Artù 01 02 2016

Page 1

€ 5,00

72

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

Artù n°72 - Gennaio - Febbraio 2016

www.artumagazine.it

Gusto ⦁ Tendenze ⦁ Mercati

Giancarlo Perbellini nella sua “casa” nel cuore di Verona: alta cucina fuori dagli schemi GB: Diego Masciaga, general manager al Waterside Inn: lo stile italiano dell’accogliere Svizzera, al Concabella Andrea Bertarini e Ruth Montereale tengono alta l’offerta Stoccarda e Milano: al Top Air e al Michelangelo due esempi di alta ristorazione aeroportuale Botanical Club: ecco come mani esperte distillano un grande gin. Dove? Nel cuore di Milano

Gennaio Febbraio 2016

72



EDITORIALE

Michelin, alti e bassi Premessa doverosa: la guida Michelin è sicuramente la più prestigiosa e affidabile fra le guide esistenti nel panorama editoriale italiano. Tra l’altro, Michelin è l’unica guida che si avvale, per i propri giudizi, di standard di valutazione internazionali. Nel “pollaio” italiano, fatto di guide e guidoline, di blog e di critici improvvisati, non ci pare davvero poco. Se poi questi standard di giudizio, una volta applicati nel nostro paese, creano polemiche e disaccordi, indignazioni e levate di scudi, beh, questo è del tutto comprensibile. Non siamo dunque qui a discu-

tere sul blasone della Guida, che - a detta dei responsabili - vorrebbe essere soprattutto una guida di servizio, anche se l’interesse mediatico (e non solo) si appunta sempre e soprattutto sulle stelle: date, aggiunte, tolte, eliminate, confermate ecc. Dunque, al di là della constatazione obiettiva del valore internazionale della mitica guida rossa, che ha organizzato presso la sede della Mercedes Benz, a Milano, due momenti importanti per presentare l’uscita 2016, mi pare doveroso esprimere alcune opinioni relative alla recente edizione. Innanzitutto, alcuni dubbi personali, espressi in sintesi. Il primo: che senso ha togliere una stella a Davide Scabin, uno degli interpreti più geniali sulla scena ristorativa nazionale? Il secondo: perché eliminare l’unica stella di Paolo Teverini? Il terzo: perché affibbiare il simbolo delle ”monetine” al ristoran-

te di Wicky Pryan, a Milano, che è un luogo di cucina alta e caratterizzata, con un food cost molto elevato? Solo perché a pranzo propone un menù a prezzo fisso? Credo che sia la caratteristica principale dei locali a dover essere esaltata, soprattutto nel caso di un ristorante come Wicuisine! Ancora: che cosa aspetta la bibbia delle guide a premiare chef del valore di Elio Sironi (Ceresio 7) o altri che non cito per evitare di metterli in difficoltà… E poi: in base a quali valutazioni togliere la stella al Trussardi Alla Scala? Roberto Conti e la sua brigata sono fra i giovani più motivati e attenti che la piazza milanese abbia la fortuna di possedere. Quest’ultimo ristorante, fra l’altro, oggettivamente uno dei più belli di Milano, oltre a perdere la stella, si vede anche declassato dal punto di vista “cromatico”, visto che il simbolo delle forchette è in nero, e non in rosso, come la maggioranza dei locali importanti citati in quella zona della città… Ricordo ai distratti che la colorazione delle forchette riguarda il comfort di ristoranti “particolarmente ameni”. Perché non è ameno Trussardi? Non ne comprendo il motivo e non vorrei supporre che si tratti solo di una banale svista…. Non sarebbe da Michelin… Più che un’opinione, invece, pongo una domanda ai responsabili: perché, nel caso di molti ristoranti stellati, non è indicato

fra parentesi (come accade per altri locali) il nome dello chef? A Milano, in molti casi, il nome è indicato, in altri manca. Pura dimenticanza? Ma come? In conferenza stampa ci propinano spezzoni del film “Il sapore del successo”, quello in cui lo chef Adam Jones riassume i valori - tra cui la perfezione - a cui si deve tendere per ogni “upgrade stellare”, e la guida cade proprio su questo? Sarebbero molte altre le domande, non solo riguardanti Milano, che viene spontaneo rivolgere a Michelin… Ma, siccome siamo giornalisti (e non guastafeste) e siamo realmente soddisfatti per tante scelte fatte dagli ispettori della casa francese di pneumatici, facciamo i complimenti a tutti i neo stellati (Peter Brunel in testa, a cui dedicammo lo scorso anno addirittura una Cover su Artù, ma anche a Baldessari, vincitore dello Sparkling Menu di Villa Franciacorta, Dal Degan, Trapani, Asoli, Ribaldone, Salmoiraghi (era ora!), Piras, Tokuyoshi, Gozzoli, Viglietti, Lanteri - e non Lantieri, come scritto a pagina 8 della guida - e a tutti quegli chef che seguiamo da tempo con attenzione) ma anche a chi, come Giancarlo Perbellini, ha confermato il meritato traguardo della doppia stella nel nuovo ristorante veronese. Non a caso, è dedicata a lui la nostra intervista a pagina 10. Alberto P. Schieppati Artù n°72

1


SOMMARIO

In copertina: la cucina di Giancarlo Perbellini convince per lo stile e la caratterizzazione dei piatti, insieme ai gradi di libertà per il cliente, che può “comporre” il proprio menù. Doppia stella Michelin, cucine a vista, atmosfera di accogliente familiarità. Il grande chef si racconta a Artù. (foto di Sergio Lucchesi).

4 News Cover story 10 Perbellini, senza formalismi vince la cucina vera

14 18 22 24 28 32

Storie di successo Italian style al mitico Waterside Inn Ristoranti orientali, a tutto vapore Osteria del Teatro, raffinata tipicità toscana Quando l’etnico si chiama Parmigiano Conca Bella, luce sul confine. Cucina e vini memorabili Go East, Marco Sacco conquista l’Oriente

Format 36 Michelangelo, lo chef che impagina il piatto 40 Top Air, boarding menu a Stoccarda

44 46 48 50

Focus food Centro lago di Como, il risveglio di Varenna Consorcio, il tonno punta agli chef stellati Alla d&g patisserie brunch dal sapore Malesiano Koinè Restaurant passione gourmet a Legnano

di Maurizio Bertera

di Alberto P. Schieppati di Gualtiero Spotti di Claudio Zeni di Davide Bernieri di Rocco Lettieri di Elisa Facchetti

di Alberto P. Schieppati di Gualtiero Spotti

di Arianna Augustoni di Riccardo L. Molino di Riccardo L. Molino di Rocco Lettieri

Focus beverage 54 Diario di un barman 58 Alambicchi milanesi, il gin abita qui

di Marco Corallo di Maurizio Bertera

La foto di Cioffi 60 Celeste, il re del radicchio

di Ferdinando Cioffi

Equipment 62 Gruppo Cimbali, storia e mito 100% made in Italy

di Elisa Facchetti

Locali 66 FeelingFood Milano, spazio polifunzionale con guida Mei di Massimo Andreis Libri 68 Unforketable Niko e le origini dei piatti

di Rosa Marchetti

Alberto’s Choice 70 Navedano, lo stile nel DNA e cortesia d’altri tempi

di Alberto P. Schieppati

2

Artù n°72



n

ews

A Borgo Egnazia KRUG 2002 in degustazione con gli chef Ribaldone e Schingaro Esperienza memorabile Da Alessandria a Borgo Egnazia, a Savelletri di Fasano. È il viaggio intrapreso dallo chef stellato Andrea Ribaldone del ristorante i Due Buoi, di Alessandria, per approdare in Puglia e coordinare la proposta ristorativa dei sei ristoranti presenti a Borgo Egnazia. L’avventura sarà condivisa con Domenico Schingaro, già souf chef presso I Due Buoi e resident chef al ristorante Identità Expo a Milano nel 2015, che ora ritorna in Puglia in qualità di executive chef. Sei i ristoranti nella mani dei due chef: Ristorante Due Camini, Ristorante La Frasca, Trattoria Mia Cucina, Pescheria da Vito, Il Colonnato e Da Puccetta. “È grande la sfida per tutti noi e, in modo particolare, per Domenico - sottolinea lo chef Andrea Ribaldone - ma sono convinto che la sua innata capacità di gestire team di lavoro articolati, dove le competenze comunicative e relazionali devono essere forti quanto la maestria tecnica in cucina, sia ormai matura. Saper gestire gioie e tensioni della cucina sono doti che Domenico Schingaro ha già dimostrato durante i sei mesi di lavoro a Expo all’interno delle cucine di Identità Golose che ha visto alternarsi oltre 200 grandi chef italiani e stranieri”. Borgo Egnazio è parte di San Domenico Hotels Group.

Addio a Batani signore degli alberghi dell’Emilia Romagna L'Emilia Romagna ha perso il suo “Signore degli alberghi”. Antonio Batani, imprenditore lungimirante che con Select Hotels Collection ha creato un polo di accoglienza diversificato con ben tredici alberghi di categoria 5 e 4 stelle, è mancato nel dicembre scorso, stroncato da un infarto nel suo Grand Hotel Rimini, il mitico albergo di Amarcord. Batani è stato il classico romagnolo tenace al limite della testardaggine, in continuo movimento fino a quando non aveva raggiunto l’obiettivo cui mirava. Tonino - così era conosciuto da clienti e amici - era una persona che non amava la ribalta, pur comparendo ritratto a tanti altri vip, abituali frequentatori dei suoi hotels. “La mia è una storia come tante” sosteneva l’imprenditore, che gli inglesi avrebbero definito come un “tycoon”, anche se la realtà testimoniava quanto di suo metteva nella scalata al successo. Un successo ottenuto passo dopo passo che ha fatto di Tonino un’anima di illuminato albergatore aggiungendo nella sua attività diversi prestigiosi alberghi fino all’acquisto del Grand Hotel Rimini e del Grand Hotel Da Vinci di Cesenatico, un albergo a cinque stelle extralusso. Alla moglie Luciana, ai figli Gianni, Cristina, Paola e ai suoi familiari le più sentite condoglianze di Artù. C.Z.

4

Artù n°72

Milano, Casa degli Atellani, febbraio 2016. Olivier Krug presenta alla migliore stampa specializzata le recenti scelte della Maison di Reims. Non a caso l’evento si svolge presso la Vigna di Leonardo, a sottolineare il legame fra storia e innovazione: accolti da un magico buffet firmato Antonino Cannavacciuolo, che ha confermato con le sue preparazioni di essere il vero motore di quella avanguardia culinaria tanto auspicata in Italia, si è poi proceduto alla degustazione. Dopo l’apertura, con Krug Grande Cuvée e Krug 2003, si è passati a due vere “perle” dell’enologia, che hanno strappato ai pur rigidi degustatori esclamazioni appassionate di consenso totale. Krug 2002, il primo millesimato del millennio (Pinot Noir 40%, Chardonnay 39%, Pinot Meunier 21%) è una vera “Ode alla natura”, come è stato definito da Olivier Krug che ha magistralmente condotto la degustazione. La grande attenzione al carattere di ogni vigneto, il rispetto dell’individualità di ciascun appezzamento e del suo vino, hanno permesso allo Chef de Cave Eric Lebel di individuare la “musica” dell’annata, creando uno Champagne straordinario per equilibrio, vigore, stoffa. E, nella stessa vendemmia 2002, nasce anche Krug Grande Cuvée 158ma edizione: ovvero, una miscela di 76 vini di 10 annate diverse, di cui la più vecchia risale al 1988 e la più giovane al 2002, un’annata eccezionalmente ricca e generosa, che comunica una pienezza di sapori e aromi che “sarebbe impossibile esprimere con vini di un’unica annata”. Due prodotti che esprimono appieno lo spirito della Maison, assecondando il sogno del fondatore Joseph Krug. Le due etichette, 2002 e 158ma edizione, sono disponibili in una “tiratura” limitata di bottiglie.


Vettorato, la personale in un catalogo Burro Campo dei Fiori arriva FOO’D La nuova mostra fotografica di Renato Vettorato “Artigiani, artisti e produttori enogastronomici della Sinistra Piave” inaugurata a Torre dell’Orologio Serravalle - Vittorio Veneto (TV) l’8 dicembre 2015 e terminata il 10 gennaio 2016, ha ospitato 42 scatti, o meglio 42 ritratti di produttori e artigiani della Sinistra Piave, attivi in settori diversi e immortalati nella loro quotidianità, secondo il punto di vista di Vettorato ovviamente. La personale, raccolta ora in un bellissimo catalogo, presenta una galleria di visi a rappresentare, ora con sensibilità ora con garbo e ironia, gli artigiani nonché custodi di antichi mestieri: il salumiere, il panificatore, il produttore vinicolo… Un affresco colorato e vivace di un operoso territorio come quello della Sinistra Piave ritratto dalla maestria di un grande osservatore quale Renato Vettorato.

Burro in cucina? Solo se di alta qualità. Nasce così Burro Campo dei Fiori - FOO’D, progetto ideato da Davide Oldani e Campo dei Fiori, realtà produttiva agroalimentare, con sede a Daverio (VA). L’eccellenza qualitativa di questo burro deriva dalla materia prima all’origine, panna ottenuta dalla centrifugazione del latte che garantisce alla panna stessa proprietà organolettiche che donano al burro un sapore intenso ed equilibrato e caratteristiche che ne migliorano le prestazioni in cucina, per stimolare così l’evoluzione della cultura gastronomica del consumatore italiano, rendendolo più attento alla qualità del prodotto burro, riabilitato oggi anche dai nutrizionisti e reinterpretato in chiave moderna dallo chef della cucina POP. “Burro Campo dei Fiori - FOO’D è un progetto di cui siamo molto orgogliosi, che nasce con le migliori premesse: da una parte si alimenta dell’innovativa filosofia e del genio culinario di Davide Oldani, protagonista indiscusso della cucina italiana contemporanea e testimonial dei suoi valori nel mondo, e dall’altra si radica sulla tradizione e sulla qualità di Campo dei Fiori” ha dichiarato Giorgio Monaco, Direttore Commerciale di Campo dei Fiori.


n

ews

Olio Officina Festival l’olio del futuro Grande successo per la quinta edizione di Olio Officina Festival - Condimenti per il palato & per la mente, andata in scena a Milano dal 21 al 23 gennaio al Palazzo delle Stelline. La tre giorni dedicata all’olio e ai condimenti, ideata e diretta da Luigi Caricato, oleologo, giornalista e scrittore, si è sviluppata tra degustazioni, conferenze, tecnologie e installazioni per un’edizione tutta improntata all’innovazione perché, come afferma Luigi Caricato, “non può esserci futuro senza nuovi olivi” e l’imprenditoria olivicola e olearia deve guardare avanti in tutte le direzioni possibili. La parola d’ordine di Olio Officina Festival 2016 è stata “avanguardia” per “pensare all’olio in maniera diversa rispetto a quanto si è fatto e detto nel recente passato, rivoluzionandone il linguaggio senza però stravolgerne l’identità, valorizzandolo secondo logiche e approcci nuovi” ha dichiarato Luigi Caricato.

Servizio perfetto, anche per i soft drink La ristorazione di qualità predilige affidare il servizio del vino (e spesso della birra) a sommelier professionali. Ma anche i soft drink reclamano un servizio corretto e meritano di essere servite al meglio, a maggior ragione se questa bibita si chiama Coca-Cola. Quale servizio riservare dunque alle bibite, altro grande protagonista della ristorazione insieme al vino e alla birra? Per supportare gli esercenti e offrire l’esperienza migliore di consumo ai clienti anche quando si parla di bevande non alcoliche, Coca-Cola l’anno scorso ha rilanciato il formato in vetro da 33 cl con una gamma completa di quattro referenze: Coca-Cola, Coca-Cola Zero, Fanta e Sprite. Oltre a migliorare

Premio “Etica e Società 2015” allo chef Massimo Spigaroli Con grande successo mercoledì 27 gennaio 2016, si è tenuta presso il Relais Antica Corte Pallavicina, a Polesine Zibello (PR), la cerimonia di assegnazione del Premio “Etica e Società 2015” organizzata da ETHICANDO Association di Milano e dall’Antica Corte Pallavicina Relais, in collaborazione con varie entità pubbliche e private. Il Premio, presieduto da Marco Eugenio Di Giandomenico, è stato assegnato, per il 2015, allo chef Massimo Spigaroli, insignito della stella Michelin nel 2011, mentore e leader indiscusso del “sistema” Antica Corte Pallavicina, cui fa riferimento uno dei più bei Relais nazionali con il famoso ristorante e la produzione e conservazione di culatelli e salumi secondo ultracentenarie procedure. Si tratta senza dubbio di un prestigioso riconoscimento che dà smalto a chi, nello svolgimento delle sue attività lavorative ordinarie, porti avanti iniziative oppure svolga linee di azione che impattino positivamente sulla collettività, anche in termini di valorizzazione territoriale, e che, quindi, abbiano un elevato contenuto e risvolto etico-sociale.

6

Artù n°72

l’immagine del locale e a generare valore per l’esercente, il rilancio di Coca-Cola in vetro va espressamente incontro al desiderio dei clienti, e si sa, i clienti bisogna sempre accontentarli: secondo un’indagine Nielsen del 2014, più del 90% dei consumatori dichiara di ritenere la bottiglia in vetro quale formato ideale e l’84% di coloro che lo acquistano abitualmente lo considera il miglior packaging in assoluto, dati confermati anche dalle ottime performance degli esercenti che hanno sostituito la lattina in favore della Contour. Ma oltre alla bottiglia in vetro, il gusto Coca-Cola trova la sua assoluta esaltazione nel rituale del perfect serve, ovvero la modalità migliore per

servire la bevanda, al top delle sue potenzialità se accompagnata al cibo: la bottiglia in vetro alla temperatura di 3°C, un classico bicchiere Coca-Cola, ovviamente in vetro, ghiaccio ed una fetta di limone.

Gioielli e Vino a VicenzaOro I gioielli Misis e i vini veronesi Zenato fanno coppia a VicenzaOro January in occasione di “Veneto, un gioiello di terra”. Luxury Jewels meet Food and Wine from Venetian Region, evento andato in scena da sabato 23 a lunedì 25 gennaio alla fiera di Vicenza, è stata una piacevole occasione per i visitatori di ammirare i gioielli vicentini assaporando le prelibatezze venete. Il particolare sodalizio nasce dall’amicizia che lega le anime creative delle due aziende, Claudia Piaserico di gioielli Misis e Nadia Zenato, che hanno in programma per il futuro la produzione congiunta di una linea di gioielli in argento. L’edizione del 2016 ha visto un momento di degustazione di vini e prodotti enogastronomici della regione Veneto all’interno degli stand di 12 aziende del distretto del gioiello di Vicenza. Per il food and wine hanno partecipato: Azienda Agricola Fasoli Gino (S. Zeno di Colognola ai Colli, VR), Azienda Agricola Monte del Frà (Sommacampagna, VR), Bisol Vitivinicoltori (S. Stefano di Valdobbiadene, TV), Canella (S. Donà di Piave, VE), Consorzio Tutela Formaggio Asiago (Vicenza), Le vigne di Roberto (Fara Vicentina, VI), Maculan Società Agricola (Breganze, VI), Maeli (Luvigliano, PD), Salumificio Micad (Belvedere di Tezze sul Brenta, VI), Tenuta Baron (Fonte, TV), Tommasi Wine (Pedemonte di Valpolicella, VR), Zenato Azienda Vitivinicola (Peschiera del Garda, VR).



n

ews

Premiazione 1° Concorso “InAlto” by Bormioli Rocco

Marzadro, alambicchi accesi per le vinacce di Amarone

Villa Franciacorta i “gioielli” di Roberta Bianchi

Il concorso ideato da Bormioli Rocco ha visto la partecipazione di 2.200 ristoranti e ben 200 ricette inviate e valutate nel loro impiattamento e nell’abbinamento con il vino da una giuria composta dagli chef di Alma, la Scuola Internazionale di Cucina, da un sommelier Ais e da un maFlavio Costa Andrea Vezzani nager della Bormioli Rocco. La premiazione si è svolta il 25 gennaio nella splendida Reggia di Colorno, sede di Alma. A meritare la vittoria lo stellato Andrea Incerti Vezzani del ristorante Ca’ Matilde di Rubbianino, in provincia di Reggio Emilia, nella categoria Italian Passion con la ricetta “Un ricordo… della mia bomba di riso”, e lo chef Flavio Costa del ristorante 21.9 di Albissola Marina (SA) nella categoria International Attitude con la ricetta “Rane fritte, prescinseua e clorofilla di erbe selvatiche”. Ai due vincitori un corso di alta cucina all’Alma delle durata di 3 giorni. Il concorso promosso da Bormioli Rocco è nato grazie al lancio della nuova linea di bicchieri per l’alta ristorazione “InAlto”, creata dal designer italiano Aldo Cibic in collaborazione con Ais. R.L.M.

La distilleria di Nogaredo (TN) ha accolto nei propri impianti di distillazione le vinacce di Amarone. Una lavorazione attenta e scrupolosa per la Marzadro che nei suoi alambicchi riesce a distillare circa 100 quintali al giorno di vinacce che arrivano freschissime dalle confinanti cantine del Veneto. Per operare al meglio gli alambicchi sono accesi e spenti a “intermittenza”, ossia vengono messi in funzione solo quando arrivano i carichi di vinacce dalla Valpolicella. Il 18 gennaio è stato dato il via alla prima distillazione di vinacce, un ciclo che si concluderà alla fine di aprile. Dalle vinacce di Amarone la Marzadro produrrà una delle 3 Grappe della linea le Giare (Grappe invecchiate 36 mesi in botti di rovere), una monovitigno in purezza affiancate da le Giare Chardonnay e dalle Giare Gewürztraminer; a queste si unisce le Giare Origine, una Grappa Full Proof anche lei nata da vinacce di Amarone e messa a invecchiare per 3 anni in rovere.

Fascino, gusto ed eleganza si incontrano in Villa Franciacorta. Tre bijoux di classe ideati da Roberta Bianchi (alla guida dell’azienda di famiglia) in abbinamento a tre “gioielli” della collezione Villa: Satén 2011, Selezione 2005 e Rosé Demisec Briolette 2011. I colori delle etichette ispirano tre varianti di orecchini limited edition che vedono protagoniste le capsule Villa Franciacorta declinate nelle nuances che identificano le diverse tipologie di bollicine: pezzi unici d’arte orafa arricchiti da pietre preziose, boule di vetro antiche e resine.

Crudosicuro® Scandia, per gli amanti del crudo Coam, azienda valtellinese specializzata nella lavorazione di prodotti ittici e non solo, produce e commercializza con il proprio marchio Scandia prodotti ittici contrassegnati dal sistema Crudosicuro® tra cui Carpacci, Tartare e Sashimi. I pesci, pescati in alto mare con lenze al traino, vengono lavorati a Morbegno (So) dopo essere stati puliti e surgelati a bordo nave grazie al processo Crudosicuro®, trattamento obbligatorio di abbattimento della temperatura a bordo del peschereccio, immediatamente dopo la cattura e l'eviscerazione, impiegando la tecnica di surgelamento Ult (Ultra low temperature), che raffredda rapidamente il pesce fino a -60°C preservando intatte le qualità nutrizionali e organolettiche del prodotto. Il risultato è un prodotto pronto per essere consumato in tutta sicurezza per la preparazione di sashimi, carpaccio, tartare, a cui si affiancano I Marinati che di recente si sono aggiudicati la segnalazione di ADI for Food & Design nella categoria “Design dei processi di trasformazione”.

8

Artù n°72

Arriva il Cabochon Stellato Monte Rossa Nuovo Franciacorta nella famiglia Cabochon di Monte Rossa, i vini d’eccellenza che la Cantina di Bornato di Cazzago S. Martino (BS) produce solo in annate particolarmente favorevoli. I Cabochon prendono il loro nome dal mondo della gioielleria, ad indicarne la preziosità, come il nuovo Cabochon Lo Stellato, una Cuvèe del 2005 composta da base Chardonnay con l’aggiunta di Pinot Nero e del 15% di vini di riserva. Riposa in bottiglia dal giugno del 2006 e rimane per nove anni sui lieviti. Monte Rossa, fondata da Paola Rovetta e gestita oggi con il marito Paolo e il figlio Emanuele, ospita un giardino all’italiana al cui centro è presente una stella, la stessa che appare sul Cabochon Lo Stellato.



cover story

Perbellini senza formalismi vince la cucina vera 10

Art첫 n째72


Una storia di stelle

di Maurizio Bertera foto: Aromi Creativi e Sergio Lucchesi È il suo momento. O forse lo è sempre stato ma troppi non se ne erano accorti, in primis la critica gastronomica. Giancarlo Perbellini è stato il cuoco dell’anno 2015, non solo per le valutazioni ma per la capacità di cambiare marcia, lanciando un concept inedito come Casa Perbellini (due stelle Michelin,) ma anche conquistando una stella in pochi mesi a Venezia (con il Dopolavoro del JW Marriott) e persino tornando all’antico, con la Dolce Locanda a Verona, la città che lo vede protagonista come socio o proprietario in ben sei locali. E anche questo è un piccolo record. Sembra passato un secolo da quando per andare a gustare i piatti di Perbellini si doveva partire per Isola Rizza e la sola ragione - con tutto il rispetto per la cittadina della Bassa - era il suo ri-

storante, a fianco della mitica pasticceria di famiglia. Oggi il locale-casa si affaccia su Piazza San Zeno, gioiello della città scaligera. Bello andare a trovarlo, interessante ascoltarlo. Caro Giancarlo, adesso sono applausi collettivi per Casa Perbellini e il suo “geniale” chef-patron. Ma immagino che non fossi così sicuro del trionfo. Esatto: ogni piatto, ogni locale, ogni scelta non per forza funzionano. Qui tutto è andato bene. Sono contento soprattutto per la brigata che ha accompagnato con entusiasmo e impegno i miei progetti. Perché e come è nata Casa Perbellini? Dopo 25 anni a Isola Rizza, non sopportavo più l’etichetta, la formalità eccessiva, il rococò. Volevo cambiare la mia storia e desideravo riportare il “cuoco”, e sottolineo il termine, al centro dell’azione. Oggi si parla solo di chef, in tivù e sui giornali, ma non puoi vederli cucinare, anche quando ci sono effettivamente. Per me si raccontano

Veronese di Bovolone, classe 1964, Giancarlo Perbellini nasce pasticciere per seguire la grande tradizione di famiglia. Dopo la prima importante esperienza al San Domenico, parte per la Francia dove impara l’arte culinaria in santuari come Taillevent, L’Ambroisie, il Terrasse di Juan Les Pins e lo Chateau d’Esclimont. Torna a casa per aprire nell’‘89 il suo primo ristorante: Perbellini a Isola Rizza che conquista nel ’96 la prima stella Michelin e nel 2002 la seconda. Nel dicembre 2014, apre Casa Perbellini a Verona che ha conquistato due stelle Michelin e grandi apprezzamenti dalle altre guide. All’estero, dopo aver curato l’apertura del grande ristorante Rana a New York, da un anno “firma” la Locanda Perbellini a Hong Kong (per il gruppo indiano Dining Concepts) e dalla scorsa estate il Dopolavoro, locale gourmet del JW Marriott, resort sull’Isola delle Rose a Venezia.

troppo i piatti e non si vedono. Da qui il pensiero che il cliente avesse voglia di un posto così ma ho impiegato tre anni per trovare la location giusta. Ispirazioni concrete? Tutte francesi, lo ammetto. Bernand Pacaud che da 35 anni cura la spesa per l’Ambroisie, in modo maniacale: fa venire il macellaio anche tre volte il giorno, sceglie una sola cassetta di funghi dopo averne viste un centinaio, ha le “sue” botteghe carissime ma perfette. Paul Bocuse per la “cucina del mercat”. Jean Francois Piège con la sua Brasserie Thoumieux, molto accogliente…Risultato una casa, tutta mia, per soli 24 coperti, più quei pochi all’esterno nella bella stagione. Hai detto più volte che Casa Perbellini Artù n°72

11


cover story

ha portato “la cucina in sala e non la sala in cucina”. Un concept degno di un palcoscenico internazionale, con tutto il rispetto per Verona. Ho sempre lavorato con i veronesi, pensando che il successo arriva quando il vicino viene almeno una volta all’anno a trovarti. La mia cucina è a San Zeno, fa piacere che vengano anche da lontano per provarla. E poi come ripeto sempre qui misteri non ci sono, è un palcoscenico che fa capire al cliente quanto sia faticoso fare il cuoco e perché l’alta cucina non possa che essere costosa. E questo cambia le regole del gioco. Io credo che gli italiani in gran parte non amano la cucina gourmet per varie ragioni oltre che per il budget richiesto: molti amano essere rassicurati a tavola, chiamali mammoni o casalinghi ma così è. Poi ci sono quelli che non vedendo le preparazioni, pensano al trucco o proprio alla frode. E ancora ci sono quelli che non vogliono sforzarsi troppo a tavola. Hanno ragione, comunque. Approfondiamo?

12

Artù n°72

“Volevo cambiare la mia storia e desideravo riportare il ‘cuoco’, e sottolineo il termine, al centro dell’azione” Al ristorante non si va per vedere un’opera d’arte o per seguire una pièce teatrale. Se devo mangiare un piatto, preceduto da un lungo racconto per capirlo, per me non va bene. Paradossalmente gustare i piatti con la benda sugli occhi sarebbe il massimo. Non siamo artisti, ma artigiani che vendono qualcosa. Ma a partire da voi giornalisti, si è esagerato con la poesia e i risultati si vedono. Un esempio concreto? I più grandi ristoranti italiani fanno pochissima cucina “cucinata”. Il freddo domina sul caldo. I classici sono tra-

scurati. Ho cenato qualche settimana fa da un enfant prodige, già stellato, che ha senso del gusto e classe. Tutto molto buono, salvo il risotto e il raviolo: sarà un caso? Non penso. Morale della favola? Attualizziamo i piatti classici, non solo quelli regionali. Mi viene in mente la sogliola alla mugnaia che ho proposto nella mia versione in una cena all’Alma: sono rimasti tutti sorpresi e contenti. Io dico: sfidiamoci sul riproporre la tradizione, non in astratto. Però a Casa Perbellini c’è un menu chiamato “Chi sceglie…prova” dove

un cliente sceglie due ingredienti in una rosa di quattro e voi create intorno un intero menu. Oggi per esempio sono carciofi, broccolo fiolaro, orata e riso. Non è fantasia al potere? No, è frutto di motivazioni. I frigoriferi sono piccoli e quindi non posso tenere una grande dispensa. Il concetto di non annoiare il cliente che viene spesso e magari ha già assaggiato la degustazione. E il piacere della spesa quotidiana…a me piace tantissimo farla, vorrei essere come Paracucchi: cuoco incompreso che ha fatto la storia della cucina moderna quanto Marchesi. Aveva come


unico credo il prodotto e la capacità di innovare sempre, con abbinamenti incredibili e perfetti. Per la cronaca, su 100 clienti di Casa Perbellini, il rapporto tra degustazione e il menu su due ingredienti è di 70 a 30. Tu sei uno dei cuochi più attenti al vino. Come interpreti la cantina a Casa Perbellini? Ho solo quello che piace a me e al sommelier: circa 250 etichette, perfette per la mia proposta culinaria e il numero dei coperti. In gran parte, la gente sceglie l’abbinamento sul piatto. Qualcuno non si è accorto ma la moda del vino a bicchiere ha ribaltato completamente il gioco. In trattoria, si arriva anche all’80% di vendite al calice, questo influisce in modo pazzesco sul conto economico e obbliga a scegliere

in modo diverso dal passato. Devi essere bravo ed esperto, insomma. Curiosità: fai alta cucina e chi lavora con te, quando esce dalla brigata, apre locali semplici quasi mai con ambizioni stellate. Strano, no? Diciamo che “creo” persone brave nell’imprenditoria, molto corrette e che conoscono i miei piatti. E gli allievi più simpatici sono diventati miei soci, nei vari posti a Verona. Uno invece non è tornato a casa, restando a Parigi dove

Spirito d’impresa Se continua così, dicono ridendo a Verona, apre un ristorante dentro Palazzo Barbieri: l’edificio neoclassico nell’immensa Piazza Bra, sede del Comune. Questo perché Perbellini, oltre al bistellato Casa Perbellini e alla pasticceria Dolce Locanda è socio (nonché ispiratore) di altri quattro locali nella città scaligera. La Locanda 4 Cuochi è l’inno alla tradizione, rivisitata in chiave mo-

derna, dalle Alpi alla Sicilia. Al Capitan della Cittadella ci sono proposte esclusivamente di pesce, dalle crudité ai piatti più elaborati ma sempre secondo il mercato. La pizza gourmet è protagonista del Du de Cope mentre al Tapasotto si gustano tapas d’autore e taglieri per una “sosta gourmet di piccoli sfizi spiega Giancarlo - che può diventare anche una cena”.

l’avevo mandato a perfezionarsi: si chiama Enrico Bertazzo, gestisce un bistrot chiamato Les Affranchis e sono convinto che ne sentiremo parlare. Segnato. Sempre sul tema allievi, tu insegni ad Alma… …dove troppa gente arriva a 24 anni, iscrivendosi senza sapere manco tenere in mano un coltello. Il mio consiglio per diventare un cuoco serio: liceo o ragioneria, poi subito un corso base tipo quello di Alma e poi in giro a imparare. Ma almeno 18 o 24 mesi per posto, non quattro mesi qui e sei là. E devi passare per la Francia: possiamo discutere sulla loro cucina ma su alcuni punti - tipo i fondi o il taglio delle carni - restano i numeri uno al mondo. E aggiungo che lì impari il rigore, la gerarchia in brigata e l’equilibrio nel nostro lavoro. Presidente (del Bocuse d’Or), abbiamo speranze quest’anno o rischiamo la solita dèbacle? Intanto, è giusto spiegare a chi non lo sa il quadro generale: siamo una buona squadra di provincia contro il Real Madrid. Ci sono Paesi che investono milioni di euro e si preparano come fosse la sola cosa importante per la loro cucina. Del resto, l’Italia nelle competizioni di pasticceria come mai è sempre protagonista? Hanno una vera squadra, una guida, una scuola e gli sponsor. Comunque, mi sbilancio: tra i dodici selezionati per la finale italiana di Alba, un paio possono arrivare in finale a Lione ma soprattutto abbiamo

un buon supporto tra partner e sponsor. Dove ti collocheresti in un “quadro” della cucina nazionale? Come un portabandiera del classico, ovviamente in chiave contemporanea. Come i Cerea, i Santini, gli Iaccarino, Gennaro Esposito: una cucina con un forte richiamo alla tradizione, senza ripeterla integralmente. Mi dicono che Romito segua questa filosofia ma non lo conosco personalmente. Scusami, ma Crippa non ha una linea piemontese nella carta di Piazza Duomo e Bottura non sta portando per il mondo la nostra cucina? Preciso. Meglio, Enrico è bravissimo ma ha una filosofia culinaria ispirata al Giappone per il 70% dove del resto ha lavorato. Quanto a Massimo, si serve sì dei prodotti italiani ma ha una visione personalissima della cucina, un pensiero moderno poco legato alla materia e per niente classico. Detto questo, ha il merito fondamentale di essere la forza trainante di tutto il movimento. Semmai, sai chi trovo vicino a me? Enrico Bartolini. Fa una cucina contemporanea, molto interessante. Cosa bolle in pentola, Giancarlo? La voglia di ferie, in verità. È stato un anno intenso, impossibile pensare ad altre aperture. Intendo seguire ancora meglio il Dopolavoro, che riapre a primavera e dare più continuità a Dolce Locanda. Sono nato pasticciere. E sono tornato a farlo per passione e fornire buoni dessert ai miei locali. Artù n°72

13


storiedisuccesso

Lo stile di Diego Masciaga al Waterside Inn 14

Art첫 n째72


A lato: a sinistra Alain Roux, seduto Michel Roux e a destra Diego Masciaga.

di Alberto P. Schieppati Tre stelle Michelin da trent’anni: la famiglia Roux, alla guida con Michel e il figlio Alain di questo luogo magico, è affiancata da un grande personaggio, che ha portato lo stile italiano dell’ospitalità nell’esclusivo relais sulle rive del Tamigi. Diego Masciaga, general manager di Waterside, è uno dei motivi di un successo senza precedenti. Vediamo perché.

tati, seguiti e coccolati, senza stress, senza tensioni: un professionista senza precedenti, che ha innato quel ‘sense of theatre’ capace di trasformare una cena in un’esperienza a tutto campo, unica e indimenticabile”. Personalmente, conosco Diego da una ventina d’anni: lo conobbi proprio qui, a Bray, nel 1997. Ne avevo sentito molto parlare prima e non posso che confermare le parole di Eston: lo spirito intuitivo di Diego, insieme alla sua lunga esperienza in strutture di alto profilo, ne fanno una figura leggendaria nella storia contemporanea dell’ospitalità. Un esempio perfetto di dedizione totale al lavoro, senza se e senza ma, inteso come realizzazione delle possibilità estreme che l’essere umano ha a sua disposizione. Quando ho rivisto Diego, lo scorso ottobre sul lago d’Orta (dove è stato premiato dal professor Gozzi e da Alberto Alessi, allietati dai grandi piatti di Tonino Cannavacciuolo), mi è tornato alla mente l’incontro di 18 anni prima.

In realtà Diego Masciaga non è un maitre, né un direttore di sala, né un responsabile della ristorazione, né un maestro di cerimonie. E neppure un ottimo manager, seppur di valore decisamente superiore alla media. È tutto questo e molto altro insieme. Il suo istinto naturale, la sua attenzione per ogni dettaglio, insieme al rispetto per le persone, ne fanno un esempio da manuale, ovvero la persona che tutti vorrebbero avere alla guida della propria azienda. E, non a caso, la famiglia Roux non se lo è lasciato scappare. Diego, cinquantenne, novarese di Oleggio, solide basi alla Scuola alberghiera di Stresa, è l’uomo che garantisce da 27 anni il successo di uno dei ristoranti più celebri al mondo, il Waterside Inn, tre stelle Michelin, il regno di quel genio dell’alta cucina che si chiama Michel Roux. A una trentina di chilometri da Londra, nel suggestivo villaggio di Bray on Thames, Waterside Inn, tristellato da 31 anni consecutivi (!), è un esem-

Nella prefazione al volume “Diego Masciaga Way” (Chris Parker, Londra, 2014), il tristellato Heston Blumenthal ha scritto (fra molto altro): “Diego è un concentrato incredibile di calore e energia, ha sempre il controllo completo della situazione, ma in un modo davvero speciale, che fa sentire tutto lo staff a proprio agio, quasi rilassato, nonostante le centinaia di coperti presenti in sala. E i clienti, a loro volta, si sentono ascolArtù n°72

15


storiedisuccesso

plare unico di “fine dining” e di ospitalità di altissimo livello, visto che i suoi dodici appartamenti hanno un’occupazione media intorno al 90%. E i 120 coperti serali sono sempre al gran completo. Percentuali da capogiro se rapportate ai valori della stessa Londra, tempio incontrastato dei consumi top di gamma! Waterside Inn è una vera icona per la clientela gourmet di tutto il mondo (londoners in testa) che riconoscono al luogo il carisma, il fascino e la esclusività che in Europa spetta davvero a poche, selezionatissime location. La direzione della linea cucina è nelle saldi mani di Alain Roux, figlio di Michel, interprete straordinario degli insegnamenti del padre (nato in Francia, nella regione di Vichy, nel 1941, ha fatto la storia dell’alta ristorazione in GB, ed è ora impegnato in Svizzera anche nella conduzione del suo nuovo gourmet restaurant a Crans Montana, il Miezdor, inaugurato il mese scorso, sul quale torneremo nei prossimi numeri di Artù) e di zio Albert: i loro nomi sono legati ai mitici Le Gavroche, Le Poulbot, Mazarin, Brasserie Benoit che caratterizzarono negli anni Settanta l’offerta gourmet di Londra in chiave di estrema raffinatezza. La brigata di cucina di Waterside, con Alain Roux chef-patron, è composta da 28 persone ed è guidata da Fabrice Uhryn, belga, qui dal 2007, a cui si deve la costante tenuta degli standard di qualità degli ingredienti e di tutte le materie prime (ordinate personalmente al 90% con la supervisione e l’esperienza dello chef-patron Alain). Una grande e moderna cucina, dotata di attrezzature tecnologiche all’avanguardia,

16

Artù n°72

che ha visto succedersi, dal 1972 in avanti, i migliori nomi della scuola culinaria britannica: Pierre Koffmann, Christian Germain, Michel Perraud, Mark Dodson, Russell Holborn. Molti i cuochi italiani presenti in brigata, a conferma della tenace e continua attività di talent scout messa in atto dal General Manager Diego Masciaga, che riesce ad attrarre verso la struttura fior di professionisti con diversi livelli di esperienza. “La linea di cucina del Waterside è di chiara impronta francese, il maestro Michel Roux è indubbiamente un grande interprete dell’alta cucina e la sua mano ha costruito nel tempo un riferimento di eccellenza per la clientela gourmet di tutto il mondo”, sottolinea Diego (ben conosciuto in Italia anche per avere lavorato per alcuni anni con il maestro Gualtiero Marchesi, all’Albereta di Erbusco). “Lo straordinario impegno messo da Michel, nel corso di oltre trent’anni, nell’affermazione internazionale del brand Waterside, ha portato a riscontri di grande prestigio, riconosciuti universalmente. Ovvio che a tale successo abbiano contribuito le cosiddette risorse umane, ovvero centinaia di professionisti che, con la loro passione e la loro competenza, si sono succeduti al Waterside e che creano, giorno dopo giorno, la solidità e la fama di questo luogo unico”. Il contributo

“Lo spirito intuitivo di Diego, insieme alla sua lunga esperienza, ne fanno una figura leggendaria nella storia contemporanea dell’ospitalità”

di Diego nei confronti del “fattore umano” è decisivo: la sua attenzione verso chi ha capacità (già emerse o solo potenziali) è straordinaria. Acuminato osservatore, head hunter di prim’ordine, ha creato uno staff di sala e di cucina (con l’apporto di Michel prima e di Alain poi e tuttora di entrambi) in cui le motivazioni sono il must necessario per stimolare e affermare un modello positivo, connotato da standard superiori. Condizione necessaria, che lo vede in prima linea nel saper cercare,

trovare e valorizzare (e portare nella prestigiosa famiglia del Waterside) decine di giovani italiani (in alcuni casi stagisti, in altri professionisti affermati) che nel nostro Paese, a causa della situazione economica non facile, stenterebbero ad affermarsi. O quanto meno faticherebbero non poco a trovare una loro dimensione. Ma, oltre che verso il personale, lo stile Masciaga è applicato alla clientela, che gli riconosce un approccio inequivocabile, frutto di quel “Diego Masciaga Way” che è protagoni-


sta del libro di Chris Parker, non a caso sottotitolato “Lessons from the master of customer service”. Un suo grande piacere, come ha correttamente scritto la giornalista Fiona Gleadle, consiste nell’intuire in anticipo i desideri dell’ospite prima ancora che li abbiano espressi. Per arrivare a questo, è necessario conoscere l’importanza di due grandi valori, che si chiamano umiltà e modestia, insieme a un’altra dote che consiste nel trarre piacere dal dare, “pleasure in giving” per usare l’espressione inglese. Non a caso, in una delle presentazioni al libro, Michel Roux ha definito Diego Masciaga “a unique person”. “Non riesco ad imma-

gnanti, celebrità, personaggi del jet set, così come semplici clienti, ‘from all walks of life’, sono trattai esattamente nello stesso modo, con un sorriso radioso e un cortese benvenuto”. Gli fa eco Alberto Gozzi, presidente di Hospes (Scuolam di Stresa) che di Masciaga sottolinea il rispetto per le regole e la precisione, valori che contraddistinguono lo stile italiano nel mondo. “Io credo nell’ospitalità italiana - dice Gozzi - e Diego Masciaga è un esempio perfetto di come saper comunicare emozioni, evocare ricordi, sorprendere e stupire l’ospite e, al tempo stesso, preparare lo staff a dare il meglio, insegnando l’importanza vitale di un sorriso, di uno stile e di un’eleganza particolari”. Secondo Sir Michael Parkinson, scrittore e giornalista britannico, Masciaga è una delle ragioni principali che hanno reso il Waterside Inn uno dei migliori ristoranti del mondo. “You can’t separate Diego from the food in that they both represent the perfect dining experience”. Peraltro, la “perfetta esperienza gastronomica” si è verificata, ed è stata memorabile. Alain Roux ha doppiato se stesso e ha preparato un menù di ampia e strepitosa varietà di scelta, fra cui goduriosamente cito: la Scaloppa di foie gras con datteri e limone confit, al sapore di cioccolato con salsa al Banyuls (l’unico vino che realmente si abbina al cioccolato!) seguita da un’Inginare la mia vita senza di lui, Diego è salata di aragosta con rape rosse, cruciale per il successo del Waterside créme fraiche e caviale Oscietra, AniInn esattamente come il cibo che vi melle di vitello saltate “à la minute” viene preparato e servito. Semplice- con senape, serviti in pasta sfoglia, mente, Diego è nato per piacere, una Filetti di sogliola con finocchi, tagliatelle vocazione rara. Dovrebbe essere definito e granchio reale, con crema di lemon ‘un marchand de bonheur’, dal mo- grass, Yogurt dolce con lamponi e mento che trae il suo piacere dal toffee al lime, con gelato allo yogurt, rendere felice e soddisfatto il cliente, Péché gourmand selon “Alain”. Piatti a qualunque tipologia appartenga. Re- di ispirazione creativa e di impostazione

classica, che hanno dato emozioni e che hanno reso concretamente l’idea culinaria di Alain Roux: grandi materie, tocco creativo, struttura e succulenza. Capitolo vini: evviva la Francia con Blanc de Poully Fume “Pur-sang” 2014, di Didier Dageneau, Ruchottes Chambertin Grand Cru “Clos de Ruchottes” 2005, Domaine Armand Rousseau, Pacherenc du Vic Bilh “Brumaire” 2009, di Alain Brumont. Oltre a Diego e all’atmosfera magica del luogo, hanno provveduto alla nostra totale soddisfazione alcune figure professionali attive nel servizio. Gli italiani innanzitutto (perdonate lo sciovinismo…) tra cui Valentino Bau (capo barman), lombardo, attento comunicatore ai tavoli del valore del beverage nel servizio, Silvia Pezzelato, sommelier vicentina (già notata per la sua professionalità all’Antica Corte Pallavicina, da Massimo Spigaroli), Maxim Walkowiak, head sommelier di notevole e acuminata cultura. In tutto sono quasi settanta i dipendenti di questo Relais, morbidamente adagiato in questo villaggio sulle rive del Tamigi (dimenticavo: chiedete di fare il breakfast nel River Cottage, memorabilia). Oltre alle suite e agli appartamenti, vi è la possibilità (da considerare una sorta di “premio”, vista la bellezza del luogo) di soggiornare in uno dei tanti cottage che fanno capo alla “Bray Cottages” (www.braycottages.com), un’organizzazione sapientemente diretta che offre ospitalità raffinata in location di rara bellezza per posizione, arredi e dotazioni. La sosta, in questo caso, è stata alla Lavender House, il più bel cottage della gamma, di comfort decisamente superiore, proprio a fianco del Fat Duck di Blumenthal: ma questa è un’altra storia, e ne parleremo in un prossimo Artù. Artù n°72

17


storiedisuccesso

Ristoranti orientali,

a tutto vapore

di Gualtiero Spotti L’ondata di cucina orientale che ha investito negli ultimi anni l’Italia non sembra destinata a conoscere soste. Almeno a giudicare dal numero di ristoranti che hanno aperto i battenti e che spesso e volentieri raccolgono numeri impressionanti in termini di coperti e una crescente adesione da parte di una clientela curiosa. Milano, e la Lombardia, in questo senso non fanno certo eccezione, anzi. Forse più che altrove, e basta guardarsi intorno, le cucine asiatiche vivono un momento importante e di grande splendore, anche tralasciando le formule più appetibili da un punto di vista economico, ma qualitativamente scarse, come quelle dei tanti “all you can eat” a prezzo fisso. Invece, per la ristorazione che conta, i segnali di una cre-

18

Artù n°72

tori) supportata dietro le quinte dalla cucina del talentuoso cuoco Keisuke Koga. Il Gong è un ristorante dalla evidente impronta cinese, ma che sa raccogliere molte ispirazioni non solo orientali e si diverte a mescolare le carte, lasciando ampio spazio a una commistione con prodotti e preparazioni decisamente italiani. La materia prima è di ottima qualità e lo si vede scegliendo nella corposa lista di Dim Sum, dove non mancano ravioli al vapore molto innovativi (vedi quello ricchissimo di Wagyu con salsa al foie gras e tartufo), ma anche nell’Involtino di spigola al pak choi, o nell’Hamachi, una ricciola servita con crescione, e affumicata scenograficamente al tavolo, sotto una cupola di vetro. Da non tralasciare un’occhiata alla carta dei vini, curata dall’istrionico Mototsugu Hayashi, brillante sommelier che saprà indirizzare scita sono stati certificati anche dalle attenzione. Ma vediamo quali, anche anche verso curiosità come il sake guide, in primis la Michelin, che, ad pescando in qualche novità. Uno degli (magarui abbinato a un piatto) o i esempio, ha premiato la cucina nip- ultimi arrivati, inaugurato nel marzo pregiati whiskey giapponesi da fine ponica dello chef Haruo Ichikawa da scorso, si chiama Gong, si trova in pasto. Restando poi all’interno delIyo, proprio a Milano. Ed è nel capo- Corso Concordia e vede in cabina di l’universo Liu, un indirizzo ormai conluogo lombardo che si incrociano i ri- regia e in sala la giovanissima Giulia solidato ma che riesce sempre a emostoranti più originali e da seguire con Liu (della ben nota famiglia di ristora- zionare è quello di Ba Asian Mood, il


ristorante in via Ravizza gestito da Marco Liu, un cinese di seconda generazione. Aperto nel 2011, il Ba negli anni ha saputo rinnovarsi (lo scorso anno è stata rifatta la cucina, ora a vista e con quattro zone cottura, perfette per gestire soprattutto il lavoro di preparazione dei Dim Sum) e diventare un punto di riferimento anche per entrare in contatto con una cucina

“Le cucine asiatiche vivono un momento di grande splendore ed è a Milano che si incrociano i ristoranti più originali e da seguire con attenzione”

liana di ”otto”, il richiamo è a un numero che per le popolazione cinese indica sempre armonia e prosperità. Nel piatto invece divertono e molto le preparazioni con cottura nel wok, le paste e il riso, ma anche i sapori decisi e meno conosciuti come quelli dell’insalata di medusa o delle zampe di gallina con soia nera fermentata o gli spaghetti al te verde con salmone. cinese più moderna e audace. Certo, Innovativo e mai banale, il Ba rimane non mancano preparazioni tradizionali, un indirizzo di riferimento anche per ma realizzate con uno spirito innovativo, le cotture a vapore, quindi si può scepur in un ambiente che ha molti colle- gliere senza esitazioni, ad esempio, gamenti con la cultura e la filosofia di un Fagottino con coppa di maiale cavita orientale classica. Basti pensare ramellata o gli ottimi ravioli ai gamberi. che già nel nome, Ba, traduzione ita- Muovendosi invece ancor più verso il

sizionato vicino alla libreria Hoepli, nell’omonima via. Si tratta dell’ultimo nato (ma il primo in Italia) di una serie di locali presenti già a Singapore (il primo risale al 1989) e in Giappone. Il Pasta B è un locale che ha saputo specializzarsi nella preparazione di ravioli (alla piastra, al vapore, bolliti, in brodo) e noodles fatti in casa. Questi ultimi, preparati con verdure miste salcentro della città, si può optare per il tate (e katsuobushi a richiesta), al piccolo e intimo Pasta B Jinghua, po- nero di seppia con seppie, polipo e ci-

Artù n°72

19


storiedisuccesso

l’Oriente, valorizzata grazie alla perizia di due cuochi arrivati anche loro dopo un lungo viaggio. Nel piatto qui si passa attraverso lessature lunghe, marinature, piatti al vapore, affumicature, e lo stile è quello di un tocco pollotto piccanti in stile Thai meno speziato e incisivo, come con arachidi, menta, verdire vuole la tradizione cantonese. e tofu, fritti risultano sempre Qualche esempio? Bung (sono invitanti e gustosi, ma vale polpettine) di anatra disidrala pena scegliere una seletata al pepe di Sechuan, Canzione di ravioli al vapore penelloni sbagliati (preparati con scando nella tradizione di sfoglia di riso), Bastoncini di Singapore, quindi assaggiangnocchi al profumo di fungo, do quelli con cavolo cinese, Capesante in salsa al pepe erba cipollina, maiale, grannero, Coscia di pollo al te chio e gambero, oppure quelverde disossato e affumili vegetariani con funghi shiicato a freddo. Ma anche take e carota. Pasta B, aperto sia a biente, ora moderno ed accogliente, preparazioni speciali che si pranzo che a cena, offre un ideale e passare la cucina a una solida rap- possono prenotare con qualsosta per la pausa lavorativa, magari presentazione della millenaria tradizione che giorno di anticipo e che solo per un solo piatto, ma diverte an- cinese. Il tutto utilizzando una materia rappresentano i piatti più nobili che se si sceglie di restare più a lungo prima che arriva direttamente dal- della casa, come il Granchio in bilico su una delle poche seggiole reale al vapore o il che invitano il cliente a curiosare nella Pollo Jiaohua, cotto in una cucina per osservare i movimenti dei foglia di loto e rivestito di cuochi. Per uscire invece dalla città e fango giallo, un piatto stoconcedersi una gita fuori porta l’indirizzo più allettante degli ultimi tempi è quello del ristorante Kanton a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo, ma facilmente raggiungibile essendo poco fuori dal casello autostradale. Il Kanton, nato dalle ceneri di un vecchio ristorante cinese come ce ne sono tanti in Italia, e inaugurato nel 1998, è diventato negli ultimi due anni qualcosa di profondamente diverso. Grazie allo sforzo della nuova generazione di una famiglia capitanata, ormai, visto che il padre è rientrato in Cina, dal giovane e brillante Weikun Zhu insieme alla simpatica moglie Meiling, l’idea è stata quella di rivoluzionare l’am-

20

Artù n°72

rico della regione Zhejiang. Un ristorante, il Kanton, dove cortesia e accoglienza, tra l’altro, sono di primissimo livello e dove, dimenticandosi di essere circondati dalla Pianura Padana, si può immaginare con un po’ di fantasia di compiere un lungo viaggio nel fascinoso mondo dei sapori orientali. www.gongmilano.it www.ba-restaurant.com www.pasta-b.it www.kantonrestaurant.it



storiedisuccesso

Osteria del Teatro,

raffinata tipicità toscana conservare tutte le credenziali della toscanità con l’aggiunta di innovazioni mai banali. “La tradizione culinaria toscana è per me un enorme bagaglio culturale che mi serve per elaborare nuove ricette - dice Emiliano -. L’umiltà mi spinge a cercare di imparare dal nostro passato, mentre la passione per la cucina mi muove a cercare sempre nuove elaborazioni. In ogni caso, che un piatto sia classico o innovativo, è fondamentale la giusta scelta degli ingredienti. Scelta alla quale de-

“L’umiltà mi spinge a cercare di imparare dal nostro passato, mentre la passione per la cucina mi muove a cercare sempre nuove elaborazioni”

di Claudio Zeni Cortona ospita dal 1994 uno degli esempi più riusciti di ristorante tipico toscano in grado di unire la tradizione di una cucina gustosa e genuina a una tecnica raffinata nella preparazione delle pietanze. È l'Osteria del Teatro, il locale che si distingue per qualità dei piatti grazie all'abilità e all'esperienza dello chef Emiliano Rossi e alla cortesia e calda accoglienza che viene riservata agli ospiti. Ubicata nel cuore della città etrusca, all'interno di un palazzo del 1500 restaurato con estrema cura per mante-

22

Artù n°72

nere le caratteristiche originali in ambito architettonico e in quello dell'arredamento, l'Osteria del Teatro si compone di tre differenti ambienti in grado di ospitare in modo elegante ed esclusivo il cliente. Il primo, dai tratti tipici delle antiche osterie toscane, il secondo, caratterizzato da un'atmosfera più conviviale, il terzo arricchito da preziosi affreschi che lo rendono intimo e romantico. Apri il sipario, pardon la porta dell’Osteria del Teatro, e trovi ad accoglierti Emiliano Rossi indaffarato ma sorridente, che nel progettare la sua osteria ha rispettato la storia e la tradizione del palazzo che la ospita per una cucina che cerca di


Tartare regina: carne Chianina, fungo porcino alla griglia, uovo al tegamino, tartufo nero di Norcia, olio extravergine d’oliva e sale.

dico molto tempo nella ricerca di alimenti tipici, genuini e di ottima qualità”. Passione, dedizione, professionalità e un pizzico di incoscienza sono nel dna di Emiliano che da due anni ha tagliato il traguardo di quattro lustri

ad aprire un ristorante tutto mio assumendomi responsabilità forse più grandi di me. Solo la passione per la cucina mi ha aiutato e spronato verso questa avventura nella quale ho ancora tanta energia da spendere insieme alla mia compagna di vita Ylenia”. Emiliano ricorda ancora uno dei piatti diventati un must dell’Osteria del di attività ristorativa. “Ero un ragazzino Teatro: “Era il 1996 e al ristorante quando mi misi davanti ai fornelli - ri- arriva un amico, che dice ad Ylenia di corda il cuoco -. Avevo da poco com- preparargli un secondo a mia scelta, piuto ventuno anni e ancora oggi mi ma con il lardo come ingrediente. Gli chiedo cosa mi passasse per la mente servimmo un filetto di carne Chianina

è una meta prediletta di tanti personaggi del mondo dello spettacolo nazionale ed internazionale. “Mi piace raccontare alcuni aneddoti che fanno parte della storia dell’Osteria - continua Emiliano -. Nella mia mente ho ancora ben impressa la cortesia e i complimenti che mi riservarono Albertazzi e Benvenuti, mentre una sera con il duo Zuzzurro e Gaspare ci intrattenemmo a ridere e scherzare fino a notte tardissima, senza nemmeno renderci conto dell’ora. Anthony Hopkins, invece, volle il bis del piatto ‘Pollo del Valdarno con peperoni’ o Valentino Rossi che pranzò con il suo amico Lorenzo Jovanotti e furono costretti a sgattaiolare dal magazzino del locale per non farsi fotografare dai reporter che avevano saputo della loro presenza”. Di strada, nel settore della ristorazione, Emiliano e Ylenia ne hanno fatta tanta e tanta ne vogliono ancora percorrere visto che hanno voluto riaprire le porte del vicino vecchio locale, la Fiaschetteria Fett’unta. “Era un progetto al quale tenevamo molto - concludono i coniugi Rossi – e ci riempie di gioia rivedere quella porta aperta pronta ad accogliere gli ospiti come un tempo. Clienti che come sempre apprezzano il buon cibo ed il buon vino. La Fiaschetteria Fett’unta è un locale diverso dall'Osteria, più informale e veloce, ma che rispecchia sempre la nostra filosofia culinaria e di vita, semplice ma autentica”.

con lardo di Colonnata e prugne. Fu un successo visto che altri commensali presenti in sala, mossi dalla curiosità, ne fecero subito richiesta. Ancora oggi questo piatto è presente nel nostro menu”. Il ristorante, ubicato nelle immediate vicinanze del Teatro Signorelli, www.osteria-del-teatro.it

Artù n°72

23


storiedisuccesso

Quando l’etnico si chiama Parmigiano ne, con passione e rigore. E il successo arriva, creando un riferimento importante per la clientela gourmet a caccia di vero made in Italy.

attenzione e, perché no, una bella dose di orgoglio per le cose fatte Parma & Pasta porta a Copenaghen bene, belle e semplici, rispettose della i sapori veri della cucina emiliana, tradizione. Che guardano al futuro ma senza inutili scimmiottamenti e pseusenza tagliare i ponti con il passato, do-italianità da cartolina, ma affon- Cos’è la parmigianità? Uno stato iden- con estro e maestria e un pizzico di dando le proprie radici nella tradizio- titario ben preciso fatto di concretezza, vanagloria. In tutti i campi della vita di Davide Bernieri

24

Artù n°72


Trattoria Due Platani di Parma, hanno aperto uno spin off a Copenaghen, chiamato Parma & Pasta insieme a Veronica e Filippo Cadossi, loro soci in quest’impresa. La Trattoria Due Platani, dalla sua location nella campagna che circonda la cittadina ducale, dispensa una cucina sincera che non si vergogna delle sue origini umili, anzi le valorizza in un mix tra spinta innovativa e riscoperta di ieri; Parma & Pasta fa scoprire agli economica e sociale. In cucina la par- abitanti della capitale danese le spemigianità è condita al burro e Parmi- cialità autentiche di questo angolo giano Reggiano, si fonda sulla carne d’Italia, in una versione il più possibile di maiale, si inebria di lambrusco e vicina all’originale, con una formula profuma di pasta all’uovo, ripiena o “tutto a vista” che sta facendo innano, ma rigorosamente fresca. Materie morare i danesi. In particolare della prime semplici e di qualità, trattate pasta all’uovo, la “fojeda” come si bene, sapori schietti e armoniosi, chiama in quest’angolo di Emilia Rocome solo le cose che vengono da magna. “Prepariamo la pasta a vista una lunga storia sanno avere. Un pa- spiega lo chef Matteo Ugolotti - e la trimonio conosciuto e apprezzato in cuociamo al volo in due minuti. I Italia, oggi rimodulato in versione clienti rimangono stupefatti di una export da Matteo Ugolotti e Giancarlo cottura così breve se comparata con Tavani che, partendo dall’apprezzata quella di semola secca e della sua

“Materie prime semplici e di qualità, trattate bene, sapori schietti e armoniosi, come solo le cose che vengono da una lunga storia sanno avere”

grande versatilità in termini di formati. In menù abbiamo i tortelli, con il ripieno di ricotta ed erbette e di zucca, e gli anolini in brodo, vero must della cucina parmigiana”. Naturalmente grande spazio ai salumi di qualità, in primis il Prosciutto di Parma, molto conosciuto anche a queste latitudini come prodotto di alta qualità, ma anche le altre specialità della salsamenteria parmense (coppa di Parma, salame di felino, pancetta) accompagnate dalla torta fritta, sorta di pane fritto che assume diverse denominazioni su base provinciale, ma che caratterizza un po’ tutta la cucina emiliana. “Copenaghen - prosegue Tavani che è maitre e factotum - è una delle città più importanti al mondo per quanto Artù n°72

25


storiedisuccesso

riguarda la ristorazione, ha vari ristoranti stellati, tra cui il celebrato Noma, e un’infinità di locali di buon livello, pur rimanendo una piccola città, circa 600mila abitanti. Quindi garantisce un’ottima visibilità internazionale, pur con una vivibilità e costi di gestione accettabili”. Parma & Pasta si rivolge a una platea ampia, curiosa, che ama scoprire nuove cucine e vuole autenticità. Che filtra gli aspetti storici e culturali di un territorio attraverso la sua cucina e che non si limita al soddisfacimento al palato, ma che si emoziona anche per la storia che vi sta dietro. “Il nostro progetto - prosegue Tavani cerca la serietà più che l’incasso immediato a tutti i costi. Spesso, nel nostro settore, c’è chi crede che i clienti stranieri siano poco colti sotto il profilo culinario e che basti dare un’infarinata di italianità per avere successo. Non è più così. Solo i progetti seri, senza concessioni sulla qualità delle materie prime e sul loro rispetto in cucina possono avere vita lunga. L’incasso è una conseguenza di questo tipo di lavoro, non l’unico obiettivo cui puntare

26

Artù n°72

a tutti i costi”. “Lavorando a vista prosegue Ugolotti - ho un contatto visivo con il cliente, spesso mi capita di guardare con attenzione alle loro reazioni dopo il primo boccone e di gioire intimamente per le espressioni di piacere scaturite. Credo molto che la cucina permetta di stabilire una relazione intima con chi mangia, non si può stabilire nessun rapporto che non sia autentico”. Proprio il dualismo “autentico vs taroccato” è uno dei crucci di questi parmigiani da esportazione. Naturalmente nessun problema di reperibilità delle materie prime direttamente dall’Italia: per i freschi, ad esempio la ricotta, Ugolotti ha selezionato fornitori locali che rispondessero con un prodotto di elevati standard qualitativi. “Il nome di Parma - prosegue lo chef - è davvero molto conosciuto anche in Danimarca ed è sinonimo di una cucina di qualità. Purtroppo questo attrae anche tanti produttori senza scrupoli che approfittano della notorietà generale della nostra cucina per rifilare ai consumatori prodotti falsi, con ca-

ratteristiche qualitative nemmeno paragonabili con i nostri”. “In questo aggiunge Tavani - alcune responsabilità ce le hanno anche i nostri conterranei, vittime di mille campanilismi e tentati dal guadagno facile. Credo che se riuscissimo a collaborare il valore della nostra cucina potrebbe esprimere tutto il suo potenziale a pieno”. Intanto, dopo l’apertura nel parco di Tivoli, al centro della capitale danese, oggi Parma & Pasta raddoppia con un altro lo-

cale in apertura sempre a Copenaghen, mentre alcuni contatti sono stati avviati per riprodurre lo stesso locale anche oltreoceano, magari a San Paolo in Brasile. “Viste le premesse - conclude Ugolotti - non vogliamo trasformare il nostro locale in un format, in una catena senz’anima. L’autenticità deve continuare a guidarci, credo che solo in questo modo possiamo esportare la nostra cucina e la nostra cultura in tutto il mondo”.



storiedisuccesso

Conca Bella, luce sul confine

Cucina e vini memorabili di Rocco Lettieri Il Conca Bella, in posizione defilata e tranquilla sopra Chiasso, a circa un chilometro dall’autostrada che unisce Milano alla Svizzera, è un riferimento di grande valore per il mercato della clientela gourmet. Fondato da Ruth e Rocco Montereale, selezionatore di vini di caratura internazionale, purtroppo mancato, vede oggi la cucina nelle salde mani di Andrea Bertarini, una stella Michelin. Da visitare la eccezionale cantina, pluripremiata da Wine Spectator.

Sopra: raviolo al grano arso con vino Pino del Diavolo Allegro.

Il Ticino deve molto a Ruth e Rocco Montereale: il loro ristorante è divenuto, nel tempo, punto di ritrovo di eno-gastronomadi che alla ricerca del cibo migliore vogliono abbinare grandi vini di tutto il mondo. Nel tempo, Wine Spectator ha premiato più volte il Conca Bella con il “Best Award of Excellence”, ovvero come la cantina più prestigiosa d’Europa. Per chi scende in visita, la vista delle bottiglie lascia di stucco. Il locale di oltre 100 mq ci mostra tre

pareti che accolgono bottiglie di vini pregiati, anche in grandi formati, disposte su scaffalature di legno, dove le casse da 12 sono estraibili per la visione. Sulla sinistra, appena si entra, troviamo il pensiero che la famiglia ha voluto dedicare a Rocco: “Lo sapevano tutti qual era il sogno di Rocco: allargare la cerchia degli amici da ospitare, offrendogli uno spazio di ampio respiro e contemporaneamente di poter deliziare coloro che di vino se ne intendono davvero, offrendo ai loro occhi tutte le eti-

28

Artù n°72

chette di casa Conca Bella (ticinesi, italiani, francesi, ecc.) finalmente per essere ammirate e degustate. Il sogno si avverò a fine anno 2001 con la nuova bellissima enoteca. Purtroppo il destino volle che Rocco dopo un anno ci lasciò nello sconforto, ma il suo entusiasmo ci diede la forza per continuare quanto lui aveva iniziato”. Parlare oggi del Conca Bella significa raccontare di un ristorante che rappresenta il gotha della gastronomia ticinese. L’albergo vanta una tradizione secolare, infatti,


Chiasso. Gli impegni sono troppi e quindi la decisione di Rocco di lasciare Il Corso per dedicarsi al suo sogno. Infatti, nel giugno del 2001, cominciarono i lavori per il nuovo Conca Bella. All’inizio del 2002 il Conca Bella è un luosfogo alle sue idee e comincia ad alle- go accogliente con 60 posti, 17 camere stire la sua "ricchissima" cantina per e una meravigliosa enoteca dove degupresentare ai clienti una prestigiosa stare grandi vini, con circa 20.000 botCarta dei vini, con la quale già aveva tiglie, il must per ogni intenditore. Abcominciato ad avere riconoscimenti na- biamo trovato tra gli appunti di allora, il discorso che Rocco tenne all’inaugurazione dell’Enoteca: “Nei molti anni passati in Ticino a fare il mestiere di oste, ho imparato ad apprezzare questa terra per le tante cose che offre, anche dal punto di vista enogastronomico. L’arma che abbiamo a disposizione è la cultura dell'accoglienza, che significa molte cose. Innanzitutto vuoi dire smettere di proporre un Ticino folcloristico, quello dei boccalini e del risotto, per intenderci, perché ormai sono passati i tempi del "Sole mio" del Ticino di 50 anni fa! Significa proporre un cibo preparato con cura e con prodotti genuini, freschi e di prima la sua fondazione risale al 1906. La zionali. In cucina c’era “Albino” che qualità, come quelli svolta e la nuova denominazione av- presto cede la mano a Luciano Rodio, proposti oggi. vennero nel 1984, quando i coniugi con Gino Fontana in sala, poi divenuto Significa Rocco e Ruth Montereale aprirono il uno dei più valenti sommelier della anche “Conca Bella”. Rocco, lucano di Venosa, Svizzera. A Rodio, dopo un decennio, appassionato enogastronomo e raffinato fa seguito come chef Luca Alberti. La sommelier, ha lavorato alacremente professionalità di Luca e la bravura di con la moglie bernese Ruth, sino al Rocco portano nel 1996 al prestigioso 2001 quando vide finalmente coronato riconoscimento della prima stella Miil suo sogno, con l’apertura della “sua” chelin. Dopo due anni Luca Alberti enoteca, dove poter ospitare al meglio, lascia per aprire il suo locale e passa tra tanti vini in bella mostra, i numerosi la mano al secondo chef Ambrogio Steamici e i graditi ospiti. Qui Rocco dà fanetti, che già operava al Corso, a

“Lo sapevano tutti qual era il sogno di Rocco: allargare la cerchia degli amici da ospitare e poter deliziare coloro che di vino se ne intendono davvero”

consigliare i nostri ospiti che vogliono andare alla scoperta della terra ticinese con tutte le sue sfumature. Non dimentichiamo che sono i clienti dei grandi alberghi e dei grandi ristoranti che portano cultura e recepiscono a loro volta l'autentica cultura ticinese, quindi è soprattutto di questi ospiti che dobbiamo occuparci. La gastronomia e l'enologia sono punti di forza del nostro Cantone, ed è bene che si facciano sforzi per farlo sapere. È bello far sapere, per fare solo un esempio che valga per tutti, che un uomo come Rocco Lettieri, della Basilicata come me, ha visitato uno dopo l'altro, a piedi, e per mesi, tutti, ma proprio tutti gli alpeggi delle nostre montagne, per andare alla scoperta degli antichi sapori dei formaggi ticinesi più autentici. È stato un lavoro enorme, e il risultato merita di essere conosciuto”. Il dramma arriva la notte del 13 dicembre 2002, alle 06,30 di mattina. Rocco viene colto da un infarto fatale. Ruth all’improvviso si trova con il mondo che le cade addosso. A niente Sotto: cappesante all'occhio di bue.

Artù n°72

29


storiedisuccesso

Due parole con lo chef Andrea Bertarini

Sopra: lombatina di capriolo al punto rosa.

30

Artù n°72

servono le amicizie e le strette di mano. Le realtà vere sono i tre figli: Nadia (24 anni), Barbara (20 anni) e Michele (17 anni), un hotel, un ristorante stellato e un’enoteca “sognata” che ora diventa complessa da gestire. La prematura scomparsa del patron Rocco, avvenuta ad un solo anno dalla ristrutturazione generale, ha lasciato un vuoto incolmabile, che Ruth ha saputo affrontare con decisione e orgoglio, prendendosi con caparbietà e determinazione l’impegno di continuare. Ambrogio Stefanetti, dopo la partenza di Luca Alberti e dopo la chiusura del Ristorante Corso di Chiasso, rimasto anche senza il “maestro Rocco”, si deve fare carico della cucina e di mantenere alto il luogo stellato e ci resta fino al 2007. Nel contempo sulla sua partenza si vocifera e la Michelin, attenta a tutti i cambiamenti, sospende il giudizio “stellare”. Un macigno pesante per la pur forte Ruth. Le redini della cucina le prende Gianluca Bos, discepolo di Dario Ranza al Principe Leopoldo di Lugano. La Michelin intuisce che le capacità di Gianluca sono potenzialmente legate a quelle di Stefanetti e restituisce il mal tolto subito, nella nuova edizione del 2008. Gianluca Bos opera sino alla fine del 2011 quando decide di dare l’addio alla cucina “stellare” per operare in locali meno pretenziosi. In cucina a sostituire Bos viene premiato un giovane di talento, già presente in brigata: Andrea Bertarini, classe 1982, di

Come ti trovi a lavorare in terra ticinese? Cosa dire caro Rocco! Tu lo sai, io sono del Lago di Como e sono ormai 8 anni che sono qui al Conca. 4 anni con lo chef Luca Bos e 4 anni come responsabile di cucina. Credo che le cose stando qui a Vacallo non sono diverse dall’Italia. Abbiamo le stesse abitudini, la stessa lingua, lo stesso dialetto. Pertanto non sento tanto il fascino “svizzero” che loro sentono molto profondamente. Sono stato accolto bene e con la famiglia Montereale mi sento come a casa. Il 2016 è appena cominciato. Quali sono i piatti che presenterai? Non stravolgeremo il passato. Quindi, tenendo le basi dello scorso anno, pian piano andremo ad inserire nuovi piatti. Presenterò piatti che per me posseggono un’anima, oltre agli ingredienti scelti per la preparazione. In questi giorni stiamo lavorando ad esempio ad un piatto che chiameremo H2ostrica, nato da un viaggio a Parigi ma non vorrei aggiungere altro. Quindi innovazione o nuova creazione? Direi un piatto nuovo nell’impostazione che ha avuto bisogno di una elaborazione per avere anche un effetto di bella presenza e qualità. Non amo fare distinzioni tra una cucina classica e una cucina cosiddetta innovativa: la mia filosofia è di amore per il passato, vivendo il presente e ricercando il futuro. Piatti che nascono con consapevolezza, una responsabilità anche verso la direzione che dovrà affrontare le spese per la creazione approfondita dei piatti. Piatti complessi nella loro semplicità. Evoluzione senza rivolu-

zione. Picasso diceva: ho studiato una vita per tornare a dipingere come un bambino. Quindi stai mettendo a punto le tecniche apprese per dare modo alle tue capacità di accrescimento? Direi che è un andare avanti per tornare indietro. Ho passato la mia infanzia nell’albergo dei nonni. Il mio parco giochi era il pollaio con un orto immenso dove avevamo tutto, dalle erbe aromatiche ai pomodori, alle zucchine, patate, verze, e poi conigli, polli, capponi, caprette, manzette… il mio destino era già segnato! Oggi gli chef tristellati cercano queste cose perché dove operano non hanno spazi per queste materie prime. 30 anni fa noi avevamo tutto in casa, altro che km “0”. Qual è l’ingrediente preferito dei tuoi piatti? È quello che ancora devo scoprire. Una mia grande passione è la fotografia, che a mio avviso ha tanti punti in comune con la cucina e pertanto amo pensare che il dolce e il salato sono come il bianco e il nero, che il sapido e l’insipido sono come una fotografia sovraesposta o sottoesposta, insomma, il segreto è trovare il giusto equilibrio in entrambi le passioni. Una cosa che continua a piacermi è cucinare pezzi interi (anatra, maialino, cosciotti di agnello ecc.). La mia ambizione è riuscire a trasmettere al cliente la storia di quello che c’è nel piatto, perché i miei piatti nascono da un lungo e attento studio, approfondita ricerca sia della materia prima che dei metodi di cottura come pure degli ingredienti aggiunti al fine di valorizzare ancora di più la sostanza di partenza. www.concabella.ch


Sotto: zuppetta di agrumi con gelato al pepe rosa.

sul prato verde; Raviolo di barbabietola caprino e cornetti; Baccalà mantecato con ketchup e taccole; Dorata/D’Orata marinata, ostrica, lattuga e foglia d’ostrica Blonde d’Aquitaine, burrata e caviale; Ragù di animelle alla saba con riccio di mare. Il servizio di tavola, al ristorante: Cappesante all’occhio di bue con ovetto di quaglia, crema di cicerchie, friarielli e caviale di aringa; Raviolo al grano arso farcito con vitello, crema di bagna cauda e caviale di limone; Lombatina di capriolo al punto rosa, mirtilli

Canzo, già qui da quattro anni. Un figlio di “cucinieri” con varie esperienze, prima in Ticino, poi con stage nel tristellato italiano Le Calandre della famiglia Alajmo e ancora in Ticino presso Giordano Bertolina, all’Arcadia di Chiasso. Nel Bistrot campeggia questa scritta sul menù: “In questa Petite Carte potete trovare tutta la bontà, la genuinità e la passione di un grande cuoco ma con un’attenzione rivolta alla semplicità e al miglior rapporto qualità/prezzo”. Qualche piccolo suggerimento dalla carta: Tomino fondente con prosciutto

crudo e mostarda; Baccalà mantecato, pomodorini e olive taggiasche; Baguette a vostro piacere; Ravioli di ricotta e spinaci al burro e salvia; Sedanini del “Conca” panna e salsiccia; Pesce del giorno ai profumi mediterranei con patate e legumi di stagione; Tagliata di manzo al rosmarino, patate e verdure; Semifreddo allo yogurt con coulis di lampone e croccante. Ad affiancare Bertarini c’è una bella squadra: Mauro Boroni (esperienze da Vittorio e da Aimo&Nadia); in pasticceria e anche come addetto al pane (fatto in casa gior-

nalmente) Luca Zappa e Francesco Sangalli a dare man forte. In sala, il sommelier Luca Bianchi, Omar Pasta e Michele Montereale, in veste di patron, che dopo aver girovagato per il mondo per imparare le lingue e l’arte del servizio di sala, ora è pronto a prendersi cura dell’azienda di famiglia, ovviamente affiancato da mamma Ruth. La nostra visita ci ha permesso di degustare alcuni piatti della nuova carta e altri, che restano in menù perché la clientela li richiede. In cantina ci sono stati serviti: Funghi e lumache

rossi e castagne caramellate; formaggi: Comté francese e Cusié di Langa di Beppino Occelli e pane all’uvetta; dessert: insalata di agrumi con gelato al pepe rosa; zuppetta di zafferano con albicocche del Vallese. Vini adeguati ai piatti: Satén Collection 2009 Franciacorta DOCG Cà del Bosco in Magnum; Champagne Serge Mathieu Brut; Gewürztraminer 2012 Kornell Florian Brigl; Pinò del Diavolo Allegro 2012 – La Fìoca; Merlot del Ticino Rovio 2010 Gianfranco Chiesa; Ben Ryè 2012 Passito di Pantelleria – Donnafugata. Artù n°72

31


storiedisuccesso

Go East, Marco Sacco conquista l’Oriente Patron del ristorante Piccolo Lago, sul lago di Mergozzo (VB), Marco Sacco ha sempre avuto ben chiaro i cardini su cui poggiare la propria idea di cucina, fatta di ingredienti semplici, freschi, legati al territorio e interpretati con

Qui sopra: risotto, cotechino e chinotto e accanto la Carbonara au Koque. Nella pagina a lato: risotto con la bisque di gamberi.

32

Artù n°72

in cucina, un’esigenza che intrecciata alla sua sensibilità verso la cultura gastronomica orientale lo ha portato a compiere con successo importanti viaggi tra Seul, Laos e Hong Kong. Nei suoi appuntamenti nel Far East ha saputo convogliare tutta la sua energia per comunicare l’alta cucina italiana, dove alta non significa inaccessibile ai più, ma significa autentica cucina italiana legata alla tradizione. Le serate dedicate alla grande cucina del Bel Paese sono cominciate a Seul al Lotte Hotel, per passare in alcuni ristoranti della catena Isola a Hong Kong e Shangai approdando in uno dei migliori ristoranti italiani in Laos. Protagonista dei vari appuntamenti un menu studiato ad hoc dallo chef bistellato, per far conoscere da vicino i piatti della cucina italiana, e in particolare piemontese, piatti della tradizione rivisitati con un pizzico di contaminazione asiatica: il vitello tonnato è diventato il ripieno di una pasta, la bagna cauda è stata abbinata all’uovo con banana e gamberi. Propodi Elisa Facchetti nuovo gusto senza mai distaccarsi ste poi le grandi preparazioni del dalle origini della tradizione. Le due Piccolo Lago: il Risotto 3 C (Carnaroli, Si è concluso da appena due mesi stelle Michelin rappresentano senza Chinotto e Cotechino) e la Carbonara l’ultimo tuor che ha visto lo chef dubbio uno dei riconoscimenti più ap- “au Koque”, variante della classica ridue stelle Michelin Marco Sacco prezzati, elevando il Piccolo Lago a cetta con l’aggiunta di prosciutto affunel ruolo di ambasciatore della cu- una tra le mete più ambite per gourmet micato vigezzino al posto del guanciale, cina italiana in Estremo Oriente. di tutta Italia ma anche d’Europa. Ma i tajarin all’uovo al posto dei bucatini Con l’obiettivo di promuovere la vera forse la soddisfazione più grande per e una salsa al gin da versare direttae autentica tradizione gastronomica Marco Sacco è data dalla grande ac- mente sulla pasta, azione svolta diretitaliana nel mondo, soprattutto in coglienza avuta in Oriente, un mondo tamente del commensale che prende Oriente, una missione che lo vedrà conquistato grazie alla passione per così parte alla composizione del piatto. ancora una volta impegnato in un questa terra e per il suo grande bisogno Se la tradizione è un punto fermo per nuovo viaggio nel Far East. di comunicare la propria esperienza la cucina di Marco Sacco, è altrettanto


vero che questa base deve essere la partenza per innovare, incuriosire e giocare, a volte azzardando qualche contaminazione intelligente: “È forte la contaminazione orientale nella mia cucina - ha raccontato lo chef in un’intervista al South China Morning Post . Quando vengo in Asia scopro sempre nuove tecniche e ingredienti che in Italia non esistono. Li porto a casa con me e li studio, cercando di rielaborarli e riproporli nella mia cucina. Ad esempio, ho creato dei ravioli speciali, dove la sfoglia è cinese, ma il ripieno è tutto italiano (n.d.r. Fagottini di Vitello Tonnato). Oppure utilizzo alghe e pesce essiccato, serviti sempre in un modo che appartiene al nostro stile, alchimie che diventano vero fusion all’italiana”. A Seul, al ristorante Acqua Wine Bar dall’amico Gerardo Dereviziis, Marco Sacco ha proposto un piatto caratterizzato dai sapori decisi, tipici piemontesi, i Tajarin al tartufo bianco e a seguire il Risotto con la Bisque di Gamberi, un incontro tra la passione asiatica per il pesce crudo e i sapori più audaci della cucina tradizionale italiana come il pomodoro e le olive, presentando il piatto sotto forma di pizza. Specialità

“La mia non è una cucina che attinge soltanto dalla tradizione ma parte da essa per approdare a concetti completamente nuovi” stellate che insieme all’Agnello in Crosta di Prezzemolo rimarranno nel menu à la carte dell’Acqua Wine Bar per i prossimi mesi. Ciò che più stupisce è senza dubbio il successo di un processo comunicativo che punta a spiegare agli appassionati gourmet dell’estremo Oriente il valore degli ingredienti semplici e dei piatti della tradizione culinaria italiana. Di questo ne è emblema la foto che ritrae Marco Sacco mentre insegna a un cuoco orientale la preparazione dei tajarin, un risultato che colloca lo chef come uno dei cuochi italiani più famosi nel Far East riuscendo ad

interpretare alla perfezione l’incontro di sapori tra tradizione e innovazione: “La mia non è una cucina che attinge soltanto dalla tradizione - precisa Marco Sacco - ma parte da essa per approdare a concetti completamente nuovi”. Da sottolineare anche la grande conoscenza dello chef del Piccolo Lago del mondo e del mercato asiatico, vantando intense esperienze lavorative proprio in Oriente, fino a quando nel 2014 il gruppo internazionale Gaia gli ha affidato il ruolo di Culinary Artistic Director per la catena di ristoranti Isola, con l’ambizione di portare

la loro cucina ai livelli di eccellenza. Ambasciatore della grande cucina italiana, Marco Sacco è già all’opera, a quasi due mesi dal suo ritorno, pronto per una nuova esperienza in Oriente.

Artù n°72

33


Il 2016 di Artù Ve lo avevamo promesso, nei mesi scorsi: ed ora eccoci a voi con il nuovo formato, la nuova veste grafica e i nuovi contenuti. In questo 2016, infatti, Artù passa da 6 a 8 numeri, in controtendenza con quella che parrebbe essere la “crisi del cartaceo”. Viceversa, quanto accade nel nostro settore, con una rapidità soprendente, richiede un’attenzione sempre più mirata, con una informazione seria ed accurata in grado di descrivere e approfondire la delicata realtà dei consumi fuoricasa e di seguirne l’evoluzione in tutti i dettagli.

A Maggio, ampio spazio al FOOD ( in concomitanza con Cibus a Parma) e alle dinamiche presenti in tutti i suoi segmenti produttivi, distributivi e di offerta nella ristorazione. Dai prodotti “specialità” allo street food fino al luxury food e ai consumi che fanno tendenza. Artù dedicherà il numero di Giugno alle ACQUE MINERALI, BIRRE E SOFT DRINK, diventate negli ultimi anni un segmento contrassegnato da forte carica innovativa e sempre più strategico nell’offerta di ristorazione di qualità.

Interviste, storie di successo, focus su chef, segmenti di mercato e prodotti innovativi, insieme a report - dall’Italia A Ottobre, faremo il punto sull’offerta di attrezzature e tecnologie e dal mondo - su quelle realtà caratterizzate da investimenti, innovative. Sull’EQUIPMENT si gioca nell’Horeca una sfida competitiva di grande importanza, che vede le aziende impepassione, professionalità. gnate a conquistare fette di mercato molto significative in terL’appeal del nuovo Artù passa dunque per una ulteriore cre- mini di innovazione e servizio. scita nella qualità dei contenuti, delle immagini e della diffusione. Già nel 2015 Artù aveva intensificato la propria presenza Gli ultimi due numeri dell’anno saranno una chicca per Chef, negli aeroporti (sale lounge e edicole di Linate e Malpensa): aziende del settore e appassionati: a Novembre un numero inla strada intrapresa continua e il magazine rafforza la propria teramente dedicato alla RISTORAZIONE GOURMET: locali stelvisibilità attraverso una presenza costante nelle aerostazioni lati, grandi chef, cucina e sala, l’offerta “ragionevole”, le trattorie di Bologna e Firenze, oltre che nelle più prestigiose location evolute, gli etnici ecc. alberghiere delle città di Milano e negli alberghi a 4 e 5 stelle. Su Artù di Dicembre, daremo spazio alla ristorazione che sa Per quanto riguarda i contenuti, ogni numero di Artù vedrà più fare i numeri: CATERING, EVENTI, BANCHETTISTICA, ovvero che raddoppiato lo spazio dedicato a ristorazione, chef, linee quando la qualità culinaria si mette al servizio di aziende e di cucina, segmenti innovativi. I mercati del food e del beve- privati per fare business. rage, da sempre monitorati con spirito critico e sotto la guida della direzione di Alberto Schieppati, saranno analizzati da Inoltre, una riqualificazione della presenza sul web, con un ulocchi esperti e competenti, per fornire chiavi di lettura e inter- teriore incremento della visibilità attraverso Newsletter e presenza sui Social fanno di Artù un prodotto editoriale con un’inpretazioni credibili di quanto accade nel settore. formazione a tutto tondo, indispensabile per conoscere le Il numero di Marzo sarà interamente dedicato al mercato del dinamiche, l’evoluzione e le linee di sviluppo di un settore che, VINO, anche in occasione di Vinitaly, attraverso analisi su: si- nonostante le crisi economiche, movimenta in Italia un giro tuazione di mercato, luoghi e modalità di consumo, principali d’affari - in continua crescita - di oltre 75 miliardi di euro. players, interpreti e protagonisti, strategie delle aziende vitivinicole e politiche commerciali.

www.artumagazine.it


più contenuti, più valore, più visibilità


format

Michelangelo, lo chef

che impagina il piatto

di Alberto P. Schieppati foto: Luca Nava e Altissimoceto.it Scoperto da Gualtiero Marchesi, valorizzato da Davide Oldani, deve il successo quasi esclusivamente al suo talento. Misurato ed essenziale, rifugge da ogni personalismo e, alieno da forme di inutile protagonismo, si dedica con costanza e caparbietà alla creazione di una linea di cucina che definiamo volentieri “morbida e gustosa”. Nel suo ristorante, all’aeroporto di Linate, delizia viaggiatori e ospiti con piatti di raffinata eleganza e di sobria consistenza. Michelangelo Citino potrebbe essere definito - come ha scritto qualcuno uno degli chef emergenti sulla scena gastronomica nazionale. Ma noi di Artù, che lo conosciamo e apprezziamo da tempo, crediamo che oggi Citino abbia acquisito una solida professionalità che lo può far considerare “emerso” a pieno titolo. Persino la prestigiosa guida Michelin, tardivamente come spesso accade (meglio tardi che mai), se ne è accorta e lo ha insignito, nell’edizione 2016, di una citazione doverosa: due forchettine, con il simbolo del “pasto semplice a prezzo contenuto”. Se dobbiamo essere sinceri, diremo

36

Artù n°72

che non ci pare questa la caratteristica principale del ristorante (che pure propone un business lunch sotto ai 25 euro) quanto il lavoro di ricerca sugli ingredienti, attento e minuzioso, che insieme a un estro creativo derivante da un appassionato lavoro in team pone il Michelangelo fra i vertici qualitativi dell’offerta cittadina. Un background di altissimo livello lo vede esordiente alla fine degli anni Novanta nelle cucine di Gualtiero Marchesi, all’Albereta di Erbusco, dove “il Maestro” lo nota immediatamente per “come impagina un piatto” e lo premia, collocandolo nelle cucine del Quisisana di Capri, una location di riferimento per la clientela internazionale. Qui Michelangelo ha la fortuna di incontrare Davide Oldani, creatore del D’O e cultore della cucina POP, che diventa il suo mentore negli anni successivi. Compiuta l’esperienza a Capri, Citino segue Oldani a Milano, al Ristorante Giannino, dove assapora l’aggiudicazione della stella Michelin; un ristorante storico per il capoluogo lombardo, con una meravigliosa cucina a vista che era un vero vanto per la città, fin dagli anni Trenta. Conclusa l’esperienza del Giannino (che purtroppo chiuse i battenti per sempre), Michelangelo vola quindi a Parigi alla “corte” del


al Ristorante dell’Hotel Park Hyatt insieme a Filippo Gozzoli, oggi executive chef del ristorante Armani (una stella Michelin recentemente assegnata). Nel 2011 raccoglie la sfida offerta dal Gruppo MyChef che gli propone di assumere la direzione del T-Design Restaurant Cafè della Triennale di Milano. La collocazione del ristorante nel “tempio del design”, con le sue ampie finestre che offrono una visuale quasi metafisica sul Parco Sempione e il confronto con una clientela cosmopolita, curiosa ed esigente, attenta grande Alain Ducasse che, dopo un alla forma tanto quanto ai contenuti, anno di entusiasmante apprendistato, sono stimoli ai quali risponde con enlo manda al suo Louis XV di Montecarlo. tusiasmo. Il viaggio iniziatico si compie rientrando Nel 2013 sempre la Mychef gli propone a Milano, dove consolida la sua espe- di seguire alcuni progetti speciali “derienza come secondo chef di Paola dicandogli” anche un locale che porta Budel al Ristorante Acanto dell’Hotel il suo nome, il Michelangelo Restaurant, Principe Savoia per 5 anni, e per i 5 uno spazio che è un vero e proprio anni successivi, come secondo chef concept, innovativo per l’Italia, destinato

“Una delle caratteristiche positive di Michelangelo sta nella curiosità che lo porta a scoprire materie prime spesso inedite o poco conosciute”

ad avere successo in virtù della caratterizzazione degli spazi ma anche di una linea di cucina di forte carica innovativa, che vede nella ricerca della migliore materia prima il suo elemento

In alto: pluma di maialino iberico, carote e liquirizia.

Artù n°72

37


format

di forza. Qui gli viene data la possibilità di consolidare il suo estro e la sua genialità, anche grazie al desiderio di Sea di avere per la prima volta in un aeroporto italiano un ristorante con un “identità” ben precisa. Una scelta legata anche all’obbiettivo di MyChef di essere allineato con alcuni ristoranti aereoportuali già presenti in molte città europee e mondiali. Recentemente, Michelangelo è stato prescelto come concorrente all’edizione 2015 di Sparkling Menù, l’evento di Villa Franciacorta che vede coinvolti chef e brigate impegnati nella creazione di piatti abbinati alla Cuvette dell’azienda francacortina. Una delle caratteristiche positive di Michelangelo sta nella curiosità che lo porta a scoprire materie prime spesso inedite o poco conosciute, che un’indole curiosa ed un’esperienza così ricca e variegata hanno fatto di Citino uno chef in perenne ricerca, che ama prendere spunto dal contesto in cui si trova piuttosto che imporre un rigido schema della sua visione sul cibo. Visione che ha comunque i suoi punti fermi nella ricerca della

38

Artù n°72

lo chef guida - insieme al geniale Fabio Aceti - una giovane e appassionata brigata: il semplice ma ricco Uovo polenta al bagoss e tartufo nero, succulento e gustoso, la Pluma di maialino iberico, carote e liquirizia, netto ed essenziale, il Polpo arrostito, rape e n’duja, croccante e saporito al punto giusto. Piatti di notevole essenzialità, ma capaci di raggiungere il “cuore gastronomico” di chi, seduto ai tavoli spaziosi del ristorante, se li gusta ammirandone cromatismi e consistenze. Con un occhio rivolto all’airbus che sta decollando…

semplicità, nella qualità degli ingredienti rigorosamente di stagione, nell’attenzione alle crescenti esigenze di leggerezza e salute, negli abbinamenti sempre sorprendenti ma mai inutilmente provocatori. Una visione che, nella sua saporita lievità, non perde mai la sua radice mediterranea, solare, emozionale. Bene lo dimostrano piatti proposti nel menù dl Michelangelo, dove

In alto: polpo arrosto, rape e n’duja. Sotto: uovo, polenta al bagoss e tartufo nero.



format

Top Air, boarding menu

a Stoccarda di Gualtiero Spotti Immaginate di voler visitare un ristorante con stella Michelin in Germania e di volerlo fare in giornata, partendo dall’Italia e rientrando dopo il pasto, nel giro di poche ore, come se vi foste concessi una semplice scampagnata fuori porta. Uno dei pochi indirizzi che consente, in questo senso, un autentico sfizio da gourmand viaggiatori è il Top Air di Stoccarda, un ristorante con stella Michelin ospitato dal 1991 all’interno dell’Aeroporto di Stoccarda. Il luogo, inutile quasi dirlo, è inusuale e affascinante. Con le grandi finestre affacciate non sul viale di una grande città ma sulla pista di atterraggio, dove è pressoché incessante il via vai

di passeggeri, di aerei e di merci tra arrivi e partenze. Una vista a suo modo affascinante e unica, che va di pari passo con altri aspetti originali i

40

Artù n°72

quali suggeriscono una visita o quanto meno una sosta (visto che qui i menu sono anche “tarati” sulla tempistica dei viaggiatori) tra un check in e un imbarco. Senza contare il contorno piuttosto eterogeneo della clientela, che rende il ristorante un luogo davvero internazionale e dove capita di incrociare gli appassionati di cucina locali così come il mondo in-

tero a tavola. A occuparsi dell’accoglienza c’è l’inossidabile e cortese padrone di casa, Ralf Pinzenscham, che saprà farvi sentire a casa vostra suggerendo una buona bottiglia di vino (e qui non mancano, ad esempio, Riesling di tutto rispetto), mentre nel backstage opera il trentaquattrenne Marco Akuzun, cuoco originario del Bodensee, e da tre stagioni alla guida del Top Air. Al momento del vostro ingresso al ristorante, se avete prenotato in anticipo, una delle prime suggestioni


“All’ingresso al ristorante, se avete prenotato in anticipo, una delle prime suggestioni è data dalla consegna di una boarding pass personalizzata”

2013, quando Akuzun sostituisce Claudio Urru (solo il nome è italiano, in realtà il cuoco è teutonico al 100%), ora sistematosi presso il 5, un ristorante è data dalla consegna, al tavolo, di paterna, ma solidamente ancorate nel centro di Stoccarda, anch’esso una boarding pass personalizzata, rea- alla tradizione germanica, può contare premiato dalla Michelin. Schivo e poco lizzata sulla falsa riga di quelle dei su un background piuttosto corposo, incline a raccontarsi, Marco Akuzun al voli, e che contiene nome e cognome che racconta degli esordi in una clas- Top Air mette in mostra, al contrario dell’ospite, i nomi dei piloti e degli sica Gasthof tedesca, la Storchen di della sua personalità, una spumegstewards (in questo caso del team di Uhldingen, non lontana da casa, e giante versatilità nel piatto e una riccucina e del personale di sala), oltre del passaggio in successione presso chezza di sapori e contrasti che risulta alla sequenza di amuse-bouche che lo stellato Residenz a Meersburg, sem- quasi inaspettata. Anche se, va detto, vengono serviti in apertura del menu. pre in Germania, prima di approdare risulta essere in linea con i gusti a Poi inizia quasi subito la lunga caval- a molteplici esperienze tra Austria, volte un po’ incisivi della cucina mittecata di sapori che Marco Akuzun Svizzera e Portogallo (a Vila Joya), leuropea, persino quando si ci si siede mette in campo per stupire l’ospite. Il sempre in ristoranti gourmet d’albergo. alla tavola di un ristorante stellato. cuoco, origini in parte turche da parte L’arrivo al Top Air è datato gennaio Così si parte con gli stuzzichini di ben-

venuto tra un Lollipop con fegato d’oca e tartufo, lo stick di formaggio, la Tortilla con pollo e mais e un piccolo Cannellone di salmone con crema al tartufo. Passando per una Tartare di granchio con macaron alle pere, bacon e fagioli. Sono piccole porzioni piacevoli ed evocative, con giochi di contrasti e sapori decisi che anticipano bene i tratti distintivi dell’intera esperienza a tavola. La prima sensazione è che Marco Akuzun sia stato folgorato sulla via dell’Oriente, visto che edamame e soya irrompono con prepotenza nel menu, però poi ci pensa subito una piccola Bouillabaisse di pesce dell’Oceano Atlantico a rivelare il carattere Artù n°72

41


format

un po’ borderline della sua cucina, a prescindere dall’utilizzo di certi prodotti. Si denota la tendenza a voler stupire in ogni preparazione, con sfoggio di tecniche e accosta-

42

Artù n°72

frontarsi tra diverse cotture e testure. In alcuni casi si tratta di variazioni sul tema, come nel caso di “Pumpkin”, omaggio alla zucca che prevede una crema, una gelatina, una mousse e un sorbetto (tutti di zucca) insieme a menti a volte perfino azzardati, e risulta un crumble di cioccolato, a una pallina piuttosto evidente che in un mondo di cioccolato, alla crema di cioccolato dove viene messo in pratica ormai da e alle nocciole del Piemonte. Il Rombo tempo il concetto del “less is more”, (Steinbutt) selvaggio con frutti di Marco Akuzun sceglie con forza la via mare risulta invece più acopposta. Ogni piatto conta non cessibile, grazie meno di una decina di al lato vegetale elementi in diver- del piatto (brocsa consisten- coli, cavolfiore), alza pronti lo sprint dato dalla a con- crema allo zafferano e all’aneto e dal lato invece più croccante delle chips di pane. Infine, non si può tralasciare un aspetto davvero originale del ristorante non facile da vedere normalmente: ogni piatto del menu (al Top Air ci sono due set menu e all’interno di questi si possono scegliere 3, 4, 5 o 6 portate) viene accompagnato da una fotografia lasciata

davanti al cliente, che espone e spiega con dovizia di particolari (purtroppo solo in lingua tedesca) ogni singolo elemento del piatto che si sta per degustare. www.restaurant-top-air.de



focusfood

Centro lago di Como,

il risveglio di Varenna

di Arianna Augustoni Cucina tipica. Il più possibile di territorio, e location di classe. È questa la sintesi del ristorante Royal Gourmet all’interno dell’Hotel Royal Victoria di Varenna. Lo storico edificio, nel corso degli anni, ha ospitato anche la Regina Victoria che elesse proprio questo hotel a sua meta ideale per le vacanze. Ma

44

Artù n°72

“Una pausa benessere a Varenna è anche un viaggio di stile non solo per i desideri del palato ma anche nel relax totale”


per rendere tutto magnificamente delizioso. Ma andiamo con ordine perché chi arriva a Varenna ha un vero e proprio risveglio dei sensi, basta affacciarsi al terrazzo del ristorante per rendersi conto che il bello inizia lì e da lì si sviluppa ogni passione sensoriale che culmina con i piatti serviti in tavola. Il paesino arroccato sulla montagna che scende verso il lago è un rifugio in cui trascorrere giornate da sogno e l’hotel, che sorge proprio nel borgo medievale, è una bomboniera di classe e di eleganza, avvolta da una rigogliosa natura e dai profumi delle magnolie e dei gelsomini in primavera. Un colpo d’occhio unico per chi arriva dal lago e una sorpresa sensazionale per chi, dall’alto, ammira lo splendido panorama del Lario. Il Royal Gourmet è quindi uno spazio inedito perfetto per una cena romantica. Tra le delizie realizzate dallo chef Maurizio Lazzarin per l’inverno il lardo alle erbe, spuma di Casera e pane nero. Una scelta mirata che va dai prodotti poveri, tipicamente contadini, fino all’esaltazione dei profumi e dei sapori con delle chicche come la spuma di Casera, o il flan di zucca, crema al Bitto e porro croccante in cui l’abbinamento del dolce con il sapore più duro del Bitto si abbina al porro croccante. questa è la storia, mentre oggi la strut- Tra le carni il brasato non brasato tura custodisce i segreti del buon con patata schiacciata, morbigusto, a partire dalla carta dove è pre- dezza e decisione per il palato. sente una selezione di piatti tipicamente Tante le idee del consulente italiani declinati da Maurizio Lazzarin dei fornelli che nella sua filocon quel tocco di design creativo che sofia cerca di stravolgere la va di moda. Ma qui non è solo una banalità delle ricette, lancianquestione di tendenza perché i valori dosi in un’avventura spiritosa nutrizionali hanno una componente che arriva in tavola con un efdeterminante nelle scelte dello chef fetto magico quasi come se il ciche non perde mai di vista l’obiettivo: bo divenisse una nuova esploraquello di creare abbinamenti curiosi zione. Il Victoria Grill è invece la

scelta giusta per un pranzo o una cena curiosa con una carta interessante orientata a un’esplorazione di piatti soft dall’appeal unico, per ingolosire chi cerca un approccio nuovo al cibo. L’unicità della pregiata cantina fa da contorno alle gourmandises selezionate dallo chef. Una pausa di puro benessere a Varenna è però anche un viaggio di stile che non si ferma solo ai desideri del palato, ma che viene declinato nel relax totale, fatto di grandi pause per riconquistare se stessi. E allora ecco che i programmi dell’inverno sono una piacevole fuga dal trambusto della grande città. L’hotel Royal Victoria propone camere arredate con stile ed eleganza, dotate di ogni comfort e con ampi spazi per dedicarsi alla lettura. Tra gli itinerari possibili durante la vacanza a Varenna, una gita a Bellagio per ammirare le magnifiche ville che hanno ospitato i grandi della storia.

Artù n°72

45


focusfood

Consorcio, il tonno

punta agli chef stellati di Riccardo L. Molino Lo chef Jesus Sanchez del Cenador de Amòs usa nel suo famoso ristorante, nella regione della Cantabria, in Spagna, le conserve di pesce Consorcio già dal 2007. Prima di vedere le motivazioni che lo spingono a preferire il tonno e le acciughe Consorcio rispetto ai medesimi prodotti ittici freschi, merita attenzione un breve excursus sulla sua storia che da giovane promessa è diventato uno dei più apprezzati chef in Spagna. Jesus Sanchez frequenta in primis la scuola dell’Hotellerie di Madrid dove rimane fino al termine degli studi per poi cominciare a lavorare presso l’hotel Ritz della capitale spagnola. Ma è du-

46

Artù n°72

rante il periodo ‘86-’89, nei suoi stages presso ristoranti prestigiosi anche di Parigi (Ristorante Jacques Cagna 2 stelle Michelin), che sviluppa la sua creatività ed inizia a farsi notare. Nel 1993, con sua moglie Marian Martinez, apre così il Cenador de Amòs e già nel ’95 conquista una stella Michelin che ha saputo mantenere per ben 22 anni. Dalla sua apertura il Cenador de Amòs è diventato un punto di riferimento per la gastronomia spagnola, tanto da ricevere nel 2001 il premio Alfa-Romeo come migliore ristorante di Spagna. Jesus Sanchez è

attualmente anche membro dell’associazione europea chef Eurotoques, nel 2013 è stato nominato direttore dell’Aula di Gastronomia dell’Università della Cantabrica e nel 2015 il Cenador de Amòs è stato premiato durante la manifestazione gastronomica internazionale Madrid Fusion, evento che attira chef di tutto il mondo, come miglior ristorante classico-contemporaneo. La premessa sulla storia di Jesus Sanchez, indispensabile, rende forse ancora più chiaro il valore che lo chef ripone nell’utilizzo delle conserve di pesce Consorcio, preferendole in alcuni casi al pesce fresco. Le motivazioni sono in primis da ricercare nella selezione della materia prima utilizzata da Consorcio per il semplice motivo che le conserve di tonno e di acciughe hanno un forte legame con la Cantabria, terra “madre” di Jesus Sanchez. Infatti le prime aziende di conservazione del pesce nella zona di Santoña risalgo ai primi del ‘900. Per Jesus gli chef devono essere attenti e sensibili nel cogliere le opportunità di prodotto che offre il territorio e quando la qualità è altissima, come nel caso di Consorcio, questi prodotti si sposano perfettamente con la filosofia della sua cucina. Il tonno e le acciughe in conserva sono ovviamente interpretati nelle sue ricette in modo elaborato e originale, inoltre le conserve di pesce sono un prodotto versatile facilmente reperibile in tutte le stagioni e tradizionalmente


Frittelle di tonno

presente nelle dispense, una vera e propria risorsa che se utilizzata in maniera creativa, lavorata con fantasia ed adattata alle specifiche esigenze in cucina, può senza dubbio offrire risultati straordinari. D’altronde visitando gli stabilimenti di Tonno Consorcio ci si rende conto che qui la lavorazione del pesce è di antica tradizione - dal 1950 - e che si svolge ancora in modo artigianale rispettando, ad esempio, i lunghi tempi di scongelamento

“Per Jesus gli chef devono essere attenti e sensibili nel cogliere le opportunità di prodotto che offre il territorio come nel caso di Consorcio”

del tonno che arriva la sera, lavorandolo solo il giorno dopo senza far subire alla carne del pesce uno shock termico che renderebbe il tonno meno tenero, oppure facendo una tripla pulitura del tonno con conseguente aumento di costi e tempi di lavorazione, tutte operazioni che consentono di avere però solo le parti più prelibate del pesce a tutto vantaggio della qualità. Consorcio rappresenta così una eccellenza nell’ambito delle conserve di pesce, simbolo non solo della Cantabria ma soprattutto dell’Italia: l’azienda familiare è stata infatti fondata dal genovese Giacomo Croce e portata avanti dalla figlia Maria Cristina, oggi aiutata dalla intraprendente e capace Valeria Piaggio, nipote di Giacomo. In azienda si parla perfettamente italiano e spagnolo, d’altronde il mercato italiano, grazie anche all’accordo distributivo nato nel 2014 con Tonno Nostromo, arriva al 25% del fatturato totale, vale cioè quanto quello spagnolo (25%).

Ingredienti per quattro persone: 130 gr di tonno sgocciolato, 40 gr di farina, 20 gr di burro, 15 grammi di fiocchi di patate, 130 gr di latte intero, 130 gr di panna liquida, sale, pepe, olio di oliva per friggere. 250 gr di farina, 1 cucchiaino di lievito, 130 gr di birra, sale, pepe e noce moscata. Preparazione: in una ciotola mescolare farina, lievito, sale, pepe e noce moscata. Con l’aiuto di una frusta aggiungere la birra fino a ottenere la consistenza desiderata. Lasciare riposare. Unire la panna al latte e portare ad ebollizione, quindi togliere dal fuoco. Far sciogliere il burro in un tegame.

Una volta fuso, aggiungere la farina e continuare a cuocere a fuoco lento per qualche minuto. Unire al composto il latte e la panna fatti bollire in precedenza e portare nuovamente il tutto a ebollizione, aggiungendo sale e pepe q.b. Aggiungere quindi i fiocchi di patate e il tonno sgocciolato e sminuzzato. Lasciar raffreddare il composto. Una volta freddo, formare delle palline e metterle nel congelatore. Togliere le palline dal congelatore, quindi passarle prima nella farina e poi nella pastella. Friggere le frittelle così ottenute in olio a 160 gradi.

Artù n°72

47


focusfood

Alla d&g patisserie brunch dal sapore Malesiano sieme allo chef Andrea Valentinetti, inizia la sua esperienza al Caffè Cavour (una storica istituzione a Padova), per poi passare a La Montecchia (1 stella Michelin) e al ristorante Le Calandre (3 stelle Michelin). Successivamente approda a Milano da Cracco Peck (2 stelle Michelin) per poi aprire e gestire direttamente il Cucchiaio di Legno in Brera, uno dei primi concept di food a 360 gradi. È l’ultima tappa prima di entrare alla d&g patisserie sempre insieme ad Andrea Valentinetti: “d&g patisserie completa il nostro bagaglio culinario - dichiara Denis Dianin -. L’idea del brunch è nata con la nostra esperienza in Malesia dove non si usa consumare dolci per colazione e siamo arrivati in breve tempo a servire una media di circa 250 brunch al giorno, e così abbiamo deciso di riproporre questa dinamica anche per il mercato italiadi Riccardo L. Molino no”. Il menù del foto: Aromi Creativi brunch cambia ogni mese e mezzo, in baDenis Dianin è una se alla stagionalità delle figure più apprezdella frutta e delle zate della pasticceria verdure utilizzate: preitaliana nel Nordest, vede un piccolo vaspasticcere e titolare soio composto da più di d&g patisserie a elementi, dolci e saSelvazzano Dentro, in lati, studiati per creare provincia di Padova. La d&g patisserie è stata premiata oltre alla boutique del dolce, con ven- equilibrio nei sapori con un basso apcon “due torte” sulla Guida Pastic- dita di prodotti freschi, spazio per la porto calorico, partendo dalla tradizione cerie d’Italia del Gambero Rosso e prima colazione e per la ristorazione ma donando maggior leggerezza alle come miglior aperitivo 2014 nella italiana e corner più piccoli all’interno pietanze e il prezzo varia dai 6,50 di aeroporti e grandi centri commerciali fino ai 10 euro. Queste le proposte: Guida Gambero Rosso. del Sudest asiatico per essere presente Italian Toast con pane croccante, panDenis ha creato cinquemila metri qua- sulle piazze di Tokyo, Hong Kong, Ban- cetta, yogurt, muesli, miele, frutta fredrati di laboratorio a Kuala Lumpur gkok, Singapore. Ma la storia di Denis, sca, crema catalana alla vaniglia di con uno spazio adibito a produzione padovano, parte dalla ristorazione di Tahiti e limone di Amalfi; La rivisitazione artigianale, con staff in parte italiano, alta qualità quando giovanissimo, in- del croque mousier: pane croccante

48

Artù n°72


“L’idea del brunch è nata con la nostra esperienza in Malesia e così abbiamo deciso di riproporre questa dinamica anche per il mercato italiano” ripieno formaggio Edamer e prosciutto cotto o affumicato, con topping di crema al formaggio e scaglie di prosciutto cotto o affumicato; La rivisitazione del croque madame: come il croque mousier con uovo al tegamino; Sandwich di salmone e granchio propone alla base pane croccante di Altamura (privo di uova e latte), avogado e crema di avogado, pomodorino datterino confit, salmone affumicato, polpa di granchio, in cima troviamo il centriolo, insalata iceberg fresca a julienne, chiudiamo con cialda di pane

e crema d’uovo; Rivisitazione dell’ uovo alla carbonara con uovo cotto a 65 gradi con crema di Parmigiano Reggiano, cipolla di Tropea e bacon croccante; Zucca, taleggio e finferli, ovvero un cremoso alla zucca, finferli scottati, crema di taleggio e quinoa marrone; Crema catalana al pistacchio e bussolà: l’unione del tipico dolce bresciano aromatizzato al limone e vani-

glia, lievitato da forno, tipico del periodo da ottobre a Natale, con una gustosa crema catalana al pistacchio. Il bussolà è un prodotto molto semplice e povero negli ingredienti, da non confondere con il pandoro o il panettone. La classica forma è tonda con buco all’interno, leggero e digeribile, molto aromatico anche con la parte salata, con una dose minore di burro rispetto ad altri lievitati, è stato per questo scelto come componente del brunch d&g patisserie. Infine Ri-

cotta, melanzane e pomodoro: salsa di pomodori selezionati fatta in casa, crema di melanzane profumata al basilico, melanzane al forno e una ricotta calda vaccina, per dare armoniosità al piatto e contrasto di temperature, guarnita con cialde di pane carasau e germogli di basilico. Nel periodo estivo vengono proposte le centrifughe fresche di produzione d&g patisserie in abbinamento con i piatti brunch, identificati per colori: Arancione (arancia, carota e lime); Viola (mela gialla, cavolo viola e lemongrass); Verde (sedano, cetriolo, lime); Giallo (ananas, mango, passion fruit). www.degpatisserie.it

Artù n°72

49


focusfood

Koinè Restaurant

passione gourmet a Legnano

Muri a vista, pareti bianche, pochi quadri, bottiglie in ogni angolo e tavoli Il restaurant Koinè di Legnano (MI) quadrati ben distanziati con mise en si trova proprio nel centro storico place bianca, elegante, per un massimo della cittadina, un locale che nasce di 28/32 coperti e un giardino estivo da una ex corte lombarda, dove una con 16 posti. È questa la struttura del volta si trovava una panetteria. Meno restaurant Koinè, pronta ad accogliere di due anni fa un trio di giovani co- gli ospiti in una piccola saletta che raggiosi e ben consci delle difficoltà funge da reception, dove una vetrata a cui sarebbero andati incontro, sul pavimento permette di scrutare in hanno rimodernato, ristrutturato e cantina (dove è possibile anche cenare arredato alla perfezione questo per un massimo di 8 persone); alcune posto che oggi è divenuto un risto- vetrinette fanno da contrapposizione rante chic. alle travi in legno; la saletta da pranzo, di Rocco Lettieri

50

Artù n°72


ha pareti con marmo bianco a lastre sovrapposte di grande effetto anche ottico. Il nome scelto “Koinè” vuole significare contaminazione, confusione, un linguaggio condiviso da culture e popoli diversi, originario o predominante sulle varie lingue e forme dialettali (di un’area più o meno estesa). I giovani titolari si sono ispirati a questa parola con l’intento di proporla nella loro linea gastronomica. Una cucina quindi condivisa da culture e popoli diversi, per tecniche e prodotti globali, originari o contaminati dai viaggi e le ricerche/storie dell’era moderna. Sono loro a dichiarare: “Nei nostri viaggi abbiamo scoperto nuovi sapori e profumi e adesso vogliamo portarli ai nostri tavoli per raccontarvi la loro storia, servendoci dell’integrazione, però sempre creando un legame con la nostra terra”. Insomma un “cous cous” di proposte che vanno dal foie gras al baccalà, dalle capesante alla tartare con il finto tuorlo e dall’insalata russa ai nervetti e fagioli; per i primi: risotto allo zafferano e pesce persico dorato; fusilloro Verrigni ai sapori del mediterraneo; ancora conchiglioni, ravioli, e taralli bolliti “alla maritata” e formaggio greco; con i secondi molte scelte di difficile interpretazione: sardinian claim chowder; pesce grande mangia pesce; San Pietro blody mary-gaspacho; anatra

“Nei nostri viaggi abbiamo scoperto nuovi sapori e profumi e adesso vogliamo portarli ai nostri tavoli”

(con stage in Canada, Usa, Spagna e Belgio), ancora in qualche ristorante confit glassata all’Apicius, pesche e in- della fascia milanese/varesotta: “Palace divia”… In cucina troviamo lo chef Grand Hotel Varese”, “Emilia e Carlo” Alberto Buratti, classe 1987, nativo di di Milano, “Croce Bianca” di Boffalora Busto Garolfo, cuoco per vocazione, Ticino (MI), “Scià on Martin” di Buscate che ha appreso i fondamentali cucinari (MI) e da ultimo nei pressi di Bilbao, a all’Hotel Villa D’Este di Cernobbio, all’- Larrabetzu, da Gastronomico Azurmendi, Hotel La Madonnina di Cogne, all’Antica l’esponente più importante della cucina Osteria del Ponte, all’Osteria Francescana di Bizkaia. La rivista Elite Traveller lo ha distinto come terzo miglior ristorante del mondo e Opinionated Chi lo segnala come il miglior pranzo dei ristoranti d’Europa. Questi sono i ristoranti, punti focali della sua vita lavorativa. Buongustaio per passione, cinefilo irriducibile e curioso per natura, è sempre alla ricerca di una cucina buona, leggera e gustosa (anche visiva). Lo aiutano Manuel Nardello e Christian Bellardita; in sala Davide Ceriotti (maître e sommelier) che ha una sua filosofia: “Porsi al cibo con la semplicità e con il piacere con cui mia mamma mi ha avvicinato alla

cucina è stato l’inizio. Accompagnare il cliente nel percorso di degustazione dei piatti, proporre il vino più indicato ad ogni situazione, fare in modo che il Koinè risulti un’esperienza più che una semplice cena rappresenta il piacere del mio lavoro...la mia personale aspirazione”. Una coppia che permetteranno di vivere il piacere di un ritorno. Andrea Busnelli è all’accoglienza e si occupa anche della sala. Quando però si è seduti e pronti per l’ordinazione è Alberto (lo chef) che vi farà un saluto e vi elencherà le offerte della cucina. Interessante, è meglio dirlo subito, l’offerta dei due menu: il primo, 8 portate, a 54 €, il secondo, 10 portate a 64 €. Qualunque sia la scelta, optate per una di queste offerte. Ne rimarrete felici e contenti e ritornerete al più presto. Le materie prime sono ricercate nelle vicinanze. Il pane è molto buono e viene fatto in casa - Alberto ha lavorato Artù n°72

51


focusfood

anche come apprendista panettiere e pasticciere a Busto Garolfo - in diverse versioni: integrale, baghettine, panini con semi, focaccine e grissini. La “carta” è minimalista, migliorabile, però ha un rapporto qualità/prezzo interessantissimo. Ottima le scelta dei distillati. Otto camere sono a disposizione come Boutique Hotel Legnano. Durante la visita la degustazione si è dipanata tra stuzzichini di Baccalà mantecato; Manzo battuto con leggera senape; Mattonella di foie gras su

52

Artù n°72

pan brioche e Lumache al verde. A seguire Cannelloni di baccalà al sentore di aglio; Sogliola al peperone di Senise (cruosco); Guancia di maialino catalano con sentori di mirto e ristretto di sughero; Anatra confit all’arancia con sentore di citronette. Per chiudere, un dessert molto estroso, ma molto buono: Creme caramel al foie gras (da bis). Davide, il sommelier, ha servito, a bic-

chiere, Brut Franciacorta DOCG Ferghettina 2010; Malvasia Puntinata del Lazio 2013 dell’azienda Cardito; Bricco dell’Uccellone di Giacomo Bologna 2005; Moscatel de Setubal Colheita 2004. Un particolare molto interessante: Claudio Ceriotti (fratello di Davide) è lo chef della Trattoria/Hosteria Rid & Pacià, sempre a Legnano (www.ridepacia.it), un locale che rispecchia lo spirito della famosa frase della Teresa del gruppo teatrale dialettale I Legnanesi: “Sem nasu par patì… e patem” (siamo nati per soffrire… e soffriamo) ma se lo possiamo fare con il sorriso, perché no? Un locale per farvi stare bene, che accompagna alle ottime portate del menu degustazione dell’Hostaria l’arte di musicisti

e cantastorie, il fascino dei maghi e la simpatia di comici e cabarettisti. Per riassumerla in due parole: Rid & Pacià è il luogo giusto per ritemprare corpo e spirito. L'Hostaria Rid & Pacià (mangiare e ridere con noi), ufficialmente inaugurata il 6 febbraio 2013, è un progetto che nasce dalla profonda amicizia che c'è tra i fratelli Davide e Claudio Ceriotti, eccellenti padroni di casa del ristorante il Maragàsc di Legnano, e Max Pisu celebre attore, cabarettista e personaggio televisivo. Ma il resto ve lo racconteremo in un prossimo non lontano. Claudio Ceriotti è inoltre membro del direttivo di Euro Toques - Unione Europea dei Cuochi. www.koinerestaurant.com



focusbeverage

AbuDhabi,raccontidi barman di Marco Corallo Marco Corallo, barman al Jumeirah at Etihad Towers Hotel di Abu Dhabi, racconta la sua vita dalle prime esperienze dietro un bancone nel suo Salento fino al più rinomato cocktail bar di Abu Dhabi, una strada lunga ma sempre ricca di emozioni. Ricordo ancora la prima volta che ho miscelato un cocktail. Facevo il bar back da ormai un anno e il mio capo barman mi chiese di fare un Negroni. Ebbene si, da buon italiano, il primo cocktail da me miscelato è stato il re dei cocktail. Da notare che allora non era in voga usare jigger o mixing glass, ne tantomeno i clienti avevano la pazienza di aspettare per un drink. Presi il vermouth nella mano destra, il bitter nella sinistra e iniziai a versare in un tumbler riempito di ghiaccio. Finalmente presi il gin e versai un’abbondate porzione nel mio drink. Qualche giro veloce con il bar spoon e una lunga scorza d’arancio. Eccolo, il momento in cui il mio primo cocktail nacque insieme alla mia passione per questo splendido lavoro, che diventò ben presto uno stile di vita. Erano gli anni dei frozen, degli sciroppi e della frutta fresca nei cocktail, e lì nel Salento, nei locali delle spiagge dove lavoravo la stagione estiva, il tutto aveva un’anima tiki e tropicale. Lasciai la mia terra natale, il 1° Maggio 2009, meta Dubai. Non parlando una parola di inglese, accettai di lasciare il mio posto di Bar Ma-

54

Artù n°72


nager in Italia per un posto da bar back nel ristorante At.mosphere, situato al 122esimo piano del Burj Khalifa, il grattacielo piu’ alto al mondo. Perfezionai l’inglese in poco tempo e dopo circa un anno e mezzo lasciai gli

come prossima meta. Con un bagaglio che conteneva corsi di sommelier AIS e WSET, accettai la posizione di head sommelier nello storico River Restaurant del Savoy Hotel. Questa è stata l’esperienza più significativa della mia vita,

mi ha dato la possibilità di conoscere bartender del calibro di Eric Lorincz, head bartender del glorioso American Bar. Un bartender secondo a nessuno sia nel bar che fuori, con un’eleganza e raffinatezza degna di un principe.

Dopo circa due anni, una chiamata cambiò la mia vita. La chiamata arrivava da Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi. Il posto di Head Bartender e Sommelier d’albergo del Jumeirah at Etihad Towers si era appena liberato. Lasciai i giacconi e le giacche nel Regno Unito e riempii i miei bagagli di shakers, mixing glass, jiggers e bar spoons e salii sul primo aereo per Abu Dhabi. Ora, dopo quasi due anni, sono il Bar Manager del Ray’s Bar, un lussuoso cocktail bar situato in cima alla torre Etihad Towers dell’albergo Jumeirah. Ray’s Bar offre una selezione di signature cocktail, ispirati alle differenti ore del giorno. Il risultato è una cocktail list che ti porta in un viaggio dalla luce all’oscurità con diversi drink abbinati alle varie ore del giorno (e della notte). Sulla strada si possono trovare drink come “The Aviation is Flying over a lavander’s lawn” che rap-

“Nel momento in cui preparai il mio primo cocktail nacque la mia passione per questo splendido lavoro, che diventò ben presto uno stile di vita” Emirati Arabi, consapevole che le nostre strade si sarebbero rincontrate. Per un bartender con la voglia di migliorarsi giorno dopo giorno, e mettersi a confronto con i più grandi nell’industria, è stata quasi una scelta obbligata quella di optare per la bella Londra Artù n°72

55


focusbeverage

Buena Suerte 45 ml Bacardi Carta Oro

20 ml St. Germain

15 ml Tio Pepe Palomino Fino Dry Sherry

45 ml succo di Pompelmo Rosa

1 Bar Spoon of Light Brown Muscovado Sugar Preparazione: versare tutti gli ingredient in uno shaker da 3 pezzi, shakerare e versare in una coppetta cocktail con una scorza di pompelmo come decorazione. presenta un twist di uno dei più classici aperitivi, l’Aviation, nel quale si possono gustare note di lavanda, grazie a un liquore alla lavanda fatto in casa, passando per un “Apple and Cinnamon Mule”, fino ai drink più carichi di personalità come il “Leather aged Rob Roy” o il “Caffe’ El Dorado”. In questo momento sto partecipando alla Bacardi Legacy 2015/2016 con il mio cocktail chiamato “Buena Suerte”. Secondo il folklore nella Spagna di Don Facundo Bacardi e nella sua nuova patria, Cuba, i pipistrelli simboleggiano buona salute, fortuna e unione della famiglia. Quindi quando Doña Amalia notò una colonia di pipistrelli da frutta nella distilleria di famiglia, lei interpretò questo come simbolo di buona fotuna (Buena Suerte) e decise di utilizzare il pipistrello come simbolo Bacardi e ancora oggi, esso rimane sulla bottiglia, aiutando la famiglia a sopravvivere a qualsiasi evento il fato le riservi. I pipistrelli venivano attratti dall’odore della molassa e quando ho letto questo aneddoto l’ispirazione per il mio

56

Artù n°72

Buena Suerte nacque. Decisi di miscelare un cocktail fresco e leggero ma con un retrogusto più complesso, scegliendo ingredienti in un modo o in un altro correlati alla famiglia Bacardi. Il St Germain è un omaggio alle origini francesi di Doña Amalia, e Tio Pepe rappresenta il passato di Don Facundo, che prima di aprire la prima distilleria, aveva un attività di

commercio di vini e sherry spagnoli. Lo zucchero di molassa (o meglio conosciuto come zucchero di Muscovado) viene usato nel drink come collante per i vari elementi e rappresenta anche la buona fortuna e l’unità famigliare. Buena Suerte è nella finale nazionale dgli Emirati Arabi, per la Bacardi Legacy 2015/2016. Nei prossimi tre mesi sarò impegnato nella

promozione del cocktail per avere una chance di rappresentare Ray’s Bar e il mio paese nella finale globale a San Francisco a Maggio 2016. Dalle prime esperienze dietro un bancone nel mio caldo Salento, fino al più rinomato cocktail bar di Abu Dhabi, la strada è stata lunga e ricca di emozioni, ma c’è ancora tanto da vedere. Buena Suerte a tutti.



focusbeverage

Alambicchi milanesi

il gin abita qui Poi hanno deciso di buttarsi personalmente nella mischia, con un’idea inedita per il nostro Paese: una microdistilleria “professionale” di gin (non piccola, né amatoriale come si possono incontrare) all’interno di un locale. Da qui The Botanical Club, location molto elegante, a metà tra il bistrot e il cocktail bar, che si trova in via Pastrengo 11, con orario dalle 18.30 alle 2.00. “Da appassionati, ci siamo resi conto che il gin anni ’90, quello comprato ai duty free, ha acquisito raffinatezza e complessità impensabili sino a pochi

“Il plus di The Botanical Club è l’alambicco da 150 litri, progettato su misura, per produrre un gin di alta qualità” gnano creatività, start-up e locali di tendenza. “Più che scegliere noi l’Isola, Oltre cento gin prodotti grazie a un è stata lei a scegliere noi” spiegano i alambicco da 150 litri: la proposta due under 40 che si sono lanciati neldel Botanical Garden rappresenta l’impresa di produrre - seriamente - un una novità eccellente per il capoluogo gin tricolore, capace di giocarsela con lombardo. Aperto dalle 18.00 alle i miti anglosassoni e spagnoli. I due si 2.00 di notte, il locale vuole dimo- chiamano Davide Martelli (39enne, destrare che la distillazione, quella signer nel settore moda) e Alessandro vera, si può fare anche in pianura Longhin (33enne, uomo di comunicapadana, con risultati ragguardevoli. zione): prima, con una società chiamata Brigade de Cuisine hanno aiutato altri La via italiana al gin passa per il locali a “trovare la chiave” per diventare quartiere più “indie” di Milano, dove re- più efficienti, più mediatici, più grandi. di Maurizio Bertera

58

Artù n°72

anni fa - spiega Martelli - e abbiamo voluto colmare la lacuna di un prodotto in Italia, dove la distillazione è popolare e ben fatta, vedi la grappa”. Il plus di The Botanical Club è quindi l’alambicco da 150 litri, progettato e costruito su misura, per produrre un gin di alta qualità. “La Dogana, nell’ultimo anno, ci ha dato una bella mano per ottenere la licenza, in quanto non esisteva una normativa in Italia - continua Longhin come è stata un’impresa realizzare materialmente l’impianto. I tedeschi, maestri nel settore, non ci hanno mai dato


retta ma in fondo è stato un bene in quanto abbiamo scoperto una realtà come la senese Frilli che costruisce alambicchi da un secolo. C’è stato un lungo lavoro di ricerca per la progettazione e la realizzazione, in cui l’apporto decisivo ci è stato dato da Aurelio Barbieri”. L’impianto, dietro l’aspetto vintage, è modernissimo (“Ha pure il turbo,

come diciamo noi, con la doppia distillazione” dicono) e consente una lavorazione a regola d’arte, che ricorda quella per la grappa e si svolge in una giornata. Poi un periodo di riposo, i controlli di qualità e il “taglio” del tasso alcolico visto che il liquido puro sarebbe imbevibile. Si può bere con soddisfazione dopo un mesetto abbondante dalla di-

stillazione. Il segreto di un buon gin? Le botaniche, che vanno interpretate all’interno di una ricetta abbastanza standardizzata: ma le bacche di ginepro non sono molto lontane dall’uva. Cambia da Paese a Paese, da regione a regione, da stagione a stagione. “Ecco perché dedichiamo molto tempo alla ricerca delle bacche giuste e abbiamo la consulenza di un master distiller che viene dal mondo della profumeria: il palato è il nostro ma la sua bravura nel capire i profumi ideali era necessaria” sottolinea Martelli. Il sogno (realizzato) di farlo materialmente non deve far pensare che i due siano talebani del “loro” gin: non solo a The Botanical Club ci sono un centinaio di etichette straniere a disposizione, ma il locale ha un’anima di cocktail-bar che prepara drink a 360° (con ovvia specializzazione per quelli dove entra il gin) e per il bistrot non mancano una quindicina di vini di microproduttori. Non stupisce quindi

che ci sia ricerca anche in cucina: ostriche (crude e cotte), piattini sfiziosi (tartare di manzo, cima di rapa, fonduta di gorgonzola e amaranto croccante per esempio) e vere portate come gli gnocchi ripieni di seppia, barbabietola e rafano oppure il maialino confit, mousse di patate, menta e olive caramellate. Alla coppia, insomma, non mancano le visioni a tutto campo: “Oltre a consumarlo qui, daremo la possibilità di acquistarlo ai nostri clienti - chiude Longhin - e successivamente, con un brand su cui stiamo lavorando, vorremmo entrare nel mercato degli spirits. Intanto ci divertiamo un mondo a produrlo al Botanical Club: è come giocare al piccolo chimico, con un risultato bevibile e piacevole dell’esperimento”. Vero, verissimo. Artù n°72

59



© Ferdinando Cioffi

lafoto di Cioffi

Artù n°72

61


equipment

Gruppo Cimbali, storia

e mito 100% made in Italy di Elisa Facchetti Esempio di realtà portabandiera dell’imprenditoria italiana, Gruppo Cimbali si staglia nel panorama mondiale quale leader nella progettazione e produzione di macchine professionali tradizionali per il caffè, bevande a base di latte fresco, bevande solubili e attrezzature dedicate alla caffetteria. I suoi marchi principali, FAEMA e La Cimbali, hanno fatto la storia del design italiano diffondendo la cultura del caffè espresso che convergono in una delle realtà imnel mondo. prenditoriale simbolo del made in Italy: il Gruppo Cimbali. Due storici Le foto in bianco e nero, il grande marchi accompagnano l’immagine per design italiano, quello che risolve antonomasia del Gruppo, ovvero il i problemi della vita quo- brand La Cimbali, fondato nel 1912, tidiana con ingegno e e FAEMA che nell’ottobre del 2015 semplicità, quello che an- ha spento 70 candeline dall’anno cora oggi ci fa trovare l’ispi- della sua nascita, anniversario festegrazione e che è diventato parte inte- giato con un evento espositivo dal grante della vita comune; e ancora la titolo “La storia e il mito”, un viaggio tenace imprenditoria italiana, la crea- alla scoperta delle macchine profestività, le grandi visioni di marketing e sionali da caffè che hanno fatto la comunicazione. Linee tracciate con vi- storia, esposte al MUMAC – Museo gore nella storia dell’eccellenza italiana della Macchina per Caffè nella sede

62

Artù n°72

del Gruppo Cimbali di Binasco. Il supporto del Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo ha sottolineato la lungimirante operazione di comunicazione avviata da Faema nel 1956 quale primo brand a intraprendere una delle leggendarie sponsorizzazioni sportive legate al mondo del ciclismo. Ed è con il marchio Faema che oggi il Gruppo Cimbali rafforza il suo posizionamento nel mondo dei “baristas” e dei “coffee specialists”. Nasce FAEMA E71, una nuova macchina rispettosa della tradizione, disegnata da Giugiaro Design, e dotata di importanti novità


MUMAC, il Museo della Macchina per Caffè L’impegno del Gruppo Cimbali per diffondere la cultura del caffè espresso e per la valorizzazione del territorio ha visto la realizzazione di un importante progetto, la fondazione del MUMAC, il Museo della Macchina per Caffè, a Binasco (MI), prima esposizione permanente dedicata alla storia del Gruppo e alla cultura delle macchine per il caffè espresso. Oltre 200 le macchine esposte e 15.000 documenti da poter visionare accompagno il visitatore in un viaggio unico, tra materiali audio-video e percorsi multimediali e polisensoriali. Qui l’evoluzione della storia, della tecnologia e del design di una realtà che ben rappresenta il made in Italy, si possono toccare con mano. Ideato per la celebrazione del centenario dell’attività del Gruppo, il MUMAC ospita anche la MUMAC Academy, centro di eccellenza per la diffusione della cultura del caffè e per la formazione di professionisti e appassionati.

“L’intramontabile ricerca del design e della tecnologia hanno fatto del Gruppo Cimbali un esempio brillante di imprenditoria tutta italiana”

zione con il barista che così può contare sulla affermata tradizione e qualità delle macchie FAEMA con la velocità di un touch per impostare le varie funzioni della macchina. Novità assoluta nel mondo delle macchine tradizionali E71 si caratterizza anche per le innovative soluzioni ergonomiche adottate, come le lance a vapore cold touch e i nuovi portafiltri soft touch studiati e sviluppati ad hoc. Contenuta anche l’altezza della macchina. Presentata come prototipo in occasione di Host 2015, E71 sarà disponibile sul mercato in due versioni – a 2 e 3 tecnologiche: l’inedito circuito idraulico gruppi – nella seconda metà del 2016. progettato e brevettato FAEMA, con si- Tecnologia e design arricchiscono stema di controllo dell’infusione GTi, anche l’offerta del brand La Cimbali permette di lavorare con temperature che ha presentato di recente due sodifferenti su ciascun gruppo garantendo luzioni rivoluzionarie, sintesi perfetta la massima stabilità termica durante tra tecnologia e design, a sottolineare l’estrazione, processo fondamentale – come cita ora il payoff del marchio – per una perfetta qualità in tazza. La che il “coffee starts here”. Nel dettaglio tradizione viene rispettata grazie alla LaCimbali S30, superautomatica, è possibilità di lavorare con leva manuale, dotata di un grande display touchscreen ma la tecnologia abbinata a un design da 10,4’’ e un sistema wifi bidirezionale pulito ed essenziale sfrutta lo spazio integrato per analizzare i dati di constudiato ad hoc per schermi touch sumo e aggiornare velocemente il softscreen per selezionare la funzione de- ware, nonché regolare le ricette e persiderata, un doppio sistema di intera- sonalizzare le immagini dell’interfaccia. Artù n°72

63


equipment

FAEMA Express your art Sarà inaugurata a giugno 2016 l’esposizione “FAEMA Express your art”, la seconda parte dell’evento “FAEMA, La storia e il mito” svoltosi al MUMAC dal 25 ottobre al 18 dicembre 2015. La sala Hangar 100, all’interno del Museo della Macchina per Caffè, a Binasco, ospiterà una mostra fotografica temporanea, fino al 31 ottobre 2016, realizzata da fotografi di fama internazionale che, ognuno con un proprio progetto artistico, ritraggono i prodotti FAEMA utilizzati in alcune delle location più rappresentative nel mondo (Londra, Stoccolma, Shanghai, New York, Milano, Roma) e che documentano i momenti del consumo dell’espresso italiano nei bar di alcune città e nella città di Sydney in Australia. Durante l’evento espositivo anche un focus dedicato alla nuova FAEMA E71. Ingresso gratuito.

64

Artù n°72

Ma la superautomatica si avvale anche del sistema PGS-Perfect Grinding System che controlla in modo costante i parametri di erogazione del caffè eseguendo in automatico eventuali correzioni di macinatura e dose del macinato. Esprime tutta la vocazione del brand La Cimbali la progettazione della nuova LaCimbali M100i Coffee Milk Intelligence, innalzando la facilità d’uso di una macchina tradizionale dotata però di un nuovo sistema automatico per la preparazione e l’erogazione di latte

montato caldo e freddo, soluzioni innovative per il segmento delle macchine tradizionali per caffè espresso e cappuccino professionali. L’automatismo, in questo caso, valorizza ancora di più la gestualità del barista grazie alla nuova tecnologia brevettata “Barista Drive System”, semplice e intuitiva, un’applicazione alla macchina tradizionale che eleva la M100i quale soluzione ideale in cui sia richiesta grande produttività e un ampio menu bevande a base di latte. Nuovi anche il sistema

automatico “Turbo Milk”, unico nel suo genere, per erogare automaticamente da un'unica lancia sia il latte caldo che freddo montato, e il “Turbo Steam Cold Touch” studiato per migliorare il comfort di utilizzo della lancia Turbosteam brevettata dal Gruppo Cimbali. E come tutte le macchine prodotte dal Gruppo Cimbali, con i marchi FAEMA e La Cimbali, si connota anche una grande attenzione in termini di risparmio energetico, oltre alla intramontabile ricerca del design che abbinato alla tecnologia e a inedite soluzioni funzionali ha fatto del Gruppo Cimbali un esempio brillante di imprenditoria tutta italiana che ancora oggi punta alla crescita e all’innovazione, senza perdere mai di vista le radici di un passato che l’hanno consacrata quale icona del made in Italy. Ad oggi opera in Italia attraverso 3 stabilimenti produttivi, mentre può contare sulla forza di ben 7 filiali estere, impiegando complessivamente circa 650 addetti. Nel 2015 il Gruppo - a cui fanno capo anche i brand Casadio e Hemerson oltre a FAEMA e La Cimbali -, che esporta in 100 paesi diversi nel mondo, prevede una crescita del fatturato di circa il 9% rispetto al 2014, chiusosi a 146 milioni di euro.



locali

FeelingFood

Milano, spazio polifunzionale con guida Mei di Massimo Andreis foto: Ferdinando Cioffi Un fabbricato industriale all’ombra della Madonnina diventa una location unica per eventi culturali e gastronomici, all’insegna dell’eccellenza food e dell’alta cucina. Il progetto, creato da MGM Alimentari, vede la preziosa regia dello stellato Sergio Mei. È MGM Alimentari ad aver creato questo spazio polifunzionale, teatro di numerose attività: corsi di cucina tematici, con rinomati cuochi e a cura di selezionati produttori agroalimentari d’eccellenza. Da oltre 20 anni punto di riferimento per il commercio di tartufi e caviale, foie gras e selezioni di specialità a produzione limitata, la società fondata da Maurizio Vaglia ha allargato i propri orizzonti e gli spazi di mercato attraverso acquisizioni e accordi strategici, e punta adesso alla prossima internazionalizzazione del business: nel 2012 ha acquisito a Milano il “Chiosco di Mimì”, da oltre 50 anni specializzato nelle vendita diretta di funghi e tartufi di pregio e freschezza; nel 2013 ha aperto la “Bottega”, dove sono proposti in degustazione e in vendita diretta tutti i prodotti del ricco “catalogo” dell’azienda; infine, recente, la compartecipazione alla gestione del ristorante milanese “Pier 52”, creato e guidato dallo chef Pietro Penna, allievo di Sergio Mei. È proprio lo chef stellato di origine sarda, per più di vent'anni Executive Chef del Four Seasons Hotel Milano, che coordinerà il progetto FeelingFood Milano, che contempla anche servizi affini al mondo della cucina e prevede l’organizzazione di pranzi e cene conviviali. Non solo: l'intero spazio kitchen, attrezzatura semi professionale compresa, sarà noleggiabile per eventi aziendali e privati. Sviluppato su oltre 500 mq, il layout di FeelingFood è stato curato dallo Studio Montanari & Partners, che ha trasformato un fabbricato industriale anni '30 nella zona sud est di Milano in un moderno spazio polifunzionale, senza snaturarne le caratteristiche di base: i grandi finestroni industriali in ferro e vetro mantenuti e riproposti, un lucernario nell'aula gastronomica con sottostante capriata in calcestruzzo, le pareti con intonaco civile bianco. Un progetto architettonico minimale, dove l'uso dei colori rosso, grigio chiaro e grigio antracite per le restanti finiture e gli arredi, crea un gioco di continui rimandi e "movimento". Tre le aree principali: Kitchen&Friends, aula gastronomica che accoglierà le iniziative legate al food; Supreme Experience, cuore dello spazio eventi, capace di accogliere fino a 150 persone; Living&more, vera e propria area lounge con salotto, area lettura, bar e i più sofisticati sistemi audio video, oltre alla connessione wifi, ideale per business meeting così come per il puro relax.

66

Artù n°72



libri

Unforkettable Niko e le origini dei piatti

Titolo: Unforketable.it Autore: Niko Romito Editore: Giunti Pagine: 256 Prezzo: 20,00 €

Titolo: Milano Design Restaurants Autore: Maria Vittoria Capitanucci, Arianna Di Giacinto, Giulia Piatti Editore: Skira Pagine: 80 Prezzo: 16,00 €

Titolo: Il genio del gusto Autore: Alessandro Marzo Magno Editore: Garzanti Pagine: 416 Prezzo: 22,00 €

Titolo: L’Italiano in cucina Autore: Marina Valensise Editore: Skira Pagine: 192 Prezzo: 42,00 €

Proviamoci insieme! È questo l’invito di Niko Romito rivolto ai suoi lettori. Prosegue infatti con questo libro la declinazione cartacea dell’omonimo progetto - unforketable.it - di video formazione culinaria intrapreso dallo chef in partnership con Pasta Garofalo. Le 10 lezioni di cucina online qui sono diventate 100 ricette da scoprire, spiegate passo a passo, corredate da immagini e adatte anche ai neofiti della cucina: “La cucina di Unforketable è la cucina di casa vista da un cuoco che lavora in un ristorante dove sperimenta e studia” si legge nell’introduzione del libro. Essenziale e immediata, basata su preparazioni semplici, la cucina proposta da Niko Romito parte dell’idea di piatti leggeri che si sviluppano dalla tradizione e dal prodotto con intelligenza. E soprattutto senza sprechi.

Milano val ben una cena E val ben una cena se il posto scelto appaga non solo il gusto ma anche la vista in un’atmosfera che invita l’ospite a intrattenersi ancora un po’ per godere dell’armonia scenica inclusa nell’offerta gourmet. Le autrici del volume ne propongono 18 - incluso l’ormai ex padiglione del Vino a Expo e il padiglione Slow Food - di luoghi dedicati al food & drink progettati a Milano con quella particolare connotazione architettonica e di design che eleva la location a qualcosa di più. Per ogni ristorante una scheda snella, veloce, precisa: una breve introduzione, una foto a mezza pagina, un dettaglio poco più sotto e la cartina di Milano per individuare subito la zona. Le due pagine a seguire introducono il lettore all’interno della location con immagini a tutta pagina. L’edizione è bilingue.

Le origini della pizza…e non solo Il sottotitolo recita “Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo” e questo libro ne illustra egregiamente le origini sorprendenti dei grandi protagonisti della gastronomia italiana: l’origine della pizza, l’anno dei maccheroni, del risotto e del gelato, ma anche del tiramisù e l’origine della forchetta sono solo alcuni dei capitoli che narrano della grandezza del genio italiano che inventando ex novo o reinterpretando l’esotico ha dato alla luce piatti, ricette, usi e costumi legati al cibo oggi simbolo della gande tradizione italiana. Accanto ad aneddoti curiosi e insoliti, frutto di meticolose ricerche, Alessandro Marzo Magno racconta anche storie di innovazione e coraggio imprenditoriale tutte italiane, come la prima macchinetta per il caffè espresso o l’invenzione della Nutella.

Un mirabile progetto L’idea di mettere nero su bianco un progetto nato dall’incontro dell’autrice del libro con Massimo Bottura, ovvero creare un seminario a Parigi sull’Italiano in cucina, è stato senza dubbio una sfida. Di più. Bottura ha messo in piedi una squadra di 20 chef stellati invitandoli a partecipare al seminario dell’Istituto Italiano di Cultura per portare a Parigi, nei loro piatti, i prodotti dell’eccellenza italiana e la storia dei piccolo produttori. Il seminario diventa così un libro dove ognuno dei 20 chef stellati propone il proprio menu. Seguono le ricette, con bellissime immagini a tutta pagina. Ma qui i veri protagonisti sono gli ingredienti e ogni chef ha i propri che interpreta nel pieno rispetto di coloro, produttori, contadini, pescatori, viticoltori, che sono i veri artefici del successo del gusto italiano nel mondo.

68

Artù n°72



Alberto’s Choice

Navedano, lo stile nel DNA e cortesia d’altri tempi ORTO, FIORI E PIANTE NEL RISTORANTE-SERRA Navedano Via G. Velzi 4 22100 Como Tel 031 308080 www.ristorantenavedano.it

Esperienza che appaga i sensi, quella fatta al Navedano. Vero e proprio format di successo, il ristorante Navedano, alle porte di Como, si fa notare grazie a un eccellente mix di fattori che, come si suol dire, vanno a fondersi in un unicum, impossibile da replicarsi altrove. Definito da alcuni “ristorante-serra”, il Navedano si caratterizza per la particolarità dell’ambientazione e delle atmosfere che vi si respirano, in cui fiori freschi e piante lussureggianti sono protagonisti, oltre che per la qualità dell’esperienza gastronomica, affidata a una squadra di giovani cuochi, privi di nomi altisonanti ma fortemente appassionati e rigorosi nella loro attività culinaria. La linea di cucina privilegia la stagionalità degli ingredienti, insieme a un intelligente recupero di piatti della tradizione italiana, in cui la freschezza - accompagnata da estetica e cromatismi - è la nota distintiva: l’orto dietro alle cucine rappresenta, poi, un bacino naturale di erbe aromatiche che danno lo spunto per piatti eleganti ma succulenti, frutto di impronta creativa e di solide basi, ben radicate fra gli chef della brigata. Il ristorante è condotto da una famiglia che si fa subito notare per stile, cortesia e rispetto degli ospiti: l’accueil della famiglia Casartelli (che si tramanda da generazioni la guida del ristorante) è

70

Artù n°72

sincero e non “affettato”. Lella e Giuliano, con la figlia che sovrintende il servizio da sala, garantito da una brava e collaudata sommelier e da alcuni giovani camerieri, ti accolgono con classe e professionalità, ti portano al tavolo con eleganza, ti fanno scegliere il tavolo preferito, ti chiedono con discrezione se tutto va bene, si rendono disponibili ad ogni esigenza. Apoteosi della customer satisfaction! Un valore che qui regna sovrano e che, altrove, è spesso dimenticato, in nome di uno pseudo gradimento ormai massificato, omologato a comportamenti collettivi, che danno all’elemento prezzo un valore assoluto, riducendo la “qualità” a un orpello inutile. D’altronde, il valore economico della qualità in Italia viene scarsamente riconosciuto: e ben lo dimostra il successo di locali anonimi e chiassosi, connotati da un’offerta di materia prima spesso inadeguata ma che sanno imporsi come locali “trendy”. Il Navedano appartiene a un altro pianeta. L’offerta del ristorante è connotata da un mood di gentilezza naturale che non è figlia di calcoli né di strategie né di banali opportunismi: semplicemente cortesia pura, un fatto di classe, presente senza ridondanze nel dna di famiglia. Certamente, il locale non è da consigliare a quanti hanno troppa fretta, o amano i luoghi conviviali in cui liberare i propri istinti repressi, modello “taverna”: e neppure agli incalliti “cellular-dipendenti”, che si fanno prendere dal panico in mancanza di connessione. E neppure a quelli che, quando telefonano per riservare un tavolo, chiedono: “ma quanto si spende da voi?”. Ovviamente, il “messaggio” del Navedano vuole essere trasversale e non rigidamente esclusivo: il fatto che George Clooney sia cliente abituale (predilige la Sala del Caminetto,

ma non disdegna la Sala dell’Arazzo) non deve intimorire né mettere soggezione. In fondo, i Casartelli hanno a cuore che i clienti, nessuno escluso, si godano a 360° un’esperienza speciale, logandosi a una “connessione superiore” con la bellezza dell’ambiente, con lo splendore del giardino, con le fascinose sale di questa villa dell’Ottocento, ubicata in collina, a cinque minuti dal lungolago, sulla strada che porta nel parco dell’oasi verde del torrente Cosia (16 km, uno dei più corti d’Italia!). L’avvertimento dev’essere chiaro: chi prenota un tavolo al Navedano sappia che sta per intraprendere un viaggio dentro un universo fatto di valori dimenticati, o comunque non in linea con i più devastanti trend modaioli. In poche parole: al Navedano si cerchi un’esperienza dell’anima, sorretta da una ben caratterizzata linea di cucina, che vede protagoniste materie prime di alta qualità,

aliene dalla soggezione verso il “territorio”, ma il più possibile legate a origini certe ed eccellenti. I vini, oltre 600 etichette, rispecchiano la classicità della conduzione: e rappresentano cantine paludate e ben impresse nel nostro immaginario collettivo (un nome per tutti: Gavi di Gavi de La Scolca).

TRADIZIONE PIACENTINA, IL LUSSO DELLA SEMPLICITÀ Trattoria Piero e Pia Piazzetta Aspari 2 20129 Milano Tel 02 718541

Quanti ricordi e nostalgie dentro questa piccola trattoria nel quartiere di Città Studi, a Milano. A pochi metri, la sede dell’Aeronautica militare, in Piazza Novelli.

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza Due corone = Linea di cucina corretta Una corona = Cucina dignitosa e affidabile Corona nera = C’è ancora molto da fare Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza Due cervelli = Ragionevole Un cervello = Abbastanza ragionevole Cervello nero = Scarsamente ragionevole



Artù Numero 72 gennaio/febbraio 2016 Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it

Alberto’s Choice

Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it ________________________________________________________________________________________________

Hanno collaborato Rebecca Andreola, Giuseppe Arena, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Denise Battistin, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Stefano Bonini, Luisa Contri, Davide Deponti, Antonio Ezio, Maurizio Forte, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Gigliola Gigli, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Emilio Magni, Rosa Marchetti, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Riccardo L. Molino, Calogero Moscato, Aldo Nenzi, Riccardo Oldani, Cristina Panigada, Anna Pesenti, Gio Pirovano, Alessandra Piubello, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Olivia Vachon, Claudio Zeni, Stefania Zolotti. ________________________________________________________________________________________________

Impaginazione Claudio Rossi Oldrati ________________________________________________________________________________________________

Foto Altissimoceto.it (Michelangelo), Aromi Creativi (Giancarlo Perbellini; d&g patisserie), Ferdinando Cioffi (Celeste Tonon e FeelingFood), Sergio Lucchesi (Giancarlo Perbellini), Luca Nava (Michelangelo), Renato Vettorato (Alberto P. Schieppati) __________________________________________________________________________________________________

Pubblicità dircom@edifis.it ________________________________________________________________________________________________

Traffico pubblicitario Francesca Gerbino - francesca.gerbino@edifis.it ________________________________________________________________________________________________

Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) ________________________________________________________________________________________________

Prezzo per una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00 ________________________________________________________________________________________________

Abbonamento Italia: € 40,00 - Europa: € 80,00 - Resto del mondo: € 100,00 abbonamenti@edifis.it ________________________________________________________________________________________________

Amministrazione amministrazione@edifis.it ________________________________________________________________________________________________

Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090 ________________________________________________________________________________________________

Tutti i diritti di riproduzione degli articoli e/o foto sono riservati. Manoscritti, disegni, fotografie e supporti audio e video anche se non pubblicati non saranno restituiti. Per le fotografie e le immagini per cui, nonostante le ricerche eseguite, non sia stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara disponibile ad adempiere ai propri doveri. Ai sensi della legge 196/2003 l'Editore garantisce la massima riservatezza nell'utilizzo della propria banca dati con finalità redazionali e/o di invio del presente periodico. Ai sensi degli artt. 7 e 10 i destinatari hanno facoltà di esercitare il diritto di cancellazione o rettifica dei dati, mediante comunicazione scritta al responsabile del trattamento presso EDIFIS S.p.A. - Viale Coni Zugna 71 - 20144 Milano, luogo della custodia della banca dati medesima.

Ci andavo vent’anni fa quando, direttore di Bargiornale, ne avevo fatto il locale di elezione per esperienze gastronomiche di rara onestà. Piero e Pia, la simpatica coppia che conduce il locale da oltre quarant’anni (qui c’era una vecchia latteria con piccola cucina: Piero rilevò l’attività nel lontano 1972, proveniente con la madre dalla val Tidone), sa accogliere i clienti con quella pacata cortesia d’altri tempi, mettendoli a proprio agio e presentando con semplicità i piatti in menù, senza quegli insopportabili “canti gregoriani” che contraddistinguono tanta ristorazione milanese (e non solo). L’impronta della cucina è piacentina (grandi pancette e coppe, trippa con verdure e fagioli, pisarei e fasò…) ma le divagazioni extra provinciali sono parecchie, a cominciare dalla costoletta alla milanese, eseguita secondo i crismi, per arrivare alle padellate con patate e/o con carciofi che valgono la visita. Nei mesi più freddi (supposto che ancora esistano) provate il gran misto dei bolliti: ne vale la pena. La carta dei vini è attenta e - grazie al cielo - non chilometrica: il merito della selezione, mirata e appuntita, è della figlia dei titolari, Micaela, esperta sommelier che mette le sue conoscenze a disposizione della clientela. I ricarichi sul vino sono intelligenti, così come il conto finale che, per un pasto di tre portate, difficilmente supera i 35 euro. Onore al merito.

TORTELLI AL BAGOSS BUONI E SUCCULENTI Da Vittorio Via Torchio 12 25080 Manerba del Garda (Bs) Tel 0365 551464 www.da-vittorio.it Chiuso il martedì

________________________________________________________________________________________________

una rivista edita da: Edifis S.p.A. Viale Coni Zugna, 71 20144 Milano - Italy Tel. +39 02 3451230 Fax +39 02 3451231 www.edifis.it

72

Artù n°72

Un’evoluzione progressiva e costante verso un miglioramento continuo contraddistingue questo ristorantino di Ma-

nerba (frazione Montinelle). Partita trent’anni fa come semplice osteria di campagna, vicina alla sponda bresciana del Benaco, negli anni la struttura è andata configurandosi come meta ambiziosa di gourmet europei (soprattutto tedeschi) e locali, alla ricerca di piatti schietti, molto attenti alla qualità degli ingredienti, a cominciare dallo straordinario olio extravergine d’oliva della Valtenesi. La gestione tutta familiare (Vittorio padre in cucina e Marco, abile restaurant manager e sommelier, in sala) garantisce un approccio semplice e appassionato verso i clienti. Piatto bandiera di Vittorio sono i Tortelli al Bagoss conditi con burro di malga, che richiamano buongustai da ogni dove. Alla ristorazione, Marco ha negli anni affiancato una piccola attività alberghiera, con quattro piccoli appartamenti arredati con gusto, che assolvono alla funzione tanto ambita dai gourmet: mangiare, saziarsi e non mettersi in viaggio, rischiando verbali salatissimi e approfittando di un’ospitalità comoda e connotata da un sorprendente price for value. Menù degustazione a 35,00 euro! Vini soprattutto locali (Garda Classico, Franciacorta e altri lombardi).




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.