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Un arcobaleno di gusti
Scrivere una rubrica sui sapori in un monotematico dedicato al gusto - e per di più in Italia - è un po’ come dover parlare dei colori della natura stando seduti a cavalcioni dell’arcobaleno. Che fare, dunque? Una passeggiata freestyle tra i nostrani paesaggi culinari. Iniziando dagli antipasti, naturalmente. Un rustico sempreverde: salumi e formaggi. Tutti conoscono la piccante ‘Nduja calabra, ma chi ha mai assaggiato la ‘Nnuglia? È fatta con parti di maiale di terza scelta, inclusi lingua, rene, stomaco bollito, cuore, il tutto aromatizzato con aglio, pepe,
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peperone rosso, semi di finocchio e anice, insaccato a mano nel budello legato con spago naturale. È vero, è meno pregiata, ma vale la pena provare un sapore della cucina povera contadina, non certo meno sana della maggioranza di cibi industriali. In Lombardia eccelle lo stracchino, anzi gli stracchini - come quello dalla crosta rosa che si produce nel territorio di Monte Bronzone, nel bergamasco. Ma conoscete lo strachet? È anch’esso uno stracchino, anomalo. Prodotto in territorio montano, è preparato col latte parzialmente scremato invece che con l’intero.
Pane, pasta e niente pesto
Per il nostro pasto scegliamo un pane sardo. Niente carasau: il pane ammondigadu o “pane tundu”, dalla forma di questa pagnottona di grano duro, è sfornato nel caratteristico borgo di Osilo, nell’alto Logudoro, impastato con le sue acque sorgive. Attraversiamo il mare e sbarchiamo a Genova. Una bella pasta al pesto? Niente affatto: salsa di noci, storico e delizioso condimento vegetariano, che arricchisce qualsiasi pasta fresca ma che qua si usa per condire i pansoti, dalla forma panciuta ripieni di “prebuggiun”, ossia misto di erbe selvatiche. In
alternativa, il tipico tajarin - taglierino - piemontese, che non inganna mai. La “morte sua” è il tartufo. Benissimo, ma per riempirci le narici con quell’aroma di terra divina, andiamo nelle Marche, dove tra il tartufo bianco (“Tuber magnatum pico”) e il tartufo nero estivo (“Tuber aestivum vitt.”), scopriamo il tartufo nero pregiato (“Tuber melanosportum vitt.”). O ci spingiamo fino a Cervara, borgo dalla bellezza pittorica, il più elevato della provincia di Roma, nelle cui terre cresce l’omonimo tartufo, dal sapore di fungo molto profumato.
Secondo e con tordo
Già che siamo in Lazio, ci fermiamo qui per il secondo. Dai budellucci - applicazione estrema del motto secondo cui «del maiale non si butta via niente», dato che si tratta della parte interna del suo intestino tenue condita con olio, sale, pepe e finocchietto selvatico - al guanciale (in particolare quello del borgo di Amatrice), il suino è ben presente nella cucina laziale. Così come lo sono bovini e suini. Noi però assaggiamo il Tordo Matto di Zagarolo, che non è un volatile, ma un involtino di carne
equina ripieno di un battuto di prosciutto e aromi quali aglio, coriandolo e prezzemolo. La tradizione di questo borgo dalla bellissima architettura vuole che la carne sia previamente macerata nel vino e poi cotta su braci di tralci di vite. E cosa c’è di meglio come contorno di una buona patata? La batata! Oggigiorno in auge come prodotto tropicale importato, la batata dell’agro leccese è invece una patata dolce, zuccherina e nostrana che cresce in Salento accanto ai paesaggi di ulivi secolari.
Dessert, quando nord e sud si confondono
Della Sicilia tutti ben conosciamo e amiamo i cannoli, ma che dire dei cannilieri? Vengono da Villarosa, borgo rurale nel cuore dell’isola, provincia di Enna. Sono dolci di farina, zucchero e lievito, con semi di sesamo e ripieni di uova sode. E per accompagnare accostiamo il limoncello? No, il sidro di mela limoncella. Tipico del nord, si direbbe… Invece no. È Made in Campania: la frizzante bevanda, dolce e aromatica, a bassa gradazione alcolica, viene fatta con questa mela giallina
del sud. E a questo punto viene anche voglia di un biscottino… Un cantuccio, magari, ma non i classici, che sono di Prato, bensì quelli di San Miniato, splendido borgo arroccato nelle terre di Toscana: croccanti, ambrati e naturalmente biscotti. E la frutta? Il Trentino è fin troppo famoso per le mele, ma offre anche squisite pere antiche. E a questo proposito: la varietà Spadone, meridionale, dalla grana finissima, è una pera antica estiva ideale per preparare… lo strudel di pere!