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Storie di tre avisini e del plasma iperimmune
Neo avisino di 19 anni: una prima donazione veramente “speciale”
Da Treviso a Verona, vi raccontiamo tre belle storie. Protagonisti i donatori Avis e il plasma iperimmune.
La mia prima donazione? Di plasma iperimmune. A 19 anni, Matteo Panighel è tra i più giovani donatori di iperimmune in Veneto, se non in Italia. Studente in ingegneria meccanica all’Università di Padova, è venuto a raccontarcelo in redazione un pomeriggio di febbraio, subito dopo aver dato un esame di algebra lineare e geometria. La vita, la scuola e lo sport (nuota con la squadra master al Centro nuoto Le Bandie a Lovadina di Spresiano) hanno ripreso il loro corso, ma con un sapore diverso. Perché Matteo ha “conosciuto il Covid ad ottobre del 2020” ed ha voluto trasformare quella parentesi di vita in qualcosa di speciale per gli altri. “Ho cominciato con qualche leggero sintomo, poi un po’ di febbre e tosse, raffreddore - ci racconta - e così ho fatto il tampone che è risultato positivo. Sono stato in quarantena e una volta diventato negativo, mi sono informato per donare il plasma iperimmune. Ne avevo sentito parlare, letto su Dono&Vita, e volevo assolutamente dare il mio contributo”. Una donazione che per Matteo, che vive a Villorba nel trevigiano, è stata anche la prima in assoluto. Al momento aveva solo ricevuto l’idoneità. “Avendo due fratelli donatori Avis, Gloria di 24 anni e Luca di 25, avevo già fatto l’iter per diventare avisino pure io, ma non avevo ancora fatto in tempo a fare la prima donazione”. Ha quindi preso il telefono e contattato il Centro trasfusionale dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso. Seguendo le indicazioni ricevute per il territorio dell’Ulss 2, ha inviato un’email con tutti i suoi dati e la sua storia Covid.
“Ai primi di dicembre sono partiti i primi accertamenti in vari step: test anticorpi, prelievi, visite… E finalmente, il 30 dicembre 2020, ho donato il plasma iperimmune. La donazione è durata una quarantina di minuti, e non ho avuto alcun problema. È così che ho donato per la prima volta”. Sensazioni? “Ho provato qualcosa di incredibile: ero felice dentro, sentivo di aver fatto qualcosa di bello e di buono in un periodo in cui la società, purtroppo, non sta regalando e mostrando il meglio di sé. Ho voluto trasformare la mia sfortuna dei giorni di quarantena in una fortuna per gli altri, per chi stava male. Mi hanno detto che avevo anticorpi molto alti e che da una sacca donata ne sono state ricavate tre di più piccole”.
Una gioia che Matteo non nasconde anche a distanza di qualche settimana e che anzi tramuta in un vero invito: “per gli amici, ma anche per tutte le persone che hanno avuto il Covid, perché ciò che è successo a loro possa diventare vita per altri”. Michela Rossato
Sino all’incontro col Covid-19 Angelo Salgarolo aveva sempre e solo pensato a donare sangue e a darsi da fare per promuovere la cultura della donazione: c’è voluto poco a ritrovarsi dall’altra parte, cioè quella di chi riceve.
Anche nel suo caso a far la differenza, accanto alle “maniere forti” della terapia intensiva, sono state tre sacche di plasma iperimmune.
“Il plasma iperimmune salva la vita, io ne sono la prova: se avete avuto il Covid con sintomi correte subito a donarlo anche se non siete donatori di sangue” - dice il sessantatreenne di Locara, nel veronese - “ne ho ricevuto tre sacche finchè ero intubato e oggi ho un solo cruccio, cioè non averlo potuto donare a mia volta perché sono oltre i limiti di età”.
Si è trasformato allora in un vero e proprio “reclutatore”: “fornisco informazioni e indicazioni a tanti ex pazienti che non sanno se possono donare, quando e come devono farlo. A tutte le persone che hanno affrontato il Covid-19 con
La 96ª donazione fu anti Covid-19
Fin da marzo 2020 il Veneto ha istituito la “Banca del plasma iperimmune” e come scritto nel precedente numero di “Dono &Vita”, a fine anno erano già state trasfuse oltre 2.000 unità terapeutiche.
Tra i donatori di plasma iperimmune c’è Valeria Biondaro di San Bonifacio (Vr), donatrice di sangue da quando ha 18 anni e socia dell’Avis Costalunga Brognoligo OdV, ma residente a Monteforte d’Alpone.
Valeria, quando hai avuto i primi sintomi da Covid-19?
I primi sintomi li ho avuti ai primi di novembre, con febbre alta che si è protratta per dieci giorni. Solo dopo aver seguito la terapia cortisonica e antibiotica prescritta dal medico, mi sono negativizzata, dopo più di 30 giorni.
Perché hai deciso di donare il plasma iperimmune?
Durante la malattia ho saputo di persone in terapia intensiva che, grazie alla trasfusione di plasma iperimmune, hanno cominciato a migliorare. Anche il fratello di una mia amica è tornato a casa grazie a questa donazione e quindi ho deciso che avrei fatto il possibile per poter donare a chi ha bisogno.
È stata dolorosa la donazione?
No, assolutamente no! È una normale donazione di plasma, come quelle che faccio normalmente da molti anni. Ho all’attivo ben 95 donazioni, per cui conosco tutte le procedure.
Stavolta, però, è stato molto più emozionante perché sapevo che il mio plasma ricco di anticorpi sarebbe stato usato subito per un malato in terapia intensiva.
Vogliamo ricordare chi può donare il plasma iperimmune?
Possono donare solo coloro che abbiano manifestato sintomi importanti correlati alla malattia, come febbre e polmonite e che abbiamo un’età compresa tra i 18 e i 60 anni. Sono escluse le donne che hanno avuto gravidanze e aborti e chi ha ricevuto già delle trasfusioni. Invito chi può, ad andare a donare, di contattare i Centri trasfusionali perché: chi salva una vita, salva il mondo. Umberto Panarotto
Parla un avisino, uscito dall’intensiva grazie al dono ricevuto
sintomi raccomando solo di non perdere tempo perché il tempo si mangia gli anticorpi!”.
Di donazioni di sangue Salgarolo, che ha 63 anni, ne sa parecchio perché oltre ad essere un donatore è il coordinatore del gruppo Donare Est veronese che riunisce 14 Avis comunali.
La sua storia è sintetizzabile in un orologio che gira a velocità vorticosa: l’arrivo, con la saturazione a 60, al pronto soccorso dell’ospedale Fracastoro di San Bonifacio a due passi da casa, la diagnosi di polmonite bilaterale, il casco Cpap e tre ore dopo la richiesta di firmare il consenso informato per essere intubato. Dodici ore in tutto.
“Mi sono reso conto di cosa avevo rischiato solo quando, dopo 5 giorni di coma farmacologico, medici e infermieri mi hanno svegliato: il primo pensiero - racconta - è stato per mia moglie e le mie figlie, a cosa avevano passato. Non potevo parlare, ma in videochiamata mi sono accontentato di scrivere su un biglietto un come stai. Sono stato due giorni, da sveglio, in terapia intensiva poi una settimana in Covid week: ho trovato angeli veri e propri, dal più giovane al veterano, persone chiuse per un turno intero in tute di plastica che non si sono risparmiate nemmeno un minuto”.
Ne sappiamo ancora troppo poco di questo virus, non possiamo permetterci di sottovalutarlo.
“Proprio quando ti senti libero - è il richiamo e appello di Angelo Salgarolo - serve essere consapevoli che invece quello è il momento più delicato. Non è una predica, ma il consiglio di uno che se l’è vista davvero brutta. Col Covid non si può pensare di scherzare, sottovalutarlo e essere disinvolti nei comportamenti”. Paola Dalli Cani