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Veneto: tutto un altro viaggio

Il nuovo trend del turismo si chiama undertourism. Opposto all’overtourism (ossia l’affollamento delle località turistiche), punta alla scoperta di luoghi alternativi e di nuove esperienze che aiutano ad avvicinarsi a un territorio vivendone gli aspetti più autentici: passeggiate tematiche, incontri con la cultura locale, visite personalizzate, spostamenti sostenibili. E in quest’ottica il Veneto si conferma come una delle destinazioni ideali in cui approdare oggi, una regione dove, accanto a luoghi tra i più

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celebrati del mondo, si trovano una miriade di posti poco noti e tutti da conoscere come borghi, palazzi, castelli, abbazie o interi territori. Tesori custoditi con cura insieme alle storie che li rendono unici: storie di condottieri, di artisti, di poeti, ma anche storie romantiche di amori e di passioni e poi storie fantastiche sospese tra favole e miti. Muniti di una buona dose di curiosità partiamo allora, iniziando proprio da Venezia, alla scoperta delle sette province come non le abbiamo mai viste!

La forma dei silenzi di Sant’Erasmo

Silenzi, interrotti dai passi che percorrono dieci chilometri di piccole strade disperse tra campi coltivati, canali, minuscoli borghi, porticcioli e spiagge da cui godere il panorama della laguna. Lontani quaranta minuti di traghetto da Venezia, siamo sull’Isola di Sant’Erasmo, già descritta nel Cinquecento come “ricca di orti e di vigneti”, dove ancora oggi si coltiva il carciofo violetto, uno dei presidi Slow Food, celebrato in mille preparazioni nelle piccole trattorie locali. Eppure la storia meno recente racconta di quando Sant’Erasmo era una penisola unita al litorale del Cavallino,

avamposto strategico e importante porto commerciale. Sono stati poi i movimenti di una laguna mutevole a staccare Sant’Erasmo dalla terra trasformandola in un’isola generosa, l’orto di Venezia. Un ruolo che mai più abbandonerà anche quando arriveranno gli austriaci a erigere, nel 1843, una bizzarra costruzione circolare a difesa del Lido, oggi trasformata in una location per mostre d’arte. Della stessa epoca l’altro monumento dell’isola, la chiesa del Cristo Re, all’interno della quale è conservato un Martirio di Sant’Erasmo della scuola del Tintoretto.

Hemingway e il Piave

Si lascia Jesolo alle spalle, con il suo moderno skyline e le infinite spiagge, per imboccare la ciclabile che, costeggiando il fiume Piave, arriva fino alle Dolomiti. Il Piave fu una grande risorsa per la Repubblica di Venezia, che sfruttava il suo corso per il trasporto di legname e merci, ma dal secolo scorso il suo nome è associato alla Grande Guerra: le sue acque sono state infatti testimoni di sanguinosi scontri tra l’esercito italiano e quello austro-ungarico. Tra le tante vicende seguiamo quella del diciottenne Ernest Hemingway che nel 1918, operatore della Croce Rossa, si trova nel borgo di Fossalta di Piave coinvolto nella ritirata

dell’esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto. Qui, durante un bombardamento, viene ferito ma riesce a mettere in salvo se stesso e un altro soldato. Un episodio narrato nel romanzo Di là tra il fiume tra gli alberi, che parla anche della Casa Gialla, oggi centro dell’Ecomuseo intitolato “La guerra di Hemingway”: un anello pedonale di 11 chilometri lungo il Piave. Il legame tra lo scrittore e questo territorio rimarrà intimo e profondo (sull’argomento da visitare anche il Museo di Bassano del Grappa) tanto che egli stesso affermerà con orgoglio di sentirsi “un ragazzo del Basso Piave”.

Claudia Augusta: la strada che non c’è

Un’altra strada, un’altra storia: quella che racconta della via romana Claudia Augusta, il cui tracciato, fonte di dotte diatribe tra studiosi, resta ancora incerto. Fu realizzata a partire dal 15 a.C. da Druso, generale di Augusto, per mettere in contatto il mondo romano con quello germanico. Tra le varie ipotesi sul suo percorso, scegliamo quello che parte dall’area archeologica di Altino, nell’immediato entroterra del litorale veneziano. Seguendo la via si giunge a Feltre, un borgo così scenografico da essere stato scelto come set di numerosi film: fondato dai romani, fiorì sotto la Repubblica di Venezia intorno a due nuclei principali,

il Castello e la piazza Maggiore. Fuori Feltre, per una pausa gourmant, ci accoglie la fabbrica di birra Pedavena, ospitata in un bell’edificio di archeologia industriale di fine Ottocento. Ci si addentra in Valbelluna per giungere a Borgo Valbelluna, dove palazzi e ville testimoniano il passaggio delle famiglie nobiliari veneziane che lo hanno governato. Visibile dalla strada si erge il Castello di Zumelle: oggi il suo interno rappresenta un vero spaccato di vita medievale, dove sono le mille storie di amori e di battaglie a riportare in vita antichi personaggi come Atleta, Murcimiro, Amalasunta, Genserico, Eudosia e tanti altri.

Brent de l’Art dove la natura è arte

Siamo ancora in Valbelluna, nella parte più meridionale delle Dolomiti Bellunesi, nei pressi del borgo di Sant’Antonio Tortal e qui la nostra storia ha inizio 12mila anni fa. È una storia di pazienza, quella dote che solo la natura può avere: nei millenni l’impeto dell’acqua in piena del torrente Ardo, trasportando i detriti delle alte quote, ha scavato e modellato le pareti della roccia, andando a formare dei canyon dalla forma frastagliata e molto caratteristici per il colore rosso mattone e cenere che si

susseguono a strati l’un sopra l’altro. Lo spettacolo si chiama “Brent de l’Art”, che in dialetto locale significa “pieno di torrente” e appare all’improvviso uscendo dal bosco di Calcherola e attraversando un ponte di legno. Oltre le unicità della natura il territorio riserva altre sorprese come “l’anello delle ville” un circuito di 11,5 chilometri per mountain bike dove si ammirano splendide dimore erette tra il Cinquecento e L’Ottocento: Villa Agosti, Villa Piloni, Villa Montalban, Villa Alpago Novello.

Inseguendo bollicine nella Marca Trevigiana

Si racconta che la storia del Prosecco, Patrimonio dell’Umanità, risalga addirittura al II secolo a.C. Oggi il terroir della celebre Docg, tra Conegliano e Valdobbiadene, comprende 15 comuni, tra questi Cison di Valmarino: il suo centro rappresenta un gioiello della storia con la Loggia, la Chiesa con due facciate di Santa Maria Assunta, Palazzo Barbi e poi, Castelbrando, splendido maniero medioevale. Dichiarato uno dei borghi più belli d’Italia è anche centro di quella cultura materiale che è testimonianza della laboriosità di questa terra e per scoprire questo aspetto ci si immerge nella natura percorrendo le “vie d’acqua”,

un itinerario che risale la Valle del fiume Rujo tra vecchi lavatoi, fontane, canalette e antichi mulini. Dalla via d’acqua a quella del vino: inseguendo le bollicine percorriamo invece “l’Anello del Prosecco Superiore”, un itinerario naturalistico di 15 chilometri che si snoda tra vigne, casolari, cantine, boschi e i borghi di San Pietro di Barbozza, Saccol e Santo Stefano. Tra le particolarità del percorso: “Vignarte”, sculture realizzate trasformando i pali di castagno di testa dei filari in opere d’arte e i “Sassi di Zoe”, stravaganti composizioni assemblate con i massi del Piave per mano dello scultore Angelo Favero.

Le “regine” di Asolo

L'equilibrio tra natura e opera dell’uomo, che nel Rinascimento viene definito “misura veneta”, sottende alla perfezione delle celebri ville e di alcuni bellissimi borghi, come Asolo, da scoprire attraverso le storie di tre donne, che qui trovarono ispirazione e armonia. La prima è Caterina Cornaro, regina in esilio di Cipro, Gerusalemme e Armenia, che visse ad Asolo tra il 1489 e il 1510. Il Castello divenne la sede della sua corte e di una folta schiera di personaggi illustri che, nella stagione estiva, si spostava nella vicina Altivole. In questa località la regina aveva fatto erigere un complesso architettonico e paesaggistico all’epoca descritto

come un “luogo degno di un re di Francia”, di cui oggi rimangono la loggia e l’annessa chiesetta. Anche Eleonora Duse rimase affascinata da Asolo, che scelse come sua residenza di pace al di fuori delle scene. La “divina” abitò l’elegante palazzetto chiamato la Casa dell’arco e oggi molti cimeli della sua attività sono conservati all’interno del Museo Civico. La terza regina è Freya Stark, nota viaggiatrice e scrittrice inglese, nata a fine Ottocento, simbolo dell’emancipazione femminile. Sin da bambina frequentava la sua dimora di Asolo che rappresentava il suo rifugio al ritorno dai lunghi viaggi in Medio Oriente.

I Colli Berici e la tela ritrovata

Dalle dolci colline di Asolo a quelle di Vicenza per inseguire la storia rocambolesca della Cena di San Gregorio Magno, la monumentale tela del Veronese conservata presso il santuario di Monte Berico: realizzata nel 1572, fu trafugata durante la dominazione napoleonica per poi tornare alla sua sede, fino al 1848 quando, nel corso della prima guerra d’indipendenza, fu tagliata in 32 pezzi dai soldati austriaci, questa volta del suo ripristino se ne occupò direttamente l’imperatore Francesco Giuseppe. Ora l’opera d’arte è interessata da un importante intervento di recupero, ma #aspettandoVeronese (il claim coniato per accompagnare

la campagna del restauro fino al 2021) possiamo intanto compiere un inedito viaggio lungo la dorsale dei Berici, la strada panoramica che corre in cresta ai colli e attraversa un paesaggio costellato da borghi incantevoli: Brendola, sorvegliata dalle panoramiche rovine del Castello dei Vescovi; Lonigo, dominata da Villa Pisani Ferri, capolavoro dello Scamozzi; Orgiano che per alcuni fatti di cronaca ispirò il Manzoni dei Promessi Sposi, qui si trova anche la villa Fracazan Piovene Porto Godi, una delle più belle dimore di campagna del Settecento veneto; Barbarano Vicentino, con il bizzarro Palazzo dei Canonici, e Longare, ricca di ville gentilizie.

Altopiano di Asiago, le favole dei boschi

Altri panorami che sembrano infiniti, e un Guuten mòrgont, ossia buongiorno, ad accoglierci, così come direbbe un abitante appartenente all’isola etnica cimbra sull’Altopiano di Asiago. Il Cimbro è una cultura a tutto tondo (linguistica, gastronomica, musicale, di usi e di costumi) le cui origini risalgono all’anno Mille quando barbari provenienti dal nord Europa (si pensa di ceppo danese) si insediarono in queste terre. Oggi è un patrimonio tenuto vivo grazie al lavoro svolto da diversi istituti culturali, come quello nel borgo di Roana. Poi, invitandoci a tavola, i Cimbri

ci direbbero guta achaine e il sottofondo sarebbe una musica da ballata che accompagna favole e leggende nate in questi boschi incantevoli. Come quella terribile dell’Altar Knotto, nel borgo di Rotzo, dove un altare naturale di pietra costituito da un grande masso in bilico sull’orlo della montagna si dice fosse usato per i sacrifici alle divinità germaniche abitanti la cima del vicino Altaburg. E poi i racconti delle streghe nel Tànzerloch, delle belle anguane della Val Frenzela e dei simpatici sanguinelli, gli esseri dei boschi che si divertono a fare scherzi agli umani.

Il padovano e gli spiriti dei Carraresi

Erano invece di provenienza longobarda i Carraresi, famiglia importante nella storia padovana le cui discendenze si susseguirono nel Medioevo fino all’avvento della Serenissima. Il nome deriva dal borgo in cui la dinastia ha origine, Carrara Santo Stefano, ai piedi dei Colli Euganei, dove fondarono un castello e una splendida abbazia. Durante il loro dominio, arrivarono a conquistare diverse città venete e a loro si devono molte fortificazioni ancora oggi conservate e ancora abitate dagli spiriti della famiglia. È il caso di Monselice, splendido borgo a sud di Padova che appare aggrappato alla

sua Rocca, sovrastata dai resti del castello dove il fantasma del perfido Jacopino da Carrara si trascina accanto a quello delle sue amanti Avalda e Giuditta. A Montagnana, uno dei borghi fortificati meglio conservati d’Europa, nel Castello di San Zeno il fantasma del valoroso Tommaso da Mantova, podestà dei Carraresi, vaga sussurrando e accendendo strane luci nella notte. Altri splendidi borghi con fortilizi legati alla storia dei Carraresi sono Lozzo Atestino con il possente Castello di Valbona, Camposampiero con la Torre Civica, Cittadella con le intatte mura medioevali di forma ellittica.

Un viaggio nel tempo al delta del Po

Sono venti i chilometri da Rovigo per compiere un viaggio nel tempo, un “ritorno al futuro”, ma per percorrerli non serve una Delorean di uno scienziato pazzo. Basta seguire con una normale auto le indicazioni per Fratta Polesine percorrendo le piatte lande del delta del Po. Il nome del borgo è legato al politico Giacomo Matteotti, che qui nacque nel 1885: oggi la bella casa, con gli arredi originali, ma anche con una raccolta unica di documenti sulla vita del politico socialista fatto uccidere dai fascisti nel 1924, fa parte dei luoghi di

interesse di questa piccola località. Intorno al borgo si sviluppa un paesaggio fatto di canali e campi verdi che dietro l’aspetto rurale nasconde nobili dimore: le residenze estive dei ricchi proprietari terrieri veneziani che qui trovarono un luogo per riunirsi, per passare i mesi caldi, per restare in società e operare il controllo sulla coltivazione nei propri latifondi. Tra tutte queste ville spicca quella disegnata nel 1554 dalla mano di Andrea Palladio: Villa Badoer, oggi sito Unesco, considerata tra le più belle del celebre architetto veneto.

Non solo vino in Valpolicella

Invece molti siori de Verona avevano la loro tenuta di campagna sulle colline a nord-ovest di Verona, la patria di vini rossi di altissima qualità: il Valpolicella, il Recioto e l’Amarone. Sono numerose qui le cantine celebri, suddivise nei comuni di Negrar, San Pietro in Cariano, Fumane e Sant’Ambrogio, spesso ospitate in vere ville nobiliari disegnate dalle archistar del Cinquecento. Tra queste a S. Maria di Negrar si trova Villa Mosconi e a Pedemonte si erge Villa S. Sofia, progettata da Andrea Palladio. A Negrar, se seguiamo la strada che si

inerpica sui monti, arriviamo al borgo di Sant’Anna di Alfaedo e poi a Ponte di Veia, uno spettacolare arco di roccia, famoso perché venne raffigurato in più dipinti da Andrea Mantegna e, pare, ispirò a Dante alcuni versi infernali. Prendendo invece la strada che sale da Fumane si giunge a Molina, un borgo minuscolo di case in pietra, così chiamato per la grande quantità di mulini ad acqua; da qui si può visitare un insolito parco naturale che culmina in una serie di suggestive cascate e limpide piscine d’acqua.

Monte Baldo: una terrazza sul lago

Il monte Baldo domina maestoso per quaranta chilometri di lunghezza la costa orientale dell’alto lago di Garda: con i suoi 2218 metri, è la terrazza più incantevole dalla quale ammirare il più grande specchio d’acqua italiano. La vetta la si raggiunge in funivia, e le sue pendici offrono, oltre allo spettacolo visivo, l’opportunità di praticare sia sport invernali sia estivi: dallo sci, alle passeggiate, al volo in parapendio. La partenza della funivia e il campo di atterraggio si trovano a Malcesine, un borgo ricco di storia, ma spesso considerato solo luogo di passaggio verso la parte

alta del lago. Il racconto che ascoltiamo qui è quello di Goethe, rimasto talmente affascinato dalla bellezza del castello Scaligero, eretto dai Longobardi (VI sec.) come punto di osservazione del Garda orientale, che lo volle ritrarre di suo pugno: accusato di spionaggio rischiò di essere arrestato. Leggenda a parte Malcesine è da visitare per il suo nucleo antico, attraversato da stretti vicoli medievali ciottolati, che comprende il vecchio porto e begli edifici come il Palazzo dei Capitani, la Chiesa di Santa Maria della Fontana e la Parrocchiale di Santo Stefano.

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