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G are e appalti
from Ristorando 03 2023
by Edifis
prevede che in un regime di libero mercato tutti gli operatori economici dovendo organizzare un’attività produttiva simile tendono a comportarsi nello stesso modo. Nella mia esperienza di commissario di gara ho notato che dove è stato adottato questo metodo di valutazione la differenza del monte ore indicato dai vari concorrenti è stato minimo. La conoscenza del monte ore è utile anche in caso di offerte anomale per valutare la congruità del costo del lavoro. Ma andiamo avanti.
A proposito di CAM
Un altro criterio fondamenta- possono essere anche superiori a quelli previsti dai CAM se la stazione appaltante lo ritiene opportuno (questo criterio non è applicabile quando l’ente prevede di utilizzare tutti prodotti biologici per usufruire interamente dei contributi previsti dalla legge sulle mense biologiche). Nel caso di prodotti che prevedono più opzioni, nello specifico prodotti ortofrutticoli e carni avicole per evitare indeterminatezza nella richiesta si consiglia di prevedere solo prodotti biologici. La valutazione di questo criterio individua due possibilità tutte e due quantitative. La più semplice prevede che il concorrente indichi per ogni cate- il criterio di valutazione più corretto è quello del valore complessivo dei prodotti offerti dal concorrente. Ai concorrenti va richiesta la quantità di prodotti offerti per ogni singola categoria coerenti con il me il menu. L’attribuzione del punteggio avviene in base al valore economico dell’offerta stimato dalla commissione attribuendo il punteggio in maniera direttamente proporzionale. A questo proposito ritengo sia utile inserire nel disciplinare un allegato con i prezzi figurativi delle derrate convenzionali e biologiche ad uso della commissione per stimare il valore della miglioria. Un altro metodo per stimare le migliorie sicuramen- previsto dall’articolo 144 del Codice degli appalti. Nel caso in cui l’ente richiedesse migliorie alle attrezzature, impianti e strutture il criterio prevede due sub criteri: il primo valorizza la ricaduta qualitativa positiva sul servizio e l’attribuzione del punteggio è discrezionale e l’altro si applica in base al valore economico stimato dalla commissione. Questi criteri sono legittimati da una sentenza del Consiglio di Stato a seguito di un ricorso presentato da un concorrente che li riteneva del tutto illegittimi, episodio di cui ho parlato diffusamente nell’articolo pubblicato sullo scorso numero di Ristorando. L’appellante si lagnava che le riguarda le migliorie degli standard delle derrate alimentari previsti dai CAM e dall’articolo 144 del Codice degli appalti. La stazione appaltante deve in primo luogo definire in base alla tipologia d’utenza i menù, le grammature delle preparazione gastronomiche che lo compongono, le caratteristiche chimico fisiche e biologiche delle derrate e la percentuale di prodotti biologici, DOP e IGP prescrittivi che goria di prodotti la percentuale che intende migliorare e l’attribuzione del punteggio avviene con una semplice proporzione matematica: a chi offre di più si attribuisce il punteggio maggiore e in ordine decrescente a tutti gli altri. I punteggi previsti nel disciplinare per ogni categoria devono essere commisurati al valore commerciale della categoria merceologica. Qualora l’ente voglia promuovere l’impiego di prodotti locali te più complesso ma più preciso e che da la possibilità di un maggior controllo successivo all’aggiudicazione dell’appalto, prevede di richiedere a tutti i concorrenti di stimare la quantità di ogni singolo alimento previsto nei menu e nelle tabelle delle grammature, di sottrarre a queste le quantità prescrittive, ottenendo cosi la quota migliorabile che può essere offerta articolandola in sub criteri secondo quanto circa un terzo dei punti previsti per l’offerta tecnica erano destinati a premiare non già aspetti qualitativi/quantitativi delle migliorie offerte, né l’innovatività o l’impatto ambientale delle stesse, ma solo ed esclusivamente il loro valore economico.
In questo caso: “La Corte ha ritenuto che non è meritevole di condivisione nemmeno la conclusione, a cui tenta di pervenire l’appellante, escludendo il valore economico tra i criteri utili per la valutazione qualitativa delle migliorie offerte. Nel caso di specie, infatti, la qualità dei prodotti è di certo proporzionale al maggiore valore economico, dovendosi pure considerare che in sede di capitolato sono stati già indicati i valori di prezzo, quantità, qualità e tipologia dei prodotti minimi da garantirsi nel rispetto del predetto art. 144 del d. lgs. n. 50 del 2016. La stazione appaltante nel capitolato aveva, infatti, già definito il menù per le diverse utenze con le grammature e gli ingredienti e i prezzi figurativi nel disciplinare “soluzioni migliorative offerte delle derrate alimentari”, ai scrittive, i concorrenti hanno sostenuto un costo in relazione alla quantità e alla qualità della derrata offerta. Pertanto vi è una stretta correlazione tra qualità, quantità e valore economico della miglioria e le formule applicate contemperano coordinandoli sia il valore economico che la quantità. È del tutto fuorviante, quindi, il continuo riferimento dell’appellante al valore economico in quanto, anche laddove lo stesso viene in rilievo nella valutazione, il punteggio viene calcolato mediante l’applicazione di formule in cui vengono inseriti anche altri elementi e/o valori tra cui, ad esempio, la quantità”. a premiare aspetti qualitativi dell’offerta.
Sentenze che fanno scuola
Le stazioni appaltanti a mio parere, dovrebbero trarre insegnamento da queste sentenze. Purtroppo nella maggior parte dei casi ritengono come criteri qualificanti per un’offerta le modalità degli acquisti, la selezione dei fornitori, i corsi di educazione alimentare (che non vengono mai fatti perché devono essere approvati dal collegio docente che di solito ha già i suoi programmi ben definiti) cose come il possesso delle certificazioni di qualità, i pasti gratuiti offerti e altre amenità di questo genere. Per concludere segnalo che recentemente ho collaborato alla redazione degli atti di gara per tre enti che avevano deciso di riunire i propri bisogni in un’unica gara e il disciplinare di gara prevedeva gli stessi criteri che ho descritto prima. La gara poiché uno degli enti era un ospedale è stata gestita dalla centrale di acquisto regionale con la funzione di stazione appaltante. Il Rup della gara ha definito i criteri “affascinanti” salvo poi stravolgerli completamente, introducendo criteri risibili e banali. A questo punto mi vien da dire che forse sarebbe meglio fare gare solo al massimo ribasso. concorrenti è stato richiesto di stimare la quantità di ogni alimento necessario, nel rispetto delle tipologie previste, per tutta la durata del contratto. Detratto quanto obbligatoriamente prescritto sia in termini di quantità che qualità, un’ulteriore offerta doveva essere proposta come miglioria secondo quanto previsto dall’articolo 144 del Codice degli appalti. Per migliorare gli standard delle derrate rispetto a quelle pre-
D’altronde, se la stazione appaltante avesse previsto di valutare la sola maggior quantità offerta, il concorrente avrebbe ottenuto un medesimo punteggio sia se avesse offerto un chilo in più di arance (valore € 1,49 al chilo) sia se avesse offerto un chilo in più di prosciutto crudo DOP (valore € 15,88 al chilo). Non si capisce come tale criterio di valutazione non possa essere considerato assolutamente oggettivo e volto