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SICUREZZA ALIMENTARE: Escherichia coli produttori di tossine Shiga (STEC)

Escherichia coli produttori di tossine Shiga (STEC)

Rischio per la salute umana associato al consumo di alimenti contaminati da STEC

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Weiss Giulia, Aliverti Raffaele, Cristelli Emanuela, Debiasi Katia e Lucchini Rosaria Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

Durante le normali operazioni di macellazione, Escherichia coli può contaminare le carni degli animali, così come durante la mungitura può essere contaminato il latte. Sono indispensabili corrette prassi di igiene durante la manipolazione e lavorazione degli alimenti, sia per quanto riguarda l’igiene personale che l’igiene delle attrezzature e dell’ambiente di lavoro.

Escherichia coli è un batterio bastoncellare Gram negativo, appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae, presente normalmente nel microbiota gastrointestinale di uomo e animali. Essendo normalmente presente nell’apparato intestinale degli animali e dell’uomo è considerato un indicatore di igiene nell’impresa alimentare, o meglio di contaminazione fecale. Infatti dall’intestino può essere rilasciato nell’ambiente, contaminare l’acqua o gli alimenti quali verdure ed ortaggi. Durante le normali operazioni di macellazione (eviscerazione, spellatura e manipolazione delle carcasse) può contaminare le carni degli animali, così come durante la mungitura può essere contaminato il latte con materiale fecale o con attrezzature contaminate. Non va dimenticato inoltre l’operatore che può rappresentare un’importante fonte di contagio degli alimenti qualora non applichi corrette prassi di igiene durante la manipolazione e lavorazione degli alimenti, sia per quanto riguarda l’igiene personale che l’igiene delle attrezzature e dell’ambiente di lavoro. Optimum di crescita di Escherichia coli è rappresentato da substrati a pH neutro (pH 6-7), ma si moltiplica anche in condizioni molto varie tra 4,4 e 10 unità di pH, e con valori di acqua libera del substrato espressa in attività dell’acqua ≥ a 0,95 (Desmarchelier PM & Fegan N, 2003). Optimum di temperatura tra 35-40°C, alcuni ceppi cominciano a moltiplicarsi già a 8°C nel latte, mentre altri ceppi sopravvivono fino a 46°C. Il metodo di riferimento ISO 16649, indicato dal Reg (CE) 2073/2005 e successive modifiche e integrazioni sui criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari, per la verifica dell’igiene del processo produttivo, prevede proprio la temperatura di incubazione a 44°C per la crescita del batterio. Una volta raggiunto l’alimento, il batterio può trovare facilmente condizioni favorevoli alla sua sopravvivenza e moltiplicazione. Diventa pertanto fondamentale ricordare l’importanza anche del mantenimento della catena del freddo, per la conservazione dei prodotti che necessitano refrigerazione: sbalzi di temperatura a valori maggiori di 1015°C, potrebbero favorire la moltiplicazione di Escherichia coli nell’alimento e creare le basi per una tossinfezione alimentare, quali per esempio la nota “diarrea del viaggiatore”, ma non solo. Infatti, sebbene generalmente Escherichia coli sia innocuo, alcune varianti possono rivelarsi patogene per l’uomo ed essere causa di enteriti e sintomi diarroici. Infezioni extraintestinali non sono molte diffuse, ma possono interessare il tratto urinario, o altri organi con lo sviluppo di peritonite, mastite, setticemia, meningite o polmonite da Gram negativi (Kaper et al, 2004). Sulla base dei sintomi, delle caratteristiche di virulenza e dei meccanismi di patogenicità sono stati definiti alcuni patotipi di Escherichia coli quali Enteropatogeni (EPEC), Escherichia coli Enterotossigeni (ETEC), Escherichia coli Enteroaggregativi (EAEC), Escherichia coli Enteroinvasivi (EIEC), Escherichia coli Aderenti diffusivi (DAEC), Escherichia coli Aderenti invasivi (AIEC), Escherichia coli Produttori di Verocitotossine o Tossine Shiga (VTEC o STEC), che esprimono le loro diverse abilità

nell’ aderire, invadere e danneggiare le cellule della mucosa intestinale, causando vari sintomi più o meno gravi. Recentemente l’attenzione si è rivolta in particolare agli Escherichia coli STEC (Croxen et al, 2013), responsabili di infezioni gravi nell’uomo, associate alla produzione di tossine enteriche Shiga (stx). Tali microrganismi sono in grado di colonizzare ed erodere la mucosa intestinale, invadere il circolo sanguigno e agire sulla microcircolazione del colon e del rene, ed eventualmente in alcuni distretti del sistema nervoso centrale. Negli ultimi anni infatti malattie gravi nell’uomo sono state associate ad Escherichia coli STEC particolarmente patogeni, come per esempio i sierogruppi O157, O26, O111, O103 e O145 definiti “top-5”. Tale classificazione si basa sugli schemi di Kauffman, per cui Escherichia coli può essere classificato in sierotipi sulla base di normali costituenti della struttura cellulare batterica, quali gli antigeni di superficie somatici (O), flagellari (H) e capsulari (K). Come riportato anche in un recente documento dell’EFSA (Autorità Europea della Sicurezza Alimentare) sono noti almeno 188 diversi antigeni somatici O e 56 antigeni flagellari H (EFSA BIOHAZ 2020). Nello stesso report si sottolinea tuttavia che la classificazione in sierotipi, sulla base di antigeni somatici O e flagellari H, non necessariamente definisce la virulenza del ceppo batterico. Infatti spesso i fattori di virulenza (fattori di aggregazione o di adesione, tossine, …) sono espressi da altri geni, alcuni dei quali sono presenti su elementi mobili, cioè non risiedono necessariamente nel genoma batterico. Pertanto alcuni fattori di virulenza possono quindi con facilità essere “persi” o “acquisiti” per trasferimento da un batterio all’altro: tali meccanismi possono spiegare come mai lo stesso sierogruppo può quindi ospitare differenti geni virulenti, possibile causa di sintomi differenti e di malattie più o meno gravi (EFSA BIOHAZ 2020). Per esempio, la patogenicità dei sopraccitati “top-5” (O157, O26, O111, O103 e O145) dipende proprio dalla produzione di tossine Shiga, composti di natura polipeptidica, presenti in due varianti note come stx1 e stx2. La tossina stx1 è molto simile alla citotossina prodotta da Shigella dysenteriae sierotipo I (O’Brien et al, 1982), da cui prende il nome perché si differenzia per un solo aminoacido. La tossina stx2 condivide invece con stx1

RICERCA DI E. COLI STEC (ISO/TS 13136:2012)

La ricerca di E. coli STEC si basa sulla metodica ISO/TS 13136:2012 “Microbiology of food and animal feed Real-time polymerase chain reaction (PCR)-based method for the detection of food-borne pathogens Horizontal method for the detection of Shiga toxin-producing Escherichia coli (STEC) and the determination of O157, O111, O26, O103 and O145 serogroups”. Tale metodo è riportato nel Reg (CE) 2073/2005 e smi per la ricerca di STEC in semi germogliati, quale parametro di sicurezza alimentare, ed è indicato anche nella linea guida per i controlli ufficiali (atti 212/CSR del 10 novembre 2016) per il latte crudo, prodotti a base di latte crudo e per i preparati a base di carne. Tale indagine è raccomandabile per verificare la sicurezza di partite di carne da destinarsi alla preparazione di carpaccio o tartare o per insaccati freschi da consumare crudi. Il metodo consiste in una prima fase di screening basata sulla ricerca dei geni sxt1, stx2 ed eae, mediante PCR real time, per identificare la presenza di marcatori di STEC. In caso di positività alla prima fase, segue l’isolamento batterico e la verifica che i microrganismi isolati siano effettivamente Escherichia coli portatori dei geni stx1 e/o stx2 e/o eae. Inoltre si procede all’identificazione dei sierogruppi O157, O111, O26, O103 e O145, i cosiddetti top-5, sempre mediante PCR real time.

Il risultato può così essere espresso: • STEC non rilevati in 25 g (assenza di positività alla prima fase). Alimento conforme, adatto al consumo. • STEC rilevati in 25 g (positività alla prima fase e conferma microbiologica per la presenza di Escherichia coli portatori dei geni stx1 e/o stx2 e/o eae; non sono stati identificati i sierogruppi top-5). L’alimento, soprattutto se consumato tal quale, senza cottura, è da considerare a rischio e non destinato al consumo. È utile rivedere le prassi igieniche e l’approvvigionamento della materia prima. • Specifico sierogruppo (O157, O111, O26, O103 e O145) rilevato in 25 g (positività alla prima fase e conferma microbiologica per la presenza di Escherichia coli portatori dei geni stx1 e/o stx2 e/o eae; con identificazione anche dello specifico sierogruppo tra i top-5). L’alimento, anche se consumato previa cottura, è da considerare a rischio e non idoneo al consumo. Il lotto di produzione va individuato e ritirato dalle vendite. Verificare la distribuzione del prodotto. È utile rivedere le prassi igieniche e l’approvvigionamento della materia prima. • Rilevazione presuntiva di STEC o specifico sierogruppo (O157, O111, O26, O103 e O145) in 25 g (positività alla prima fase per la presenza di marcatori genici stx1 e/o stx2, ma senza la conferma microbiologica, cioè mancato isolamento del microrganismo). L’alimento è idoneo al consumo, anche se il produttore dovrebbe valutare le prassi igieniche e l’approvvigionamento della materia prima.

meno del 60% di aminoacidi. Tali Escherichia coli, proprio per la presenza di tossine Shiga sono chiamati anche STEC. Il report EFSA sulle zoonosi del 2021 considera STEC una delle maggiori cause di malattie a trasmissione alimentare, la quarta causa in Europa dopo Campylobacter e Salmonella; sono infatti in grado di causare problemi gastrointestinali, anche severi, come la colite emorragica e infezioni extraintestinali quale la sindrome emolitico-uremica (SEU) (Ochoa & Cleary, 2003). Le tossine Shiga erano note anche come Vero citotossine, sulla base della loro azione citotossica sulle cellule VERO (Konowalchuk et al 1977). Per cui in letteratura è facile sentir parlare di VTEC, cioè Escherichia coli produttori di tossine Vero citotossiche. Dallo studio scientifico di Bettelheim e colleghi del 2014 è stato stimato che i sierotipi di Escherichia coli produttori di tossine Shiga (stx1 o stx2 o entrambi) possono essere oltre 1000. Infatti le tossine possono presentarsi a loro volta con diversi sottotipi, indicati con le lettere dell’alfabeto. Sono note almeno 5 sottotipi stx1 (stx1a, stx1b, stx1c, stx1d, stx1e) e 12 stx2 (stx2a-stx2l), ma lo studio delle caratteristiche genetiche, attraverso i rapidi metodi di sequenziamento del genoma microbico, consente il riconoscimento di nuovi sottotipi e nuove varianti in modo veloce. Escherichia coli produttore di almeno una delle varianti di tossine Shiga, va considerato patogeno per l’uomo (EFSA BIOHAZ 2020). Un’altra caratteristica importante di patogenicità di STEC è la presenza di fattori di adesione, quale per esempio la proteina intimina codificata dal gene eae. Tale proteina media l’adesione del batterio alla superficie delle cellule intestinali con alterazione del loro citoscheletro. Ciò comporta la perdita dell’orletto a spazzola delle cellule intestinali, riduzione dell’assorbimento dell’acqua a livello intestinale e produzione di diarrea acquosa, caratteristica della lesione “attaching-effacing”. Alcuni ceppi STEC, deficitari del gene eae e quindi non produttori di intimina perché privi del locus genico LEE (Locus of enterocyte effacement), possono presentare altri fattori che permettono al microrganismo di aderire comunque alle cellule dell’ospite, come per esempio il gene aggr codificante per un fattore di aggregazione (Boisen et al, 2014) piuttosto che consentire sempre di esprimere la loro virulenza.

PERCHÉ PARLIAMO DI STEC?

Il primo importante focolaio di malattia trasmessa dagli alimenti, riconducibile a contaminazione da STEC, risale al 1982, negli Stati Uniti. L’alimento contaminato da Escherichia coli sierotipo O157:H7 era un hamburger poco cotto. Da quel momento in poi vari focolai associati alla contaminazione da STEC, in particolare O157, si sono verificati e nel 1993 tale germe è stato riconosciuto come patogeno rilevante per la salute pubblica. Implementando piani di monitoraggio specifici per STEC è stato possibile riconoscere svariati sierotipi di E. coli patogeni definiti “STEC non-O157” che si stima possano causare fino al 50% delle infezioni da STEC (EFSA BIOHAZ 2020). Bovini e ovicaprini rappresentano il serbatoio di E. coli STEC in quanto fa parte della normale microflora intestinale. L’infezione umana è spesso causata dall’ingestione di alimenti o acqua contaminati da contenuto intestinale dei ruminanti: la carne in particolare può contaminarsi in seguito a povere pratiche igieniche durante la macellazione, per la presenza di animali con la cute eccessivamente sporca, durante l’eviscerazione e lacerazione del tratto intestinale che può comportare imbrattamento della carcassa, per scarsa attenzione da parte dell’operatore o per scarsa igiene degli ambienti di lavorazione e del personale addetto. Va evidenziato che la dose infettante è molto bassa, il periodo di incubazione varia da 3 a 8 giorni. I sintomi comprendono gastroenterite acuta, spesso accompagnata da febbre e vomito. La gravità della diarrea è determinata da diversi fattori: sierotipo, tipologia di tossine prodotte e altre caratteristiche di virulenza del batterio, dose infettante ed età del paziente. I bambini sotto i 5 anni sono i più a rischio di sviluppo della malattia, mentre i neonati sono ad alto rischio di morte dovuta a disidratazione e setticemia. L’uso di antibiotici per il trattamento della malattia è spesso controindicato in quanto potrebbe stimolare il rilascio delle tossine e portare ad un peggioramento della malattia con una potenziale evoluzione in sindrome emolitico-uremica (ECDC 2021). La sindrome emolitico-uremica (SEU) è una

malattia acuta rara che rappresenta la causa più importante di insufficienza renale acuta nell’età pediatrica. Sul piano clinico è caratterizzata dalla comparsa di tre sintomi: anemia emolitica, trombocitopenia e insufficienza renale (a causa della quale molto spesso i pazienti colpiti devono ricorrere alla dialisi). Può avere un decorso grave, in alcuni casi con esito fatale, e può essere causa di conseguenze a lungo termine (ISS epicentro 2021). La segnalazione di focolai di origine alimentare causati da STEC è obbligatoria in Europa e, da quanto descritto nel report sulle zoonosi di EFSA relativo al 2019 e del 2020, emerge che, nel corso degli anni 2015-2019, l’infezione da STEC risulta avere una tendenza crescente. Nel 2020 in Europa sono stati confermati ben 4446 casi di infezione umana da STEC, rendendolo la quarta causa di infezione gastrointestinale associata al consumo di alimenti contaminati (EFSA, 2021). L’infezione da STEC, inoltre, è confermata avere un trend stagionale, con maggior numero di casi tra maggio ed ottobre, rispetto al resto dell’anno. A livello europeo nel 2020, gli alimenti più comunemente contaminati da STEC risultano essere carne di differenti tipologie (3,4% sul totale dei campioni di alimenti analizzati), seguiti da latte e prodotti lattiero caseari, soprattutto ottenuti da latte crudo (2,1%) e vegetali (0,1%) (EFSA, 2021). Per quanto riguarda la matrice carne bovina, 81,5% dei campioni analizzati provenivano da impianti di macellazione, di sezionamento o di lavorazione, mentre il 18,2% erano stati prelevati alla vendita al dettaglio. Pur considerando che la fonte di contaminazione della carne è molto probabilmente il macello, i dati confermano invece che il maggior numero di positività si riscontra nei punti vendita (2,6% del totale). Un altro dato interessante ricavato dal report EFSA riguarda la contaminazione delle carni dei piccoli ruminanti (capre e pecore): 11,4% dei campioni di carne fresca è risultata positiva. Tale dato riflette anche la filiera di macellazione e distribuzione dello specifico settore. Anche la carne di cervo presenta dati allarmanti. Di 90 campioni analizzati a livello europeo, 26,7% sono risultati contaminati. Anche carne fresca proveniente da maiale, pollo o altri animali da allevamento è risultata positiva per STEC, riscontrato nel 5,4% dei campioni analizzati. Così come il 2,9% dei preparati a base di carne analizzati è risultato contaminato con STEC. Questo deve fare riflettere sull’importanza delle buone prassi igieniche e sulle buone pratiche di lavorazione per contenere la proliferazione batterica e ridurre il più possibile la cross contaminazione. L’interruzione della catena del freddo consente a questi microrganismi di moltiplicarsi, l’uso promiscuo di attrezzatura (taglieri, coltelli e contenitori) o la scarsa attenzione con la manipolazione e l’igiene delle mani, consente loro di diffondersi nell’ambiente. Nel report EFSA emerge che solo il 17,7% degli STEC isolati dagli alimenti appartiene ai sierogruppi top-5, mentre la maggior parte risulta essere non-O157, tra i quali numerosi sono gli alimenti contaminati da STEC riferibili ai 20 sierogruppi maggiormente riscontrati in infezioni umane nel periodo 2016-2019.

COSA SAPPIAMO DELLE NOSTRE PRODUZIONI?

È recente l’introduzione della ricerca di STEC nei piani di campionamento in autocontrollo per l’industria della carne nelle regioni del Triveneto. Nel corso del 2020, 2021 e 2022, nell’ambito dei piani di autocontrollo, sono stati analizzati 85 campioni per la ricerca di STEC (carne fresca o congelata, preparati a base di carne) prevalentemente carne bovina, proveniente soprattutto dai laboratori di sezionamento o di lavorazione, quale controllo della carne in entrata. Nella maggior parte dei campioni non sono stati rilevati STEC. Tuttavia va segnalato che gli unici campioni positivi sono stati 5 campioni di carne di cervide selvatico (vedi tabella 1), corrispondente al 5,9% del totale. È stata inoltre riscontrata “rilevazione presuntiva” (vedi box) senza quindi conferma microbiologica in 6 campioni di carne: uno di bovino, 4 di cervo e 1 non dichiarata. I dati del Triveneto non si discostano poi tanto dai dati europei del report sulle zoonosi di EFSA. I sierogruppi identificati appartengono ai top-5. La carne di cervidi selvatici, proveniente da centri di lavorazione carne di selvaggina, presenta una alta probabilità di risultare contaminata, così come emerge anche dal report EFSA. Proprio per tali ragioni, come già ricordato in precedenza, è necessario prestare molta attenzione nel contenere la cross contaminazione tra alimenti di natura diversa, ridurre l’uso promiscuo di attrezzature, strumenti e superfici, applicare corrette prassi igieniche e verificare l’efficacia delle procedure di sanificazione. Sebbene i dati relativi alla carne di animali domestici non rivelino contaminazione da STEC, a differenza della carne di selvatici abbattuti a caccia, è necessario promuovere la sorveglianza sugli STEC nelle carni, anche in considerazione del fatto che il consumatore è sempre più propenso a piatti a base di alimenti crudi o poco cotti, o cotti a basse temperature, pertanto potenzialmente pericolosi per la sopravvivenza di forme microbiche patogene quali Escherichia coli STEC.  Bibliografia disponibile presso gli autori e presso la redazione

Tabella 1

Specie Campioni analizzati Campioni positivi % Tossine Shiga Sierogruppo cervo 9 3 33,3 STX2 O145, O145, O157 capriolo 4 2 50,0 STX2 Non top-5 bovino 70 0 0 - suino 2 0 0 - Totale cervidi 13 5 38,5 - Totale 85 5 5,9 - -

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