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La ristorazione ragionevole
Cover Story Veuve Clicquot e le Grandes Dames L’intervista Enrico Crippa Genio del buono Vino nel mondo I consumi sono in netta crescita
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IL SOGNO DI
SAL DE RISO ESALTARE IL GUSTO DELLE MIE CREAZIONI MIGLIORI OFFRENDO AI CLIENTI IL MIGLIORE DEI CAFFÈ. NEL LABORATORIO DELLA MIA PASTICCERIA HO IMPARATO CHE PER CREARE QUALCOSA DI SPECIALE BISOGNA AVERE GLI INGREDIENTI MIGLIORI. PER QUESTO PER IL MIO BAR HO SCELTO ILLY. GRAZIE A ILLY DREAM MAKERS HO A DISPOSIZIONE UN TEAM DI CONSULENTI ESPERTI, CHE MI AIUTANO A REALIZZARE IL BAR CHE HO IN MENTE. E POSSO OFFRIRE AI MIEI CLIENTI IL GUSTO DI UN CAFFÈ COME NESSUN ALTRO. SALVATORE DE RISO, PASTICCERIA “SAL DE RISO” VIA ROMA 80, MINORI - COSTA D’AMALFI (SA)
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Editoriale
Schiena dritta, l’esempio dei cuochi Ci dobbiamo preoccupare di più della carne sintetica di pollo e di anatra (prodotta dalla Memphis, multinazionale americana del food) o dello sfascio sociale di casa nostra? Mah, direi che è una bella lotta…. O, forse, sono due facce della stessa medaglia. In un paese in cui sembrano prevalere bullismo, arroganza, esibizioni di muscoli, per strada e sui social (per non dire in politica), sarebbe ora di dire con forza: stop! Il bisogno di serietà e rigore, nonostante le apparenze, è molto forte e, in un certo senso, il nostro settore (nonostante tutto) riesce a rappresentare questi valori in modo egregio, direi esemplare. Sono tante le persone per bene che, ogni giorno, svolgono con intelligenza e passione il proprio mestiere. Ha ragione Gualtiero Marchesi quando dice
Gli Spigaroli, una grande famiglia di cuochi
che “l’esempio è la migliore forma di insegnamento”. Perché dunque ci sentiamo di dire che la ristorazione, quella fatta dai professionisti, è una cosa seria? Una sorta di benchmark al quale riferirsi e dal quale ripartire, insomma? Un esempio da imitare anche per altri settori che hanno, come dire, perso la bussola? La risposta è semplice: perché
lavorare nella ristorazione obbliga a comportamenti adeguati, sobri, coerenti e concreti, supportati da un’etica che latita in molti altri ambiti della società contemporanea. Lavorare seriamente nella ristorazione significa: rispettare il cliente e pretenderne rispetto, essere responsabili nella selezione delle migliori materie prime (alla faccia delle polpettine ogm a base di carne finta, creata con cellule in coltura di animali pieni di antibiotici), avere a cuore la salute degli ospiti, applicare le tecniche di cottura ideali a valorizzare gli ingredienti, sentirsi impegnati a tempo pieno, costruire rigorosamente un food cost intelligente, selezionare i fornitori con attenzione, essere ambiziosi ma non presuntuosi e saccenti, essere orgogliosi di essere umili, senza mai montarsi la testa né inseguire facile celebrità mediatica. E ancora: dare valore al lavoro di squadra, liberarsi dall’ individualismo autoreferenziale, saper accogliere, senza eccesso di confidenza ma con educazione e rispetto. Se abbiamo piacere che il cliente abbia piacere, e trasformi il proprio piacere in desiderio di ritornare in quel luogo, o di segnalarlo come esperienza positiva, dobbiamo essere onesti e pretendere onestà. Ma anche saper trasmettere il valore di quel che facciamo, “importantizzando” il ruolo e l’immagine del ristoratore, o dello chef, al fine di rendere seria e statutaria la percezione del ruolo che occupa: non solo cuciniere ma educatore, selezionatore, trasmettitore di contenuti ecc. ecc... Invece, leggiamo (e ne siamo testimoni diretti) di false prenotazioni per cene al ristorante, con conseguente no show, di recensioni chiaramente inventate per mettere in difficoltà le gestioni, di stratagemmi atti a screditare alcuni o ad esaltare acriticamente altri, magari senza neppure aver visitato questo o quel ristorante. La cosa
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più grave è che in questa “società liquida”, dove la partecipazione sociale è sempre più bassa e la difesa istituzionale delle “categorie” sempre più flebile, tutto sembra essere lasciato al caso, o alle controversie legali, con relative parcelle da capogiro. Ma dov’è finita l’etica? Cultura e contenuti devono tornare ad essere protagonisti della crescita. Possibile che in nome della sopravvivenza (o della speranza di guadagno facile), siano in tanti disposti a lavorare male, senza guida e senza motivazioni, subendo il ricatto della necessità (la location vince su tutto, in barba alla qualità) e rinviando continuamente ogni possibilità di migliorare? Anche nel campo dell’informazione, il coraggio sembra essere ormai un valore spento, piegato agli interessi di questo o quel potentato, peraltro arrogante e irrispettoso verso chi vuole lavorare seriamente! Penso che l’Italia non cresca, non possa crescere, a fronte di questa situazione di immobilismo generale e di arroganza diffusa nella quale, per paura o ignoranza, si perseguono strade perdenti, autolesionistiche, non gratificanti. E il paese scivola verso il basso. E le frustrazioni si scaricano (e si evidenziano) nei comportamenti collettivi: maleducazione, corruzione, sopraffazione, libero arbitrio… No, così non va: la società prenda esempio da chi lavora, a livelli professionali, nella ristorazione e nell’ospitalità di alto profilo. La ristorazione, purché di qualità e ragionevole, è la base per la rinascita del Paese: impariamo dalle brigate di cucina impegnate 16 ore al giorno, dai camerieri che non hanno paura di lavorare, da quei cuochi appassionati che sanno di fare a meno della visibilità televisiva, ma che operano con serietà e costanza. E che hanno il coraggio di far vincere la qualità del lavoro, la soddisfazione del cliente e la propria. Valori che vanno perdendosi nella quotidianità e che sarebbe ora di recuperare e di trasmettere. Con la forza della passione, innanzitutto…• Alberto P. Schieppati
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In copertina: la Maison Veuve Clicquot riunisce a Milano le donne chef dell’Atelier des Grandes Dames. In copertina, il Vintage 2008 con un piatto di Caterina Ceraudo, premiata dalla Guida Michelin come Donna Chef 2017. Il suo piatto: Triglia, pane, arancia (foto Claudia Calegari)
8 News L’intervista 24 Crippa: “E’ dura essere troppo bravi!” L’opinione 28 Collezione Lunelli, pezzi unici 30 Cuochi, occhio alla salute! Cover story 32 Atelier des Grandes Dames, protagoniste le Chef Format food 36 Dove lo chef vi fa volare Protagonisti food 38 Care’s, e lo chef diventa etico 40 L’importanza di chiamarsi Vittorio Format food 42 Nel girone vegan nasce Soulgreen Focus food 44 Federico Beretta. Cucina di confine 50 Michelin, cosa accade nel profondo nord La foto 54 Giancarlo Morelli Focus food 56 Pasta per tutti 58 Marco Sacco, il cercatore d’oro 60 Sapori Ticino, un’esperienza all’insegna del bon vivre Focus wine 62 “Programma Jacquesson” 64 L’etica del vino 66 Consumi vino, è vero boom! 70 Tra tradizione e innovazione 72 San Michele-Appiano, 30 anni di Sanct Valentin 74 Connubio perfetto 76 La lunga storia di Bersano La ricetta di Artù 78 Mascarpone e mele rosse Accueil 80 Paesi Bassi incroci altissimi Focus beverage 84 Il gusto, anche nel packaging Equipment 86 Decantare con stile Gusto e mercati 88 Vedo e non vedo e l’etichetta dov’è? 90 Pillole Libri 92 Uno chef audace, lo stoccafisso IGP e il food management del secolo Alberto’s Choice 94 Anna Bertola, Altavilla La cucina ragionevole
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Sommario
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La ristorazione ragionevole
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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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35 anni da protagonista della cucina italiana Con 85 ristoranti e 264 pagine la Guida 2017 Le Soste racconta e tramanda la cultura enogastronomica del nostro Paese nel mondo, tenendo vivo il legame con la storia e le radici del territorio.
www.lesoste.it | info@lesoste.it
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Gli Stati Generali della Ristorazione Ragionevole copertina.5_6_15_Layout 1 14/05/15 14:10 Pagina 1
copertina.12_16_Layout 1 06/12/16 11:32 Pagina 1
copertina.11_16_Layout 1 08/11/16 15:29 Pagina 1
€ 5,00
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Gusto ⦁ Tendenze ⦁ Mercati
Emergenti A Cernobbio vince la Materia Pizza Gourmet Renato Bosco al Saporé
Dicembre 2016
www.artumagazine.it Artù n°68 - Maggio - Giugno 2015
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Brigate di cucina e grandi chef. I ritratti di Ferdinando Cioffi fanno storia Hong Kong, le tre stelle di Umberto Bombana: il made in Italy va fortissimo S.Pellegrino Sapori Ticino, riparte l’evento gourmet di Dany Stauffacher Mercato del vino in crisi? Macché, mai andato così bene.: parola di Vinexpo Chef e dintorni: Botta, Conti, Sciarrabba, Abbate, Falk, Parisi, Trapani
SPONSOR GOLD
IN COLLABORAZIONE CON
Maggio Giugno 2015
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La ristorazione ragionevole
L’intervista Davide Scabin Il genio nel DNA
Cover story Maison Krug e l’umile uovo L’intervista Marianna Vitale il Sud migliore Eventi Chef a Milano
Novembre 2016
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RICOMINCIAMO DAI CONTENUTI
PALAZZO DELLE STELLINE Corso Magenta, 61 - Milano
www.artumagazine.it - artu@edifis.it
3 e 4 Ottobre 2017
Oltre 100 professionisti della ristorazione si incontrano per fare il punto sulla ristorazione contemporanea, aderendo al messaggio di Artù sulla RAGIONEVOLEZZA. Cuochi, chef, restaurant manager, sommelier, comunicatori, giornalisti si confronteranno in modo serrato sui grandi temi dell’impegno professionale, dell’utilizzo delle materie prime, della gestione della sala, del servizio del vino, del rapporto con il cliente, della critica enogastronomica e dei suoi protagonisti. Un’occasione unica per incontrare ed incontrarsi con l’obiettivo di dare dignità e valore a un settore attraversato da passioni, contraddizioni, crisi e rinascite.
News Tramin punta sulle città Continua la crescita di Cantina Tramin: il 2016 si è chiuso con un +10 per cento, portando il fatturato a 13.223.351 Euro (erano 12.074.290 nel 2015). Il che significa 1.800.000 bottiglie prodotte nei 260 ettari coltivati da 180 famiglie. Il Gewürztraminer e gli altri vini di Cantina Tramin, si fanno strada soprattutto nelle grandi città: Roma è la prima provincia per vendite e cresce del 22 per cento, Milano la seconda piazza (+11%), Firenze e Torino crescono del 67 per cento rispetto al 2015. In crescita anche l’export, in particolare verso gli Stati Uniti (+15%) e la Gran Bretagna (+17%). Sostanzialmente stabile la Germania, che rimane il primo mercato, a a cui sono dirette il 41,5 per cento delle esportazioni. Frena bruscamente invece il mercato russo, con un -26 per cento.
Rational al servizio di catering e banqueting RATIONAL supporta sempre con più solidità il settore del catering e del banqueting, ne potenzia le caratteristiche e aiuta a soddisfare le esigenze del mercato di riferimento. A dirlo sono Albino Falleroni e Maurizio Albavera rispettivamente titolari di Gusto & Caproccio, Grottammare (AP) e Diana Catering, S. Bartolomeo (IM). “Il SelfCookingCenter permette un’elevatissima qualità del risultato finale e grazie al “finishing” permette di offrire piatti sempre cotti a puntino senza stress e confusione”, ha motivato Albavera. Mentre, per lo chef Falleroni, i vantaggi del SelfCookingCenter vanno dalla facilità d’uso, alla qualità che rimane costante e all’enorme risparmio di tempo dovuta alla capacità del forno di lavorare in autonomia. “RATIONAL permette di garantire al cliente lo standar qualitativo in ogni momento”, ha concluso lo chef.
I nuovi millesimati Ruinart Ruinart ha recentemente presentato Ruinart Blanc de Blancs 2006 e Dom Ruinart Rosè 2004; il primo presenta un colore verde-giallo molto pallido, con riflessi argentati. Tenue ed elegante al naso, al palato è fresco e fruttato, combinato con note floreali. Il naso continua a svilupparsi in un fresco registro floreale, reso pungente da diverse note “verdi” speziate. Il finale offre note agrumate, con un’acidità vellutata e rinfrescante. Il secondo ha un bel colore rosato, con delicati riflessi ramati che diventano quasi rosa. Al naso è delicatamente aromatico, caratterizzato da note di frutti rossi dolci e molto maturi. Ha un’impronta nitida e frizzante, che segna il palato, donando al finale una freschezza tagliente. Proprio come per Dom Ruinart Blanc de Blancs 2004, su cui si basa questo Millesimato, il basso dosaggio permette di accentuare la purezza e la complessità dei migliori Grand Cru della Champagne.
Cinque nuovi ristoranti per Le Soste Era il 1982 quando, durante una cena tra ristoratori amici, alcuni chef italiani stabilirono di incontrarsi periodicamente per condividere spunti e progetti sull’enogastronomia italiana d’eccellenza e rendere noti ai propri clienti i ristoranti che perseguivano quotidianamente gli ideali di cultura gastronomica, convivialità, accoglienza, cortesia
Carli, nasce la polvere d’olio di Oldani
e raffinatezza. Nasce così Le Soste, che quest’anno è arrivata a rappresentare ottantacinque ristoranti di cucina italiana, che operano in Italia e nel mondo. Sono infatti cinque i nuovi membri: il ristorante Christian&Manuel all’interno dell’hotel Cinzia di Vercelli, capitanato dai fratelli Costardi; Vun all’interno dell’hotel Park Hyatt di Milano, grazie alla mano dello chef Andrea Aprea; Inkiostro a Parma, con l’energia dello chef Terry Giacomello; La Bandiera di Civitella Casanova (PE) per la cucina dello chef Marcello Spadone; Krèsios di Telese Terme (BN) diretto dal giovane Giuseppe Iannotti.
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E’ recentemente stata lanciata “Polvere d’Olio”, una polvere all’olio extra vergine di oliva cento per cento Italiano nata dall’esperienza di Fratelli Carli e dalla creatività di Davide Oldani. Il prodotto è frutto di uno studio durato molti mesi: “la polvere” è in grado di arricchire ricette dolci e salate, anche solo con un “pizzico”, regalando al palato un tocco fruttato e persistente e sprigionando un profumo intenso di olio di oliva con punte aromatiche di erba e foglie verdi. “E’ una grande soddisfazione per me vedere realizzato questo nuovo prodotto, partito da una prima intuizione succeduta da numerose sperimentazioni. Fondamentale aver avuto al fianco un partner così importante come Fratelli Carli che fa dell’alta qualità una condizione irrinunciabile per i propri prodotti”, ha commentato Davide Oldani.
News
Golositalia, bene l’edizione 2017
Rovagnati, un altro Bistrò
La sesta edizione di Golositalia è andata in scena al Centro Fiera del Garda di Montichiari (Brescia). La principale novità di quest’anno è stata l’Arena Eventi, uno spazio in cui si sono alternati chef ed esperti di ristorazione per show cooking e convegni. Ospite d’onore il pasticcere Ernst Knam, che ha incantato
La super efficienza dei milanesi e di coloro che sono stati contagiati dal ritmo frenetico della città, ogni tanto, richiede il piacere di una pausa. La famiglia Rovagnati, dopo aver sperimentato il successo del primo Bistrò, inaugurato a fine novembre in Piazza XXV aprile, ha voluto bissare la proposta di un locale semplice, accogliente, anche in corso Garibaldi dove, da febbraio, ha preso forma il secondo Rovagnati Bistrò Italiano. Qui la clientela potrà
godere di un break per il pranzo o optare per un aperitivo, scoprendo la versatilità dei salumi del produttore brianzolo e sperimentando nuovi accostamenti, capaci di offrire anche degli spunti interessanti per reinventare la proposta dei salumi in cucina. L’associazione Rovagnati-Gran Biscotto è doverosa, ma tra i prodotti di punta spiccano anche i prosciutti della linea «Snello-Gusto e Benessere», così come l’appetitosa mortadella gigante Riserva Oro con Pistacchio di Bronte, ma anche la Bresaola Gran Ginestra, associata a melanzane e grana per un panino. Nel Bistrò si possono degustare i salumi come ingredienti dominanti di una cucina leggera e gustosa, che prenda forma e sapore attraverso proposte anticonvenzionali, sotto forma di stuzzicanti appetizer e come ingredienti nel light lunch. V.P.
il pubblico con i suoi celebri cioccolatini e i suoi dolci ispirati alle opere di Pollock. Secondo quanto rilasciato dagli organizzatori, sono stati raggiunti e superati per il secondo anno consecutivo i 70mila ingressi. In particolare, cresce il pubblico professionale: cuochi, baristi e gestori di locali hanno potuto conoscere le novità in tema di attrezzature professionali, nuove tendenze e richieste del pubblico. Particolarmente apprezzati i corsi e seminari grazie ai quali i gestori hanno potuto aggiornarsi. ”Un successo – ha dichiarato con orgoglio il direttore Mauro Grandi – che conferma la bontà dell’impostazione di Golositalia, che riesce a riunire pubblici e interessi diversi”.
Châteaux & Hôtels Collection presenta la Guida 2017 585 tra hotel, hotel con ristorante, ristoranti, bistrot/brasserie, maison d’hôtes. La nuova collezione dà il benvenuto a quattro nuove destinazioni europee: Germania con proposte che vanno dalla Foresta Nera alle montagne bavaresi; Austria con hotel dal Tirolo austriaco alla capitale; Grecia, con un boutique hotel a picco sul mare sull’isola di Mykonos; Portogallo, ad Albuferia, nel cuore dell’Algarve. Le novità riguardano anche la Francia che propone complessivamente 405 esperienze, conservando il suo primato, e l’Italia che, con 15 new entry, porta la sua offerta a 35 indirizzi. All’interno della guida sono racchiuse anche le 258 Tables de La Collection caratterizzate da un’offerta gourmet di alto livello che privilegia i prodotti e le tradizioni del territorio rivisitati in chiave moderna.
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Ideali per ogni menù! Pasta trafilata lentamente al bronzo | Ricette gourmet dei ripieni Sfoglia sottile e uniforme | Specialità con farina macinata a pietra Ricco ripieno morbido e cremoso Delizie Punte di Asparagi e Mandorle Delizie Baccalà e Patate Delizie alle Erbe di Campo Delizie Scorfano e Profumi di Sicilia con Farina Macinata a Pietra Delizie Mozzarella di Latte di Bufala e Olive Taggiasche Delizie Roquefort e Nocciole Delizie Finferli e Zucca Violina Delizie Cime di Rapa e Filetti di Acciughe Siciliane Delizie Cipolla Caramellata e Gorgonzola DOP Delizie Gamberi di Sicilia e Yogurt Delizie Pesto alla Genovese Spaghetto alla Chitarra con Farina Macinata a Pietra Tagliatella con Farina Macinata a Pietra
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News Valverde alla design week Acqua Valverde conferma il suo legame con il design collaborando anche quest’anno con Brera Design District in occasione del Fuorisalone 2017. È possibile trovare le bottiglie Valverde all’interno di una selezione di showroom partner e in eventi speciali come il Design Award, che si tiene alla Triennale di Milano il 6 aprile, e il The Visit (Home Like) di Studiopepe. Quest’ultimo è stato pensato come punto di accoglienza per tutti gli appassionati del Salone del Mobile che vorranno prendersi una pausa dalla caotica atmosfera milanese: Valverde si inserisce in questo contesto in quanto acqua di design, elegante e raffinata.
Annata record per Amorim Cork Cinquantatré milioni di euro di fatturato e una crescita del 10 per cento rispetto all’anno precedente: sono questi i primi e importanti risultati che emergono dal bilancio 2016 di Amorim Cork Italia. Un anno in cui ha risposto a oltre il 25 per cento delle richieste di tappi in sughero, servendo oltre 2500 cantine, forte anche di offrire un’esperienza sensoriale inedita. Proprio nel 2016 la costante opera di ricerca e sviluppo ha portato al lancio mondiale di NDtech, tecnologia di controllo qualità individuale con la garanzia di TCA non rilevabile. D’altro canto, i numeri e le tendenze in atto sono dalla parte di Amorim: nel mondo si producono circa 18,8 miliardi di bottiglie in vetro da 0,75 litri e il sughero continua a rafforzare la sua posizione con circa 11,8 miliardi di tappi venduti nel solo 2016. Protagonisti di questa nuova consapevolezza nei consumatori sono i tappi in sughero di nuova generazione che, oltre a virtù tecniche provate da una scienza all’avanguardia, mantengono la piacevolezza dell’esperienza e della ritualità del servizio del vino. Carlos Veloso Dos Santos, AD di Amorim Cork Italia
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Distribuito da Pellegrini S.p.A. www.pellegrinispa.net
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News
Pasqua guarda ai Millennial e all’ho.re.ca
Roner e il monovitigno Blauburgunder
Sono quasi due miliardi in tutto il mondo, hanno sviluppato una cultura enologica più matura e raffinata rispetto alla generazioni precedenti ma, a seconda dell’area geografica di residenza, vivono il vino in maniera differente. Si sta parlando dei cosiddetti Millennial, i nati tra gli anni ottanta e l’inizio degli anni duemila, e di quanto è emerso circa le loro abitudini da un’indagine, voluta da Pasqua, sui trend che caratterizzano il consumo di vino. La ricerca descrive i diversi tipi di “Millennial” - l’equilibrista, il tradizionalista, il “messo in pausa”, il self branded e il social worker - i quali, ognuno con le proprie peculiarità, si muovono in uno scenario caratterizzato dall’incertezza, in primis lavorativa. E proprio questa incertezza, sembra premiare il consumo di vino, che grazie alle caratteristiche in esso insite, trasmette valori quali la convivialità, la familiarità, la gratificazione. Entrando nel dettaglio, la ricerca include un focus specifico su tre Paesi: USA, Italia e Giappone. Questi mercati sono, al contempo, particolarmente significativi per Pasqua – l’estero, per l’azienda, pesa per circa il 90 per cento - e rappresentativi di tre aree geografiche: America del Nord, Europa e Far East, poiché il Giappone è da sempre considerato un trend setter dagli altri Paesi dell’area asiatica. Se gli italiani, nonostante i segni lasciati dalla crisi, risultano essere consumatori competenti ed equilibrati, gli americani sono curiosi e vivono il vino come espressione culturale e come alimento sano e moderno. Per i giapponesi, invece, il vino è ancora un mercato di nicchia - perché costoso e perché ne temono l’abuso - ma i trend in atto fanno prevedere una crescita significativa dei consumi. Quanto all’azienda, Umberto Pasqua, Presidente di Pasqua Vigneti e Cantine, e suo figlio Riccardo, Amministratore Delegato, hanno confermato, per il secondo anno consecutivo, una crescita superiore al 15 per cento, arrivando così a quota 48,3 milioni in termini di fatturato. Il numero di bottiglie vendute in un anno è passato da 13 a 15 milioni, con marginalità in aumento, poiché l’obiettivo, anche per il futuro, è produrre lo stesso numero di bottiglie, accrescendone però il valore. L’export continua a dare un contributo determinante alle performance economiche dell’azienda, ma per il futuro c’è un progetto di medio-lungo termine: si stanno infatti attivando leve e persone per crescere nel canale ho.re.ca. Il progetto si chiama “Mai dire Mai” e il brand “Cecilia Beretta” è già un primo passo in questo senso. E.S.
“Cambiare, restando fedeli a sé stessi”. Così Karin Roner, AD di Roner, riassume la filosofia dell’azienda altoatesina nota per la produzione di grappe, distillati, liquori di pregio. Una filosofia racchiusa anche nella Grappa Blauburgunder di Pinot Nero invecchiata, ottenuta con il sistema della doppia distillazione a bagnomaria. Monovitigno caldo, morbido e raffinato, predomina il gusto dei tipici sapori di frutta come ciliegia, lampone e amarena. L’aroma del Pinot Nero invec-
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chiato le conferisce il ricordo intenso dei sapori autunnali. Anche il particolare processo di invecchiamento per 12 mesi in botti di rovere contribuisce a costruire l’intensità di questo prodotto conferendole un sentore di note speziate di vaniglia e legno. Si può gustare da solo, ma anche abbinato a piatti di carne e al cioccolato al latte. Umberto Pasqua, Presidente di Pasqua Vigneti e Cantine e l’Amministratore Delegato, con i figli Riccardo, Amministratore Delegato e Alessandro, Vicepresidente per l’America.
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PROSCIUTTO COTTO FERRARINI. IL SUCCESSO NASCE DAI MIGLIORI INGREDIENTI. Scegli il Prosciutto Cotto Ferrarini e i tuoi clienti apprezzeranno da subito il profumo e il gusto unico delle tue preparazioni. Dal 1956, Ferrarini è leader nel mercato del Prosciutto Cotto, preparato nel rispetto dell’originale ricetta che lo rende un prodotto così speciale: una salamoia di ben 21 erbe aromatiche ed una lentissima cottura a vapore che arriva fino al cuore del prodotto.
Il Prosciutto Cotto Ferrarini è: senza glutine senza proteine del latte e lattosio senza polifosfati aggiunti I salumi Ferrarini sono inseriti nel Prontuario AIC
Ferrarini non è solo Prosciutto Cotto ma anche Prosciutto Crudo, Salami, Mortadelle, Parmigiano Reggiano. Scopri tutte le specialità Ferrarini su www.ferrarini.com Per maggiori informazioni e per concordare un appuntamento: Tel. +39 0522 9321, ristorazione@ferrarini.com, ferrarini.com/ristorazione
C’è più gusto a mangiare sano
News
Cena 12x12, obiettivo raggiunto Sono stati più di duecento gli ospiti della”charity dinner” di Azione contro la Fame, organizzazione umanitaria internazionale che ha chiamato a raccolta i migliori chef per un nuovo appuntamento con la grande cucina e la solidarietà. 28mila euro raccolti, due i temi importanti condivisi con gli ospiti durante la serata: la malnutrizione infantile e il problema dell’accesso all’acqua potabile. La cena 12x12 è stata l’occasione per dimostrare anche l’impegno concreto degli chef, dei partner e delle aziende del settore “food & beverage” coinvolte: dodici nomi importanti della ristorazione italiana, per un totale di quattordici chef e otto stelle, si sono avvicendati ai fornelli. Tutti gli chef hanno partecipato gratuitamente, così come gli sponsor e i partner. La cena è stata organizzata in collaborazione con Taste of Milano e l’Associazione Professionale Cuochi Italiani.
Perbellini, chef a domicilio per beneficenza Dall’8 al 22 marzo, in occasione della festa della donna, si è tenuta l’asta solidale con in palio un’esperienza di gusto davvero irripetibile: una cena a domicilio firmata dallo chef due stelle Michelin Giancarlo Perbellini, che ha scelto di aderire all’iniziativa charity in qualità di testimonial dell’Ong veronese ProgettoMondo Mlal. il ricavato, pari a 2.700 euro, contribuirà al sostegno Lo chef Giancarlo Perbellini
Summa celebra il ventennale Summa, kermesse altoatesina organizzata da Alois Lageder a Casòn Hirschprunn e Tòr Löwengang, Magrè (BZ) e dedicato all’eccellenza vitivinicola internazionale, festeggia i suoi 20 anni. Ed ecco le novità: quest’anno si terrà eccezionalmente nella giornata di domenica 9 aprile e sarà riservata soprattutto agli operatori del settore, con posti limitati per visitatori interessati.Sabato 8 si terrà la serata di apertura, che darà risalto a questa ricorrenza attraverso il Walking Wine Dinner, intitolato Sette premium chef per Summa. L’evento viene organizzato insieme ai vignaioli che partecipano a Summa e in partnership con Care’s – The Ethical Chef Days, progetto ideato dallo chef Norbert Niederkofler del ristorante St. Hubertus Rosa Alpina. In particolare, ottanta vignaioli e sette cuochi di fama internazionale – Giancarlo Morelli, Anatoly Kazakov, Fratelli Costardi, Norbert Niederkofler, Thorsten Probost, Yoji Tokuyoshi e anche la squadra di Hannah & Elia, da anni partner di Summa - delizieranno con le proprie creazioni, basate su principi di stagionalità e regionalità, i palati dei presenti alla cena. In abbinamento, una selezione di oltre 80 etichette di Summa - 20th Anniversary.
del programma di cooperazione allo sviluppo “Mamma”, progetto che punta a garantire un’alimentazione adeguata a donne e bambini. L’asta era rivolta ai residenti delle città di Verona, Rovigo, Trento, Milano e Venezia. Si è partiti da una base di un euro a persona per una cena rivolta a un massimo di sei. Per la preparazione del menù, Perbellini si è servito della cucina di casa ricorrendo agli ingredienti presenti nella dispensa del vincitore, con una sorpresa speciale: la preparazione di alcuni piatti realizzati con gli ingredienti scelti e portati personalmente dallo chef che ha cucinato assieme al suo fedelissimo sous-chef Giacomo Sacchetto.
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News
Nuovo look per Peroni A cambiare è anzitutto l’etichetta, con un’originale forma a pentagono che andrà a vestire la Peroni Gran Riserva Doppio Malto, la Rossa e la Puro Malto. All’interno, maggiore rilievo va al nome di gamma, “Gran Riserva”, e resta saldamente al suo posto - seppur con una diversa impostazione grafica - il celebre “biscotto Peroni”. Per quanto riguarda i colori associati alle tre referenze, si confermano il nero per la Peroni Gran Riserva Doppio Malto e il rosso per la Peroni Gran Riserva Rossa. Cambia invece il colore della Peroni Gran Riserva Puro Malto che da blu diventa oro, lo stesso individuato per il logo dell’intera gamma: un omaggio all’orzo utilizzato e al malto 100% italiano, base della qualità Gran Riserva e di tutte le birre della famiglia Peroni.
Riva del Sole, protagonista chef Tabacchi
Franciacorta, nel 2017 si punta sul bio Buone le performance 2016 per la Franciacorta: cresce in Italia, ma cresce soprattutto all’estero, con un aumento dell’export del +15 per cento. Il principale mercato si conferma il Giappone, che a oggi costituisce il 22 per cento del totale, seguito da Svizzera (15,2%), Germania (13,2%), USA (12,4%). In netto aumento l’interesse dei paesi scandinavi: +249% per Norvegia, +514% per la Svezia. Nel 2016 le bottiglie vendute sono complessivamente 17.4 milioni; la domanda ha espresso un consenso crescente verso il Satèn, che fa rilevare un incremento del 14 per cento, e del Rosé, che cresce del 11 per cento. Grazie a questa spinta positiva, numerose saranno le attività nel 2017: oltre agli ormai consolidati Festival Franciacorta D’Estate, Festival Franciacorta in Cantina, ci sarà un ricco calendario di Festival itineranti in Italia e all’estero. Franciacorta sbarcherà a Pesaro, Vicenza, Roma, Monaco, Londra e Lugano. Ma le novità si vedranno anche in vigna: in Franciacorta sono sempre più numerosi i vigneti coltivati secondo il regolamento biologico: presto il 65 per cento della superficie vitata sarà certificata bio.
Inaugurato l’Antico Verbano di Meina Direttamente affacciato sul Lago Maggiore, l’Antico Verbano Ristorante e Bistrot è un ambiente moderno, elegante e rilassante, con cui ben si sposa la cucina dello Chef Sami Retzguy, che da gennaio 2017 ha preso la gestione del locale. Sami porta con sé un considerevole bagaglio di esperienze: è stato protagonista nelle brigate di alcune importanti cucine di Londra, Parigi, Costa Azzurra, Qatar, Milano e Stresa. L’Antico Verbano Bistrot, adiacente al ristorante, offre una cucina più informale.
È tutto pronto a Riva del Sole per la nuova stagione, che parte il 15 aprile con diverse novità: due nuove Junior Suite e trentasei nuove camere Doppie Classic NEW comunicanti. Non solo: per quanto riguarda la ristorazione, Stefano Tabacchi, chef italiano, ma di esperienza internazionale guiderà le diverse aree ristorative di Riva del Sole. Tabacchi, originario delle Dolomiti, dopo una lunga carriera consacrata tra Italia e Stati Uniti, passando per il Kenya e il Giappone, arriva ora sulla costa di Castiglione della Pescaia, dove porterà i suoi piatti d’autore.
Lo chef Sami Retzguy
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Cantina Tollo, crescono i vini bio
“Exclusive”, il PET di Norda per l’ho.re.ca
+35,5 per cento per i vini bio, +11,8 per cento per la linea Premium. Queste le performance registrate dalla cantina abruzzese nel primo semestre dell’esercizio 2016-2017. Dopo aver chiuso, al 31 agosto 2016, il 2015-2016 con un fatturato di 38 milioni di euro da settembre 2016 a febbraio 2017 segna già un incremento del +2 per cento, con indicatori positivi anche sull’export che rappresenta per la Cantina il 32 per cento del fatturato. Come si diceva, trainano la crescita i vini biologici, un segmento sul quale l’azienda vitivinicola di Tollo ha scelto di credere e investire già nei primi Anni 90.
“Exclusive” è il significativo naming che Acque Minerali d’Italia ha scelto per caratterizzare la linea di bottiglie in PET per il canale Ho.re. ca. Con questa nuova proposta il Gruppo che fa capo alla famiglia Pessina al quale appartengono anche Sangemini e Gaudianello, si riconferma partner dell’ho.re.ca. La linea Exclusive sarà distribuita sotto il marchio Norda, brand di punta del gruppo nel canale della ristorazione. La linea Norda “Exclusive” prevede, nella fase iniziale di lancio, due formati: la bottiglia da 1 litro e quella da mezzo litro, nelle versioni “mossa” (frizzante) e “ferma” (naturale).
Agnelli, l’alluminio in cucina Era il 1907 quando Baldassare Agnelli, capofila di Alluminio Agnelli, realizzò per la prima volta pentole professionali in alluminio. Una sintesi di caratteristiche vincenti proprie dell’alluminio stesso: prodotti in alluminio puro, impermeabili, capaci di resistere alle alte temperature e in grado di trasmettere al proprio interno il calore in modo uniforme a tutta la superficie, senza che il metallo interagisse chimicamente con gli alimenti. Oggi Baldassare Agnelli e il figlio Angelo, rispettivamente terza e quarta generazione della famiglia alla guida dell’azienda celebrano 110 anni di attività, ma anche di traguardi e nuovi obiettivi. E parlando della pentola ne descrivono la sua filosofia “Per noi dietro la pentola c’è tutto. C’è il presente, c’è il futuro, ma soprattutto c’è la nostra storia. Un’azienda che ha oltre un secolo di storia, siamo nati insieme alla ristorazione italiana”. E continua Angelo “Negli anni abbiamo seguito e accompagnato gli chef adattando gli strumenti di cottura alle esigenze della ristorazione. Insomma nel mondo della ristorazione non ci sentiamo solo partner ma anche e soprattutto complici”.
Molino Pasini lancia FOO’D Edition Una “capsule” nata dal rapporto di stima e collaborazione tra l’azienda mantovana e Davide Oldani. Per la prima volta uno chef stellato studia e firma una linea di farine ad alto contenuto di fibre e sali minerali, in un packaging pop e accattivante. Il formato è ready to use - 500 grammi – ideale anche per le preparazioni domestiche. Sul retro delle confezioni si posso trovare le ricette appositamente studiate da Davide Oldani.
Buon Ricordo, la cena dedicata a Norcia La sera di venerdì 7 aprile, i ristoranti del Buon Ricordo imbandiscono una simbolica tavolata che mette in tavola centinaia di commensali e sarà dedicata a Norcia, a cui sarà devoluta una somma in segno di solidarietà e vicinanza. Verrà realizzato per l’occasione un piatto speciale in ricordo della serata, che sarà distribuito solamente in questa circostanza e sarà dipinto a mano dagli artigiani delle Ceramiche Artistiche Solimene di Vietri sul Mare, che realizzano dal 1964 il piatto simbolo di ciascun ristorante associato al sodalizio. Sul piatto sono dipinti i nomi dei due ristoranti del Buon Ricordo di Norcia, ovvero il Granaro del Monte dal 1850 e Vespasia di Palazzo Seneca.
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Santa Sofia, cinquant’anni trascorsi in un sorso Cinquant’anni fa la famiglia Begnoni intreccia la sua storia con quella di Santa Sofia, Valpolicella. Un anniversario importante, che la famiglia Begnoni ha voluto suggellare con una cena realizzata a quattro mani da due tradizionali realtà del panorama culinario di Valpolicella - Trattoria e Trattoria Alla Ruota -. Durante la serata Giancarlo e Luciano hanno fatto rivivere, con i loro racconti, il presente e il passato di
Fausto Maculan, con le figlie Angela e Maria Vittoria
Maculan, limited edition per un anniversario Si chiama XL Vendemmia ed è un vino speciale per celebrare una ricorrenza speciale. Lo hanno voluto realizzare Angela e Maria Vittoria Maculan, per festeggiare la quarantesima vendemmia del padre Fausto. Una tiratura limitata di 300 magnum frutto della selezione della migliore produzione del 2013, quella di Cabernet Sauvignon Breganze DOC del vigneto Branza, a Breganze. Le bottiglie sono vestite da un’etichetta fatta a mano dall’artista vicentino Pino Guzzonato, realizzate trasformando in carta la fibra ottenuta dai raspi degli stessi grapppoli d’uva da cui si è ottenuto il mosto. La prima bottiglia viene stappata a Vinitaly.
Genagricola, l’agricoltura diventa business
Alessandro Marchionne
Una storia di successo tutta italiana, quella di Genagricola, che prende vita nel 1851, grazie all’investimento nel settore agricolo di Assicurazioni Generali: viene così acquisita tenuta Ca’ Corniani, una vasta area paludosa e malarica vicino a Caorle, in provincia di Venezia. Opere di ingegneria idraulica e duro lavoro la rendono presto un centro agricolo all’avanguardia e densamente popolato: 3000 braccianti, organizzati in 70 mezzadrie, hanno a disposizione scuole, chiese, un ufficio postale e addirittura un centro ricreativo, con tanto di cinema. Oggi Genagricola è un organismo complesso e strutturato: Genagricola Spa, holding agroalimentare del Gruppo Generali Italia, è la più grande azienda agricola italiana, con 23 aziende in Italia e 2 all’estero, un totale di 13mila ettari coltivati, 47milioni di fatturato. Quattro le aree in cui opera: allevamento, coltivazione di colture erbacee, oroduzione di energia rinnovabile e viticoltura. Quest’ultima comprende sette aziende vitivinicole in Italia - con i marchi Borgo Magredo, Bricco dei Guazzi, Costa Arente, Gregorina, Poggiobello, Solonio, Tenuta Sant’Anna, Torre Rosazza, Vineyards V8+ - e una in Romania (Dorvena). Con l’arrivo del nuovo AD Alessandro Marchionne, è stato avviato un processo di forti investimenti; in particolare, la divisione vitivinicola e commerciale è stata separata dal resto ed è stato avviato un importante programma di investimenti fondiari, con lo scopo di acquisire nuove tenute vitivinicole.
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Santa Sofia, una realtà storica del territorio veronese. Fondata nel 1811, conserva ancora oggi le cantine utilizzate per l’affinamento dei vini già nel XIV e il XV secolo, ma a essere precisi, le origini risalgono al 1300. Giancarlo, enologo della scuola enologica di Conegliano Veneto, negli anni 60 rileva l’azienda dalla contessa Rizzardi, proseguendo quella che ama definire la “strategia dell’eccellenza”. La svolta – ha raccontato Begnoni - arriva nel 1967, con la nascita del primo Amarone della Valpolicella Santa Sofia, annata 1964. Nello stesso anno vede la luce anche la Riserva dell’Amarone della Valpolicella, Gioè, nell’annata 64. Oggi l’azienda gestisce 24 ettari di vigneto nella Valpolicella Classica e posiziona i propri vini sul mercato di circa sessanta paesi nel mondo, grazie all’instancabile lavoro di Luciano Begnoni, figlio di Giancarlo. L’entusiasmo e l’orgoglio di padre e figlio traspare tutto nel racconto e nella descrizione che hanno fatto dei proprio vini, che vanno dall’Amarone al Ripasso, passando per il Recioto e per un apprezzabilissimo Soave spumantizzato. E.S.
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L’intervista
Crippa: “E’ dura essere troppo bravi!” di Maurizio Bertera
Una bella storia, quella dello chef brianzolo che ha portato le tre stelle ad Alba, nel ristorante Piazza Duomo. C’è un aspetto nella storia di Enrico Crippa, uno dei più grandi cuochi italiani, che sanno solo (e non tutti) gli addetti ai lavori. Quando nel 2003, venne convocato dalla famiglia Ceretto per il colloquio decisivo sul futuro Piazza Duomo, stava lavorando in un ‘albergone’ di Paderno sull’Adda, dove era consulente Luciano Tona. Pazzesco per uno dei migliori allievi di Marchesi (che nel 96, a soli 25 anni, lo mandò in Giappone a seguire il ristorante del gruppo) e per un talento del genere. Eppure, il brianzolo – non ancora di Langa – faceva il suo dovere tra un banchetto di nozze e un pranzo di lavoro. “Ma non ero stressato o depresso, pensavo che prima o poi sarebbe passato qualcosa d’interessante. Intanto, ripassavo i fondamentali e poi ero vicino a casa” racconta con il sorriso zen che si è portato indietro dal periodo giapponese, insieme a una visione che ha contribuito all’unicità della sua cucina. Sembra incredibile: il cuoco più ‘orientale’ d’Italia crea nella terra dove attentare alla tradizione è ai limiti del reato penale. E fa sorridere che nel capolavoro a tre stelle Michelin – nonché 17° nella The World’s 50 Best - ci sia riuscito un ‘bagaj’ di Carate Brianza, classe 1971. Enrico, per chi non conosce Piazza Duomo e la tua storia legata a questo posto, vale la pena raccontarla. La prima cosa che ti viene in mente a dodici anni dall’apertura. La grandezza e la signorilità di Cracco. Quando nel 2003 venne a sapere che stava nascendo un progetto con grandi ambizioni, consigliò me. Bruno Ceretto chiese a Carlo, amico di lunga data, se aveva un cuoco bravo come lui da consigliargli per il nuovo Piazza Duomo, si sentì rispondere “Uno bravo come me non ce l’ho, ma uno più bravo di me sì”. L’ho saputo anni dopo, chiaramente. Cracco è una persona diretta, sempre, ma correttissima.
Beh, Carlo non ha rischiato brutte figure. Troppo facile un consiglio così. No, no.. .Perché non si partiva per fare un buon locale ma un grandissimo ristorante. Ricordo come fosse oggi la prima riunione, praticamente due anni prima dell’apertura ufficiale. Ceretto lo spiegò “Io voglio arrivare alle tre stelle Michelin, perché questo straordinario territorio lo merita”. E per tre volte, mi disse: “Ha capito, Crippa?”. Ecco perché ancora oggi sento il dovere di impegnarmi strenuamente: ho avuto da loro carta bianca e ora sono socio. Insisto, non eri un cuochino. È come se una neopromossa in Serie A, per arrivare in Champions League ingaggiasse un titolare azzurro, già esperto e con un buon palmarès. Onestamente: ero un mezzo sconosciuto. Difatti ho fatto benissimo a fare due grandi stages prima di aprire nel 2005: sei mesi da Ferran Adrià per capire cosa stava succedendo lì e quattro da Michel Bras che mi ha sempre affascinato per la visione vegetariana e il fatto che sostanzialmente non si muova dal suo locale. Un po’ come il sottoscritto, insomma. Il messaggio insito nella storiella: si può arrivare al top nel mondo anche se l’ultima esperienza è di livello normale, se non scarso. Sembra impossibile. Invece è possibile A patto che lavori per ore e ore, continui a crederci e non stacchi quasi mai. Il mio solo hobby è la bicicletta, lo sanno tutti. E poi se il mestiere lo puoi imparare, qualcosa devi avere dentro. Una vocazione proprio come un campione del calcio, restando nel paragone precedente. Ma attenzione, essere più bravi degli altri non ti fa vivere concretamente meglio. Sei sempre concentrato, teso. È dura. Parliamo del presente? Come è lo stato dell’arte di Piazza Duomo? Beh, c’è stata una logica crescita. Abbiamo più consapevolezza del nostro valore. Poi se guardo la prima carta, vedo uno sviluppo importante senza
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rinnegare assolutamente le radici. Siamo partiti con un 60% di proteine e il 40% di vegetale, ora siamo all’opposto per un’evoluzione personale, legata alla passione per gli orti e la serra. E poi sono più saggio, rispetto al 2003. Vissani ha detto di te: bravo ma fa troppo orto. Non posso lamentarmi del giudizio, dopo aver letto gli altri che ha dato. Capisco lui e tanti colleghi della sua generazione ma ritengo siano davvero cambiati i tempi. Il vegetale offre una ricchezza infinita rispetto alla carne e lo dice uno che ha sotto casa il miglior ‘portafoglio’ in Italia. Basta solo ragionare sul numero di piatti possibili e alla fine, un cuoco lucido non può che considerare più interessante il vegetale, al di là delle sue convinzioni etiche. Quale futuro vedi per la carne? Mai demonizzarla, piace anche a me. Ma la rotta tracciata è quella di mangiarne poca e selezionata, tanto più che nel cliente – anche per l’effetto dei media - si preferisce il pesce e il vegetale. Me ne rendo conto quotidianamente, persino tra gli
Nella pagina a fianco: Riso rosa e gamberi; in questa pagina: lo chef Enrico Crippa.
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L’intervista stranieri c’è il piacere evidente di gustare la nostra verdura, che si sognano a casa loro. La ritengo un vero patrimonio. A questo punto parliamo della ‘dispensa verde’, ormai mitica di Piazza Duomo; decine e decine di ortaggi, erbe, fiori. Due orti per due ettari e mezzo, una serra di 120 metri per 12. E’ il cuore del sistema, tan-
In questa pagina da sinistra: Merluzzo al bagnetto rosso e Tinca al carpione; nella pagina a fianco: l’esterno del ristorante “Piazza Duomo” di Alba (Cuneo).
Tradizione e provocazione Piazza Duomo ha una carta ricca e particolare: la tradizione piemontese, quella italiana e l’avanguardia nei gusti e nelle forme. “Soprattutto gli stranieri vogliono i piatti del territorio e io non vado certo a toccare i capisaldi come gli Agnolotti al plin – spiega Crippa – ma al tempo stesso ritengo che il menu che più mi rappresenti è Tradizione e Innovazione dove gioco sulla materia prima e rivisito la ricetta classica. Un esempio è rappresentato dalla Tinca in carpione che ho destrutturato, presentato in modo elegante ma il gusto è rimasto invariato, molto più digeribile. È un lavoro complicato, perché sin che inventi piatti nuovi, pochi possono criticarti mentre se tocchi la storia non puoi sbagliare”. Il menu Evasione e Territorio unisce piatti del Piemonte a visioni ittiche e idee provocatorie, in primis l’Insalata di uova e uova. Poi ci sono i degustazione a nove e undici piatti, nel secondo caso con i due in più scelti ‘live’ dallo chef. Per chi preferisce ‘pescare’ dalla carta, la proposta si articola su 25 piatti (dolci esclusi) con la più famosa sezione insalate in Italia: oltre a quella già menzionata, ci sono quella del Vignaiolo (altro cult) e la celeberrima 21…31… 41… che ha una peculiarità: “Nella composizione, non solo è diversa tra estate e inverno, ma è differente tra il servizio del pranzo e quello della sera. A volte, è diversa pure tra ciascuno dei commensali” commenta Crippa, che fa consegnare insieme al piatto una sorta di pergamena dove sono indicati tutti gli elementi contenuti. M.B.
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to che invece che prendere quattro cuochi in più, ho optato per quattri ragazzi che lavorano con il mitico Walter a cui si deve l’inizio di tutto. Dicono che lavorare in cucina è dura, ma nei campi pure. Ecco perché mi sono segnato la frase che mi ha detto Joan Roca, quando è passato di qua. ‘Lavorare con la natura in questo modo è la cosa più difficile in assoluto per un cuoco’. Ha ragione, perché costringe a misurarsi con variabili imprevedibili e aggiustamenti continui. Non è facile spiegare alla brigata perché da una settimana all’altra, quell’elemento che prima conferiva il croccante si rifunzionalizza nel senso della pastosità Negli orti, vai sempre ogni giorno? Prima di venire in cucina, ci passo tre quarti d’ora. Poi un paio di volte alla settimana, faccio un giro più attento e meditato. Il vantaggio è che esco da Alba - poco prima delle sette – lo devo raggiungerlo in senso opposto al traffico e questo mi consola in inverno, quando regna il buio. In primavera, è un momento fantastico: vado e regolarmente nascono idee per i piatti, a volte non capisco se sono io che mi accorgo di quel prodotto o è il prodotto che si fa notare. Un concetto da farm restaurant, praticamente. Siamo ancora lontani dal concetto. Sono stato recentemente al Blue Hill Farm, il massimo. Ma quello è un sistema e non un ristorante: Dan Barber ha stabilito una serie di collaborazioni scientifiche e lavora in base a studi sul terreno, sul clima, sul comportamento degli animali. Si lavora anche sull’utilizzo del letame per il riscaldamento… Produrre la materia prima è più importante che servirla, tra l’altro in modo pure originale. C’è ancora tanta strada per noi. Mi ha colpito una frase sul sito di Piazza Duomo. “I miei sono piatti istintivi, non c’è nulla da capire ma solo da esperire”. Detto dal ‘giapponese d’Italia’ che cura persino la fondina o il contenitore per i suoi gioielli, suona strano. Volevo dire che sto cercando sempre più il gesto, l’immediatezza. Non voglio che in sala ci sia qualcuno costretto a spiegare troppo il piatto, sennò significa che l’ho complicato e basta. La complessità ci sta, vedi l’Insalata 21,31,41…ma c’è alla base una logica semplicissima, verticale nel gusto e nel disegno. Evito i piatti non leggibili, insomma. E sei anche il solo tra i grandi d’Italia a tenere una sezione importante del menu dove la tradizione è replicata o al massimo rivisitata. Obbligo verso la Langa o passione? Partiamo da un concetto: lavoro in una terra dove re-
“In carta? Solo vini giusti” “Se per tante cose mi sono sempre sentito un cuoco che ha lavorato con Marchesi e non un vero allievo, per quanto riguarda il vino ammetto che ero marchesiano osservante sino al mio arrivo in Langa – racconta Crippa – non sono mai stati fissato con l’abbinamento stretto e non mi dispiace tuttora bere acqua o tè con il cibo. Ma pian piano ho capito che un grande vino non solo ha senso con ‘quel’ piatto ma può esaltarlo”. L’intelligenza di uno chef si vede anche nella confessione di un limite e nella scoperta di un mondo nuovo, guidato da chi è esperto. Quello di Piazza Duomo si chiama Vincenzo Donatiello- classe ’85 e enfant prodige della sommellerie italiana – che da settembre 2013 è il restaurant manager & wine director: è lui a gestire 1800 etichette per un totale di 15mila bottiglie. Una cantina dove le sezioni importanti sono quelle classiche: Piemonte e grandi regioni italiane, Champagne, Borgogna e Bordeaux, Rodano e Loira…Ma negli ultimi anni, è cambiato l’approccio. “Visto che i cinque menu degustazione e la clientela molto preparata ci permettono di stappare tanto – spiega Donatiello – abbiamo la possibilità di cercare nuovi prodotti, anche poco conosciuti. Stiamo lavorando per rendere più snella la cantina, visto che bene o male arriviamo a vendere 10mila bottiglie l’anno. Ci piace sorprendere da una stagione all’altra, magari cambiando tanto”. Ecco perché nella cantina di Piazza Duomo non troverete tutti i classici. “A noi piace valutare il vino non per l’etichetta ma per quello che si trova nella bottiglia, che come sappiamo non per forza è valido sempre. E’ la curiosità a portarci in giro e fare molti km per trovare i vini giusti per la cucina di Enrico”. M.B.
spiri tradizione a ogni angolo. Per me è un patrimonio immenso che non va sconvolto: si può giocare sull’estetica, ma il gusto deve essere quello originario tanto che quando penso a rivisitare qualche piatto, prima lo faccio assaggiare ai clienti meno giovani. Se dicono ok, lo si può considerare per la carta.
Qualche tuo collega non resiste all’idea di smontare, rimontare, cambiare la tradizione. Io non ne sento l’esigenza, ma non perché sono ad Alba. Sono convinto che un tre stelle vicino al Duomo deve avere in carta il risotto con l’ossobuco e la costoletta: magari con un tocco di leggerezza o di stile ma senza toccare l’essenza della ricetta. Uno straniero, e ormai sono la maggioranza dei clienti, deve avere la possibilità di mangiare questi piatti come sono stati concepiti: mi dici perché dovrei cambiare la Carne cruda all’Albese? Sei considerato uno dei cuochi perennemente in sala di comando. Vero? Salvo in pochissime uscite, tra rappresentanza e congressi, sono qui. Può essere un vantaggio o un limite per la brigata, a seconda di come si ragiona. Ma ho sempre sentito l’importanza di essere ‘sul pezzo’, pur fidandomi di loro. Ora sto facendo un passo indietro, mi piace dare più spazio ai ragazzi e seguire maggiormente il ‘meccanismo’ nell’insieme. Non mollare mai, potrebbe essere il tuo motto. Ma anche di tanti colleghi. Io cerco di pensare che c’è sempre un traguardo successivo alle tre stelle Michelin o al 17° posto nel mondo: quello di diventare più bravo. E soprattutto di far stare bene la gente. Molti pensano sia retorica, non lo è. La verità è che se il ‘cassetto’ resta importante per vivere senza problemi, la soddisfazione che percepisci parlando con un cliente consente di andare a dormire bene e di svegliarti quattro ore dopo con la voglia di lavorare. Per me – e penso un mare di cuochi – questa è la benzina che muove tutto. Uno pensa che per un lombardo – brianzolo, pardon – il sogno sia lavorare in un grande locale di Milano o in qualcosa di unico vicino a casa. Per
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di più, con i piemontesi c’è storicamente un rapporto non facile. Invece, ti considerano uno dei loro. Diciamo così: Brianza e Milano sono due mondi diversi mentre ho trovato una buona sintonia tra la mia terra e la Langa: si lavora forte in entrambe le zone, senza tirarsela. Semmai qui, sono più asciutti e girano con la Panda anche se hanno la Jaguar, perché non amano mostrare. Da noi, se hai un Suv all’ultimo grido lo usi ogni giorno, per vanità ma anche per motivare i dipendenti a impegnarsi di più per averla pure loro. Ma poi, in definitiva, è che qui ho trovato un posto bellissimo, con tanto verde e che si prestava perfettamente alla mia idea di cucina. Quindi non ti vedremo mai sotto la Madonnina? Per ora non ci penso, poi ce ne sono già tanti... A parte, non ho niente contro Milano e le città, in genere: ho già lavorato a Parigi, Kobe, Osaka. Posti interessanti, eppure mi stanco facilmente: troppa gente, troppo rumore, troppe auto. E poi a Milano, sento immediatamente pressione anche solo andando in giro e io ne ho abbastanza in cucina. Qui ad Alba, prendo la bici e mi rilasso subito: 40, 60, anche 100 km. Il massimo, ovviamente nel giorno libero. Ok Enrico, ci arrendiamo. Per chiudere, il sogno del brianzolo di Langa. Seguire il Giro d’Italia da cicloamatore. Quanto alla cucina, un ristorante aperto solo a pranzo, perché cambia la percezione dei piatti e hai più tempo per ragionare. Dedicare una giornata a una grande esperienza culinaria secondo me è il massimo della vita: arrivi senza stress, magari bevi un aperitivo in piazza, non hai fretta a tavola, fai una passeggiata dopo… •
L’opinione
Collezione Lunelli, pezzi unici di Mauro Remondino
Questo non è un atto dovuto alle Cantine Ferrari di Trento. E’ una riflessione su come questa azienda confeziona da anni le proprie bollicine. Scomodare l’eccezionalità è probabilmente così semplice che si rischia l’ovvietà. Certo è che l’annata 1995, mes-
che dura da tempo. Una continuità che conferma la regola. Con il 1995 tuttavia si è raggiunta una punta di eccellenza senza confronti. I fratelli Lunelli chiamandola Collezione l’hanno messa giustamente in un novero di prodotti da sogno per chi ama la buona tavola. Autentico simbolo del made in Italy. Lo chardonnay maturato sui lieviti sedici anni ha avuto una
care le bottiglie in cantina, soltanto in questo modo si può davvero apprezzare la grandezza di come può evolvere un vino. Questione di conoscenza e cultura enologica. Non bisogna avere fretta di versare nel bicchiere. Questo vale in generale come principio. Un grande vino restituirà la fiducia. Tornando al caso specifico la grande cuvée di casa
sa in magnum della Riserva del Fondatore, fatica a trovare, in positivo, l’aggettivo esatto per rendere quanto questo caso rappresenti l’optimum. Una prova stilistica della casa di Ravina forse insuperabile. Il prestigio forse gioca un ruolo significativo per spiegare quanto si può ottenere e produrre con una qualità unica da una vigna come quella storica di Maso Pianizza. Morfologia, esposizione e altitudine sono la costante fissa. Non soltanto da questa annata naturalmente, ma da una lunga sequenza
evoluzione difficilmente riscontrabile nel panorama tricolore di chi produce bollicine. Un caso? Perché no se il caso riconduce a una annata considerata difficile e tuttavia governata magnificamente dai padroni di casa. Lasciata immobile per anni in cantina la Riserva del Fondatore 1995 si è presentata, immediatamente dopo l’apertura, con una incredibile freschezza e un perlage sorprendente e lungo. Un altro passaggio da non sottovalutare: per i grandi vini, le grandi annate, bisogna dimenti-
Ferrari conferma tratti quasi scontati nella loro eccezionalità: la complessità, l’eleganza, la finezza e i toni dell’albicocca e del fico maturi, la crema pasticcera, una tostatura appena accennata accanto a una leggera e intensa speziatura. Si potrebbe continuare perché l’evoluzione nel bicchiere ha rivelato altre allettanti caratteristiche. Dunque un pezzo unico, un passo storico nel cammino dell’azienda produttrice trentina e italiana. Bollicine di prestigio che restano a memoria nell’incallito gourmet.•
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LavelliADV.it
Norda LUXURY
L’opinione
Cuochi, occhio alla salute! di Matteo Scibilia
Si intensificano le iniziative pubbliche dei cuochi, con finalità rivolte all’aspetto salutistico del cibo. E’ una nuova moda, oppure si tratta di un risveglio di coscienza collettivo da parte della categoria ? I cuochi, nuovi opinion leader ed anche icone del settore, hanno grandi responsabilità quando si parla di cibo e salute. Nel sostenere una mia vecchia affermazione, ovvero che il cuoco non è un medico né un farmacista, non si può però negare che il cuoco del futuro, anzi già di oggi, debba diventare sempre più uno specialista, quasi uno scienziato dell’alimentazione, affidabile ed esperto. Allergie, intolleranze, vegetariani, vegani, e tanto altro ancora, sono ormai le nuove frontiere con cui la categoria deve confrontarsi. Piaccia o non piaccia. La cucina, in fondo, è qualcosa di ancestrale: il fuoco ha permesso all’uomo di ampliare la quantità di cibo a disposizione, basti pensare al maiale o alle patate che crudi non si possono mangiare… ma anche la globalizzazione oggi ci permette di avere a disposizione, quasi in tempo reale, ingredienti dell’altra parte del globo che in qualche maniera stanno contaminando le nostre cucine.
La figura del cuoco è in continua evoluzione, grazie non solo alla chimica ma anche alla scienza medica che giornalmente ci indica quali sono le nuove barriere: io stesso collaboro con una industria farmaceutica specializzata in farmaci per curare il diabete e sul sito specifico “ il tuo Diabete.it “ sono filmate molte ricette dedicate all’argomento. Premetto sempre che tento, in ogni caso, di salvare il gusto e la tradizione. Ma non si può non ricordare che molte malattie sono proprio collegate ad un uso sconsiderato di zucchero e di sale, basti pensare alle tante bibite gassate ed ai dolcetti per bambini, ricchissimi appunto di zuccheri e di latte in polvere. Iniziative simili, grazie a molti chef sono ormai all’ordine del giorno; in luoghi spesso dove l’immaginario fa la sua parte, ecco che in Alto Adige, piuttosto che in riva al mare, convegni di cuochi affrontano il tema degli stili di vita e della qualità del cibo, ormai diventati un tutt’uno con il lavoro del cuoco stesso. A fine gennaio, sono stato coinvolto in un grande evento farmaceutico, Winter Village,a Milano, dove ho cucinato decine di piatti con attenzione particolare a grassi, zuccheri, carboidrati e alcool. Fra l’altro, ho realizzato una fantastica mousse di cioccolato al 75 % di cacao, con pochissimo zucchero, senza
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burro e panna, quindi senza lattosio, ma con olio extravergine di oliva. Forse basta poco per cambiare. Il cuoco oggi ha una grande responsabilità, quasi un obbligo, non solo nel cucinare con materie prime di qualità (e il più possibile vicine a casa, seppur senza l’illusione del km zero) , ma anche quella di educare il cliente ad una maggiore consapevolezza del fatto acclarato che “mangiare bene fa star bene”. Va bene che il cuoco sia testimonial e attore in televisione (fino a un certo punto) ma soprattutto deve essere un professionista in grado di comunicare, attraverso i suoi piatti e le sue ricette, uno stile di vita adeguato ai tempi. La curiosità e l’utilizzo di nuovi ingredienti che provengono da ogni dove permettono al cuoco di ampliare moltissimo questa suo impegno per una cultura salutista: penso ai nuovi cereali, legumi, farine, anche senza glutine, che si adattano a lavorazioni professionali e consentono creatività nell’ esecuzione: senza dimenticare mai di assicurare all’ospite l’emozione del gusto, che deve restare la finalità del cuoco. Cucinare bene, ai massimi livelli, soddisfacendo le aspettative del cliente e facendolo godere.•
Cover story
Atelier des Grandes Dames, protagoniste le Chef
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di Alberto P. Schieppati
Secondo “capitolo” della valorizzazione delle donne chef da parte della Maison Veuve Clicquot: un progetto nato per supportare le professioniste dell’alta ristorazione. La Guida Michelin e Veuve Clicquot premiano Caterina Ceraudo, una stella, chef calabrese di Strongoli (Kr), durante un grande evento a Milano. Sono state le ampie e raffinate sale di Palazzo Clerici, a Milano, il palcoscenico per una memorabile serata che ha visto protagoniste alcune donne chef italiane, insieme alle bollicine di Veuve Clicquot: un evento che è solo una tappa di un ambizioso progetto, l’Atelier des Grandes Dames, che vede nella collaborazione con Michelin un momento significativo. Chi sono le donne chef nel panorama dell’alta ristorazione italiana? Qual è il loro peso e come emergono nel settore? Quali sono i loro obiettivi, le loro problematiche e in che modo si rapportano con la propria clientela? E, soprattutto, come comunicano il loro talento? La Maison Veuve Clicquot, che fa parte del Gruppo Moet Hennessy, si è impegnata a dare una risposta a tali quesiti, o quantomeno a collaborare con la propria esperienza alla valorizzazione dell’attività delle donne chef: peraltro,Veuve Clicquot negli ultimi anni va assumendo un ruolo sempre più da protagonista all’interno del mondo dell’alta ristorazione al femminile, con iniziative che si integrano perfettamente nella filosofia e nella storia del brand. La Maison è da sempre conosciuta per il suo sostegno alle donne più audaci e innovative:
Le donne chef dell’Atelier des Grandes Dames con, a sinistra, Dominique Demarville (Chef des Caves di Veuve Clicquot) e, a destra, Francesca Terragni, Direttore Marketing e Comunicazione di Moet Hennessy Italia.
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Cover story
tutto ha inizio con madame Clicquot, che con lungimiranza e passione ha rivoluzionato il mondo dello Champagne e ha ispirato il Veuve Clicquot Business Woman Award, ovvero il premio per l’Imprenditrice dell’anno, che celebra ogni anno (dal 1972) le donne di tutto il mondo che esprimono al meglio,
con la loro attività e il loro impegno, la personalità e i valori della Maison. Con Atelier des Grandes Dames, Veuve Clicquot desidera far emergere la forza femminile in un contesto –come quello della ristorazione gourmet- da sempre tradizionalmente molto maschile.
Caterina Ceraudo: timida e tenace Classe 1987, Caterina ha fin da piccola una passione sconfinata per la cucina. Ma è dall’incontro con Niko Romito, tre stelle Michelin al Reale, all’interno del Casadonna, a Castel di Sangro, che prende forma concreta un amore totale. Dopo avere frequentato, nel 2012, la Scuola di Alta Formazione di Niko , decide di impegnarsi a fondo nel ristorante di famiglia, a Strongoli, in provincia di Crotone. Dopo avere seguito la scuola per un anno, Caterina entra a pieno titolo nel novero delle donne chef, operando in una zona di campagna, in una struttura con anche 6 camere, dove propone la “sua” cucina di reinterpretazione, profondamente innovativa ma molto legata alle migliori tradizioni del suo territorio: moderna e creativa nell’impostazione della linea di cucina, Caterina ha stupito tutti per i sapori autentici dei suoi piatti.
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Un’operazione meritoria, destinata a sottolineare come le donne possano “fare la differenza”, grazie alla loro competenza, al loro talento e alla loro intraprendenza. La serata milanese ha visto protagonista d’eccezione, oltre alla stellata Caterina Ceraudo (premiata da Michelin e Veuve Clicquot come Donna Chef 2017 (v. riquadro), Federico Gallo, una stella Michelin, della Locanda del Pilone, Alba (Cn). Allievo di Tonino Cannavacciuolo,il bistellato di Villa crespi, sul lago d’Orta, Gallo ha proposto per l’occasione alcuni eccellenti piatti del suo repertorio. La giornata era iniziata con una degustazione riservata a pochi giornalisti, nelle suggestive sale di Palazzo Clerici: condotta dal grande Dominique Demarville, Chef des Caves di Veuve Clicquot, la tasting session ha introdotto i degustatori all’interno di un grande millesimo, il 2008. Tre le tipologie: Vintage, Vintage Rosé e Vintage Rich; il Vintage, dal perlage fine e persistente, ha impressionato per l’armonia del bouquet olfattivo, dai sentori floreali e dalle note fruttate. Lungo e potente nel finale. Con uve che provengono solo da grand cru e premier cru, il 2008 è strabiliante, per la sua ricchezza organolettica innanzitutto. Un prodotto straordinario, destinato a testimonial indiscusse del suo valore e alla loro capacità di proporlo in abbinamento alla loro linea di cucina. La serata è stata tutta all’insegna dell’eccellenza, resa unica dalla presenza di chef straordinarie, oltre che dalla conduzione dei principali momenti, che hanno avuto per protagonisti il Direttore Marketing e Comunicazione del Gruppo Moet-Hennessy, Francesca Terragni, del Senior Brand Manager Veuve Clicquot, Carlo Boschi, del
Le Chef L’Atelier des Grandes Dames vuole celebrare il talento femminile nell’alta ristorazione, dando un riconoscimento a queste donne, valorizzandone l’ingegno e la creatività, sottolineando l’energia femminile che anima uno dei settori di eccellenza del made in Italy. A un anno dalla sua fondazione, nove chef sono andate ad aggiungersi alle prime quattro chef: Isa Mazzocchi, Aurora Mazzucchelli, Fabrizia Meroi, Marianna Vitale. Complessivamente, oggi fanno parte dell’Atelier des Grandes Dames le seguenti chef: Caterina Ceraudo, una stella Michelin, Dattilo, Strongoli (Kr), Martina Caruso, Signum, Salina (Me), Maria Cicorella, una stella, Pashà, Conversano (Ba), Tina Cosenza, Teresa, Genova Pegli, Lina Fischetti, una stella, Oasis-Sapori antichi, Vallesaccarda (Av), Giuliana Germiniasi, una stella, Capriccio, Manerba del Garda (Bs), Antonia Klugmann, una stella, L’ Argine di Vencò, Dolegna del Collio (Go), Isa Mazzocchi, una stella, La Palta, Bilegno di Borgonovo Val Tidone (Pc), Aurora Mazzucchelli, una stella, Marconi, Sasso Marconi (Bo), Fabrizia Meroi, una stella, Laite, Sappada (Bl), Anna Tuti,Castello di Trussio dell’Aquila d’oro, Dolegna del Collio (Go), Marianna Vitale, una stella, Sud, Quarto (Na), Mara Zanetti, una stella, Osteria da Fiore, Venezia. Per maggiori informazioni sul progetto Atelier des Grandes Dames e su come aderire, ci si può rivolgere a: Ufficio Stampa Veuve Clicquot, Roberta Antonioli PR Agency, 02 89354827. Riferimenti: Roberta Antonioli, roberta@rantonioli.it Verdiana Redaelli, verdiana@rantonioli.it Direttore Comunicazione della Guida Michelin, Marco Do. Un Atelier che ha imboccato la strada vincente della valorizzazione dell’alta qualità nella ristorazione e delle sue migliori interpreti,in linea con lo spirito imprenditoriale di Madame Clicquot, una donna straordinaria, che a soli 27 anni prese in mano le redini della Maison, diventando la prima donna imprenditrice in Champagne. •
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Format food
Dove lo chef vi fa volare di Maurizio Bertera
Cristina Bowerman, Heinz Beck, Chicco Cerea, Davide Oldani, Michelangelo Citino: alta cucina in aeroporto. Non si può pretendere di trovare il bistrot di un cuoco stellato quale Carles Gaig (Porta Gaig, El Prat, Barcellona) nè un posto spettacolare come l’Airplane Food di Gordon Ramsay al Terminal 5 di Heathrow. Però negli aeroporti italiani non è più tempo solo di un tristanzuolo panino al formaggio o di simil-mense aziendali. Vero che nessun locale tricolore figura nelle graduatorie internazionali sul tema ma negli ultimi cinque anni sono stati fatti sensibili passi in avanti. Da qui la voglia di fare un tour nelle principali aerostazioni italiane, sof-
fermandoci sulle cose buone e originali, con tutto il rispetto per le catene grandi e piccole. Partiamo dall’aeroporto della Capitale: l’offerta di locali per mangiare e bere è talmente ampia che esiste una Eat & Drink Guide, scaricabile dal sito ufficiale (www.adr.it) dove sono descritti in dettaglio la cinquantina di posti. In gran parte ‘normali’ e legati alle già nominate catene – salvo qualche eccellenza: i raffinati Mercedes Benz Café e Ferrari Spazio Bollicine (entrambi con lounge) come l’Antica Focacceria San Francesco, ambasciata di Sicilia. A livello più alto ci sono i posti legati a chef stellati. Infatti allo storico Open Bistrò di Antonello Colonna al T1 – con formula a buffet, prezzo fisso 18 euro a persona, vini esclusi – si sono affiancati recentemente (nella nuova area T3) Attimi di Heinz Beck e As“Una tendenza saggio che ha la supervisione di inarrestabile, quella Cristina Bowerman e che fa parte dei concept Autogrill, già forti teressante anche la formula di di portare la cucina nello scalo romano. L’intervento Attimi: i menu creati da Beck si di chef pluristellati di una delle cuoche più famose chiamano 30, 45 o 60 minuti d’Italia si è declinato in un me(scanditi da una vera clessidra nelle principali nu, composto da soli tre piatti. posta sul tavolo, con prezzi da aerostazioni” “All’insegna della mediterranei38 euro) per dare la possibilità tà e della tradizione per una cual cliente di scegliere in base al cina che parte da nostri prodottempo che ha prima della parti di eccellenza e vuole essere tenza. Tocco di classe. il Tiramisemplice e intellegibile ai viaggiatori più diversi – sù Heinz Beck’s signature, da gustare seduti lì o in spiega la Bowerman -, qui tutto è leggero e fresco volo grazie al take away. Meno brillanti sono le aecome al mio ristorante, tanto più che va consumato rostazioni milanesi. Malpensa aveva in programma prima di un volo o appena scesi”. Vediamo i piatti uno sviluppo importante pure sul fronte ristorativo, (eccellenti) del primo menu: Avocado al quadrato, in realtà manca l’acuto. Al Terminal 1 segnaliamo il trota, pepe rosa, germogli; Mezze maniche ripiene Ferrari Spazio Bollicine, il Davide Oldani Café, l’Obidi salsa romesco, acqua di mozzarella e mandorle cà Bar, Pane Vino e San Daniele, Rosso Pomodoro. (summa dell’italianità); Tegamino con uovo 65°, Quanto a Linate, vanta la presenza di marchi immozzarella di bufala campana dop e patata. Inportanti come Illy, Ferrari, Panino Giusto e un vero
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rischi. Anche qui il “sistema” permette di mangiare un piatto unico, un valido hamburger o un lunch in base al tempo: rispettivamente 8, 12 e 20 minuti. E ci sono anche due degustazione a 40 e 60 euro. La crescita di Orio al Serio, l’aeroporto di Bergamo – terzo per numero di viaggiatori, in Italia – ha portato all’apertura di un buon numero di posti. C’è Panino Giusto, il bar di Illy (ma anche quello di Segafredo), il wine bar Santa Cristina e la Beerstrotheque di Elav, microbrifficio tra i migliori in Lombardia. Poi la chicca ViCook dove le prime due lettere ricordano Da Vittorio, mito della ristorazione italiana: questo è il bistrot della famiglia Cerea, luminoso e con il solito servizio sorridente. Gli chef Chicco e Bobo hanno pensato a un menu ‘diretto’ ma non banale: primi della tradizione, secondi sfiziosi tra mare e terra, selezioni di salumi e formaggi, maxi panini e qualche visione internazionale, a partire da un hamburger in stile tre stelle. Fuori dal poker delle aerostazioni più frequentate, c’è davvero poco oltre all’offerta minimale di bar e street food. Venezia – che è pure al quinto posto come traffico – si segnala solo per una Pilsner Beer Lounge, Bologna per una discreta Osteria Vecchia Bologna e Torino per un locale giapponese... Al Sud – ed è un vero peccato, pensandoci – si scende ancora di livello: Palermo e Catania non hanno niente di interessante mentre Napoli ha almeno una pizzeria dei F.lli La Bufala, un wine bar di Feudi di San Gregorio e un ristorante sempre gestito dalla Casa vinicola. Si può (e si deve) fare di più. •
Nella pagina a fianco: il “Davide Oldani Cafè” situato nell’aeroporto di Malpensa; un piatto con piccione, pak choi, uva agra e cioccolato che viene servito al “Michelangelo Restaurant” nell’aeroporto di Linate; in questa pagina: Heinz Beck davanti all’insegna del suo locale “Attimi” nell’aeroporto di Fiumicino, un piatto con una sua creazione; sotto da sinistra: veduta dai tavoli del ristorante “Michelangelo Restaurant” e il “Vicook Bistrot” di Orio al Serio.
e proprio ristorante, che può essere frequentato anche da chi non viaggia. Si chiama Michelangelo, dal nome dello chef Citino (allievo di molti big, a partire da Oldani) ed è segnalato nelle maggiori guide culinarie, con buoni voti. La location originale e di design, è al secondo piano: si mangia ammirando le piste e gustando piatti mai banali, fra tradizione rivisitata e innovazione senza
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Protagonisti food
Care’s, e lo chef diventa etico In questa pagina: gli ideatori del progetto, da sinistra Paolo Ferretti e gli chef Norbert Niederkofler e Giancarlo Morelli; sopra: un momento catturato durante la composizione di un piatto; nella pagina a fianco: due momenti della cena al ristorante St. Hubertus organizzata per l’evento.
di Fiorenza Auriemma
Norbert Niederkofler riunisce in Alta Badia oltre 30 chef per un grande obiettivo culturale. Prendersi cura di qualcuno o di qualcosa – to care, in inglese - ha un significato più ampio del semplice “curare”: sottintende un’attenzione globale, amorevole e responsabile. Non è un caso quindi se Care’s, The Chef Ethical Days è il logo scelto per l’evento internazionale che lo scorso inverno ha visto per la
seconda volta chef da tutto il mondo convergere verso l’Alta Badia per cucinare, confrontarsi, scambiarsi idee ed esperienze. E non solo tra loro: l’intento di Care’s, infatti, è allargare gli orizzonti fino a comprendere ciò che sta dietro e intorno a quanto avviene nelle cucine dei ristoranti; coinvolgendo produttori, architetti, designer, nutrizionisti, medici, legislatori; e toccando tematiche quali risorse energetiche alternative, riduzione dei consumi e di risorse idriche, riciclo e riutilizzo degli scarti, mobilità sostenibile. Lo chef altoatesino Norbert Niederkofler e Paolo Ferretti - titolare dell’agenzia di comunicazione Hmc di Bolzano – sono gli ideatori del progetto con la colla-
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borazione di Giancarlo Morelli: insieme, quest’anno hanno coinvolto 30 chef internazionali da 6 continenti e 16 nazioni che, con la loro cucina, i loro progetti specifici, le azioni nel quotidiano, condividono il pensiero etico di Care’s. «La nostra professione siamo noi, per questo anche in cucina dobbiamo comportarci il più vicino possibile a ciò che siamo», dice Cristina Bowerman, tra gli chef presenti all’evento. «Io ad esempio cerco di evitare i prodotti che sono inquinanti: a casa mia e al mio ristorante non entra niente confezionato nella plastica. E sto molto attenta al riciclo e all’utilizzo degli scarti. Pochi mesi fa, in un famoso ristorante del
Nord Europa ho visto servire come drink di benvenuto un’infusione di buccia di frutta, e mi è sembrata una grande idea. Ecco perché ritengo che per un cuoco siano importanti sia la formazione, sia lo spessore culturale: va bene stare ai fornelli, ma anche calarsi nella vita vera, a contatto con la realtà gastronomica e non. E infine, spesso e volentieri i cuochi imprenditori devono fare quadrare i conti, perdendo di vista altre cose. Come presidente degli Ambasciatori del Gusto, spero potremo essere di aiuto alle nuove generazioni in modo che possano concentrarsi maggiormente sul loro lavoro, più che sulla parte imprenditoriale ed economiche». Dare una mano a chi sarà e farà il futuro della ristorazione è infatti un altro dei punti di forza di Care’s, che a tal proposito ha istituito il premio Young Ethical Talent Award, assegnato per ogni edizione alle figure selezionate - tra giovani chef, pasticceri, sommelier e personale di sala – dalla giuria composta dagli chef partecipanti alla manifestazione. «Tra i nostri obiettivi c’è anche aiutare i giovani meno fortunati. I cuochi e gli addetti alla ristorazione, ma anche gli altri ragazzi che stanno dietro ai piatti, che si occupano della produzione: c’è un mondo che lavora all’accoglienza e all’ambiente dove noi ci sediamo e mangiamo», conferma Giancarlo Morelli. Anche lo chef Alfio Ghezzi ha a cuore la generazione che si sta formando: «Il mio consiglio per i colleghi più giovani è interessarsi, essere curiosi, avere voglia di capire. Ognuno poi troverà il proprio modo per rispettare e
entrare nella cultura della montagna, dove lavori d’estate per mangiare d’inverno», spiega Niederkofler. «È importante imparare a valorizzare quello che trovi attorno a dove stai, che sia montagna o mare. Compito dello chef è stimolare i produttori, aiutarli a cambiare modo di pensare: e uscire dalla cucina, andare nel sistema che comprende anche ad esempio l’architettura, per imparare dove si può risparmiare ed evitare sprechi». Care’s, naturale evoluzione di quel primo passo di Niederkofler, è ora pronto a uscire dall’Alta Badia. «I vivere l’ambiente e la natura, perché penso che il grandi chef sono il tramite per trattare temi che vancuoco abbia un ruolo fondamentale nella possibile no oltre la cucina. Vorremmo essere degli apripista soluzione del problema ambientale. È molto imporin questo senso, e quindi a maggio di quest’anno tante avere un atteggiamento rici spostiamo a Salina, per unire spettoso nei confronti della terra, due isole – una di montagna, l’alvisto che almeno il 70 per cento tra di mare – che hanno molto in dei prodotti che usiamo in cucicomune: sono due parchi nazio“Chef Ethical na arriva da lì. Ad esempio, acnali, in due regione autonome e Days nasce con la corciandola la filiera, stabilendo patrimonio dell’Unesco», dice Pauna relazione più diretta con il olo Ferretti. E poi annuncia: «Per collaborazione di produttore e avendo un’idea più l’inverno 2018, stiamo pensanGiancarlo Morelli, chiara del prodotto. Perché, alla do di spostarci nel mondo della fine, è il prodotto stesso che ci cultura. Ci piacerebbe sbarcare il grande chef del suggerisce come trasformarlo». sulle isole di Venezia dove ci soPomiroeu” Ed è proprio pensando a prodotno giardini e orti, e anche arte, ti e produttori locali che Norbert cultura, musei che vorremmo riNiederkofler, otto anni fa, aveva entrassero nella tavolozza di Cainiziato a lavorare con i produtre’s, progetto che nei nostri intori della zona, a cercare e trovare materia prima tenti molto aperto e di respiro internazionale, con con un sapore diverso. «E così ho dovuto cambiare un filo conduttore gastronomico ma che non si feril mio modo di cucinare, riscoprire metodi antichi ed mi a quello». •
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Protagonisti Food
L’importanza di chiamarsi Vittorio di Elio Ghisalberti
Sicilia, Porto Palo: qui sorge un ristorante a guida bergamasca, aperto nel 1966 in contemporanea con “Da Vittorio” dei Cerea. Spiaggia di Porto Palo di Menfi, Sicilia orientale, poco distante da Mazara del Vallo e dal sito archeologico di Selinunte. Cos’ha di speciale oltre al fatto che il posto è incantevole? Che alla fine di una strada che allontanandosi dal piccolo borgo di pescatori arriva fin sulla spiaggia, si trova Vittorio, ristorante di pesce. Nulla di strano: vista l’ubicazione, che qui si siano specializzati nelle cucina del pesce può essere dato per scontato; che si chiami da Vittorio (www.ristorantevittorio.it) , proprio come il pluristellato ristorante della famiglia Cerea in quel di Brusaporto nei pressi di Bergamo un puro caso di omonimia, neppure troppo sorprendente a pensarci bene. Già, ma se il Vittorio in questione di cognome fa Brignoli ed è originario di Nembro, Val Seriana, quindi anche lui bergamasco, la prospettiva cambia radicalmente. Come è cambiata a lui quando, nel 1966 – lo stesso anno in cui l’omonimo di Bergamo aprì in città su viale Papa Giovanni XXIII – decise di aprire un ristorante sull’allora sperdutissima spiaggia di Porto Palo. Le cose andarono così. Vittorio Brignoli aveva intrapreso la carriera in macelleria, prima facendo il piccolo in una storica insegna che apriva i battenti proprio su viale Papa Giovanni XXIII (sembra incredibile ma le coincidenze non finiscono mai), e successivamente, macellaio «finito» in quel di Sedrina, l’altra valle, quella Brembana. Ma gli andava stretto. L’animo giovane ed irrequieto, da «Robinson Crusoe» come ama definirsi, lo ha portato a voler girare e fare esperienze diverse. Così nei primi anni Sessanta si è ritrovato in Svizzera, a Thusis nel Canton Grigioni a lavorare in una mensa che dispensava giornalmente migliaia di pasti per gli operai (molti italiani) intenti a costruire in terra elvetica ponti e gallerie. Lì conosce e si innamora di Francesca Maranzano, siciliana di Menfi. Appena possibile la accompagna in Sicilia per chiederne la mano, come s’usava un tempo, ma senza
In questa pagina: la vista dalla scogliera del ristorante-albergo “Da Vittorio”; Nella pagina a fianco: il gestore Vittorio Brignoli.
minimamente pensare che proprio quel viaggio insieme alla vita affettiva avrebbe cambiato radicalmente anche il suo futuro professionale. Ma quando arriva sulla spiaggia di Porto Palo, allora naturalmente ancora più selvaggia e deserta di oggi, viene folgorato dalla bellezza del luogo. Individua l’unico punto di ristoro allora presente, praticamente una baracca, tra l’altro di proprietà di un parente di lei. Senza pensarci su troppo gli fa l’offerta per rilevarlo, vanno d’accordo e si conclude con una stretta di mano. Un patto che non si è più sciolto da quel lontano nel dalla costa. Vedere all’opera Vittorio Brignoli e la sua 1967: un anno dopo da Vittorio di Bergamo nasceva squadra di cucina intenta a pulire pesci, crostacei e da Vittorio di Porto Palo di Menfi, provincia di Agrigenmolluschi è già uno spettacolo. La dose di goduria gato. Negli anni la baracca è diventata un ristorante con stronomica aumenta quando in tavola arrivano piatti albergo (9 camere), accogliente e confortevole, con che hanno dentro i colori, i profumi, il gusto del Metanto di spazi attrezzati per giochi e barbecue all’aditerraneo. Si inizia con il crudo, il tonno, la alici fritte, perto e naturalmente quella grande spiaggia che si le sarde alla beccafico, i polipetti affogati, l’insalata di apre davanti a perdita d’occhio, mare capricciosa con crostacei a con il sole che tramonta sul tetto volontà servita in grandi padeldi una torre spagnola. Da un lato le di metallo. Poi le zuppe ricche “Vittorio Brignoli, Capo San Marco, dall’altro il bore profumatissime, la minestra di esperienze in Italia e aragosta e mandorle tostate, la go con l’approdo dei pescatori di Porto Palo. Di ristoranti ne sono nel mondo, propone caponata alla siciliana, il risotto sorti parecchi altri, ma nessuno allo zafferano e cozze, gli spauna grande cucina in zona ha raggiunto e scalfito la ghetti all’astice. O il must tra i fama della cucina di Vittorio Briprimi, i paccheri con i gamberi e di pesce, favorita gnoli, da alcuni anni coadiuvato i pistacchi di Bronte. Per secondi dalla straordinaria dai quattro figli, tutti al suo fianco pesci e crostacei per monumentra cucina e sala (leggete un’altra tali grigliate. Oppure fritti o cottuubicazione” similitudine?). In quel locale sperre al sale o all’acqua pazza. E per duto quanto affascinante sono ari vini non bisogna andar troppo rivati moltissimi da Bergamo come dal resto del monlontano, visto che proprio l’entroterra di questa zona do. Perfino tanti personaggi importanti, anche illustri della Sicilia si è segnalato in questi ultimi anni per colleghi come Giorgio Locatelli, celebre chef italiano la nascita di cantine che hanno scritto un pezzo di che ha conosciuto gloria e fama a Londra che qui ha storia dell’enologia (Planeta docet). Vittorio Brignoli trovato molti spunti per scrivere «Made in Italy», forè diventato un punto di riferimento anche per loro: se il più grande libro sugli ingredienti e la cucina itaqui vengono a colpo sicuro, ci portano gli ospiti più liana mai pubblicato all’estero. Merito di una cucina illustri sicuri di fare bella figura. Anche perché, e qui che sa valorizzare, o per meglio dire si fa valorizzare, non ci piove, i conti sono assai diversi rispetto medal pesce pescato la notte e servito in tavola il giorno diamente praticati alle latitudini “nordiste”. In cambio successivo. I pescatori di riferimento sono a Sciacca, di 40 /50 euro si fa una full immersion nella cucina hanno piccole imbarcazioni, escono ogni notte quandi mare e volendo direttamente nel mare, che è lì a do il mare lo consente e non si allontanano troppo portata di tuffo. •
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Nel girone vegan nasce Soulgreen di Gualtiero Spotti
La moda dell’alimentazione naturale vede nuovi attori alla ribalta, impegnati a dare risposte a un mercato in ascesa. Milano, grazie all’effetto Expo e ai nuovi quartieri urbani che in parte si sono già sviluppati ma stanno ancora crescendo, nell’ultimo biennio è diventata una città capace di avvicinarsi sempre più agli standard di modernità e di offerta delle principali metropoli occidentali. Lo si può notare bene nell’offerta di ristorazione che, nel capoluogo lombardo, ha visto un’impennata decisa verso diverse tipologie che vanno dal grande ristorante alla bistronomie, dall’idea di recupero della sensibilità vicina alle tradizioni più sincere del Bel Paese quando ci si siede a tavola, sino all’esplosione degli etnici. Non ultimo è esploso il grande mercato che abbraccia la cucina naturale, vegana, e vegetariana, sino a poco tempo fa relegata soprattutto ai supermercati e ai negozi specializzati, ma che ora cerca di approdare nei ristoranti con maggior insistenza, forte di una richiesta del mercato in continua ascesa. Ricordiamo i tempi in cui lo stellato Joia, con lo chef Pietro Leemann, risultava essere pionieristicamente l’unico esempio illuminato di cucina naturale in città. Senza dubbio, la cucina di Leemann è sempre un riferimento imprescindibile, che ha saputo posizionare una linea di cucina salutare e salutista al top di gamma, con grandi riconoscimenti alla sua coraggiosa professionalità. Strada facendo sono sorti nuovi indirizzi più “easy” e l’esempio più recente, oltre ad essere tra quelli di maggior successo, è l’apertura, avvenuta poco più di un mese fa, di Soulgreen, un ristorante “plant-based” (cucina senza glutine e senza prodotti di origine animale) posizionato in un angolo di Piazzale Principessa Clotilde e che è già il posto “in” della movida vegan. L’idea è venuta all’imprenditore bergamasco Stefano Percassi e ha subito riscosso un notevole successo, sia per il cosiddetto business lunch che per tutti coloro che sono alla ricerca di una serata alternativa e
In senso orario: uno scorcio del ristorante Soulgreen; un tagliere di formaggi; fantasia di cavolfiori, compreso il tipo “romanesco”; un dolce formato da pannacotta con latte di cocco, agar agar, agave e frutto della passione.
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dai contenuti decisamente speciali, in un ambiente molto vicino al bistrot moderno, realizzato ad hoc per veicolare il messaggio di uno stile di vita sano senza dover rinunciare a una alimentazione gustosa. non di carne, ma ricchi di proteine vegetali, e infine i Soulgreen sembra così essere il progetto pilota perdolci, senza zuccheri raffinati, burro e farina bianche fetto per una futura espansione del marchio in altre o di grano. Quasi superfluo dire che l’accompagnacittà italiane, ma forse anmento ideale del pasto è costituito che fuori dai confini naziodai succhi o dagli smoothies, ricchi “Il nuovo ristorante nali, visto che presenta un di proprietà benefiche e decisamenconcept avvincente ed è cate gustosi. Un esempio? Il Lean & è totalmente pace di attirare l’attenzione Clean, con cetriolo, ananas, pera, fiplant-based, ovvero di una clientela consapevonocchio e the aromatizzato. Per chi le, giovane e cosmopolita. I invece vuole muoversi nel classico, propone cucina contenuti certo non lasciasenza glutine e no molti dubbi. La cucina qui diventa davvero globale senza materie prime (il consulente e nutrizionidi origine animale” sta è Andrea Flenda, italiano con base a Goa in India) e il menu diventa un viaggio nei sapori di mezzo mondo, senza muoversi dal proprio tavolo. Ci sono i bowl, ovvero piatti ricchi e completi, dove l’idea è quella di mescolare tutti gli ingredienti mantenendo freschezza, gusto ed equilibrio. Così nascono il Lebanese bowl (quinoa, verdure miste, pomodori secchi, ceci, coriandolo, tahini, insalata, erbe aromatiche) o il Mexican bowl (fagioli neri, pomodoro, avocado, riso integrale, anacardi, coriandolo, peperone e cipolla), ma poi ci sono anche le zuppe, il comfort food per eccellenza, con la Magic Mushrooms (porcini, champignons, scalogno, nepitella), la Thai soul (latte di cocco, erbe thai, coriandolo, verdure miste e zenzero) o la Indian Mish Mash (lenticchie, spezie indiane, patata, verdure miste). Non possono poi mancare le insalate e i burgers, ovviamente
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c’è a disposizione una interessante carta dei vini, tutti biologici, che si possono degustare, se non al tavolo durante il pasto, anche solo nel piccolo wine bar realizzato in un angolo del locale. La cucina poi dimostra, sin dall’apertura del ristorante di aver messo nero su bianco idee chiare e piatti che funzionano. Anzi, più che nero su bianco, è il caso di dire su schermo, visto che le pietanze si scelgono maneggiando un tablet che permette anche di ordinare direttamente senza l’intermediazione del cameriere. E perfino davanti al grande tavolo rialzato che si trova di fronte alla cucina (e che veicola perfettamente l’idea di condivisione della cucina tra persone che inizialmente non si conoscono, come spesso accade nei locali in giro per il mondo) compaiono tre schermi sui quali scorrono immagini di piatti che ricordano bene la filosofia di Soulgreen. Se siete amanti delle verdure di stagione, se rifiutate gli aromi artificiali, se cercate il potere anti-ossidante negli alimenti, questo è l’indirizzo che fa per voi. Complice anche lo stile easy e l’ambiente informale che rendono più piacevole la sosta. •
Focus food
Federico Beretta Cucina di confine di Alberto P. Schieppati
notano ampiamente: solo pesce d’acqua dolce, soprattutto ingredienti e materie dell’arco alpino, Al Feel di Como si respira aria con una estensione che va dal Piemonte (Canavedi avanguardia, ma non estrema. se, Valli ossolane, Langhe, lago Maggiore), all’alto Lario (Val Chiavenna, Valtellina), alle vallate alpiIl Ramen Laghée è un piatto ne dei Grigioni e del Trentino-Alto Adige passando per Alta Brianza e Prealpi. Le origini dei piatti sono sorprendente. spesso dichiarate in carta, così come i nomi di molChe dire, se non: bravo Federico! In silenzio, senti fornitori di materie prime: carote cipolle e erbe za troppo clamore, ha deciso di seguire una sua aromatiche arrivano dall’azienda agricola di MJalinea di cucina, lontana da influenze e condizionario Arnaboldi (Albese con Cassano, Co), mentre la menti, autonoma e originale, con una buona dose trota marmorata da TrotaOro, Predore, Trento, le ludi azzardo e con la complicità di un territorio molmache da Mozzate (Co), la cipolla bionda da Carlo to vario. Ma ci sarà una “scoMasseroni, agricoltore di Fontalastica”, si chiederà qualcuno, neto d’Agogna (No), il rafano da uno o più chef dai quali FedeSpiazzo (Val Rendena), il burro “Una gestione rico Beretta ha appreso i rudid’alpeggio dalla Val Rezzo (Co), personalizzata, con il le carni dalla Granda di Genola menti del mestiere, o a cui si è ispirato per creare la “sua” cu(Cn), il caffè –e qui si torna sulcliente protagonista cina. Difficile rispondere: la senla terra- è Illy, nella sua versione attivo di un percorso arabica Guatemala. L’elenco ovsazione che ci siamo fatti è che Federico sia un giovane cuoco, viamente è incompleto: al Feel fra ingredienti audace e coraggioso, che ama sono oltre 50 i fornitori di maautenticamente seguire una sua strada persoterie prime, perlopiù di impronta nalissima. Per questo ci piace, artigianale, tutti rigorosamente territoriali” perché non scimmiotta nessuindicati nel menù. Ma veniamo no. Ne abbiamo avuto conferalla cucina, che in alcuni casi ci ma durante l’ultima visita al Feel (www.feelcomo. ha appassionato, in altri ci ha fatto pensare, rifletcom) , nella “città murata” della città lariana: 30 tere, comunque divertire. La Tartare di trota con le coperti circa,, un locale bomboniera che si fa nosue uova, crema al cavolfiore, arriva diritto al centare e apprezzare per il calore dell’accoglienza, astro del gusto, soddisfando aspettative in un piatto sicurato dallo stile di Elisa e da uno staff di sala di prim’ordine (Paolo Gilardi, un sapiente mix di rigore e accondiscendenza verso il cliente), ma anche da un tovagliato e da una mise en place semplice e raffinata. I “paletti” dellochef, fin dall’inizio, si
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Lo chef Federico Beretta nelle cucine del suo Feel.
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Focus food A fianco: l’ingresso del Feel; sotto: Ravioli di lago con tartufo nero di Gravedona e acqua di bietole.
non sbiadito ma deciso nei suoi sapori, come la rivisitazione del Pizzocchero con crema di “Storico ribelle”, ovvero Bitto della Val Gerola. Come si sa, siamo alieni da ogni rivisitazione, ma la preminenza data al Bitto, proveniente da quattro alpeggi diversi, ci ha convinto su questa “versione” lariana del
celebre piatto valtellinese. Ma credo che la bravura di Federico raggiunga livelli ragguardevoli con i Ravioli di lago con tartufo nero di Gravedona e acqua di bietole, o con lo Storione in foglia di spinaci: succulento, leggero, godereccio. Segnaliamo altri piatti dal menù (carta primaverile), per fortuna non stratosferico ma misurato e invogliante all’assaggio: fra gli antipasti, Lavarello quasi in carpione con la sua bottarga, Lumache al burro e aglio con cracker di polenta ed erbe, Lingua di manzo con salsa alla cipolla dolce, rafano e prezzemolo, Tartare di cervo con radicchio, ginepro e caffè. Fra i primi: il Ramen Laghée, ovvero Tagliolini in brodo di carota viola con cavolfiore, pescato di lago e verdure in agro, i Ravioli con storione mantecato, taggiasche, arancia amara e finocchio, il Risotto Carnaroli
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al fieno con stracchino ed erbe di montagna, gli Agnolotti di cassoeula in crema di birra scura. Fra i secondi: Anguilla alla brace (arriva da Ferdinando Soardi, Montisola, lago d’Iseo) con glassa al pino mugo, limone incenerito, cardi e arachidi, Pesce gatto con anice, alghe di prato e patate, Pancia di maiale con porro brasato, mele e zenzero, Anatra al vermouth con fondant alle nocciole e tartufo nero, Piccione con topinambur arrostito e mostarda di pera spadona. In tavola ci sono sempre: pane e grissini caserecci (fatti con le farine di Varvello) e burro d’alpeggio. L’acqua minerale è Valverde, il caffè Illy, i vini di cantine fra le migliori di Lombardia e non solo. Due capitoli a parte per formaggi e dessert: i primi sono un elemento di spicco dell’offerta del Feel, frutto di ricerca ossessiva sui territori e di fiducia accordata a selezionatori appassionati: La nostra interpretazione del formaggio, la Orizzontale di Storico ribelle, la Raclette di fontina d’alpeggio con patate dolci e rosmarino, eccellenti. I dolci spaziano da una Bavarese alle bacche rosse con meringa al mugo e latticello (Sottobosco), la Crème brulée, il Giardino d’inverno, mousse al fieno con erbe ghiacciate e terriccio al cacao. Una cucina creativa, certo, ma molto meno roboante di quanto certe definizioni dei piatti potrebbero far supporre. I piatti di Federico Beretta e della sua brigata sono di rigorosa impronta territoriale, molto caratterizzati e non omolgabili ad un genere. Se non quello, coniato in occasione della pubblicazione di un libro di ricette di chef (oltre a Beretta, Bernard Fournier, Theo Penati, Stefano Zaninelli, Luisa Valazza e altri undici), dedicato ai “sapori del distretto dei laghi” (Edizioni d’Este, 2015). Ecco, se volessimo definire la cucina di Beretta potremmo definirla “distrettuale”, con l’obbligo di spiegarne il perché. •
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Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro
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Focus food
Michelin, cosa accade nel profondo nord di Gualtiero Spotti
Michael Ellis ha ribadito il ruolo centrale della Scandinavia nella ristorazione gourmet contemporanea. Nelle scorse settimane a Stoccolma si è svolta la presentazione della terza edizione della guida nordica della Michelin e sono state decretate le nuove stelle per il 2017. Alla presenza di Michael Ellis, il curatore delle guide internazionali, sul palco si sono vissuti momenti di sorpresa, ma anche di consolidamento per una posizione ormai accertata della ristorazione nordica ai massimi livelli. Non a caso
a chiusura della cerimonia consegna delle stelle, delle giacche da cuoco e della tradizionale riproduzione in scala ridotta di Bibendum, si è presentato Esben Holmoe Bang, il cuoco di Maaemo, tristellato norvegese che (insieme al danese Geranium) aveva caratterizzato il vero exploit dello scorso anno. Una presenza significativa, per certificare la ridefinizione delle proprie ambizioni dopo aver raggiunto la vetta, ma anche per testimoniare il ruolo cardine e i cambiamenti della cucina scandinava nella cucina attuale. Lo stesso Ellis in apertura dell’evento aveva in qualche modo magnificato l’esperienza complessa di un pasto nordico, dove si passa attraverso emozioni che comprendono certamente quello che viene presentato nel piatto, ma più in generale che coinvolge il design, l’estetica e la natura. Ma vedia-
In questa pagina: il ristorante Henne Kirkeby Kro immerso nel verde; lo chef inglese Paul Cunningham; nella pagina a fianco in senso orario: la brigata del ristorante Koks; il team impegnato in un impiattamento; l’interno del ristorante e infine Sgombro e rapa.
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mo quali sono state le nuove stelle per quest’anno. Le novità più eclatanti (ovvero due nuovi bistellati) arrivano dallo Jutland danese e da Malmoe, in Svezia. Il primo è il ristorante Henne Kirkeby Kro, a Henne dove il cuoco inglese Paul Cunningham si era trasferito qualche anno addietro dal suo storico The Paul di Copenhagen. Lo scorso anno Paul ha ricevuto la prima stella, e ora, meritatamente, fa il bis, con la sua cucina a tutto gusto, piacevolmente ruvida, ma sempre elegante e di classe assoluta. Con molti ingredienti presi dal grande orto che si trova alle spalle della locanda (con stanze), gli ottimi prodotti ittici del Mare del Nord e la selvaggi-
“Materie prime straordinarie, ma anche un design caratterizzato, sono gli elementi che accomunano i tanti stellati presenti nella Guida rossa”
na dell’isola di Faeno. A fargli compagnia nell’olimpo delle stelle c’è anche Vollmers, ristorante giovane e trendy a Malmoe, in Svezia. Qui opera una coppia di fratelli virtuosi, Mats e Ebbe Vollmer, che hanno saputo creare un ambiente informale ma di estrema raffinatezza, che sa cogliere anche gli aspetti più genuini della cucina e della natura della Scania, la regione a sud del paese. Sensazioni umami e piatti ammiccanti che guardano più alla ter-
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ra (anatra, funghi, maiale, verdure) oltre a una sensazionale carta dei vini globalizzata che permette di vivere abbinamenti davvero unici. E’ un ristorante in grande crescita che abbraccia una clientela multigenerazionale. Oltre a questi bistellati ci sono altri 9 nuovi stellati in giro per il Nord. Le curiosità vengono dalla prima stella attribuita all’Islanda, per il ristorante Dill a Reykjavik, con ai fornelli il talentuoso Ragnar Eiriksson, già visto in passato alla corte di Sir Paul Cunningham, ma c’è anche il Koks di Poul Andrias
Focus food Ziska nelle sperdute isole di Faer Oer (qualcuno forse lo ricorda ospite per una divertente cena al Cortile di Milano nell’anno dell’Expo), dove la cucina si fa più rustica e prevede interpretazioni di piatti locali, come il Raestkod, l’agnello fermentato ed essiccato con l’esposizione in piccole casette che subiscono le sferzate del gelido vento del Nord. Gli altri nuovi indirizzi sono invece più facilmente raggiungibili ed equamente distribuiti tra le rimanenti nazioni, con l’esclusione della Finlandia che rimane a bocca asciutta per quest’anno. La Danimarca, come sempre, fa la parte del leone, con il Ti Tri Ned a Frede-
ricia (Rainer e Mette Gassner), lo Slotskøkkenet a Hørve (Claus Henriksen), il Domestic a Aarhus(Ditte Susgaard, Christian Neve, Christoffer Norton, Morten Frølich) e il 108 a Copenhagen (è il low cost del Noma, cuoco Kristian Baumann). I tre ultimi premiati sono Imouto, un giapponese a Stoccolma che gravita nel circuito di ristoranti di Esperanto (il cuoco è Sayan Isaksson), Sture a Malmoe (Karim Khouani) e infine il Sabi Omakase di Stavanger, in Norvegia (Roger Asakil Joya), con nove posti a sedere e un menu di diciotto portate dove il sushi è l’assoluto protagonista. Molte di queste scelte la dicono lunga su come nel tempo la cucina nordica si sia modificata profondamente ed abbia acquisi-
to la consapevolezza e l’importanza di aprirsi a culture gastronomiche di altre nazioni. Il “pasto nordico” si è in qualche modo globalizzato, e prende sempre più piede nei ristoranti una commistione di sapori, di sensazioni, che escono dalla gabbia dorata di una stagionalità corta e limitata al periodo estivo per quanto riguarda la reperibilità delle materie prime fresche. Pur rimanendo sempre in primo piano le affumicature, le tecniche di conservazione di essiccatura, le marinature e tutto quello che già si conosce bene. Stupisce ancora oggi il numero impressionante di nuove aperture, di locali che crescono e si evolvono, in un mercato ricco e prospero, dove i figliocci del Noma hanno iniziato a muoversi con le loro gambe e dove l’intero movimento legato al food sta compiendo passi da gigante. Con uno stile molto diverso dai ristoranti tradizionali che forse si è abituati a frequentare nel resto dell’Europa, dove però, va detto, ormai è più facile trovare cuochi di nuova generazione che (magari dopo esperienze illuminanti all’estero), rientrano nel loro Paese e ridefiniscono ambiente, cucine e stile. Un segnale interessante di rinnovamento, che guarda al futuro e che in qualche modo cambierà anche il modo di stare a tavola e di vivere l’esperienza di un pasto in un ristorante. •
Sopra: Cheesecake al pino del ristorante Koks; Mats e Ebbe Vollmer del ristorante Vollmers; qui a fianco la sala del Vollmers.
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Ovunque si posi, elegante e leggera, accade una piccola magia. Con il suo design semplice e puro, Valverde trasforma la tua tavola in una tavola delle meraviglie. Scegli l’eleganza e la purezza. Acqua Valverde. Meraviglia in tavola. Valverde a casa tua grazie al servizio a domicilio e nei migliori ristoranti.
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Foto Theo Smith
La foto
Giancarlo Morelli, grande chef e imprenditore. Bergamasco, è alla guida del Pomiroeu, una stella Michelin, a Seregno (MB). Nella foto, è al bancone della sua Trattoria Trombetta, a Milano, aperta l’anno scorso.
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Focus food
Pasta per tutti di Emanuela Stìfano
Una pasta a base di lenticchie che non ha nulla da invidiare alla più tradizionale pasta di semola. Palato, estetica dei piatti ed esigenze salutistiche sono pienamente soddisfatti. Una pasta che non conosce confini etici, salutistici, religiosi. È infatti adatta ai vegetariani, ai vegani, ai celiaci (è certificata GF-certified, la certificazione GlutenFree), ed è anche un prodotto kosher. Ma, sia ben chiaro, non deve essere intesa come l’alternativa “triste” per chi non può mangiare quella tradizionale a base di semola. Si sta parlando della pasta di lenticchie rosse di Farmo, entrata a pieno titolo nella Linea Solare, la gamma dedicata ai prodotti “smart eating” dell’azienda, frutto di cospicui investimenti, ma certamente fonte di fuè disponibile in diversi formati, sia corti (penne e ture soddisfazioni. fusilli), sia lunghi (i classici spaghetti) e dunque Entrando nel dettaglio, si tratta di una pasta che deanche questo aspetto la rende versatile e disponive essere apprezzata per le sue caratteristiche orgabile a diverse interpretazioni. nolettiche, nutritive e, soprattutto, per il suo sapore. D’altro canto anche questa, come tutte le referenQuanto alle caratteristiche nutritive, è sufficiente ze di Farmo, nasce da un’attenta valutazione delle uno sguardo alla tabella nutrizionale e la sua vamaterie prime e da un’attenta valutazione da parte lenza è subito evidente: l’alto tenore di proteine del settore Ricerca e Sviluppo dell’azienda che, su circa il 25 per cento - l’apporto 50 dipendenti, conta sei perbilanciato di carboidrati - circa sone interamente dedicate. Nel il 50 per cento - e il restante imstabilimento specializ“Anche l’aspetto della proprio portante tenore in fibre, ne fanzato in Pasta Gluten Free, Farpasta alle lenticchie no un prodotto che ben si premo dispone infatti non soltanto sta a qualsiasi tipo di dieta e di macchinari e tecnologie di contribuisce a dare a qualsiasi tipo di condimento. ultima generazione, ma anche valore al prodotto: A questo si aggiunga che è andi personale qualificato, tra cui che un’importante fonte di ferlo chef Maurizio De Pasquale, a il caratteristico ro. Quanto alle caratteristiche cui spetta il compito di vagliacolore aranciato, organolettiche, per prima cosa re l’impiego dei prodotti Farmo va detto che anche l’aspetto di in diverse ricette, valutandone infatti, ben si presta questa pasta contribuisce a dala riuscita e l’appetibilità all’eall’interpretazione re valore al prodotto: il caratteterno. ristico colore aranciato, infatti, Perché le lenticchie? La rispodi diverse ricette, ben si presta all’interpretaziosta è semplice. Perché salucomprese quelle ne di diverse ricette, comprese te e benessere sono oggi due quelle gourmet. Va inoltre detto aspetti determinanti per il mergourmet.” che la pasta di lenticchie rosse cato alimentare.
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Come dimostra la crescente domanda di prodotti senza glutine o più in generale salutistici, il consumatore oggi è attento, anzi attentissimo, a che cosa mette nel piatto, sia esso un piatto casalingo, sia esso un piatto consumato al ristorante. E le paste di legumi ben si posizionano nell’elenco dei desiderata del consumatore, tanto che stanno segnando un trend di mercato importante, (anche) grazie all’elevato apporto di proteine. Proteine che, oltretutto, sono vegetali e dunque costituiscono una valida alternativa alle più discusse proteine animali. Inoltre, si tratta di un prodotto privo di grassi saturi, anch’essi nell’occhio del ciclone di nutrizionisti e salutisti. Quanto alla soddisfazione del palato, nulla da eccepire: l’ottima tenuta di cottura, il colore naturale, i diversi formati, la rendono perfetta anche per le esigenze degli chef. •
La ricetta di MAURIZIO DE PASQUALE, chef di FARMO
Spaghetti lenticchie 100% su crema di burrata pugliese, profumata al peperone giallo, con bacche di aronia melanocarpa della Scandinavia e mele golden aromatizzate con cacao crudo e polvere di macadamia.
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Focus food
Marco Sacco, il cercatore d’oro a cura della redazione
Per lo chef bistellato del Piccolo Lago, le materie prime sono la chiave per comprendere, conoscere e amare il mondo e la vita. La qualità e la ricercatezza occupano un posto di rilievo nella sua cucina. Riso Buono Artemide è alla base di una sua ricetta. A pochi passi dal pelo dell’acqua, a solo un’ora da Milano, sorge il Piccolo Lago, un luogo dove curiosi del cibo e appassionati gourmet si incontrano per viaggiare con i sensi e l’immaginazione. A guidare l’esperienza culinaria ci sono Marco Sacco e il suo team di stretti collaboratori, tra cui la moglie Raffaella, impeccabile padrona di casa. Classe 1965, Marco Sacco è figlio d’arte: sono infatti i suoi genitori, Gastone e Bruna, che nel 1974 decidono di aprire il loro secondo ristorante, che porta ancora oggi lo stesso nome: Piccolo Lago. È qui che Marco impara, aiutando il padre. La passione per l’attività di famiglia è pari solo a quella per il windsurf, che lo porta a conquistare, poco più che ventenne, il podio sia nelle competizioni nazionali che internazionali. Ma è il fuoco della cucina ad avere la meglio. Tra gli anni ‘80 e ‘90 lavora in tutti i ristoranti stellati della costa francese fino al cuore della Provenza dai grandi maestri della cucina d’oltralpe, tra cui Roger Vergé (uno dei padri della Nouvelle Cuisine), e i fratelli Rimbault de L’Oasis, insignita delle due stelle dal 1992. Iniziano anche i viaggi fuori e dentro i confini nazionali, sempre finalizzati alla ricerca di materie prime, di ingredienti che possano arricchire la sua cucina: dalle montagne piemontesi alla scoperta di formaggi, burro, erbe, vini, fino al Kenya e ai souk maghrebini, passando per Shanghai e Hong Kong. Sono anni in cui lo chef sperimenta nuove tecniche e metodi di cottura, lavora su preparazioni che reinterpreta secondo l’estro e
l’esperienza. Il Piccolo Lago comincia così a farsi conoscere fra gli appassionati e gli addetti ai lavori. I riconoscimenti non tardano ad arrivare. Il 2004 è l’anno della prima Stella Michelin. La seconda tre anni dopo, nel 2007, a dimostrazione del costante
impegno, della continua ricerca e dell’intenso lavoro che lo chef non perde occasione di condividere con i collaboratori e la sua famiglia, presente con lui nella gestione del “Piccolo”. Nel 2008 ottiene il massimo punteggio nella Guida Veronelli e sempre
Riso Buono presenta Artemide Riso Artemide, così come il Carnaroli Gran Riserva, altra referenza di Riso Buono, sono prodotti nella tenuta di Casalbeltrame (No) di proprietà della famiglia Luigi Guidobono Cavalchini (vedi foto sopra). Riso Artemide deriva dall’incrocio del Riso Venere, che si distingue per il granello medio e pericarpo nero, con un riso di tipo Indica a granello lungo e stretto e pericarpo bianco. E’ un riso integrale, aromatico, di colore nero, caratterizzato da un aroma intenso e da una bella forma allungata del chicco. Data la sua stretta parentela col riso Venere ha un alto contenuto di ferro e di silicio, da cui derivano proprietà antiossidanti. Riso Artemide è perfetto con i formaggi, il pesce, le verdure e i funghi.
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Nella pagina a fianco: Azienda Agricola Luigi e Carlo Guidobono Cavalchini; qui a fianco lo chef Marco Sacco.
“I viaggi fuori e dentro i confini nazionali dello chef sono sempre finalizzati alla ricerca di materie prime e di ingredienti che possano arricchire la sua cucina.”
d’oro, un viaggiatore instancabile, un uomo per cui il cibo è la chiave per comprendere, conoscere e amare il mondo e la vita. Per la sua ricetta a base di riso, seppie, piselli e fagiolini ha scelto Riso Buono Artemide, un incrocio naturale tra il riso Venere a granello medio e pericarpo nero e un Basmati a granello lungo e stretto e pericarpo bianco. Un riso dall’aroma intenso e gradevole che possiede particolari proprietà organolettiche e antiossidanti. Il riso Artemide, un’esclusiva di Riso Buono, viene delicatamente pilato a pietra in modo da non intaccare la gemma.•
LA RICETTA CON RISO BUONO “RISO ARTEMIDE”
nello stesso anno è invitato come Master Chef al World Gourmet. Dal 2014 Marco è Culinary Artistic Director per il gruppo internazionale Gaia, che gli ha affidato il compito di portare la cucina dei ristoranti Isola di Hong Kong e Shangai a livelli di eccellenza. Ogni anno la sua agenda è caratterizzata da collaborazioni ed eventi in giro per l’Asia, dalla Corea del Sud al Giappone fino in Laos. Dal 2012 è attivo con l’associazione CHIC, Charming Italian Chef, di cui è stato Presidente fino al 2016, in molte attività di sostegno e beneficenza. Da giugno 2016 fa parte dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, che oggi annovera 90 associati tra fondatori e benemeriti, tra cui Carlo Cracco e Davide Oldani. Sorprendente, colorata e divertente, la cucina di Marco Sacco ha in dote una certa allure, che nasce da un mix di diversi fattori: le origini dello chef, il suo spirito avventuriero, la sua inesauribile curiosità. Non è solo una questione di gusto ed estetica: è fatta di materie prime e materiali, risente del grande amore di Marco per il luogo dove vive. Marco Sacco è proprio questo: una specie di cercatore
Ingredienti per 10 porzioni 800 g RISO BUONO Artemide 3,8 l di brodo vegetale 200 g di olio per mantecare 400 g tagliatella di seppie 300 g fave, piselli, fagiolini crudi 1 seppia grande olio q.b per la finitura Per il brodo vegetale 3 l acqua 100 g carote 100 g cipolla bianca novella 200 g porri 100 g sedani 50 g aglio 5 g alloro 5 g pepe nero 50 g sale Per il Riso Artemide 800 g Riso Artemide 3,8 l brodo vegetale Per la tagliatella di seppia 1 seppia grande
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Procedimento: Preparare il brodo vegetale: preparare tutte le verdure per poi metterle in infusione. Tenere il fuoco basso e portare l’acqua a ebollizione. Lasciar bollire per circa 1 ora, filtrare e raffreddare. Per il riso artemide: cuocere il riso nel brodo vegetale per 40 minuti, poi scolare e raffreddare. Per la tagliatella di seppia: pulire la seppia togliendo la testa, le pellicine e le interiora. Ricompattare, impellicolare e abbattere. Al momento del servizio, affettare con coltello ben affilato creando delle striscioline sottili. Finitura e presentazione: rigenerare il riso nel brodo vegetale, salare, mantecare con olio e guarnire con le fave, i piselli e i fagiolini crudi. Adagiare la tagliatella di seppia e finire con olio.
Focus food
S.Pellegrino Sapori Ticino, grandi chef alla ribalta a cura della redazione
Tra i numerosi appuntamenti in programma, l’edizione 2017 di S.Pellegrino Sapori Ticino prevede undici grandi cene con gli Chef dell’Associazione italiana Le Soste. Nonostante le dieci edizioni trascorse, la passione per l’enogastronomia non cambia. A SPST edizione 2017, la perfetta accoglienza e la ricerca di grandi nomi della cucina continuano a essere il fil rouge della manifestazione. Ma c’è una novità: quest’anno S.Pellegrino Sapori Ticino incontra Le Soste, l’Associazione italiana che riunisce molti dei migliori Chef della gastronomia d’Italia. Saranno, quindi, italiani gli chef protagonisti delle undici serate in calendario programmate nelle più prestigiose location del Canton Ticino, da Lugano ad Ascona fino a Mendrisio. “Sono certo che gli Chef de Le Soste confermeranno la comune visione di una cucina sempre più etica ma anche la spiccata voglia di sperimentare e la scelta di materie prime d’eccellenza che sono da sempre i marchi di fabbrica della manifestazione stessa. – ha puntualizzato l’ideatore di S.Pellegrino Sapori Ticino, Dany Stauffacher - I partecipanti alle nostre cene avranno quindi la possibilità unica di vivere un’esperienza di gusto all’insegna del bon vivre”. Si parte il 3 aprile, a Zurigo, presso The Dolder Grand, per proseguire il 5 aprile a Berna presso il Bellevue Palace e il 10 aprile a Ginevra presso Le Richemond, dove gli Chef ticinesi saranno ospiti degli esclusivi alberghi del gruppo Swiss Deluxe Hotels. Queste cene di gala aprono la manifestazione con l’intento di promuovere l’enogastronomia di qualità ticinese, grazie alla partecipazione di alcuni dei migliori Chef presenti sul territorio come Lorenzo Albrici, Andrea Bertarini, Salvatore Frequente, Mauro Grandi, Egidio Iadonisi, Frank Oerthle, Dario Ranza, Mattias Roock, Domenico Ruberto, con la collaborazione dei padroni di casa Heiko Nieder, Gregor Zimmermann e Philippe Bourrel. In seguito S. Pellegrino Sapori Ticino farà rotta verso
casa, con la serata di apertura del 23 aprile che si terrà all’Hotel Splendide Royal di Lugano, dove Domenico Ruberto ospiterà i colleghi Philippe Bourrel (Le Richemond Geneva), Pierre Crepaud (Le Crans Hotel & SPA) e Patrick Mahler (Park Hotel Vitznau) per una serata dedicata al gruppo Swiss Deluxe Hotels. ll primo appuntamento con gli Chef de Le Soste sarà con Sandro e Maurizio Serva del Ristorante La Trota, accolti il 7 maggio al Ristorante Galleria Artè al Lago del Grand Hotel Villa Castagnola di Lugano, da Frank Oerthle. Al Ristorante Ciani Lugano l’8 maggio, arriveranno Martin Dalsass del Ristorante Talvo by Dalsass e Giancarlo Morelli del Pomiroeu di Seregno, ospiti di Nicola Costantini. Il viaggio enogastronomico proseguirà con la cena presso Villa Principe Leopoldo di Lugano, dove lo Chef Dario Ranza ospiterà, il 14 maggio, Claudio Sadler, patron dell’omonimo ristorante a Milano e Presidente dell’Associazione Le Soste. Il 15 maggio si ritorna all’Hotel Splendide Royal di Lugano in compagnia di Fabio Pisani e Alessandro Negrini, del Ristorante Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano. Il 21 maggio il THE VIEW Lugano vedrà l’arrivo di Davide Scabin del Combal.Zero di Rivoli, ospite dello Chef Mauro Grandi. Il 22 maggio, Mattias Roock, il nuovo e talentuoso executive Chef del Castello del Sole di Ascona, farà gli onori di casa, ospitando direttamente dalla provincia di Venezia Lionello Cera (Antica Osteria Cera). Il 23 maggio sarà la volta di Mauro Uliassi dell’omonimo ristorante Uliassi a Senigallia ospite di Claudio Bollini presso il Seven Lugano The Restaurant. Il suo estro culinario sarà il protagonista di una serata all’insegna dei sapori di mare che incontrano armonicamente le eccellenze della terra. Il protagonista dell’ottavo appuntamento sarà Giancarlo Perbellini del Ristorante Casa Perbellini di Verona, accolto il 28 maggio da Egidio Iadonisi allo Swiss Diamond Hotel di Vico Morcote. Il percorso alla scoperta de “Le Soste” proseguirà il 29 maggio con l’appuntamento al Conca Bella di Vacallo, con Moreno Cedroni (Chef patron di Madonnina del pescatore di Senigallia, il Clandestino di Portonovo e di Anikò di Senigallia) ospite di Andrea Bertarini. Nel frattempo Luca Bassan si prepara ad accogliere, il 4 giugno, al Fiore di Pietra in vetta al Monte Generoso, Nicola Portinari del Ristorante La
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Giancarlo Morelli
Martin Dalsass Sandro e Maurizio Serva
Pino Cuttaia
Alessandro Negrini e Fabio Pisani
Giancarlo Perbellini Lionello Cera
Moreno Cedroni
Nicola Portinari
Mauro Uliassi Claudio Sadler
Davide Scabin
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Peca di Lonigo, location eccezionale a firma dell’archistar Mario Botta. Il 5 giugno, lo Chef Salvatore Frequente ospiterà all’Hotel Eden Roc di Ascona, il siciliano Pino Cuttaia de La Madia di Licata. La serata finale della manifestazione di quest’anno si terrà per la prima volta al Casinò di Campione d’Italia l’11 giugno e avrà come protagonisti 8 grandi Chef ticinesi. Oltre agli undici appuntamenti per gli 11 anni della manifestazione, a completare il calendario di S.Pellegrino Sapori Ticino 2017 avranno luogo altri 10 eventi speciali: Il 30 aprile al Ristorante Ciani a Lugano, Nicola Costantini ospiterà per una serata davvero speciale il grande Franck Giovannini del noto Restaurant de l’Hotel de Ville di Crissier, tristellato e menzionato tra i primi 10 migliori ristoranti al mondo. Due gli appuntamenti con le cene dedicate alle donne: il 9 maggio, presso il Ristorante Metamorphosis di Lugano, la Chef Patrizia Di Benedetto del Bye Bye Blues di Palermo, dell’Associazione Le Soste, saprà deliziare il palato di un pubblico interamente al femminile. Il 6 giugno, invece, Ana Roš, la cuoca slovena del Ristorante Hiša Franko nominata di recente migliore Chef donna al mondo per il 2017 dalla classifica The World’s 50 Best Restaurants di S.Pellegrino, sarà la protagonista della serata delle donne sempre al Ristorante Metamorphosis di Lugano. Il 16 maggio, l’alta gastronomia di Alfio Ghezzi della Locanda Margon e i grandi vini di Château Palmer si incontrano presso Arvi SA di Melano, mentre tre serate lounge saranno dedicate agli Chef Ticinesi emergenti Takuro Amano, Davide Asietti, Luca Bellanca, Marcel Laversa, Andrea Levratto, Carmine Mottola, che hanno lo scopo di avvicinare le nuove generazioni al mondo gourmet in location alla moda come il Seven Lugano - The Lounge il 25 maggio, Al Lido, Lugano il 1° giugno, e il Blu Restaurant & Lounge di Locarno l’8 giugno. Il 18 giugno sarà la volta di “Ti ho raccolto”, appuntamento con la camminata enogastronomica alla scoperta dei prodotti del territorio ticinese, in collaborazione con TIOR (brand commerciale di qualità con il quale è distribuita l’eccellenza orticola della Federazione Ortofrutticola Ticinese) e i contadini del Piano di Magadino. Un evento speciale coinvolgerà il 27 aprile anche La Fattoria di Guido Sassi nel cuore di Lugano, dove lo Chef padrone di casa Fabrizio Fontana ospiterà ai fornelli la cucina stellata di Mauro Elli de Il Cantuccio di Albavilla (Como). Infine, il 3 maggio, Young Chefs Night, l’appuntamento al Seven Lugano The Restaurant a tavola con alcuni dei migliori talenti culinari del futuro, come Anne-Sophie Taurines, Alessandro Rapisarda, Matthias Walter. Diversi dei finalisti under 30 al Concorso internazionale S. Pellegrino Young Chef 2016, nonché vincitori nazionali, presenteranno le ricette che li hanno portati ai vertici della gara.•
Focus wine
“Programma Jacquesson” a cura della redazione
La Maison di Dizy, della famiglia Chiquet, incontra la stampa: in degustazione la Cuvée n. 740. Se Jean-Hervé Chiquet e suo fratello Laurent sono l’anima di Jacquesson, Pietro Pellegrini ne è l’appassionato l’ambasciatore sul mercato italiano. La maison di Dizy, con i suoi 35 ettari e le sue 280.000 bottiglie, va configurandosi come una delle più ambiziose realtà della Champagne, per tensione qualitativa e serietà produttiva: ne abbiamo avuto conferma durante un pranzo “di lavoro”, ospiti della grande cucina di Elio Sironi, al milanese Ceresio 7. Qui Pietro Pellegrini ha convocato alcuni ospiti, fra giornalisti specializzati e restaurant manager/ sommelier, per presentare l’ambizioso “Programma 2017” di Jacquesson: protagonisti dell’evento, la Cuvée n. 740 – in diretta- e la Cuvée n. 736 Dégorgement Tardif, un 2008 cha fa 88 mesi sui lieviti e che viene prodotto in 20.000 botti“Una degustazione glie e 1.000 magnum prima delpresso il ristorante la sboccatura tardiva, effettuata a novembre 2016. Un pezzo da Ceresio 7 ha rivelato novanta, la n. 736, e altrettanto il grande charme la n. 740: quest’ultima ha colpito nel segno trasformando un delle bollicine della aperitivo informale in una degumaison distribuita in stazione di alto livello, di quelle da segnare nel taccuino delle Italia da Pellegrini memorabilia. La Cuvée 740, proSpa” posta in magnum, perfettamente in sintonia con gli amouse bouche preparati per l’occasione, si è rivelata versatile, di straordinario charme, di grande piacevolezza, “vibrante e rotonda”. Il raccolto 2012 di uve provenienti da Ay, Dizy, Hautvillers, Avize e Oiry, ha dovuto sostenere un inverno particolarmente freddo, seguito da una primavera e inizio estate decisamente umidi e pioIn alto: Pietro Pellegrini; vosi (che comportavano la presenza di peronospoqui a fianco: una ra sulle uve): ma un superbo finale di stagione ha bottiglia di consentito di effettuare una vendemmia di bassa Jacquesson n° 740. resa ma di altissima qualità. Ne sono state prodotte 195.836 bottiglie, 7.696 magnum e 250 jeroboam. Un grande Champagne, destinato ad evolvere nel
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tempo, ma a dare grandi soddisfazioni grazie a una prontezza che è stata ampiamente colta dai degustatori. Con Jacquesson, degustato poi durante il pranzo nelle tre tipologie Dizy 1er Cru Corne Bautray 2005 Magnum, Avize Grand Cru Champ Cain 2005 Magnum, Ay Grand Cru Vauzelle Terme 2004 Magnum, si è avuta la conferma di una versatilità straordinaria, capace di moltiplicare le occasioni di consumo. La ristorazione di alta qualità può contare su un brand di Champagne che esprime, nelle sue etichette e segnatamente nella Cuvée n. 740, una freschezza estrema, una rara pulizia e una piacevolezza che consentono un posizionamento ideale nell’offerta gourmet, oltre che un ottimo alleato della sommellerie più professionale. •
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GARANZIA DI ECCELLENZA IL tAppo DEI pIù pREGIAtI vINI AL moNDo La tecnologia NDtech consente un controllo qualità individuale, su ogni singola chiusura per il vino, offrendo il primo tappo di sughero naturale al mondo garantito con TCA non rilevabile*. Un’ulteriore conferma per i viticoltori che si affidano all’eccellenza dei nostri tappi, un’avanguardia che si aggiunge ai già comprovati metodi di prevenzione, trattamento e tutela della qualità che Amorim destina al sommo custode del vino. Per maggiori informazioni su questa rivoluzionaria innovazione nel packaging di settore, vi invitiamo a visitare il sito amorimcork.com.
*contenuto di TCA rilasciabile al di sotto del limite di quantificazione di 0,5 ng/l; analisi effettuata in conformità con la norma ISO 20752.
Focus wine
L’etica del vino di Emanuela Stìfano
Enzo Lorenzon, patron di Feudi di Romans, racconta un 2016 strepitoso. La sostenibilità ambientale, il rispetto del consumatore e la formazione dei giovani sono elementi imprescindibili del suo fare vino. Nella pagina a fianco: il patron Enzo Lorenzon;
Siamo a San Canzian di Isonzo, ai piedi del Collio una bottiglia di Sauvignon, goriziano, una zona a dir poco vocata alla viticoltuinsignito nel 2016 del premio Medaglia d’Oro di ra: la zona di produzione è quella della Doc “Friuli Bruxelles. Isonzo”. I 70 ettari di terreni dell’azienda Lorenzon hanno un buon tenore di scheletro, dalle vicine colline arriva tutto quando sia utile a fare dei vini di alta qualità. Il vento difende le vigne dalle infestazioni di oidio. Il resto, naturalmente, è lasciato alle macontrollate e disponibili al momento giusto. Anche ni dell’uomo. E quelle di Enzo Lorenzon, Presidenper i trattamenti antiparassitari si interviene solo al te dell’azienda, sono evidentemente mani esperte. bisogno, con prodotti ad alta persistenza, in modo Figlio d’arte - l’azienda nasce negli anni Cinquanda evitare trattamenti superflui. D’altro canto, Lorenta per mano dal papà di Enzo, veneto “con la vigna zon è un pioniere della lotta integrata: più di dieci e la cantina nel sangue” - negli anni fa studiava a tavolino con anni è stato in grado di far col’Università di Udine le mosse noscere e apprezzare i suoi vida seguire per avere produzio«Aderisco sempre ni, che oggi sono esportati prani sostenibili; i vigneti dei Feuticamente in tutto il mondo. In alle nuove iniziative di sono inerbiti e da quest’anno una lunga chiacchierata ha racLorenzon ha aderito al progetto e alle nuove contato la sua filosofia produt“no diserbo” dell’Unione Europea. «Aderisco sempre alle nuotiva e, soprattutto, ha raccontaesperienze. Solo ve iniziative e alle nuove espeto di un’annata strepitosa. «Ho così si accresce la rienze. Solo così si accresce la sessanta vendemmie alle spalle, cultura». A proposito di cultura, ma un’annata come quella del cultura» Enzo Lorenzon gioca un ruolo at2016 non l’ho mai vista. Merito tivo nella formazione dei giovani: di una stagione meravigliosa: ad «Troppo spesso si parla male dei agosto e settembre non ha mai giovani, ma vanno date loro delle possibilità. Manca piovuto, la Peronospora non si è vista nemmeno lonla disponibilità, da parte degli adulti, di trasmettere tanamente. I momenti di siccità sono stati superati il proprio bagaglio». Non sono solo parole: quella di grazie alla gestione ottimale delle acque irrigue da Enzo, sembra essere quasi una vocazione. Ogni anno parte del nostro Consorzio di Bonifica». Come infatin azienda sono ospitati due o tre studenti univerti ha ben spiegato Lorenzon, il consorzio di bonifica sitari, italiani e stranieri, che imparano, lavorano, si della zona permette irrigazioni di soccorso, mirate,
64
Artù marzo/aprile 2017
entusiasmano ed entrano a far parte di una squadra. Squadra che è il fiore all’occhiello dell’azienda: «Ho la fortuna di lavorare con persone giovani, motivate, capaci ed entusiaste» ha raccontato pieno di orgoglio. In particolare, il processo di vinificazione lo segue il figlio Davide, mentre Nicola si occupa degli aspetti commerciali. Gli altri collaboratori - poco più di una ventina - si dividono tra la cantina, i terreni e gli uffici. Enzo Lorenzon, invece, segue la campagna
e «faccio il critico in cantina», ha scherzato. Così operando, ora ai Feudi si apprestano a imbottigliare una giusta quantità di ottimi vini, con una gradazione alcolica che supera i 13 gradi. Vini che, secondo il Presidente, saranno migliori rispetto a quelli del 2015, già pienamente soddisfacenti. Probabilmente i migliori di sempre. Quanto ai bianchi, sono due quelli di punta, e cioè il Pinot Grigio e il Prosecco, entrambi riuscitissimi
65
Artù marzo/aprile 2017
e apprezzatissimi, sia in Italia, sia all’estero. Per tutti i vitigni la filosofia aziendale è la medesima: puntare sulla qualità, rinunciando alla quantità. E così, per dare il giusto equilibrio alla pianta, per dare il giusto respiro al grappolo, a luglio si procede con il diradamento: «Un buon vino - ha puntualizzato Enzo - si fa partendo dalla potatura verde». Il risultato è un Prosecco che Lorenzon definisce vinoso, in cui è evidente la morbidezza di una bollicina sottile. Un prodotto equilibrato, fresco e floreale, la cui diffusione non trova confini geografici. Accanto a Pinot Grigio e Prosecco, lo Chardonnay, il Tocai, la Malvasia, ma sopratutto la Ribolla Gialla e il Sauvignon, che tra l’altro l’anno scorso è stato insignito del premio Medaglia d’Oro di Bruxelles. La Ribolla è sotto la stretta sorveglianza di Lorenzon, che con un gruppo di imprenditori vitivinicoli vorrebbe proteggerla e valorizzarla. Ma il vino preferito del Patron è un altro, il Pinot Bianco, a suo avviso il padre di tutti i bianchi. Poco compreso, forse per colpa di un nome che non gli rende giustizia, per Enzo Lorenzon è il numero uno: «chi lo prova - ha garantito - poi lo riacquista». Infine, ci sono le continue sperimentazioni, la costante ricerca di qualcosa di nuovo. Qualche tempo fa è stato isolato un vecchio clone di Traminer, che oggi dà un vino con un persistente profumo di rosa, che sarà imbottigliato alla fine di marzo. Quest’anno, però, la sorpresa è un’altra: una piccola vinificazione con uvaggio bianco sovrammaturato e riposato in barriques. Una sorpresa di cui si riparlerà alla fine dell’anno. Infine, i rossi. Per ottenere il meglio dalla vinificazione in rosso, Lorenzon utilizza la tecnica dello stress idrico. Pinot Nero, Merlot, Cabernet e Refosco qui nascono tutti dalla stessa tecnica, possibile, anche in questo caso, grazie all’efficienza del Consorzio di bonifica. In pratica, analizzando la foglia, si irriga solo quando è strettamente necessario e comunque tenendo la pianta leggermente al di sotto del proprio fabbisogno idrico. Il risultato è chiaro: produzione inferiore, ma uva molto più ricca. Tradotto, vini strutturati, notevoli, che piacciono. •
Focus wine
Consumi vino, è vero boom! di Luisa Contri
Secondo una recentissima ricerca per VINEXPO, i consumi di vino continueranno a crescere. A prevederlo è la nuova ricerca dell’Independent Wine and Spirits Research (Iwsr) per Vinexpo, salone che rinnova l’appuntamento a Bordeaux con la comunità internazionale del wine & spirits, dal
18 al 21 giugno prossimi. L’istituto inglese ridimensiona leggermente le previsioni di crescita di due anni fa. Nel 2020 i consumi sfioreranno i 2,65 mld di casse di vino da 9 l, 83 mln in meno rispetto ai 2,73 mld di casse che avremmo dovuto raggiungere già l’anno prossimo, e solo 48,9 mln in più rispetto al 2016. Responsabili del rallentamento della progressione dei consumi siamo noi europei che, nel 2016, abbiamo stappato il 61% dei vini fermi e il 77% di quelli sparkling, ma che nel 2020 scenderemo al 59% dei fermi e al 76% dei mossi. Il rallentamento si farà sentire in modo più sostanzioso in Italia,
“Da qui al 2020, trainati dalla progressione a doppia cifra della regione AsiaPacifico, il vino avrà un ritmo di crescita incessante a livello globale” 66
Artù marzo/aprile 2017
TOP 10 DEI PAESI CONSUMATORI Rank
Countries
2016
2020
Evol 16/20
1
USA
341,5
358,3
+4,9%
2
FRANCE
280,9
264,55
-5,8%
3
GERMANY
271,7
268,4
-1,25%
4
ITALY
262,9
242,4
-7,8%
5
CHINA (+HONG KONG)
153,1
182,9
+19,5%
6
UK
132,1
132,7
+0,4%
7
ARGENTINA
109,9
107,9
-1,9%
8
SPAIN
83,2
81,4
-2,2%
9
RUSSIA
81,1
90,9
+12,2%
10
AUSTRALIA
56,6
56,4
-0,4%
TOP10*
1773,17
1785,9
+0,7%
GLOBAL
2600,4
2649,3
+1,9%
*vale il 68% dei consumi globali Fonte: Iwsr per Vinexpo – a volume vini fermi e frizzanti in mln di casse da 9 litri
TOP 10 DEI MERCATI PER CRESCITA Rank
Regions
2016
2020
Change
2016-2020
1
CHINA
151,4
180,6
+19,3%
29,2
2
USA
320,8
334,0
+4,1%
13,2
3
SOUTH AFRICA
46,1
56,9
+16,9%
7,8
4
RUSSIA
57,3
63,9
+11,5%
6,6
5
CANADA
46,8
50,1
+7,1%
3,3
6
PORTOGAL
45,8
48,9
+6,8%
3,1
7
JAPAN
37,6
40,0
+6,4%
2,4
8
ROMANIA
47,5
49,6
+4,4%
2,1
9
MEXICO
7,9
9,3
+17,7%
1,4
10
UKRAINE
10,4
11,6
+11,5%
1,2
OTHERS
1607,6
1566,8
-2,5%
-40,8
TOTAL
2379,1
2408,8
+1,2%
29,7
Fonte: Iwsr per Vinexpo – a volume, vini fermi in mln di casse da 9 litri
TOP 10 DEI MERCATI PER CRESCITA DELLE IMPORTAZIONI
con un –7,8%, e in Francia, con un –5,8%, ma anche in Spagna (–2,2%) e in Germania (–1,25%). L’Europa così perderà nel quinquennio 2016-2020 33,9 mln di casse. Quantitativo comunque più che coperto dall’aumento di 35,7 mln di casse nella regione Asia-Pacifico, di altri 23,9 mln di casse nelle Americhe, di 10,7 mln casse nei paesi Cis (Comunità degli Stati indipendenti) e di 15,7 mln di casse in Africa e Medio Oriente. Guardando soltanto al consumo di vini fermi, l’Asia passerà da 206,6 a 240,8 mln casse nel quin-
Rank
Markets
2016
2020
Change
2016-2020
1
CHINA
57,7
94,5
+79,3
41,7
2
USA
81,9
85,8
*4,8%
3,8
3
RUSSIA
16,6
19,2
+15,7
2,6
4
CANADA
33,7
36,2
+7,4%
2,5
5
JAPAN
25,9
27,9
+7,7%
2,1
6
IVORY COAST
4,8
5,9
+22,9%
1,1
7
POLAND
11,7
12,6
+7,7%
0,83
8
MEXICO
5,4
6,2
+14,8%
0,79
9
NAMIBIA
2,1
2,5
+19,0%
0,46
10
NIGERIA
2,4
2,9
+20,8%
0,45
OTHERS
492,3
494,2
+0,4%
1,87
TOTAL
729,9
788,1
+8,0%
58,1
Fonte: Iwsr per Vinexpo – a volume, vini fermi in mln di casse da 9 litri
67
Artù marzo/aprile 2017
1
Focus wine quennio 2016-2020, mettendo a segno una progressione del 16,6%, che sale però al +79,3%, se si considerano soltanto i vini d’importazione (le casse passeranno da 52,7 a 94,5 mln). L’aumento dei consumi di vini fermi sarà a doppia cifra anche in Africa (+14,6%, da 76,9 a 88,1 mln casse), America centrale (+16,7%, da 10,2 a 11,9 mln casse) e Caraibi (+14,7%, da 7,5 a 8,6 mln casse), regioni pur di peso limitato. E consistente nell’importantissimo Nord America, che metterà a segno un +4,5% complessivo (da 367,6 a 381,4 mln casse), che scomposto diventa un +4,1% negli Usa e un +7,1% del Canada. Se consideriamo soltanto i vini d’importazione, la progressione sarà del 4,8% negli Usa e del 7,4% in Canada. In buona crescita anche l’area Cis (+8,7%,da 94,6 a 102,8 mln casse), l’Europa centrale e i Balcani (+2%, da 166,9 a 170,2 mln casse) e il Medio Oriente (+6%, da 6,7 a 7,1 mln casse). Focalizzandoci sull’Italia, quali le prospettive per i produttori di vino e merchant italiani? «Dall’inda-
Tutte le novità di Vinexpo 2017 Vinexpo Bordeaux non smette di rinnovarsi. Dopo le tante migliorie introdotte nel 2015 dal nuovo gruppo dirigente coordinato dal ceo Guillaume Deglise, altre due novità attendono i visitatori del salone. Una è l’area Wow, acronimo di world of organic wine. Non che i produttori e i merchant di vini biologici siano mai mancati fra gli espositori al Vinexpo Bordeaux. Quest’anno, però, per la prima volta, saranno raggruppati in un’area ben identificabile che darà loro risalto. Saranno inoltre liberi di scegliere se esporre al salone per tutta la sua durata o soltanto per 2 giorni. La seconda novità è il programma di hosted buyers. Ben 200 compratori internazionali, anche di società di e-commerce, del travel retail, della distribuzione moderna e del settore alberghiero, accomunati dal non aver mai visitato prima Vinexpo Bordeaux, vi potranno partecipare come ospiti e potranno programmare da quattro a sei appuntamenti di lavoro al giorno nell’ambito del programma One to Wine meeting introdotto nel 2015. Il paese d’onore di quest’edizione sarà la Spagna. Quest’anno Vinexpo presenta anche un nuovo format: Vinexpo Explorer, Sarà un evento itinerante che, in due giorni, darà modo a 100 fra i più importanti buyer internazionali di degustare vini e di visitare i vigneti e le cantine di paesi e regioni vocate ancora poco conosciuti sullo scenario mondiale. il primo appuntamento è per l’11 e 12 settembre a Vienna. L’edizione successiva potrebbe svolgersi in una regione del Sud Italia: Sicilia, Puglia o Campania. E quella dopo ancora in Francia in Alsazia o in Languedoc).
Consumi spirits La Cina e, piuttosto distanziati, l’India e gli Stati Uniti, secondo Iwsr, si confermeranno i paesi principali consumatori di spirits, mercato che crescerà dell’1,38% nel quinquennio 2016-2020, fino a superare i 3,16 mld di casse da 9 l. Tend di sviluppo a doppia cifra li faranno registrare TOP 10 DELLE CATEGORIE PER CRESCITA Rank
Category
2016
2020
Change
2016-2020
1
NATIONAL SPIRIT
1475
1499
+1,7%
25
2
BOURBON
41
47
+13,9%
6
3
TEQUILA
29
33
+11,9%
4
4
COGNAC/ARMAGNAC
12
13
+10,8%
1
5
SCOTCH
10
11
+10,4
1
6
GIN/GENEVER
55
56
+1,6%
1
7
LIQUEURS
71
70
-1,1%
-1
8
RUM
139
136
-2,1%
-3
9
BRANDY
174
162
-7,2%
-12
10
VODKA
459
439
-4,3%
-20
OTHERS
656
698
+6,3%
42
TOTAL
3122
3164
+1,4%
43
Fonte: Iwsr per Vinexpo – a volume in mln di casse da 9 litri
globalmente bourbon, tequila, cognac/armagnac e scotch whisky, che insieme comunque totalizzeranno 104 mln casse, contro 1,499 mld casse degli spirits di produzione nazionale (dominati dal baijiu cinese). In Italia dove si supereranno appena i 13 mln casse nel 2020, in calo del 4,7% sul 2016, i consumi di spirits nazionali sono comunque dati in crescita del 2,7%. Guillaume Deglise, ceo di Vinexpo
68
Artù marzo/aprile 2017
I CONSUMI DI VINI FRIZZANTI: QUOTA PER REGIONE
+5,8%
+8,6%
TOTAL: 209,1
TOTAL: 221,3 EUROPE
AMERICAS
ASIA-PACIFIC
TOTAL: 240,4 AFRICA & MIDDLE EAST Fonte: Iwsr per Vinexpo – a volume, in mln di casse da 9 litri
I CONSUMI DI VINI FERMI: QUOTA PER REGIONE
-1,3%
+1,22%
TOTAL: 2411,4
TOTAL: 2379,1 EUROPE
AMERICAS
ASIA-PACIFIC
TOTAL: 2408,2 AFRICA & MIDDLE EAST Fonte: Iwsr per Vinexpo – a volume, in mln di casse da 9 litri
berlo non solo per regalarlo. Siete poi ben presenti in Giappone, sebbene il Cile vi abbia scalzato dalla seconda posizione». Buone notizie per l’Italia vengono anche dai vini frizzanti e rosati. Circa la metà della crescita dei consumi mondiali di bollicine sarà riconducibile al Prosecco, oggi assurto a vero e proprio brand. Positivo sarà pure il trend dei vini rosati, sia all’export che sul mercato domestico dove Iwsr prevede che cresceranno del 22% (nel 2016 pesavano per il 5,45 su un consumo complessivo di 248,1 mln casse). Progresso reso ancor più significativo in una situazione di calo dei consumi vicino alla doppia cifra al 2020 (–9,6%). I rossi, che valgono oggi il 60% delle vendite scenderanno di un ulteriore 11,5% e i bianchi (34,6% dei consumi) dell’11,4%. •
gine Iwsr», dichiara ad Artù Guillaume Deglise, ceo di Vinexpo, «emergono elementi positivi riguardanti il vostro paese. Il vino italiano si conferma infatti il più esportato al mondo. E vivrà ancora una dinamica positiva nel quinquennio 2016-2020. È vero, in Europa, le vostre vendite sono date per stagnanti, ma negli Stati Uniti, il mercato in assoluto più importante al mondo, in cui siete leader e che già è il vostro secondo paese di sbocco all’estero, dietro la Germania, i consumi di vini italiani sono previsti in ulteriore crescita di un 12% nel periodo. Incrementi di vendite li registrerete anche in Canada e in Cina, paese quest’ultimo che offre buone prospettive di sviluppo per l’Italia. Ciò anche in considerazione del fatto che a crescere è la domanda di vini da circa 10 euro a bottiglia, da parte delle classi media e medio-alte che ora il vino lo comprano per
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Artù marzo/aprile 2017
Focus wine
Astoria non solo Prosecco
di Emanuela Stìfano
Oltre al Prosecco ConeglianoValdobbiadene DOCG, in Astoria si producono vini che esprimono tutta la varietà del territorio. A Vinitaly sarà presentato un nuovo rosso, “el RUDEN”, e uno spumate cuvée “Honor”. Siamo a Refrontolo, in provincia di Treviso, nel cuore della zone del Prosecco Conegliano-Valdobbiadene DOCG. Qui si trovano i 40 ettari di vigneto collinare di Astoria ed è qui che, Paolo e Giorgio Polegato, figli di Vittorino, stanno a loro volta tra-
smettendo la passione per le vigne e i vini ai loro figli, Filippo e Carlotta, Luana e Giorgia. Ad Astoria si lavora su due fronti, uno tradizionalista, l’altro innovativo: da un lato si mantengono e si sviluppano le referenze prestigiose - Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG in primis – dall’altro si creano prodotti nuovi e originali, capaci di solleci tare l’attenzione di un mercato sempre più affollato. Bilancio 2016 a 44 milioni di euro, in crescita rispetto all’esercizio precedente, il che significa diversi milioni di bottiglie, di cui circa il 33 per cento esportate in 80 Paesi esteri, in particolar modo Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna. Come si diceva, l’azienda è alla continua ricerca di progetti nuovi: gli esempi in questo senso sono parecchi, a cominciare dalla linea Astoria Lounge, pensata per i locali di tendenza – ne fanno parte Astoria Fashion Victim, dalla bottiglia dorata, e il Just Cavalli, nato dalla collaborazione con il noto
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Artù marzo/aprile 2017
Nella pagina a fianco: la famiglia Polegato (seduti da sinistra: Paolo e Giorgio, alle loro spalle i due figli: Filippo e Giorgia); una bottiglia di spumante cuvée “Honor” e una cuvée con i colori rosa e oro e il logo celebrativo per i 100 anni del Giro d’Italia; in questa pagina: veduta della tenuta e dei 40 ettari di vigneto nelle colline di Refrontolo (Tv); infine Giorgio e Paolo Polegato.
“el RUDEN”, il nuovo rosso “Il Prosecco è sempre più richiesto, ma non togliamo varietà e identità alla nostra tradizione vinicola, dimenticando gli altri vini del territorio”. È con questa consapevolezza che Astoria produce anche vini meno noti, come il Conegliano Refrontolo Passito DOCG, uno dei pochi vini rossi passiti italiani, e il nuovissimo “el RUDEN” Veneto Rosso I.G.T, prodotto con uve provenienti da vigneti collinari di 8-15 anni di età. Si tratta infatti di una fortunata unione di uve Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero e, soprattutto di una piccola componente (circa il 10%) di uve marzemino, che vengono passite per circa tre mesi sui graticci in modo assolutamente naturale e non forzato. Questa aggiunta rende ancora più tipico il vino, e oltre alla struttura, rafforzata anche da otto mesi in barrique prima dell’imbottigliamento, gli consente un tono più morbido che sorprenderà i palati. Il nome Ruden, che in dialetto significa “ruggine” si riferisce al nome della terrazza panoramica in cima alla tenuta Astoria, da cui si abbraccia l’intera collina. E tracce di quella collina ci sono anche nei preziosi decori della bottiglia, con i colori caldi e tocchi antichi.
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Artù marzo/aprile 2017
stilista - e per il “mondo dell’aperitivo”. Non solo. Nel 2010 Astoria ha creato uno spumante a bassa gradazione, il 9.5 Cold Wine che, pur non essendo un prosecco DOC, ha comunque conquistato il concorso enologico internazionale del Vinitaly e il forum spumanti, tanto che la linea a bassa gradazione è stata poi ampliata con l’introduzione dello spumanti Pink e Red. Ma Astoria ha osato di più: nell’ottobre 2012, per andare incontro alle esigenze (anche religiose) dei consumatori, e aprire nuovi mercati per il Prosecco trevigiano, è nato “Zerotondo” un succo d’uva analcolico biologico. Un altro interessante progetto è Yu Sushi Sparkling, una cuvée speciale extra brut, nato per essere abbinato al sushi e ad altri piatti della cucina orientale. Le ultime novità saranno presentate a Vinitaly. Si tratta di uno spumate cuvée “Honor” con una bottiglia esclusiva a fiore, e del nuovo rosso barricato, “el RUDEN” Veneto Rosso I.G.T. •
Focus wine
San Michele-Appiano, 30 anni di Sanct Valentin di Theo Smith
di quest’anno hanno un nuovo design con una forma dedicata e un’etichetta con timbro celebrativo. Saranno presentate in occasione del Vinitaly (VeLa visione del winemaker rona, 9-12 aprile) Pad. 6 Stand D1. della cantina altoatesina, Dalla vendemmia del 1986 Hans Terzer imbottigliò Hans Terzer, è oggi un successo per la prima volta nel 1987, come Sanct Valentin, 6.100 bottiglie suddivise in Ruländer (Pinot Grigio), internazionale. Gewürztraminer e Chardonnay. La linea ha successo e si esaurisce dopo poco tempo. Ad Hans Terzer è Hans Terzer, interpellato da Artù sul successo della chiaro che il progetto deve essere allargato ben oltre Cantina San Michele Appiano (www.stmichael.it) ha la Tenuta Sanct Valentin. Negli anni seguenti Hans le idee molto chiare in merito : «Con Sanct Valentin Terzer è in cerca delle aree piú prestigiose per introabbiamo dimostrato che anche una cooperativa è durre nuovi vitigni. Nel 1989 il Sauvignon entra a far in grado di produrre “vini di un’altra cilindrata” in parte della nuova linea (ad oggi premiato 18 volte grado di competere anche a livello internazionale». con i Tre Bicchieri, il massimo riconoscimento del Quest’anno si celebrano i 30 anni di vita della liGambero Rosso) e nel 1996 segue il primo rosso, nea Sanct Valentin, punta di diamante della produil Cabernet. Oggi la linea Sanct Valentin è costituzione dei vini della cantina San Michele-Appiano. ita da nove vini; tra i bianchi Sauvignon, ChardonL’intuizione dell’allora trentenne nay, Gewürztraminer, Pinot Grigio winemaker Hans Terzer, è basae Pinot Bianco, tra i rossi Pinot ta su un concetto semplice ed Nero, Lagrein e la nuova cuvèe “Ormai sono oltre efficace: non ammettere comCabernet-Merlot 2013, il blend promessi invitando gli associain stile bordolese che quest’anno 400.000 le bottiglie ti a creare i presupposti per otsarà presentato a Verona al Vinietichettate Sanct tenere una qualità elevata già taly, nonché il passito Comtess, nei vigneti. Rese più basse per il primo vino dolce prodotto nel Valentin, in 30 anni una qualità più alta, una visio1989 in Alto Adige. Sensibilità e 5 milioni e mezzo le tenacia le qualità di Hans Terzer, ne vincente che si conferma di grande successo internazionaal quale da 40 anni esatbottiglie distribuite” grazie le. Per l’occasione le bottiglie ti produce vini eccezionali nella dell’intera linea Sanct Valentin centenaria cantina San Michele
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Artù marzo/aprile 2017
C
M
Y
CM
MY
CY
CMY
K
Sopra: Hans Terzer; in basso la centenaria cantina San Michele Appiano.
Appiano; quest’anno compie 110 anni dalla data di fondazione del 1907. «I 30 anni di esperienza con Sanct Valentin non sempre sono stati facili» ammette Hans Terzer. «Oggi dico con un certo orgoglio che la mia convinzione di allora di produrre qualità, dettata dall’esperienza e dalla conoscenza, aveva un senso; non è stato facile far capire ai soci che per produrre un vino superiore bisognava abbassare le rese e aumentare la qualità. Con Sanct Valentin abbiamo dimostrato che anche una cooperativa è in grado di produrre “vini di un’altra cilindrata” capace di competere a livello internazionale, motivo per cui nel 2000 San Michele-Appiano è stata premiata come “Miglior Cantina d’Italia” dal Gambero Rosso». La cantina San Michele-Appiano è arrivata a produrre oggi oltre 400.000 bottiglie annue etichettate Sanct Valentin. Dall’annata 1986 in poi ne ha distribuite ca. 5 milioni di bianco e 500.000 di rosso in tutto il mondo, risultato eccezionale per una cantina altoatesina. •
Focus wine
Connubio perfetto a cura della redazione
Tra le etichette che distribuisce in esclusiva, Partesa ne ha selezionate alcune da abbinare ai piatti pasquali. Nascono così interessanti accostamenti. Per ogni piatto pasquale, un vino capace di esaltarne al meglio i sapori. E così, portata dopo portata, Partesa, il network distributivo del Gruppo HEINEKEN Italia specializzato nei servizi di vendita, distribuzione, consulenza e formazione per il canale Ho.Re.Ca. con oltre 25 anni d’esperienza e 40.000 clienti, ha individuato i migliori abbinamenti con le etichette che si sono aggiudicate i Tre bicchieri 2017. Partendo dagli antipasti, non possono mancare, tra quelli tipici della tradizione pasquale, gli affettati misti – un esempio per tutti la Fellata na-
poletana - e le diverse varianti di torte salate, dalla pasqualina ligure, al Casatiello napoletano. Con i salumi Partesa propone di abbinare il Valdobbiadene Brut Cuvée del Fondatore di Graziano Merotto, che lascia, al palato, una lunga “scia” profumata. Per le torte farcite di erbe e ricotta e le diverse preparazioni a base di uova, ortaggi di stagione e erbe di campo, suggerisce invece Malvasia del Collio di Ronco dei Tassi. Ma per il Casatiello, meglio uno vino più strutturato e succoso, per esempio il Chianti Badia a Corte Riserva di Torre a Cona. Passando ai primi, le paste più ricche condite con carne, uova, formaggi e salumi – trovano la loro ragion d’essere con vini rossi corposi, quali il Chianti Classico Riserva di Lilliano o il Roero Printi Riserva di Monchiero Carbone. Con i ravioli di
Da sinistra: Roero Printi Riserva di Monchiero Carbone; Conero Campo San Giorgio Riserva di Umani Ronchi e la vendemmia tardiva Cristina dell’azienda Roeno.
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magro, con le paste o le lasagne condite con ortaggi di stagione, l’abbinamento ideale è invece la Malvasia di Ronco dei Tassi. Proseguendo con il menù, naturalmente sulla tavola pasquale non può mancare l’agnello, interpretato e preparato nei modi più svariati. Con queste carni molto saporite, secondo Partesa è meglio opporre un rosso ampio e corposo, in cui emergano i tannini equilibrati: l’aristocratico Barbaresco Asili Riserva di Ca’ del Baio o l’avvolgente Conero Campo San Giorgio Riserva di Umani Ronchi, sono tra le etichette ideali per soddisfare questa necessità. Se invece si preferisce la carne di manzo, un portentoso Amarone Punta Tolotti di Ca’ Rugate saprà esaltare uno stracotto al vino. Infine, non può esserci pranzo pasquale che si chiuda senza la classica colomba o senza la Pastiera napoletana. In abbinamento alla prima, Partesa propone il Moscato d’Asti Casa di Bianca di Gianni Doglia, mentre con la più barocca Pastiera suggerisce un armonico passito come il Cristina di Roeno, frutto di una mirabile vendemmia tardiva. •
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Focus wine
Bersano, storia di passione A cura della redazione
“Se vuoi bere bene, comprati un vigneto”. Seguendo il credo del fondatore Arturo, oggi la casa vinicola piemontese conta più di 230 ettari. Barbera e Barolo sono i fiori all’occhiello dell’azienda. Bersano, storica casa vinicola piemontese, nasce nel 1907 nella zona di produzione della Barbera d’Asti. Fino dagli esordi il fondatore, Arturo Bersano, ha creduto in questo vitigno acquisendo cascine e vigneti e investendo energie e risorse per far rinascere la Barbera, da lui definita “cosa viva, che bisogna conoscere e meritarsi come tutto quanto è vivente”. La storia dell’azienda continua con gli attuali proprietari, le Famiglie Massimelli e Soave che, da più di trent’anni, seguendo il credo di Arturo - “se vuoi bere bene, comprati un vigneto” - hanno consolidato un’imponente realtà di cascine, con oltre 230 ettari vitati. Barbera e Barolo erano e sono il fiore all’occhiello di Bersano: da sempre viene riservata parecchia attenzione ai legni per l’invecchiamento, tanto che le cantine Bersano custodiscono un patrimonio di botti di rovere di Slavonia, e tonneaux di rovere francese di Allier, che, complici la temperatura e l’umidità costanti, garantiscono al vino le condizioni ottimali per l’affinamento e l’invecchiamento. Ma Bersano non è solo vigne e vini: i Musei Bersano delle contadinerie e le Stampe antiche sul vino – una raccolta dalle etichette di inizio secolo vergate a mano, carte geografiche, vedute di castelli, menù dell’800 e cartelloni pubblicitari primi ‘900 - sono la testimonianza della lunga storia aziendale. Volendo ripercorrerla brevemente, il punto zero si segna con l’acquisto della Cascina Cremosina e dei vigneti dislocati intorno alla cantina di Nizza Monferrato, dove la Barbera
d’Asti è indiscussa protagonista. In seguito arrivano le acquisizioni dei vigneti di Langa (Cascina Badarina a Serralunga) e l’espansione della prediletta Barbera (Cascina Generala, Vigneto Monteolivo, Cascina Buccelli, Cascina Prata). Seguono le prestigiose tenute dedicate a Moscato (Cascina San Michele) Brachetto (Cascina Castelgaro) e, ultima in ordine di tempo, a Ruchè e Grignolino (Cascina San Pietro). Oggi i vigneti si estendono per oltre 230 ettari nei migliori crus di Langhe e Monferato e sono seguiti da una esperta équipe di agronomi e vignaioli che in base alla tipologia del terreno, all’esposizione, all’altimetria e al vitigno impiantato definisce le migliori tecniche di coltivazione, di potatura e diradamento. Operazioni che culminano con la vendemmia, durante la quale, come è giusto che sia, i grappoli sono trattati con la massima cura per preservare l’essenza dell’uva e costituire la materia fondante di vini con forte personalità.•
GENERALA Barbera d’Asti DOCG Superiore Nizza Terreni calcareo-argillosi, vinificazione in acciaio e un affinamento che prevede sei mesi in barriques, sei mesi in botti di rovere di Slovenia e sei mesi in bottiglia. Così nasce Generala, Barbera d’Asti DOCG Superiore Nizza, una Barbera equilibrata e contemporanea, frutto di vigneti che si trovano in aree particolarmente vocate che ottemperano a tutti i dettami previsti dalla sottozona “Nizza” che ammette solo 18 comuni con vigneti dalle esposizioni e rese rigorosamente imposte.
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Nella pagina a fianco: scorcio della cantina Bersano; un grappolo d’uva; in questa pagina dall’alto in basso: veduta del vigneto di Serralunga d’Alba (CN); la cascina Cremosina e il suo vigneto a Nizza Monferrato (AT); il vigneto Monteolivo e infine il terreno coltivato a viti con vista in lontananza della cascina Prata a Incisa (AT).
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La ricetta di Artù
Mascarpone e mele rosse
Mascarpone e mele rosse Per la mousse al mascarpone 500 g di mascarpone 210 g di tuorli 410 g di zucchero 123 g di acqua 28 g di colla di pesce 820 g di panna
a cura di Maurizio Bertera Senza forzare l’illustre omonimia con il grande patriota trentino (peraltro lontano parente), Cesare Battisti è un vero patriota del cibo: pochi chef-patron hanno la stessa passione per i prodotti autoctoni, quasi scomparsi, di nicchia (fate vobis) che cerca personalmente, appena ha tempo per viaggiare. Ed è un coraggioso: prima di lui, nessuno a Milano aveva tentato di proporre il pesce di acqua dolce in modo continuativo. Battisti si è creato un piccolo network di fornitori sui laghi lombardi e via di trota e luccio. Quando è possibile serve persino un fish & chips che la gente pensa ispirato all’isola di Wight e invece è frutto del Garda e dell’Iseo. E’ con questa logica che lo chef milanese ha scoperto le piccole mele rosse del Sudtirolo, quelle che lì chiamano ‘antiche’ e non hanno un grande sbocco commerciale, in quanto bruttine e con scarsa capacità di conservazione. “Mi ha colpito la loro freschezza, quella nota ‘limonosa’ che le rende
Per la salsa di mele rosse 200 g di estratto di mele rosse 100 g di gelatina Absolu Cristal Per il sorbetto di mele rosse 2 kg di estratto di mele rosse 1 kg base neutra 180 g di succo di limone
Lo chef Cesare Battisti (a sinistra), del Ratanà di Milano, propone una ricetta con le mele “antiche” del Sudtirolo.
particolari – racconta Cesare – meriterebbero una maggior attenzione ma il mercato è fatto in un certo modo, tanto che in Germania stanno lavorando per incrociarle con piante in grado di renderla più grossa nelle dimensioni e più appetibile nell’aspetto. A me questo non interessa: volevo farle protagonista di un dessert e Luca De Santi, il mio pasticciere, lo
Procedimento Si parte dalla mousse di mascarpone. Ammollare la colla di pesce in acqua e ghiaccio, montare la panna all’80% e lasciarla in frigorifero. Mescolare il mascarpone con 200 g di panna e lasciarlo in una boule. Mettere i tuorli in planetaria con la frusta e montarli a velocità media, mentre si porta acqua e zucchero a 110°. Poi aumentare la velocità della planetaria e quando lo sciroppo arriva a 118°, toglierlo dal fuoco e versarlo a filo sulla montata di tuorli. Una volta che la pate à bombe (ossia la base di partenza) è pronta, sciogliere la colla di pesce (con un po’ di panna aggiuntiva) e amalgamare bene, operazione da ripetere più volte. Unire un po’ di panna montata al mix precedente e amalgamare bene, fino ad ottenere un composto spumoso. Raffreddare velocemente. Per la salsa di mele rosse, basta mixare gli ingredienti e mettere il risultato in frigorifero mentre il sorbetto richiede una notte di riposo dopo il primo passaggio, un’altra mixata e poi il congelamento.Il biscotto di mela rossa si ottiene impastando tutti gli ingredienti nella planetaria con la foglia. Una volta amalgamati formare dei rotolini e congelarli. Grattugiare con la microplane il biscotto su di un silpat, cuocere a 120°, mezza ventola per 25 minuti. Il dolce si completa con polvere di mela rossa, ottenuta dalla buccia passata in forno e disidratata e fettine del frutto, tagliate sottili.•
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Per il biscotto alla mela rossa 100 g di farina 40 g di polvere di mela rossa 100 g di burro 100 g di zucchero a velo 10 g di yogurt in polvere 1,5 di sale
ha reso possibile con tutta la sua bravura, ‘coinvolgendo’ il mascarpone. E abbiamo ragionato anche su un aspetto che mi sta sempre a cuore: utilizzare l’intero prodotto. Qui ci siamo riusciti” Quello tra Battisti e il suo pastry chef (nonché souschef) è un sodalizio consolidato, visto che il talento vicentino – classe ’79 – ha messo a frutto le sue importanti esperienze (L’Albereta e Enoteca Pinchiorri su tutte) in una carta dei dessert, che non è certo da trattoria. Ma del resto, il Ratanà è per molti versi qualcosa in più, senza perdere la piacevole atmosfera vecchia Milano. Cosa bere con Mascarpone e mele rosse? Battisti punta direttamente alla vodka, in purezza: in effetti, ci sta. Ma un finale di esperienza così, secondo noi, merita l’assaggio di un cocktail particolare della carta: Mini vodka sour alla rosa con il distillato nordico, liquore alla rosa e succo di lime. Non è leggero, in definitiva, ma ne potresti bere a ripetizione… •
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Mille anni di lento scorrere tra le rocce per una purezza straordinaria. Meno dello 0,00001% di Nitrati. Antica Fonte della Salute, già apprezzata nei ristoranti più prestigiosi grazie all’esclusivo formato in vetro da 65 cl, sarà presto disponibile nella nuova linea in Pet da 25 e 40cl.
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In questa pagina: l’executive chef Mark Leenders; nella pagina a fianco: Filetto di sogliola con fregula sarda, spinaci, salsa Noilly Prat e fasolari; e la sala del ristorante Vestdijk 47 sito all’interno del Pullman Cocagne di Eindhoven.
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Paesi Bassi incroci altissimi di Gualtiero Spotti
Eindhoven è una bella scoperta gastronomica, visto che qui operano geni della cucina come lo chef Mark Leenders. Eindhoven non è esattamente il centro dell’Olanda e neanche una di quelle destinazione predilette dal turista in cerca di canali, mulini, tulipani e tutto cìò che rappresenta l’icononografia classica dei Paesi Bassi. Eppure è una città conosciuta e frequentata da una vasta clientela internazionale, per il ricco sottobosco di attività legate all’arte e al design, oppure per la storica azienda Philips che qui è nata. Insomma, è più centro di affari con un’anima congressuale, che non quella località nella quale andare a cercare scorci paesaggistici e monumen-
ti imperdibili. Sempre che non siate invece degli estimatori dell’architettura di Fuksas, che qui ha messo mano a diversi edifici e piazze tra il 2000 e il 2010, rimodellando il volto urbano della città. In quest’angolo del Brabante però ci sono altre attrattive cui affidarsi, magari andando alla scoperta di incroci culinari interessanti che fuoriescono dalla vicinanza fra tre nazioni: Olanda, Belgio e Germania, ma con evidenti influenze francesi. E’ una cucina dunque ricca, succulenta (da queste parti il piatto è sempre pieno), ma che sa rendersi in più di una occasione grandiosa quando si finisce in uno dei molti ristoranti stellati che si trovano in città e poco fuori. Non solo, spesso si va incontro a delle piacevoli sorprese
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Accueil
Accueil anche quando i ristoranti, almeno per il momento, prio nelle cucine dell’albergo per un decennio, fino non sono stati ancora presi in considerazione dalal 2014 e al ruolo di sous-chef, Mark si è concesla guida rossa. Un esempio da sottolineare per la so una divagazione professionale esotica di undici piacevolezza dell’ambiente, per il talento indiscusso mesi al ristorante Papagayo di Curacao, nei Caraidel cuoco e per l’equilibrio della proposta gastrobi, ma è poi rientrato per occuparsi definitivamente nomica è quello del Vestdijk 47, www.vestdijk47. dello sviluppo del Vestdijk 47. I risultati, va detto, gli nl il ristorante ospitato all’interno stanno dando ragione, perché del Pullman Cocagne di Eindhola cucina è suadente e amven, forse l’hotel più elegante e miccante senza voler puntare “Piatti generosi funzionale nel centro cittadino. Il ad eccessi stilistici. La matenome si riferisce alla via e al ciprima eccellente è il punto e croccanti, quelli ria vico in una delle arterie principadi partenza su quale costruire del Vestdijk 47: le della metropoli olandese, e pur piatti che vivono di una loro avendo un ingresso esterno è ben di stampo francese, memorabile il Risotto classicità riconoscibile come sala ristoranma sicuramente più moderni all’aragosta servito te multifunzione, funzionante tute alleggeriti nella loro riproto il giorno dal servizio delle coladuzione. Anche quando quecon salsa olandese” zioni fino a notte fonda, visto che sti guardano in maniera più inospita anche il bar dell’albergo. A cisiva verso il Mediterraneo e il differenze però dei quasi sempre asettici e standardizzati saloni per coprire grandi numeri, il Vestdijk 47 ha un suo lato piuttosto glamour (quadri moderni alle pareti, componenti di arredamento contemporaneo, una ampia vetrina con i vini) e rivela, tra le altre cose, l’ ampio sala della chef’s table (per un massimo di 14 persone) posizionata di fronte a una bella cucina a vista. Tutta una serie di aspetti che rendono la sosta molto più che piacevole e dove si è circondati da un frizzante parterre di clientela internazionale e non solo, visto che anche i locali arrivano per godere della cucina. L’executive chef è il simpatico Mark Leenders, cresciuto in zona e con movimenti lavorativi che quasi sempre lo hanno visto alle prese con il suo territorio. Dopo aver trascorso tutta la trafila della gavetta pro-
(è il mitico Alalunga) gioca con le spezie e i sentori vegetali tra sesamo, curry rosso e cetriolo, la Sogliola incontra la croccantezza della fregula sarda e la soavità della salsa preparata con il vermouth Noilly Prat, e ancora, le preparazioni più incisive come il Tournedos Rossini o il Filetto d’agnello, sono una nuvola rispetto alle versioni classiche. Con, qua e la, alcune interpretazioni sul filo dell’azzardo, come nel caso del Pastrami di vitello o del Risotto all’aragosta servito con salsa olandese. Idee non rivoluzionarie, ma che dicono della volontà di metter in campo qualche sorpresa, compatibilmente con le esigenze di una clientela che, da queste parti, vuole solide certezze. I dolci fino alla fine dello scorso anno erano preparati da Tom van Woerkum, che però da gennaio è andato ad occuparsi (dopo dieci anni al Vestdijk 47) del laboratorio Pastryclub, sempre a Eindhoven. La carta attuale mette in fila, a fine pasti, dolcezze molto esotiche, con banana, ginger e
Sotto: un dessert dal nome: Dama Bianca V47; qui a fianco: Tartare di tonno Albacore con sesamo curry rosso e cetriolo.
Bel Paese. Il menù non è molto esteso, ma i piatti sono estremamente curati e perfetti nell’idea di un percorso di degustazione senza troppi sbalzi. La Tartare di tonno Albacore
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ananas in evidenza. Con l’aggiunta di un classico di questa area geografica, la Dama Blanche, ovvero gelato alla vaniglia, panna montata e cioccolato fuso. Infine, una nota che riguarda l’hotel, il quale nonostante le linee severe e squadrate si rivela accogliente e moderno, con ben 320 stanze, una piscina, un salone di bellezza e 18 meeting rooms. •
Focus beverage
Il gusto, anche nel packaging a cura della redazione
San Benedetto presenta le nuove referenze per il canale Ho.Re.Ca. L’eleganza delle bottiglie accresce la qualità dei prodotti. Una nuova acqua, un nuovo aperitivo e una nuova Schweppes. Con questi prodotti San Benedetto va ad accrescere la propria offerta dedicata al canale Ho.Re.Ca. Per quanto riguarda l’acqua minerale, si tratta di Antica Fonte della Salute Millennium Water, un prodotto dedicato all’alta ristorazione. Antica Fonte della Salute ha origine da una falda acquifera millenaria situata a 236 metri di profondità nel comune di Scorzè (Venezia); per secoli ha compiuto il suo lento cammino fra le rocce, depurandosi e arricchendosi di minerali preziosi. Questo lento
scorrere porta a un’acqua minerale con un valore di nitrati inferiore allo 0,00001 per cento. Studiando un’apposita bottiglia, San Benedetto ha voluto rappresentare stilisticamente le caratteristiche organolettiche di questo prodotto: l’essenza moderna di una purezza antica. Nasce così la bottiglia in vetro da 65 cl con forme morbide e sinuose; il colore dell’etichetta contraddistingue due gusti: silver per la naturale, nera per la frizzante. Ulteriori dettagli di stile sono la rondine, storico simbolo iconografico di San Benedetto, in rilievo sul tappo a vite, e il logo “Antica Fonte della Salute” sul fondo della bottiglia. Alla bottiglia in vetro, sempre per la ristorazione, è stata affiancata una linea (più pratica) in PET, nei formati da 0,25 e 0,40 litri. Ginger Spritz è il nuovo aperitivo firmato San Benedetto: il gusto piacevolmente amarognolo, il profumo ricco di note speziate, come lo zenzero, ne fanno un prodotto nuovo e versatile: Ginger Spritz può esse-
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re bevuto sia liscio, sia mixato con il prosecco come base per realizzare un aperitivo a bassa gradazione alcolica, sia on the rocks con ghiaccio e una scorza di limone o di arancia. Ginger Spritz si presenta in bottiglia in vetro, e con un tappo ring-pull semplice e istantaneo da aprire. Per quanto riguarda Schweppes, quest’anno San Benedetto ha potenziato ulteriormente la sua offerta nel canale Ho.Re.Ca e super Ho.Re. Ca. Vista la forte crescita del mercato del bere miscelato di qualità, e il successo della linea Schweppes Premium Mixer con le sue toniche aromatizzate d’alta gamma, accanto agli attuali quattro gusti - Tonica classica, Tonica Pepe Rosa, Tonica Ginger & Cardamomo, Tonica Fiori d’Arancio & Lavanda - Schweppes aggiunge un nuovo gusto di tendenza: la Tonica Hibiscus. Derivata dall’ibisco, un fiore con svariate proprietà e usi, la nuova tonica ha una colorazione rosa, ed è ideale per realizzare cocktails a base di vodka e non solo. •
Equipment
Decantare con stile Un decanter innovativo e funzionale che permette ai vini giovani di aprirsi. Con un’edizione limitata, in cristallo rosso e nero, Riedel omaggia l’Anno del Gallo.
allo stato liquido, utilizzando una tecnica speciale che solo pochi soffiatori sono in grado di eseguire. E certamente non stupisce il fatto che Maximilian Riedel abbia scoperto e imparato questo metodo proprio a Venezia, patria di tante opere d’arte, comprese quelle in vetro. Va infine sottolineato che il decanter di cristallo Ayam Magnum è soffiato a bocca e lavorato a mano a Kufstein, Austria, e che anche per il packaging non sono stati trascurati i dettagli: ogni pezzo è presentato in una scatola di legno appositamente realizzata e accompagnata da un certificato firmato dal soffiatore che lo ha creato. •
di Emanuela Stìfano Nato nel 2016 per volontà di Maximilian J. Riedel, amministratore delegato di Riedel Glas, il decanter Ayam dal design ispirato al gallo, ha rappresentato fin da subito un connubio suggestivo di estetica e funzionalità, tanto da meritarsi il Good Design Award, il premio di disegno industriale assegnato dal Chicago Athenaeum. E nel 2017, ossia in quello che per il calendario cinese è l’Anno del Gallo, Ayam diventa ancora più speciale: Riedel ha infatti deciso di farne una variante in edizione limitata, producendo solo cinquecento pezzi con un motivo ornamentale rosso o nero. Oltre all’indiscussa eleganza, di Ayam si deve apprezzare la duplice funzione: il vino viene infatti ossigenato sia quando viene versato all’interno del decanter, sia durante la sua mescita. I benefici sono evidenti, sia per per i vini più giovani che devono aprirsi, sia per i vini di annata. Si tratta di “un pezzo” che non si fatica a definire esclusivo; d’altro canto è facilmente immaginabile il lavoro artigianale che sta dietro a ciascun esemplare: soffiare un decanter di queste dimensioni (1,5 litri) e dalla funzionalità così complessa non è certamente semplice, basti pensare che le scanalature a spirale vengono impresse nel vetro
Ancora un calice per Riedel Veritas Durante l’ultima edizione di Ambiente, Riedel ha presentato il nuovo calice Sauvignon Blanc, che si inserisce nella linea Riedel Veritas, che conta ora tredici forme di calici varietali. 86
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La qualità del gelato Sammontana da oggi in versione cremosa. Fresca, vellutata, sfiziosa: queste sono le caratteristiche di Nettare di Gelato. Un modo diverso per degustare un ottimo gelato che ha tutta la qualità Sammontana. Un’occasione in più per sollecitare i desideri dei vostri clienti. Disponibile in quattro gusti: Caffè Ecuador, Limone di Sicilia, Cacao e Yogurt. Semplice da preparare grazie all’esclusiva ed elegante sorbettiera.
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Gusto e mercati
Vedo e non vedo e l’etichetta dov’è? di Vincenzo Russo*
Nella scelta di un vino, è fondamentale l’aspetto visivo. Ma quanto conta la “cecità attenzionale”? Il modo di guardare il mondo è assai diverso da ciò che può fare una telecamera. Non attira l’attenzione tutto ciò che è davanti ai nostri occhi. L’attenzione è influenzata dal contesto, da come vengono presentate le informazioni e dallo stato cognitivo e emotivo in cui si trova il consumatore. Il nostro sistema cerebrale è stato progettato per rispondere in maniera immediata e spontanea a stimoli che possono essere pericolosi o in grado di garantire la nostra sopravvivenza. Questo spiega perché alcuni elementi, seppur presenti nel nostro campo visivo, non vengano assolutamente visti. E’
divenuto ormai famoso l’esperimento da Daniel Simons e colleghi, i quali dimostrarono l’incapacità di vedere consapevolmente le cose benché presenti (a volte anche esageratamente) nel campo visivo. Si chiama “Cecità Attenzionale”. Lo studio è stato condotto mostrando a dei soggetti un video di un gruppo di persone con maglia bianco e nera, che si passavano una palla. Ai soggetti sperimentali è stato chiesto di contare i passaggi di palla fra quelli con la maglia bianca, ignorando gli altri. I ricercatori scoprirono che molti soggetti impegnati a seguire i passaggi fra i giocatori con maglia bianca non si accorsero di altre stimolazioni presenti nel loro campo visivo, benché particolarmente evidenti, come per esempio il passaggio nel mezzo del gruppo di una persona travestita da gorilla. La focalizzazione cognitiva su alcuni aspetti ha reso del tutto invisibili molti altri. Questo fenomeno può essere determinato da processi cognitivi, come per esempio i filtri percettivi che adottiamo mentre cerchiamo qualcosa, o da as-
Fig. 1 Il flyer originale in cui la protagonista guarda lo spettatore
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petti più prettamente fisiologici, come per esempio lo stato di bisogno. Sappiamo che la fame o la sete rendono alcuni stimoli legati alla loro soddisfazione più pregnanti e quindi più visibili. Si comprende bene quanto difficile sia che l’etichetta di un vino o la sua comunicazione vengano visti sia per l’affollamento di stimoli promozionali che caratterizza il mercato che per i meccanismi gli errori percettivi dei consumatori. Rendere “preganti” gli stimoli comunicativi diventa una necessità ineludibile. Come fare? Certamente una buona progettazione grafica è indispensabile. Anche il neuromarketing può offrire delle utili soluzioni. Grazie per esempio a strumenti di analisi della visione e del movimento oculare, è possibile non solo valutare l’efficacia attentiva di uno stimolo, ma anche guidare l’attenzione dei consumatori, contrastando la cecità attenzionale di cui abbiamo parlato. Attraverso la misurazione del movimento oculare con un Eye Tracker e grazie a opportune modifiche delle stimolazioni (etichette, packaging, immagini in un sito o in un flyer) è possibile guidare la focalizzazione visiva e quindi l’attenzione dei consumatori al fine di rendere più efficace la comunicazione. Portiamo come esempio un lavoro svolto per aumentare la visione del brand in un flyer promozionale di un vino.
Fig. 2 Heat Map sull’immagine originale
“La misurazione dei movimento oculari contribuisce ad aumentare la possibilità di scelte più attente e motivate”
* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano
Il flyer in oggetto è uno dei tanti che caratterizzano la comunicazione del vino. In questo flyer ritroviamo il classico testimonial accanto al vino. Nello specifico, una donna che guarda lo spettatore con uno sfondo che lascia presagire un contesto gradevole. In prima linea vi sono anche i vini, il loro brand e la loro etichetta (fig. 1). Sappiamo che la presenza di un volto e degli occhi di una persona ha una capacità attrattiva nei confronti dell’osservatore molto forte. Lo si evince dal risultato dell’analisi con eye tracking (Fig. 2), in cui si riporta la quantità delle fissazioni con un heat map (in rosso dove si concentra magFig. 3 Flyer modificato con lo sguardo verso i vini
giormente la visione). Gli occhi della protagonista attirano l’attenzione visiva. La focalizzazione sul brand, in questo caso è meno forte, producendo meno fissazioni visive. Addirittura la seconda bottiglia (quella a destra) non è in grado di attrarre affatto l’attenzione dei consumatori. Come fare per aumentare la visione sul brand? Per migliorare la visione del brand si è proceduto a realizzare una piccola, ma efficace modifica dell’immagine. Lo spostamento degli occhi della testimonial dallo spettatore alle bottiglie. In questo caso lo spettatore guarda gli occhi della ragazza ed è stimolato dai suoi occhi a guardare cosa lei stessa sta guardando (fig. 3) lo sguardo del consumatore verso la seconda bottiglia, aumentando la visione del brand come rilevabile dalla fig. 4. L’output dell’eye tracker ci dà una visione dell’efficacia della modifica che migliora la visione delle etichette della Cantina, incrementando la probabilità di incidere sulla memorizzazione del brand e sulla sua futura riconoscibilità.•
Fig. 4 Efficacia della modifica dello sguardo della testimonial e heat map
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Pillole In scena la Cucina del Senza
Consorzio vini Sicilia conferma Rallo
Illycaffè, due nuove aperture a San Francisco
Il Baccalà diventa francobollo
Presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia, il 23 e il 24 aprile, si terrà la nona edizione di Gusto in Scena, l’evento enogastronomico ideato e curato da Lucia e Marcello Coronini. Durante la manifestazione, una serie approfondimenti sulla Cucina del Senza, lo stile di cucina che esclude nelle pietanze la presenza di grassi, sale e zucchero aggiunti. Su questo tema si confronteranno chef stellati e maestri pasticceri nel corso del Congresso di Alta Cucina che costitusce la colonna portante della manifestazione. Ma le ricette della Cucina del Senza si potranno provare anche a Fuori di Gusto, il programma fuori salone in una ventina di ristoranti e bacari veneziani. ________________________
Antonio Rallo è stato confermato presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia: lo ha deciso il nuovo consiglio di amministrazione, che ha confermato anche i Vicepresidenti Salvatore Li Petri e Filippo Paladino. Il Consorzio ha chiuso il 2016 con un +11 per cento di imbottigliato della Doc Sicilia, il che significa 26milioni e 800mila bottiglie e 201 mila ettolitri di imbottigliato.
A poche settimane dall’annuncio della prossima apertura in via Monte Napoleone a Milano, illycaffè inaugura due nuovi punti vendita a San Francisco al 220 della centralissima Montgomery Street e al 90 di New Montgomery Street. Il marchio triestino porta così a 8 gli store presenti nella città californiana, proseguendo il suo piano di espansione in territorio americano dove già presidia città come Chicago, Washington D.C., Detroit, Denver, Las Vegas, Los Angeles, Miami e Toronto. ________________________
Dal primo marzo il piatto della tradizione vicentina compare su un francobollo da 0,95 euro: è il primo valore bollato dedicato a una ricetta tipica della tradizione italiana. Il valore postale raffigura una pentola di terracotta con il bacalà alla vicentina, affiancata da alcuni pezzi di stoccafisso e una forma di polenta. Una ricetta, quella del bacalà alla vicentina, che dal 1987 viene difesa dalla Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina fondata 30 anni fa da Michele Benetazzo. L’emissione del francobollo è solo il primo di un calendario di iniziative e manifestazioni per celebrare il 30esimo anniversario della Confraternita. ________________________
San Bernardo, in crescita l’ho.re.ca Dai cinquanta milioni di litri della primavera 2015 ai quasi ottanta di oggi, il che significa quasi il 60 per cento di crescita in due anni e la copertura della maggioranza delle regioni italiane e nuovi mercati aperti in Europa e nel mondo. Il Gruppo serve il canale Ho.re.ca non soltanto nel territorio “storico” piemontese e ligure, ma anche in Veneto e in tutto il Centro-Sud Italia. Per quanto riguarda l’export, proseguono i riscontri positivi in Francia, in particolare in Costa Azzurra. Acqua S.Bernardo è inoltre presente a Londra e in generale sul mercato britannico, oltre che in Albania, Germania, Giappone e a Taiwan. Ed è prevedibile un’ulteriore crescita: recentemente sono stati avviati progetti di export in Usa e in Russia.
Apre il ristorante Pacifico Roma
Sanpellegrino celebra il World Water Day
Il ristorante milanese Pacifico, famoso per aver portato l’alta cucina peruviana dello Chef Jaime Pesaque in Italia, ha annunciato l’apertura di un secondo indirizzo all’interno di Palazzo Dama, l’hotel 5 stelle progettato dall’Architetto Antonio Girardi a due passi da Piazza del Popolo a Roma. A Pacifico Roma la cucina evolutiva di Pesaque si concretizza in un menu peruviano-nikkei servito a pranzo e cena nel ristorante e nel giardino con piscina dell’albergo. La brigata è affidata all’Executive Chef Nazaev Esparza Zaragoza, allievo di Pesaque e già Chef di Mayta Dubai.
Consapevole che l’acqua sia un bene da salvaguardare e rendere disponibile per le generazioni presenti e future, Sanpellegrino si è unito ai molteplici eventi organizzati il 22 marzo in tutto il mondo per celebrare la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dall’ONU nel 1992. Non solo. Il Gruppo ha ridotto negli ultimi 10 anni del 28 per cento i volumi complessivi di acqua utilizzata nei processi produttivi, per litro imbottigliato. In questo senso, l’emblema è lo stabilimento Nestlé Vera di Castrocielo, una smart factory con una linea PET ultramoderna che la rende, tra i siti produttivi di Nestlé Waters, il più virtuoso al mondo nell’ottimizzare il consumo di acqua, con l’impiego di 1,06 litri di acqua per litro imbottigliato. ________________________
Pommery premia La Pergola Nato in collaborazione con Le Soste, il Premio Experience Pommery va alla migliore selezione di Champagne e quest’anno il riconoscimento è stato attribuito al ristorante La Pergola di Roma. A conferma che con gli abbinamenti si può osare, durante il gala dinner è stato servito Pommery Brut Apanage, in abbinamento all’antipasto “Pizze Foije”, una ricetta tipica della cucina realizzata dallo chef Marcello Spadone, del Ristorante La Bandiera di Civitella Casanova (Pe).
Zacapa, il tour è ripartito Torna il Tour Zacapa, il viaggio alla scoperta del rum guatemalteco. Undici chef per undici cene esclusive dedicate a Zacapa, dal 16 marzo al 10 maggio si stanno cimentando nell’abbinamento di tre differenti referenze Zacapa - Zacapa 23; Zacapa 23 Edición Negra e Zacapa XO - con altrettanti piatti creati ad hoc per esaltare le note del pregiato rum.
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Quattro medaglie per Col Vetoraz Quattro i riconoscimenti che Col Vetoraz ha guadagnato alla diciannovesima edizione del Gran Premio Internazionale MUNDUS VINI 2017: porta i colori dell’oro e dell’argento. Medaglia d’Oro al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Brut e al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Millesimato Dry, e Medaglia d’Argento al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore di Cartizze e al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Extra Dry. Ma non è tutto. Ai premi si aggiunge anche il Wine Style Award 2017, assegnato al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Extra Dry e considerato Top Wine per la categoria Italian Prosecco da Vivino.
Libri
Uno chef audace, lo stoccafisso IGP e il food management del secolo
Titolo: Cottura, Abbattimento, Ritorno in temperatura – Food Management del XXI secolo Autori: : Franco Luise Editore: Biblioteca culinaria Professional Pagine: 192 Prezzo: 48,00 €
Titolo: The codfish tale – Stoccafisso e baccalà Autori: Marco Tommasini, Francesco Zoppi Editore: Tormena Pagine: 96 Prezzo: 30,00 €
Titolo: Oro rosso – La guida della Piemontese Autori: AA.VV Editore: Consorzio di tutela della razza piemontese Pagine: 412 Prezzo: -
Titolo: La vita dannata di uno chef stellato Autori: Marco Pierre White Editore: Giunti Pagine: 412 Prezzo: 24,00 €
CAR: mai più senza Una spiegazione esauriente del processo definito CAR - Cottura, Abbattimento, Ritorno – e dei motivi che ne rendono opportuno l’impiego nelle cucine dei ristoranti. Secondo Franco Luise, chef e autore del libro, l’uso di CAR è ugualmente importante nelle attività di catering, in quelle che forniscono cibi pronti o semi-pronti e nelle pizzerie, panetterie, pasticcerie. Luise esamina nel dettaglio la distinzione tra cottura ad alta temperatura e a bassa temperatura e quella tra abbattimento positivo e negativo. Con esempi pratici tratti da esperienze dirette, una selezione di ricette e dati tecnici, l’autore dimostra i tanti modi in cui il sistema CAR e la tecnologia che lo rende possibile costituiscano i più grandi alleati di ogni chef: dal miglioramento delle caratteristiche organolettiche al risparmio di tempo, passando per la riduzione degli sprechi, CAR non è più una semplice alternativa alla cottura tradizionale.
L’essiccazione perfetta Nel 2014 lo stoccafisso delle Isole Lofoten, un importante prodotto di esportazione Norvegese, ha ottenuto la certificazione europea di Indicazione Geografica Protetta (IGP). Un libro bilingue che racconta le procedure che permettono agli adulti di merluzzo bianco (Gadus morhua) di essere conservati al meglio, conservando l’elevata percentuale di sostanze nutritive – in particolare il tenore proteico – di cui sono ricchi. In particolare, è ben descritta l’essicazione a regola d’arte – una pratica che alle Loften è praticata fin dal XII secolo – riconoscibile percuotendo il pesce: se il suono è corretto, solido e pieno, allora la procedura è andata a buon fine. Indispensabili sono le temeprature, le precipitazioni, il vento, il sole e anche la neve: solo in questi ambienti, lo stoccafisso diventa una materia prima di grande qualità.
L’Oro rosso del Piemonte Una pubblicazione del Consorzio di tutela che ha uno scopo ben preciso: accompagnare e valorizzare il prodotto – e cioè la carne bovina di Razza Piemontese – integrando le informazioni strettamente legate alle (pregiate) caratteristiche organolettiche, con tutte quelle informazioni che concorrono a ridefinirlo, aumentandone anche l’appeal. Il consumatore di oggi è infatti un consumatore che sa leggere e interpretare le etichette: l’origine dei prodotti, i metodi di produzione e le garanzie (vedi etichetta nutrizionale, vedi certificazioni europee), ma anche alle informazioni nutrizionali dei diversi tagli di carne, il loro ottimale utilizzo in cucina, nonché i metodi di conservazione e preparazione, sono informazioni a cui il consumatore non vuole (e non deve) rinunciare.
Un grande chef, innovativo e coraggioso Marco Pierre White, nato a Leeds nel 1961 da madre italiana e padre inglese, è un’icona nel mondo dei grandi chef internazionali: tristellato Michelin, è stato definito dalla critica in mille modi. Pinturicchio dell’alta cucina, profeta del gastro-punk, anarchico, leggenda vivente. La bella prefazione di Andrea Petrini ben introduce al contenuto del volume, un’autobiografia che è stata tradotta in tutti i paesi di lingua anglosassone, col titolo “The devil in the kitchen”. White rivela luci ed ombre della sua vita, dall’infanzia difficile all’adolescenza passata a Londra, dove si trasferì inseguendo il suo sogno di diventare chef. Sogno realizzato e culminato con l’acquisizione della terza stella Michelin alla Oak Room del Piccadilly. Una carriera memorabile, segnata da un amore incondizionato e rigoroso verso la cucina, intesa come branca del sapere, nella quale impegnarsi intellettualmente in modo totalizzante, creando una tipologia organizzativa destinata a fare scuola.
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Alberto’s choice
Anna Bertola, Altavilla La cucina ragionevole NEL CUORE DELLA VALTELLINA
LEGENDA
LOCANDA ALTAVILLA
Via ai Monti, 46 Bianzone (So) Tel. 0342 720355 www.altavilla.info
Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta
Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Da Colico all’Alto Adige, passando per Delebio, Morbegno, Sondrio, Teglio, Tirano, Bormio, lo Stelvio. In questa vallata smisurata, che sa essere verde di vigneti e petrosa di case antiche, la ragionevolezza e il buon senso sono di casa. E’ grazie a questi valori che la vitivinicoltura –non a caso definita “eroica”- ha ripreso nell’ultimo ventennio vigore e nuova linfa. E’ grazie a queste risorse che la tipicità, anche nella ristorazione, si è rivelata un fatto autentico, e non solo destinato a un turismo di passaggio, distratto e frettoloso, magari con
Due corone = Linea di cucina corretta
Una corona = Cucina dignitosa e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
destinazione le località sciistiche come Bormio o Santa Caterina o la vicina Engadina, peraltro ricche di ristoranti gourmet davvero memorabili (uno per tutti, il locale di Martin Dalsass, a Champfer). Nel solco del rispetto totale per la tradizione (senza rivisitazioni di maniera né adattamenti ai cosiddetti nuovi stili di vita, ovvero diete e veganismo ?), opera una grande professionista della cucina e dell’ospitalità: Anna Bertola. Il suo locale si trova a Bianzone, fra Teglio e Tirano, in quel tratto di Valtellina disgraziatamente interessato dalla alluvione dell’ormai lontano 1987. Ma ripresosi dalla sciagura con determinazione e coraggio. Bianzone, comune a sé, è un villaggio pedemontano, dall’architettura rustica, adagiato su un’erta distesa di vigneti, curati da un gruppo di viticoltori saggi e preparati (uno per tutti, Marcel Zanolari, di cui abbiamo degustato un Pinot Nero 2009, le Anfore) che ne hanno rilanciato le potenzialità. Anna Bertola è una forza della natura. Non ha l’aplomb dell’executive chef ma la passione totale per il
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Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza
Due cervelli = Ragionevole
Un cervello = Abbastanza ragionevole
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
A
Artù Numero 81 marzo/aprile 2017
Alberto’s choice
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello
In redazione Emanuela Stìfano - emanuela.stifano@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it _______________________________________________________________
Collaboratori
Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Aldo Nenzi, Viviana Persiani, Gio Pirovano, Mauro Remondino, Vincenzo Russo, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Elisa Tricarico, Claudio Zeni, Stefania Zolotti. Iniziative speciali: Cristina Fagioli - cristina.fagioli@edifis.it Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________
Grafica e impaginazione Daniele Scozzari
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Foto
Claudia Calegari (Cover Story, Atelier des Grandes Dames, Veuve Clicquot), Ferdinando Cioffi; Archivio Artù _______________________________________________________________
Pubblicità dircom@edifis.it
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Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it
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Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) _______________________________________________________________
suo territorio, per i piatti della tradizione che, ama ripetere, vanno cucinati rispettando il più possibile le tradizioni. E’ chiaro che il concetto di “tradizione”, applicato da Anna alla sua linea di cucina, è un inno all’utilizzo di materie prime fortemente territoriali, che consentono la creazione di piatti dalla potente carica evocativa. In questa linea, alla Locanda Altavilla (dotata anche di poche, sug-
gestive camere in stile montano), viene proposta una cucina “ragionevole”, come piace dire a noi di Artù: a partire dalla Bresaola, di diverse stagionatura, potenti e morbide, fino alla polenta, con farina di granoturco o di grano saraceno. La forza di Anna sta nel proporre piatti dal sapore unico e inconfondibile, come gli Sciatt su letto di cicorino, magistrali, o i Pizzoccheri mitici, i Chiscioei, frittelle di grano saraceno di rara succulenza, gli Gnocchi di borragine e menta al Castelmagno (una deroga, tutta piemontese, al km zero!), i Filettini di maiale con finferli e germogli di rapa rossa, il Galletto ripieno con patatine fiammifero avvolte nella pancetta. L’ambiente della Locanda Altavilla è rustico ma elegante, ricavato negli spazi di una casa di montagna con prepotente vista sulla valle: entrando, si può notare l’austera, novantenne, Mamma Lucinda, madre di Anna, che racchiude in sé un patrimonio di esperienze e cultura straordinario. La squadra di cucina è composta, oltre che da Anna, dallo chef Claudio Pedrotti, di Ponte in Valtellina (chi ha qualche anno si ricorda il ristorante di Cicci Franchetti, da Cerere, diventato un tempio della cucina valtellinese), dal suo aiuto Mauro Garrieri, dalle ragazze di sala, cortesi e professionali, Jenny e Laura. Tutti concorrono, per la propria parte, a dare vita a un format inossidabile, che propone una cucina di sostanza e di stile elegante, che sa conquistare milanesi gourmet, clientela locale e movimento internazionale, quei gastro’ che tanto amano il nostro paese e la sua autenticità culinaria.
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