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Gusto | Tendenze | Mercati
Ottobre 2016
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Cover story Baronetto al Cambio E Torino rinasce L’intervista Vivalda: il gusto è nella tradizione Storie di successo Londra, The Balcon All day dining
Editoriale
On the road
Intendiamoci una buona volta sul concetto di “cibo di strada”, o street food che dir si voglia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera inflazione di “eventi” (passatemi il termine) connotati da questa definizione, che tanto sembra piacere ai teorici del “price for value”, visto però dalla parte sbagliata. Ovvero: spendere poco per avere tanto, ma cosa? Non funziona così, cari amanti del nazional-popolare, sarebbe ora di dirlo una buona volta. La qualità ha un valore economico ben preciso, dal quale non ci si può mai allontanare, men che meno in nome della demagogia imperante e di certa “gastrodemocrazia” che fa gridare vendetta. Non c’ è stata, durante la scorsa estate, sagra popolare, festa patronale, gita sociale, riunione di oratorio che non avesse nel cosiddetto street food il suo momento clou. Per carità: nulla di personale contro il “cibo di strada”, anzi. A Milano, a Lorenteggio, c’è chi (Zen, Mangiari di strada, mi piace citarlo) ne ha fatto la propria mission: lampredotto, mozzarella in carrozza, bombette, fritti di cervella e verdure sono un esempio di cibo di strada, di qualità indiscutibile. Quante volte ci fermiamo a comprare un trancio di focaccia e ce lo mangiamo in movimento, d’impulso, spinti da fame, curiosità o stress. O ci mettiamo in coda per un panzerotto o per una pizza fritta, magari di Gino Sorbillo. O cerchiamo quella oliva al-
l’ascolana così buona, come pochi sanno fare. È capitato, capiterà di nuovo. Ma in questi casi, a muoverci è la consapevolezza della qualità della scelta, dell’appagamento del gusto che ne consegue, della “ragionevolezza” della nostra decisione (e del professionista che cura e sovrintende alle preparazioni). Prima di cedere alla tentazione, mobilitiamo conoscenza, esperienze, intuito, sensazioni, per effettuare una scelta ragionata. Dire street food non ha alcun senso se non si è in grado di conoscere quali ingredienti vengono utilizzati, quali materie prime, quali procedure di cottura, quali modalità di servizio, seppure siamo “on the road”. Vittorio di Bergamo, ovvero la famiglia Cerea (patron del grande ristorante tristellato), da tre anni chiama a raduno, presso la propria struttura, decine di interpreti di “cibo di strada”, invitando per un paio di serate solo chi fa alta qualità (e non sono pochi. Qualche nome: Marco il Trippaio di Firenze, Mignon eccellenze napoletane, Club delle orecchiette, Latteria di Branzi): il risultato è sorprendente e chi prende parte alla serata ha l’opportunità di offrire e degustare il meglio presente sul mercato, ovviamente sotto forma di street food gourmet: gusto e semplicità memorabili. La qualità ha un valore, fa la differenza… Artù sente il dovere di intervenire, anche duramente, su questo argomento, come già fatto a suo tempo nei
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confronti degli “stuzzichini” da aperitivo al bar: spesso soltanto ricicli di panini invenduti, o di piatti strariscaldati al microonde, o esposti alla carica batterica dell’ambiente, infestati da starnuti, emissioni virali, schizzi salivari, tattilità selvaggia. Altro che happy hours! Roba da Nas, piuttosto… Allora come ora, le battaglie a difesa della qualità vanno condotte fino in fondo, con chiarezza e trasparenza, senza ipocrisie. Come? Valorizzando chi merita e mettendo in guardia contro improvvisazione e furberie. A maggior ragione in un momento storico come questo, che vede dilagare mode incontrollate: come quella del “no gluten” che rischia di diventare una tendenza diffusa, legata più che a condizioni patologiche dell’organismo (che necessitano di un approccio scientifico ai problemi) alla volontà di mettersi in mostra, di farsi notare, di “contare” nel proprio contesto “social”. E di non passare inosservati, in linea con le nuove tendenze. In questa società, che scivola sempre più verso l’autoreferenzialità e l’individualismo presuntuoso e saccente, ma anche ricco di insicurezze, ci sembra corretto dare il nostro contributo di ragionevolezza. Nei comportamenti alimentari, certo. Ma anche in quelli elementari che riguardano la vita di tutti i giorni = Alberto P. Schieppati
Sommario
Ottobre 2016
In copertina: un piatto-icona della linea di cucina di Matteo Baronetto: rognoncini di coniglio, lattuga al Moscato, coriandolo. Pulito e potente, di forte impatto cromatico, caratterizzato coraggiosamente dal recupero di ingredienti semplici e legati al territorio. La presenza di Baronetto al Cambio di Torino ha segnato una svolta decisiva (ph. Archivio Fotografico del Cambio).
A 4 News Cover story 12 Del Cambio. Miracolo a Torino L’intervista 16 Vivalda di Cervere, il gusto è nella tradizione L’opinione 20 La tradizione, il vero passepartout 22 Mai copiare! Parola di Ferran Adrià 24 Il pesce in tavola non è mai muto Storie di successo 26 The Balcon di Londra: all day dining 32 Chef patron sorrentino nel relais bergamasco Focus food 36 Fullmoon party, l'Istria che non ti aspetti 40 Barcellona 2016. Il Forum cresce 42 AHDB Beef&Lamb, dal West Country la “carne perfetta” 44 A Torino si parla di food con Gourmet Expoforum 46 Riapre Grotto Pojana sul Lago di Lugano 48 Collisioni a Barolo, grande successo Focus wine 50 Tenuta Ritterhof, grande restyling 54 Cesari, l’anima dell’Amarone viaggia lontano 58 Merano WineFestival, 25 anni di “eccellenza vera” Format food 60 STK a Milano, il concept è dinamico La ricetta di Artù 64 Scampi, mozzarella e zuppetta di olive secondo Di Pinto La foto di Cioffi 66 Marco Guidone Accueil 68 Al Castello di Spessa il gusto di Casanova 72 Al Villaverde Resort l’ospitalità si fa in quattro 74 Capri, al Villa Marina tra charme e sapori dell’isola Equipment 78 NDtech®, la rivoluzione del tappo in sughero 80 Royale, la nuova tavola è firmata Bonna 82 Brand news Libri 84 Oldani, Malvaldi e Taste of the World Alberto’s Choice 86 Nessuna rivisitazione! Parola di Bruno
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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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News Coca-Cola HBC sempre più sostenibile
Vini Ciù Ciù, i biologici del Piceno
Coca-Cola HBC, uno dei principali imbottigliatori dei brand di The Coca-Cola Company, è stato nominato per il terzo anno consecutivo leader di sostenibilità del settore delle bevande secondo la valutazione del Dow Jones Sustainability Index. La riduzione delle emissioni di CO2, della quantità di acqua utilizzata e del volume di materiali di imballaggio, sono stati parametri fondamentali per aggiudicarsi questo importante riconoscimento. Coca-Cola HBC è stata una delle prime 12 aziende al mondo nel 2015 a stabilire obiettivi di riduzione di CO2 su base scientifica impegnandosi a rendicontare i risultati di sostenibilità e sostenendo l'azione globale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dalle Nazioni Unite.
L’azienda vitivinicola Ciù Ciù di Offida (AP) produce da oltre vent’anni vini con metodo biologico, una filosofia di produzione che ha avuto risvolti positivi anche per il terreno che ha potuto ricreare così il suo naturale ecosistema. Nel corso degli anni, molte delle erbe spontanee che un tempo crescevano indisturbate e che poi l’intervento dell’uomo ha cancellato, sono tornate alla luce: crespigna, borragine, portaluca, ortica, tarassaco, pimpinella, cicoria selvatica, farinello sono solo alcune delle piante presenti ora nei vigneti Ciù Ciù. Così anche gli insetti “utili” alla vigna hanno fatto la loro comparsa, contribuendo all’arricchimento della vigna stessa. La filosofia produttiva dell’azienda vitivinicola Ciù Ciù punta sempre più verso un’agricoltura biodinamica che le ha permesso di porsi sul mercato come produttrice di vini biologici e vegan.
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Champagne: +5% l’export in Europa Lo rilevano i dati registrati nel primo semestre: i Paesi Terzi continuano a trainare la crescita dello Champagne (+9%) più ancora dell’Europa che i ogni caso fa registrare +5%. Per la vendemmia 2016 il Comité Champagne, l’organizzazione interprofessionale con sede a Epernay, insieme ai vigneron e maison di Champagne, ha stabilito un accordo sulla resa commerciabile a 10.800 kg/ettaro, di cui 9.700 derivanti dalla raccolta e 1.100 provenienti dalla riserva. Le condizioni meteorologico non hanno infatti graziato il già duro lavoro nel vigneto: dal punto di vista quantitativo non ci saranno ripercussioni sul mercato, ma molto probabile sui prezzi.
PanEVO al Palace
Si chiama PanEVO il nuovo ristorante del Westin Palace Milano, frutto della ristrutturazione del precedente Casanova. Lo chef rimane Augusto Tombolato, mentre nuovi sono gli arredi e il concetto alla base del menu che vede protagonista l’olio extravergine d’oliva. “Insieme al maître abbiamo selezionato i migliori oli di tutt’Italia, regione per regione, studiando poi gli abbinamenti: il cliente sceglie, e il maître suggerisce l’olio più adatto” spiega lo chef, che ha scelto l’olio anche per i dessert. In carta, pochi piatti che però cambiano spesso per dare spazio ai prodotti di stagione e offrire proposte sempre nuove. Anche perché PanEVO punta molto sulla clientela del pranzo, per la quale è stato ideato Combo Lunch, piatto unico che cambia ogni giorno, a base di tre portate, preparato e servito in 15 minuti.
A Roma con il Consorzio Alto Adige Dopo il successo della tappa milanese di maggio, i produttori dell’Alto Adige si presenteranno con i propri vini al pubblico di Roma. Lunedì 17 ottobre l’appuntamento sarà nella capitale nelle sale dell’hotel A. Roma Lifestyle Hotel di Roma, per conoscere storie, tradizioni e i vini prodotti delle 150 cantine parte del Consorzio Vini Alto Adige. Un evento per raccontare le caratteristiche di questi vini e conoscere i produttori altoatesini coinvolgendo il pubblico con degustazioni. Le storie dei vini e dei piccoli produttori rappresenteranno quindi il cuore pulsante del banco di assaggio “Alto Adige: storie di piccoli produttori e grandi vini”, organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige in collaborazione con la Delegazione AIS Lazio. La degustazione è aperta gratuitamente a stampa, operatori e soci AIS. Anche il pubblico di appassionati potrà accedere al banco di assaggio, acquistando un biglietto di ingresso al prezzo di 15,00 euro. Per info www.vinialtoadige.com
4 Artù ottobre 2016
News
Collalto, a Milano per “Opera” Lo storico marchio veneto Azienda Agricola Conte Collalto di Susegana ha recentemente inaugurato un esclusivo spazio nel capoluogo lombardo. All’ombra della Madonnina e all’interno del prestigioso Hotel De La Ville in via Hoepli 6, a due passi dal Duomo, Collalto ha inaugurato Dehors “Opera”, luogo per professionisti del settore, ma non solo, che vogliono scegliere la cantina veneta per godere della qualità dei vini proposti. “Milano è da sempre per noi una piazza fondamentale - conferma la Principessa Isabella Collalto de Croÿ, guida dell’azienda dal 2007 - e sono orgogliosa di questa iniziativa che ci colloca tra l’élite del settore. Condividere lo spazio dell’Hotel De La Ville è poi un piacere vista la professionalità e la qualità della struttura che si sposa perfettamente con la nostra concezione del vino. Un amore che fa parte del nostro dna e che si riflette
Irinox vola il fatturato Crescita più che positiva per Irinox, azienda specializzata in tecnologie innovative per la ristorazione e la cucina. Il primo semestre del 2016 ha fatto segnare una crescita del 20% con ricavi consolidati pari a 25 milioni di euro, grazie non solo agli investimenti realizzati per il rafforzamento della rete commerciale, ma anche alla qualità associata alle macchine prodotte e al loro livello di penetrazione nel mercato interno: il 50% delle pasticcerie in Italia usa gli abbattitori e conservatori della gamma Irinox. Dati confermati e commentati con entusiasmo anche da Katia Da Ros, Amministratore Delegato e Vicepresidente dell’azienda.
nei nostri vini: dai prosecco, ai rossi, dai bianchi al rosé, tutte tipologie la cui qualità ci rende fieri”. Per l’occasione è stata organizzata una verticale per gli addetti ai lavori a
cui Artù non poteva mancare: la serata ha visto in degustazione l’Extra-Dry, il Rosè, il Verdiso, il Manzoni Bianco, il Wildbacher e un riserva Rambaldo VIII.
Agromonte la dolcezza del pomodoro Se all’incredibile consistenza e dolcezza delle salse di pomodoro ciliegino Agromonte si aggiungono la bravura di uno chef come Filippo La Mantia e la qualità dei grani selezionati della pasta Carla Latini, qualsiasi parola non basterebbe a descrivere un tale connubio. Sembra incredibile come la semplicità autentica, profonda e rigorosa possa stupire e lasciare senza parole: la materia prima, di altissima qualità, ancora una volta vince su tutto, con la sua trasparenza ed essenzialità. La stessa qualità scelta dalla famiglia Arestia, a capo della Società Agricola Monterosso, nella produzione di salse a marchio Agromonte prodotte con solo pomodoro ciliegino coltivato a Chiaramonte Gulfi, nel ragusano, un piccolo angolo di Sicilia dove le condizioni bioclimatiche e il terreno fertile permettono di ottenere un pomodoro ciliegino dal sapore intenso, dolce e profumato. Un evento per la stampa specializzata ha reso ancora più intensa l’esperienza gustativa, chiamando lo chef Filippo La Mantia a cucinare una straordinaria pasta Carla Latini con la salsa di pomodoro ciliegino Agromonte, assaggiata dalla stessa Carla Latini, creatrice, lo ricordiamo, dei “trucioli di Gualtiero Marchesi”. Per l’occasione sono state presentate due nuove referenze: salsa pronta di ciliegino al peperoncino e salsa pronta di ciliegino al basilico.
6 Artù ottobre 2016
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Conto alla rovescia per GourmArte Dal 26 al 28 novembre 2016 torna a Bergamo GourmArte, kermesse enogastronomica che riunisce i più grandi chef del panorama italiano, del calibro di Ilario Vinciguerra, Philippè Leveillè, Claudio Sadler, Riccardo Camanini, i fratelli Cerea per citarne solo alcuni, e i produttori delle eccellenze made in Italy. L’evento punterà i riflettori sui prodotti top di gamma per la tavole natalizie, selezionati su tutto il territorio nazionale da una commissione di esperti capitanata dal presidente Elio Ghisalberti.
Dalla Puglia il Cotto di fichi Nella spasmodica ricerca di nuovi prodotti, abbiamo scoperto questo “Cotto di fichi”, prodotto in Puglia da Giuseppe Tamborra, di Cibus Circle. Produttore di olio extravergine di oliva di alta qualità, Tamborra ha voluto recuperare la produzione (antichissima) di questa specialità, ottenuta dal fico coltivato nelle zone rivierasche della provincia di Bari. Il “cotto di fichi”, che non va confuso con il vin cotto, è realizzato con fichi (di una sola varietà, la “Dottato”) che vengono essiccati al sole su telai di bambù o vimini e vengono cotti in acqua surgiva a fuoco lento, senza alcuna aggiunta di zuccheri né di coloranti o addensanti. La dolcezza del fico è ben bilanciata dalla freschezza e dalla sapidità. Dal retrogusto persistente, Artù lo suggerisce come condimento alternativo per insalate, carni bianche, pesce d’acqua dolce, ma anche come base nella preparazione di cocktail analcolici.
Mosnel e la verticale di tutte le annate di EBB Sapidità, complessità, nerbo sono le parole magiche che accompagnano i vini dell’azienda e in particolare EBB: “Il prodotto del cuore - raccontano ad Artù Giulio e Lucia Barzanò, quinta generazione di produttori - e della nostra maturità produttiva”, Franciacorta dedicato alla mamma Emanuela Barzanò Barboglio, guida dell'azienda per 50 anni. Proprio EBB è stato protagonista di una speciale verticale che dal 2011 è scesa sino al 2003 proponendo tutte le annate, con a chiudere il prossimo EBB della vendemmia 2012 aperto à la volée. Presentato a quattro mani da Giulio Barzanò e dall’enologo Flavio Polenghi EBB è sempre 100% Chardonnay, selezionato tra i cinque vigneti di eccellenza della tenuta di almeno 20 anni. È ottenuto sempre solo dal fiore cioè la prima frazione del 50% di succo, e fermenta in piccole botti di rovere francese prima dei consueti 36 mesi sui lieviti. Nato come brut per le prime tre annate è diventato extra brut dal 2006, annata dai profumi complessi ed evoluti dai fiori di pesco al gelsomino, note di agrumi e pesca matura insieme a erbe di campo, crosta di pane, lievi tocchi di pepe bianco. All’assaggio ha un equilibrio tra freschezza e sapidità, con note di brioche al burro salato, quasi di zenzero candito e una splendida persistenza.
News
L’aperitivo al Mio Bar è Ceviche Hours Il Mio Bar al Park Hyatt Milano propone fino al 15 novembre un aperitivo a base di ceviche. Si chiama Ceviche Hours-Mio Bar meets Pacifico il nuovo “happy hours”, ma anche cena, ideato dal lavoro del Mio Bar al Park Hyatt Milano e Pacifico, il primo ristorante peruviano gastronomico in Italia. Ogni sera si potrà assistere allo show cooking a cura degli chef di Pacifico che prepareranno 5 diversi tipi di ceviche davanti agli ospiti, da abbinare ai 5 cocktail a base di Pisco presenti nella carta Pisco 1615 “Gluttony”. Creato dallo chef Jaime Pesaque, head chef del Pacifico, il menu comprende: Ceviche Puro (branzino e leche de tigre classico con choclo, cancha e finito con cipolla rossa); Ceviche Asiatico (tonno e leche de tigre al miso); Ceviche Mixto (capesante, gamberi e leche de tigre al rocoto. Con polpo in infusione di leche de tigre al rocoto); Ceviche Barrio Chino (salmone, won ton e leche de tigre chifera); Ceviche San Isidro (gamberi rossi e leche de tigre al olio d'oliva e parmigiano.
Pourquoi-Pas? La nuova Brasserie di Milano
Sandro Bottega, a Hiroshima
Corso Garibaldi 17, la vecchia location del mitico Teatro Fossati, è diventato un indirizzo da tenere ben presente. Chi ama l’atmosfera parisienne e una proposta culinaria ispirata alla tradizione francese, ma non solo, può trovare nella Brasserie Cafè Restaurant Pourquoi-Pas? una boccata d’ossigeno: cura nell’accoglienza del cliente, servizio mirato, materie prime accuratamente scelte, prodotti di nicchia francesi. Il progetto, nato dai tre soci Simone Taiuti, Giancarlo Siola e Daniele Pagani, è stato realizzato in 130 mq con ampio dehor esterno. Dal menu: Tatin di pomodorini e misticanza, Croque Monsieur, Croque Madame, Omelette, Foie Gras, Tartare, Salade Niçoise, Chèvre Chaud e molto altro ancora perché la cucina a vista del Pourquoi-Pas? suggerisce un menu del giorno con altre e interessanti prelibatezze. Spazio poi a vini e formaggi francesi come caprini, pecorini e tome e a una nutrita proposta di dolci da gustare a colazione, per la pausa caffè, per il the pomeridiano, il dopo pranzo e il dopo cena. L’offerta non tralascia l’appuntamento dell’aperitivo, con cocktails classici e internazionali. Dettagli curati dell’architetto Leoterio Berellini per ricreare la tipica atmosfera parigina.
Per il 71° anniversario del terribile evento nucleare che colpì Hiroshima, Sandro Bottega ha consegnato a Kazumi Matsui, sindaco della città giapponese, “Hiroshima for World Peace”, una speciale confezione dedicata alla pace che contiene una bottiglia di grappa in vetro soffiato e una bottiglia di vino spumante. All’interno delle due bottiglie una colomba bianca, a simboleggiare la pace tra i popoli. Il ricavato delle vendite di questa preziosa confezione sarà destinato alla città giapponese, al fine di aiutare i sopravvissuti della bomba atomica. Il gesto di Sandro Bottega è stato ricambiato dal sindaco di Hiroshima che ha deciso di ospitare la collezione “Art in Grappa”, esposizione artistica nata dall’incontro della grappa con le bottiglie in vetro soffiato disegnate da Sandro Bottega, al Moca (Museum of Contemporary Art) e in altre sedi museali della città.
8 Artù ottobre 2016
News Peroni alla conquista dei social Le Peroni Gran Riserva, nate dalla fase di extra fermentazione del mosto fermentato, rappresentano l’alta gamma di Birra Peroni, nelle tre varianti Peroni Gran Riserva Doppio Malto, Peroni Gran Riserva Rossa e Peroni Gran Riserva Puro Malto. Il top di gamma si è infatti reso protagonista del progetto Pianostrada, laboratorio di cucina trasteverino nato dall’incontro di quattro donne unite dalla passione per la buona tavola e lo street food. Da qui l’idea di creare il primo #MenuGranRiserva on-line. Saranno circa 40 le ricette proposte: dal baccaburger, con pane al nero di seppia e burger di baccalà, al più tradizionale gnocco fritto, tutte ricette abbinate alla qualità delle tre Peroni Gran Riserva. ________________________
Pasta store Di Martino a Capodichino
Novantadue metri quadrati per un’esposizione di oltre 100 formati di pasta di Gragnano IGP al primo piano della Boarding area, l’area prima degli imbarchi. Sono le coordinate del nuovo pasta store monomarca del pastificio di Gragnano Di Martino. In primo piano i formati lunghi avvolti a mano nella tipica carta blu, sugli scaffali i formati speciali, la linea integrale e quella biologica; le scatole di latta per le confezioni regalo, una linea di piatti in ceramica e gadget aziendali. Completano l’offerta le ceramiche di Vietri dipinte a mano e una linea di ceramiche di design del collettivo irpino Bhumi Ceramiche.
Café Trussardi: “Apple trilogy” Si chiude con la versione oro Applyx la “trilogia delle mela” nata dalla creatività del bartender Tommaso Cecca, in degustazione solo al Café Trussardi alla Scala. L’idea di sviluppare un percorso di degustazione dedicato alla mela nasce dall’intuizione di considerare la mela un frutto trasversale. Dalla fusione di queste ispirazioni e da una degustazione di Calvados invecchiati prende forma la “prima mela” - APPLE TRU con protagonista una Stark Delicious green, poi “PASSION” che punta su una Stark Rossa e a completare la trilogia APPLYX, gold nel colore, gold nell’estetica e gold nello stile abbinata alla vodka Absolut Elyx infusa in una mela renetta, insieme a zenzero, profumi dolci e floreali e servita freddissima.
Mata Falanghina, novità di Villa Matilde Mata, spumante Brut da uve Falanghina in purezza, è la nuova etichetta di Villa Matilde, storica azienda vitivinicola dell’Alto Casertano. Le uve, 100% Falanghina, provengono dalle tenute storiche dell’azienda nel territorio dell'Ager Falernus lungo le pendici del vulcano spento di Roccamonfina. La vendemmia è quella del 2010. Il colore è giallo paglierino con caldi riflessi dorati e un perlage fine ed elegante grazie alla lunga permanenza sui lieviti. Al naso si percepiscono profumi delicati di frutta matura misti a sentori di lieviti e di crosta di pane, al gusto si presenta fresco, elegante ed armonioso, con finale acidulo e intense note fruttate.
Al Castello di Velona Fiorentina e Brunello È sempre un piacere stappare un Brunello di Montalcino e se si tratta di una magnum “storica” che risale alla prima annata dell’azienda agricola del Castello di Velona Resort, Thermal Spa & Winery - l’esclusivo relais 5 stelle situato tra le colline di Montalcino - il piacere supera davvero ogni senso! Ed ecco che quest’estate al Settimo Senso, l’esclusivo ristorante con terrazza panoramica che guarda sulla Val d’Orcia, è stato servito un prezioso Brunello del 2003 che per ben nove anni ha riposato in una bottiglia sigillata con ceralacca. Dopo il lungo periodo d’invecchiamento, il vino ha conservato la completezza e l’integrità dei sapori, risultando, come l‘ha descritto la sommelier Manuela Lucarini “molto elegante, avvolgente e morbido, senza nessuna spigolosità, dal palato setoso e vellutato… un ottimo accompagnamento per la ‘Fiorentina del Settimo Senso’. Se il 2003 è stata un’ottima annata per il Brunello di Montalcino anche il 2011 non è stato da meno e per quanto riguarda il 2016, complici le buone condizioni atmosferiche, le previsioni di vendemmia sono positive. Alla Tenuta del Castello è andata dunque in scena la vendemmia: 5 ettari di viti di Sangiovese impiantate. Ed è su questo terreno che nascono i pregiati Brunello e il Rosso di Montalcino D.O.C.
10 Artù ottobre 2016
Del Cambio. Miracolo a Torino 12 ArtĂš ottobre 2016
Cover story
di Alberto P. Schieppati
Matteo Baronetto, classe 1977, ha dato al Cambio la sua impronta geniale, creando una cucina destinata a “durare nel tempo”, come direbbe Gualtiero Marchesi Milano e Torino sono città molto diverse fra loro: ag- essere contemporanei, di non dovere a tutti i costi rigressiva e pragmatica la prima, austera e riflessiva la suscitare piatti antichi, ma di saperne trasmettere la seconda. Frenesia vs ritrosia, verrebbe da dire se vo- modernità, il gusto sempre attuale e ricercato, la raflessimo trovare due sostantivi adatti a definire i finata definizione, la succulenza potente, lo stile incaratteri delle due città. Matteo Baronetto, dopo confondibile. La sua è una linea di cucina fortemente anni di “servizio permanente effettivo” nella metropoli orientata a soddisfare, più che a stupire. E tutta la fipiù irrequieta d’Italia, alla corte di Carlo Cracco, ha fi- losofia del Cambio segue questo criterio basilare, imnalmente scelto la sua città, Torino, per la sua piena postato con sapienza, lungimiranza e genialità dale meritata affermazione. Matteo, l’eterno secondo, lo l’imprenditore Michele Denegri: con passione e amore, chef che ha firmato molti piatti dei menù di Cracco insieme al lavoro corale di un team di professionisti, (“uno chef dal quale ho imparato artisti e artigiani, lo storico ristotantissimo”, ci dice Matteo), è rante torinese, fondato nel 1757, ora l’Executive chef del ristorante si caratterizza oggi come un pro“Memoria, stile, “Del Cambio” di piazza Carignano, getto unico nel suo genere, ritorinnovazione: in questi nato a configurarsi come una nel cuore della città. Operativo nel capoluogo piemontese da ol- tre concetti si riassume delle mete “eccellenti” del Bel tre due anni, da quando cioè il Paese. Insignito della prima stella Cambio è ritornato a nuova luce, l’attuale significato del Michelin già pochi mesi dopo la Matteo non ha perso tempo a riapertura, nell’edizione 2015 (il Cambio, il ristorante svelare, una volta di più, il suo Cambio aveva perso la stella torinese ritornato valore, finalmente sganciato da negli anni Ottanta e non l’aveva situazioni che lo facevano percemai più ripresa), il ristorante proalla luce nel 2014” pire come “chef dietro le quinte” pone un’offerta che può essere (seppur con funzioni di altissima vissuta in modo diversificato e responsabilità e di decision maker), impedendo di segmentato almeno in tre opportunità: il ristorante metterne completamente a fuoco il vero talento. E gastronomico; il Bar Cavour, un suggestivo cocktail che talento! Sicuramente stimolato dal fatto di bar con cucina aperto fino a tarda notte; la Farmacia operare nel più bel ristorante d’Italia (mi assumo la del Cambio, una boutique/laboratorio gastronomico responsabilità di questa asserzione!), lo chef Matteo dove è possibile degustare e acquistare alcune Baronetto (nato a Giaveno, alle porte di Torino, nel creazioni dello chef Baronetto e dello chef pasticcere 1977) si è subito imposto al Cambio - attraverso Fabrizio Galla. Il ristorante gourmet, di un’eleganza uno scambio dinamico di valori profondi - grazie a un’impronta creativa attenta e misurata, lontana da voli pindarici, ben ancorata alle tradizioni. E, nello In alto: lo chef del Cambio Matteo Baronetto. stesso tempo, ha puntato deciso sulla necessità di A lato: l’esterno del Ristorante Del Cambio.
13 Artù ottobre 2016
Cover story
mozzafiato, personalizzato da decori e arredi ottocenteschi, meta nei secoli di frequentatori illustri del calibro di Mozart, Nietzsche, Cavour, Goldoni, Honoré de Balzac, Casanova, oggi dialoga in modo raffinato con opere di Michelangelo Pistoletto, Martino Gamper, Izhar Patkin. Arredi e decòr memorabili, adatti a un’esperienza che si prefigura già indimenticabile alla sola lettura del grande menù, che un maître molto professionale e per nulla altezzoso vi porterà gentilmente al tavolo. Il menù di Matteo Baronetto è un’opera d’arte che si compone di cinque grandi “voci”: Antipasti, Piatti di mezzo, Primi piatti, Secondi
di pesce, Secondi di carne. In più, oltre alla carta dei dessert, lo chef propone due Menù degustazione, di sei o nove portate, definito “Improvvisazione ragionata”. I piatti di Matteo sono insieme delicati e potenti: quando una cena si apre con un saluto della cucina come il Riccio di mare con sugo d’arrosto (mitico) impossibile evitare l’acquolina alla bocca. L’Uovo impanato e fritto con caviale, a sua volta, la dice lunga sull’estro dello chef. La Carne cruda melanzane pomodoro e stracciatella di latte si farà ricordare per la intensa rotondità gustativa, così come il Vitello tonnato, icona della tradizione piemontese, proposto qui all’insegna di un delicato rapporto fra gli ingredienti. Gli Agnolotti alla piemontese, da soli meritano il viaggio: per lo stile e per i sapori, insieme alla ossequiosa adesione alla tradizione, che in questo caso deve solo essere rispettata. L’estro e il talento di Matteo, insieme al rigore e alla “improvvisazione ragionata” si rivelano in piatti come la Lasagna di lattuga di mare con ragout di vitello o con l’Insalata piemontese (v. articolo di M. Bertera su Artù n.76), entrambi definiti Piatti di mezzo, propedeutici ad altre portate: i Ravioli al latte, cocco, scampi e basilico, i Tagliolini arrosto, salsa di pomodoro e alici, il Riso Cavour. Fra i Secondi di pesce, accanto alla Sogliola alla curcuma, crema di carote e fiori di zucca, non è un piatto iconico di Matteo, ma
14 Artù ottobre 2016
ci ha colpito per i cromatismi e l’eleganza), segnaliamo il Rombo allo spiedo con mais, finferli e lattuga di mare alla brace, i Filetti di triglie, pistacchio, albicocca e olive nere, l’Astice al vapore con pomodoro e uovo. Nei Secondi di carne troviamo i grandi sapori del Piemonte, protagonisti di piatti ambiziosi e semplici, che hanno la loro grandezza nella acuminata distinzione dei singoli sapori delle materie prime. La sequenza è particolarmente serrata e il desiderio aumenta alla lettura delle singole voci: Filetto di vitello arrosto, prezzemolo, funghi e liquirizia, Costolette di agnello al limone con patate e scalogno, Fricassea di coniglio, lumache con insalata piccante, Piccione alla brace con ciliegie, ravanelli e aglio. La finanziera “Del Cambio”, il Rognone di vitello e ricci di mare. La Finanziera è un altro piatto-simbolo della cucina di Ba-
ronetto che, in questo caso come nell’altro piatto “Rognoni di coniglio, lattuga al moscato e coriandolo” (in copertina), sa di giocare con materie prime non facili, capaci però di restituire al gourmet gusti anche primordiali, originari e metabolizzati nella memoria.
15 Artù ottobre 2016
Nella pagina a lato: la bella Sala Risorgimento, la più antica e celebre del ristorante e sotto la Finanziera “Del Cambio”. Al centro: uno scorcio della Sala Pistoletto, intitolata all’artista che l’ha realizzata con l’opera “Evento”. Qui sopra: Carne cruda, peperoni e midollo. Sotto: il “Tavolo dello Chef” che si affaccia sulle cucine.
Piatti che, inseriti nel contesto in cui vengono realizzati, proposti e consumati, acquisiscono valore aggiunto e si rendono unici e irripetibili. La brigata guidata da Matteo si avvale, fra gli altri, di Diego Giglio (14 anni con Carlo Cracco), Manuel Merlo, Nicola Dobnik e Claudia Ceppaluni (iniziò come stagista…). In sala, troviamo il direttore storico del Cambio, Daniele Sacco, con Alberto Tommasi e Antonio Currò, maître. Il servizio dei vini è affidato a Davide Bongiorno, supportato da Valentina Cinti. Già, i vini: capitolo fondamentale per il Cambio, che vanta una cantina straordinaria, antica di tre secoli e mezzo, dotata delle condizioni ottimali di temperatura e umidità. Qui riposa un tesoro di 16.000 bottiglie, con oltre 1.700 etichette di annate e produttori celebri, accanto a bottiglie forse meno blasonate ma di indiscutibile valore. In carta vi colpirà una selezione di Champagne da paura: 40 maison con le loro etichette di punta. Per non dire dei grandi francesi: Romanée Conti 1990, 1998 e 2011, Grand Echezeaux, La Tache, Richebourg, Romanée SaintVivant, solo per dirne alcuni. La pattuglia italiana, molto vasta, ha una selezione di piemontesi e toscani da capogiro: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, i grandi rossi di Langa, ma anche Brunello di Montalcino, Bolgheri e Supertuscan di fama mondiale =
L’intervista
Vivalda di Cervere Il gusto è nella tradizione stava esplodendo il genio di Ferran Adrià: mi ricordo sempre che un giornalista amico mi disse ‘Se vuoi Esaltare al massimo le ricchezze conquistare la Stella Michelin devi andare là, non restare a Cervere e fare i piatti di tuo padre o tuo prodotte in ogni territorio: nonno’. Ma avevo capito subito che non era la mia strada, l’idea di destrutturare materie prime e presenecco il credo di Gian Piero tarle in forma diversa mi pareva sbagliata. Vivalda, dell’Antica Corona Detto ciò, nei primi anni di gestione, eri più in Reale, bistellato piemontese. Francia che nella piana di Cuneo. Mi rendevo conto di non essere all’altezza del sogno, Parlare di tradizione e di cucina regionale è muoversi anche se mio padre aveva già fatto un grande lavoro, su un campo minato. Ne sa qualcosa il divin Cracco dando personalità e tono a un locale che sino allora - idolo quando fa il giudice a Masterchef - ma era solo il classico fuori porta del fine settimana. “massacrato” tre anni fa quando firmò un “trattato” Così sono andato da Ducasse, Blanc, Dutournier e dei piatti più conosciuti dalle Alpi alla Lampedusa, altri per capire come potevo interpretare la rivoluzione ritoccandone alcuni. Del resto, in tanti fanno confu- del ’92: la crisi fece tornare la voglia del vino ‘serio’ sione e qualcuno ci gioca agilmente: rispettando a e di una cucina più sincera e semplice. C’è voluto un parole il passato e la territorialità, decennio ma la Stella è arrivata. ma servendo il piatto “della nonCosa significa per lei cucina na” come fosse il capolavoro. regionale? “Un grande chef Ecco, all’Antica Corona Reale Il modo per esaltare al massimo deve seguire regole non si corre questo rischio: qui le ricchezze fornite da ogni regione a Cervere - tra Langhe e Monviso precise, come quella e sottolineo ‘da ogni regione’, - da due secoli si segue una fida vero piemontese che ha tanti di fare la spesa losofia precisa: antica il giusto, piatti della tradizione in carta. corretta sempre, banale mai. È Cucina regionale vuol dire che presso fornitori così che Gian Piero Vivalda se per realizzare un buon piatto di fiducia ed esaltare del territorio il miglior extravergine erede di una famiglia che prese in mano la cascina nel 1855 è un pugliese, lo devi acquistare. le materie prime” ha portato al successo un ristoE così per l’aglio o lo zafferano. rante, stimato dalla critica e Abbiamo una varietà e una bontà amatissimo dal pubblico: piemontese, italiano, in- dei prodotti che oltralpe, e non solo, nemmeno ternazionale. Pochissimi posti nel nostro Paese in- riescono a immaginare, figurarci ad averla in tavola. terpretano così bene la cucina regionale, anzi le E qui si lavora così. cucine regionali come vedremo. Giusto partire da Esattamente, a parte i due orti di proprietà, noi qui per affrontare il tema spinoso. facciamo una spesa a 360° presso fornitori di fiCaro Vivalda, molti ignorano che lei ha deciso di ducia assoluta, amici ormai. È come nella composeguire la tradizione dove aver vagato per la sizione di una squadra di calcio; se vuoi arrivare Francia e pensato di partire per la Spagna dei a grandi risultati, devi pescare qua e là, non puoi molecolari. limitarti al vivaio. Però, senza una cultura maniacale È vero, prima di prendere in mano l’Antica Corona del prodotto non puoi farcela. Ecco perché mi Reale ho lavorato sei anni all’estero. Era il 1994 e piace Vissani che di questo aspetto ha fatto una di Maurizio Bertera
16 Artù ottobre 2016
Qui sopra: il dehor dell’Antica Corona Reale e il capretto di Roccaverano. Nella pagina a lato lo chef Gian Piero Vivalda.
17 ArtĂš ottobre 2016
L’intervista
Sentiamola. C’è un po’ di confusione nei messaggi, per me la figura del cuoco è troppo in vista rispetto al piatto che è quello che dimostra se sia bravo o meno. Si parla poco di cucina, insomma. Per questo, è importante che venga trasmessa la passione per il prodotto e la tradizione da una generazione all’altra. Penso al lavoro incredibile che hanno fatto Aimo Moroni o Nadia Santini e ai bravi allievi che hanno fatto diventare grandi professionisti. Lei come sceglie e istruisce i suoi ragazzi? Ho una brigata volutamente composta da un 50% di piemontesi e un 50% di forestieri, in gran parte italiani. Ai primi, chiediamo ovviamente di amare la bandiera in tempi non sospetti. nostra cucina e ai secondi di capirla prima e amarla Poi ci vuole lo chef… dopo. Ovviamente li ‘educo’ portandoli in giro dai Certo, ma senza sentirsi il padrone del mondo. Co- fornitori: niente di strano, comunque, lo fanno manda il prodotto, il nostro ruolo è tirarne fuori la anche molti colleghi. Però, io su una cosa insisto bontà. Sa cosa diceva Ducasse quando cucinavamo con loro: i piatti si fanno con tecnica, esperienza un pollo? Se è così buono come dicono, dovete farlo ma soprattutto con il cuore. diventare il migliore del mondo e basta. Senza tra- Qualche anno fa, Vittorio Fusari - grande interprete sformarlo o aggiungere cose strane. Del resto, dopo della tradizione bresciana - presentò il suo Manzo 30 anni ai fornelli ho la mia idea sul ruolo del cuoco. all’Olio in versione inedita, sorta di sashimi con base spumosa. Lei non lo farebbe mai con una ricetta piemontese, immaginiamo. No, non cambierei mai una ricetta così importante Qui sopra: la sala dell’Antica Corona Reale per un territorio. Anche se è discussa da secoli e il piatto Le jardin d’automne.
18 Artù ottobre 2016
come la Finanziera, puoi metterci un tocco personale ma ‘deviarla’ o destrutturarla no. Vedo in giro versioni con i gamberi… Non ci siamo. Per la cronaca, non ho problemi a dire che le migliori Finanziere della mia vita sono quelle cucinate da mio nonno e mio padre, oltre che da Pina Fassi del Gener Neuv, ad Asti. Quindi del passato. Il libro del suo amico Cracco sulla cucina regionale, facilmente, non le sarà piaciuto. So che ha diviso i piatti tra quelli intoccabili, i rivedibili in parte e i modificabili. Mah…Non è il mio pensiero, lo ribadisco. Tra l’altro, mi diverte il fatto che Carlo quando viene a trovarmi, si gusta proprio la Finanziera e le lumache. A proposito di grandi, è passato Adrià ed è rimasto sorpreso. Sì, perché ha mangiato le rane e i gamberi di fiume: non li conosceva. Ecco, questo secondo me è fondamentale: gli stranieri sanno ancora poco della nostra cucina, soprattutto non hanno un’idea precisa della varietà. Anche loro hanno prodotti straordinari, sia chiaro, basta pensare alla carne francese. Ma sono tutti uguali, sostanzialmente, e persino i fenomeni ‘godono’ quando li presentiamo i nostri. La sa quella di Bocuse? No, sentiamo. Si siede e dice che nel menu non c’è la famosa
Armonia negli abbinamenti All’Antica Corona Reale, menu e cantina viaggiano in perfetta armonia grazie al team di grandi professionisti che gestisce il meccanismo: Gian Piero Vivalda in cucina con Ivan Maniago come sous-chef; Andrea Ostorero e Giuseppe Palazzo in cantina (al team purtroppo è mancata in agosto Maria Teresa Olivero), coordinati da un maître tra i più esperti della ristorazione quale Davide Ostorero. Manager operation del locale è Nadia Finelli. I menu sono quattro, di totale stagionalità salvo alcuni must - vedi la Finanziera di Renzo in doppia cottura - e con venti-trenta piatti in media. Qualche suggestione della carta autunnale: Filet tartare di vitella piemontese e funghi porcini di Sestriere, come al Combi 1961; Uovo terme su cardi gobbi di Nizza Monferrato, fonduta di Raschera d'alpeggio e tartufo bianco d'Alba; Tajarin ai trentacinque tuorli al burro di Malga e tartufo bianco d'Alba; Gobbi della tradizione ai tre arrosti serviti come una volta: al tovagliolo; Lumache di Cherasco ai porri di Cervere, mele renette e marmellata di rosa canina; Cappone di Morozzo arrosto alle erbe spontanee, carote di San Rocco; Flan di Gianduja Caffarel su salsa al pistacchio di Bronte e croccante alla nocciola. Mille le etichette in cantina, con una scontata predilezione per quelle piemontesi (con il 65% del totale, grande profondità di annate e il meglio di Barolo, Barbaresco, Nebbiolo e Barbera) ma anche una forte sezione transalpina e le “chicche” da paesi lontani come Nuova Zelanda e Stati Uniti. “Noi cerchiamo di far bere tutto, ma ovviamente vince la nostra regione - spiega Davide Ostorero -. Gli stranieri sono sempre più preparati e chiedono i migliori vini, poi è evidente che a Milano si stappa tutto e qui comanda la logica del territorio”.
Qui sopra, dall’alto: il Maialino da latte di Segovia, i Gobbi della tradizione al tovagliolo e il Cappone di Morozzo. In alto: la Millefoglie peperone.
anche l’atmosfera giusta per gustarli. Magari sbaglio, eh... Però io credo abbia più senso aumentare il carne cruda. Per noi è qualcosa di normale, una numero dei clienti stranieri che si siedono nei nostri sorta di benvenuto all’ospite e al tempo stesso un ristoranti e non portare i nostri brand in paesi lontani. rito prima di iniziare un pranzo. Mangia, resta I francesi che lei conosce bene, lo fanno da desorpreso dalla bontà e poi viene da me e attacca cenni. un post-it sul frigorifero: ‘È vero, la carne cruda non Lo so, però hanno anche una cucina nazionale da è cucina!”. Quando servi un prodotto di eccellenza, secoli e questo cambia tutto. Aggiungo che ora dobil concetto della tendenza non esiste. Anche se pa- biamo solo invidiare la loro storia, la presenza di radossalmente per noi italiani è un limite. cuochi capaci di trasmettere i valori fondamentali e Perché? la capacità di insegnare la gerarchia in cucina. Visti i Capisco i colleghi che hanno accettato. Ma io non prodotti e i cuochi italiani, ha senso mandare lì un rame la sento di andare a Dubai o Shanghai per aprire gazzo solo per l’ultimo aspetto. un ristorante come il mio. Non avrei i prodotti che Regionalismo puro: come sta la cucina piemonricevo o vado a vedere ogni mattina, mancherebbe tese?
19 Artù ottobre 2016
Bene, anche se nell’ultimo decennio non vedo nuovi talenti. In compenso, abbiamo eccellenti professionisti, materie prime eccezionali e clienti molto competenti che ci tengono in tensione positiva. Qui si parla ancora dei ravioli di Lidia Alciati, tanto per dare un’idea. Chissà cosa diranno i clienti dell’Antica Corona Reale quando tra cento anni, qualcuno si ricorderà dei suoi piatti. Ecco, questo è importante. Noi dobbiamo traghettare la tradizione: pensi che mio padre non ha trasmesso la ricetta della Finanziera sin quando non sono entrato io a dirigere la cucina. Io voglio invece che qualcuno dei miei ragazzi sappia eseguire perfettamente la ricetta. Sennò tra venti anni, questo piatto perderà la sua storia e il sapore originale. Vivalda, il pensiero finale? Vorrei che ogni nostro piatto spiegasse a un nuovo cliente che eravamo questo, siamo questo e vogliamo continuare a essere questo =
L’opinione
fastidiosa, quasi intollerabile, dove si ha la pretesa di recuperare forme alimentari della tradizione, più che altro folkloristica, esibendole come autentiche riscoperte, ma ignorando l’impossibilità di rivitalizzarle…(Sigh!!). In qualche posto il recupero del passato, diventa operazione quasi disperata, al limite della necrofilia. Un qualcosa di già estinto prima che nasca. Ma niente! Si va avanti! Anche se quel che ci viene propinato all’insegna del tipico, del caratteristico, del locale, del casalingo, il più delle volte invece è kitsch alimentare, paccottiglia di rigatteria cucinaria. Ma chissenefrega! Mica la tradizione (culinaria), è materia scolastica! Di cui tutti sanno o devono sapere! Certo, non in tutto il panorama dell’offerta culinaria targata “tradizione” si respira quest’atmosfera. Ma credo che i Cuochi, quelli con la C maiuscola, per non rimanere avvitati a questa spirale perversa, debbano sapersi distinguere. E svolgere un ruolo “per” la tradizione. Non solo con la rielaborazione inventiva, (senza esagerare però, mi raccomando), ma soprattutto con la mediazione culturale. Passando, (Sigh!!). Così oggi la tradizione ce la ritroviamo in ai propri commensali, quei messaggi culinari che di Maurizio Di Dio ogni posto in cui mettiamo le gambe sotto il tavolo: provengono dalla tradizione e la fanno riconoscere. Oggi tutto è influenzato dai comportamenti dietetici in osteria, in trattoria, al ristorante classico, al Quei messaggi della tradizione, altisonanti, che gli dettati dalla globalizzazione. Fortunatamente però ristorante gourmet. Persino nelle tavole calde. Anche chef conoscono molto bene. Della cucina storica, non di quella “fantastica”. Mesnoi italiani la tradizione ce l’abbiamo nel nostro nei fast food, a volte! Lo stesso saggi “per” la tradizione, però, DNA culinario. La nostra tradizione in cucina, infatti, vale per il prodotto tipico, ma non è mai stata liquidata… Neppure dall’effimera questa è un’altra storia. Siamo attuali, moderni, in cui lo chef “Viviamo in una esplosione di mode gastronomiche che man mano in un momento di arte culinaria non è solo con un cuoco “omdimensione di cucina nium remor inventor”, ma piutnegli anni sono riuscite a trovare terreno fertile in cui revivals e recuperi di ricette anche tra i nostri migliori chef! La tradizione, desuete, antiquate, remote, sono equivoca, incapace di tosto un igienista, un dietista, insomma, è l’unico sciovinismo alimentare di cui possibili per tutti. Ma soprattutto, un economo maestro dei fornelli. sottrarsi alla fascina- Anche un domestico cuciniere oggi andiamo veramente fieri… Si, possiamo dirlo! siamo in un tempo in cui la traE anche gridarlo. Ciò non toglie che, per questo dizione tutti la osannano e ce la zione della tradizione se vogliamo! Insomma ciò che motivo, stiamo vivendo in una dimensione di cucina propinano. Sbandierata, sui menù oggi vuole il consumatore di che il più delle volte questa caotica rivoluzione aliequivoca, incapace di sottrarsi alla fascinazione in primis, in ogni dove. A tutti i lidella tradizione che il più delle volte è falso popola- velli. In alcuni di essi, nel tentativo è falso popolaresco” mentare, fatta anche di intolleresco, diffuso a tutti i livelli. Che purtroppo trova di restaurare ricette e generi aliranze e credenze, (intese come slancio e fortuna nella nostalgia del consumatore, mentari defunti, dandoci ibride credo Sigh!!), alimentari. Utilizorfano del passato, ignaro delle arbitrarie e cervello- affatturazioni snobistiche, on altri, impotenti a resu- zando, a questo fine, non, sempre e a tutti i costi, tiche mistificazioni perpetrate sopra il suo dolente e scitare non solo il gusto dell’autentica cucina del solo le tecniche alchimistiche, proprie d’una sofisticata pungente desiderio di una ritrovata mitica cucina, passato, ma anche solo ad avvicinarsi al suo più ars combinatoria, nel quale, magari, l’elemento ingenuina, confezionata magari da mani amorevoli… squallido camuffamento (Sigh!!). L’operazione diventa novatore è solo l’attrezzo tecnologico usato! =
La tradizione, il vero passepartout
20 Artù ottobre 2016
L’opinione
Mai copiare! Parola di Ferran Adrià pesce appena pescato, ho acquistato tutto. Naturalmente a Londra si vive in Alla domanda: “Che cos’è la creatività modo diverso, in un paese siciliano la in cucina?” Ferran Adrià rispose: “Crealista della spesa non serve, basta tività è non copiare”. Pare semplice, guardare. Ci si sente liberi di scegliere ma non è così. Considerato quanto è e ispirati a cucinare”. Ecco una risposta accaduto negli ultimi quindici anni nelle al senso della creatività più reale del re. cucine più rinomate del mondo, quella comIn fondo, proprio in Sicilia, con la sua famiplessità nel realizzare un piatto, magari ispirandosi glia, Vittorio Brignoli, lombardo, ha creato la sua soltanto al proprio estro, è stata messa a dura roccaforte della creatività in cucina, con il suo “Da prova. Lo stesso chef catalano, a detta di qualche Vittorio”, a Porto Palo di Menfi, affacciato sulla collega stellato, si è ispirato a preparazioni provate spiaggia, in un luogo incantato. Qui è vera creatività da suoi autorevoli colleghi. Difficile non subire in- senza se e senza ma. Locatelli e Vittorio, amici da fluenze. Il primo punto è che tanti hanno “copiato” lungo tempo, anche se sono distanti come location, e oggi a fronte di quando accade si nota che tanti danno entrambi spazio a quella “mentalità” chiamata hanno chiuso i battenti o hanno ripiegato, per so- in causa per Bottura. Idem dicasi per un altro vero pravvivere, sulla formula bistrot. Se il bistrot non creativo come Gigi Zazzeri, a Marina di Bibbona ce l’hai dove vai? Si potrebbe enfatizzare. Massimo sul litorale toscano, dove nella ormai trasformata, Bottura, vanto della cucina italiana nel mondo, ex baracca dei bagni di famiglia, ha creato uno dei riallievo dello chef catalano, è quello che ha acquisito storanti più raffinati e creativi per chi ama gustare maggiormente il nozionismo tecnico in pratica al il pesce preparato da chi esce ogni mattina in ristorante El Bulli. Il vero vantaggio di Bottura è barca per andare a pescarlo = stato apprendere la “mentalità” per avvicinarsi ai prodotti e farne un uso che impiegasse creatività, ma anche l’originalità di quanto poi è destinato a finire nel piatto. Sottile quanto basta il concetto, tuttavia chiaro. Non può essere soltanto una ragione di sifone o la nota stonata di una foglia di sedano essiccata e messa accanto ad altre erbe, per giudicare il piatto, “creativo”. Se la “Chi ha copiato ha pallina di dragoncello servita segnato il suo destino: in un cucchiaio da zuppa la fa Adrià è una pagina diversa. Chi il palato di un ha copiato ha segnato il suo allenato gourmet destino: il gusto non lo dovrebbe ammettere mai e il palato di riconosce quanto è un allenato gourmet riconosce quanto è diverso il menù crea- diverso il menù creativo da quello tradizionale. Nel tivo dal tradizionale” suo libro “Made in Sicily”, lo chef londinese Giorgio Locatelli, ma lombardissimo di estrazione, racconta delle sue passeggiate siciliane in cerca di ingredienti: “Dal pane dei fornai, a carciofi, pomodori, peperoni,
di Mauro Remondino
22 Artù ottobre 2016
L’opinione
ph. Osvaldo Danzi
formaggi, a conferma che il palato fa bene a reclamare certi abbinamenti senza chinare sempre il capo al purismo della tradizione. Onore quindi all’orecchietta alla marinara arricchita con ricotta affumicata sarda, alle sogliole al pecorino di Alghero e al lesso di pesce con maionese firmata in casa. Il tasto contemporaneo arriva invece dagli scampi al radicchio rosso e ginger o dal pesce rigorosamente cotto al carbone. Per tutto il resto ci si lascia portare dal pescato del giorno e dalla luna di Rosario, soprattutto se si è scelto di vivere l’esperienza da pescaturismo su cui la famiglia Poggetti investe da tempo, tutto l’anno, come messaggio culturale: basta salire alle 5 sul gozzo sorrentino guidato da Giacomo dei fratelli quello con il mare nelle vene e la vela come musa - e andare incontro agli umori del mare e a quanto sarà disposto ad offrire quel giorno alla tavola. Al rientro i turisti pranzano con ciò che hanno pescato e solo lo chef riesce a interpretarlo e deliziare i pescatori per un giorno (persino la scontrosa murena si fa irresistibile tirrenica del pescato ma parecchio ardita e d’avanantipasto se trasformata in polpa saporita dentro di Stefania Zolotti guardia nei sapori: pecorino sardo sul pesce e una parmigiana di melanzana in salsa di cappero). Il cellulare di Roberto Poggetti suona in macchina giardiniera di mare. La madre, col sale dentro Dopo sette ore in acqua si torna diversi, meno stabili sulle gambe ma più già alle 4 del mattino mentre mi porta all’asta del anche lei e con uno spirito di saldi nel rispettare questo mepesce di Livorno, dopo aver chiuso il ristorante da impresa femminile raro per quei un paio d’ore. Parte una lunga telefonata con il tempi, già negli anni ’50 aveva stiere, con quei 3 km di reti “In carta saltano suo grossista, gli chiede che pesce ha, com’è, avviato una pizzeria al taglio salpate al giorno e spesso subito all’occhio quanto va al chilo. Domande a cui non pensiamo dove da pioniera accostava i tanto scoramento per la poca mai quando ci sediamo al ristorante e ordiniamo. tranci alle cozze e ai frutti di pesca. Quando il salpareti tira gli accostamenti Anche se da piccoli impariamo quanto siano muti mare. Sono tanti i dettagli ispisu dall’acqua un’aragosta goctra la salinità del i pesci, bastano 24 ore con la famiglia Poggetti, ti- rati alla cucina del fondatore e ciolante, Giacomo la prende tolare del ristorante El Faro a Marina di Cecina, da sempre inseriti come intarsi in mano e, guardandola, mi dimare e la grassezza per capire quanto abbia da dirci il mare e quanta di pregio nei menù del Faro: ci ce: “È troppo piccola, ha bisoo morbidezza fatica se ne vada ogni giorno tra le onde, estate o pensa lo chef calabrese Rosario gno di crescere, deve fare il inverno fa poca differenza. Roberto, laurea in La Rosa, fisso al suo posto da suo ciclo. E poi per ogni piccola dei formaggi” lingue e qualche anno di insegnamento alle spalle, quasi 40 anni senza aver mai aragosta restituita al mare, lui dal 2007 ha preso in mano con il fratello Giacomo tradito la fedeltà a quel progetto ti ricompensa sempre con una la gestione dell’attività messa in piedi dai genitori né la voglia di stare al passo col gusto dei clienti più grande”. All’ultima salpata va proprio così, ne nel ’68, in quello stesso stabilimento balneare e con le più moderne tecniche in cucina. In carta tiriamo su una gigante e il mare resta il vecchio dove cinquanta anni prima il padre Giuliano si saltano subito all’occhio gli accostamenti tra la saggio di sempre - quanta devozione che merita faceva notare per una cucina fedele alla tradizione salinità del mare e la grassezza o morbidezza dei anche se nessun menù ce lo ricorda mai =
Il pesce in tavola non è mai muto
24 Artù ottobre 2016
Storie di successo
The Balcon di Londra: all day dining di Gualtiero Spotti
Con il suo stile metà francese metà inglese, l’hotel londinese si prefigura come destinazione ideale per il segmento di clientela business gourmet. Londra, come sempre, offre un’ampia scelta di hotel in grado di soddisfare l’esigenza di ogni tipo di clientela: da quella che predilige la classicità a quella che invece si muove solo in stanze dove il design la fa da padrone, da quella che sceglie in base alla qualità dei servizi offerti a quella che invece sceglie l’albergo solo per la posizione favorevole e centrale. Diciamo che, se la caratteristiche dominanti devono essere queste, il Sofitel St James (www.sofitelstjames.com), situato tra Green Park, perfino un assaggio della pasticceria francese che Haymarket, Piccadilly e The Mall, si presenta con le rompe un po’ le regole del classico rito anglosassone. carte in regola. Un po’ perché L’ambiente vivace della hall gode della fascinosa austerità viene poi in qualche modo arricdi un palazzo dalla facciata neochito da mostre fotografiche ed “Lo chef di origini classica, che originariamente esposizioni che regolarmente ocneozelandesi, Matt era la sede della Banca Cox’s cupano gli spazi comuni: così and King’s, e un po’ perché si capita, di questi tempi, di muoGreenwood, ha espetrova in un’area a dir poco elitaversi tra i quadri di una mostra rienze internazionali ria. Al punto che gli edifici delchiamata “La Parisienne” che l’intero quartiere sono protetti mette in fila una serie di immagini e predilige una cucina in quanto beni architettonici da iconiche femminili prese a prefusion. Cosa non preservare e con una lunga stito dagli archivi di Paris Match storia alle spalle. L’antico palazzo alle quali si aggiungono scatti comune per un Sofitel” (la cui costruzione risale al messi a disposizione da semplici 1923) è ora un hotel cinque fotografi amatoriali. Inaugurata stelle apprezzato da una clientela variegata, che va in settembre, la mostra si potrà visitare fino a metà dal turista fino al nucleo famigliare e all’uomo di novembre, quando poi si trasferirà in un altro hotel affari che frequenta le non troppo distanti stanze del potere britannico. Discreto quanto basta per accogliere meeting privati e incontri anche informali, il Qui sopra: la facciata esterna del Sofitel London Sofitel St James può contare in questo caso sul Bar St James che si affaccia sulla Waterloo Place. St James, ispirato nell’arredamento dagli appartamenti Qui accanto: Capesante grigliate, tortellini con piselli, parigini di Coco Chanel, oppure per una semplice germogli di pisello e salsa di aragosta. colazione di lavoro o un afternoon tea ci si può Nella pagina a lato: lo chef Matt Greenwood sposta nella Rose lounge, tra scones, sandwiches e del ristornate The Balcon.
26 Artù ottobre 2016
27 ArtĂš ottobre 2016
Storie di successo
della catena Sofitel. Le stanze invece, equamente distribuite tra diverse suite e categoria superior, classic o luxury, scelgono di presentarsi forti di
Qui sopra: due scorci della sala del ristornate The Balcon del St James e il piatto Crème caramel, prugne al Pedro Ximenez e praline di noci pecan.
un’eleganza misurata e ibrida, un po’ anglosassone e un po’ francese, senza eccessi in alcuna direzione, ma con un mix di elementi caldi, rassicuranti e confortevoli. In un hotel dal prestigio evidente, come il St James, non può mancare una cucina di livello. A occuparsene, nella sala chiamata The Balcon e che, come dice il nome, è caratterizzata dalla originale balconata con tanto di scale a chiocciola, è il simpatico cuoco di origini neozelandesi Matt Greenwood. Stazza da ex giocatore di rugby (o da cuoco verrebbe da dire…), si è formato “down under” frequentando anche le cucine dei cugini australiani a Melbourne e a Sydney prima di arrivare a Londra nove anni fa. Nell’ultimo decennio è passato attraverso i ristoranti Caravan in Exmouth Market e King’s Cross, e al Blixen nel vecchio mercato Spitalfields, in un locale più vicino alla tipologia della brasserie. Dal dicembre dello scorso anno poi, Matt Greenwood si è trasferito al The Balcon occupandosi della ristorazione dell’intero
28 Artù ottobre 2016
hotel, anche se è nel menu del ristorante principale che si vede la versatilità del cuoco e la passione per una certa cucina d’impronta fusion, che ama spaziare tra più stili e prodotti, mixandoli. Senza però venire meno a una delle caratteristiche che Matt predilige, ovvero la freschezza della materia prima, che si deve avvertire sempre al palato. Nel menu del The Balcon, un ristorante che lavora come “all-day dining”, si trovano prodotti di varia origine (anche italiani, vedi ad esempio la burrata…) e basi di tecniche francesi molto evidenti, mediate dalla scelta di rappresentare un mondo gastronomico piuttosto vasto. Piace l’interpretazione un po’ decisa
dei piatti che non stona quando si passa dallo Sgombro grigliato con puré di scalogno e insalata wakame al curioso Foie gras con pak choi, cocco, aglio nero e salsa di ostrica fino alle carni che offrono ampia scelta per stomaci forti, dall’Agnello arrosto con melanzane, fagiolini e una zuppa miso, alla Pancia di maiale con patate dolci e purè di mela cotogna. Per quanto riguarda i dolci invece si gioca un po’ di più con i classici conosciuti a tutti, dalla Pannacotta allo yoghurt con lamponi, alla Mousse di cioccolato con caramello, popcorn e mandarino. Decisamente più interessante e originale è lo Sponge al pistacchio con fragole, melograno e gelatina al basilico. La carta dei vini presenta bottiglie di qualche pregio e, tralasciando invece gli sparkling wines inglesi, si può puntare l’attenzione verso etichette del Nuovo Mondo, oppure scegliere, come avviene spesso di questi tempi, di pasteggiare con dei cocktail. Magari seguendo le indicazioni del sommelier di sala. Tra i più intriganti ci sono il Fantasia, non alcolico con guava, mela, rosmarino e lemon curd, oppure il Cristo Redentor, perfetto per
celebrare il Brasile e le recenti Olimpiadi, con Cachaca, uno sciroppo di fave tonka brasiliane, latte e latte di cocco e Koko Kanu, un rum aromatizzato al cocco. Gli amanti del gin e dei sapori più forti possono invece ordinare un Tejo Mahalaya, una micidiale bevanda a base di Bombay, sciroppo di curry e zenzero, succo di limone, the Darjeeling e cardamomo =
29 Artù ottobre 2016
In alto: Trota affumicata a caldo, ravanello, gelatina di mela e panna acida. Qui sopra: l’elegante portone d’ingresso del ristorante The Balcon del St James, la lobby e il St James Bar.
Dal 2016 una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Firenze, Verona, Venezia e nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera. SEGUITECI ANCHE ON AIR
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Chef patron sorrentino nel relais bergamasco 32 ArtĂš ottobre 2016
Storie di successo
Mei, e che ora invece funziona a pieno ritmo grazie all’impegno e alla passione di Umberto De Martino e della sua compagna Monia, la coppia che ha tolto Florian Maison, ristorante la polvere alle stanze e al ristorante. Il luogo è di con camere, rilancia l’offerta quelli che affascinano e che ricordano il classico piccolo hotel di charme (ci sono solo sei camere con una gestione giovane ben arredate) dove la cucina ha però sempre un e determinata, in un ambiente ruolo importante. Non è un caso che proprio quefascinoso. st’anno il Florian Maison sia stato inserito tra gli indirizzi italiani della guida arancione Chateaux ColSono pochi i ristoranti in provincia di Bergamo che lection (che ha come patron un certo Alain Ducasmettono in fila un’esperienza completa. Che va dal se…) e abbia visto, di conseguenza, accrescere in breve tempo le presenze di ospiti pernottamento in stanze eleganti internazionali, soprattutto di spone raffinate, al gusto di una cucina “Umberto De Martino, da francese. Per certi versi tutto vivace e di piena soddisfazione; questo è unicamente merito dalla sosta rilassante per un con la compagna delle caratteristiche del piccolo aperitivo in terrazza (con vista resort, il quale risulta essere piasulle colline e sulla pianura cir- Monia, propone menù cevolmente appartato, rilassante costante) alla celebrazione di semplici e raffinati, e con lo stile di una conduzione un evento o di un matrimonio che ben si adattano molto familiare, dove l’ospite è nel migliore dei modi. Tutto accolto come se fosse a casa questo lo si incontra facendo all’atmosfera sua, pur con gli standard qualiuna piccola deviazione dalla stradel luogo” tativi di un hotel capace di offrire da che dal capoluogo di provincia i migliori comfort in circolazione. porta verso il lago d’Endine, alIl cuoco, Umberto De Martino, l’altezza del borgo di San Paolo d’Argon. Qui, a mezza collina e un po’ nascosto, ben di origini sorrentine, ha un background che lo ha lontano dal viavai della Statale, rivive dopo alcuni visto in passato frequentare i ristoranti della costiera anni di oblio il Florian Maison (www.florianmaison.it), ristorante con camere che qualche stagione fa aveva provato a giocare le sue carte (ma solo per qualche In alto: lo chef Umberto De Martino mese, e senza troppa fortuna) con l’apertura ufficiale e l’esterno del ristorante Florian Maison. affidata a un cuoco cresciuto alla corte di Sergio A lato: Seppia alla piastra, piselli e lardo. di Gualtiero Spotti
33 Artù ottobre 2016
Storie di successo
Sotto: Battuta di fassona “Selezione Cazzamali”, ovetto di quaglia e asparagi e l’elegante Suite Gourmand dalle tonalità dei sabbia, del giallo e del nocciola. A lato: una suggestiva immagine del ristorante. In basso: Catalana di pesci e crostacei.
(anche quelli stellati) e poi concedersi alcune divagazioni estere soprattutto in Germania. Una volta tornato in patria, però, è passato attraverso diverse cucine del Nord Italia, tra cui quella di Castello Malvezzi a Brescia, del ristorante La Lepre a Desenzano del Garda e, più recentemente, in quella del Ducale nella Città Alta di Bergamo. Una serie di tappe da valutare come intermedie e tutto sommato di breve durata, ma che lo hanno condotto nei tempi giusti all’avventura impegnativa del Florian Maison, iniziata quasi due anni fa, e capitata come la migliore delle opportunità per mettere a frutto le esperienze passate, per crescere ulteriormente mostrando nel piatto un maggior rigore e una mano più personale. Approfittando infine, e come detto, delle caratteristiche della nuova struttura, che concede spazi e possibilità più ampie per chi vuole mettersi in gioco tra momenti che esulano dal canonico servizio del ristorante risultando ben più impegnativi, come nel caso dell’or-
ganizzazione dei matrimoni. Lo stile della cucina inevitabilmente passa attraverso le origini del cuoco, e quindi è ben rappresentato il Mediterraneo con la materia prima che arriva quasi tutta dal mare, con i sapori e i colori del Sud, anche se non mancano fonti di ispirazione prese a prestito dalla cucina regionale e dalla Lombardia, oppure sviluppate dalle idee costruite con la complicità di buone amicizie e con altri cuochi che sono già transitati dal Florian Maison e sono diventati, strada facendo, una stimolante palestra di confronto. Qui, nel giro di un anno, sono passati a cucinare per serate a quattro mani Domenico Iavarone, Walter Ferretto, Marcello Trentini, Damiano Nigro, Vincenzo Guarino e tanti altri, in attesa delle due date future (quelle del 20 ottobre e del 7 novembre) che vedranno protagonisti rispettivamente Marco Sacco del Piccolo Lago e il bretone Philippe Leveillé del Miramonti l’Altro, due bistellati di assoluto pregio. Ed è questo un ulteriore segnale della volontà di offrire occasioni di incontro, di voler rendere unica l’esperienza al ristorante anche grazie alla presenza di ospiti ben noti. Come se ce ne fosse bisogno, verrebbe da dire, visto che al Florian
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Qui sopra: Agnolotti ripieni di fave, crema di cozze e bottarga. A lato: la vista dalle ampie vetrate su San Paolo d’Argon. Sotto: Lingotto di maialino da latte cotto morbido, mela e birra.
al tempo stesso si preoccupano di rimandare a prodotti e tradizioni geograficamente molto lontani. La carta dei vini rivela etichette tutt’altro che trascurabili, ma anche qui si va di pari passo con la conMaison l’accoglienza è sempre di primo livello, e la cretezza. Non c’è mai la volontà di fare il passo più cucina offre certezze incrollabili oltre al piacere della lungo della gamba e le scelte sono invece dettate scoperta unita alla classicità, senza troppe sorprese dall’oculatezza senza voler riempire la cantina a e modernismi nel piatto. Qualche esempio? In carta tutti i costi con i nomi che contano e che è facile si trovano le lumache al peperoncino con lattuga e trovare nella maggior parte dei ristoranti. Certo, non salsa alla puttanesca, le Animelle al burro d’alpeggio manca qualche bottiglia locale di Valcalepio e di Moscato di Scanzo, che rimangono i nomi su cui puntare se si vuole rappresentare l’enologia provinciale. Poi ci sono le stanze, sei in tutto, tre delle quali completate di recente e che hanno come pregio indiscutibile, oltre alle finiture e ai complementi d’arredo ricercati, il piacere di poter vivere una sosta in totale tranquillità, al punto che per godere al meglio delle caratteristiche del luogo è vivamente consigliata una passeggiata tra le colline circostanti, osservando vigne, cascine e boschi. Il Florian Maison si pone, nelle ultime due annate, come una delle novità più interessanti e piacevoli non solo della provincia orobica, perché è davvero difficile pensare, guardandosi intorno, ad altre strutture così complete e accoglienti. L’estate e il clima caldo sono ormai distanti qualche con bietole e liquerizia, la Seppia alla piastra con settimana, ma è ancora vivo nella memoria il lardo, piselli e aceto balsamico, o il Rombo con pe- piacevole ricordo di aver consumato un pasto nella peroni del Piquillo, menta e briciole di tarallo. In un fresca terrazza esterna che volge il suo sguardo originale incrocio di sapori che richiamano certamente verso il vicino convento e una parte del bosco che il Sud in quasi tutta la lunghezza del menu, ma che circonda l’hotel su tre lati =
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Focus food
Fullmoon party, l’Istria che non ti aspetti di Alessandro Luongo
Una festa romantica nella perla della penisola istriana, Rovigno. E, soprattutto, l’occasione per gustare prelibate specialità internazionali. Vino e cibo istriani (di parte croata e slovena), e alcune eccellenze nostrane, del Veneto e Friuli. White Sheep Event, società triestina guidata da Rosanna Bettini e Francesco Razzetti, promuove (da un decennio) solo prodotti agroalimentari di qualità con eventi mirati. E ha così organizzato lo scorso 19 luglio il Fullmoon party al Mulini Beach. Una delle più belle spiagge, che dal 2014 è stata rimessa a nuovo da Maistra, fra le maggiori aziende turistiche della Croazia, proprietaria dell’omonimo hotel 5 stelle, che domina il luccicante lido. La seconda volta consecutiva in questa splendida località (fra le mete turistiche più ambite), è anche la nona edizione di un format di successo. Un party glamour, con tante attrazioni (fra cui il più piccolo yacht del mondo, il nuovo modello della 500 Riva) con musica dal vivo e la presentazione di delizie dagli stessi produttori presenti. Mate e Cadenela per l’olio extravergine; Kumparicˇka per la selezione di formaggi di capra; Cromaris con il suo pesce bianco di qualità; e poi numerosi viticoltori. Castello di Spessa (con un Collio strepitoso), Colja, Clai, Coronica, Denis Montanar, Fakin, Maeli, Marco Felluga, Novacco, Piera Martellozzo, Rodaro, Roxanic, Agroprodukt, Vigna di Sarah, Movia. All’entrata si capisce che si fa sul serio, con l’assaggio delle ostriche selvatiche istriane distribuite dall’azienda Jolanda del Colò. E poi il frizzante Tomaž Kavcic, titolare del ristorante Gostilna Pri Lojzetu a Dvorec Zemonow, in Slovenia, a preparare, confezionare e appendere al suo banco gustosi mini panini di oliva e paté d’oliva. Marina Gaši, del ristorante Marina di Cittanova, ha offerto polpette di branzino in salsa di patate viola. Fra le presenze nostrane, Elisa Dilavanzo, socia dell’azienda Maeli
sui Colli Euganei (Padova) con i fratelli Gianluca e Desiderio Bisol, ha “sfoggiato” due bottiglie di Magnum: un Moscato giallo 100% Brut nature 2014 metodo classico, da terreno vulcanico, il “Dilà”; e il “Surlei”, moscato giallo del 2015 rifermentato in bottiglia secondo il metodo ancestrale, che prevede l’utilizzo del mosto In questa pagina: il nuovo modello della 500 Riva, di partenza che innesca la seconda fermentazione. la selezione di formaggi di capra Kumparicˇka Le vigne di Zamò hanno lanciato poi il No name, e l’assaggio delle ostriche selvatiche istriane. un gran vino bianco che nascerebbe come Tocai e che non e appetizer sono stati preparati vuole chiamarsi “Friulano”; da da Teo Fernetich (proprietario “Il successo qui il gioco di parole, appunto. ristorante hotel San Rocco dell’evento Fullmoon del A testimoniare il successo stodi Verteneglio) e presidente rico dell’enologia istriana, la dell’associazione Jeunes Reparty, a Rovigno, è presenza del Terrano 2015 della d’Europe, affiancato merito anche di Maistra, staurateurs cantina Veralda di Luciano Viper l’occasione dal rappresensintin presso Verteneglio, giuditante sloveno, Jure Tomicˇ, del fra le maggiori cato il miglior monovitigno a ristorante Debeluh di Brežice, aziende turistiche bacca rossa del mondo al Detitolare in carica del premio canter World Wine Awards di mondiale Pasta Barilla. In campo della Croazia” Londra, la competizione top di sono scesi tutti gli chef dei rivini a livello planetario. Presente storanti Maistra: Andy Gaskin anche Riccardo Illy, nei panni di “vignaiolo” con executive, Marin Kocijan, Nikola Hrelja. Fra le novità l’azienda di Montalcino Mastrojanni, mentre Cristina del 2016 l’azienda Irinox, produttrice di “Fresco”, Nonino ha animato l’omonimo cocktail bar. Piatti piccolo e compatto abbattitore casalingo, e la nota
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Alessi, per l’arte della tavola. Lo staff Maistra, alla reception, in sala, in spiaggia, è stato vestito da Salt, giovane azienda del fashion italiano, con sede a Rovigno, condotta dal brillante Luca Franchini. Il successo del Fullmoon party - che sarà tenuto ancora a Rovigno nel luglio prossimo per la decima edizione - è merito anche di Maistra, fra le maggiori aziende turistiche della Croazia, capitanata da Tomislav Popovic, nata nel 2005 dalla fusione di due imprese del settore che vantano 50 anni di
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esperienza e proprietaria di campeggi, villaggi e alberghi. Su Rovigno ha investito molto ricostruendo proprio il Monte Mulini da zero, nel 2009: un 5
In questa pagina, in alto una suggestiva immagine della festa, qui sopra Elisa Dilavanzo, socia dell’azienda Maeli con le bottiglie Magnum di Moscato e qui a lato Tomaž Kavcic, titolare del ristorante Gostilna Pri Lojzetu a Dvorec Zemonow, in Slovenia.
Focus food
stelle (fa parte dei Leading hotels of the world) con 99 camere e 13 suites. E rimodernando l’arredo urbano e il tratto di spiaggia che vanno dal vicino Hotel Lone (sorto anch’esso da zero, nel 2011, unico “Design hotels of the world” nel paese) fino alla Marina, dove si trova un altro hotel di proprietà della Maistra, l’Hotel Park. Quello con la posizione migliore, con vista sulla baia e sulla città vecchia e l’isola di Santa Caterina, e che sarà demolito entro fine anno e ricostruito per il 2018. L’hotel più antico della perla istriana è però l’Adriatic, 4 stelle, 18 camere arredate con oltre 100 quadri di artisti di tutta Europa; sorto 102 anni fa, in pieno centro storico, è stato riaperto nella sua veste moderna come “boutique art hotel” nel luglio dell’anno scorso. Vanta una bottiglieria di oltre 100 marche di whisky provenienti da ogni parte del mondo. Tornando alle eccellenze enogastronomiche che hanno animato “La festa della luna piena”, vale la pena fare una tappa al ristorante Kantinoo, sempre del gruppo Maistra, in centro, per gustare (al di fuori del circuito dei ristoranti turistici) le vere specialità istriane. Come i “cicchetti”, ad esempio, una sorta di tapas conditi con baccalà, sardine, salsiccia istriana, oppure l’orzo con seppia. Entrambi piatti della tradizione locale, che le signore del posto erano solite cucinare a casa =
In alto: degustazione di liquori, un vassoio di polpette di branzino in salsa di patate viola, Riccardo Illy con la moglie Rossana Bettini e il cocktail bar di Grappa Nonino.
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Focus food
Barcellona 2016. Il Forum cresce di Gualtiero Spotti
Nato nel 1999 il Forum Gastronomico dimostra negli anni di diventare sempre più grande e ricco, riferimento per una cucina d’avanguardia. Non è ancora maggiorenne, ma non manca molto. Il Forum gastronomico (www.forumgastronomicbarcelona.com), nato nel 1999 nella cittadina di Vic, in Catalogna, è a pieno titolo uno dei precursori tra i festival dedicati al mondo del food e della ristorazione, soprattutto quella d’avanguardia. Nel corso degli anni è cresciuto di pari passo con l’ondata di cuochi iberici formatisi sotto l’ala di Ferran Adrià, e in seguito, grazie al vivace sostegno dei fratelli Roca, soprattutto quando, nel 2007, ha visto prendere forma la prima edizione del Forum a Girona, proprio a casa della famiglia di ristoratori che sarebbe salita fino ai gradini più alti del 50 Best. Da quell’edizione l’evento ha acquisito una forma quasi itinerante, con l’espansione (e le fiere) a Santiago de Compostela, a La Coruna, e buon ultima a Barcellona. Qui sopra: gli chef Sergio e Javier Torres del Dos Cielos, In quella che forse è la sede più adatta, e commerBarcellona (una stella Michelin) e lo chef Joan Roca cialmente più appetibile, anche per una clientela indel Celler de Can Roca, Girona (tre stelle Michelin). ternazionale. Così dal 23 al 26 ottobre prossimo la città di Gaudì ospiterà la sua seconda edizione presso la Fira de Barcelona Gran Via, tra workshop, Yann Couvreur. Come sempre non mancherà un stand di novità, degustazioni e incontri con personaggi grande spazio espositivo per entrare in contatto con che animano il mondo della gai produttori, alcuni dei quali prestronomia. Nella passata edizione senti con prodotti innovativi e a Girona, nel 2015, si sono visti che hanno fatto parlare già dalle “Il Forum rimane Ricard Camarena, Jordì Roca, precedenti edizioni del Forum. un po’ esposizione Carles Tejedor, Dani Garcia e A Girona, nel 2015, uno dei più Paco Perez (tra gli ospiti italiani visitati è stato sicuramente quello artigianale e un po’ c’erano invece Alessandro Negrini del Plancton marino che ha porsalone per professionisti, tato all’attenzione degli addetti e Fabio Pisani di Aimo e Nadia), mentre quest’anno agli spagnoli ai lavori le qualità naturali e miun ibrido che vuole si aggiungerà una star come nerali (oltre che l’applicazione essere un evento Gaggan Anand, direttamente da in diversi piatti) delle microalghe, Bangkok, e pasticceri di fama ma hanno attirato l’attenzione appetibile per tutti” del calibro di Nina Tarasova e anche gli hamburger senza solfiti
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e allergenici di Natrus o i salumi della casa Riera Ordeix oltre ai molti piccoli produttori, perlopiù presenti nell’area geografica catalana, che trovano in questa fiera l’occasione perfetta per uscire dal proprio orticello e proporsi a una clientela più vasta, anche quando, magari, la produzione è decisamente limitata. In fin dei conti il Forum rimane un po’ esposizione artigianale e un po’ salone per professionisti, cioè un ibrido che vuole essere un evento appetibile per tutti, per chi acquista così come per chi vuole trascorrere una giornata divertente andando alla scoperta di nuovi prodotti. Poi qua e là fuoriesce anche l’aspetto didattico rivolto ai più giovani, visto che nell’edizione 2015 si sono visti girare per gli stand molti alunni delle scuole, che venivano coinvolti in visite guidate e che partecipavano ai workshop. Ed è questa una strategia vincente per porre le basi di future generazioni cresciute nell’attenzione di tutto ciò che gravita intorno al mondo dell’alimentazione, spesso dando il giusto spazio ai temi della sostenibilità e dell’ambiente. È inevitabile poi che l’evento, spostatosi in questa edizione di ottobre nel capoluogo catalano, sia diventato sempre più grande e ricco di incontri a più livelli. Ancor più pensando che, tra le altre cose, entra a far parte dell’imponente macchina organizzativa della Barcellona Hosting Week, che vede altre due fiere come protagoniste, la Hostelco, una piattaforma per conoscere tutte le innovazioni del settore food, e il Congresso Restauracion Colectiva: due eventi che coinvolgono l’intero mondo Horeca. Una dimostrazione di come ancora oggi, nonostante i cambi di direzione, i nuovi mercati, l’attenzione verso il mondo nordico e le tendenze destinate a durare a volte lo spazio di una stagione, la Spagna rimanga un punto di riferimento importante per chi ricerca innovazione e vuole muoversi all’interno della cucina d’avanguardia =
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Qui sopra: gli chef Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas del Disfrutar, Barcellona (una stella Michelin) e lo chef Paco Pérez del Miramar, Llançà (due stelle Michelin). Nelle foto al centro: una panoramica del forum gastronomico di Girona.
Focus food
AHDB Beef&Lamb, dal West Country la “carne perfetta” di Elisa Facchetti
Un viaggio alla scoperta della carne inglese e dei suoi allevamenti migliori è stato anche l’occasione per gustare le ricette dello chef Simone Rugiati. Il DEFRA (Department for Environment, Food and Rural Affairs), il dipartimento del Governo inglese che si occupa dell’ambiente, delle politiche agricole, alimentari e rurali, ha formalmente annunciato il riconoscimento Igp per il West Country Beef e per il West Country Lamb, due fra i più rappresentativi prodotti di tutto il settore zootecnico inglese. L'area geografica di produzione di queste carni è rappresentata da sei contee nel Sud Ovest del Paese: Cornovaglia, Devon, Dorset, Gloucestershire, Somerset e Wiltshire, che insieme formano la regione West Country dell'Inghilterra. Ed è proprio nel West Country che AHDB Beef&Lamb, divisione di Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB), ente sere marchiato Igp deve nascere ed essere allevato britannico non governativo per il sostengo e lo svi- solo nelle aziende agricole all'interno di questa reluppo dell’industria agroalimentare, ha organizzato gione. La dieta di bovini e ovini West Country è preun viaggio per un ristrettissimo valentemente a base di erba, gruppo di giornalisti e testate con alimentazione supplemen“Gli allevamenti tra cui era presente anche Artù. tare di provenienza locale quanL’obiettivo è stato quello di fornecessario: questo sistema bovini e ovini inglesi do nire uno spaccato reale sugli è l’unico riconosciuto e usato del West Country allevamenti inglesi di carne boin tutta la produzione. Non viene vina e ovina e illustrare ciò che utilizzato un sistema di alimenrappresentano fa della carne inglese un protazione intensivo e gli animali l’emblema della dotto speciale, alla scoperta non vengono alimentati con proanche delle tradizioni, usi e codotti di scarto e il bestiame qualità del settore viene lasciato libero al pascolo stumi di questa parte d’Inghilzootecnico inglese” durante l'estate, da aprile fino terra. Alla presenza di Jeff Martin, a novembre. Le aziende agricole responsabile AHDB per il merche si trovano in quest’area procato italiano, sono stati chiariti e puntualizzati alcuni cardini che hanno portato al ducono circa il 24% della carne bovina e circa il riconoscimento del marchio Igp: il bestiame per es- 21% della carne ovina di tutta l’Inghilterra, un’attività
42 Artù ottobre 2016
Nella pagina accanto: Costine di agnello panate ai pistacchi su triplo purè ristretto di vino rosso ai tre pepi. In questa pagina: lo chef Simone Rugiati e alcuni bovini del West Country. Sotto: Cube roll rosato a 62° con caponatina di verdure al forno caramellate al miele e senape.
che ha contribuito a mantenere vivo il paesaggio e il patrimonio naturale della zona. Il viaggio è stata anche l’occasione per visitare due allevamenti: la fattoria di Ed Green nel Somerset e il suo allevamento bovino “on grass” e la fattoria di Philip Derryman e l’allevamento dei suoi agnelli. Ed Green, Presidente della South West Association, l’organizzazione che ha richiesto e ottenuto l’IGP per le carni bovine ovine del West Country, il West Country Beef IGP e il West Country Lamb IGP, rappresenta la quinta generazione che lavora in
queste terre nei pressi delle colline del Mendip. La tradizione dell’allevamento di carne bovina e ovina è infatti secolare e le tecniche di allevamento si tramandano da generazione in generazione, oggi affiancate da un’industria all’avanguardia che garantisce controlli su tutta la filiera per offrire una carne dalle ottime qualità organolettiche. Ma anche dal sapore unico. A dimostrarlo lo chef Simone Rugiati, che ha preparato alcune sfiziose ricette durante il viaggio organizzato da AHDB: Costine di agnello panate ai pistacchi su triplo purè
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ristretto di vino rosso ai tre pepi e Cube roll rosato a 62° con "caponatina" di verdure al forno caramellate al miele e senape. Il video delle due ricette create da Simone Rugiati per l’occasione è online sul sito www.carneperfetta.it e sulla pagina Facebook AHDB Italia: lo chef non solo spiega passo a passo i piatti creati per i consumatori italiani, ma introduce gli utenti alla scoperta degli allevamenti bovini e ovini inglesi, nello specifico quelli del West Country, scelti come emblema della qualità del settore zootecnico inglese =
Focus food
di Elisa Facchetti
Fervono i preparativi per la seconda edizione del salone dedicato ai professionisti del mondo del food. Tra nuovi spazi, temi e interpreti d’eccellenza.
Dal 13 al 15 novembre il Lingotto Fiere di Torino ospiterà la seconda edizione di Gourmet Expoforum, evento dedicato ai professionisti del settore Ho.re.ca. e Food & Beverage. Nato dalla collaborazione tra GL events Italia, filiale italiana del player mondiale nell’organizzazione di eventi, tra cui Sirha Lyon e Bocuse d’Or, e Gambero Rosso, quest’anno il progetto prevede un layout rinnovato con uno spazio espositivo ampliato e un percorso suddiviso in
A Torino si parla di food con Gourmet Expoforum cinque settori merceologici. Fugestori e proprietari di ristoranti, turo e innovazione saranno le “Futuro e innovazione hotel, bar e pub, pasticcerie e parole chiave della fiera che, panetterie, oltre 220 aziende e saranno le parole da quest’anno con cadenza bienpiù di 100 eventi. Anche quenale negli anni pari, vuole porsi chiave della fiera che st’anno è atteso un grande pubcome luogo privilegiato di scamblico di professionisti e numerosi vuole porsi come bio, confronto e approfondimento importanti ospiti a cui saranno per gli operatori del settore enoaffiancati giovani imprenditori luogo privilegiato gastronomico. Spazio poi ai gioche hanno deciso di investire di scambio per gli vani imprenditori a cui saranno nell’apertura di una nuova attidedicati forum, convegni e work- operatori del settore” vità. Tra le conferme: Davide Olshop e un’area, ampliata, per dani con Il nuovo modello Oldani; promuovere start up tecnologiGabriele Bonci con Il pane; che. Dettagliata e ben organizzata, la parte espositiva Iginio Massari con “La nascita di un dolce. Dalla si articola in diverse aree specifiche: un’area è dedi- progettazione alla realizzazione”; Igles Corelli con cata alle attrezzature, forniture, arredi e complementi La cucina circolare; Max Mariola con Lo street food d’arredo; spazio poi al beverage (acqua, vino, birra, d’autore; Massimo D’Addezio con Workshop sul liquori, bevande) e food (con particolare attenzione Food paring e nell’Area Mixology; Dario Laurenzi a pane, pasta, pizza), alla comunicazione, servizi, con Progettare e gestire un ristorante di successo; start up, enti ed editoria e un ultimo spazio dedicato iFood con “I nuovi linguaggi del cibo tra blogging e a caffè, macchine da caffè, tè, pasticceria e gelateria. social media. Come raccontare il prodotto attraverso La scorsa edizione il Lingotto Fiere di Torino aveva l’esperienza”. Il programma può essere consultato ospitato oltre 8.000 visitatori professionali, tra chef, sul sito www.gourmetforum.it =
44 Artù ottobre 2016
Focus food
Riapre Grotto Pojana sul Lago di Lugano Pojana lo abbiamo potuto vedere nella sua bellezza esterna ed interna, lo scorso mese di giugno, per il taglio del nastro alla presenza di circa 300 perUn’istituzione per il Canton sone e autorità locali. Il ristorante, arricchito da Ticino, meta di clientela una splendida terrazza con alcuni tavoli per pranzare e spazi verdi, si potrà anche utilizzare gourmet anche dall’Italia. per eventi e/o aperitivi. Appena varcato l’ingresso C’era una volta… nella splendida cornice del lago troviamo una vetrina inserita in un bel mobile modi Lugano, ai piedi del Monte San Giorgio, il derno, dove il pescato invita al convivio, anche Grotto Pojana, ritrovo ideale per gustare i piatti perché, girato appena lo sguardo, si possono della tradizione gastronomica ticinese: salumi, vedere i cuochi al lavoro nella cucina a vista. Poi formaggini, risotti, gnocchi, pesci di lago (i pescitt, ecco la prima sala da pranzo, contigua al bar di o arborelle), carne e funghi sono solo alcuni dei servizio con soffitto di mattoni a volte, così come piatti che non mancano mai nelle carte della ri- pure è la cantina scavata a ridosso montagna, che può ospitare degustazioni storazione tipica. Questo posto grazie ad un arredamento stuera sino a meno di due anni diato nei minimi particolari. Lo fa uno dei più importanti ritrovi “Materie prime stile moderno che si riallaccia, dei ticinesi e non solo. Oggi, a locali e di tradizione rivisitandola, alla tradizione delchi arriva nell’ampio parcheggio le pescherie, gioca sempre sul o per chi attracca ai due piccoli per un locale che cromatismo di migliaia di piamoli, il nuovo “Porto Pojana vede alla guida strelle del tutto Ristorante Terminus” (www.porparticolari che ritopojana.ch) appare in tutta della cucina del coprono le parela sua ritrovata e colorata fiePorto Pojana lo chef ti, e che mutano rezza. Riaperto dopo un anno man mano che di lavori, si presenta moderno, Andrea Levratto” si sale al seconelegante, accogliente: sicuro do piano: la sala rifugio dei wine lover a caccia di emozioni gourmet. Il restauro dell’antico edificio, con caminetto a vista, tavoli rotondi è opera dello studio di architettura Gaffurini finemente apparecchiati, grande taPagani Tresoldi associati. Sulla base di alcuni ca- volo ovale con divanetto per 10 perratteri particolari esistenti è stato sviluppato un sone, le ampie vetrate che aprono progetto che ha saputo rispettare la vecchia lo sguardo sul lago, accompagnano struttura cercando al contempo di ricreare un’ar- il cliente a gustare in assoluto relax monia tra i diversi corpi di quello che può essere i piatti migliori anche nella successiva definito un piccolo borgo. Sin dall’inizio, la proprietà saletta con tavoli rotondi e divani ha voluto al proprio fianco uno chef di provata in stoffa. Un’atmosfera ovattata che esperienza che potesse fungere da consulente in si ritrova anche nella sala fumatori, ogni fase e dettaglio della progettazione: Andrea con caminetto e divani in pelle dove abbinare un Levratto, che ha ereditato la passione per la buon sigaro a un distillato. Sfogliando la Cartacucina dai genitori e con esperienze a St. Moritz, Menù troviamo un detto di Gualtiero Marchesi: Da Candida a Campione d’Italia, da Cipriani a “La cucina è di per sé scienza; sta al cuoco farla Londra, al Billionaire di Porto Cervo e, per ultimo, diventare Arte”. Queste le offerte di apertura per ha avuto il merito dell’apertura del ristorante Me- chi ama i pesci: Crudité; Coquillage; Antipasti: un tamorphosis in Lugano Paradiso. Il nuovo Porto esempio, polpo croccante su crema di cannellini di Rocco Lettieri
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e verdure. A seguire cinque primi piatti tra cui Spaghetti di Gragnano alle vongole veraci; quattro i secondi piatti da Frs. 33,00 a 39,00. Pesci del giorno, per un minimo due persone: Frs. 52,00 p.p. E ancora Crostacei grigliati e fritture di lago e di mare. Per desidera altri piatti non di pesce i prezzi sono molto più contenuti: tre antipasti; tre
primi; due secondi. Chiudono l’offerta il plateau di cinque formaggi con mostarde, miele e confetture e ben otto dessert, tutti ben invitanti. La “carta dei vini” è stata affidata al sommelier Alessandro Silva, che dà spazio naturalmente ai grandi vini ticinesi, ma non mancano etichette italiane, francesi e internazionali. La carta prende forma dal sapiente accostamento tra tradizione e innovazione per dar vita a nuovi ed emozionanti sapori per giusti “sposalizi”. In sala il mâitre Claudio Cremona. A piano terra, al secondo e terzo piano, ci sono camere duplex e appartamenti, per fare del Porto Pojana un’oasi dai gusti mediterranei. I nomi delle cinque camere sono strettamente ticinesi:
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Dall’alto in senso orario: la sala da pranzo, l’agnello con verdurine, un piatto di antipasti, gamberi di Mazara su letto di vegetali, lo chef Andrea Levratto, merluzzo in foglia di spinacio, risotto con triglia e il taglio nastro con il sindaco.
Maroggia, Morcote, Bissone, Melide, Lugano e Paradiso. Prezzo per una notte di quest’ultimo appartamento in mansarda di 111 mq Frs. 170: grande soggiorno e divano letto; due comodi balconi vista lago; camera matrimoniale con bagno padronale e balcone privato; camera con letto a una piazza e mezza; bagno con doccia. Le camere, disponibili dal 1° di Settembre, sono già prenotate da tempo. La vista è esclusiva e i costi sono davvero molto contenuti, se facciamo un confronto “svizzero” =
Focus food
Da sinistra: Elton John al piano, Beppe Severgnini e Ampelio Bucci con Ian D'Agata.
ritrova ogni anno a Barolo per associare alla grande musica e alla letteratura internazionale i grandi vini e i grandi prodotti della cucina piemontese e italiana, persone desiderose di informarsi, incontrare direttamente i produttori che vengono da tutte le regioni d’Italia. Molti gli stand regionali dedicati alle eccellenze della cucina italiana (uno per tutti, quello di Mario Fongo, il produttore di grissini artigianali di fama internazionale) dove i cuochi e i produttori hanno incontrato il loro auto sino a circa 6-8 km in posteggi autorizzati pubblico declinando la loro sapienza in chiave di R.L. e poi portati sul posto con bus e navette continue. street food. Una manifestazione pensata anche L’ottava edizione di Collisioni Basta dare solo un indizio: il 15 sera, in Piazza per i giovani curiosi di conoscere e di sperimentare Rossa, ha suonato e cantato Elton John, nella nuovi approcci al cibo e al vino. Tra i più acclamati ha fatto registrare 100.000 sua unica tappa italiana del ospiti Beppe Severgnini che presenze, conferma della suo tour mondiale. Circa ha presentato due suoi libri di 30.000 i presenti affollati su viaggio. Edizione speciale que“Ogni anno formula vincente “Agrirock”. ogni spigolo per poter meglio sta anche per la presenza del Agrirock-Collisioni wine writer di vini italiani forse Sapete quante piazze ha Barolo? Quattro e tutte vedere. Elton John ha cantato più famoso al mondo, Antonio abbastanza grandi per la manifestazione Collisioni anche per Nizza (dove ha una riunisce la musica e (Festival dell’Agrirock). Per l’evento, le quattro sua casa) e al pubblico prepresidente e direttore la letteratura ai grandi Galloni, piazze di Barolo sono state denominate: Rossa, sente ha detto che: “Noi cregenerale di Vinous, e il braccio Blu, Rosa e Verde. Ogni piazza ha avuto, dal 14 diamo nell’amore e nella spedestro dello stesso Galloni, vini e prodotti della al 18 Luglio scorso, un festival diverso. Punto di ranza. Voglio dedicare questa Ian D’Agata, direttore creativo cucina piemontese incontro tra grandi nomi provenienti da tutto il serata a tutte le vittime dell’atto del Progetto Vino, anche redatmondo in un intreccio di arte, vino, cibo, letteratura, barbarico compiuto a Nizza e tore di Vinous. Molte le persoe italiana” musica, cinema, degustazioni. Il tutto sotto la alla Francia. Dedico Don’t Let nalità mondiali del campo enoregia di Filippo Taricco, anche direttore artistico. the Sun Go Down on Me a logico: Jacky Rigaux, editore e Nato nel 2009, l’evento Collisioni si è svolto con tutta la Francia, in ricordo”. E su questa stessa scrittore, Aubert de Villaine, comproprietario del una folla incontenibile che ha occupato la città piazza sono passati: i Modà, Marco Mengoni, i Xy- Domaine de la Romanée Conti, Christine Vernay dalle prime ore del mattino. Almeno 20.000 per- laroo, Mika, i Negramaro e altri nomi eccellenti. proprietaria del Domaine Georges Vernay, massima sone al giorno che hanno dovuto posteggiare le Agrirock-Collisioni è una marea umana che si esperta mondiale di Condrieu =
Collisioni a Barolo Grande successo
48 Artù ottobre 2016
50 ArtĂš ottobre 2016
Focus wine
Tenuta Ritterhof, grande restyling del territorio, amanti dei vini autoctoni ma anche consumatori disposti a misurarsi con uno stile capace di declinarsi su più livelli. Caratteristica, Tradizione e territorio sono questa, molto apprezzata dalla ristorazione e dalla i cardini sui cui si fonda sommellerie più esigente, che ben volentieri ama suggerire ai propri clienti linee diversificate di la strategia della Cantina prodotto, potendo consigliare vini differenti a della famiglia Roner, guidata seconda delle occasioni. Ludwig Kaneppele, ammida Ludwig Kaneppele. nistratore di Ritterhof, ci propone una degustazione in cantina che può solo confermare i livelli qualitativi La Strada del Vino, la mitica weinstrasse che si raggiunti dalla produzione della Tenuta. “Abbiamo snoda fra Ora e Bolzano, è uno dei miei itinerari del segmentato in tre linee le nostre etichette: Rarus è cuore. Da sempre rappresenta per me la “deviazione il nome assegnato alla linea dei nostri ‘tesori’. Vini ideale”, per evitare un tratto autostradale spesso come Manus (Lagrein 100%) e Sonus (Gewurztratrafficato ma, soprattutto, per godere di un panorama miner passito) ne sono un esempio: sono il rivitivinicolo di rara bellezza, per ritemprare l’anima sultato della selezione in vigna di uve che mafra vigne e meleti, per cominciare a respirare l’aria turano negli anni migliori”, ci dice Kaneppele. autentica del Sud Tirolo. Cantine, vigneti, gasthof Il Sonus 2011, prodotto in sole 600 bottiglie, che si susseguono in ritmo austero e naturale, evi- è “una sinfonia di note amabili. Chi ama il Pasdenziando un impegno imprenditoriale ed enologico sito e desidera bere un prodotto speciale, ne senza precedenti, capace di attirare fin qui la rimarrà ammaliato”, conferma Kaneppele. Che, clientela enoappassionata di mezzo mondo e di nel frattempo, ci propone in degustazione altre farla godere di un patrimonio unico, ben equilibrato chicche della vasta gamma di vini della canfra tradizione e ricerca. Qui, a Tramin/Termeno tina gestita dall’enologo Hannes Bernard: (“patria del Gewurztraminer”, che tanto fa invidia al- si comincia con Verus 2015, un Weisl’omologo alsaziano: o viceversa), sburgunder (pinot sorgono cantine prestigiose e bianco) elegante e grandi distillerie, come la Roner, raffinato, dotato di “Tre linee di vini che hanno sempre fatto della una personalità ben che rappresentano qualità il loro credo. Non a caso definita, per prosela famiglia Roner, guidata da l’eccellenza, lo stile guire con Auratus, Karin Roner, la giovane generail “dorato”, ovvero e la tipicità del zione, ha diversificato la propria un Gewurztraminer attività guardando all’attività viSud Tirolo, conferma 2015, dotato di una nicola con occhio attento e inpeculiarità tipica del Hannes Bernard, novativo. A Kaltern/Caldaro, la vitigno, ma che colTenuta Ritterhof - di proprietà enologo di Ritterhof” pisce per la delicadella famiglia - rappresenta un tezza dell’aromaticiesempio inequivocabile di quetà. Entrambi fanno sto spirito imprenditoriale: una piccola cantina, parte della linea Collis, “i selezionati”: gestita con amore e passione per la qualità, che pri- vini ai quali Kaneppele e Hannes attrivilegia ricerca e continuo miglioramento produttivo, buiscono l’appartenenza ad uno stile insieme alla capacità di individuare in modo preciso particolarmente pregiato, “solo uva mai target di consumatori a cui destinare le proprie eti- tura dai migliori filari con la migliore chette, in questo caso, enoappassionati, conoscitori esposizione”. Della stessa linea fanno di Alberto P. Schieppati
51 Artù ottobre 2016
In questa pagina: Ludwig Kaneppele, direttore della cantina con la moglie Karin Roner, amministratore delegato. Qui a lato: una bottiglia di Lagrein Latus della linea Collis. Nella pagina a lato: l’esterno della sede della Cantina Ritterhof.
Focus wine
parte altri grandi vini, come il Latus, il Mollis e il Perlhofer Crescendus. Il primo, di cui abbiamo degustato l’annata 2012, è un Lagrein in purezza, deciso e versatile, inconfondibile nel suo carattere strutturato, tipicamente altoatesino; il Mollis, un Merlot delicato ed elegante, di cui abbiamo assaggiato il 2012, esprime con leggerezza ricercata un’armonia inaspettata per un Merlot, il terzo, il Perlhofer Crescendus, abbina le migliori peculiarità di tre varietà d’uva per elevarsi verso una “armoniosa unicità”. Uvaggio di tre uve, Vernatsch, Lagrein e Merlot, il Crescendus 2014 colpisce per l’equilibrio del blending, sapientemente assemblato. La Tenuta Ritterhof è stata oggetto di un recente restyling a 360°, che ha visto il rinnovamento totale della cantina, la presenza di nuove e funzionali sale di degustazione, ma soprattutto l’introduzione di attrezzature enologiche di ultima generazione, che permettono di operare secondo criteri fortemente innovativi. Ritterhof è una cantinasimbolo di come si possa esaltare le tipicità dei propri vini in modo semplice e coerente, creando linee di vini generosamente prodotti grazie a un microclima eccellente, con terreni di qualità indiscussa, adatti a dare vita a uve di particolare ricchezza. Così, in 7,5 ettari di vigneti propri, ai quali si aggiungono altri 28 ettari di vigna di contadini conferitori, sono presenti tipologie di suolo con caratteristiche diverse: terreni argillosi, pietrosi, ma anche sabbiosi e facilmente raggiungibili dal calore del sole. Queste diversità geomorfologiche tipiche della zona di Caldaro sono la migliore premessa per produrre vini di alta qualità, riconducibili ad un solo territorio, ma profondamente diversi fra loro. La terza linea di vini, chiamata Terra, esprime infatti i grandi classici del Sud Tirolo: vini radicati profon-
damente nel territorio, ben conosciuti dai consumatori, ma sempre capaci di sorprendere. “Un trionfo di aromi e gusti armonici, con un unico comune denominatore: sono vini dell’Alto Adige”, ci dice con soddisfazione Ludwig Kaneppele mentre stappa una bottiglia di Gewurztraminer 2015, prodotto in 60.000 bottiglie. Forse meno prezioso dell’Auratus, ma con una beva straordinaria, dovuta alla sua freschezza e pulizia gustativa: elementi che rispecchiano al meglio le origini ed esprimono notevole versatilità di consumo =
In questa pagina: la cantina e tre bottiglie dei rossi della linea Collis: Merlot Mollis, Perlhofer Crescendus e Blauburgunder Dignus.
52 Artù ottobre 2016
54 ArtĂš ottobre 2016
Focus wine
Cesari, l’anima dell’Amarone viaggia lontano motivato a fare sempre meglio. L’Amarone Bosan 2007, vino di punta della produzione, si è aggiudicato proprio nel 2016, durante l’edizione di Vinitaly, Ha spento 80 candeline il Nuovo Premio Enologico Internazionale di Vinitaly la Gerardo Cesari, storica cantina “5 Star Wines” ottenendo un punteggio pari a 92 centesimi. Una medaglia dalla doppia valenza della Valpolicella che ha saputo che cade proprio nell’anno della celebrazione diffondere la cultura di un grande dell’80° anniversario: non solo arricchisce il già ricco medagliere della Gerardo Cesari, ma rapprerosso in tutto il mondo. senta un importante traguardo della storia della La storica cantina di Cavaion Veronese si accinge cantina, una storia di successo che è stata raca chiudere il 2016 con grande soddisfazione. Un contata anche in occasione di OperaWine, un inanno speciale, questo, che ha contro andato in scena durante visto la Gerardo Cesari festegVinitaly 2016 e dedicato agli giare 80 anni di attività con operatori specializzati di tutto “Oggi l’azienda un’etichetta celebrativa di uno il mondo al fine di far conoscere controlla circa 120 ettari i 100 produttori italiani seledei vini di punta, l’Amarone Bosan 2007, simbolo dell’afnelle zone più vocate zionati dalla rivista americana fermazione della Valpolicella Wine Spectator. Nella prossima della Valpolicella come territorio vocato a una edizione del 50° Vinitaly, in produzione di altissima qualità. programma dal 10 al 13 aprile e del Lugana, con Le etichette dell’edizione limia Verona, le bottiglie di Amarone quattro cru destinati tata, sul mercato da settembre, Bosan 2007 si distingueranno sono firmate personalmente per uno speciale bollino a sea dare il meglio” da Franco Cesari, presidente gnalare il punteggio conseguito della cantina, a rappresentare un ringraziamento a chi ha scelto, e continua a scegliere, i vini Cesari. La densità di impianto, la potatura accurata, il diradamento e la cernita, permettono di raccogliere un’uva che nasce da un vigneto collocato nella zona più elevata della Valpolicella e che dopo un attento appassimento sa donare questo grande vino, l’Amarone Bosan, completato dall'affinamento in botte di rovere grande, in barrique e dal lungo riposo in bottiglia. La filosofia di produzione e lo stile, dopo 80 anni di storia, sono rimasti invariati: oggi l’azienda controlla circa 120 ettari nelle zone più vocate della Valpolicella e del Lugana, con quattro cru destinati a dare il meglio sotto la direzione tecnica di Luigi Biemmi, enologo della cantina: oltre Bosan, i vigneti Bosco, Jèma e Centofilari, una produzione che vanta prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali che nel corso degli anni hanno confermato i valori della cantina di Cavaion Veronese e
di Elisa Facchetti
55 Artù ottobre 2016
Nella pagina a lato: un particolare di una bottiglia del prestigioso Amarone Bosan 2007 per celebrare l’80° compleanno dell’azienda vinicola. Sotto: il vigneto Bosan.
Focus wine
Gerardo Cesari, “Scrivere per Amore”
Così si chiama il Premio Letterario Internazionale sostenuto da Gerardo Cesari che prosegue così le attività legate al Club di Giulietta. Giunto alla sua XXI edizione, il concorso vede dal 2013 il supporto della Cantina di Cavaion Veronese: “È un concorso davvero unico nel suo genere - commenta Franco Cesari, presidente della cantina - e per questo motivo, da ottobre 2013, vanta il sostegno della nostra cantina, riunendo due autentiche passioni: il sentimento d'amore più puro, simboleggiato dalla figura di Giulietta, e la grande passione per il territorio e la cultura veronese, rappresentata dai nostri vini Gerardo Cesari”. I vini Gerardo Cesari sono infatti i vini ufficiali del Club di Giulietta: chi visita la cantina può infatti utilizzare una speciale cassetta per spedire i propri pensieri d'amore. Le lettere, consegnate al Club, vengono poi selezionate e le più meritevoli possono così partecipare al Premio “Cara Giulietta”. La cantina propone anche Love's Drop, una degustazione dei vini più rappresentativi dell’azienda: il Lugana Cento Filari Doc, il Jèma Corvina Igt in purezza, il Ripasso Superiore Bosan Doc ed il pluripremiato Amarone Riserva Bosan Doc. Quattro vini abbinati ad altrettante lettere a Giulietta, concesse dal Club di Verona, che raccontano attraverso le loro parole le emozioni dei vini a cui sono accompagnate.
al premio. I colori oro e argento sembrano intonarsi alla perfezione con le bottiglie Cesari, insignite da premi e riconoscimenti giunti anche dall’estero: al Decanter World Wine Awards, all’International Wine Challenge (IWC) e al Concours Mondial de Bruxelles, un tris di premi internazionali tra i più prestigiosi che hanno illuminato il già brillante medagliere della cantina di Cavaion Veronese. Al Concours Mondial de Bruxelles, in scena a Plovdiv, in Bulgaria, sono state assegnate due medaglie d’oro e due d’argento ad alcune eccellenze della produzione: Amarone della Valpolicella Classico Riserva Doc “Bosan” 2007; Amarone della Valpolicella Classico Doc “Il Bosco” 2009; Amarone Classico della Valpolicella Docg 2012; Corvina Veronese Igt Jèma 2011. A impreziosire i riconoscimenti la soddisfazione di aver convinto una giuria composta da oltre 350 degustatori che ha selezionato i migliori vini tra 8500 bottiglie provenienti da più di 50 Paesi. Argento anche all’Amarone della Valpolicella Doc Classico Riserva Bosan 2007 e al Valpolicella Ripasso Superiore Doc Mara 2014 al concorso Decanter World Wine Award. Bronzo all’Amarone Classico della Valpolicella Doc Il Bosco 2010, Amarone Classico della Valpolicella Docg 2012 e Valpolicella Ripasso Superiore Doc Bosan 2013. Menzione Speciale invece al Lugana Doc Cento Filari 2015. All’International Wine Challenge una pioggia di argenti ha sancito ancora una volta la qualità della produzione delle Gerardo Cesari con tre bottiglie che hanno incantato la giuria, Amarone della Valpolicella Doc Classico Riserva Bosan 2007, Valpolicella Ripasso Superiore Doc Bosan 2013 e Corvina Veronese Igt Jèma 2011, un bronzo al Valpolicella Ripasso Superiore Doc Mara 2014 e un riconoscimento speciale all’Amarone Classico della Valpolicella Doc Il Bosco 2010. L’azienda, nota in tutto il mondo per il suo Amarone, si è distinta anche all’International Wine and Spirit Competition 2016 di Londra, con grande soddisfazione di Franco Cesari che, insieme a tutto il team che opera per la Gerardo Cesari, ha potuto aggiun-
56 Artù ottobre 2016
Qui sopra: un grappolo di uva del vigneto Bosan e un particolare della barricaia.
gere al già ricco medagliere altri nove argenti, tra cui l’Amarone della Valpolicella Classico Riserva "Bosan" 2007, Lugana "Cento Filari" 2015, Amarone della Valpolicella Classico "Il Bosco" 2010, Valpolicella Ripasso Superiore Bosan 2013, Amarone Classico della Valpolicella 2012, Corvina "Jèma" 2011. Bronzo invece per il Valpolicella Superiore Ripasso Mara 2014. La cerimonia di premiazione, prevista il 16 novembre 2016, si volgerà nella storica Guildhall di Londra, una serata di gala dove si riuniranno i rappresentanti di alcune tra le aziende vinicole più prestigiose del panorama internazionale. Il 2016 ha regalato ancora nuove importanti soddisfazioni: in occasione del Merano Wine Festival, dal 4 all’8 novembre, alla cantina di Cavaion Veronese sarà assegnato il premio Merano Award Selection per l’Amarone della Valpolicella Doc Classico Riserva Bosan 2007 e il Corvina Veronese Igt Jèma 2011. Ad essere premiati invece al Berliner Wein Trophy 2016, uno dei più importanti concorsi enologici a livello mondiale patrocinato da OIV, l’Amarone della Valpolicella 2012 che ha ottenuto la medaglia d’oro e il Lugana Doc 2015, premiato con la medaglia d’argento =
Focus wine
Merano WineFestival, 25 anni di “eccellenza vera” premi assegnati annualmente dalle commissioni The WineHunter che quest’anno hanno assaggiato oltre 5.000 vini assegnando solo 24 bollini Platinum, Ideato nel 1992 da Helmuth che corrispondono ad un punteggio pari-superiore Köcher, l’evento porta a 95 punti su 100. “Il Merano Wine Award viene attribuito ai vini che raggiungono un punteggio in scena grandi vini e minimo di 88/100 punti quale riconoscimento di alta gastronomia sotto alta qualità certificata in modo indipendente il segno della massima qualità. spiega Helmuth Köcher, Presidente delle Commissioni The WineHunter -. E da quest’anno abbiamo deciso Un programma che si arricchisce di anno in anno, di valorizzare anche gli artigiani del gusto assegnando con oltre 500 aziende vinicole selezionate tra na- i Merano Culinaria Award”. Tra le novità dell’edizione zionali e internazionali e oltre 100 aziende italiane 2016 l’invito rivolto alle cantine a presentare un di alta gastronomia. La formula, sempre fedele al vino particolarmente rappresentativo della loro proprogetto inziale, fa del Merano WineFestival un duzione per la sezione “Wine International” all’interno luogo di incontri e confronti per tutti gli operatori della sezione “bio&dynamica”, spazio che quest’anno del settore, in scena quest’anno dal 4 all’8 vede un incremento dell’offerta, sia a livello qualinovembre per una cinque giorni dedicata a conoscere tativo che di produttori e presenti. Attenzione partida vicino la migliore produzione vitivinicola, non colare anche per la sezione food Culinaria: tra solo italiana, accompagnata da assaggi e proposte showcooking e dimostrazioni si ripeterà la collabogourmet. In dettaglio saranno premiate le cantine razione con Le Tenute di Genagricola per il progetto selezionate per i Merano Award - Wine&Culinaria, Cooking Farm. Confermato anche Catwalk Chamdi Rosa Marchetti
58 Artù ottobre 2016
pagne in collaborazione con il Club Excellence, evento dedicato esclusivamente agli champagne e le grandi degustazioni guidate con le Charity Wine Masterclasses. Le prevendite online sono già iniziate e nel prezzo è inclusa la degustazione libera ma anche la possibilità di assistere agli showcooking stellati nella Gourmet Arena e degustare ottimi piatti =
Format food
STK a Milano, il concept è dinamico naro Esposito e Andrea Berton: il primo a gestire l’Orangerie del Casta Diva Resort & Spa a Blevio, il secondo un “suo” locale - Berton al Lago - dentro The One Group e Melia Il Sereno a Torno, con la guida di Raffaele Lenzi in portano in città un format cucina. Un dato illumina: nella Rossa Michelin, edizione 2016, ben dodici nuove stelle singole (quindi che “fonde” tipicità Usa la metà in assoluto) sono andate a locali interni e raffinate proposte gourmet ed è arrivato anche un nuovo due stelle, non a caso in provincia di Bolzano - dove tre quarti della all’interno di un hotel. ristorazione di alta qualità è all’interno di strutture C’era una volta, il grande albergo - persino a alberghiere - ossia il Gourmetstube Einhorn dello cinque stelle - dove si mangiava male, in modo suf- Stafler, a Freienfeld Sterzing. In genere, si tratta di ficiente o al massimo benino, a parte qualche ec- formule dove lo chef è spesso dipendente della cezione in zone e città turistiche con Roma in struttura, talvolta socio oppure ha lo spazio in getesta. Da qualche anno, per forstione. Del resto, il sommo della tuna, la musica è cambiata: sonostra cucina - Gualtiero Marno sempre di più le strutture chesi - si spostò già nel 1993 “Una terrazza che puntano sul cibo, non solo all’Albereta per aprire il ristorante che racchiude per venire incontro agli ospiti dopo l’uscita di scena milanese. (in gran parte stranieri) ma per Ma sta guadagnando spazio tutto il know how catturare la clientela esterna nuova idea: dare in gestione di anni di esperienza una ed essere un plus quanto la tutto il food & beverage a un qualità del servizio o l’ampiezza gruppo specializzato, in un forinternazionale: della Spa. Basti pensare che internazionale, con soluzioni il 70% della clientela mat in un semestre, sulla stessa innovative. Esempio illustre è riva del lago di Como, sono quello di ME Milan Il Duca in è esterna” sbarcati due maestri quali Genpiazza della Repubblica, cinque di Maurizio Bertera
Sopra: il food & beverage director Nicola Formaggio, due mini hamburger “Lil burger” e qui accanto l’ingresso del ME Milan Il Duca e STK Milano. Nella pagina a lato: la sala di STK Milano in classico stile americano.
60 Artù ottobre 2016
61 ArtĂš ottobre 2016
Format food
stelle milanese, che vede la partnership tra Melia Hotels e One Group, uno dei gruppi di food & beverage più in auge nel mondo: quasi 150 milioni di dollari come fatturato 2015, con una trentina di locali e una costante crescita a doppia cifra con margini operativi che la ristorazione europea si sogna dagli anni ’80 e non rivedrà più. La fama di The One Group è arrivata grazie al concept STK che è riuscito a fondere in un solo ambiente la tipicità di una steakhouse a stelle e strisce (difatti le carni in larghissima parte sono americane certificate, in patria e all’estero) e l’eleganza coloratissima di una lounge internazionale, con tanto di dee-jay. In questa pagina: il bar di STK Milano, cocktail e aperitivo.
in un hotel, mentre nelle maggiori città europee e americane lo standard è più alto” prosegue Formaggio. Il sistema comporta aspetti non facili da interpretare in Italia: servizio di qualità, informale ma con meno camerieri (“Non possiamo avere lo stesso numero di persone rispetto ai locali stranieri della catena: i costi sono troppo alti”), un’attenzione costante alla profittabilità - con report e obiettivi settimanali - e la turnazione continua del personale nella struttura, per coprire le esigenze anche improvvise. Da qui, uno staff giovane (età media tra i 20 e i 30 anni, quasi tutti italiani e minimo bilingui, presi anche senza esperienza di ristorante Prima di Milano si era peraltro già fatto notare a quasi tutti gli alberghi italiani, il nostro pensiero ma formati benissimo) e una dinamicità nella Londra: la “sua” terrazza sul tetto del ME London per il ristorante e la terrazza viene rivolto soprattutto formula dei locali, abbastanza sconosciuta per le in The Strand - chiamata Radio Rooftop Bar e alla clientela esterna, che rappresenta il 70% nostre abitudini. Ma non bisogna pensare che gestita in comune con Melia - vince premi a ripeti- delle presenze”. Non è un caso che The One siamo in presenza di un format “bloccato” e zione ed è considerata una delle più belle della Group sia stato creato da Jonathan Segal, figlio di asettico: la STK milanese, per il 20% dei piatti, City che pure ne ha decine. Ma anche quella di Mi- albergatori e attuale CEP. Per la cronaca, è stato utilizza materie prime italiane mentre la cantina lano, al decimo piano dell’hotel, è diventata un uno dei fondatori di World Pay, prima compagnia viene gestita totalmente in autonomia. Certo, lo must soprattutto in estate. “La peculiarità di The di pagamento su Internet, poi diventata PayPal. standard di cucina è unico come vuole Barry Vera, One Group è quella di considerare ‘locali’ sia STK “Segal ha pensato che la maggior parte degli al- chef director per l’Europa che cura il training per sia Radio Rooftop Bar come fossero indipendenti bergatori non è portata al food & beverage, quindi gli staff di cucina di The One Group. “Ma questo è mentre sono all’interno della struttura - spiega proporre una partnership con una società specia- un vantaggio - chiude Formaggio - qualsiasi cuoco Nicola Formaggio, 39 anni, food & beverage director lizzata e orientata al profitto, gli facilita il movimento. può andare e venire in un giorno tra la STK -, tanto è vero che insieme a questi, curiamo cola- Potrebbe essere così anche in Italia dove se non londinese e la nostra senza trovare difficoltà nel lazione, room service ed eventi. Ma a differenza di c’è un posto stellato, difficilmente si mangia bene vorare”. In effetti =
62 Artù ottobre 2016
La ricetta di Artù
Scampi, mozzarella e zuppetta di olive secondo Di Pinto a cura di Maurizio Bertera Il ristorante del Bulgari Hotel non solo è stato rinnovato nell’ultima estate e può contare su due plus amatissimi (da milanesi e non) quali il famoso giardino interno e il lounge bar. Ma è anche un posto di buona cucina, italiana e sostanzialmente mediterranea, che ha in Roberto Di Pinto l’executive chef. Napoletano, grande appassionato di pasticceria, ha iniziato a lavorare giovanissimo presso Scaturchio. Poi, dopo la formazione in vari hotel tra l’Italia e Londra, è arrivato sotto la Madonnina: Excelsior Diana, Armani Nobu e infine Bulgari. Ma il suo unico maestro, riconosciuto, è Gennaro Esposito, conosciuto in uno stage a La Torre del Saracino. È alla sua filosofia culinaria che Di Pinto si rifà nelle ricette più “intense” che si preparano nel ristorante di via Fratelli Gabba. Una di queste - Scampi, mozzarella e zuppetta di olive - si basa su un connubio, apparentemente provocatorio, ossia quello tra crostacei e latticini, ma di grande effetto e che richiama la tradizione campana. “Il bello di questa ricetta è appunto il mix che si va a creare dove ogni elemento, di forte personalità, resta ben distinto all’interno del gusto complessivo - spiega Roberto -. Anche in questo caso, sono voluto partire da scelte ben precise sui prodotti: lo scampo è mediterraneo, la mozzarella è quella di Paestum che amo per la sua consistenza, le olive sono di Nocellara e l’olio extravergine è ligure perché lo trovo il più adatto a questa preparazione. Anche il caviale è quello italiano”. Un piatto dove al di là della freschezza degli elementi, l’unica difficoltà è la zuppetta di olive. “Esatto: non deve essere un frullato di olive, tanto è vero che l’unica aggiunta è l’acqua di pomodoro. Poi bisogna effettuare una denocciolatura attenta, senza togliere il sapore del frutto”. L’accompagnamento ideale? “Una bollicina italiana va benissimo, ma lo spirito regionale mi porta a consigliare una Falanghina fresca al punto giusto” conclude Di Pinto, che quest’anno è stato bravo “regista” di Epicurea, la manifestazione che porta al Bulgari i più famosi cuochi del mondo per una serie di “special dinner” di grande effetto =
Scampi, mozzarella e zuppetta di olive Ingredienti per una persona Un bocconcino di mozzarella di Paestum 100 g di polpa di olive di Nocellara 25 g di acqua di pomodoro 2 g acido ascorbico 30 g di scampi 5 g di caviale lime sale olio
Lo chef Roberto Di Pinto e sotto la sua ricetta.
Procedimento Frullare la polpa di olive con acqua di pomodoro e acido ascorbico, poi setacciare a chinoise. Tenere da parte qualche oliva per decorare. Frullare e montare il liquido. Fare una brunoise di mozzarella. Tritare finemente gli scampi e condire con zeste di lime, olio e sale. Per l’impiattamento, prendere un ring (diametro 20 mm) e mettere alla base la mozzarella condita con olio e sale. Adagiare sopra gli scampi. Parare tutto in piano. Togliere il ring e contornare con la zuppetta di olive. Adagiare sugli scampi due quenelle: una di paté di olive e una di caviale. Guarnire con delle piccole gocce di olio sulla zuppetta =
64 Artù ottobre 2016
La foto di Cioffi
66 ArtĂš ottobre 2016
Marco Guidone, a sinistra nella foto, con alcuni amici gourmet. Guidone, membro del board di Armando Testa, ha recentemente fondato una società operante a San Paolo (Brasile) nel settore dell’import-export di prodotti alimentari italiani di alta qualità.
67 Artù ottobre 2016
© Ferdinando Cioffi
68 ArtĂš ottobre 2016
Accueil
Al Castello di Spessa il gusto di Casanova di Rebecca Andreola
Si trova nel cuore del Collio Goriziano il Castello di Spessa, antico maniero del 1200, luogo ricco di storia ed eccellenze enogastronomiche. Legato da sempre a nobili casate, il Castello di Spessa, a Capriva del Friuli (GO), ha ospitato tra le sue mura personaggi come Giacomo Casanova, amante già all’epoca dei vini che si producevano dalle vigne della tenuta; sostarono qui anche Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart, ed Emanuele Filiberto D'Aosta. Oggi, dopo alcune opere di ristrutturazione, il Castello è stato trasformato in un elegante resort circondato dalle stesse vigne di un tempo in cui si snodano ora le 18 buche del Golf Country Club Castello di Spessa. All’interno 15 camere, tra cui alcune suites, vibrano di storia grazie agli arredi del ‘700 e dell’’800 italiano e mitteleuropeo, in uno stile di grande eleganza. Fiore all’occhiello le cantine sottostanti, le più antiche del Collio, dove si affinano i vini prodotti dalintorno alla tenuta risplendono l’omonima azienda, apprezzati di nuova vita grazie alla realiz“Il Castello è stato fin dal 1300. Le cantine, da vizazione di due ristoranti: la Tatrasformato in un sitare, si sviluppano su due livernetta al Castello è un raffivelli: quello superiore, il più annato ristorante gourmand guielegante resort, tico, risale al periodo medievale, dato dallo chef Antonino Venica circondato da vigne il secondo, a 18 metri di proamante del pesce che arriva fondità, è un bunker militare ogni giorno freschissimo dal in cui si snodano costruito nel 1939 dove vengovicino Adriatico. Il ristorante le 18 buche del no conservati i pregiati vini dispone inoltre di 10 camere Doc Collio e Isonzo e che riporGolf Country Club” dallo stile country chic. L’Hotano in etichetta la silhouette steria del Castello è invece la del maniero. Oltre alle cantine risposta più informale e veloce da visitare, aperte anche al pubblico e con la a pranzi e cene, ma sempre con prodotti di possibilità di prenotare degustazioni, gli ospiti ottima qualità: qui si gusta una cucina immediata, possono rilassarsi nel parco del Castello con che esalta i piatti e i sapori del territorio come una passeggiata romantica tra alberi secolari, affettati e formaggi friulani, primi piatti, carni Nella pagina a lato: il Castello di Spessa bersò, balconate e statue, e godere della proposta del cortile, le erbe, dessert, il tutto a km zero. Un (ph. Milani ArchTurismoFVG). culinaria offerta dal Castello. I vecchi rustici terzo casale, a ridosso del campo da golf, è Qui sopra: la Tavernetta del Castello (ph. A. Bacchella).
69 Artù ottobre 2016
Accueil
Il nuovo bistrot del Castello Si chiama Il Gusto di Casanova il nuovo bistrot del Castello, aperto di recente e omaggio all’omonimo veneziano amante del gusto e delle cose belle. Piccolo e raffinato, con sole due piccole salette affrescate, sei tavolini in marmo per dodici posti, il nuovo bistrot completa la proposta culinaria del resort con un menu stuzzicante e goloso dove si può trovare una selezione dei migliori prodotti del Friuli Venezia Giulia. La frase di Casanova sul muro esterno al locale ne sintetizza la filosofia: “Dove l’animo s’appaga, il palato si accende”. E si accende di sapori di mare e di terra: per l’estate dall’Adriatico arrivano in tavola le Crudità (dondoli, fasolari e ostriche) e le Tartare di pesce (di Tonno, pomodoro datterino e capperi “Occhio di Pernice”, di Ricciola con timo e pepe rosso, di Gamberi con agrumi e pepe verde); dai monti della Carnia il Prosciutto dolce e il Lardo affumicato di Sauris, abbinati al melone, fichi freschi e mostarda, i formaggi delle malghe (Ricotta affumicata, Formadi Frant, Pecorino, Formaggio di capra) abbinati a gelatine, confetture mostarde e mieli; dal Carso la trilogia di Salmoni della Val Rosandra e i Formaggi (Ricotta fresca, Caciotta fiorita, Tabor). E ancora, il Torchon di Foie-gras di Jolanda de Colò, la Tartare di Pezzata Rossa Friulana e, per concludere, i Sorbetti delle Gelaterie Artigiane Della Negra alle spezie, liquorosi ed esotici, e il Gelato di Casanova, una crema antica con perle d’olio e sale nero di Cipro. Ad accompagnare i piatti le grandi annate dei vini del Castello di Spessa.
stato modificato per accogliere gli Appartamenti nelle Vigne, dedicati soprattutto ai golfisti e arredati in uno stile rustico. Immerso nel verde il Castello offre non solo un soggiorno di relax, ma è anche l’occasione per degustare l’ottimo vino prodotto dalle vigne circostanti e i prodotti tipici del territorio, nonché scoprire in bicicletta o in vespa i dintorni del Collio Goriziano: Gorizia, Cividale, Aquileia, e Grado, con la sua lunga spiaggia e la sua laguna. Il Castello di Spessa offre inoltre interessanti pacchetti soggiorno dedicati non solo a chi ama rilassarsi tra atmosfere settecentesche, ma anche per gli appassionati del golf =
In questa pagina: le cantine, una camera e l’ingresso del Castello di Spessa (ph. Gianni Mezzadri).
70 Artù ottobre 2016
Accueil
Al Villaverde Resort l’ospitalità si fa in quattro di Elisa Facchetti
Sport, benessere, arte e design sono le carte vincenti che fanno del Villaverde Resort un Art Hotel tra le colline moreniche. Quattro piani di architettura contemporanea eco sostenibile, tra geotermia e fotovoltaico. Non è solo un Resort, ma un’opera architettonica ricettiva integrata nel verde delle colline moreniche di Fagagna. Si presenta così Villaverde Hotel & Resort-Wellness Spa & Golf, nato con l’obiettivo di offrire un’innovativa e completa offerta turistica e sportiva, voluto dall’imprenditore friulano Gabriele Lualdi e da lui ideato come modello di struttura per il benessere psicofisico. Gli amanti del golf qui possono accedere, grazie a una passerella pedonale, direttamente al Golf Club Udine e immergersi in ben 85 ettari di green per un totale di 18 buche. Il Golf Club si avvale della certificazione GEO (già ottenuta nel 2011 e promossa dalla Federazione Italiana Golf) e “Impegnati nel verde” (la prima è stata conquistata nel 2005), due riconoscimenti importanti per la valorizzazione delle risorse locali, la riduzione degli sprechi e la qualità ambientale. Definito Art Hotel, il nuovo resort dispone di 33 camere di cui tre suite, tutte realizzate con una vetrata e terrazzo con vista sulle Alpi Giulie, un’area Wellness di 800 mq dotata di sette cabine per trattamenti, due floating rooms, piscina interna da 25 metri, piscina esterna con solarium, idromassaggio, bagno turco, stanza del sale, sauna, cascata di ghiaccio, doccia emozionale e zona relax. Nella spa è sempre presente personale altamente qualificato e la possibilità di scegliere un’ampia gamma di trattamenti: dai massaggi tradizionali a quelli orientali, dall’idroterapia all’estetica, particolari sono quelli riservati agli sportivi e ai bambini. A disposizione anche un centro medico per piccoli interventi in anestesia locale, una sala convegni da 99 posti, un lounge bar e il Ristorante Privilegium. Tutto è stato pensato per dare luce e spazio grazie a un’accurata scelta di materiali, arredamento e cromie studiati dall’Architetto Alessio
Princic. Il Resort si sviluppa a forma di arco con un In questa pagina: lo chef Wanny Carletti, l’esterno impatto ambientale molto basso: l’impianto fotodel Resort a forma d’arco e in alto la hall. voltaico e il sistema di climatizzazione in tutti i locali alimentato da una rete geometrica contribuiscono a farospita il Villaverde Bar&Restaune un edificio in classe A, mentre “Tutto è stato pensato rant che offre un’esperienza cuil tetto esterno, coperto da un linaria nel rispetto della tradiper integrarsi nel manto erboso, crea continuità zione friulana, da sempre legata con il campo da golf sfruttando verde e per dare luce al territorio e alla valorizzazione le caratteristiche del terreno per delle sue eccellenze e allo steso e spazio grazie a integrare al meglio l’edificio con tempo attenta al benessere grala natura. All’interno spazio al un’accurata scelta di zie alla sana alimentazione prodesign: il soffitto della struttura posta dal Master Chef Wanny materiali, arredamento Carletti con un menu che punta di 1800 metri quadrati è opera del Maestro Giorgio Celiberti, alla selezione di materie prime e cromie” autore anche del motivo delle di qualità a km zero e nel rispetto piastrelle presenti nella parete di tutte le esigenze alimentari dell’Area Wellness e del rivestimento delle piscine, degli ospiti. Particolare il Degusto Lounge Bar, mentre gli arredi sono firmate da grandi aziende situato allo stesso piano della hall, ideale per sorfriulane come Moroso, Gervasoni, Accento, MyCore, seggiare un cocktail e proseguire la serata, su preSnaidero. Stesso profilo “houte couture” per l’offerta notazione, al Privilegium, il ristorante guidato dallo gourmet. La Club House, in perfetto stile inglese, Chef Thomas Zanon e caratterizzato da una cucina
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In questa pagina, dall’alto: la sala del Ristorante Privilegium, una delle 33 camere (ph. Alberto Brescia), il Golf Club a 18 buche e lo chef Thomas Zanon del Ristorante Privilegium.
di design realizzata appositamente per show cooking. Saziati gli appetiti è tempo di scoprire le bellezze del territorio: il Villaverde Hotel & Resort, a Fagagna (UD), uno dei “Borghi più belli d’Italia”, rappresenta un punto di partenza per raggiungere in poco tempo Venezia, le Dolomiti, l’Austria e la Slovenia. E ancora scoprire e visitare Aquileia con i suoi resti del
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periodo romano, Cividale, Grado con i suoi mosaici bizantini e la laguna, nonché Trieste. In mountain bike, bici da strada ed eBike, a disposizione su noleggio, si possono scoprire percorsi all’insegna della natura e delle bellezze nei dintorni, come Portopiccolo (Sistiana), a circa un’ora da Villaverde, uno dei luoghi più suggestivi dell’Alto Adriatico, un ormeggio con un servizio impeccabile. Qui, sempre su richiesta, è disponibile uno skipper per andare alla scoperta, con una barca a vela o a motore, del Golfo di Trieste e delle vicine coste Slovene e Croate. A disposizione degli ospiti anche un maneggio: l’Antico Maso, a soli 10 minuti dal Villaverde Resort, è una tra le migliori scuole di equitazione americane presenti su territorio nazionale: 20 ettari di prati a pascolo, 40 box, 20 paddock, due arene e una Club House. E infine, a pochi minuti, si trova il Circolo Tennis Fagagna con tre campi all’aperto e due al coperto. Ospitalità dunque fa rima con sport e benessere al Villaverde Resort, location che ha saputo accostare con lungimiranza il lato estetico e di design alla sostenibilità, i sapori autentici del territorio a una cucina attenta e raffinata, relax e benessere a sport e scoperta del territorio =
Accueil
Capri, al Villa Marina tra charme e sapori dell’isola Solo otto tavoli, un giardino che guarda il mare e uno chef che ha origini friulane. Parte da qui la rivoluzione in cucina di Villa Marina Capri Hotel & Spa. Il cinque stelle nasce nel 2008 dalla ristrutturazione di una villa dei primi del Novecento, una dimora privata del 1915. Una dichiarazione d’amore verso l’isola quella della storia di Francescaromana Guarino e della sua famiglia, medico ed imprenditrice napoletana, di madre caprese che con i fratelli Alfredo e Karina ha trasformato Villa Marina (www.villamarinacapri.com), la casa di famiglia e dell’infanzia, “Del suo albergo in un albergo esclusivo, dal lusso Villa Marina, discreto e dall’accoglienza speciale. La storia di Villa Marina è Francescaromana lei, sogno e follia, ragione e sendice: È una pioggia timento: “Cinque anni di pratiche tra la roccia e il mare di Marina amministrative, quasi tre anni Grande, spalancata al sole e di sensazioni. di cantiere”. Progetto romantico alla luce. Del suo albergo FranUn’idea che brilla e sfida. Inaugurata nel 2008, cescaromana dice: “È una piogconserva il fascino della dimora gia di sensazioni. Un’idea che sotto il sole di Capri” di inizio Novecento, coniuga brilla sotto il sole di Capri. È il storia e design contemporaneo, bianco delle orchidee e il tepore complice l’architetto caprese Massimo Esposito. di un plaid per ripararsi dalla timidezza di inizio Non soltanto un hotel di charme, ma un abbraccio estate. È un’amaca che si dondola all’ombra contemplando il mare”. Lusso e discrezione, garbo e cura dei dettagli sono le parole chiave, la filosofia di questo albergo che è casa, dove gli ospiti non sono numeri, dove le 21 camere e suite sono tutte diverse, trame di un racconto che riallaccia i fili con la memoria dell’isola, culla di cultura ed avanguardie artistiche. “Ogni stanza è dedicata a un personaggio che ha reso grande Capri nel mondo: da Curzio Malaparte ad Axel Munthe, da Pablo Neruda a Filippo Marinetti”. Ma veniamo al ristorante, che si chiama Ziqù e che quest’anno ha rinnovato spazi, concept e menu: meno tavoli, tutti con vista sulla baia di Marina Grande, il golfo di Napoli, il Vesuvio - che da qui ha un’insolita prospettiva - e la penisola Sorrentina; cura quasi maniacale dei dettagli e una
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Sopra: lo chef Manuele Cattaruzza e un dessert. A sinistra: la colazione sulla terrazza. Nella pagina a lato: la bellissima vista dall’Hotel Villa Marina.
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Accueil
cucina mediterranea ispirata a questi luoghi baciati dal mare e dal sole. Lo chef si chiama Manuele Cattaruzza, friulano di nascita, classe 1976 e studi all’alberghiero di Aviano e prime esperienze a Venezia, all’Hotel Danieli e a Roma all’hotel Eden nella cucina guidata dallo chef Enrico Derflinger. Prima di approdare a Capri, Cattaruzza ha girato il mondo: Londra (Mandarin Oriental Hyde Park Hotel, Le Gavroche, The Halkin), Dublino, New York (dal leggendario Sirio Maccioni al ristorante “Le Cinque 2000”), Francia (Les Jardin dessens) e India. Piedi ben saldi nella tradizione gastronomica italiana, ha potuto conoscere e affinare all’estero tecniche di cottura e ricerca sui sapori. Nel 2001 sbarca a Capri. Lavora prima al Grand Hotel Quisisana come responsabile del Ristorante Gourmet Quisi, poi come Executive Chef del nuovo JW Marriott Capri Tiberio Palace Resort&SPA e arriva a Villa Marina Capri Hotel&Spa due anni fa, nel 2014. La sua cucina si basa su un concetto essenziale: “semplice, buono e bello”. Come semplici e buoni sono i sapori e i profumi dell’isola e del Mediterraneo più in generale, con la bellezza nei piatti che costruisce ogni giorno con passione e garbo creativo. Piatti di buon equilibrio, tra estetica e gusto: crudi di mare, pescato fresco, paste fatte in casa e i profumi del piccolo orto dell’albergo. “Mi ispiro ad antiche ricette capresi rivisitandole in chiave moderna, con un occhio di riguardo alla diversa sensibilità di chi siede oggi al tavolo di un ristorante, che vuole mangiare bene, ma anche sano. Una cucina prettamente tradizionale rivista in chiave moderna”, spiega Cattaruzza. Il suo piatto
Dall’alto: la terrazza vista mare e la sala del ristorante Ziqù, una camera Prestige e la Ricciola alla Griglia.
a Capri, si sa, uno dei piatti tipici sono i cosiddetti ravioli capresi, farciti di formaggio, serviti in salsa di pomodoro e profumati di basilico e maggiorana. Cattaruzza li prepara “a modo suo”. “I nostri ravioli Capresi sono serviti in due maniere, al vapore in salsa limone e maggiorana e fritti in salsa mediterranea con olive e polvere di cappero”. È in questi ingredienti e profumi la cucina semplice e buona dello chef. Al resto ha pensato la padrona di casa, Francescaromana Guarino; a lei si deve la ricerca di una mise en place colorata, fatta di pezzi unici e di gusto, opera di un artigiano siciliano: “Una scelta per amplificare la parte emozionale davanti ad un panorama mozzafiato”, commenta. La prima stagione del nuovo Ziqù volge al termine, è soddisfatto il direttore dell’hotel, Enrico Costa, da gennaio di quest’anno al timone di Villa Marina Capri: “Siamo estremamente soddisfatti, i numeri sono cresciuti e sono tanti i clienti che nel corso della stagione sono tornati. Pochi tavoli sono un azzardo, ma è la strada che vogliamo percorrere, la qualità è sempre vincente. La squadra di cucina è affiatata e il nostro maître Giovanni Cacace contrisempre in carta e che lo rappresenta di più è la buisce al successo della nostra sfida”. Al successo Ricciola alla Griglia servita con la sua Tartare, un di Ziqù ha contribuito anche il programma delle pesce azzurro particolarmente saporito, accompagnato serate “Chef invita chef” con la partecipazione, tra da patate pestate al rafano e una maionese di po- gli altri, degli stellati Cristina Bowerman e di Riccardo modoro frullati e montati all’olio d’oliva extravergine. De Prà, cene a quattro mani sotto la magia della Tradizione e creatività dettano la sua ricerca quotidiana: luna caprese =
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Equipment
NDtech , la rivoluzione del tappo in sughero ®
zione, il procedimento rileva la presenza di una molecola con un grado di 0,5 nanogrammi di Amorim Cork Italia ha messo a TCA per litro (parti per trilione) punto un rivoluzionario sistema e rimuove in modo automatico e veloce i tappi non idonei. Con di certificazione per garantire un plus: il fattore tempo. ai propri clienti tappi in sughero NDtech® riesce infatti ad analizzare ogni singolo tappo in soli naturale grazie a NDtech®. 20 secondi facendo di Amorim Cork il primo produttore di tappi in sughero naturale in grado di assicurare una procedura di controllo qualità efficacie e veloce, al fine di assicurare la messa in commercio dei migliori tappi in sughero. La nuova tecnologia ha conquistato da subito i mercati vitivinicoli mondiali, tra cui quello italiano: tra tutte, le cantine italiane sono state tra le prime ad essere interessate all’acquisto dei tappi sottoposti alla tecnologia NDtech®. Carlos Santos, AD di Amorim Cork Italia, ha dichiarato: “Questa tecnologia innovativa presenta l’opportunità di sfruttare i vantaggi esclusivi del sughero naturale sostenibile. “Il sistema NDtech® L’Italia, con la sua grande storia di vini, aspettava da anni una rileva la presenza soluzione del genere. Il sughero di una molecola con è la miglior chiusura per il vino, di Rebecca Andreola
un grado di 0,5 La tecnologia di controllo qualità nanogrammi di TCA individuale, con la garanzia di TCA non rilevabile, permette di per litro e rimuove eliminare i pezzi contaminati i tappi non idonei” da tricloroanisolo. Questa è la rivoluzione del sistema NDtech® di Amroim Cork Italia, al fine di tutelare sempre più la qualità del vino. Cinque anni di lavoro intenso nel reparto Ricerca e Sviluppo di Amorim Cork, in collaborazione con un’azienda legata all’Università di Cambridge specializzata nel settore, hanno dato i frutti sperati: è stata infatti debellato il tricloroanisolo, molecola presente in natura che attacca vari elementi organici tra cui il sughero, principale responsabile del noto fenomeno che va a contaminare il vino e produce lo sgradevole “odore di tappo”. Con il nuovo sistema di certifica-
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ora questo diventa innegabile: con NDtech® la remota possibilità di trovare una bottiglia alterata dal gusto di tappo viene superata. Offriamo una garanzia importante e totale alle cantine che lo richiedono: tappi controllati singolarmente”. Da sempre impegnata nella lotta al TCA, Amorim si è distinta nella ricerca e negli studi per perfezionare le caratteristiche dei tappi in sughero: dopo il successo del sistema R.O.S.A.® nel 2004, che consentiva l’eliminazione delle tracce di TCA dalla granina, i ricercatori del gruppo hanno voluto fare un passo avanti nella lotta al “sa-
pore di tappo” con R.O.S.A. High Tech®, completo aggiornamento dell’impianto per massimizzare l’effetto benefico del vapore, andando ad estrarre ancora più in profondità le sostanze volatili dannose, ma mantenendo la matrice sughero intatta. Con NDtech® la rivoluzione è stata completata: si tratta infatti di una soluzione definitiva che offre una garanzia senza precedenti sia per il colosso del sughero, sia per chi affida la propria produzione di vino alla qualità di un tappo in sughero dalle caratteristiche eccezionali. Fino ad ora nessun produttore di sughero era stato in grado di garantire un sistema di controllo di qualità per tappi in sughero naturale capace di monitorarli in modo individuale. Dopo anni di studio e capitale investito in ricerca, Amorim Cork Italia ha raggiunto l’importante obiettivo sviluppando un sistema che in pochi secondi esamina individualmente il tappo di sughero grazie al sofisticato sistema gascromatografia, rendendo questa tecnologia applicabile anche su larga scala industriale. Un leggero incremento di prezzo, che incide in termini minimi a bottiglia, ripaga senza dubbio della precisione scientifica offerta in ogni singolo prodotto e rappresenta anche un tornaconto a favore dell’immagine del cliente =
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Nelle immagini, alcune fasi del funzionamento del sistema NDtech® e a lato Carlos Santos, AD di Amorim Cork Italia (ph. Renato Vettorato).
Equipment
Royale, la nuova tavola è firmata Bonna di Elisa Facchetti
L’azienda comasca ha fatto ancora centro con una nuova partnership, diventando distributore esclusivo per l’Italia delle linee per la tavola firmate Bonna. Presente sul mercato dal 1986, Royale si configura da subito come realtà vocata a soddisfare le richieste di una clientela sempre più esigente, forte di una produzione esclusivamente made in Italy di articoli in porcellana per forno e buffet. L’azienda comasca, nel corso degli anni, ha saputo evolversi in simbiosi con le nuove dinamiche di mercato investendo in articoli per la tavola resistenti ma allo stesso tempo dal raffinato gusto estetico, un iter di crescita che l’ha portata ad affermarsi e a essere conosciuta in tutto il mondo. Complici la qualità dei prodotti e le strategie di marketing messe a punto in questi anni, fino all’ultimo im- cicli di lavaggio, anche in lavastoviglie. Molti degli portante risultato che vede oggi l’azienda comasca articoli in assortimento sono infatti garantiti a essere importatore ufficiale per vita contro le sbeccature, grazie il mercato italiano delle linee anche al bordo rinforzato, una per la tavola firmate Bonna. resistenza che non intacca il “Grazie al design e Grazie al design e all’affidabilità valore estetico della porcellana. all’affidabilità del del marchio, i prodotti Bonna, “Siamo molto soddisfatti di fabbrica nata in Turchia nel questo accordo - commenta marchio, i prodotti 1981, sono distribuiti in più Angelo Fanfarillo, direttore geBonna sono distribuiti nerale di Royale -. Bonna è un di 40 Paesi e sono apprezzati per la loro resistenza e innovaprodotto straordinario, oggi prein più di 40 Paesi e zione. Dopo il successo della sente in più di 40 nazioni nel sono apprezzati per la mondo e con un margine di collezione SuMisura, la prima collezione “handmade” per uso sviluppo veramente importante. loro resistenza” professionale, e il consolidaAbbiamo da subito trovato un mento su territorio nazionale ‘feeling’ perché è un’azienda del marchio Dudson, porcellana inglese di Stoke- giovane con prodotti ‘freschi’ e attuali, veloce nel on-Trent distribuita da più di 30 anni in Italia, rispondere alle richieste e soprattutto, come noi, l’azienda di Lomazzo (CO) ha puntato i riflettori in grado anche di anticipare le mode e le tendenze. sull’azienda turca Bonna che garantisce porcellane Pensate che addirittura alcune forme sono garantite altamente resistenti, impilabili, durevoli nel tempo, contro le sbeccature. Oltre al design c’è quindi atresistenti ai graffi, alle abrasioni, agli shock termici tenzione alla scelta delle materie prime e delle (resistono in forno e nel microonde) e a ripetuti componenti impiegate”. La partnership si colloca
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perfettamente in linea con il percorso che Royale sta affrontando da anni, sempre pronta a mettersi in gioco e a “fiutare” importanti collaborazioni con aziende, come Bonna, che possono aprire a nuovi scambi internazionali. “Per noi è un onore prosegue Fanfarillo - essere stati scelti da Bonna come partner per un mercato così importante, crediamo molto in questo progetto e faremo di
tutto per non tradire la fiducia che ci è stata accordata. Siamo sicuri che potremo avere tante belle soddisfazioni. La nostra capillarità ci permette di essere presenti in tutta Italia, tramite agenzie di professionisti per ogni regione e più di 250 distributori su tutto il territorio. Con questo progetto però vogliamo cercare di trovare il ‘giusto partner’, che crede nel prodotto e vuole costruire insieme a noi un percorso”. Le porcellane Bonna si caratterizzano per l’ottimo rapporto qualità-prezzo e la garanzia per il ristoratore di acquistare un prodotto dalle linee accattivanti e allo stesso tempo robusto e garantito contro le sbeccature è senza dubbio un plus valore che fa la differenza. Tra le numerose proposte Angelo Fanfarillo ha scelto alcune linee da proporre sul mercato italiano, grazie alla sua esperienza nel settore: “I ‘pennellati a mano’ sono sensazionali ed è proprio la chiave del successo di Bonna degli ultimi anni. Le collezioni Aqua, Therapy, Terrain, Terracotta e Space sono una più bella dell’altra, io stesso non saprei scegliere! Inoltre ogni singolo pezzo viene gestito manualmente. Credo molto anche nel bianco e penso sia una delle migliori porcellane attualmente in uso”. Negli ultimi anni Royale ha riscosso successo con le collezioni Pure e SuMisura, le nuove forme Dudson, e proprio in questo iter di crescita sul mercato si inserisce l’assortimento dell’azienda turca Bonna, con articoli estremamente validi, di tendenza, ma con tariffe concorrenziali. Con la distribuzione in Italia del marchio Bonna, l’azienda comasca Royale ha ampliato la propria logistica per rispondere in modo rapido ed efficiente alle richieste di consegna: “Ad oggi disponiamo di oltre 50mila pezzi assortiti in pronta consegna, ma abbiamo già stime di incremento per le prossime settimane - ha spiegato Angelo Fanfarillo -. Dal punto di vista commerciale ci avvarremo della nostra rete vendite, sceglieremo dei validi partner che sappiano apprezzare il nostro prodotto e che credano nel progetto Bonna. Come al solito l’utilizzatore finale acquisterà sempre e solo tramite i nostri rivenditori Bonna autorizzati” =
Alcuni esempi di servizi in porcellana dell’azienda Bonna distribuita in esclusiva per l’Italia da Royale.
81 Artù ottobre 2016
Brand news Dolcitalia distribuisce Aneri Vini
Accordo tra HostMilano e Restaurants Canada
Export vino: Toscana in testa
Partnership di qualità tra Dolcitalia, leader nella distribuzione dolciaria, d'impulso e beverage con una rete di circa 170 affiliati e 200mila punti vendita serviti in Italia, e Aneri Vini. L’azienda di Vimercate distribuirà in esclusiva un Prosecco creato dalla Cantina Aneri. ________________________
Per valorizzare le eccellenze italiane nel mondo, Fiera Milano prosegue la strategia di internazionalizzazione grazie all’accordo tra HostMilano, la fiera dedicata all’Ho.Re.Ca., foodservice, retail, GDO e hôtellerie, e Restaurants Canada, la più importante associazione canadese del fuoricasa. ________________________
Nel valore delle esportazioni di vino italiano la Toscana sorpassa il Piemonte. A confermarlo sono i dati dell’Osservatorio Paesi Terzi di Business Strategies, in collaborazione con Nomisma Wine Monitor. La crescita italiana del primo semestre (+2,9%) è trainata ancora una volta dagli spumanti (+23%). ________________________
Cantina Tollo: vini bio nella Gdo
Astoria Vini cresce il fatturato
Al Sana, il Salone Internazionale del biologico e del naturale, c’era anche Cantina Tollo con le proposte di vini bio e vegan, a sottolineare il boom dei consumi bio. L’azienda, durante la fiera, ha infatti promosso l’incontro “An organic conversation: i vini bio e vegan sugli scaffali della Gdo”.
Astoria ha confermato per quest’anno un’eccellente produzione grazie a una vendemmia di ottimi livelli qualitativi che sosterrà la richiesta di Prosecco Docg. Il fatturato totale 2015 di 43 milioni di euro (+10%) conferma inoltre la crescita costante del marchio negli ultimi 10 anni.
Al Piazza Duomo la sosta è gourmet Nuova offerta ristorativa, e non solo, in centro a Milano. Altezza Duomo, in Piazza Duomo 21, al secondo piano, è una location accogliente che propone prodotti enogastronomici tra eccellenze italiane e internazionali, ma anche piatti unici creati dallo chef stellato Luca Marchini.
Il Centro di Roma è in via Cavour 61
Definito un all-day-long, il Centro nasce dall’idea di quattro soci, Manuel Hassan, Amos Halfon, Daniel Camerini e Giulio Glam che da sempre coltivano la passione per il buon cibo. Detto, fatto. I menu, breakfast, lunch e dinner sono studiati per soddisfare ogni esigenza, senza mai prescindere dalla qualità, compresi i dolci, tutti fatti in casa. Il tutto in un ambiente elegante ma allo stesso tempo informale.
Libri
Oldani, Malvaldi e Taste of the World
Titolo: Padova nel piatto Autore: Renato Malaman Editore: Il Poligrafo Pagine: 160 Prezzo: 15,00 €
Titolo: Taste of the World Autore: Philippe Gombert Editore: Relais & Chateaux Pagine: 554
Titolo: Odore di chiuso Autore: Marco Malvaldi Editore: Sellerio Pagine: 208 Prezzo: 13,00 €
Titolo: D’O eat better Autore: Davide Oldani Editore: Mondadori Pagine: 192 Prezzo: 14,90 €
“Zoomare” con curiosità Così indica il sottotitolo: “viaggio in 100 locali della città e provincia per il turista a km zero”. Primo volume della collana “L’Italia nel piatto” diretto dallo stesso autore, questa guida è utile per attraversare il panorama di offerta padovana nell’ambito ristorativo. O come indica Renato Malaman, in modo “trasversale” dividendo il libro in diverse categorie segnalate da talloncino verde chiaro: la carne è debole; che pesci pigliare?; bio, è logico!; il gusto per l’insolito; vai sul sicuro; chi ricerca trova; cheap &more; la classe non è acqua; il piacere del casual; che pizza!. Ogni ristorante presenta una scheda veloce da consultare che fornisce tutte le informazioni, a cui segue un commento con descrizione dei piatti, “una zoomata sulla realtà locale con curiosità”. Prefazione di Bruno Gambacorta e collaborazione di Marco Bevilacqua.
Charme da sfogliare Una pubblicazione ponderosa, voluta fortemente dalla direzione della prestigiosa associazione dei Relais & Chateaux, destinata a clienti e ospiti dei relais che, nel mondo, aderiscono al sodalizio. Taste of the World, in distribuzione su richiesta presso i ristoranti, i resort e gli hotel della catena, consente di entrare nell’universo del celebre e paludato mondo dell’accueil di lusso, attraverso un “viaggio” ideale in tutte le Case che ne fanno parte. In compagnia di tutti i Maître de Maison e degli Chef dei Relais Gourmand, si scopriranno le singolarità dei più bei territori del mondo e, soprattutto, si potrà cogliere l’essenza dell’ospitalità targata R&C. Un libro che ogni gourmet deve avere nella propria biblioteca, nella sezione - ovviamente - dei volumi di pregio.
Artusi detective gourmet È proprio il grande letterato gourmet Pellegrino Artusi a essere coinvolto nella risoluzione di un caso in perfetto stile Agatha Christie. Di ambientazione ottocentesca, il libro riallaccia i fili con le classiche atmosfere del giallo per antonomasia, basato su interrogatori, intuizioni e conclusioni, tra gallerie di caratteri, ritratti umani, umorismo a volte anche insolente e situazioni comiche. Il tutto ambientato in un castello della Maremma toscana vicino a Bolgheri, sul finire dell’’800 all’epoca di un Italia da poco unificata, tra una nobiltà decaduta, un delitto, un ferito e la figura del maggiordomo. Un microcosmo polveroso dall’aria stantia scrollato da un intreccio veloce e intrigante, acceso dall’intraprendenza e sfrontatezza di un Artusi in versione detective.
Ricette per lo sport 50 ricette divise in base alle quattro stagioni, per rispettare al massimo la stagionalità dei prodotti da utilizzare. È questa la filosofia che permea il libro di Davide Oldani, sempre presente nella sua cucina “pop” da provare al D’O di San Pietro all’Olmo (Mi), ora in un nuovo spazio più grande a pochi passi dalla storica sede. Sportivo nell’anima ed ex calciatore, Davide Oldani propone al lettore una serie di preparazioni dedicate a chi pratica sport, sottolineando i molteplici punti di incontro tra la cucina e l’attività fisica: impegno, concentrazione, dedizione, sforzo, determinazione, obiettivi da raggiungere. “Quante cose hanno in comune sport e cucina! Sono energia pura per il corpo e per la mente” spiega lo chef del D’O. Per lui infatti gusto e benessere sono un’accoppiata vincente a tavola.
84 Artù ottobre 2016
Alberto’s choice
Nessuna rivisitazione! Parola di Bruno CAPRESE, SEMPRE UNA CONFERMA POSITIVA
del termine. Un ristorante di cui, pensiamo, non si scrive abbastanza: forse perché si è sempre alla caccia di novità, e ci si dimentica spesso di quanti Ristorante La Caprese quotidianamente svolgono il proprio mestiere con Via Garibaldi, 7 tenacia e continuità. E ottimi risultati, come nel 24030 Mozzo (Bg) caso di Bruno. La sua forza sta proprio in questo: Tel 035 4376661 nel non avere mai voluto stravolgere o “rivisitare” i www.ristorantelacaprese.com grandi piatti del repertorio culinario caprese, quella chiuso domenica sera e lunedì “cucina dei pescatori” a cui si ispira il locale. Piatti fedelmente riprodotti o, semmai, interpretati con l’estro e l’entusiasmo di un grande chef patron e della sua straordinaria famiglia, equamente Bruno Federico, caprese di Capri, ha portato la ge- divisa fra cucina (dove opera la moglie di Bruno, nialità isolana, insieme al carattere che lo con- Giuseppina) e la sala, in cui la figlia Antonella si traddistingue e alla passione che mette nei suoi muove con disinvoltura e professionalità. Aprendo piatti, in terra bergamasca. Questa non è certo il menù della Caprese si legge, prima della elencauna novità, visto che “Bruno della Caprese”, come zione dei piatti in carta: “Nella nostra cucina non lo chiamano amichevolmente clienti e fornitori, è troverete le rivisitazioni, non troverete degli accoa Mozzo (tra Bergamo e Pontida) da oltre quaran- stamenti coraggiosi… Forse troverete ‘qualcosa in t’anni, ormai. La “notizia”, secondo noi, è che la meno’, ma è proprio quel qualcosa in meno che Caprese resta un indirizzo più che sicuro per i per noi è un valore aggiunto”. Dichiarazione progourmet e per gli appassionati della cucina di grammatica, molto sincera e diretta, che suona pesce intesa nel senso più classico e tradizionale quasi come una risposta necessaria verso quanti
LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta
Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Due corone = Linea di cucina corretta
Una corona = Cucina dignitosa e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza Bruno, Antonella e Giuseppina Federico.
Due cervelli = Ragionevole
Un cervello = Abbastanza ragionevole
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
hanno “rivoluzionato” la cucina tradizionale al punto da farla spesso risultare un’accozzaglia di materie prime dai gusti affastellati, non distinguibili nel piatto, destinata solo ad essere dimenticata velocemente. Le proposte di Bruno sono trasparenti e dirette e, soprattutto, rispettose del territorio di provenienza dello chef: da segnalare che attraverso due Menù degustazione (Isolana e Caprese, en-
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A Artù Numero 77 ottobre 2016
Alberto’s choice
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it
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Hanno collaborato Rebecca Andreola, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Antonio Ezio, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Gigliola Gigli, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Rosa Marchetti, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Riccardo L. Molino, Aldo Nenzi, Cristina Panigada, Muriel Picard, Gio Pirovano, Mauro Remondino, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Elisa Tricarico, Claudio Zeni, Stefania Zolotti.
trambi venduti a 120 euro a coppia) vi è la possibilità di assaggiare in quantità adeguata (per non dire copiosa) le specialità di pesce più rappresentative dell’isola, rese ancor più accattivanti dalla genialità dello chef, della moglie Giuseppina e della brigata. Il primo dei due menù comprende: Crudità di pesci all’Isolana, Alici marinate e sgombretto sott’olio, Parmigiana di pesce spatola, Spa-
precedente menù. Ovviamente, chi preferisce scegliere alla carta ha molte possibilità in più e non si pentirà per nulla di avere deviato dalla proposta dei due menù “fissi”. A chi non fosse mai stato alla Caprese, raccomandiamo di provare almeno due piatti, per testare con quanto amore sia stata creata (e venga aggiornata) la linea di cucina del ristorante. Nemmeno a cercarli col lanternino, in nessun piatto si trovano errori (eccesso di sale o di salse, cotture inadeguate, fritti oltre il limite, forzature o ridondanza degli ingredienti utilizzati ecc.): l’equilibrio - che è figlio della passione misurata domina su tutte le preparazioni. Dopo l’ultima visita, Artù propone di ordinare innanzitutto il “crudo” di frutti di mare, o la meno impegnativa Insalata di polpo con patate, o la classica Impepata di cozze. Fra i primi, senza alcun dubbio la priorità va data, oltre ai piatti già indicati prima, ai Paccheri con cozze, fagioli, gamberi e rucola, alle Linguine con aragosta (o con astice), al Risotto con i frutti di mare, alla Pasta con seppia in nero. Per i secondi lasciatevi guidare: Bruno vi suggerisce il meglio, e non dei ripieghi, statene certi: la schiettezza lo contraddistingue. Il Gran fritto misto, piatto tradizionale per antonomasia, è molto ricco, la Zuppa di pesce alla Partenopea (speciale con Capelli d’angelo) è un piatto dal gusto delicato, i Crostacei (al vapore, saltati in padella o alla griglia) meritano il viaggio. Ma ai più ghiotti segnaliamo il Tortino di sarde con finocchi e fagottino di alici con melanzane. Insomma, la Caprese è un riferimento collaudato per gli amanti del pesce che qui non rimarranno delusi: dalla bontà oggettiva dei piatti ma anche, va detto, dalla simpatia coinvolgente di Bruno Federico, chef patron molto amato dai bergamaschi (e non solo) alla ricerca ghetti con vongole veraci alla Posillipo (fra i migliori di piatti supercollaudati. La sala, si diceva, è solimai mangiati), Zuppetta di pesce alla partenopea, damente presidiata da Antonella, dallo stesso Sorbetto di frutta di stagione, Carosello di dolci Bruno, supportati da giovani volonterosi e compedella tradizione caprese. Il secondo: Insalata di tenti. Molto presenti, nella carta dei vini, etichette mare tiepida alla Caprese, Sautè di frutti di mare, campane, con prevalenza di Irpinia, Ischia e Capri Fritturina mista (incredibile, per leggerezza e con- stessa. Ma la selezione è molto vasta, e non sistenza), Lumaconi di pasta di Gragnano con trascura bollicine importanti, italiane e francesi, e ragù di pesce all’Isolana, Pesce di lenza alla Na- in grandi bianchi che sono il biglietti da visita poletana, Sorbetti e Carosello di dolci, come nel della nostra migliore produzione nazionale.
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