Artù 06 2018

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€ 5,00

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

La ristorazione ragionevole

DUE STELLE Andrea Aprea, stile e carattere BOLOGNA Fourghetti, il bistrò firmato Barbieri

COURMAYEUR Paolo Griffa, l’allievo di Sacco SICILIA Taormina gourmet Chef talentuosi

Giugno 2018

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Editoriale

BARtù: l’orizzonte è sempre più ampio È già stato detto tutto, sostiene qualcuno. Può darsi. Ma, pensandoci su, a mia volta aggiungo: non è vero, c’è ancora molto da dire. Molto più di quanto si pensi: ci sono storie da raccontare, personaggi da conoscere, nuovi prodotti da testare, esperienze da vivere, novità da condividere. Ma ci sono anche opinioni da confrontare, professionalità da sostenere, protagonisti da ammirare, talenti da motivare. Per non dire dei format innovativi che si stanno affermando sul mercato. Proprio per questo, Artù ha deciso di allargare ulteriormente i propri (già vasti) orizzonti. Come? Regalando ai lettori più contenuti, più case history, più servizi giornalistici, più attenzione a quanto accade nel variegato, talvolta irrequieto, mondo dell’Ho.Re.Ca. Anzi, del B.A.R.: ovvero Bar-Alberghi-Ristoranti, come in Italia vogliamo ridefinire il comparto dell’offerta dei pubblici esercizi e dell’ospitalità. E, anche se siamo spesso considerati

il magazine di riferimento per l’alta ristorazione (e continueremo ad esserlo), abbiamo pensato che c’è una linea ben marcata che unisce trasversalmente –ai livelli più alti- quanti operano nel complesso mondo dell’offerta di ristorazione, di ospitalità, di food and beverage. Un universo che comprende ristoranti, bar, alberghi, ma anche materie prime, prodotti di qualità, brand destinati al consumatore moderno, che cambia in continuazione gusti, preferenze, occasioni: ovvero, l’ossatura del Made in Italy. Un mondo fatto sì di grandi chef, di sommelier, di restaurant manager, di direttori d’albergo ma anche di bartender, di mixologist, di wine barmen, di semplici baristi e bariste che hanno fatto della propria attività una missione di vita. Dipende soprattutto da loro ( e dal duro lavoro quotidiano che li vede in prima linea) la soddisfazione del cliente e, di conseguenza, il successo dell’attività. Come

per lo chef, anche per baristi e albergatori, la differenza la fa la qualità delle materie prime scelte (dal food al vino al caffè alle farine alla pasticceria ai soft drink alla birra o ai distillati ecc.) e delle attrezzature utilizzate per “lavorare” i prodotti e servirli adeguatamente ai propri segmenti di clientela. Per dare più spazio alle storie di questi professionisti appassionati, Artù diventa BARtù: dal prossimo settembre la rivista quintuplica la propria diffusione, aumenta la foliazione, arrivando a coprire l’universo totale del B.A.R. e raggiungendo tutte le aziende più importanti del settore. I contenuti? Sempre più appealing… Case history, interviste ai protagonisti, nuovi locali, lounge bar o resort, ristoranti etnici o trattorie moderne, cocktail bar e international drink, ma anche ambienti tradizionali che esprimono alta professionalità e attenzione ai nuovi mercati, in Italia e nel mondo. Il focus internazionale diventa un must della rivista, per comprendere quanto accade all’estero e, se necessario, trarne insegnamento: nuovi format, concept innovativi, distillerie artigianali, prodotti di successo. Artù, che gode di ottima salute, non muore, anzi: continua la propria mission con rinnovato vigore e con la consueta cura per i dettagli e la veste grafica, sempre in prima linea nel monitorare tendenze e cambiamenti, nel raccogliere istanze e volontà di rinnovarsi, nell’informare con onestà e passione su quello che accade nel B.A.R., in Italia e nel mondo. Sempre dalla parte di chi lavora bene, come abbiamo detto e ripetuto nel corso del tempo. Seguiteci dunque, su carta e on line: ne vedrete delle belle! • Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

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In copertina: Andrea Aprea, napoletano, executive chef al ristorante VUN del milanese Park Hyatt. La sua linea di cucina esprime il grande connubio fra tradizione identitaria e talento creativo. Ha ottenuto lo scorso anno la seconda stella Michelin.

Editoriale 1 BARtù: l’orizzonte è sempre più ampio 4 News L’intervista 22 La stoffa di Aprea, lo chef rigoroso L’opinione 26 Ristorazione condivisa. La giungla degli home restaurant Protagonisti food 30 Tradizione o avanguardia? Barbieri docet 32 A cena in grotta, la Lucania migliore 34 Paolo Griffa approda a Courmayeur 36 Il Giappone in Corso Lodi Focus food 38 Chilometro zero? No, chilometro buono 40 Mastai, obbligo di fermata Accueil 42 Glamour contemporaneo in riva al lago 46 Castello di Spaltenna, eleganza a cinque stelle nel Chianti 50 Belmond, i gemelli diversi del lusso Focus wine 54 Cantina San Marzano. Profumi, sapori e cultura pugliese 56 Nella culla della Barbera d’Asti Focus beverage 60 Acque minerali: bere consapevolmente Equipment 62 La filosofia TAP al servizio degli che Gusto e mercati 64 Emozioni? Le svela il volto Libri 66 Le erbe selvatiche, il Gustavo bergamasco, la legenda Negroni e Mister Amarone La ricetta di Artù 67 I ravioli di Acquaroli La foto di Artù 68 Tokyo Station, Daimaru 69 Pillole Alberto’s Choice 70 Pummà, la pizza che non delude

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La ristorazione ragionevole

DUE STELLE Andrea Aprea, stile e carattere BOLOGNA Fourghetti, il bistrò firmato Barbieri

COURMAYEUR Paolo Griffa, l’allievo di Sacco SICILIA Taormina gourmet Chef talentuosi

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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

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Sommario

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LIVE HAPPILLY

PERFEZIONARE CIÒ CHE SIAMO È UNA STORIA SENZA FINE. Caterina Ceraudo, un’intera vita dedicata a perfezionare la cucina creativa nel rispetto del territorio, per offrire al mondo i suoi migliori piatti. illy, più di 80 anni dedicati a perfezionare un unico blend di 9 origini di Arabica, per offrire al mondo il suo miglior caffè. Una condivisione di valori volta al continuo miglioramento per offrire ai propri clienti un’esperienza indimenticabile. Visita il sito illy.com/professional o chiamaci al numero verde 800.821.021


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Campari in Tour

Partito da Piazza Duomo di Milano il 17 maggio scorso, l’edizione 2018 porta con sé due novità rispetto all’edizione precedente: 7 tappe inedite che ampliano il tour presidiando non solo i grandi centri, ma anche le provincie (Bergamo, Verona, Finale Ligure, Modena, Latina, Sciacca e Sassari) e una masterclass “cocktails e food pairing science” organizzata in collaborazione con ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Secondo gli organizzatori, per descrivere la proposta di Campari, è sufficiente un’unica parola: Edutainment, la sintesi perfetta che unisce formazione e intrattenimento. Con questa parola, infatti, si descrive al meglio l’obiettivo di Campari Academy, che propone un programma altamente qualificato e variegato sul mondo del bar management e della cultura del bere responsabile. Il proposito che vuole veicolare l’Accademy è chiaro: valorizzare la figura del bartender e renderlo un vero trendsetter, che con competenza e preparazione sia in grado di creare dei cocktail con ingredienti insoliti che possano far vivere al consumatore un’experience a 360° grazie anche all’abbinamento con il cibo. È per questo motivo che quest’anno la scuola di bartending amplia la proposta di corsi con una serie di incontri – “Cocktails & Food Pairing Science” – organizzati in collaborazione con ALMA, autorevole centro di formazione della cucina italiana a livello internazionale. L’obiettivo è quello di supportare i barman ad analizzare le diverse sensazioni gustative, apprendere i metodi di abbinamento secondo criteri tecnici ed emozionali, e creare una perfetta food pairing a seconda della tipologia di bar. Le masterclass estive con ALMA – il 5 giugno a Firenze e il 25 a Roma – saranno tenute da Andrea Ruisi, chef diplomato con lode dalla scuola internazionale di ALMA, che darà lezioni di food pairing tra cocktail e cibo per esaltare il rito dell’aperitivo. Le masterclass 2018 sono state concepite per trasmettere experience, multisensorialità e coinvolgimento, con nuovi temi legati ai diversi stili di miscelazione: Tiki&Tropical by Appleton Estate; American Mixology by Wild Turkey; Agave Mixology by Espolon; Il mondo del Gin by Bulldog, O’ndina, Bankes; Il Vermouth, miscelazione italiana by Cinzano 1757; La Maison du coquetel by Grand Marnier; Bitter&Amari Mixology; Campari Experience (tenute da Giovanni Liuzzi, vincitore dell’ultima edizione della Campari Barman Competition).

Dopo il successo dell’edizione 2017 con più di 100 corsi e 5.000 partecipanti, Campari ripropone, anche quest’anno, da maggio ad ottobre, Campari Academy Truck. “Campari Academy è stata creata per valorizzare la figura del barman, sottolineando l’importanza della formazione ai fini di promuovere uno stile di consumo e di servizio responsabile – ha dichiarato Dario Cuccurullo, Campari Academy & Trade Partnership Manager Gruppo Campari -. La nostra azienda ha l’onere, in qualità di leader nel settore degli spirits, di formare e collaborare con delle figure professionali che possano aiutarci a raggiungere questo obiettivo Grazie al Campari Academy Truck giriamo l’Italia e ci avviciniamo a tutti i bartender e agli appassionati del settore, dando loro la possibilità di creare una nuova opportunità di lavoro e crescita professionale”.

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PURA

LEGGERA

ACQUA

PLOSE Dalle Dolomiti dell’Alto Adige, patrimonio dell’umanità, nasce un vero gioiello della natura. Grazie al residuo fisso di soli 22 mg/l, all’alto contenuto di ossigeno e al pH 6.6 identico a quello dell’acqua intracellulare, Acqua Plose offre il gusto cristallino della leggerezza, abbinandosi perfettamente ai migliori piatti della cucina tradizionale e internazionale.

www.acquaplose.com

Fonte Plose spa via Julius Durst 12 39042 Bressanone (BZ)

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News

Cantine Aperte, il viaggio di Zenato Degustazioni di vini, assaggi di specialità gastronomiche, laboratori del gusto, visite guidate alla Cantina: un ricco programma organizzato nella Tenuta S. Cristina di Zenato (Strada Santa Cristina, 10 Peschiera del Garda, VR) si è tenuto domenica 27 maggio in occasione di Cantine Aperte 2018, l’evento enoturistico promosso dal Movimento Turismo del Vino, riservato ai wine lovers e a tutti coloro che amano la bellezza, la passione e la voglia di conoscere più da vicino tutto ciò che sta dietro ad un’etichetta. “Sono sempre in crescita i turisti in Italia e in particolare nella nostra regione – ha raccontato Nadia Zenato – attratti proprio dall’offerta enogastronomica della nostra terra. L’enoturismo si conferma come una risorsa economica e culturale importante con ampi margini di crescita. È per questo che crediamo e investiamo in iniziative come quella di Cantine Aperte, giunta per noi quest’anno alla 16esima edizione”. Gli ospiti di Zenato hanno potuto sperimentare un viaggio nel luogo da cui nascono il Lugana e i rossi della Valpolicella di Zenato: i filari, la bottaia, la barricaia, le cantine di affinamento, ma anche la passione, l’amore e il rispetto per la natura, l’affinità con realtà improntate all’eccellenza. Accanto ai grandi vini dell’azienda, infatti, i Laboratori del Gusto, curati dal sommelier Marco Scandogliero, sul caviale italiano con Ars Italica Caviar, sulle diverse stagionature dei pregiati salumi piacentini con gli esperti del Salumificio La Rocca, sull’affinamento dei formaggi con Corrado Benedetti e sui dolci con la chef Annamaria Giandonato. Presenti anche le specialità culinarie territoriali: insieme ai formaggi dalla Lessinia di Corrado Benedetti e ai salumi del Salumificio La Rocca, gli asparagi del Consorzio Valorizzazione dell’Asparago di Verona, il Riso Gran Riserva Riso Gallo, l’Acqua Filette, il Caffè del Doge – Il Caffè di Venezia, il pane Resch&Frisch e, a conclusione, il gelato all’Amarone di GROM.

Castelfalfi, un paradiso naturale Nel cuore della Toscana, nel comune di Montaione tra Firenze e Volterra, si erge la Tenuta di Castelfalfi, paradiso naturale da sempre tornata a nuova vita grazie a TUI AG, il più importante tour operator del mondo, che qualche anno ha deciso di acquistare la proprietà di un’area di oltre 1.000 ettari di terreni suddivisi tra vigne, oliveti, boschi, laghi, una riserva di caccia, unità immobiliari e un suggestivo borgo medioevale. Il primo passo per il nuovo Rinascimento di Castelfalfi è stato la rinascita dell’antico Borgo, in cui sono stati completamente ristrutturati gli edifici principali, suddivisi poi in quarantotto appartamenti di diverse dimensioni, con al piano terra una varietà di piccoli negozi. Il 99% di queste unità immobiliari è stato venduto a una clientela internazionale, restituendo una nuova vita a questa “Bella Addormentata”. Il Castello, cuore pulsante del borgo, è stato inaugurato nel 2014. Al suo interno, il ristorante gourmet La Rocca diretto dallo chef Michele Rinaldi la cui cucina classica è impreziosita da tecniche ricercate che non dimenticano semplicità, tradizione e uno spiccato gusto per il dettaglio. La struttura è resa speciale da una splendida terrazza affacciata sulla campagna toscana, oltre a sale per matrimoni, meeting ed eventi; inoltre, al primo piano, si trova la Rosso Toscano Cooking School, che offre un ampio bouquet di corsi per soddisfare tutti i gusti. Altra offerta gastronomica di Castelfalfi è la trattoria Il Rosmarino con specialità toscane e fragranti pizze cotte nel forno a legna. All’estremità opposta del Borgo, la ex fabbrica che essiccava tabacco per sigari toscani ha trovato nuova vita come un hotel di charme 4 stelle, La Tabaccaia. L’hotel è stato restaurato ponendo grande attenzione all’uso di materiali tradizionali, ai colori e allo stile della regione. Ognuna delle trenta affascinanti camere ha un design toscano e vanta travi restaurate e soffitti rivestiti in cotto che risalgono alla costruzione originale dell’edificio. A completare un nuovo concetto di hotellerie, in cui tradizione sostenibile e lusso sussurrato e ricco di storia si uniscono in un prezioso Italian way of life all’insegna della natura e della bellezza è il ‘Castelfalfi Tui Blue Selection’, il nuovo cinque stelle inaugurato a marzo 2017. Costruito secondo i principi della bioedilizia, è certificato “Clima Hotel”, il che significa energeticamente efficiente, con basse emissioni di CO2, elevato comfort interno grazie all’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale, provenienti da filiera corta e riciclabili. La zona benessere interna, la Spa, è stata creata in equilibrio con la filosofia della struttura, ispirata dagli elementi naturali che la circondano, in cui è possibile rilassarsi nell’incantevole piscina interna ed esterna, oppure abbandonarsi alle mani di professionisti esperti per un massaggio o un trattamento. La Via del Sale, il ristorante interno all’hotel, offre un’esperienza a tutto tondo, una vera immersione nei colori, nei gusti e nei sapori italiani. Questo fine Francesco Ferretti dining restaurant, con i suoi tratti delicati e leggeri e con la sua vista sulla valle, coniuga l’esperienza di una cucina di gusto con il piacere e lo stupore della scoperta sensoriale dei profumi e delle sorprese culinarie. Il ristorante propone, infatti, un’autentica cucina italiana contemporanea in grado di unire gli ingredienti più freschi – come la pasta fatta a mano – a ricette locali, magistralmente realizzate dall’ Executive Chef, Francesco Ferretti. Insieme all’allettante menù, gli ospiti possono scegliere tra un’ampia collezione di vini per vivere un vero viaggio nei sapori d’Italia e del mondo. Il verde dell’hotel è il verde della Tenuta con uno dei campi più spettacolari d’Italia e il più grande della Toscana, il Golf Club Castelfalfi, 27 buche e oltre 9.400 metri di pendio e prati incastonati tra boschetti di ulivi. Nella tenuta sono presenti inoltre 23 ettari di vigneti dalla cui cantina escono sei etichette di vino: San Piero, Cerchiaia, Cerchiaia Riserva, Poggionero, Poggio alla Fame e Poggio I Soli. Ognuna di esse è un inno ai sapori della Toscana. Castelfalfi è una destinazione per chi cerca un luogo di fascino, un luogo che offre ospitalità e ottima cucina, un campo da golf prestigioso e molte attività sportive, da praticare immersi nella natura; un luogo con una tradizione quasi millenaria di storia alle spalle, in un paesaggio senza tempo, in cui poter respirare cultura e potersi rilassare, immersi nella più autentica bellezza d’Italia. (Claudio Zeni)

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Mimma Posca con Heinz Beck

Pommery celebra i 10 anni in Italia

nel mondo assieme alla Maison Vranken-Pommery. Interprete della Balade Gourmande, il tristellato Da Vittorio, affiancato da Fondazione Gualtiero Marchesi, lo Chef (sempre a tre stelle) Heinz Beck de La Pergola e lo Chef Luca Marchini, che ha rappresentato l’Associazione dei Jeunes Restaurateurs d’Europe. Con questi nomi, inutile dire che l’arte della tavola e la creatività hanno trionfato tra le specialità francesi, dal foie gras nelle sue declinazioni all’homarde dell’Atlantico e alla bouillabaisse e infine ai formaggi, con il tocco sapiente e raffinato dei piatti italiani: Paccheri alla Vittorio, Spaghetti freddi con caviale italiano di Fondazione Marchesi, Risotto mantecato al grana di Luca Marchini e per finire il Gambero con grano, lattuga di mare e yuzu di Heinz Beck. A conclusione della serata, la Torta celebrativa del decennale accompagnata da uno Champagne Millesimato nel formato Nabucodonosor. Naturalmente tutto questo è stato abbinato a un viaggio emozionale in Champagne con Cuvée Louise, Apanage, Diamant; in Provenza nelle tenute dei Vini di Chateau La Gordonne ed infine in Portogallo, nel Douro. Il servizio impeccabile guidato dai giovani Sommeliers di Intrecci, la Scuola di Alta Formazione fondata da Dominga e Marta Cotarella.

Esattamente dieci anni fa, nel mese di maggio 2008, Monsieur Paul-François Vranken, Fondatore e Presidente della Maison Vranken-Pommery, decise di aprire una filiale in Italia per affrontare un nuovo mercato nel Paese. In questi anni, l’arte è stata il leitmotiv che ha guidato le scelte e la strategia del Gruppo: arte intesa come espressione della creatività e della ricerca della bellezza attraverso le attività dell’uomo. E se produrre lo Champagne è essa stessa una forma d’arte, il richiamo al savoir-faire, alla cultura dell’accoglienza, all’educazione al gusto, è un’attrazione naturale. Così, per festeggiare questo importante anniversario, è stata scelta l’Accademia di Francia di Villa Medici, con la magnificenza che ha attraversato secoli di storia e visto personaggi illustri. Qui è andata in scena un’affascinante serata romana, connotata dalla più nobile fra le arti del bien vivre: l’Alta Gastronomia. Un percorso fra le eccellenze in cui Francia e Italia si sono rese reciproco omaggio attraverso l’espressione artistica dei Grandi Chef e delle Associazioni che promuovono la cultura del gusto

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A Milano apre il tempio del fritto

Nuova etichetta per Villa Matilde

A Milano ha aperto i battenti Social Market, un piccolo “tempio” del fritto, posizionato sulla Darsena. Obiettivo del nuovo locale - che si aggiunge al portfolio del gruppo Vista - è offrire pochi prodotti, semplici e di qualità, da consumare sul posto oppure take away. Fulcro del menu – studiato dallo chef Stefano Cerveni e gestito Luca Miele, alla guida del locale, nonché socio in questa operazione - è il classico Fish&Chips, a base di merluzzo che arriva dall’Atlantico: marinato 24 ore in soluzione sale-zucchero di canna, porzionato e conservato in atmosfera modificata per mantenere le caratteristiche del pesce fresco, al momento della cottura viene avvolto in pastella a base di farina di riso bio e birra Ichnusa non filtrata, fritto in olio di semi di girasole a 165 gradi, e infine servito con patate fritte rustiche con la buccia e una salsa fresca di piselli. Sono poi disponibili alcune variazioni sul tema: Shrimp&Co (gamberoni e melanzane in pastella e fritte, accompagnate da maionese al rafano) e ChickN’Chips (pollo allevato a terra marinato con lime spezie, in pastella e fritto, con patate fritte, salsa allo yogurt ed erbe aromatiche). Alla triade si aggiunge il Fritto della settimana, che - secondo stagione e mercato - può spaziare dai i fiori di zucca, al calamaro al carciofo, alle zucchine, ecc. Il tutto, abbinato con diversi tipi di birra e cocktail. Il locale apre al mattino per la colazione (con cornetti di pasticceria), per poi friggere fino alle due di notte, aperitivo compreso.

Stregamora è la nuova etichetta di Piedirosso in purezza Igp Roccamonfina di Villa Matilde, l’azienda della famiglia Avallone che da oltre cinquant’anni lavora sul recupero e valorizzazione delle uve autoctone della Campania. Il Piedirosso è un vitigno tipico campano conosciuto anche con il nome dialettale “Per’ e palummo”, il quale descrive la tipica caratteristica morfologica del rachide, che vede i pedicelli dei chicchi colorati di rosso come quelli di una zampa di colombo. Un vino dal colore rosso vivace con riflessi violacei, dal profumo di frutti di bosco e note di rosa e viola. Sapido e vellutato al palato, ben si abbina a pasta o riso in salsa di pomodoro, preparazioni di carni bianche, pollame, formaggi di media stagionatura e zuppe di pesce.

Il segreto dell’aperitivo? L’acqua tonica

Vittorio Fusari approda al Balzer Chef Vittorio Fusari da qualche settimana è operativo al Balzer di Bergamo, storico locale che, fin dal 1850, è tra i punti di riferimento per un aperitivo, un caffè, un pranzo o per acquistare dolci. Fusari ha così commentato l’inizio della nuova avventura: “Quando i titolari della S-Link Patrizio Locatelli e Lorena Scupelliti, con cui avevo già portato a termine il progetto del Wine Gate 11 all’aeroporto di Orio al Serio (BG) e dello spazio del Parmigiano Reggiano all’interno di FICO a Bologna, mi hanno proposto Balzer, avevo già deciso, per motivi familiari, di chiudere la mia esperienza a Al Pont de Ferr di Milano. La sfida era nelle mie corde perché non si trattava di una proposta commerciale, ma della rinascita di un luogo simbolo di Bergamo e perché ritenevo fosse arrivato il momento di instaurare un rapporto più trasversale ed universale con il cibo”. Vittorio, nell’elaborare una nuova formula per il Balzer, è partito dal concetto di “osteria”, cioè dall’analisi di un luogo di incontro e di aggregazione di una comunità, facendo del Balzer un Vittorio Fusari luogo di ospitalità, calore e ristoro.

Il segreto del vero Spritz? Secondo Abbondio, produttore Made in Italy e artigianale di Acqua Tonica dal 1889, una spruzzata di acqua tonica alla fine della preparazione. Lo stesso dicasi per il Gin Tonic: è l’acqua tonica a conferire quella tipica nota agrumata e amarognola. Senza conservanti né coloranti, con «HOPE» Dirty Soul Tonic, la classica tonica reinventata da Abbondio, da oggi si può reinventare l’aperitivo. «HOPE» Dirty Soul Tonic presenta un perfetto equilibrio di gusto, lungo e persistente, ed è ideale per preparare dello Spritz o come tocco finale dell’Hugo, l’aperitivo leggermente alcolico a base di prosecco, sciroppo di fiori di sambuco e foglie di menta. «HOPE» Dirty Soul Tonic, così come le altre acque toniche ABBONDIO Tattoos e la gamma di soft drinks firmati ABBONDIO, è distribuita in esclusiva per l’Italia da D&C.

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LavelliADV.it

Perle in Tavola

Water Collection


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Belvedere, Vodka in versione pink

Lo Sfincione, con bollicine, di La Mantia

L’oste e cuoco Filippo La Mantia propone Sfincione e Bollicine Trentodoc. Un piatto tutto siciliano, quindi, incontra Filippo La Mantia la freschezza e l’eleganza della bollicine di Casa Ferrari. Lo sfincione di La Mantia è proposto nella versione palermitana, bagherese e quadrata, quest’ultima alleggerita nell’impasto da Totò (Salvatore Trafiletti), pizzaiolo esperto che si è già fatto notare per le sue brioche, perfette per la granita siciliana. Filippo La Mantia ha così commentato: “Sono anni che sogno di portare il re del cibo siciliano di strada qui a Milano; i filetti di acciughe, il pecorino fresco, la ricotta di pecora, la mollica di pane, il caciocavallo grattugiato a scaglie… gli ingredienti che fanno parte dell’impasto mi riportano a casa, nella Sicilia che mi piace di più, quella che voglio condividere con i miei clienti. Lo sfincione è un racconto, iniziato tantissimi anni fa, fatto di fidanzamenti, feste popolari, strade e mercati, sagre e celebrazioni religiose”.

Franco Pepe nominato “Maestro d’arte e mestiere” Belvedere Vodka ha presentato Belvedere Vodka DrinkPink. Ai due consueti ingredienti di Belvedere Vodka - segale polacca Dankowskie e acqua artesiana, senza aggiunta di additivi né di potenziatori aromatici – si va ad aggiungere il vero protagonista di questo drink: il pompelmo rosa. Frutto naturalmente ricco di vitamine e minerali, presenta qualità rinfrescanti, energizzanti, drenanti, antiossidanti e il suo gusto unico e agrumato lo rendono l’ingrediente perfetto per la nuova signature cocktails collection, essenza della filosofia natural di Belvedere Vodka. Originario della Sicilia, terra in cui la coltivazione degli agrumi ha origini antichissime, il pompelmo rosa è oggi un tratto caratteristico del paesaggio dell’isola. Ed è proprio in Sicilia, nella valle di Noto, famosa per la pregiata qualità di pompelmi rosa dalla scorza sottile e profumata e dall’inconfondibile gusto bitter & sweet, che Belvedere ha stabilito il suo Domain, luogo in cui crescono e maturano sotto il sole i pompelmi rosa utilizzati nella preparazione dei nuovi cocktail.

Franco Pepe è stato nominato Maestro d’Arte e Mestiere della pizza. A conferire questa onorificenza, nell’ambito dell’iniziativa promossa da Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, è la speciale Commissione istituita da ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Andrea Sinigaglia, direttore generale di ALMA, ha così motivato la scelta di premiare il maestro pizzaiolo di Caiazzo: “Quella di Franco Pepe è stata una nomina naturale, quasi obbligata. Inutile nascondere l’aspetto valoriale intrinseco nella professionalità di Pepe, perfettamente in linea con l’idea di didattica che ogni giorno proponiamo in ALMA. La conoscenza della tradizione, della storia, della cultura di una materia è un aspetto non tra- Franco Pepe durante la premiazione scurabile per poter fare innovazione. L’intelligenza che deriva dalla ritualità del gesto è una risorsa che trasforma l’artigiano in maestro. Così l’italianità vive nelle mani di Franco Pepe che, attraverso uno dei simboli più rappresentativi della nostra identità gastronomica e non solo, trova la sua massima espressione”.

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villafranciacor ta.it

Segno.

Nato per lasciare il


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I 200 anni di Pasticceria Cova

La barchetta Gourmet di Marco Sacco

Correva l’anno 1817 quando Antonio Cova apre il “Caffe del Giardino” al lato del Teatro alla Scala. Le sale sfolgoranti di specchi e lampadari diventano ritrovo del bel mondo dell’epoca. Le Guerre non risparmiano nemmeno il salotto buono della città di Milano e Cova, distrutto dai bombardamenti della

Marco Sacco

Seconda Guerra Mondiale, nel 1950 muove dalla sede originaria verso l’attuale sito di Via Montenapoleone 8. Qui ripropone arredi ed ambienti mutuati da quelli originari: raffinatezza ed eleganza restano i must del locale. Nel 1993 ha inizio l’espansione internazionale del marchio: Cova apre ad Hong Kong il suo primo negozio oltre frontiera. Nel 2013 diventa parte del Gruppo LVMH e continua la sua espansione nel mondo. Nascono quindi boutique di Pasticceria in Cina, a Taiwan, negli Emirati Arabi e nella vicina Montecarlo. E, nel 2018, arriva un importante anniversario: i 200 anni dalla sua nascita. Per festeggiare, alla fine di maggio è andata in scena una serata in cui è stato protagonista, insieme al food, lo Champagne Ruinart Rosé. Il tutto sulle note della musica scelta da Dj set Matteo Ceccarini.

Durante la stagione estiva, Al Piccolo Lago, è possibile salire a bordo della barchetta gourmet per scoprire gli incantevoli scorci lacustri (spiaggette, cascate, insenature nascoste), gustando i piatti due stelle Michelin firmati dallo chef Marco Sacco. In pratica, si tratta di una romantica barchetta attrezzata (rigorosamente elettrica), un itinerario vario quanto dettagliato, e un set pic-nic d’autore a base di delizie stellate. Per gli appassionati esploratori gourmet, lo chef bistellato offre ai suoi ospiti due proposte, pranzo e cena, complete di piatti blasonati e buon vino. Il menu? A sorpresa: il pic-nic gourmet cambia di volta in volta a seconda dell’estro dello chef e delle richieste personalizzate dei clienti, che potranno scoprire e gustare alcuni must eat di Marco Sacco, quali il Lingotto del Mergozzo, trota o salmone, pane nero e gelatina di ribes in versione sushi o l’immancabile selezione di sapori piemontesi e lacustri come la rivisitazione del Vitello Tonnato. Uscendo metaforicamente dal lago, si potranno assaporare piatti come Conchiglione Caponata di melanzane e Pinoli seguiti dagli speciali dessert come la Torta di mirtilli e mou. Tutto corredato da una buona bottiglia di vino, appositamente selezionata dal sommelier del ristorante.

Olio EVO, elisir di lunga vita Un vasto e articolato corredo di molecole antiossidanti; ricco di intensi polifenoli e di fragranti sostanze aromatiche; composizione bilanciata tra acido oleico e vitamina F; delicata azione emolliente sui tessuti, e funzioni di protezione delle mucose gastrointestinali e regolazione digestiva. Con queste caratteristiche, Olio Laudemio, purissima spremitura a freddo di cultivar toscane selezionate, riunisce in sé ed esalta tutte le eccellenti virtù del frutto dell’olivo. Il colore brillante e una nota piccante lo rendono armonico e rotondo nel gusto, non aggressivo o pungente al palato: pertanto Laudemio è particolarmente versatile in cucina e adatto ad abbinamenti per i quali altri extravergini non sono indicati perché prevaricanti sui sapori. Ottimo da gustare in purezza, su una fetta di pane o per insaporire, con poche gocce, un piatto di verdure grigliate, è un pregiato ingrediente che, grazie alla propria personalità può arricchire o completare un piatto di alta cucina.

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Berta on Tour, continua la sfida Arriva anche in Campania, Piemonte, Lombardia e Liguria Berta on Tour, il roadshow ideato dalle Distillerie Berta, che coinvolge, per tutto il mese di giugno, giovani bartender che si sfideranno a colpi di cocktail inediti. Inutile dire che gli ingredienti protagonisti saranno i liquori della nuova selezione dell’azienda di Mombaruzzo. Le serate sono aperte a tutti coloro che vogliono divertirsi e degustare gli abbinamenti singolari e sorprendenti; la finale del contest è prevista per il 22 settembre e al vincitore andrà un premio del valore di 5.000 euro. Qui di seguito le tappe: 08/06 Capri, Capri Rooftop, 12/06 Torino, La Drogheria, 13/06 Milano, Café Gorille, 14/06 Varese, Drogheria Croci, 21/06 Asti, 900, 7/06 Santo Stefano Belbo, Vola, 28/06 Sestri Levante, Gran Caffè Tritone.

Art Street Food, appuntamento in via Margutta Lo street food gourmet è di casa all’Hotel Art by the Spanish Steps, in una delle vie più affascinanti della capitale, via Margutta, storicamente legata al mondo dell’arte e residenza di personaggi celebri. A partire dalla serata inaugurale del 24 maggio, “Art Street Food” propone ogni giovedì un appuntamento conviviale legato al buon cibo e all’arte: percorrendo una suggestiva galleria, che dalla strada conduce alla hall dell’Hotel Art by the Spanish Steps, ci si immerge in un luogo ricco di dettagli. Due sculture a forma di grandi uova in resina bianca ospitano la reception dell’albergo caratterizzata da volte ad arco e opere d’arte contemporanea, l’antica cappella di una scuola ospita il bar e la corte circondata dalle mura del palazzo offre originali sedute colorate per il relax all’aria aperta. In questo contesto, è possibile degustare piatti della tradizione in versione innovativa e in formato da passeggio: mini burger al pesce spada, senape al miele e nachos croccanti; “coratella’s rolls”; mini frittate di pasta monoporzione e tanti altri, il tutto accompagnato dal Vermentino Giallo Paglia, dallo Chardonnay San Giorgio dall’Un1co Cuvee brut della casa vinicola Il Drago e La Fornace.

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Peroni, 10 premi per le speciali

Con la medaglia d’argento vinta nella categoria “Muncher Styles Helles” da Peroni Gran Riserva Puro Malto nell’ultima edizione del New York International Beer Competition, sale a cifra tonda il numero dei premi complessivamente vinti dalle Peroni Gran Riserva e da Peroni Cruda, le birre speciali della Famiglia Peroni. Prodotta esclusivamente con Malto 100% Italiano e attraverso un lungo processo produttivo - nel corso del quale è il tempo a forgiarne le caratteristiche distintive - Peroni Gran Riserva Puro Malto è stata premiata da una giuria qualificata e secondo un processo valutativo oggettivo. Le oltre 600 birre in concorso, provenienti da 14 paesi, vengono infatti presentate ai giudici in bicchieri “codificati”, in modo totalmente anonimo, così da evitare che ciascun prodotto possa essere ricondotto a specifici marchi, influenzando l’esito della valutazione. Il giudizio è affidato a operatori che lavorano a stretto contatto con consumatori e acquirenti, come ristoratori, sommelier, distributori e importatori: tutti professionisti del settore che, grazie al rapporto quotidiano con i rispettivi clienti, sono consapevoli di ciò che i consumatori desiderano, cosa è maggiormente richiesto dal mercato e, soprattutto, sanno riconoscere i gusti e gli aromi migliori. “Le nostre birre speciali – ha commentato Ludovica Lioy, Peroni Family Brand Manager – oltre a essere sempre più apprezzate dai consumatori, si confermano le birre più premiate del rispettivo segmento di mercato. Si tratta di un riconoscimento dovuto alla qualità degli ingredienti utilizzati, a cominciare dal Malto 100% Italiano, all’esperienza dei nostri Mastri Birrai e all’impegno di tutte le persone che, giorno dopo giorno, lavorano per offrire ai nostri consumatori prodotti di altissima qualità, capaci di rappresentare al meglio il Made in Italy anche in contesti internazionali”.


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News

La sostenibilità secondo Carlsberg Carlsberg Italia ha presentato il Bilancio di Sostenibilità 2017 che, per il settimo anno consecutivo, delinea il profilo della filiale di Carlsberg Breweries A/S, terzo produttore mondiale di birra, fornendo indicatori utili a valutare risultati e orientamenti dell’azienda sotto il profilo della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Redatto secondo gli standard internazionali GRI G4 e disponibile per la consultazione sul sito internet di Carlsberg Italia, il documento traccia gli avanzamenti ottenuti in un percorso di Responsabilità Sociale d’Impresa nel quale la sostenibilità è, a tutti gli effetti, lo specchio dell’operatività, dei comportamenti quotidiani e delle relazioni con tutti gli interlocutori dell’azienda. “Qualità e sostenibilità hanno contribuito al rilancio di Carlsberg Italia divenendo parte integrante della nostra cultura aziendale, rendendoci più consapevoli del nostro ruolo verso il territorio e i nostri interlocutori - ha sottolineato Alberto Frausin, Amministratore Delegato di Carlsberg Italia -. Essere sostenibili non è più solo una necessità, ma una vera e propria missione anche laddove i nostri sforzi in apparenza hanno un impatto minore”. Esempio concreto del concetto di sostenibilità per Carlsberg Italia è il sistema di spillatura DraughtMaster. Nel 2017, infatti, i fusti DraughtMaster in PET 100% riciclabili, hanno rappresentato il 94% dei volumi di birra in fusto distribuita dall’azienda. Il che significa un mancato rilascio nell’atmosfera di oltre 11.000 tonnellate di anidride carbonica, portando a circa 50.000 tonnellate l’abbattimento delle emissioni di CO2 ottenuto dal 2011 a oggi.

I salumi piacentini in vaschetta Arriva sul mercato italiano un nuovo prodotto del Salumificio Peveri Carlo di Piacenza: la nuova linea di vaschette di affettati freschi “Belladinonna da Peveri”. Fanno parte della gamma la Coppa Piacentina Dop, la Pancetta Piacentina Dop, il Salame Piacentino Dop, l’Antipasto dei tre Salumi Piacentini Dop; la Mandola, il salame dal prosciutto; Don Romualdo, Culatta di Prosciutto.Questi salumi non sono realizzati ad hoc per le vaschette, ma semplicemente affettati dai prodotti interi, senza surgelazione o stress tecnologici. Si tratta di salumi rigorosamente senza glutine, senza latte o derivati, prodotti con carne di suino 100% italiana, di animali nati, allevati e macellati in Italia e l’utilizzo di carni fresche e non surgelate, lavorate con ricette tradizionali, ingredienti e componenti naturali. La linea si inserisce nel solco del rispetto della tradizione artigianale: una metodologia di lavorazione che considera fondamentale la qualità della carne e la giusta selezione degli ingredienti per la sua aromatizzazione, oltre alla perfetta gestione del periodo ottimale di stagionatura che avviene solo ed esclusivamente nelle cantine dell’azienda, in un ambiente dal microclima naturale ideale a consentire lo sviluppo e la dimensione del ventaglio organolettico di ogni proposta.

Hakuna Matata, il cocktail dell’estate Yuri Gelmini, head barman del Surfer’s Den di Milano, ha creato Hakuna Matata, il cocktail a base di Pimm’s, Roiboos, limone, cetriolo e menta che fa parte di una serie di cocktail che il noto bartender ha messo a punto in collaborazione con Bormioli Luigi, per promuovere la collezione Mixology. Lanciata lo scorso anno e dedicata ai professionisti del bere miscelato, la collezione è caratterizzata da linee rétro sapientemente rivisitate, e prende le mosse dal mistero e dalle atmosfere del Proibizionismo. Yuri Gelmini ha attivamente collaborato alla creazione della collezione Mixology, facendosi portavoce delle esigenze dei bartender, per i quali gli strumenti di lavoro devono coniugare piacevolezza estetica e funzionalità. Bormioli Luigi ha tradotto questi spunti in bicchieri, calici, decanter, dash e mixing bottle realizzati con materiali innovativi: come il vetro Sparkx, eco friendly e perfettamente trasparente, e il vetro sonoro superiore SON.Hyx, dotato di eccezionale robustezza e brillantezza, che resiste a oltre 4000 lavaggi industriali. Particolare attenzione è stata prestata anche alla realizzazione dei calici, il cui stelo è stato sottoposto al trattamento permanente antiabrasione Titanium Reinforced, originale e brevettato, che conferisce al vetro un indurimento superficiale migliorandone la resistenza alle abrasioni, responsabili della loro fragilità durante l’utilizzo. La collezione Mixology comprende tre tipi di dash bottle per il dosaggio di gocce di bitter e sostanze aromatizzanti, dalle linee che echeggiano quelle di preziose boccette da profumo; tre bitter bottle di diverse capacità; tre ricercati decanter con tappo in vetro e un mixing glass, combinabili con un’ampia scelta di bicchieri e calici. Fra questi ultimi spiccano un bicchiere Double Old Fashioned e un bicchiere Hi-Ball (ideale per servire il cocktail Hakuna Matata), proposti in triplice versione e arricchiti da altrettanti motivi; tre originali calici da cocktail, Martini e Spritz contraddistinti da un particolare motivo intagliato sulla coppa; un calice dedicato allo Spanish Gin Tonic particolarmente adatto, data la sua capienza, ai cocktail guarniti con frutta e verdura.

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A Milano Marittima, giornalismo a 5 stelle I saloni del Palace Hotel, primo cinque stelle di Milano Marittima e albergo di prestigio del Gruppo Batani Select Hotels, sono stati ancora una volta la scenografica cornice del Premio Internazionale ‘Cinque Stelle al Giornalismo’, dedicato ai professionisti dell’informazione, nato da un’idea di Antonio Batani, fondatore e patron della Batani Select Hotels. I riconoscimenti dell’edizione 2018, nella serata condotta con grande professionalità da Massimo Giletti con la partecipazione di Alessia Ventura, sono andati a Francesco Carrassi, direttore de la Nazione e de il Telegrafo, quotidiani del gruppo Riffeser Monti, Quotidiano Nazionale, assieme a il Resto del Carlino e a il Giorno; Andrea Montanari, direttore del TG1, il primo telegiornale nazionale italiano per ascolti, Silvia Grilli, direttrice del settimanale Grazia e Paolo Liguori, direttore di TGCOM24, il sistema all news e di breaking news di Mediaset. Per la stampa estera è stata scelta Ute Müller, giornalista dell’agenzia di stampa DPA, Deutscher Press Agentur, che rifornisce media italiani e stranieri e collaboratrice del Finantial Times Germania. Per l’edizione 2018 del premio sono inoltre state assegnate due menzioni speciali. La prima a George Loomis, critico musicale collaboratore fra gli altri di Financial Times e del New York Times. La menzione è nata in collaborazione con Ravenna Festival. La seconda, nell’anno del cibo italiano all’estero, è stata assegnata al giornalista esperto di gastronomica e critico Edoardo Raspelli. Soddisfazione da parte della famiglia Batani, titolare del Gruppo Batani Select Hotels e del Premio, ma anche del Presidente della giuria, Ruben Razzante e dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Nel corso della serata di gala il momento più toccante è stata l’attribuzione del Premio “Antonio Batani” assegnato a professor Dino Amadori, per l’immenso lavoro di ricerca e cura portato avanti negli anni, con la fondazione dell’IRST e dello IOR. Spazio anche al glamour e allo spettacolo con la performance firmata dal Gruppo Bartorelli Gioiellerie, per presentare la collezione di gioielleria contemporanea Vhernier, con le ballerine e la coreografa della Scala, Anna Kolearova. (Claudio Zeni)

Baldassarre Agnelli Cavaliere del Lavoro ll Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato Cavaliere del Lavoro Baldassarre Agnelli insieme ad altri 24 importanti imprenditori italiani. Si tratta di un riconoscimento all’eccellenza istituita nel 1901 e l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro viene conferita ogni anno in occasione della Festa della Repubblica a imprenditori italiani, Baldassarre Agnelli che si sono distinti nei cinque settori dell’agricoltura, dell’industria, del commercio, dell’artigianato e dell’attività creditizia e assicurativa. I requisiti necessari sono l’aver operato nel proprio settore in via continuativa e per almeno vent’anni con autonoma responsabilità, e l’aver contribuito in modo rilevante attraverso, l’attività d’impresa, alla crescita economica, allo sviluppo sociale e all’innovazione. “È un premio che sigilla una vita di lavoro, che per me è fatto di soddisfazione e di passione… Non ci credevo quando l’ho saputo e rispetto agli altri nominati mi sono sentito piccolo “ - ha commentato a caldo Baldassare Agnelli.

Annie Féolde nominata MAM Il quattro giungo scorso, nell’affascinante scenario della Triennale di Milano, Annie Féolde - Chef-owner del famoso tristellato fiorentino - è stata nominata MAM - Maestro d’Arte e Mestiere, per la categoria Ospitalità. Si tratta di un riconoscimento promosso dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, in collaborazione con ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, che viene assegnato con cadenza biennale. L’obiettivo è premiare le eccellenze nelle arti e il saper fare, la passione e il valore umano dei Grandi Maestri in diverse categorie del patrimonio artistico tra le quali, naturalmente, spicca l’enogastronomia. In particolare, Annie Féolde ha ricevuto il premio Annie Féolde MAM per la categoria Ospitalità a testimonianza dell’altissima lezione di Arte dell’Accoglienza che ha saputo infondere con il suo lavoro in Enoteca Pinchiorri. “È un onore per me ritirare questo premio oggi – ha commentato Annie Féolde – l’Ospitalità è uno dei valori più importanti in Enoteca. Il nostro intento è mettere sempre al centro il Cliente e le sue esigenze per fargli vivere un momento unico e indimenticabile. Questo è un risultato che ho ottenuto anche e soprattutto grazie a tutte le persone splendide che ogni giorno lavorano con me sia in cucina che in sala. L’Arte dell’Ospitalità per noi significa proprio questo: un sodalizio d’intenti tra tutte le componenti della squadra, per regalare un’esperienza personalizzata in ogni dettaglio ai nostri ospiti”.

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Perbellini sale in cattedra

Kona, le birre Hawaiane

“Master con Chef”: Giancarlo Perbellini fa scuola agli architetti. La cosa può sembrare insolita e invece c’è affinità tra i due mestieri: recupero del patrimonio passato in chiave contemporanea, attenzione per l’ospitalità e reinterpretazione degli spazi pensati per la convivialità e la ricerca di suggestioni. Questi sono alcuni dei temi che lo chef pluristellato ha affrontato lo scorso 31 Maggio con gli studenti provenienti da tutto il mondo iscritti al Master in Urban Heritage and Global Tourism dell’università IUAV di Venezia, diretto dall’architetto scaligero Marco Ardielli. “L’ospite è per me un’occasione di fondere due universi, umano e culturale. La cucina è un luogo di incontro di passato, presente, di vite e di storie, ma anche di sogni e visioni così come lo sono gli edifici. – ha commentato Giancarlo Perbellini - i luoghi che scelgo, li sento miei ma li concepisco a partire dagli altri, cioè penso a come far star bene i miei ospiti. Come grazie a loro ho il piacere di esprimere me stesso”.

Sapori tropicali per le birre prodotte a Big Island, l’isola più grande dell’arcipelago, dal birrificio Kona Brewing. Kona Brewing Company in Italia è supportata da Gruppo Biscaldi. Quattro le tipologie: Longboard Island, lager fresca di colore oro pallido, prodotta con malti selezionati e luppoli aromatici, secondo il tradizionale “lager style”. Big Wave, Ale dorata dal corpo leggero, è caratterizzata da un aroma di luppolo tropicale e da un gusto morbido, easy drinking e rinfrescante. L’uso del malto caramellato apporta a questa birra il suo colore dorato e la speciale miscela di luppoli fornisce un finale dissetante. Fire Rock, Ale di color rame prodotta con malti tostati ed una selezione di luppoli Premium, con un personale e delicato stile Hawaiano. Infine Hanalei, IPA easy-drinking che rappresenta l’omaggio della birreria al classico drink Hawaiano, il POG (Passionfruit, Orange e Guava). Il dolce del frutto della passione, arancio e guava bilanciano l’amaro dei luppoli aromatici.

Giancarlo Perbellini

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L’intervista

La stoffa di Aprea, lo chef rigoroso di Maurizio Bertera

La precisione del cuoco napoletano, due stelle Michelin al VUN del milanese Park Hyatt, è assoluta. È un napoletano atipico: nessuna concessione al folclore, grande rigore, puntualità assoluta. Potrebbe essere inglese, a parte i natali partenopei e qualche (rara) espressione in dialetto. In effetti Andrea Aprea, classe 1977 - executive chef del Park Hyatt Milano che ha nel bistellato Vun il suo gioiello - a Londra ha avuto il passaggio fondamentale di una carriera da perfetto giramondo: tra il 2006 e il 2008, prima al Waterside Inn di Michel Roux poi al The Fat Duck di Heston Blumenthal, ha imparato ma soprattutto ha trovato la spinta per tornare in Italia. Prima al Comandante dell’Hotel Romeo, praticamente sotto casa, e poi nel settembre 2011 a due passi (reali) dal Duomo. È cresciuto insieme alla

struttura, senza fretta, e oggi si fregia di una doppia stella Michelin che molti ritenevano impossibile quando è arrivato. Andrea, si ricorda cosa ha pensato facendo il classico giro conoscitivo? Che il Park Hyatt sposava il mio ordine mentale, che era un posto con delle regole già fissate. Io non sopun posto creato e gestito da altri. Devo ammettere porto le situazioni incasinate, credo nel confronto che la stella Michelin conquistata in soli undici mesi continuo ma l’organizzazione e la gerarchia – non mi ha rasserenato e da quel momento ho iniziato a solo in cucina – sono fondamentali. cambiare marcia. Perché Milano? Quindi per lei le stelle… Napoli è stata una tappa importante, tornando a …danno gioia e pressione, volendo anche stress. casa dopo tanti anni passati all’estero. Una sfida Per me un conto è la critica che va vissuta in modo difficile che mi ha dato soddisfazioni e la prima intelligente, con calma. Il perno deve essere l’ospistella Michelin in carriera. Ma non ho resistito alla te anche per il semplice fatto che lo stellato crea corte del Park Hyatt, che all’epoca era diretto da aspettativa e non puoi deluderla. Claudio Ceccherelli: Milano era In ogni caso, un qualsiasi riconogià in crescita e stava per mettersi “Grandi scimento dà una grande motivain gioco a livello internazionale, lo zione al gruppo, ma è altresì vero sentivo in base alla mia esperienza esperienze da che arriva per quello che hai fatto, in altre metropoli. Ho accettato chef che hanno non per quello che farai. Per me, anche se non era facile entrare in

fatto la storia dell’alta cucina internazionale”

Baccala alla pizzaiola disidratata; l’entrata del Park Hyatt Milano, un dettaglio della mise en place del ristorante.

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Lo chef Andrea Aprea

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L’intervista

la sfida di uno chef oggi è trasmettere alla brigata quanto hai in mente: se avviene giornalmente e non continuano a cambiare le figure in cucina, hai vinto. È uno dei tanti cuochi meridionali che hanno fatto carriera al Nord. È sempre una rotta da consigliare per i ragazzi campani, pugliesi, calabresi o magari possono starsene serenamente a casa per diventare bravi? Secondo me, bisogna andare a Nord del Nord – quindi fuori dall’Italia – e poi tornare a casa e decidere cosa fare. Che sia a Napoli o a Milano.

Un giovane del Sud deve avere spigliatezza, la ‘cazzimma’ come diciamo noi e partire. Tanto ha un DNA del gusto innato, che nessuno potrà insegnargli. L’importante è trovare la strada per crescere e l’estero aiuta molto in questo. È difficile che riescano a essere chef-patron? Pensiamo a un cuoco con 15 anni di carriera e 35 di età: impossibile che possa farlo a meno di essere ricco di famiglia o senza un socio e finanziatore che dir si voglia. Ecco perché sempre più spesso, i migliori lavorano come dipendenti in hotel o hanno

Nicola Ultimo: cucina e servizio vanno a braccetto Negli anni, Andrea Aprea ha deciso di orientare la proposta del Vun su due degustazione che si affiancano alla carta, composti da signature dish e piatti inediti. Il primo si chiama Percorsi Partenopei - 145 euro, con abbinamento 235 o 250 - e nel menu primaverile era composto da Caprese (famosissima per il contrasto dolce-salato), Frittura di triglia, Cacio e ova, Tortello (ricotta di bufala, doppia concentrazione di ragù napoletano), Baccalà (pizzaiola disidratata), l’altrettanto notissima Intensità di Limone e a chiudere la Diplomatica napoletana. Il secondo degustazione è Viaggiando tra Nord e Nicola Ultimo Sud (165 euro, con abbinamento 275 e 295 euro): dopo la Caprese, ecco le Seppie alla diavola, l’originale Patata “in stagnola” all’amatriciana, Risi e Bisi, Gallinella (Milano-Napoli: una sorpresa), il Piccione, l’Intensità al limone, le Fragole al maraschino. La cena al Vun non sarebbe così piacevole se non fosse gestita da un servizio impeccabile, tra i migliori di Milano, coordinato da un maestro quale Nicola Ultimo, barese con grande esperienza internazionale, 46 anni di cui 14 come manager al Park Hyatt. Basandosi sull’assioma che “la richiesta stravagante in un cinque stelle lusso è normalità” guida uno staff giovane e valido, capace di trovare sempre la risposta giusta a una clientela che arriva da tutto il mondo. E che spesso pesca dalla cantina di 500 etichette, un vino importante e costoso.

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qualcuno che gli risolve il problema economico. A quel punto, però, devi imparare a fare il manager: qui coordino 52 persone ed è un aspetto ancora più importante della cucina del Vun. Parliamo di cucina allora. Il Vun è il classico ristorante all’interno di un grande brand, con metà della clientela straniera e metà italiana. Lei come si comporta con i piatti? Sono tranquillo con gli italiani perché hanno la memoria del cibo mentre è evidente che uno straniero va portato per mano, bisogna spiegare di più. Ma apprezzano, apprezzano…


Si discute molto su una mancata codifica della cucina italiana nel mondo. Lei cosa ne pensa, visto che è stato molto tempo in giro e conosce il pubblico straniero? Credo che la materia prima e la tradizione siano già ‘codifica’, il resto è qualcosa di personale e non sta a me dire se sia un bene o un male. Certo, è importante che un piatto rappresentativo abbia una codifica contemporanea, condivisa dai cuochi più bravi. Ma ognuno ha il piacere del suo tocco, no?

Anche in questo momento dove – credo anche per il bisogno di sicurezza – si sta tornando massicciamente a riscoprire la cucina del territorio. Come definirebbe la sua cucina attuale? Tecnica, riconoscibile, con sapori pieni e l’identità degli ingredienti. Per

Le varie anime del Park Hyatt Il Vun è la bomboniera di un hotel capace di ‘coccolare’ gli ospiti e i clienti esterni per 24 ore al giorno, con il food & beverage. Il cuore del Park Hyatt è la Cupola, nota a tutte le latitudini per il fascino e la qualità dell’offerta culinaria, a partire dai Club sandwich – creati ovviamente da Andrea Aprea – e considerati tra i migliori del mondo. A certificarne il valore ci fu Sir Tyler Brûlé, direttore dello ‘chicchissimo’ Monocle Magazine che ne scrisse in modo entusiasta. La Cupola – aperta in tre archi orari (11-12, 14.30-18.30, 23-1) non ha solo Club sandwich in carta ma le immancabili proposte in chiave internazionale. Al momento del lunch (12-14.30), la proposta si amplia soprattutto nei primi piatti e nelle insalate. Il prima e il dopo cena trovano invece nel Mio Bar il punto di riferimento: la ristrutturazione del 2015 ne ha fatto un luogo intimo ed elegante, con il bellissimo dehors utilizzato nei mesi più caldi. Aperto dalle 17 alla 1, ha un’eccellente drink list dove spiccano i bloody mary – difficile trovarne così tante e buone versioni a Milano – e una serie di ‘pinxtos’, firmati sempre dallo chef napoletano.

In questa pagina: Riso, limone e scampi; la brigata di Aprea riunita al completo; la sala del ristorante del Park Hyatt Milano; nella pagina a fianco: Caprese Dolce, Salato; altri particolari della sala.

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me ogni cosa può esserlo, senza prevenzione. Però deve ‘stare’ nel piatto, non per decorazione o colore perché è sbagliato. Io sono venuto al Park Hyatt con la cucina che facevo a Napoli dopo quindici anni in giro per il mondo: ho messo tutto dentro la valigia, poi ho deciso cosa mi piaceva e cosa no. Il concetto resta quello del prodotto italiano e della tradizione. Lo esprimo da diversi anni, non solo al Vun. Abbiamo un patrimonio eccezionale di prodotti, non è luogo comune, e ha senso valorizzarli sempre di più. Da qui il piacere di non perdere il gusto della tradizione: sta al cuoco ragionare su come procedere e sino a che livello operare una rivisitazione. Per esempio ho toccato paradossalmente di meno un piatto complicato come il mezzo pacchero che la caprese, la pastiera resa in forma sferica o la torta al limone. Generalizzando, c’è la sensazione che la cucina del Sud in questo momento storico sia più apprezzata di quella del Nord. Condivide? Come dicevo, viviamo un periodo dove si preferisce riscoprire e non rischiare, si preferiscono i sapori della tradizione. La cucina del Sud ha radici più profonde di quella del Nord, sempre generalizzando. Se pensiamo a quella napoletana, mi vengono in mente i ricettari dell’800 di alta cucina, i piatti del popolo, uno street food incredibile con i “maccheronari”, e non parlo della pizza e delle fritture. Noi li portiamo nel palato ma in definitiva piacciono a tutti gli italiani per il gusto pieno e la loro immediatezza. Quindi niente contaminazione, fusion e via dicendo… Questo è il suo pensiero? Abbiamo il diritto e il dovere di far conoscere la cucina italiana, facendo la scelta precisa di eliminare tutto quanto non appartiene alla nostra cultura. E’ difficile, perché per un cuoco si restringe il campo di azione e in un certo senso non puoi fare voli pindarici ma con la costanza si arriva a grandi risultati. Ci vuole il gusto e il rispetto del passato come la tecnica e il servizio del presente. Ma l’Italia è e deve essere sempre il buon pane e l’olio extravergine che serviamo prima di iniziare il servizio. •


L’opinione

Ristorazione condivisa

La giungla degli home restaurant di Stefano Bonini

Gli appassionati di cucina si improvvisano cuochi nelle loro case. Senza dover sottostare alla (costosissima) normativa di settore. La sharing economy è uno dei grandi bluff di questo tempo. Con la scusa dell’economia collaborativa o dello scambio sempre più persone aprono le porte di casa (non sempre solamente la loro) per affittarla in toto o più semplicemente per dare da mangiare a un numero limitato di ospiti in cambio di denaro. Se una piattaforma di condivisione come Airbnb si è trasformata in una enorme società in grado di condizionare 37mila eventi di condivisione governi e istituzioni, non altretenogastronomica con un inCon la scusa tanto, per nostra fortuna, sono casso medio stimato per sinperò riuscite a fare (almeno figola serata (e per oste) pari a dell’economia no ad oggi) quelle di social ea196 euro, e su base annuale collaborativa, il business attorno ai 1.000 euro. ting. I cosiddetti “home restaurant”, altra forma di economia Gli ultimi dati di Confesercendegli home restaurant condivisa in virtù della quale ti sugli home restaurant dicocresce. E vale quasi 8 un privato cittadino può organo che gli home chef hanno nizzare cene a pagamento a un’età media di 41 anni, nel milioni di euro. casa propria, promuovendole 56,6% dei casi sono donne e commercializzandole tramie il 14,9% di loro svolge attite apposite piattaforme online, vità extra correlate al settore si stanno però sviluppando. E contro l’Airbnb della del food. La spesa media stimata a persona è di tavola si stanno giustamente scagliando i ristoratori 23,70 euro … come andare a mangiare in pizzetradizionali e le loro categorie di riferimento. ria insomma. Tra leggi e provvedimenti scarsamente efficaci, anLa Lombardia ha registrato il 24,6% degli ospiti, che il settore della ristorazione dopo quello alberseguita da Lazio (18,6%), Piemonte (15,8%) e Pughiero sta assistendo alla moltiplicazione degli apglia (8,4%). Marginali le adesioni registrate nelle passionati di cucina che, grazie all’assenza di regole altre regioni. precise, si improvvisano cuochi e fanno ristorazione Nonostante il desiderio di qualche legislatore di resenza dover sottostare a tutte le costosissime norme golamentare il fenomeno, non solo fiscalmente ma che regolano ufficialmente il settore. soprattutto in fatto di sicurezza alimentare e saniTra case, terrazze e giardini trasformati in ristorantaria, gli home restaurant aumentano non tenendo ti dove chef dilettanti propongono le loro specialicertamente conto dei vincoli che la norma in fieri tà a turisti, avventori o semplici curiosi, il business vorrebbe applicare: cresce e vale quasi 8 milioni di euro. Nel 2016 so non più di 500 coperti e incassi inferiori ai no state oltre 300mila le bocche sfamate in circa 5.000 euro annui;

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 netta distinzione fra ristorazione tradizionale a carattere professionale e quella amatoriale degli home restaurant;  obbligo di rispettare le leggi vigenti sull’igiene e sulla conservazione dei prodotti alimentari;  obbligo di provvedere attraverso la piattaforma digitale ad inviare al Comune comunicazione circa l’attività in essere;  gli immobili dovranno presentare i requisiti standard delle unità abitative a uso residenziale. È vietato fare ristorazione in abitazioni dove si svolgono attività turistico ricettive in forma non imprenditoriale, come i bed & breakfast e gli appartamenti destinati ad affitti brevi. Se presunti chef o improvvisati albergatori dovranno dunque scegliere se mettere in gioco le proprie abilità culinarie piuttosto che quelle in fatto di ospitalità e accoglienza, invitiamo gli addetti ai lavori a riflettere sul fatto che chi si rivolge a queste piattaforme per trovare ristoro o albergazione non lo fa perché vuole vivere un’esperienza (parola abusatissima) ma prima di tutto perché vuole risparmiare. Siamo di fronte, come nel caso di Airbnb, non a degli innovatori ma ai cosiddetti “succhia ruote”, che sfruttano il boom turistico di città e località per piazzare sul mercato la loro offerta a basso costo, un godimento del tutto personalistico e nessun vantaggio per il sistema.•


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Tradizione o avanguardia? Barbieri docet di Maurizio Bertera

La prima è la base, la seconda è l’evoluzione. Ma l’obiettivo è il gusto che soddisfa il cliente. È diventato uno dei personaggi televisivi più popolari tra Masterchef, 4Hotel e le ‘ospitate’ a parlare di tutto ma Bruno Barbieri resta cuoco. E un signor cuoco: dalle navi da crociera al record delle sette Stelle Michelin in carriera, conquistate in quattro posti: Locanda Solarola di Castelguelfo, Trigabolo (leggenda per i gourmet italiani degli anni ’80) di Argenta, Grotta di Brisighella e Arquade-Villa al Quar di San Pietro in Cariano. Un viaggiatore nato (“Ero un ragazzo di Medicina che voleva girare il mondo: imparare a fare il cuoco mi sembrava la “Sono contro gli scelta giusta” dice) per riposarestremismi: molti si, scoprire, trovare l’ispirazione giusta. Barbieri è appena torpiatti sono senz’anima, nato dal Giappone, entusiasta assemblaggi di prodotti come pochi. “Ho ammirato e gustato una cucina complicae non uno studio di ta, estrema, lontanissima dalla abbinamenti”. nostra per la filosofia di base: per loro il cibo è una religione, cucinare un rito – spiega – quella che troviamo in Italia è solo una parte, spesso caricaturiale di quella autentica che si apprezza maggiormente in campagna che in città. Incredibile, comunque”». Da qui è nata l’idea di creare una capsule di piatti – otto, due per stagione – per Daruma, il gruppo dei fratelli Tesciuba con otto ristoranti a Roma, specializzati in piatti giapponesi. “La commistione di sapori e culture è da sempre sinonimo di arricchimento. L’Italia e il Giappone hanno tradizioni culinarie antichissime e condividono un profondo rispetto per le eccellenti materie prime del territorio. E mi sono divertito un sacco a pensare i piatti”. Si è iniziato con il menu di primavera: i piatti firmati da Bruno si chiamano Magro all’elisir di pizza (tortino di magro di manzo con quenelles di uova di salmone) e Ramen di quadrucci con conchiglie e profumi

Lo chef Bruno Barbieri

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La sala e la zona bar (sopra) del Fourghetti a Bologna

mediterranei (vongole veraci, quadrucci all’uovo, brodo di kombucha, polpette di gamberi). Fusion fatta di sapori pieni e tante sfumature. Una sorpresa, pensando che lo chef emiliano nelle interviste non appare certo un amante della creatività. “In realtà, dico che non esiste creatività senza conoscere la storia – precisa - E sono contro gli estremismi: non capisco perché usiamo in Italia la medusa e non il rombo chiodato dell’Adriatico. Molti piatti sono senz’anima, assemblaggi di prodotti e non uno studio di abbinamenti. Poi un conto è se la creatività appartiene a cuochi con decenni di carriera, un altro è se la ricerca della copertina da parte di giovani che scimmiottano o fanno cose insensate. Devi raccontare te stesso”. E nel dibattito Tradizione e Avanguardia come si schiera? “Per me la prima è la base, la seconda è l’evoluzione. La ricetta storica e il tocco in più. I tortellini in brodo e quelli con il fior di panna. Nessuna provocazione fine a se stessa, l’obiettivo è il gusto che soddisfa il cliente.

Poi, in questo periodo storico, noi dobbiamo riempire i ristoranti e non pensare a pochi fortunati che spendano tanto. Ecco perché ho pensato a Fourghetti: qui puoi fare tutto, sentirti libero. Bere un drink, mangiare qualcosa, cenare. In una saletta o al bancone. Restando mezz’ora o per tutta la serata: una novità per Bologna”. Il locale, nasce dalla ristrutturazione di una storica locanda per farne un concept che non stonerebbe all’estero (e difatti, ne aprirà a breve altri). Scelta coraggiosa, pensando che il motto latino ‘nemo propheta in patria’ si presta facilmente al giudizio di chi abita sotto le Due Torri, dove la ristorazione è ancora classica. Fourghetti (ossia ‘quattro spaghetti’ ma anche ‘forget it’ in uno slang inventato) è un luogo moderno: il bancone bar - anima del Bar Bieri. nome simpatico - dove sorseggiare un drink del bravo Salvatore Castiglione o mangiare un piatto, le salette interne (piacevolmente separate senza essere lontane), un piccolo spazio esterno. Domina il nero, l’essenziali-

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tà. Il menu, curato dal talentuoso Erik Lavacchielli, è stringato a pranzo (sei proposte in tutto) e articolato per il servizio serale dove si spazia dalla tradizione locale – soprattutto i primi, con dei tortellini da 10 – sino al trancio di Black Cod o al taglio di manzo selezione Ferretti. Al Bar Bieri si può sempre chiedere un hamburger, una selezione di salumi con piadina fatta al momento, delle ostriche di qualità. Al piano superiore, infine, rivive la locanda di un tempo, con poche camere di design. Cucina vera, intensa, non di tendenza. “Adesso è il momento del ‘recupero’ – dice Barbieri - se ne parla tanto, sin troppo: nel mio ultimo libro ‘Cerco sapori in Piazza Grande’ ricordo che le nonne e le madri, soprattutto in campagna, hanno sempre fatto questa cucina senza esporla come bandiera. Abbiamo preso tante cose dagli americani, buone e cattive: tra le ultime ci metto le mega-spese al supermercato: il 90% dei nostri frigoriferi sono cimiteri gastronomici”. Da giudice e viaggiatore non possiamo esimerci dal chiedergli tre locali dove possiamo andare a suo nome e vivere una bella esperienza. “Piccola Piedigrotta a Reggio Emilia: sono napoletani e fanno una pizza eccezionale. Il Patio del Regina Adelaide a Garda: c’è un mio allievo, Andrea Costantini, che sta facendo un ottimo lavoro. E l’Argine a Vencò della mia ‘collega’ giudice Antonia Klugmann, con una cucina molto personale e curatissima”. E il locale del cuore? “Al Trigabolo di Argenta c’era una brigata eccezionale, vi abbiamo realizzato un lavoro unico all’epoca e di cui si parla ancora. Ma scelgo Solarola: era all’interno di un agriturismo che forniva gran parte dei prodotti a un degustazione fisso che cambiavo in base alla stagione. Sette anni bellissimi, intensi con il premio della doppia Stella. Tra i miei clienti frequenti c’era un giovane cuoco, Massimo Bottura”. Che cita sempre la Solarola come parte fondamentale della sua educazione al gusto: niente è un caso.•


Protagonisti food

A cena in grotta, la Lucania migliore di Gualtiero Spotti

Alla Antica Cantina Forentum si gustano prodotti tradizionali, cucinati da una mano abile ed esperta.

Terra difficile, aspra, che nel suo difficile posizionamento tra regioni dove si manifesta un flusso turistico continuo e strabordante, almeno in molti casi, la Basilicata è ancora oggi uno dei pochi luoghi in Italia che sembra appartenere a un lontano passato. Principalmente per la sua anima rurale, per la scarsa presenza di popolazione e per una natura capace di

Lo chef Savino di Noia titolare del ristorante Antica Cantina Forentum.

avere il sopravvento sull’uomo. La Basilicata, senza Matera e i suoi Sassi, in fin dei conti sarebbe considerata quasi una semplice area di passaggio sulla rotta che conduce in Campania o in Puglia, mentre invece, per chi la attraversa con “L’intraprendenza maggiore attenzione, diventa un luogo dai contorni magici, del titolare, Savino come se ne vedono pochi in di Noia, è la migliore Italia. Una terra oltretutto ricca garanzia di qualità per di storia e che cela molte testimonianze legate a un paschi approda in questo sato che si perde nella notte dei tempi. Eppure per riscovillaggio del sud” prirla bisogna passare attraverso strade tortuose, fatte di forti volontà, di passione, unite a una capacità professionale in grado di emergere nonostante le difficoltà di crescere in una regione che risulta essere tra le meno sviluppate d’Italia. E’ il caso del giovane intraprendente Savino di Noia, titolare del ristorante Antica Cantina Forentum (www.anticacantinaforentum. com) nel piccolo borgo di Lavello, il primo paese che si incontra in Basilicata arrivando dalla Puglia e da Andria. Nato nel 1986 come bar con cucina, Forentum a partire dal 2000, ha visto la trasformazione in ristorante cui si sono aggiunte, negli ultimi anni, le camere per gli ospiti e una sempre maggiore attenzione verso il recupero del borgo antico di Lavello. Si perché il locale, scrigno di tradizioni culinarie lucane, da queste parti è ormai un’istituzione, con la cucina casalinga curata da Maria Lucia Vizzano, cui ora offrono un sostanziale supporto il figlio Savino, già studente dell’Alma, e la moglie Aurora Basso, che si occupa della sala. La formula qui, sin dall’inizio, è stata quella di voler far rivivere l’antico borgo

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ti anni, ed è ben lungi dall’essersi conclusa visto che il vulcanico Savino ha in mente di inaugurare a breve un piccolo bistrò proprio nella piazza dove è ospitato l’altro ristorante, ma è anche un segnale forte di come si possa mantenere un legame solido con le proprie radici, e di come, con forza di volontà e determinazione, le opportunità non manchino anche a queste latitudini. Savino, che negli anni passati ha frequentato l’Alma, la scuola di Colorno,

con i Maccarunar du Munacidd, gli spaghettoni di pasta trafilata con zucca, mandorle, salsiccia e l’immancabile peperone crusco, che ormai da tempo molti cuochi blasonati inseriscono nei loro menu (basti pensare alla coppia Negrini/Pisani di Aimo e Nadia a Milano), alle patate cotte nella cenere, alle carni alla brace, ai funghi cardoncelli, alla parata di fritti e perfino un accenno di picanha alla brasiliana. In aggiunta si può scegliere anche una pizza, di quelle in stile napoletano e che oggi vengono definite “gourmet”, ma da Forentum si passa altre ragioni, per i sapori di una volta, della tradizione povera di quest’area. E per vivere l’esperienza davvero inusuale di consumare un pasto in una grotta sotterranea che risale al 1500 e nella quale scorre acqua di sorgente. L’accoglienza qui è quella sincera e familiare che ci si aspetta, così come improntata alla valorizzazione delle bottiglie lucane è la solida carta dei vini, dove si racconta bene il territorio con ottime bottiglie di Aglianico del Vulture in bella evidenza. Come dire che il tanto famigerato chilometro zero

ha ripreso, con la madre a dare sempre una grande mano in cucina, la storia gastronomica lucana mettendoci anche del suo, inventandosi un proprio sugo per la pasta, recuperando relazioni importanti con i produttori locali (di vino, come Elena Fucci, ma anche per i formaggi con le mozzarelle di bufala o il Canestrato dell’Azienda Agricola Sabino di Venosa, o i salumi) e basando la sua proposta su concetti semplici e condivisibili, ovvero la stagionalità e la tipicità. Difficile resistere a un colpo di forchetta

qui è molto semplice raggiungerlo e non viene mai sbandierato a caso. Lo dice bene anche la materia prima che finisce in tavola e che arriva dal vicino orto che Savino da qualche tempo ha allestito poco fuori Lavello, e dal quale provengono le verdire che vengono trasformate poi in cucina. Forentum è uno di quegli esempi virtuosi da conoscere, perché racconta bene la vivacità e la tenacia che contraddistinguono anche gli angoli più remoti e sconosciuti della penisola italica.•

Vista esterna dell’Antica Cantina Forentum

La sala dell’Antica Cantina Forentum

del paese, che negli anni ha spostato il suo centro urbano pulsante e ha visto un progressivo spopolamento. Invece con una realtà come Forentum le vecchie case abbandonate hanno ripreso a vivere, perché Savino nel corso degli anni le ha rilevate e ha saputo farne un albergo di appartamenti e suite ad uso dei turisti di passaggio e, durante la settimana, dei numerosi dipendenti della Fiat, che ha un suo importante stabilimento nella vicina Melfi. Un’operazione non facile, che ha impiegato mol-

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Protagonisti food

Paolo Griffa approda a Courmayeur di Giorgio Ascorti

Al mitico Grand Hotel Royal e Golf ora c’è il forte piacere della spettacolarizzazione. In un viaggio, solitamente è la partenza a cambiare una storia, una carriera. Nel caso di Paolo Griffa, uno dei talenti della cucina italiana, è stato invece il ritorno a casa. Chiusi i due anni da Serge Vieira, il 26enne di Carmagnola, si è fermato a Courmayeur: non a caso, la proprietà del mitico Grand Ho“Da Marco Sacco tel Royal e Golf lo aveva conho appreso come far tattato lo scorso settembre, mentre preparava il Boucuse funzionare le cose. d’Or. “Rifiutai cortesemente, Anche quando è dura”. ma furono così gentili e insistenti che decisi di fermarmi lungo la strada del viaggio da Lione in Italia: arrivai il 16 ottobre con la vettura stracarica di roba” racconta Griffa. Evidentemente la struttura – carica di storia ma in pieno centro e vivace – e soprattutto i proprietari lo hanno convinto a fermarsi. Ha avuto carta bianca, difatti alla riapertura di giugno, ci sono stati cambiamenti va griglieria e dei servizi ristorativi per i clienti interni. importanti a partire da una nuova cucina e dall’arSempre sotto la supervisione di Griffa - executive rivo di Andrea Alfieri che si occuperà del ristorante chef del complesso - che in attesa di una nuova paGrand Royal, della champagneria Ruinart, della nuosticceria, si ‘diverte’ con il Petit Royal, la bomboniera gourmet. Può far sorridere che Paolo sia il più giovane della brigata che dirige, ma è il percorso a garantirne la capacità: a 19 anni entra nel Combal.zero di Davide Scabin, a quei tempi 19° per la The World’s 50 Best Restaurants. Poi tre anni come sous chef di Marco Sacco al Piccolo Lago, due stelle Michelin, che gli ha dato la possibilità di viaggiare per cinque mesi all’anno durante la chiusura del ristorante e lavorare in Asia, negli Emirati Arabi, in Thailandia. “Da Marco ho appreso come creare un format riRistorante Petit Royal storativo “da zero”, come organizzare un

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Paolo Griffa

menù e una brigata, come coordinare sala e cucina e far funzionare le cose, anche quando è dura” racconta Griffa. Una bella gavetta e una scuola di vita che l’ha proiettato all’esperienza definitiva: due anni come capo partita da Serge Vieira a Parigi, dove ha appreso le basi della cucina francese classica. Oggi messa in discussione da molti, ma non da lui. “In Italia impari le ricette dai parenti, non sono codificate; in Francia tutto è scritto e tramandabile. E ancora i nostri cuochi reinterpretano e non rispettano mentre i loro standardizzano. Però, noi abbiamo la fantasia e sappiamo adattarci a tutto. In definitiva, la Francia forma e l’Italia ti dà modo di esplorare sempre” sottolinea il cuoco piemontese. E al Petit Royal le ‘esplorazioni’ hanno già segnato i primi mesi della sua avventura, sorprendendo i clienti storici dell’hotel e sconvolgendo il territorio che (giustamente) era sintonizzato sulla cucina ras-


Cappone di Morozzo

Bue grasso di Carrù

Cervo Kiuva di Arnad

sicurante della brava Maura Gosio, più legata alla tradizione. “Sapevo benissimo che sarebbe andata così, sia per la clientela sia per i fornitori – spiega Griffa – ma al tempo stesso ho trovato persone che aspettavano un vento nuovo e mi stanno fornendo ottimi prodotti. Poi, mi sembra evidente che la Valle d’Aosta abbia bisogno di avere nuovi stimoli e quindi ben vengano situazioni come la nostra, con titolari desiderosi di cambiare marcia”. Solo che nel caso della cucina, la ripresa è quella di un V8 Ferrari: il menu, al di là di un’agile proposta alla carta e l’immancabile ‘mano libera’ concessa allo chef, prevede percorsi di degustazione con quattro piatti basati su un ingrediente protagonista. Il cliente sceglie cosa mangiare (il che cambia a seconda di stagione mercato ed estro: nel nostro caso erano il bue grasso di Carrù, il cappone di Morozzo, il cervo Kiuva di Arnad, l’astice) e vengono proposte declinazioni dello stesso, a tutto pasto. E non c’è paura: lo chef opta per una complessità di sapori che si riflette anche

nelle modalità di servizio. Quasi ogni singola portata è frazionata in vari piatti, che compariranno al tavolo tutti assieme o a ondate successive, a seconda della natura della stessa e delle scelte in cucina. Vi facciamo l’esempio dell’astice: si parte da un carpaccio di astice dal tocco mediterraneo con chips di riso di zafferano valdostano di Diego Bovaro (ricordo di una paella spagnola), si continua con la tom jam, zuppa thailandese solitamente a base di gamberi ma qui ripensata con l’astice, fino ad arrivare all’omaggio all’Italia con le linguine Felicetti cotte direttamente nella bisque di astice. Ultimo passo del viaggio è in India, con gli astici bretoni grigliati e guarniti con salsa di curry, accompagnati da carote al cumino e cavolfiore grigliati. Troppa contaminazione? “Se funziona, è ottima, oggi sembra una novità ma ricordo bene cosa faceva Scabin quando ero al Combal, nel suo periodo migliore – risponde – non c’erano frontiere, se non quella del gusto. La mia è una cucina in perenne evoluzione, con modifiche notevoli nella tecnica, nel servizio e anche nelle persone che la realizzano. Non di stagione in stagione, ma di settimana in settimana” Se il filo conduttore è rappresentato dalle acidità e dalle marinature, che sgrassano la concretezza dei piatti, al Petit Royal c’è il forte piacere della spettacolarizzazione: il cervo viene affumicato in modo indiretto al tavolo con una rete di acciaio leggero e il dashi preparato al momento con un’infusiera. La capacità tecnica di Griffa riesce a declinare anche la patata di montagna in vari amusement e in

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uno spaziale: nel Risotto di patata, il tubero viene pazientemente tagliato a forma di chicco di riso (2 mm per 4 mm) e risottato in modo che gli angoli, che cuociono prima, si ‘smussino’ fino a diventare allungati. Una percezione particolare e divertente in bocca, il resto lo fanno un sontuoso lardo di Arnad e i ricci di mare. E che dire della sezione dessert? La Mela avvelenata si presenta esteticamente semplice, lucida e rossa, ma all’interno nasconde tanta complessità: si parte da una mela della Valle d’Aosta che viene completamente svuotata per ricavarne solo la buccia, e poi riempita con brunoise di mela verde e finocchio, sfoglia caramellata e bavarese di miele di castagno molto amaro. Lo Schiaccianoci invece richiama un piatto di legno di tradizione valdostana che contiene le noci e ha, al centro, un pilone su cui si schiacciano con un martelletto. Nelle mani di Griffa, la rivisitazione diventa un guscio di noce di cioccolato, con all’interno nocino, caramello allo sciroppo d’acero, cremoso al cioccolato e tè affumicato, gianduia alle noci, pere marinate al ginepro, bacche di crespino, levistico (sedano selvatico) e malli di noce canditi. Resta una domanda, obbligatoria verso un cuoco che ha vinto quattordici concorsi sui sedici a cui ha preso parte: è finita quell’epoca? “Penso proprio di sì, sono sempre stato competitivo con me stesso. Dico sempre che i concorsi non sono obbligatori ma migliorano la capacità di un giovane. In realtà, la mia vera passione è la pasticceria: sono nato pasticciere e me la porto dentro”. Ce n’eravamo accorti.•


Focus food

Izu, dalla Cina al Giappone di Fiorenza Auriemma

Nel 1993, a Milano, apriva Izu. Un efficace restyling, realizzato dall’architetto Roberto Bramati, ne ha rafforzato l’identità. Nel 1993, al civico 27 di corso Lodi a Milano, apriva Izu, gastronomia giapponese gestita da una famiglia cinese. Per il capoluogo lombardo – e non solo – era una novità assoluta, tanto più in una zona allora senza particolari attrattive. «Ci piaceva molto abbinare colori e tagli particolari del pesce, ci credevamo. All’epoca però il sushi non era di moda, si trattava davvero di una proposta nuova e ‘rivoluzionaria’. E non è stato semplice», ricorda Hu Jin Yue, figlio di Hu Shou Yin, chef, ideatore e anima del locale. «Era qualcosa che andava compreso, così abbiamo cominciato a spiegare la cultura del pesce crudo in Giappone». Mossa vincente, visto che nel 1997 la gastronomia evolve in ristorante cino-giapponese, con un angolo sushi che diventa subito punto di riferimento dei primi estimatori delle specialità nipponiche.

Ci chiediamo sempre: “questo piatto è buono, che cosa possiamo fare per renderlo eccezionale?”

Nove anni dopo, nel 2006, il ristorante subisce una profonda ristrutturazione, anche nel menu: Hu Shou Yin decide infatti di abbandonare la cucina cinese, concentrandosi solo su quella giapponese. Un ulteriore cambiamento avviene nel 2010, quando l’ar-

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chitetto Roberto Bramati ridisegna gli interni, dando a Izu un’identità ben precisa anche dal punto di vista estetico. «Ora è un ambiente molto caldo e bello, che non mette soggezione», commenta Hu Shou Yin, particolarmente orgoglioso dei grandi lampadari


semisferici color marrone e oro che caratterizzano lo spazio: «Ricordano crateri stellari, eleganti e allo stesso tempo danno calore». Contemporaneamente al restyling interno, è nato anche il dehors con una trentina di coperti che si sono aggiunti ai 120 interni. L’ultimo ritocco in ordine di tempo risale al 2013, quando viene ricavato un privé con 18 posti. Tutti i cambiamenti strutturali sono stati accompagnati da altrettante innovazioni in cucina: «Il fatto che ora la clientela conosca meglio la cucina giapponese, ci dà l’occasione per continuare a ricercare. Il che vuol dire investire tempo in ricerca, approfondire la conoscenza della materia prima, studiare nuovi abbinamenti, diverse tecniche di cottura anche di altre culture, da utilizzare con gli ingredienti giapponesi e viceversa», dice Hu Shou Yin. «Per noi quindi è sempre una sfida, e anche una grande emozione offrire ai clienti qualcosa di diverso, un’esperienza nuova, un accostamento inedito. Ci diciamo sempre: “questo piatto è buono, che cosa possiamo fare per renderlo eccezionale?”. Quando

anche un semplice riso saltato diventa così particolare che le persone tornano solo per mangiarlo di nuovo, per noi è una grande soddisfazione». Hu Shou Yin è arrivato in Italia negli anni ’80, per raggiungere il padre che lavorava come chef già da molti anni, in ristoranti importanti cinesi e giapponesi. «Ancora oggi, mio padre va al mercato ittico a scegliersi il pesce migliore. Io sono praticamente cresciuto in cucina, guardandolo lavorare: è stato lui a trasmettermi questa grande passione per l’arte culinaria giapponese creativa». Molti ingredienti alla base dei piatti di Izu arrivano dal Giappone, come la ricciola, lo yuzu fresco, il foie di wasabi. Non mancano le contaminazioni: dall’Alaska ad esempio proviene il pesce carbonaro, dall’Italia le nocciole piemontesi Igp. A cena, il prezzo medio è di 40 euro, che salgono a 45/50 con le bevande, scelte tra le 250 etichette in cantina, o tra i cocktail - anche a tutto pasto - preparati dal barman in base ai piatti ordinati. A pranzo, il business lunch va dagli 11 ai 18 euro. •

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Focus food

Chilometro zero? No, chilometro buono

Vista esterna del ristorante AlMare di Fano (Pu).

di Emanuela Stìfano

Parola di Antonio Scarantino, interprete della Nuova Cucina Marchigiana al ristorante AlMare di Fano. La ricerca della qualità perduta, a prescindere dalla distanza del luogo di provenienza dei prodotti. È questa la mission che si è dato Antonio Scarantino, classe 1988 e chef al ristorante AlMare di Fano si alla moda del chilometro zero. Perché per Antonio, (PU). Siciliano trapiantato a Monaco di Baviera in il reperimento della materia prima nelle vicinanze tenera età, Antonio vanta un vissuto in famose cuci– a tutti i costi - non ha senso: “Se si utilizzano sone italiane, da Bottura in primis, ma anche esperienlo prodotti del proprio territorio non si valorizza la za nelle cucine di mezza Euroqualità, piuttosto si perde. Il pa, al fianco di chef di fama nostro è un Paese straordinamondiale. Se non bastasse, si riamente ricco di eccellenze: Un mix sappia che i suoi maestri sono perché rinunciare a questo tedi buon gusto, personaggi del calibro di Fransoro?”, si è domandato. co Clerici ed Emilio Barbieri, a Nasce così il concetto di chidesign e cui si sommano gli insegnalometro buono: i piatti che creatività menti della nonna. Con quecrea sono frutto di una prosto bagaglio, conosce, a Fano, fonda ricerca della qualità in riva al mare. Simonetta Biagiotti, già nome delle migliori materie prime noto della ristorazione tradizioche, appunto, sa di non ponale marchigiana: il sodalizio ter trovare tutte nel raggio di non tarda ad arrivare e da lì a zero chilometri. In altre paropoco parte il progetto del ristorante AlMare. le, Scarantino ha scelto di andare a cercare un Ed è qui che Scarantino si diletta ad andare controprodotto dove è realmente il migliore, non dove è corrente, esaltando le distanze, al posto di adeguarpiù vicino: anche se ciò comporta di percorrere da

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nord a sud l’Italia. Tanto per fare alcuni esempi, Antonio ha spiegato che l’olio servito sui tavoli di AlMare proviene da un frantoio siciliano, che seleziona in anticipo le olive prima della raccolta. Per le mandorle, invece, sceglie la varietà più pregiata di quelle che si producono ad Avola. Quanto al pesce, Scarantino ha spiegato: “siamo orgogliosi di utilizzare per il 90% quello pescato nell’Adriatico ma non acquistiamo per forza il prodotto dai nostri allevamenti locali se, pur essendo a “miglio zero”, non ci garantiscono criteri di qualità sufficienti. Lo scegliamo invece in base alla località che sappiamo essere la migliore per la pesca di quella specie. Ad esempio utilizziamo il merluzzo Skrei, la varietà migliore di merluzzo norvegese, apprezzata dagli chef di tutto il mondo. Viene pescato solo durante la stagione invernale quando sviluppa una carne soda, bianca e morbida, dal sapore delicato, magra e ricchissima di proteine”. Il menu del ristorante AlMare è frutto di questo spirito: materie prime ricercate, che si vanno a sommare a un’esperienza estetica importante, ma accessibile a tutti, grazie al mix di ottima cucina, design curato nel dettaglio, e atmosfera familiare. D’altro canto, il giovane Antionio si è dato un obiettivo: essere l’interprete di quella che oggi è definita Nuova Cucina Marchigiana, ossia una tavola dove antiche usanze e sapori che appartengono alla memoria di questa regione adriatica vengono riletti con il gusto contemporaneo per la contaminazione, nelle tecniche usate e negli accostamenti. E, a quanto pare, ci sta riuscendo.•


A lato: Maialino e gallinella, maionese di cozze e datteri; La pasta fredda shekerata con pomodoro, mozzarella, origano e calamaretti.

Lo chef Antonio Scarantino

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Focus food

Mastai, obbligo di fermata di Emanuela Stìfano

Punto di riferimento della Valchiavenna e non solo, la nota pasticceria fa della scelta delle materie prime il suo punto di forza. Sebbene non sia necessario fare grandi presentazioni - Mastai è una tappa d’obbligo per tutti coloro che transitano per Chiavenna (So) – un breve cenno alla sua storia è comunque doveroso. È il 1981 quando la famiglia Mastai apre il primo locale: grazie al passaparola e alla posizione strategica – siamo molto vicini alla frontiera con la Svizzera, nella strada che obbligatoriamente si deve percorrere se si è diretti a Madesimo o nell’Engadina - in poco tempo diventa la pasticceria dei vip. Da DaLa nostra è una niela Buongiorno a Veroclientela di élite. nica Lario, passando per cognomi dell’alta moda C’è chi si ferma per quali Moncler e Gucun caffè e chi per un ci, tutti si fermano qui. Ma non può essere sopasto veloce. Tutti lo la fortunata posizione ritornano per i nostri ad avere determinato il successo di questa padolci. sticcceria: la bravura e la passione di chi ci lavora sono evidentemente stati i veri fattori determinanti. Altrimenti non si spiegherebbe quell’incessante lavorare dalle 5 e mezza di mattina alle 20,30 di sera, ogni giorno della settimana, per 365 giorni all’anno. L’intuizione di aprire la pasticceria fu di Italo, che prima di allora insegnava pasticceria alla scuola Alberghiera di Chiavenna ed era stato pasticcere di hotel rinomati, uno per tutti il Danieli di Venezia. Oggi a gestire l’esercizio di famiglia sono Luciano e Titta, i due i figli di Italo, i quali hanno a disposizione un esercito di personale, 50 persone in tutto. Sì, perché dal 1981 a oggi, di strada ne è stata fatta: nel 2011 i fratelli

Vista del Mastai immerso nel cuore di Chiavenna; nella pagina a fianco: l’interno del locale e i tavolini posizionati all’esterno.

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chi le famose meringhe che tanto piacevano a Mike Buongiorno e chi la torta millefoglie. Grande successo anche per i panettoni e le colombe a base di “ingredienti super-ricercati”, primi tra tutti i canditi biologici. Poi ci sono le mini-tortine a base di farina gialla, farina di grano saraceno, sfiziosissime: “I clienti le scelgono per il formato – racconta Titta – le portano a casa volentieri, anche se non ci sono ricorrenze da festeggiare”. Grandissima attenzione viene posta nella selezione degli ingredienti e delle materie prime utilizziate. Laddove possibile si scelgono prodotti del territorio – e ciò vale per i formaggi, per i salumi – ma il primo criterio di selezione è la certezza della qualità. D’altro canto non potrebbe essere altrimenti: ogni settimana vengono utilizzate 4 mila uova e 250 chili di burro fresco, la

Mastai hanno deciso di allargarsi e hanno aperto un nuovo locale vicino alla stazione di Chiavenna, scegliendo così un altro punto nevralgico. “Il locale storico si presta di più per le colazioni e per l’acquisto dei dolci – ha spiegato la signora Titta -. Nel locale vicino alla stazione, invece, vanno di più gli aperitivi, gli aperi-cena, i piccoli party”. Insomma, da qualche anno Mastai è diventato anche il fulcro della movida di Chiavenna. Sono molti i clienti che si fermano in entrambi i locali per un pranzo o per una cena veloce, ma di qualità, ma il vero obiettivo è quello di acquistare un dolce: c’è chi sceglie il mitico plumcake (fatto con la stessa ricetta che papà Italo aveva concepito per il Danieli nel ’58),

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certificazione della salubrità degli alimenti diventa quindi un fattore irrinunciabile. Grande attenzione, naturalmente, anche nella scelta dei fornitori, tra cui spicca Caffè Milani con le sue miscele. Nel vicino laboratorio, ogni giorno, vengono sfornate mille brioche, ogni 2 ore vengono prodotti i noti cannoncini. Insomma, un lavoro continuo e incessante, che non vuole però sapere di arrestarsi: da pochissimo i fratelli Mastai hanno aperto un nuovo laboratorio, cinquecento metri quadrati di superficie dove produrre prodotti lievitati e biscotti secchi destinati ad essere esportati all’estero. Dove? Naturalmente in Svizzera. Ma l’intenzione è di ampliare il nuovo progetto verso nuovi orizzonti…•


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Glamour contemporaneo in riva al lago

Vista del Castadiva Resort & Spa che affaccia sul Lago di Como.

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di Gualtiero Spotti

Gusto antico, anima moderna e risvolti gourmet al Castadiva Resort & Spa, a pochi chilometri dal centro di Como. Il Lago di Como negli ultimi anni sta vivendo un nuovo Rinascimento. Poco importa che l’effetto Clooney abbia riportato un turismo d’oltreoceano a frequentare le rive del Lario e una ventata di turisti di varia provenienza abbia cominciato a muoversi con ase stanza del sale, sempre che non si voglia affronsiduità nelle viuzze strette di antichi paesini. Resta tare uno dei ricercati trattamenti con cellule stamiil fatto che la vacanza lacustre è diventata ancora nali vegetali. È poi difficile non restare affascinati una volta trendy, come lo era nel secolo scorso e pridall’atmosfera ottocentesca che pervade il luogo, ma ancora, quando illustri personaggi acquistavadalla piscina galleggiante riscaldata, appoggiata no ville e residenze da queste parti e trascorrevano sul lago, dalle spettacolo delle fontane illuminate proprio qui diversi mesi dell’anno. Oggi è più facile disseminate per il parco, o restare indifferenti all’ivedere scorrazzare russi e nuodea di salire su uno dei motovi ricchi, certo, ma non mancascafi che sostano nella darsena no i milanesi che si sono riapprivata. Se poi tutto questo non In cucina chef propriati di questi luoghi. Non bastasse ci pensa la cucina del è un caso che siano sorti nuoCastadiva a dare qualche buon Massimiliano vi resort e alberghi, che molte motivo per fermarsi al ristoranMandozzi e la sua delle ville storiche siano state te. A lavorare dietro le quinte qui acquistate e riportate all’anti“dolce” metà Elnava c’è un cuoco di esperienza come co splendore e che perfino alMassimiliano Mandozzi, marchiDe Rosa, cresciuta cuni cuochi di grido provenienti giano e classe 1976, che è arriproprio dal capoluogo lombarvato nel 2016 sulle rive del lago alla corte di Heinz do abbiano aperto filiali dei loro Beck. ristoranti (vedi Enrico Bartolini e Andrea Berton). Tra i luoghi di maggior fascino nati negli ultimi tempi, non si può non ricordare il Castadiva Resort & Spa aperto da alcune stagioni nel piccolo borgo di Blevio, a pochi chilometri dal centro di Como. Chi ha già avuto modo di visitarlo o di soggiornarci, sa bene che l’albergo è distribuito su diverse ville, appartenute negli anni alla cantante lirica Giuditta Pasta, musa ispiratrice di Vincenzo Bellini e che queste hanno ospitato nomi famosi della letteratura, del Bel Canto e dell’arte, tra cui il compositore Gaetano Donizetti. La riqualificazione di una serie di ville, tutte confinanti, ha portato alla costituzione di un vero e proprio resort lacustre, dal gusto antico, ma anche con un’anima moderna, grazie ai tocchi di arredamento e di comfort necessari per ospitare una clientela esigente, come ad esempio per la Spa di 1300 metri quadrati ospitata nei sotterranei di Villa Roccabruna, la residenza principale che ospita anche la reception dell’hotel, dove ci si perde tra saune finlandesi, bagni turLo chef Massimiliano Mandozzi chi, cascate del ghiaccio, jacuzzi, percorso Kneipp

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quando Gennaro Esposito era il consulente per la ristorazione del Castadiva. In realtà la carriera del cuoco originario di Porto Sant’Elpidio parte da più lontano, con la Scuola Alberghiera di Tolentino a inizio degli anni Novanta e in seguito le esperienze a Il Passetto, ai tempi il primo stellato marchigiano. Poi sono arrivate la Germania (in un ristorante supervisionato da Dieter Muller), la Gran Bretagna (il ristorante Quadrato al Four Seasons Canary Wharf) e il rientro in patria nel 2004 a Villa d’Este da Parolari, con la chiusura del cerchio passando dal Sambuco a Milano e dal Bice Mare a Dubai. Cucina d’au-

tore quindi, ma anche la pizza, che il cuoco ha nel suo Dna sin dall’infanzia, perché la preparava nel forno del ristorante di famiglia e oggi la ripropone per una sosta easy a bordo lago, sia a pranzo che a cena, giocando con le maturazioni degli impasti a tre giorni. Per l’esperienza gastronomica vera e propria però bisogna passare a L’Orangerie, il ristorante principale nel quale Massimiliano Mandozzi si muove su sapori e piatti tipicamente italiani, ma con scelte a volte originali. Come ad esempio il percorso menu interamente a base di cervo, oppure con il pesce d’acqua dolce, sempre richiesto e che

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vede tra gli altri il Risotto con il pesce persico, cotto nell’acqua di pomodoro e foglie di sambuco fermentate. Poi non manca la grande materia prima che arriva direttamente dal mare come il Riccio, che il cuoco prepara con finocchietto e lamponi disidratati. A rendere ancor più interessante l’esperienza a tavola c’è anche il lato dolce curato da Elnava De Rosa, compagna nella vita di Massimiliano ed esperta pasticcera cresciuta alla corte di Heinz Beck, ma passata anche nelle cucina di Oliver Glowig ai tempi dell’Hotel Aldovrandi a Roma. Un team affiatato, dunque, composto da una trentina di cuochi che in casa finiscono per preparare quasi tutto, dalla pasta al pane. Per un hotel che oltre al lato gourmet ha la necessità di soddisfare le richieste di eventi, catering, matrimoni (e il luogo in questo senso vede molte richieste), ma riesce sempre a conciliare perfettamente un suo lato glamour contemporaneo al relax e la tranquillità del lago e al gusto per il bello che passa dalle antiche stanze delle ville e arriva ai giorni nostri.•


LIGHTNESS TRILOGY Valverde porta in tavola la leggerezza di un’ acqua unica, con un residuo fisso di soli 38,8 mg/l. Scegli la sua naturale purezza, che sgorga dalle pendici del Monte Rosa. Vivi il tocco prezioso della bottiglia disegnata da Matteo Thun. Acqua Valverde. Leggera, pura, preziosa.

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Castello di Spaltenna,

eleganza a cinque stelle nel Chianti di Emanuela Stìfano

Nulla è lasciato al caso in questo relais immerso tra i vigneti. Una cena al Pievano, una stella Michelin, è d’obbligo. Tra Siena e Firenze, precisamente a Gaiole in Chianti, in quella zona dove ogni centimetro di terra è destinato a produrre ottimo vino e ottimo olio, da più di 1000 anni sorge il Castello di Spaltenna. Un luogo incantato, meta di chi vuole andare alla scoperta della fantastica zona del Chianti, senza rinunciare al relax a cinque stelle e a un’esperienza gourmet di notevole spessore. A rendere il soggiorno ancora più piacevole, non sono soltanto i tanti comfort di cui il relais è dotato, ma è anche la mancanza di eccessi, che si configura, in primis, nella discreta accoglienza del personale che qui lavora. Merito (anche) di Alessandro Ercolani, da quattro anni direttore del relais, che con la sua rigorosa e al contempo cordiale professionalità, è senz’altro un ottimo esempio per i 50 dipendenti del Castello. Prima di entrare nel merito dell’offerta, una precisazione è doverosa: chi è alla ricerca del lusso sfrenato e ostentato, non troverà a Spaltenna quello che cerca. Chi, invece, è

Vista esterna del Castello di Spaltenna a Gaiole In Chianti (Si); sotto: Pasta mista cotta nel caciucco; nella pagina a fianco: lo chef Vincenzo Guarino; la sala del ristorante; Piccione in crosta di terre di siena, variazione di carote, scalogno fermentato e salsa al vin santo; una delle camere con travi a vista; infine, un angolo relax.

convinto che lusso faccia rima con eleganza e sobrietà, con cultura e tradizione, con ricerca del bello e con appagamento dei sensi, certamente non rimarrà deluso. Detto questo, va anche precisato che il Castello di Spaltenna in realtà non è un castello: si tratta infatti di un monastero al servizio della Pieve. Per essere ancora più precisi, Spaltenna è un antico borgo medioevale costituito dall’antica Pieve di Santa Maria con torre campanaria del 1000 d.C. e dal contiguo monastero fortificato e da alcuni casali adiacenti, esempio di architettura spontanea medioevale. I cospicui investimenti per rendere il Castello un relais di lusso, non hanno minimamente turbato l’archi-

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tettura medievale: oggi il relais è composto da 37 camere (di cui 5 classic, 11 superior, 12 deluxe, 3 junior suites, 2 terrace suites, 2 exclusive suites, 1 Jacuzzi garden suite e 1 family suite) tutte rigorosamente in stile rustico locale, seppur ognuna con una sua specifica identità. Per essere ancora più espliciti, qui non esiste una camera uguale all’altra, sebbene vi siano dei denominatori comuni che identificano lo stile del Castello di Spaltenna, rendendolo a suo modo unico: i soffitti con le travi a vista, i pavimenti in cotto, i letti dal gusto retrò - a baldacchino o in ferro battuto – e il mobilio ricercato e d’antan, insieme ai tendaggi decorati, fanno di Spaltenna un luogo dei ricordi, dove non è difficile sentirsi a casa. Il meglio di sé, però, il Castello di Spaltenna lo dà negli esterni: il giardino curatissimo, la terrazza sui meravigliosi vigneti, la campagna circostante, sono un toccasana per le mante e per la vista. Si sommino i campi da tennis, la piscina, e il bar: tutti avvolti dal silenzio del parco, dalle viti,


dopocena, l’offerta gastronomica è varia ed equilibrata: l’Osteria Toscana, con la splendida terrazza che affaccia sul curatissimo giardino e sul vigneto di 4 ettari, è aperta solo agli ospiti del relais e permette di consumare un lunch o una cena con i cult della tradizione toscana: pici, ravioli, pappa al pomodoro, fiorentina, tagliata, tutti a base di materie prime locali. Per gli amanti del genere, poi, da quest’anno, grazie al sodalizio tra chef Vincenzo Guerrino lo chef pizzaiolo Gennaro Nasti della pizzeria Bijou di Parigi, è possibile degustare pizza in dagli ulivi e dai cipressi. Sebbene, Relax chiave gourmet. In un angolo dunque, il Castello di Spaltenna ed esperienza del giardino appositamente sia un luogo dove fermarsi – merita studiato, prende infatti forma la visita anche la zona wellness – gourmet la Pizzeria Spaltenna “La pizza è altrettanto vero che Spaltanna è di notevole cucinata …”, una mini-pizzeria anche il luogo da cui ripartire, per all’aperto, con tanto di forno a poi tornare). Affrancati da una delispessore. legna. E poi, appunto, Il Pievaziosa prima colazione che nulla lano. È qui che chef Guarino, in scia al caso, da qui si possono inun ambiente suggestivo, eletraprendere una serie di escursioni gante e dal forte sapore toper visitare luoghi unici: Firenze, scano, dà il meglio di sé, proSiena, San Gimignano, nonché le ponendo piatti a cavallo tra la tradizione campana numerosissime cantine della zona, sono tutte me(Vincenzo ha origini partenopee) con quelli della te ragionevolmente vicine. Rientrando per cena, ci tradizione toscana (il legame tra lo chef e queste si deve concedere (l’imperativo è d’obbligo!) un’eterre è fortissimo), dando esito a una cucina mesperienza gastronomica a “Il Pievano”, una stella diterranea e creativa al tempo stesso. Sì, creativa: Michelin dal 2016. Ma prima di entrare nei dettagli non si dimentichi, infatti, che Vincenzo Guarino non della cucina stellata, va anche detto che qui, grazie si ferma mai: nei mesi di apertura lavora indefessaalla sapiente regia di chef Vincenzo Guarino, deus ex mente affinché a Spaltenna tutto proceda al meglio. machina delle cucine del “Castello”, che tutto può Nei mesi di chiusura, invece, gira il mondo alla ricere tutto risolve, dalla colazione del mattino, fino al

ca di qualcosa di nuovo, alla ricerca del confronto, alla ricerca di nuovi spunti e di nuovi entusiasmi. Tornando al Pievano, il ristorante si sviluppa su due sale, la Sala dei Papi e quella degli Arazzi, caratterizzate da preziosi arredamenti antichi e da una vista mozzafiato sulle colline. Nelle serate estive è possibile cenare a lume di candela nel chiostro, dominato dall’antico campanile della Pieve. Per un’esperienza ancora più esclusiva, è possibile richiedere il “tavolo dello chef”, posizionato nel mezzo della verde campagna. In ogni caso, per chi vuole conoscere a fondo lo chef e la sua filosofia, è senza dubbio consigliato il menu Pievano. Si apre con il Baccalà e ceci e con il Carpaccio di carne cruda di Chianina (la carne è rigorosamente di Fracassi), per poi proseguire con due primi piatti di notevole spessore: l’illusione del risotto alla caprese – è un riso cotto nell’acqua di pomodoro datterino confit,

con cremoso di mozzarella di bufala e polvere di basilico e germogli – e la Pasta mista cotta nel caciucco. A seguire, il Piccione in crosta di terra di Siena, “Nutella“ di foie gras e nocciola, tarte tatin di mele, foglie di capperi, variazione di carote e salsa al vin santo. Si chiude con “La nocciola incontra il salato”, un Cremoso alla nocciola e crumble alla nocciola, mousse al caramello salato, salsa di arancia, germogli di melissa e sorbetto al pabana. Da provare. •

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Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Napoli, Firenze, Verona, Venezia; nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera e nelle edicole Hudson News degli aeroporti di Malpensa, Linate e Stazione Centrale di Milano.

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Belmond I gemelli diversi del lusso di Gualtiero Spotti

L’uno nel centro di Taormina, l’altro sul mare, sono accumunati dalla cucina d’autore. Ma senza strafare. La Sicilia è una delle destinazioni turistiche più ambite per chi vuole trascorrere qualche giorno di vacanza in Italia. Soprattutto, e in numero sempre più crescente, è meta di una clientela straniera che ne apprezza l’ospitalità, gli scorci barocchi di molte località, i paesaggi unici che vanno dalle piccole isole come Stromboli e Vulcano, all’Etna fino alla Valle dei Templi e, non ultima, la gastronomia ricca e sempre appagante, dove si passa dai prodotti del mare ai formaggi e alle carni dei Nebrodi, dai pistacchi di Bronte alle mandorle, dai gelati e i dolci fino ai vini che hanno visto negli ultimi anni un vero e proprio boom di popolarità. Insomma, le ragioni per arrivare in Sicilia certo non mancano, e tra queste c’è sicuramente anche la visita a una località spettacolare e riconosciuta a livello internazionale come Taormina. Frequentata nei decenni da un jet set non solo italiano, grazie a una serie di eventi cinematografici e culturali e alla bellezza intrinseca del luogo, è tornata sulle bocche di tutti più recentemente anche per l’incontro del G7 che ha portato proprio qui i Capi di Stato delle maggiori potenze mondiali, compreso Donald Trump. Che ha scelto come luogo per ritemprarsi tra un incontro e l’altro e per dormire sonni tranquilli le stanze del Belmond Grand Hotel Timeo, nel centro di Taormina, un edificio storico posizionato a fianco del Teatro Greco e da sempre l’icona di ospitalità a cinque stelle più conosciuta della località siciliana. Con alcune peculiarità che lo rendono a dir poco unico. Ad esempio, il Timeo è un luogo ambito solo per sostare qualche minuto sulla splendida terrazza dalla quale si domina il paese ma soprattutto dalla quale si gode della vista del profilo inimitabile dell’Etna. Poi non si possono dimenticare i lussureggianti giardini a terrazza,

Vista aerea del Belmond Grand Hotel Timeo; Lo chef Roberto Toro; l’affascinante ristorante.

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Due scatti esterni del Belmond Villa Sant’Andrea; Polpo alla griglia con vellutata di peperoni e salsa al nero di seppia; lo chef Agostino D’Angelo; Cous Cous di pesce alla trapanese.

re, bensì con la consapevolezza che il cliente vuole vivere di certezze italiche e di buon senso, lasciandosi tentare di tanto in tanto da qualche piroetta creativa ma godendo appieno della materia prima che qui lascia poco spazio e manipolazioni e vuole essere gustata così come è. A Villa Sant’Andrea, e al suo ristorante Oliviero, l’executive chef da poco arrivato è Agostino D’Angelo, siciliano di origine controllata (anche se proveniente da Trapani, dall’altra parte dell’isola), con esperienze di rilievo a Londra ma oggi alla ricerca di un contatto molto forte con il suo territorio di origine, con le molte divagazioni etniche che questo propone. Viene in mente subito quella araba, con il cous cous che rimane uno dei piatti forti della carta, ma al cuoco piace giocare lo stile e l’eleganza del servizio, l’attenzione verso le esigenze di una clientela moderna (provare per credere alcuni degli innovativi cocktail proposti al bar), la dimensione discreta e rilassante della SPA e dell’area piscina unita a un gusto del bello davvero senza tempo. Una sensazione che si replica nell’hotel gemello, il Belmond Villa Sant’Andrea che, invece, si trova al mare, a circa cinque chilometri di distanza, e permette una full immersion tra cabanas e spiagge in un lusso ancor più vacanziero ed estivo, a stretto contatto con le onde del mare, che si infrangono sui vicini scogli. Una caratteristica però mette d’accordo entrambi gli alberghi, l’attenzione verso una cucina che sa coniugare bene le esigenze di chi vuole respirare (e assaggiare) la Sicilia, unita a qualche tocco di cucina d’autore, ma senza strafa-

Entrambi gli chef sono siciliani DOC. Ed entrambi propongono una cucina per chi vuole assaggiare e respirare la Sicilia.

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anche con sensazioni indiane o asiatiche dimostrando un approccio global divertente quando si tratta di mettere mano al pescato locale e non solo. Non meno brillante è la cucina di Roberto Toro,

te seduti nel magnifico ristorante in terrazza, è un bel mix di sapori che parte dalla semplicità e dal territorio (pasta alla Norma o semplici spaghetti al pomodoro non mancano), ma sa poi muoversi ver-

Belmond Grand Hotel Timeo

na), con pochi coperti, una ventina, e in un angolo separato della terrazza. Qui, a partire dal mese di giugno, si cenerà seguendo un percorso degustazione creato appositamente da Roberto Toro, con alcuni piatti come il Baccalà sfogliato, i Tortelli di basilico e pecorino siciliano con salsa di gambero rosso di Mazara, i pesci e crostacei cotti e crudi in salsa mediterranea, e il Maialino dei Nebrodi su crema di mandorla di Avola e misticanza selvatica. Una gustosa ed

Belmond Villa Sant’Andrea

sempre siciliano e classe 1975, che si occupa da sei anni a questa parte della ristorazione del Grand Hotel Timeo a Taormina. Anche nel suo curriculum non mancano puntate all’estero tra Danimarca e Francia e infine il ritorno a casa per riavvicinarsi alle proprie radici. Il suo stile, da cogliere comodamen-

so gusti vegetali e naturali (Gnocchi di melanzana e pomodori all’origano fresco, Minestra estiva di zucchina lunga siciliana, Zuppa di lenticchie delle colline ennesi), passa attraverso sapori più decisi e improvvisi cambi di passo (Galletto ruspante ai grani di senape, Angus alla griglia con erbe aromatiche, Risotto con alici, olive e crema di peperoni) e arriva a una convinta rappresentazione dell’intera cucina regionale, dalle Eolie all’entroterra, senza dimenticare il mare. Quest’anno, poi, c’è anche una gustosa novità che riguarda la grande terrazza del Timeo, ovvero l’allestimento estivo di un piccolo pop up restaurant chiamato Otto Geleng (in onore del famoso pittore tedesco che visse a lungo a Taormi-

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esclusiva alternativa per chi vuole scoprire qualcosa di più sulla cucina siciliana. Poi sta ai clienti se scegliere il giusto panorama e l’ambientazione. A due passi dalla spiaggia con Agostino D’Angelo o nel cuore di Taormina con Roberto Toro. •


Focus wine

Cantina San Marzano

Profumi, sapori e cultura pugliese di Theo Smith

Un fazzoletto d’Italia stretto tra due mari. È qui che il Primitivo di Manduria Dop trova il suo habitat naturale. Condivisione, territorio e bellezza sono i valori che caratterizzano Cantine San Marzano, produttori di vino in quel fazzoletto d’Italia stretto tra due mari, lo Ionio e l’Adriatico, tra le provincie di Taranto e Brindisi: la terra del Primitivo di Manduria Dop, una terra che racconta orgoglio e sudore contadino da generazioni e che sta riscrivendo la storia enologica della regione. Cantine San Marzano è un progetto vitivinicolo fatto di ricerca costante e innovazione che nasce dal profondo rispetto per le radici antiche di questa terra e degli uomini che da sempre la coltivano, un progetto che trova linfa vitale nella modernità di approccio e di sguardi, forte di un team sempre più competente, giovane e specializzato. Tutti i vigneti sono nella Dop del Primitivo di Manduria dove le felici condizioni di suolo e clima consentono a vigne e ulivi di vivere in simbiosi. È qui che il Primitivo e gli altri vitigni autoctoni trovano le migliori condizioni per esprimere i profumi, sapori e la cultura del luogo. I suoli sono aridi, argillosi e calcarei, a tessitura fine, e poggiano su strati di roccia tufacea molto

punto di riferimento nei cinque continenti. Dopo superficiali: il tipico terroir mediterraneo carattel’affermazione dello stile Sessantanni, San Marzano rizzato per giunta da un’intensa presenza di ossidi ha proseguito nella ricerca dedicata al Primitivo di ferro, che conferisce quella nota colorazione di Manduria. Ogni anno l’azienda seleziona le uve rossa alla terra. Alla natura del terreno va aggiunto adatte ai lunghi affinamenti dalle diverse parcelle un clima estremo che mette a dura prova la vite stessa, che riesce comunque a trarre giovamento dei suoi migliori viticoltori, per ottenere Anniversario e far tesoro della “sofferenza 62, vino elegante, longevo e climatica” a cui è sottoposta: celebrativo in ricordo dell’anno arsura, brina, venti di scirocco, 1962, inizio del cammino coLe etichette alte temperature, forti escursioni operativo di San Marzano. Le termiche fra il giorno e la notte etichette sono numerose e per sono numerose. ognuna grandissima attenzione e venti provenienti delle vicine Grandissima è riposta anche nel packaging. coste. Cantine San Marzano è La 52esima edizione del Viniuna storia che inizia nel 1962 attenzione è riposta taly è stata infatti l’occasione ad opera di 19 vignaioli di anche nel packaging. per presentare la nuova veste San Marzano, piccolo centro in della gamma Talò: un restyling provincia di Taranto. Oggi è una complessivo che coinvolge ogni realtà produttiva che conta più aspetto della bottiglia. Dalla di 1200 soci viticultori. Ogni selezione del vetro impiegato al design originale viticultore gestisce in media poco più di un ettaro della forma della bottiglia, fino alla grafica delle di vigneto, per un totale di 1500 ettari, proporzione etichette: ogni dettaglio è frutto di un’attenta che spiega come sia possibile ottenere vini di quaricerca che la Cantina conduce e rivela la stessa lità in considerazione delle quantità prodotte. Con cura riposta nelle vigne prima e nella lavorazione i suoi numeri Cantine San Marzano è il principale delle uve dopo.• player della Puglia, in grado di rappresentare un

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C’è più gusto a mangiare sano


Focus wine

Nella culla della Barbera d’Asti di Emanuela Stìfano

La denominazione Nizza risale, ufficialmente, al 2014. Ma per Casa Bersano la Barbera rappresenta il vitigno prediletto da sempre. Il comprensorio di Nizza Monferrato, dal 2014 Patrimonio Unesco, è storicamente considerato l’habitat naturale della Barbera d’Asti. Tanto che, negli Anni 90, i maggiori produttori dell’area hanno fatto richiesta del riconoscimento della “sottozona”. Un importante primo passo per l’ottenimento della denominazione “Nizza DOCG”, ossia di quel riconoscimento della tradizione, della cultura e della passione di un territorio. E dopo qualche anno, la denominazione è arrivata: con la vendemmia 2014, nasce ufficialmente Nizza DOCG. Per Casa

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Uno scorcio della cantina; vista della Cascina Generala, ad Agliano Terme, nella pagina a fianco: una bottiglia di Nizza DOCG Riserva Generala.


Bersano: un secolo di storia La storia di Casa Bersano ha inizio nei primi anni del secolo scorso a Nizza Monferrato, cuore del comprensorio della Barbera d’Asti. Negli anni, con la proprietà diretta dei vigneti più importanti, il legame con il territorio si è rafforzato facendo di Bersano una delle più grandi realtà vitivinicole del paese. L’avventura ha inizio con l’acquisizione della Cascina Cremosina, vero e proprio colpo di fulmine per il fondatore Arturo. In seguito vengono acquisiti i vigneti dislocati intorno alla cantina di invecchiamento di Nizza Monferrato: protagonista indiscussa è la Barbera d’Asti. In seguito, con l’affinarsi dell’esperienza, arrivano le acquisizioni dei vigneti di Langa (Cascina Badarina a Serralunga), l’espansione della prediletta Barbera (Cascina Generala, Vigneto Monteolivo, Cascina Prata, Cascina Buccelli) e le prestigiose tenute dedicate a Moscato (Cascina San Michele) Brachetto (Cascina Castelgaro, Cascina Pallavicini) Ruché e Grignolino (Cascina San Pietro). Un’esperta equipe di agronomi e vignaioli segue i vigneti stabilendo la scelta dei terreni, delle esposizioni e delle le tecniche più idonee in fatto di potature e diradamenti. Queste operazioni culminano nella vendemmia, eseguita con la massima cura per preservare l’essenza dell’uva ed effettuare la prima selezione dei grappoli che, nelle cantine, costituiscono l’elemento fondante dei vini. Le tecniche di vinificazione sono tradizionali e vengono attentamente controllate grazie all’ausilio di tecnologie d’avanguardia che regolano con precisione assoluta tempi e temperature di fermentazione, frequenza dei rimontaggi e ogni altro intervento necessario. Operazione finale, ma non per questo secondaria, la scelta dei legni per l’invecchiamento e l’affinamento.

Bersano, storica e importante cantina della zona, si è trattato naturalmente di un’ottima notizia: per questa nota realtà, da sempre, dunque già dal 1907, anno della sua fondazione, la Barbera rappresenta il vitigno prediletto. L’acquisizione dei vigneti più vocati inizia grazie al fondatore Arturo

e alla sua certezza: “se vuoi bere bene comprati un vigneto”. Motto diventato vero e proprio mantra di Casa Bersano, tanto che ispira, oggi come allora, la filosofia e il lavoro della cantina. Dopo Arturo le acquisizioni sono proseguite, negli ultimi decenni, con gli attuali

titolari, le Famiglie Massimelli e Soave. Acquisizioni oculate e fortunate, tanto che una imSono solo portante parte dell’imponente 18 i comuni patrimonio vitivinicolo – si sta parlando di 230 ettari totali ammessi nella che si estendono nei migliori ristrettissima terroir del Piemonte - soddisfa oggi i severi dettami imposti DOCG. dal disciplinare del Nizza. Per la sua eccezionale esposizione, il suo terreno composito e il microclima unico, Bersano ha selezionato alcuni ettari della Cascina Generala, ad Agliano Terme, uno dei 18 comuni ammessi nella zona ristrettissima intorno a Nizza Monferrato. Sul piano colturale e enologico le regole sono molto rigorose e gli standard qualitativi decisamente elevati. Il risultato è un Nizza corposo ed equilibrato, elegante, morbido e ricco. Ottimo rappresentante di questa giovane DOCG. •

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Eventi

COMITATO PROMOTORE Enzo Andreis • Presidente AIGRIM Pietro Auletta • Presidente e A.D. Dussmann Service Stefano Biaggi • Presidente e A.D. Sodexo Italia Cristian Biasoni • A.D. Chef Express Sergio Castelli • A.D. Areas Fabrizio de Fabritiis • A.D. Milano Ristorazione Antonio Giovanetti • Dir. Generale Camst Franco Manna • Presidente Gruppo Sebeto Chiara Nasi • Presidente CIR food Ernesto Pellegrini • Presidente Gruppo Pellegrini Mario Putin • Presidente Serenissima Ristorazione Massimiliano Santoro • Group Public Affairs and Europe Business Development director Autogrill Antonio Savoia • Presidente Edifis Carlo Scarsciotti • Presidente Angem Portavoce Oricon Fabio Spaccasassi • A.D. Compass Group Italia Lino Stoppani • Presidente Fipe Lino Volpe • Presidente Elior Ristorazione


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Ristorando 10° EDIZIONE MOSTRA CONVEGNO 4-5 OTTOBRE 2018 Centro Convegni “Le Stelline” Milano - Corso Magenta, 61

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Focus beverage

Acque minerali d’Italia: bere consapevolmente di Sebastiano Graziani

Intervista a Carlo Pessina, consigliere delegato del gruppo Acque Minerali d’Italia. La giornata mondiale dell’acqua è momento di riflessione, come dimostra il Summit Internazionale Labirinto d’Acque, svoltosi il 22 marzo scorso presso il Labirinto della Masone a Fontanellato (Pr). Un seminario di quattro giorni dedicato al tema dell’acqua al quale hanno partecipato i più importanti protagonisti della scena mondiale. Acque Minerali d’Italia, attraverso il marchio Sangemini, ha deciso di sposare queste tematiche in qualità di partner del Summit. È in tale occasione che abbiamo avuto il piacere di ascoltare il punto di vista di Carlo Pessina, consigliere delegato del gruppo Acque Minerali d’Italia, nato nel 2016 riunendo 26 brand diversi. Parliamo di mercato nazionale delle acque minerali: qual è il suo punto di vista? È un mercato nel quale coesistono 250 etichette e che è caratterizzato dai consumi più alti di Euro-

pa, oltre i 200 litri pro capite. Consumiamo molta acqua minerale rispetto ai paesi anglosassoni o americani, nei quali è molto più elevato il consumo di bevande analcoliche gassate. Abbiamo, però, il prezzo medio al litro più basso di Europa, circa 20 centesimi al litro. E questo fa dell’acqua minerale un prodotto molto accessibile: di conseguenza, il mercato è competitivo. È, inoltre, un mercato molto frammentato ma molto concentrato, i primi 6 o 7 gruppi hanno in mano il 70% del mercato. Tra questi vi è anche Acque Minerali d’Italia, terzo per volumi e quarto per fatturato. L’Italia è un territorio molto ricco di sorgenti: in qualsiasi regione si trovano numerose acque locali e regionali che, e qui mi ergo a difensore di tutto il settore, hanno un’ottima qualità. Considerando questa grande varietà di sorgenti, il comparto delle acque minerali può, in Carlo Pessina un certo senso, essere definito KM 0? Quello italiano è un In parte. Nel senso che, e questo stati i primi, a metà degli anni mercato che conta è un po’ alla base della nostra 90, a creare una private label strategia, il nostro gruppo negli nelle acque minerali. Lo abbia250 etichette. I anni è cresciuto anche attraverso mo fatto con il marchio Alisea consumi sono i più le acquisizioni come, in primis, presente in ho.re.ca. Negli anGaudianello nel 2010 e Sange- alti d’Europa, i prezzi ni successivi abbiamo avviato mini nel 2014. Ciò è stato fatto molte altre esperienze simili: sono i più bassi. per coprire tutto il territorio ed il fatto di avere molte sorgenti essere presenti anche con fonci permette di gestire il nostro ti locali. Proprio con i nostri otto portafoglio prodotti con i nostri siti produttivi la nostra distribumarchi, in private label e con zione riesce in questo intento. Si prodotti dedicati a diversi caconsideri, poi, che le acque minerali, per essere nali. Un sistema che ci aiuta a coprire capillarmente riconosciute dal Ministero della Salute, sono sogil territorio e a differenziare prodotti dedicati al cagette a una ben precisa regolamentazione: gli imnale ho.re.ca, come ad esempio il marchio Ducale pianti destinati all’imbottigliamento, per esempio, per l’Emilia Romagna, e quelli diretti alla GDO. La devono trovarsi in prossimità delle fonti, ciò a sconlogistica, infatti, incide tantissimo nel nostro setgiurare l’alterazione delle caratteristiche organotore, perché l’acqua minerale è un prodotto povero lettiche di tali acque sorgive. È per questo motivo caratterizzato, in Italia, da prezzi di vendita inferiori che tutti gli impianti si trovano in prossimità delle alla media europea, come si è già detto. I costi delfonti. Abbiamo circa 26 marchi, che probabilmenla logistica e i trasporti, pertanto, hanno un certo te aumenteranno, perché noi siamo sempre alla peso, avere 8 stabilimenti dislocati in diverse aree ricerca di altre sorgenti. Bisogna tener conto che permette ad Acque Minerali d’Italia di presidiare noi commercializziamo sia i nostri brand – Norefficacemente pressoché tutta la penisola. Questa da, Sangemini e Gaudianello – ma siamo anche è stata l’idea che ha portato alla nascita del gruppo

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e che ci sta portando a spingerci anche oltre: riunire nel gruppo diverse categorie d’acqua minerale per fare informazione. Un intento molto vicino anche allo spirito di questo Summit. Come si è evoluto il progetto di informazione? Per poter incominciare a fare informazione in maniera più dettagliata, abbiamo fatto una ricerca di mercato con GfK e ci siamo resi conto che per lo più il consumatore non sa che cosa sia l’acqua minerale. È un prodotto che è stata banalizzato negli anni, diventando quasi una commodity. Si è diffusa l’opinione comune che non ci sia differenza tra diverse tipologie. Ciò ci ha spinto ulteriormente a informare e, soprattutto, a far cultura, far in modo che l’acqua minerale sia una cosa e l’acqua potabile un’altra. Poi chiaramente ognuno è libero di sce-

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gliere, ma è necessario essere consapevoli di quello che si beve, anche in un ristorante. Cosa si intende per diverse categorie di acqua minerale? Il Ministero suddivide le acque in diverse categorie in base al residuo fisso: si parte dalle Ipominerali caratterizzate da un residuo fisso al di sotto di 50 mg/l, per poi continuare, crescendo come valore, con le Oligominerali con un residuo tra 50 e 500 mg/l, le Mediominerali tra 500 e 1.500 mg/l fino alle Iperminerali, il cui residuo fisso è superiore ai 1.500 mg/l. Il nostro impegno è nello sfatare il mito che tutte le acque sono uguali: abbiamo portato avanti questa idea, proponendo una scheda informativa già a scaffale. Un altro concetto da trasmettere è che l’acqua è un alimento ed è alla base della piramide alimentare. Sangemini rappresenta l’esempio perfetto di acqua come alimento. Ricca di calcio di facile assimilazione, tanto che un litro riesce a soddisfarne all’incirca metà del fabbisogno giornaliero, le sue caratteristiche organolettiche ben si adattano all’attività sportiva, lenendo la fatica grazie alla funzione di tampone sull’acido lattico del basso contenuto di sodio. Quindi il progetto “Bevi consapevolmente” si colloca all’interno di un’idea più ampia? “Bevi consapevolmente” è la chiusura, la firma, del progetto di Acque Minerali d’Italia. Potrebbe essere ribattezzato “il codice”. Il messaggio che vogliamo far passare è che da oggi si comincia ad aprire gli occhi su cosa si sta bevendo, sul tipo di acqua, relazionandolo alle necessità e ai bisogni. E nella ristorazione, c’è un impegno nel fare informazione dedicata a questo canale? Anche nei ristoranti sarebbe interessante che cominciassero a proporre acqua minerale differenziata per categoria. In tal senso noi siamo stati precursori: anni fa abbiamo organizzato a Milano “Forme d’acqua quotidiana”, un evento dove presentavamo abbinamenti tra acqua e cibo. Al tempo lo avevamo fatto con la sola Norda, sarebbe da riproporre con l’attuale gamma di marchi del brand e, in particolare, con Gaudianello; un’acqua il cui territorio dona delle caratteristiche di micro effervescenza naturale non troppo marcata. Un’acqua eccezionale e, a mio parere, indicata alla ristorazione.•


Equipment

La filosofia TAP al servizio degli chef di Emanuela Stìfano

quando dalle linee produttive di Tecnoinox esce il primo forno con interfaccia touch, progettato e penI forni della linea Technology sato in ogni dettaglio per fornire soluzioni all’operatività quotidiana in cucina. Entrando nello specifico, Applied to Performance di TAP è una linea di forni professionali hi-tech, firmaTecnoinox sono un concentrato ta dal designer Marc Sadler per Tecnoinox, con Touch-screen, la tecnologia che aiuta a organizzare in di innovazione. Risultato, modo più funzionale ed efficiente il lavoro mediante efficienza e flessibilità sono soluzioni di automazione delle cotture e sistemi di garantiti. controllo per garantire costanza di risultato e flessibilità di impostazione. Il touch screen fornisce infatti Nel panorama delle cucine per l’alta ristorazione, un informazioni utili e immediate: per comprenderne la posto di rilievo spetta a Tecnoinox, azienda che ha semplicità, basti pensare che il forno, seppur tecnofatto dell’innovazione tecnologica il suo fiore all’oclogicamente sofisticato, è facile da utilizzare quanto chiello, soprattutto da quando ha lanciato la linea uno smartphone. In sintesi TAP è automazione, stanTAP. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo, in bredardizzazione delle cotture, ricettario pronto all’uso, ve, i trentacinque anni di esperienza di Tecnoinox. ma anche, e soprattutto, certezza e costanza del Tutto ha inizio nel 1984: in quell’anno prende avrisultato di ogni cottura. Ma, va precisato, TAP non vio l’attività di Tecnoinox, che lavuole sostituirsi allo chef, vuole vora l’acciaio inox come terzista solo coadiuvarlo – ricorda infate produce le prime salamandre. ti le ultime cotture realizzate, le In poco tempo – siamo nel 1998 ricette preferite – lasciandogli, L’automazione delle al contempo, il massimo con– l’azienda entra nel mondo della piccola ristorazione progettando e trollo della cottura e la possibicotture e i sistemi realizzando le cucine professionalità di modificare in pochi pasdi controllo non li della linea modulare “Snack”. saggi anche i parametri delle Solo tre anni dopo è la volta della ricette preimpostate. Tap libera compromettono la media ristorazione con il modello chef dalle attività routinarie flessibilità. Il lavoro e di controllo permettendogli di lo Tecno70. Da quel momento in poi, per Tecnoinox è un crescendedicare più tempo e attenzioin cucina è più do: in poco tempo si dota di linee ne a ciò che dà valore al suo lafunzionale. capaci di soddisfare le esigenze voro. In un’area appositamente di tutti i professionisti (Tecno90, studiata – si chiama MY TAP – lo Tecno74), linee che man mano chef può costruire liberamente vengono implementate, miglioil suo personalissimo TAP serate. Alla base di tutti i prodotti, sempre lo stesso condo la stagionalità del menù, i piatti a tema, le denominatore: la tecnologia. Tecnologia innovativa, cotture più utilizzate. Lo chef, grazie a TAP, è sempre a essere precisi, tecnologia che dal 2011 si ritrova in grado di replicare i propri successi, e può delegare nei forni. È in quell’anno che l’azienda dà il via alla le cotture ai propri collaboratori perché TAP assicura progettazione, produzione e lancio di una gamma garanzia di risultato. È importantissimo, infatti, per completa di forni: Tecnobake, Tecnocombi, Tecnoogni bravo ristoratore poter offrire la stessa qualità dual, veri e propri concentrati di innovazione volta nel piatto, giorno dopo giorno. Quanto al monitoalla programmazione, al risparmio energetico, ma raggio delle temperature, il forno mostra i parameanche alla semplicità e all’intuitività. La stessa filotri di temperatura effettivi in camera, la manopola sofia si ritrova, naturalmente migliorata, nella linea con colori diversi a seconda dello stato del forno, TAP, Technology Applied to Performance. È il 2016 consente un controllo a colpo d’occhio, anche da

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lontano. Sempre in tema di temperature, la funzione “HACCP” registra temperature e tempi di cottura a norma di legge: così, in caso di controllo, i dati sono facilmente reperibili. Inoltre, per lasciare libero arbitro e creatività al cuoco, TAP permette anche di impostare manualmente i programmi di cottura in ogni fase. E poi c’è la tanto agognata efficienza dei flussi di lavoro: grazie alla funzione “Multifood”, è possibile cuocere cibi diversi, tra loro compatibili, contemporaneamente: sarà la macchina ad avvisare quando è tempo di inserire o estrarre ciascuno. TAP è disponibile in versione gastronomica o pasticceria (TAP Pastry) per approntare la più vasta varietà di esigenze. Le dimensioni variano da 6 a 20 teglie per la ristorazione, da 4 a 16 per la pasticceria. Infine il grande e attualissimo capitolo del risparmio a trecentosessanta gradi: risparmio di tempo – basti pensare che il lavaggio più lungo dura solo 62 minuti - di materia prima – la tecnologia TAP permette di minimizzare il calo ponderale – e, naturalmente, risparmio di energia. Non a caso, il boiler all’interno del forno TAP gastronomia è stato realizzato per garantire elevate prestazioni con consumi ridotti di acqua ed energia.•


La qualità del gelato Sammontana da oggi in versione cremosa. Fresca, vellutata, sfiziosa: queste sono le caratteristiche di Nettare di Gelato. Un modo diverso per degustare un ottimo gelato che ha tutta la qualità Sammontana. Un’occasione in più per sollecitare i desideri dei vostri clienti. Disponibile in quattro gusti: Caffè Ecuador, Limone di Sicilia, Cacao e Yogurt. Semplice da preparare grazie all’esclusiva ed elegante sorbettiera.

Per informazioni chiama il numero verde 800 230340 o visita il sito internet: www.sammontanaprofessional.it


Gusto e mercati

Emozioni? Le svela il volto

* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano.

e il sistema decisionali di variabili e stimoli. Ormai la letteratura sul ruolo delle emozioni e la loro capacità di innescare o meno l’azione di consumo o di Vincenzo Russo* l’attenzione è particolarmente numerosa. Le emozioni si manifestano sia come reazione immediata L’uso del Face Reader nei punti a uno stimolo elicitante (un trigger universale, quale può essere, ad esempio, la perdita improvvisa di vendita permette di raccogliere equilibrio che evoca immediatamente la paura), sia dati circa l’impatto emozionale a seguito dell’analisi cognitiva e la conseguente elaborazione mentale dello stimolo (un trigger soggetdi un prodotto. tivo, quale può essere la visione di un inoffensivo, seppur abbaiante, chihuahua che innesca paura in Negli ultimi anni le società che investono in markeun soggetto con pregresse esperienze negative con ting e visual merchandising sono sempre più interesun cane) (Ekman, Friesen, Ellsworth, 1971; Ekman, sate a sapere preventivamente se il proprio prodotto, Friesen, 2007). Le emozioni, negli esseri umani, suspot pubblicitario o progetto crebitaneamente all’attivazione neuativo, ha appeal o meno nel porofisiologica, si esibiscono anche tenziale acquirente. Ciò vale socome modificazioni nella mimica prattutto nei punti vendita dove i del volto (espressioni del volto) e Ogni mimica viene consumatori sempre più hanno nella configurazione assunta dal conteggiata in i loro sensi bombardati da sticorpo rispetto allo spazio (reamoli, che poi elaborano inconsommatoria a quelle zioni posturali). Le espressioni sapevolmente. Gli stimoli provofacciali sono spesso universadegli altri soggetti. cano stati d’animo che portano li e innate (almeno quelle sotad agire e decidere. Così per tili e complete che riguardano E trasformata per i esempio una vetrina troppo pieespressioni facciali di emozioni calcoli statistici. na può stimolare emozioni neprimarie), ma la loro comparsa gative, creare stress cognitivo ed può essere influenzata da regole attivare quello che in letteratuculturali, da stati interni passegra si chiama “Paradosso della geri, da variabili di temperamenTroppa Scelta”, ovvero quando to e di personalità. Esistono poi si hanno troppi prodotti o troppe variabili si tende a mimiche più lente e sottili (che si manifestano solo non scegliere e a rinviare l’acquisto. Per questo mosu di una parte del volto, non nella sua interezza), tivo spesso è più efficace mostrare pochi prodotti, che vengono usate in maniera consapevole, come ma fortemente rappresentativi di una categoria o di le mimiche definibili gesti manipolatori (leccarsi le un’azienda piuttosto che sovraccaricare l’attenzione labbra o mordersele), le mimiche legate ai gesti il-

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lustratori quando si parla, le mimiche emblematiche che sostituiscono le parole per significato (ad esempio, lasciar cadere in modo evidente la mandibola, per comunicare stupore), mimiche legate al dolore fisico, oppure smorfie prive di un ben che minimo significato interpretativo (Ekman, Rosenberg, 2005). Il Centro di Ricerca di Neuromarketing Behaviour and Brain Lab IULM analizza le reazioni neuro e psicofisiologiche dei soggetti in risposta alla visione di stimoli di marketing sia in laboratorio (spot e campagne pubblicitarie) che sul campo. Attraverso l’analisi di software deputati alla decodifica automatizzata delle espressioni facciali e l’apporto dell’osservatore umano allenato a riconoscere e decifrare le espressioni e micro espressioni facciali, nonché il linguaggio non verbale dell’interlocutore, mediante le metodologie di Paul Ekman (Facial Action Coding System; EMFACS - Emotional FACS; ESaC; ETaC), è oggi possibile valutare nel dettaglio ogni impatto emotivo che uno stimolo può avere sulle persone. Ciò vale anche nei punti vendita. Inoltre grazie alla possibilità di riconoscere se il volto è quello di un uomo o di una donna, di un giovane o di una persona anziana, il sistema può facilmente personalizzare la comunicazione in un punto vendita. Basta solo avere un luogo in cui il consumatore si approssima (si pensi ad uno

scaffale con un monitor e suoi prodotti esposti) ed attraverso una semplice webcam è possibile intercettare con una buona approssimazione l’età e il genere della persona di fronte per fare partire sul monitor lo spot o il messaggio personalizzato.In questo processo il connubio tra software e codificatore umano nasce dall’esigenza di eliminare eventuali falsi positivi ed errori sistematici interpretativi: l’uomo è ancora lo “strumento” più affidabile nell’analisi delle espressioni facciali, dato che riesce a contestualizzare e interpretare meglio ogni mimica umana rispetto ad un software. Un codificatore certificato FACS (Facial Action Coding System) sa infatti che prima di analizzare ogni espressione facciale dell’interlocutore deve sempre analizzarne il volto neutrale, e tracciare una fine baseline del soggetto e di tutto quello che osserva in esso. Il volto neutrale, infatti, è sempre il metro di confronto di ogni codifica FACS (Ekman, Friesen e Hager, 2002). Ogni soggetto sottoposto a videoripresa con una telecamera posizionata in prossimità dello stimolo o su un monitor in cui viene presentato un prodotto può essere analizzato sia mediante un Face Reader in grado di dare indicazioni sulle principali emozioni espresse dal movimento del volto sia mediante uno strumento di analisi più complesso come il FACS, in grado di intercettare le micro espressioni del volto. L’interpretazione di ogni mimica viene conteggiata poi in sommatoria a quelle degli altri soggetti, e trasformata per gli opportuni calcoli statistici. I dati numerici che emergono svelano la forza d’impatto di ogni stimolo sui soggetti, mostrandone gli effetti elicitanti emozioni “positive” (felicità, sorpresa, o maggiore attenzione proattiva

nei soggetti), noia o distress, intensa riflessione cognitiva, oppure emozioni primarie “negative” (si intendono negative, seppur in realtà tutte adattative in termini di beneficio per l’individuo: rabbia, paura, tristezza, disgusto, disprezzo). Sicuramente si tratta un utile strumento per valutare l’efficacia di stimoli in grado di facilitare esperienze emozionali nei luoghi di vendita: da non sottovalutare. • Riferimenti bibliografici: Ekman (1971), “Universals And Cultural Differences In Facial Expressions Of Emotions”, In J. Cole (ed.), Nebraska Symposium On Motivation Ekman P., Friesen W. V., Ellsworth P. (1971), Emotion in the human face: Guidelines for research and an integration of findings., New York: Pergamon Press. Ekman P., Friesen W. V. (1976), “Measuring Facial Movement“, Environmental Psychology and Nonverbal Behavior, 1(1), 56-75. Ekman P., Friesen W. V., Hager J. C. (2002), “Manual” and “Investigator’s Guide”, In Facial Action Coding System, Published on CD ROM by Research Nexus division of Network Information Research Corporation. Ekman P., Ekman Rosenberg E. L. (2005). What the Face Reveals, 2nd Edition, Oxford University Press.

Esempio di dati estratti dal Face Reader di Noldus per l’analisi delle emozioni tramite il movimento del volto.

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Libri

Le erbe selvatiche, il Gustavo bergamasco, la legenda Negroni e Mister Amarone Kate Singleton

Nata in Gran Bretagna, Kate Singleton vive in Italia da oltre quarant’anni. Laureata in Filosofia a Milano, si è occupata di editoria, traduzioni e giornalismo, scrivendo per testate quali “Casabella”, “il Giornale” di Indro Montanelli, “The Sunday Times”, “The Wall Street Journal” e l’“International Herald Tribune”. È autrice di «Learning from the Landscape» in Sassicaia, (2000), Montalcino e Montepulciano: Val d’Orcia e dintorni (2001-2006), Wines of Sicily (2004), e co-autrice di The Golden Book of Chocolate (2008), Flavors of Liguria (2010), Flavors of Umbria (2010). Nel 2009 è stata insignita dall’Accademia dei Georgofili di Firenze con il titolo di Accademico corrispondente straniero. Per la prima edizione di Mister Amarone. Un uomo e un vino dal Veneto al mondo (2011) ha ricevuto il Premio “Cesare Pavese – Il Vino nella Letteratura” (2012).

mister amarone Kate Singleton

mister amarone

LA STORIA DI UN UOMO, UN TERRITORIO E UN VINO, L’AMARONE, ECCELLENZA ITALIANA NEL MONDO.

Un uomo e un vino dal Veneto al mondo

Questo libro è disponibile anche in versione ebook www.electa.it Graphic Design: Bebung In copertina: Sandro Boscaini, fotografia di Giampaolo Mascalzoni, Archivio Masi In retrocopertina: fruttaio Masi per l’appassimento, fotografia di Sandro Scevaroli, Archivio Masi

Titolo: La cucina delle erbe spontanee Autore: Mariangela Susigan, Alessandro Gilmozzi Editore: Giunti Pagine: 224 Prezzo: 25,00 €

Titolo: Negroni Cocktail Autori: Luca Picchi Editore: Giunti Pagine: 224 Prezzo: 20,00 €

Titolo: Il Gustavo Autore: Elio Ghisalberti Editore: S.E.S.A.A.B. SpA Pagine: 310 Prezzo: -

Titolo: Mister Amarone Autore: Kate Singleton Editore: Mondadori Electra Pagine: 188 Prezzo: 16,90 €

Due chef e una passione Mariangela Susigan, chef stella Michelin del Ristorante Gardenia di Caluso (TO), e Alessandro Gilmozzi, padrone di casa di El Molin a Cavalese (TN) hanno una passione in comune: le erbe selvatiche. Il volume scritto a due mani è la storia di un incontro e di un “innamoramento”, quello degli autori con le valli alpine dove vivono e lavorano, è un viaggio tra Piemonte e Dolomiti, per entrare nel mondo magico dei boschi e dei loro tesori culinari. Non solo un libro di ricette, ma il racconto dei territorio, tra tradizioni, storia, scienza e magia. Barba di capra, aglio ursino, silene bubbolina, pimpinella, luppolo, crescione d’acqua… sono solo alcune delle 60 erbe menzionate nel libro. Ingredienti inusuali e profumatissimi che possono insaporire e caratterizzare i nostri piatti: basta conoscerli.

Storia di una leggenda italiana Luca Picchi, noto bartender, ripercorre la storia del Negroni con la collabo­ razione di Campari, l’ingrediente che per eccellenza lo contraddistingue. La prima parte del volume ripercorre la vita avventurosa di Camillo Negroni, inventore del cocktail, tra i salotti del­ la Firenze bene, i riti della Golden Age of Cocktail americana, gli storici caffè Casoni e poi Giacosa, per approdare alla geniale intuizione che ha segnato una svolta nel bere miscelato: aggiun­ gere un terzo di Gin al cocktail Mila­ no-Torino (l’Americano), composto da Vermouth rosso e Bitter Campari. Ma si parla anche dell’arte della miscelazione: il Negroni è svelato sia dal pun­ to di vista tecnico con la sua ricette classica, sia attraverso alcune sue (interessanti) va­rianti ed evoluzioni.

Alla scoperta del gusto bergamasco Attraverso il Gustavo - figura emble­ matica di gourmet curioso – la guida (giunta alla 7° edizione) è una raccolta di dati attorno al mondo della ristorazione di Bergamo e provincia. Sono stati censite 1000 insegne suddivise nelle varie tipologie di offerta gastronomica, dal ristorante stellato alla tavola più semplice. Nell’edizione 2018 il ter­ritorio provinciale è stato suddiviso in 15 zone omogenee, ciascuna introdot­ta da consigli per scoprirne caratteristi­che e virtù in termini di produzioni ar­tigianali e produzione agroalimentare. La Top Ten del Gustavo, infine, aiuta ad orientarsi nel vasto panorama del­la proposta gastronomica bergamasca. Al primo posto? Da Vittorio, seguito da A’anteprima e Osteria della Brughiera. New entry 2018, Ezio Gritti.

Un uomo. Un vino Oltre a offrire il ritratto di un uomo straordinariamente appassionato del suo lavoro - Sandro Boscaini, produttore di Masi Agricola - il libro illustra anche l’ambiente in cui l’impresa di famiglia si è sviluppata sino a diventare una delle realtà vitivinicole più premiate dai mercati nazionali e internazionali. La storia parte da lontano, rintracciando la millenaria tradizione della viticultura in Valpolicella e rivelando il contributo specifico di sette generazioni di Boscaini. Si descrive la tipica struttura della casa contadina con il fruttaio mansardato per l’appassimento delle uve, per spiegare poi l’evoluzione della cantina moderna. L’immagine che ne deriva è incentrata da un lato sulla graduale trasformazione della vita rurale tradizionale nel progetto di una moderna impresa agroalimentare, e dall’altro sul recente successo di uno dei più esclusivi vini del mondo, l’Amarone.

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L’Amarone è un vino sto d’eccellenza italiano mo Sandro Boscaini, produ ne è anche il suo più aut Come tale, rappresenta Masi Agricola, e nello st spirito veneto che unisce alla propria terra con le c illuminato. In questo sen una tradizione peculiare Serenissima di Venezia. Oltre a offrire il ritratto d straordinariamente appa e grande comunicatore, l’ambiente in cui l’impres si è sviluppata sino a div vitivinicole più premiate e internazionali. La storia rintracciando la millenari viticultura in Valpolicella il contributo specifico di di Boscaini. Si descrive della casa contadina co per l’appassimento delle poi l’evoluzione della can L’immagine che ne deriv un lato sulla graduale tra rurale tradizionale nel pr impresa agroalimentare, successo di uno dei più del mondo, l’Amarone. Da vino importante ma lo da poche famiglie storic Classica, ha acquisito n posizione di assoluto pre nuovi significati all’Italia nel concetto “vino mode Queste pagine ne tracci ascesa in notorietà, des e piacevolezza apprezza


I ravioli di Acquaroli

Ravioli caglio e uova di trota Ingredienti per quattro persone Per la pasta fresca 750 g semola 200 g farina 00 850 g tuorlo d’uovo Per il latte cagliato 500 g latte 1 g acido citrico Sale

Da sinistra: Marco Acquaroli e Daniele Merola

a cura di Giorgio Ascorti Marco Acquaroli si è fatto conoscere per la vittoria nel Boucuse d’Or Italia 2016: non è riuscito ad arrivare alla finale mondiale, per una sola posizione (11° su 20) nella selezione europea. A parte il concorso, è uno chef di tempra e determinazione rare,

che dopo aver girato il mondo, è tornare nella sua terra natale, per guidare uno dei ristoranti simbolo della Franciacorta: la Dispensa Pani & Vini ad Adro, dove era passato da giovane. “Ho fatto tre anni in cucina sotto la guida di Vittorio Fusari. Poi sono passato al Four Seasons in Svizzera e in Egitto perché volevo imparare la gestione di un ristorante in una

Procedimento Mescolare tutti gli ingredienti della pasta fresca: una volta impastato il tutto lasciarla riposare almeno una mezz’ora in frigorifero; Scaldare il latte e quando raggiunge gli 80 gradi aggiungere l’acido citrico e il sale: mettere a scolare in un telo per formaggio; Marinare il filetto di trota con sale zucchero e pepe per una giornata dopodichè pulire il sale in eccesso e affettarla in striscioline sottili; Realizzare dei casoncelli farcendoli con il latte cagliato; Frullare tutti gli ingredienti della spuma e portare a 65 gradi inserire un sifone e caricare con due cariche; Spadellare velocemente gli agretti; Cuocere i ravioli in acqua bollente e condirli con l’olio all’aglio orsino.

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Per la trota marinata 1 filetto di trota 200 g sale 200 g zucchero 20 g pepe Per la spuma al Franciacorta 30 g tuorlo 500 g Franciacorta 20 g aceto di fiori di sambuco 100 g panna Per la finitura uova di trota agretti olio all’aglio orsino

catena di quel livello. E poi le tempistiche di un hotel permettono di avere molti mesi liberi l’anno, che ho sempre trasformato in stage”. In meno di due anni, sotto l’attenta gestione di Daniele Merola – anche lui della vecchia guardia di questo locale dalle molte anime – ha conquistato i gourmet della zona (e non solo) in virtù di una cucina attualissima, raffinata e colorata, che si serve della migliore materia prima del territorio e dell’orto curato dallo chef. Tante idee originali ma anche il piacere di rivisitare i classici bresciani e iseani in particolare. Questo piatto mette insieme la trota e il Franciacorta, nella forma di un casoncello moderno. È buonissimo, meglio ancora se gustato con un buon Rosé di cui naturalmente non vi diciamo la provenienza…•


La foto di Artù

Patischie

Tokyo Station, Daimaru. Nel centro commerciale ubicato all’interno della più importante stazione ferroviaria della capitale giapponese, la Boulangerie Paul Bocuse.

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Pillole Cristina Mariani-May Woman of the Year

Zanetti, il futuro è sostenibile

Cosa chiede il consumatore

Limoncetta in via della Spiga

Durante la sedicesima edizione di The Drinks Business Awards, Cristina Mariani-May è stata nominata Woman of the Year 2018. Come ogni anno, i vincitori sono stati annunciati alla London Wine Fair, alla presenza di alcuni dei più autorevoli rappresentanti del settore vinicolo. Cristina Mariani-May, rappresentante della terza generazione famigliare, fa il suo ingresso in azienda nel 1993 e scala tutte le posizioni fino a diventare, all’inizio di quest’anno, CEO di Banfi Vintners. Cristina viaggia frequentemente, soprattutto negli 86 paesi in cui i vini Banfi sono presenti. Tra i suoi obiettivi principali, quello di continuare a far conoscere Banfi e i suoi vini nel mondo.

È stato presentato il bilancio di sostenibilità di Zanetti S.p.A, noto esportatore di Grana Padano DOP e Parmigiano Reggiano DOP. Voluto fortemente dalla famiglia Zanetti, il bilancio è lo strumento di rendicontazione e comunicazione dell’operato aziendale in tema di Responsabilità Sociale. È inoltre uno strumento che aiuta l’azienda a definire una rotta per la crescita e lo sviluppo che tenga sempre conto non solo della dimensione legata al risultato economico, ma soprattutto dell’importanza di realizzare tale risultato attraverso un approccio responsabile e sostenibile. “Siamo sempre stati alla costante ricerca dell’eccellenza e dell’innovazione – ha dichiarato Attilio Zanetti – VP e amministratore delegato Zanetti SpA -. Con questo bagaglio, culturale prima ancora che commerciale, ripartiamo ogni anno, cercando nuove opportunità, sviluppando nuove tecnologie, aprendo nuovi mercati e sperimentando nuovi modi di vivere il business. Molto è stato fatto e molto è ancora da fare: le sfide fanno parte della nostra storia e da qui, ogni giorno, noi partiamo per costruire il futuro.”

Un consumatore in costante evoluzione, che mantiene l’obiettivo primario della ricerca della qualità dei prodotti e che è contestualmente alla ricerca di un rapporto di fiducia con il proprio punto vendita, anche a discapito del prezzo a volte. È quanto emerge dalla nuova “Sintesi dell’Indagine”, l’analisi e l’elaborazione dei dati raccolti in occasione dell’iniziativa “Insegna dell’Anno 2017-2018” da Q&A. Per quanto riguarda il mondo della “Ristorazione e del Fuoricasa” il fattore più importante, secondo gli intervistati, è la buona qualità dei prodotti (69%), seguito dalla cortesia degli addetti (44%). Per il 20% degli avventori, invece, è di fondamentale importanza la varietà dell’assortimento.

Al fine di diffondere la conoscenza del liquore Limoncella, il Gruppo Lucano ha messo a punto una strategia di comunicazione che coinvolgerà una delle vie più famose del mondo: per tutto il mese di luglio, via della Spiga si trasformerà in un gigantesco giardino di limoni (#ViaDeiLimoni). Naturalmente sarà possibile degustare Limoncella, anche in versione sorbetto.

Decortica, al via la stagione Si è appena aperta, in Portogallo, la nuova stagione di decortica, in uno scenario caratterizzato, da un lato, dalla massiccia richiesta delle chiusure in sughero; dall’altro, da un territorio funestato, nel 2017, da poderosi incendi. Ecco perché Amorim è al fianco delle istituzioni per mettere in campo forze economiche e tecnologiche per accelerare i tempi di crescita degli alberi da sughero, con un avanguardistico sistema di irrigazione goccia a goccia. In questo modo, si riesce a ottenere in 12 anni (a fronte dei precedenti 36) una pianta adulta. “Amorim, con i suoi investimenti monitorati, precisi e costanti punta su un concetto di impresa “Slow” in un mondo “Fast” – ha affermato Carlos Santos a.d. di Amorim Cork Italia -. Vogliamo che la scelta dei nostri prodotti sia una forma di orgoglio morale oltre che di eccellenza tecnica”.

Apre il Dry Martini Italia Lo scorso 30 maggio è stato inaugurato, al Majestic Palace Hotel di Sorrento, il Dry Martini by Javier de las Muelas. Javier, bartender spagnolo, è il padre fondatore dei quattro Dry Martini del mondo ed è considerato tra i più importanti maestri di cocktail al mondo. La sua notorietà si deve soprattutto alla passione che ha per ciò che definisce un vero e proprio rito: il servizio del cocktail. Il suo stile unico, elegante e raffinato, frutto di una personalità poliedrica che spazia dagli studi di medicina, alla passione per l’architettura fino ad arrivare allo studio minuzioso degli ingredienti, lo ha portato alla creazione di cocktail considerati delle vere e proprie opere d’arte.

Misura presenta i nuovi succhi I nuovi Succhi 100% Frutta e Verdura con Spezie segnano il debutto di Misura in un nuovo segmento, il segmento dei succhi. Tre le ricette - arancione, gialla e viola - tutte senza acqua aggiunta, senza aromi, conservanti, coloranti e zuccheri aggiunti. Confezionati in bottiglie di vetro, sono disponibili in due formati, da 200 e da 690 ml.

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San Benedetto, la linea baby San Benedetto Baby è la linea di prodotti studiata per i bambini che comprende Baby Bottle, l’acqua minerale imbottigliata in ambiente protetto; Baby Thè Deteinato ai gusti Limone e Pesca, con fruttosio, zucchero di canna, senza teina, glutine, conservanti e coloranti; Baby Camomilla Bio (ai gusti Fragola, Mandarancio), anch’essa senza glutine, coloranti e conservanti e Baby Juicy Bio, (nei tre gusti Mela, Pera e Pesca) le bevande con il 30% di frutta e zucchero di canna di origine biologica.

Schweppes lancia la linea Premium Mixer Schweppes Premium Mixer è la linea che nasce per soddisfare le esigenze dei drink lovers, grazie al design delle sue bottiglie, agli aromi naturali e alle sue bollicine che rendono la gasatura persistente fino all’ultimo sorso. Tre le referenze della linea: Tonica Originale, Tonica Pepe Rosa e Tonica Hibiscus, tutte ottime basi per nuovi e inediti cocktail.


Alberto’s choice

Pummà, la pizza che non delude È TUTTA QUESTIONE DI IMPASTO

LEGENDA

PUMMA’ MILANO Via Caminadella, 7 20123 Milano

Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta

Servizio attento, veloce, reso più accattivante dalla simpatia/passione di alcune cameriere: una, in particolare, che mostra una competenza quasi accademica nel raccontare nei dettagli la “filosofia” del locale. Voto alla sala: 10. Pummà, la quarta apertura a Milano dopo Bologna, Ibiza, Milano Marittima, mostra subito le sue origini e la sua audacia romagnola. Peraltro, la prima voce nella carta del mezzogiorno è Cappelletti pomodorini e menta… Ma il vero motivo per entrare nel locale e sedersi a uno dei semplici tavoli di Pummà, si chiama IMPASTO. Ovvero, Pummà è soprattutto una pizzeria, di quelle che fanno sul serio, a partire, appunto dall’impasto. Tre le tipologie utilizzate: Classico, con farina di grano tenero Tipo 2 (lievito madre), Terracolta, sempre con farine di lievito madre Selezione Antonio Cera, Idrolisi, senza lievito, ottenuto dalla fermentazione del grano frantumato. Che Milano, negli ultimi anni, sia stata letteralmente assediata da pizzaioli cosiddetti gourmet non è certo una novità: ma è altrettanto risaputo che non basta mettere una fetta di

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Due corone = Linea di cucina corretta

buon culatello o di ottima burrata sopra un pezzo di pane per fare di una pizza un raffinato piatto di alta cucina. Di questo Pummà, durante la nostra visita, sembra essere consapevole: ne abbiamo apprezzato la semplicità, l’umiltà, il non “tirarsela” da grande pizzeria super raffinata, con anto di chef da esibire al pubblico. E non è poco. Se a questo aggiungiamo che, aldilà dell’impasto, le materie prime utilizzate sono di alto livello, beh, il gioco è fatto. Règis Rossi, fiorentino, che conosciamo alle casse,

Una corona = Cucina dignitosa e affidabile

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza

Due cervelli = Ragionevole

Un cervello = Abbastanza ragionevole

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

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Artù giugno 2018



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Artù Numero 91 giugno 2018

Alberto’s choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello

mozzarella fior di latte, scarola, alici (dell’Adriatico e non del Cantabrico), pomodorini del piennolo, olive di Gaeta, pomodorini del piennolo, capperi di Pantelleria; la pizza romana, con pomodoro San Marzano, mozzarella fior di latte, alici e origano, è gustosa senza essere sapida; la pizza Tonno e Tropea, poi, vede la cipolla di Tropea accostata a olive taggiasche, tonno fresco marinato, cipollotto saltato, origano fresco. La carta delle pizze è un crescendo di tentazioni, tutte caratterizzate da materie prime eccellenti: a parte le napoletane, sono 14. Anche sull’Olioextravergine di oliva, proposto a piacere anche in degustazione guidata, non si scherza: evo di Brisighella, a sottolineare l’origine romagnola degli imprenditori, evo di Montemerano, evo di Alberobello, evo di Castelvetrano. Ma Pummà è anche ristorante con proposte di cucina, con piatti vegetariani, vegani, senza glutine, tutti indicati in menù con apposita simbologia. Nell’offerta della cucina spiccano piatti di pasta, con Verrigni in pole position

In redazione Emanuela Stìfano - emanuela.stifano@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it

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Collaboratori

Giorgio Ascorti, Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Foresti, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Michele Maria Pizzillo, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Gio Pirovano, Alessandra Piubello, Laura Reichlin, Mauro Remondino, Camilla Rocca, Vincenzo Russo, Valentina Santambrogio, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Virginia Zacchetti, Claudio Zeni, Stefania Zolotti Iniziative speciali: Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________

Grafica e impaginazione Daniele Scozzari

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Foto

Archivio Artù; M. Borchi; Stefano Borghesi; Claudia Calegari; Martina Mambriani; Mauro Montana; Patischie; Barbara Santoro; Roberto Savio; Renato Vettorato; Giulio Ziletti ______________________________________________________________

Pubblicità dircom@edifis.it

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Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it

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Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (Mi) _______________________________________________________________

Prezzo per una copia E 5,00 - Arretrati E 10,00

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Abbonamento

Italia: E 45,00 - Europa: E 80,00 - Resto del mondo: E 100,00 abbonamenti@edifis.it _______________________________________________________________

Amministrazione amministrazione@edifis.it

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uscendo dal locale, ci è sembrato un manager attento e competente visto che, quando saluta, dice (senza conoscerci e senza sapere che intendiamo scriverne): “Grazie per la visita, speriamo di potervi accogliere ancora per proporvi altre nostre specialità”. Bravo. Ma bravo soprattutto Beniamino Bilali, esperto in lievito naturale, che è l’anima del Pummà. Le pizze sono molto buone, e realizzate utilizzando ingredienti di prim’ordine. Fra le napoletane, realizzate solo con impasto classico, citiamo: la pizza con le scarole, la preferita da Artù, che ha per attori

(Spaghettone pomodoro bufala e basilico), Tagliatelle e Tortellini burro e salvia, ma anche Costine di maiale marinate alla paprika con insalata agrodolce, Spezzatini di manzo con verdure di stagione, vari tipi di insalata. Piatti semplici, adatti anche a un pasto veloce, ma di alta qualità (oltretutto proposti a un prezzo equo, fra i dieci e i quindici euro un pranzo completo). Una straordinaria carrellata di birre artigianali completa l’offerta di Pummà, un format che rientra a pieno titolo nella nostra Alberto’s Choice di questo mese.

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Artù giugno 2018

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Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro. Royale Srl

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