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Recensione

Cibo e sesso, passione e carnalità. Amore, gusto, creatività. Gioca su queste comunanze d’amorosi sensi (è proprio il caso di dire!) il romanzo dal titolo “L’assaggiatrice”, a firma dell’autrice siciliana Giuseppina Torregrossa. Un titolo, a dirla tutta, che è già tutto un programma. L’assimilazione eros-pietanze non è nuova, c’è tutta una storia culinaria e sensuale insieme che spesso unisce i due temi, giocando magari sul particolare “potere” di qualche alimento stimolante o afrodisiaco. Però il libro supera questa difficoltà originaria di base, addivenendo, grazie allo stile fresco e brillante, nonché

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ammiccante e molto ironico, a una godibilità (non siate maliziosi, ora, con le parole!) di lettura molto elevata. La storia è quella di una coppia in crisi, con un marito che sparisce all’improvviso. E così, Anciluzza, nome dal tipico suono siciliano, è costretta, per andare avanti economicamente, a rifarsi una vita. Quale miglior strada del cibo preparato e venduto? Ecco allora dipanarsi le sue avventure, tra il gastronomico e l’erotico. Inizia anche una sua vita, per così dire, libertina: i clienti, c’è da giurarne, ne usciranno soddisfatti. In ogni senso. La putìa di Anciluzza domina le pagine. Cos’è la putìa? La bottega, il locale, il luogo dove la nostra protagonista profonde… amore. In questo senso si fondono, in perfetta osmosi, il gusto del buon mangiare con quello del piacere sessuale. Ma senza alcuna volgarità, questo occorre sottolinearlo. Un testo, tutto sommato, sobrio: barocco, semmai, come buona cultura siciliana vuole, nel rimarcare la qualità di ciò che si mangia, la sua provenienza, la sua rintracciabile genuinità. Sfogliando il libro, allora, ti sembrerà di vivere tra le strade della magnifica Sicilia, se è vero che nell’elemento del cibo sempre avverti l’espressione più dinamica del “genio” locale, il valore di un territorio e dei suoi frutti. Pagine dunque di passione, anche quella, soprattutto quella, espressa in tutti i sensi, ça va sans dire.

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