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Sicilia: c’è sempre un perché

Quanti sono i motivi per trascorrere una vacanza nell’isola più grande del Mediterraneo? Praticamente infiniti! Ne abbiamo selezionati alcuni tra i più sfiziosi, intriganti e curiosi per farvi venire voglia una volta in più di tornarci o di visitarla per la prima volta. Iniziamo dalle papille gustative, che in Sicilia non riposano un attimo, attratte dalle mille prelibatezze che si possono trovare ovunque. Una delle capitali internazionali dello street food è proprio la splendida Palermo: arancini, pane e panelle, pizza sfincione, stigghiola

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e ovviamente il pani ca’ meusa, il sontuoso panino che accoglie un ripieno di milza di vitello bollita, fritto poi nello strutto e arricchito da limone e caciocavallo. Ma perché questa delizia è nata proprio qui? Si narra che nel Medioevo gli ebrei palermitani impiegati nei macelli ricevessero come ricompensa le interiora che poi rivendevano insieme al pane e al formaggio. In realtà il consumo di frattaglie è tipico di tutte le zone dove le famiglie nobili consumavano carne mentre al popolo erano destinati solo gli scarti.

Dolci sopraffini (e un po’ osé)

La strepitosa varietà della pasticceria siciliana è uno dei vanti della regione, ma due sono i suoi simboli: la cassata e il cannolo. L’invenzione della cassata pare risalire agli arabi: furono loro a portare sull’isola la canna da zucchero, il limone, il cedro, l’arancia amara e le spezie. L’abitudine di racchiudere con marzapane la farcitura di ricotta di pecora risale però al periodo normanno. In seguito furono aggiunti anche il cioccolato (arrivato con gli spagnoli) e i canditi. Il perché del nome è da attribuirsi invece agli inglesi: la “glassa” che la ricopre, infatti, è traslucida

come vetro, in inglese glass da cui glassata, classata e infine cassata. Per quanto riguarda i cannoli, sarebbero nati a Caltanissetta (nome che deriva da Kalt El Nissa che in arabo significa “castello delle donne”) e in origine potrebbe essere stato un dolce a forma di banana preparato dalle donne dell’harem come allusione alla virilità del sultano. Secondo altri, sarebbe nato in convento: si dice che quando gli harem si svuotarono in epoca normanna, alcune donne accolte dalle suore inventarono questo dolce vagamente fallico per “sublimare” la forzata castità!

I tappeti di Erice

Spostiamoci ora a Erice (Trapani), il cui borgo medievale col normanno Castello di Venere è un vero gioiello, per scoprire anche la frazzata, antica tecnica di tessitura con la quale ancora oggi si realizzano, con stoffe di recupero, tappeti dai colori vivacissimi. Anche in questo caso pare che la parola frazzata venga dall’arabo farsat (coperta), divenuto frazada in spagnolo e quindi frazzata in siciliano. Frazzate erano chiamate anche le coperte che adornavano i letti, tipiche di questa zona della Sicilia ma diffuse anche altrove. Per restare a tema, di rigore ricordare

lo sfilato, una tecnica di ricamo che prevede la sfilatura (da cui il nome) di un tessuto per ottenerne una rete che viene poi “intramata” per realizzare un motivo decorativo. A Chiaramonte Gulfi, borgo in provincia di Ragusa, c’è anche un museo che ripercorre quest’arte antica e di grande valore artigianale. E già che siete in zona non perdetevi le meraviglie della Val di Noto con le sue otto città barocche patrimonio dell’Unesco: oltre a Noto, ecco Ragusa, Scicli, Modica, Caltagirone, Palazzolo Acreide, Catania e Militello in Val di Catania.

Da Montalbano all’isola che non c’è fino ai coralli di Sciacca

proposito della Val di Noto: come tutti sanno, molti dei set in cui vengono girati gli episodi del commissario Montalbano si trovano proprio tra Scicli, Ragusa e Punta Secca, luoghi dove è stata ricreata l’immaginaria Vigata. Sempre a Vigata si svolgono le vicende di un altro bel romanzo di Camilleri, Un filo di fumo, nel quale si narra tra l’altro l’incredibile vicenda dell’isola Ferdinandea, apparsa e scomparsa, nel mare di fronte a Sciacca (Agrigento), nel 1831 a causa dell’eruzione di un vulcano

sottomarino. L’isolotto, che fu conteso da Inghilterra, Francia e Regno delle Due Sicilie, sommerso da allora, è divenuto l’habitat di una varietà di corallo unica al mondo, con la quale si realizzano preziosi monili. Ecco dunque un altro buon motivo per visitare questa località, una vera e propria cartolina con edifici dai colori pastello, che si riflettono nel mare punteggiato dai pescherecci, celebre anche per il suo carnevale, le sue ceramiche e le sue antiche mura normanne.

La tradizione dei pupi e la lava dell’Etna

Tra gli emblemi dell’isola un altro vulcano, il maestoso Etna, da visitare assolutamente almeno una volta nella vita e restare senza fiato di fronte alla forza della natura. In zona, soprattutto a Giarre, Paternò e Acireale, è molto diffusa la lavorazione della pietra lavica con la quale, oltre a monili e oggetti, vengono realizzati tavoli, top di cucine, bagni, utensili, caratterizzati da un design che mescola tradizione e modernità, grazie anche al processo della ceramizzazione che rende la lava lucida e brillante. E ora Catania, con i suoi antichi palazzi e le sue piazze con le facciate in pietra nera: in questa accogliente città

piena di vita, di bar, di negozi, di pasticcerie, con un centro storico molto movimentato in cui ci si può dedicare allo shopping più classico così come alla ricerca di specialità gastronomiche o prodotti artigianali tradizionali, è ancora viva la tradizionale lavorazione dei “pupi” caratteristiche marionette originariamente realizzate in legno, poi in metallo, vestite con abiti preziosi, che sono state le protagoniste del teatro popolare siciliano sin dal 1700. Perché si chiamano così? Semplice, il nome viene direttamente dal latino pupus, cioè bambino, con chiaro riferimento alle dimensioni del manufatto.

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