronunciati, unanimemente favorevoli. Come nella introduzione, solo per dare degli esempi: Antonio Palumbo sottolinea, a giudizio dell’Autrice, “i segreti frammenti che ricompaiono con funzione unificatrice nelle diverse liriche”; così avvertiamo “un respiro lento e leggero”, secondo Giovanni de Gennaro; abbiamo un “raro nitore del linguaggio”, come rileva Daniele Giancane; scopriamo uno stile “stupefatto e lieve”, come sottolinea Marco Ignazio de Santis; e ascoltiamo “musica assorta”, come afferma Sirio Guerrieri. In sintesi ricaviamo elementi della natura floreale, colori rosso e oro che esprimono gaiezza, armonia musicale, contemplazione partecipata, solitudine creativa; stile classico che consente la comparazione ai mitici Saffo, Alceo, Anacreonte. Tutti gli autori indicati nel testo meritano di essere qui citati.
A lettura completata appare ben adatta al titolo l’immagine di copertina di Will Barnet, Early Morning: la figura snella di donna ritratta di profilo, che si affaccia da un balcone con vista mare nel primo mattino, in cui si stacca nitida la linea dell’orizzonte, tra l’immensità del cielo e la vastità del mare. Non per spostare l’attenzione dal testo, aggiungo che gli elementi rappresentati sono suggestivi, riflettono la dimensione poetica e la persona della poetessa; ripeto: nitidezza, infinito, solitudine, serenità; e quello che è sottinteso, la fede. O, se si vuole, e non per giocare con le parole (omettendo le virgole), penso che si possa sintetizzare in questa formula: Poesia sognante di nitida infinita serena solitudine religiosa.
È doveroso riconoscere in Marina Caracciolo, la nettezza espositiva e contenutistica, nonché l’impostazione, per ciascuno dei brevi saggi, che si rivela uniforme ed esemplare: esergo di pochi versi, premessa della raccolta in argomento del titolo e in riferimento alla prefazione, qualche comparazione con autori e poeti del passato, citazione in tutto o in parte di un componimento di Ada
De Judicibus Lisena. Confronti e descrizioni appaiono eleganti e utili. Sarebbe sufficiente fermarsi qui; ebbene, solo per dare senso alla lettura dello scrivente, espongo, a grandi linee, una panoramica delle opere, sperando che tutto sommato giovi, rimandando al lettore il piacere della verifica. ***
I. La cortina dei cedri (1986). Marina Caracciolo giudica questa silloge, vero e proprio esordio della poesia lirica che per lo stile eleva Ada De Judicibus Lisena ai livelli di Cardarelli e Quasimodo e per il sentimento alla sublime Saffo. Quanto alla natura si vela di delicata malinconia che richiama i dipinti del Beato Angelico e di Chagall. Commentando alcuni versi asserisce che la poetessa nel vedersi rispecchiata nella propria infanzia, incontra donne del passato e, come scrive Anna Santoliquido, questo le “dà la sensazione di assistere alla scoperta di prezioso materiale archeologico”, ritrovando l’infanzia del cuore. La Nostra così conclude: “Il trascolorare del tempo e delle stagioni è divento fantastico lunario, immaginosa avventura dell’anima”.
II. Questo ritmo sommesso (1989). Abbiamo una citazione della scrittrice e poetessa Adriana Notte che indicava nella poesia di Ada “L’abbandono continuo alla contemplazione della bellezza, di tutte le bellezze”. Ritroviamo M.I. de Santis e D. Giancane nel rilevare la “meditazione sul segreto dell’esistenza”, lirismo di rara bellezza; quanto al ritmo, Elena Bono in altro luogo, riferiva che Ada si eleva in risalita “a spirale”. Torna utile, ai fini di tracciare un profilo umano, rilevare la presenza della figura dell’imperatrice romana Julia Domna del II sec. d.C., la cui femminilità affascina la Poetessa avvicinandocela nella sua dimensione quotidiana.
III. Note ai margini di una pena (1991). Questa silloge nasce quando Ada stava “in un ospedale del Nord, lontano dal proprio paese, al capezzale del marito ammalato”. Vi scorgiamo momenti di tenerezza, con espressioni sfrondate da preziosismi per “offrire la parola nuda nella sua significanza”, come ebbe a dire la compianta Elena Milesi. Sono momenti di ansia, come si può credere, in cui ci si raccoglie e perfino gli uccelli che volano, nei versi, riflettono il suo desiderio di elevarsi, ritornare alla sua Molfetta. Ascolta i ragazzi chiassosi fuori dall’ospedale che la riportano a scuola, il giardiniere brontolone, l’infermiera burbera, la scortese caposala; voci che la alleggeriscono dai tristi pensieri. È come una rappresentazione pittorica impressionista, che dopo il “tutto bene”, sembra farci ascoltare “l’eco solenne e grave di un Largo di Haendel, l’ondeggiante ritmo verde degli alberi, la veste cilestrina di un angelo”. Perfino la morte di un gatto diventa presagio; è sempre una vita che muore e la morte ci mette di fronte a tanti interrogativi.
IV. Quasi un diario (1992). Queste poesie sono come annotazioni su un calendario, “note ai margini di un amore”, come scrive nella prefazione l’indimenticabile friulana Maria Grazia Lenisa. La Poetessa rivela qui un tocco di ironia come quando si identifica con “la figura dipinta in un quadro di James Ensor” o quando prende in prestito una favola di Esopo, quella dell’astrologo distratto che cade in un fosso. Marina Caracciolo osserva che nello svolgersi della quotidianità la Poetessa si occupa di temi etico-sociali, e mostra la capacità di rivelare “il senso della vita”, come le scriveva in una lettera G. Bàrberi Squarotti.
V. Il dolore, il sorriso (1995). Si sa, quando l’animo alterna colori propri del dolore e del sorriso, s’insinua lo spleen della nostalgia, scopriamo che la felicità è come un’amante infedele. Per esempio, si sorride per le ingenuità dei bambini, ma si vivono sentimenti contrapposti, fanciullezza e vecchiezza. Richiamando Domenico Cara la Nostra conclude affermando che la poesia diviene un filo d’Arianna, un’ancora di salvezza. Il sottoscritto forzando la conclusione della prefazione di Francesco d’Episcopo, afferma che taluni atteggiamenti che assumiamo servono per “esorcizzare” un vivere meccanico.
VI. La pioggia imminente (2000). La Nostra avverte che Ada al tempo della presente
raccolta ha settanta anni; eppure, oggi, come lettore scorgo, sì la saggezza degli anni, ma pure tanta poesia che presenta lo spirito gaio di una giovinetta. M. I. de Santis che ne verga la prefazione indica che adesso ai colori della gaiezza si sono sostituiti “le tonalità spente del grigio”. Nondimeno la Nostra scorge che la sua poesia non si è spenta e così richiama la postfazione di M.G. Lenisa, la quale afferma quanto la poesia sia “trasparente, cristallina e sonante”. Così continuano i sogni della Poetessa trasferendoli nelle figure della oraziana bellissima fanciulla Leucònoe o nell’eco che faranno le parole di Omar Khayyam mille anni dopo, sulla vita che passa (l’oraziano Carpe diem).
VII. Segno d’aria (2003). A questo segno zodiacale appartiene la De Judicibus, essendo nata l’11 febbraio. Il che porta la poetessa a identificarsi con le mitiche figure di Ginevra, Ofelia, Shēhērazade. Nella prefazione, Donato Valli rileva i riferimenti simbolici che denotano il desiderio di librarsi in alto: volo, nuvole, salire, cielo, ecc. proiettandosi nell’aere come la musica, senza tuttavia ignorare eventi criminosi e le vittime dei vari conflitti in Bosnia, Kosovo, Afganistan, Israele, Palestina, nonché gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle (11 settembre 2001). Torna ancora la nostalgia che trasforma l’elegia in canto [purtroppo la terra continua a sanguinare].
VIII. Una stagione pensosa (2005). Secondo D. Giancane, nella sua prefazione, questa raccolta fa sintesi dei moti dell’animo delle precedenti opere. Serena è l’aria intorno, come il nome Irene, figlia di Ada De Judicibus Lisena; eppure sembra trovare posto il rimpianto per una giovinezza che non ritorna. Anna Ventura, nell’altra prefazione, spiega che “il motivo dominante di questa silloge” sta nel mistero dell’Oltre. I versi continuano ad essere trasparenti ed eleganti come dice ancora M.I. de Santis.
IX. Le parole, i silenzi (2009). Come indica il sottotitolo qui abbiamo Versi e prose; nostalgia da una parte e quattro racconti che vedono protagoniste figure femminili. I primi due racconti riguardano tragiche storie miste a leggenda del Cinquecento a Molfetta, donne che trovano la morte per sottrarsi agli abusi. Gli altri due sono autobiografici nelle spoglie di una donna che viene salvata da uno sconosciuto e di una bambina al tempo della seconda guerra mondiale che per dignità non accetta doni da un soldato inglese. Nella prefazione Pasquale Matrone scrive fra l’altro “Le donne, avvezze ai torti, alle sopraffazioni e al dolore, sono sacerdotesse e custodi di una vita impaziente di riscattarsi da ogni sorta di miseria e di rigenerarsi nella gioia e nell’amore”.
X. I musici di Haydn (2015). È necessario premettere che Ada De Judicibus Lisena prende le mosse da un aneddoto che riguarda gli esecutori della “Sinfonia degli Addii”. Il compositore Franz Joseph Haydn per non costringere tutti i suoi orchestrali a stare lontani dalle proprie famiglie, per eseguire la sinfonia e allietare il principe d’Ungheria, nel Settecento, prepara uno spartito che permette durante le pause dell’esecuzione, di lasciare il posto da parte di un orchestrale fino a rimanere solo in due: lui stesso e il primo violino, l’italiano Luigi Tomasini. “Il principe comprese il messaggio sottinteso e accondiscese alle giuste richieste dei suoi musicisti”. Ciò detto la silloge risente delle assenze, della vita che se ne va. Come asserisce Angela De Leo abbiamo il tema della morte. Nondimeno a prevalere, secondo G.A. Palumbo, è il “timbro aereo”.
XI. Omaggio a Molfetta (2002, 2017). È raccolta che riunisce i componimenti dal 1983 fino ai Musici, quindi una poderosa summa. Ritroviamo i giudizi di G.A. Palumbo sulla limpidezza dei versi e sull’accostamento a Giovanni Pascoli per la forza evocativa delle immagini. Cito alcuni versi: “E la ragazzaonda / che ancora mi oscilla dentro /rimpiange l’incanto antico,/l’amore quasi tradito/oggi quasi rimorso.” E la Nostra conclude “il senso di un misteropudicamente non svelato eppure palpabile ad ogni pagina” ecc.
XII. Versi da Milano. Queste poesie vanno oltre la summa precedente, perché sono dei
nostri giorni, germinate dagli ultimi eventi pandemici che hanno visto svuotarsi le strade. L’Autrice commenta: “il virus micidiale continua a imperversare, a mietere vittime. Il forzato isolamento rende ancora più tetro il profilo delle case”. Nondimeno alla malinconia la Poetessa oppone il fascino dei grattacieli, per via dei giardini pensili, che le fanno sognare il verde della sua Molfetta; e alla maschera respiratoria sul viso della signora dirimpettaia di balcone assente, per causa del virus, poggia una grande farfalla. ***
Un po’ tanti sono i nomi citati, e forse ho composto una miscellanea non confacente, ma essi reggono l’impalcatura critica che ne giustifica la presenza, solida e degna di plauso. I brevi saggi di Marina Caracciolo costituiscono un concentrato di pensieri ben formulati, esemplari che esprimono Il pensiero sognante della pugliese Ada De Judicibus Lisena. Gli stralci poetici citati nel volume, opera per opera, meriterebbero di essere commentati a parte, ma l’ha fatto la Nostra per noi e non la smentiscono; e chi volesse continuare non ha che riproporsi la lettura.
Rischiando di ripetermi, non posso congedarmi se prima non abbozzo una ricapitolazione della dovizia di giudizi e di riferimenti simbolici, in una sorta di dualità tra Autrice e Poetessa. In entrambe la realtà circostante assimilata viene trasformata con rara bellezza espressiva, con uno stile elevato che eleva a sua volta il lettore. Nella Poetessa riscontriamo un tocco pudico di tenera armonia, entro una solitudine creativa e suggestiva rispecchiandosi nella propria femminilità, fugando le assenze e i pensieri di morte. Nostalgia, rimpianto, malinconia, si colorano delle sfumature di grigio, ma soprattutto dei colori giallo oro della gaiezza. Alla felicità effimera oppone l’antidoto della poesia, ed è questa la sua forza!
Tito Cauchi
MARINA CARACCIOLO: IL PENSIERO
SOGNANTE. La poesia di Ada De Judici-
bus Lisena, BastogiLibri/Testimonianza, Roma 2022, Pagg. 96, € 10,00
AMICO NINO
Amico Nino, ora non sia che avendo io lodato la laboriosità della gentile tua sposa Fiorella non abbia anche a ricordare il tuo intervento prezioso nei frangenti, per me drammatici, di inconvenienti che rattristano a volte la mia casa. Sempre con esperienza e competenza in campo di meccanica e nell’arte dell’elettricità, tu, ingegnere di marine cose esperto, accorri prontamente in mio aiuto, alleviando le mie cure quotidiane. E da buon napoletano mi delizi con quella tua piacevole favella partenopea, che non hai perso nel tuo lungo soggiorno qui a Milano. Amico Nino, di tutto ti ringrazio.
Mariagina a Nino 19 marzo 2022 ore 21
Mariagina Bonciani
Milano
Strage di Bucha
A Bucha, si respira aria di cimitero. Corpi rannicchiati nelle strade. Tanti. Uomini, donne, animali. Allucinanti scene, da inorridire il mondo intero.
Non vittime d’esecrando odio umano, ma di belve spietate, maschere vili d’orrida parca, che della vita taglia i fili, come il falciatore mannelli di grano.
“Guerra sacrilega”, sentenzia il papa. Guerra che attiva ogni sorta d’infamia contro esseri innocenti, con la colpa
di trovarsi là dove troneggia l’insania, laddove la mano assassina apre il coltello e l’affonda nel petto indifeso del fratello.
Antonio Crecchia
Termoli