Artù 11 2016

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€ 5,00

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

La ristorazione ragionevole

Cover story Maison Krug e l’umile uovo L’intervista Marianna Vitale il Sud migliore Eventi Chef a Milano

Novembre 2016

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Editoriale

Ciauscolo e lenticchie, guanciale e cicerchie La tragedia del terremoto, prima ad Amatrice, poi a Visso, Norcia, Sarnano e un po’ dovunque in quel “cuore verde d’Italia” che lambisce Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, ci coinvolge e atterrisce. L’ansia in cui decine di migliaia di persone vivono oggi la loro quotidianità, aldilà di quanti hanno perso tutto (casa, lavoro, opportunità, amicizie, affari) è la nostra ansia. La lunga crinale montuosa del Centro Italia (nella sua linea che va dall’Appennino Pesarese fino ai Monti della Laga e ai Sibillini e giù verso sud est) è diventata una enorme crepa senza fondo e senza fine, una dorsale tumultuosa che si sta incrinando al punto tale da evocare fantasmi ancor più tragici, oggettivamente ingestibili: l’Italia si spacca in due, in tre, in cento, mille particelle che diventano invivibili, con case e monumenti storici in polvere, con la disperazione che monta, con la certezza per tanti di essere degli homeless, a lungo, non si sa per quanto. O comunque privi di ogni sicurezza. Come se, con loro, si polverizzasse la nostra storia, la nostra cultura, le relazioni, l’essenza stessa della vita. Chi conosce quei territori, peraltro di una bellezza mozzafiato, sa quanto sia complessa ogni possibilità di intervento immediato, razionale, organizzato. La logistica dei luoghi non facilita in alcun modo la rapidità nei soccorsi, negli aiuti concreti, nella possibilità di mettere in sicurezza in tempi brevi un territorio enorme, che comprende centinaia di frazioni, villaggi, case sparse. Resi ancor più distanti da strade tortuose, sterrate, con tempi di percorrenza biblici e mezzi di trasporto pubblico rari o inesistenti. Facile dire, come molti fanno: “in Giappone terremoti ben peggiori non creano alcun problema”. Probabilmente, chi parla in questo modo è affetto da sindrome di semplificazione; il confronto è impossibile, credetemi. Per la tipologia delle abitazioni, per l’organizzazione generale di quel Paese, per la cultura antisismica che fa parte del dna dei Giapponesi, per la serietà della politica, contrapposta al nostro fatalismo bonario, al “carpe diem” oraziano che contraddistingue la gran parte dei nostri comportamenti. “Del doman

non v’è certezza” è la filosofia italica di vita, che purtroppo è ancora oggi un criterio al quale (non) ispirarsi. Il discorso è lungo e complesso e andrebbe affrontato tenendo conto di tante variabili: ma parlare a vanvera è esercizio diffuso in Italia, e forse, varrebbe la pena di riflettere più a lungo prima di sparare sentenze. Andando oltre le evidenze, però, mi viene da dire: per fare qualcosa di concreto, in cui il “contenuto” assume un’importanza non trascurabile, utilizziamo di più e meglio le specialità alimentari - spesso ritenute minori - di quel magico lembo d’Italia, oggi devastato. Penso al Salame di Visso, il mitico Ciauscolo che si può addirittura spalmare sul pane caldo, o alle minuscole Lenticchie di Castelluccio, alle gustose Cicerchie di Norcia, ma anche al Guanciale di Amatrice, di cui già molto si è detto. O alla Marotta, il delizioso salame di carne magra, fatto utilizzando la spalla del maiale, il Nero Sabino allevato nel quadrilatero compreso fra Amatrice, Campotosto, Leonessa, Norcia. O, ancora, alle patate di Colfiorito, icona di qualità, spesso dimenticate in nome di varietà straniere. Se cercassimo, per quanto possibile, di dare un contributo attivo e concreto a queste produzioni (ordinandole nei propri locali, sostenendone il valore e diffondendone le caratteristiche), daremmo un bel segnale, forte e solidale. Simbolico certo, ma anche sostanziale. Dalla parte del gusto e della qualità, pur nella consapevolezza delle quantità, rese ancor più limitate dagli effetti devastanti del sisma = Alberto P. Schieppati

1 Artù novembre 2016


Sommario

Novembre 2016

In copertina: Krug Grande Cuvée e l’uovo. Il più umile degli ingredienti è il protagonista del lavoro creativo e geniale di 17 grandi chef delle Krug Ambassade nel mondo, che hanno studiato piatti esclusivi a base di uova, con risultati sorprendenti e abbinamenti straordinari (ph. Jenny Zarins).

A 4 News Cover story 12 Krug, la semplicità dell’uovo, ingrediente sorprendente L’intervista 18 Marianna Vitale, il vantaggio del Sud L’opinione 24 Fuori casa, dentro casa 26 Pane e salame, il “Michèn” di Andrea Storie di successo 28 Attitudine orientale: e il Gong rimbomba 32 Quelle Biciclette hanno un’ottima Vista 36 Pompiere di Verona, tradizione e avanguardia Focus food 40 Armani ospita quattro grandi chef 44 Cascinale nuovo, la stoffa dei Ferretto Focus wine 48 Sangiovese di Predappio, la Passione di Condello 52 Mezzacorona, il valore del Trentino in Castel Firmian Focus beverage 54 Roner, distillati di puro piacere 58 Acque Minerali d’Italia punta su Sangemini Format food 60 Milano fra poké e avocado toast La ricetta di Artù 64 Il grande risotto di Fabio Silva La foto di Cioffi 67 Michele Mauri Accueil 68 Bellevue di Cogne: Spa d’alta quota 72 Al Castello di Spaltenna Dal mondo 74 La cucina dei Fiordi di Christopher Haatuft Equipment 78 Angelo Agnelli, l’evoluzione dell’alluminio 82 Royale, il piatto perfetto per la ristorazione di qualità Eventi 84 Top Italian Chef, quanti cuochi al Mudec Gusto e mercati 88 Quanto emoziona un vino? Parla il neuromarketing 90 Brand news Libri 92 Le ricette di Allan Bay, grana, risotti e camerieri Alberto’s Choice 94 Aleramo di Moncalvo, Brutti di mare a Milano

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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

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News Da Collalto gli Incroci Manzoni

La grande personalità di Appius 2012 al Merano Wine Festival

Impollinazioni di vitigni diversi, frutto delle ricerche svolte tra il 1920 e 1930 nelle tenute di Conte Collalto dal professore Luigi Manzoni, preside dell’Istituto di Viticoltura ed Enologia di Conegliano. Da qui nascono gli Incroci Manzoni di Collalto, prodotti ancora oggi con grande successo e simbolo del legame tra l’azienda e il territorio, nonché con il passato. L’Incrocio Manzoni Rosso, conosciuto anche come Manzoni 2.15, deriva dall’incrocio fra Glera e Cabernet Sauvignon; il Manzoni Rosé è un incrocio tra Raboso Piave e Moscato d’Amburg. Il Manzoni Bianco Colli Trevigiani I.G.P. rappresenta un ibrido nato dall’impollinazione fra ceppi di Riesling Renano e Pinot Bianco e infine, rarità e peculiarità di Collalto, è il Rosabianco, un incrocio Manzoni di Trebbiano e Traminer Aromatico di colore giallo paglierino.

Grande debutto per la terza edizione di Appius 2012, il vino d’autore del winemaker Hans Terzer della Cantina San MicheleAppiano, presentato all’inaugurazione della 25° edizione del Merano Wine Festival (dal 4 all'8 novembre a Merano). Sorprende ancora una volta la cuvée prodotta solo con uve di qualità provenienti da vecchi vigneti. Le condizioni climatiche favorevoli dell’annata 2012 hanno concesso, per il terzo anno consecutivo, dopo Appius 2010 e 2011, di privilegiare ancora una volta le uve bianche: in questa edizione di Appius 2012 è evidente una decisa prevalenza di Chardonnay (circa i due terzi), il resto è ripartito tra Sauvignon Blanc, Pinot Grigio e Pinot Bianco. Colore giallo dorato, limpido e brillante con un’intensità di profumi di bouquet di frutta esotica. La presenza del legno è espressa dal tono nocciolato e deriva dal fatto che questo bianco nasce in barrique/tonneaux di rovere, dove rimane per quasi un anno, a cui seguono tre anni di affinamento in tini di acciaio prima dell’imbottigliamento. Il progetto di Hans Terzer continua dunque al fine di realizzare, anno dopo anno, un vino capace di rappresentare fedelmente il millesimo e di esprimere la creatività e la sensibilità del suo autore. Ogni edizione di Appius è limitata, quest’anno sono 5.500 le bottiglie disponibili, più un centinaio di magnum e qualche grande formato.

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Feudi di San Gregorio, bollicine nella boutique Chantecler Anche quest’anno la Vendemmia di Via Montenapoleone non ha tradito le aspettative. Una settimana all’insegna dell’eccellenza caratterizzata da degustazioni dei migliori vini italiani e champagne proposti in location d’eccezione: i negozi delle grandi griffe del quadrilatero della moda, aperti per l’occasione fuori orario. Tra rossi e bianchi, e naturalmente Champagne, non poteva mancare la rappresentanza del prosecco: la prestigiosa boutique Chantecler, in via Santo Spirito 1, gioielli in “puro spirito Capri”, ha accolto le preziose bollicine proposte da un’altra realtà imprenditoriale campana di livello, Feudi di San Gregorio, capace di valorizzare a pieno i vitigni del Sud Italia.

Premio Piatto dell’Anno con Vranken Pommery

Longino & Cardenal a Hong Kong

Prestigioso il riconoscimento dedicato alla cucina d’autore “Premio Piatto dell’Anno” promosso dalla Maison di Champagne di Reims che ha consegnato l’ambito trofeo al Ristorante “Casadonna Reale”, Castel di Sangro, durante la quinta edizione del prestigioso Premio della Guida L’Espresso 2017. Ha ritirato il premio alla Stazione Leopolda di Firenze Niko Romito, chef executive di Casadonna Reale, grazie al suo piatto “Piccione fondente e pistacchio” esaltato dall’ abbinamento con lo champagne Cuvée Louise Grand Cru Millésimé Nature 2004, presentato per l’occasione speciale dal suo creatore, lo chef de cave Thierry Gasco. Nella foto Mimma Posca, ad Vranken-Pommery Italia e Niko Romito. Foto Locchi Firenze.

Prodotti gourmet e stelle. Dal 3 al 5 novembre il Tosca The Ritz Carlton di Hong Kong ha ospitato nelle cucine dirette dallo chef pugliese Pino Lavarra, lo chef Carlo Cracco, per una tre giorni all’insegna dell’eccellenza. L’iniziativa è infatti stata organizzata dai due chef in collaborazione con Longino & Cardenal che ha messo a disposizione una grande varietà di materie prime di altissima qualità selezionate e importate a Hong Kong da tutto il mondo. L’azienda, fondata nel 1988 e diretta da Riccardo Uleri, importa in Italia molti preziosi ingredienti, una ricerca che dura da 20 anni e che continua ancora oggi conquistando diversi mercati, come quello di Hong Kong e Dubai. Nella foto il Tuorlo d’Uovo Marinato di Carlo Cracco.

4 Artù novembre 2016



News Milano nel suo ristorante in via Goldoni) abbinata alla qualità delle carni, di gusto e tenerezza fantastici, ha trasformato la cena in un evento gourmet memorabile. I piatti, non semplici ma di rara efficacia gustativa, hanno colpito i giornalisti invitati. A cominciare dal Carpaccio di Welsh Lamb con salsa Shangainese fino alla Tartare di agnello affumicata con yogurt salato e, ancora, alla Fregola in brodo di agnello gallese e cozze, con cinque spezie diverse. Una sequenza curata con grande attenzione per i dettagli, che ha rivelato una duplice conferma: da un lato la professionalità di Misha e la sua conoscenza delle materie e delle tecniche, dall’altro la straordinaria versatilità dell’agnello gallese. La presenza alla cena di Rhys Llewelyn, market development manager di HCC Meat Promotion Wales e di Alex James, responsabile export di HCC, hanno dato ulteriore valore alla cena, essendo i due manager molto impegnati nella comunicazione del valore di questa carne straordinaria.

Misha Sukyas e l’agnello gallese Welsh Lamb ha scelto lo chef milanese (ma di origini armene, esperienze con grandi stellati) Misha Sukyas per una cena speciale, che fosse in grado di esaltare a dovere la carne

di agnello gallese. Jeff Martin, che in Italia si occupa di valorizzare al meglio questo prodotto, non poteva fare scelta più azzeccata: la creatività “estrema” dello chef (che opera a

“Trentodoc Bollicine sulla Città 2016” Dal 18 novembre all’11 dicembre l’appuntamento è a Trento con la dodicesima edizione di Trentodoc Bollicine sulla Città, manifestazione che propone appuntamenti, degustazioni, eventi e incontri per scoprire il primo metodo classico Doc riconosciuto in Italia. Organizzata dall’Istituto Trento Doc in collaborazione con la Camera di Commercio I.A.A. e il supporto della Provincia autonoma di Trento, l’evento coinvolge bar, winebar ed enoteche con aperitivi 100% trentini e case spumantistiche della zona. Il 20 novembre grande appuntamento al Grand Hotel Trento per il Congresso nazionale A.I.S., dove si svolgerà anche la finale del Concorso “Miglior Sommelier d’Italia” dell’Associazione Italiana Sommelier. Programma su www.trentodoc.com.

Berton Al Lago, il successo di Raffaele Lenzi A dirigere la sua brigata sul Lario, Andrea Berton ha chiamato il talentuoso executive chef di origini napoletane Raffaele Lenzi. Il ristorante Berton Al Lago, all’interno dell’hotel “Il Sereno, Lago di Como”, a Torno (Co), si è già imposto come indirizzo gourmet grazie a piatti della tradizione gastronomica italiana riproposti in chiave contemporanea: grandi classici come la Millefoglie Melanzane, Mozzarella e Pomodoro, il Risotto allo Zafferano, Ragù alla Genovese e Polvere di Funghi e il Vitello alla Milanese, Bietole novelle, Limone candito sono sempre più apprezzati grazie all’estro di Raffaele Lenzi, attento soprattutto al pesce di lago. Acquistato direttamente da pescatori locali, il pesce di lago viene proposto dall’antipasto (Salmerino al Vapore, Sedano Bianco e Mostarda di Pesche) ai piatti di portata come gli Gnocchi di Patate, Peperoncini verdi in Guazzetto di Pesci del Lago di Como o il Lavarello alla Plancia, Erbe aromatiche, Zucchine. Il tutto accompagnato da una carta dei vini che annovera etichette d’eccellenza del territorio valtellinese, italiane e internazionali, affidata all’F&B Manager Giampaolo Fabrizio. Berton al Lago è aperto tutti i giorni dalle 7.00 alle 22.00 per la prima colazione, il pranzo e la cena sia agli ospiti dell’hotel, sia agli esterni.

6 Artù novembre 2016

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Al ristorante Essenza due “cappelli da cuoco” Il ristorante Essenza di Milano (via Marghera, 34), maison dello chef italo-olandese Eugenio Boer, testimonial da aprile 2016 di Elettrodomestici Siemens, è stato premiato dalla guida “I Ristoranti d’Italia” de L’Espresso con due “cappelli da cuoco”, per la sua cucina di qualità e di ricerca. Eugenio Boer propone piatti in continua evoluzione, fondendo i sapori dell’infanzia, quando era in Olanda, con quelli degli anni passati in Liguria e in Sicilia, nonché le esperienze nelle cucine stellate in Toscana, Berlino e Alta Badia.


Guida Veronelli, presentati i Super Tre Stelle 2017 L’edizione numero XXIX della storica pubblicazione dedicata alle eccellenze enologiche italiane è stata presentata a Roma, al Donna Camilla Savelli Hotel. La Guida Oro I Vini di Veronelli 2017 raccoglie 16.252 referenze recensite, prodotte da 2.049 aziende selezionate: 346 le etichette che hanno ottenuto valutazione uguale o superiore a 94/100 nelle degustazioni dei curatori Gigi Brozzoni e Daniel Thomases, a cui la Guida Veronelli ha assegnato le Super Tre Stelle 2017, massimo riconoscimento. Nella sfida tra regioni italiane la classifica vede la Toscana al comando con ben 94 Super Tre Stelle, seguita dal Piemonte con 76 vini d’eccellenza e dal Veneto a quota 36. Chiudono Sicilia e Campania con 24 e 20 etichette premiate. La presentazione della Guida agli addetti ai lavori e alla stampa specializzata si è conclusa con un prezioso banco d’assaggio dei Sole 2017, premi speciali assegnati dalla redazione della Guida, allestito in collaborazione con le aziende premiate e con la partecipazione di Luigi Bormioli, partner tecnico dell’Associazione, che ha fornito i calici. Ad accompagnare le degustazioni una selezione di specialità gastronomiche realizzate dagli artigiani del gusto partner dell’evento.

Tramin, “Vendemmia Tardiva” in edizione limitata Collezione esclusiva quella di Cantina Tramin, in soli 118 esemplari. Terminum Exclusive Vintage Edition regala l’emozione di poter degustare tre annate di Terminum Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Alto Adige Doc, racchiuse in una elegante custodia in edizione limitata e numerata. In degustazione le annate 2006, 2009 e 2012. La preziosa confezione, in corrispondenza di ciascuna delle tre bottiglie, riporta la descrizione dei relativi premi ottenuti e tutte le informazioni per degustare le tre diverse annate di Terminum Vendemmia Tardiva: diversamente dai vini passiti, per la “Vendemmia Tardiva” l’appassimento si ottiene in vigna, con un costante monitoraggio dello stato dei grappoli. Solo quando gli acini sono ricoperti di “muffa nobile” (botrite cinerea) si può procedere con la vendemmia. Ne sono nati tre grandi vini da meditazione dalla straordinaria potenzialità di invecchiamento che conferisce una vita molto lunga, anche di oltre vent’anni.


News

Upstream, il salmone di Claudio Cerati

Caseus Veneti, il top dei formaggi veneti

Da sempre appassionato e attento conoscitore del mondo enogastronomico, l’imprenditore parmigiano Claudio Cerati ha concretizzato un progetto unico nel cuore del parmemse. Con Upstream, letteralmente “controcorrente”, vuole portare il salmone affumicato di qualità a un consumo quotidiano, sdoganando l’idea di un prodotto legato solo alle feste natalizie. Appena pescato nelle acque incontaminate dell’arcipelago delle Faroe Islands, tra l’Islanda e la Scozia, il salmone viene marinato con sale marino e zucchero, secondo la ricetta esclusiva messa a punto da Claudio Cerati. Durante ogni passaggio il salmone perde liquidi, subendo un calo del peso finale del 20-25% rispetto al prodotto fresco, una tecnica che consente al salmone Upstream di diventare una materia prima eccellente. L’affumicatura è inoltre 100% “made in Parma” ed è eseguita con un mix di legni, principalmente faggio, raccolti nei boschi dell’Appennino Parmigiano: una foglia d’alloro, simbolo dell’affumicatura, completa il confezionamento sottovuoto. Il salmone Upstream, di produzione artigianale, è presente nelle migliori gastronomie italiane e può essere ordinato sul sito www.upstreamsalmons.com, direttamente collegato alla piattaforma www.foodscovery.it, il market place di eccellenze italiane che gestisce la vendita del salmone Upstream on-line.

La XII edizione di Caseus Veneti, concorso regionale formaggi del Veneto, si è conclusa facendo registrare grandi numeri: oltre 30 mila visitatori e più di 400 diversi formaggi locali in mostra. Sostenuto dalla Regione Veneto e promosso dal Consorzio di Tutela Grana Padano Dop con i consorzi delle altre grandi Dop venete come l’Asiago, il Montasio, il Piave, la Casatella Trevigiana, il Monte Veronese, il Provolone Valpadana, la Mozzarella STG, Caseus Veneti ha visto quest’anno la presenza di grandi chef emergenti dilettarsi in sette show cooking condotti da Adua Villa e Marco Colognese. Infine le attese premiazioni: la giuria formata da stampa di settore nazionale, ha infatti degustato i 37 formaggi già premiati assegnando premi speciali ai formaggi veneti dell’anno. Quattro i top: Casatella Trevigiana Dop della Latteria S.Andrea di Povegliano (Tv), il formaggio Piave Dop di Lattebusche di Cesio Maggiore (Bl), lo stracchino del Caseificio Castellan Urbano di Rosa (Vi), il Capra ubriacato al Traminer della Latteria Perenzin di San Pietro di Feletetto (Tv).

“iNobel”, le stelle dell’eccellenza di GIV Grande successo per i due eventi dedicati a iNobel promossi da GIV, Gruppo Italiano Vini, progetto che mira a valorizzare le 12 super eccellenze del Gruppo, ovvero quei vini che hanno ottenuto i premi, i punteggi e i riconoscimenti più prestigiosi del settore. Due gli appuntamenti, al Westin di Milano il 12 ottobre, moderato da Luisito Perazzo dell’Associazione Italiana Sommelier, e al Cavalieri di Roma moderato da Paolo Lauciani della Fondazione Italiana Sommelier il 19 ottobre, per presentare i vini scelti, iNobel come vengono chiamati, prodotti da nove cantine da otto regioni diverse, 12 vini a rappresentare l’eccellenza enologica nazionale. A dirigere i lavori Roberta Corrà, Direttore Generale di Gruppo Italiano Vini, e gli enologi con i racconti dei loro vini “stellati”. Il viaggio nell’eccellenza parte dalla Valtellina con lo Sfursat 5 Stelle e con il Valtellina Superiore Fracia della Nino Negri; si passa poi a due grandi Amarone della Valpolicella, il Proemio della Santi e Le Origini di Bolla. La Cavicchioli di San Prospero,

vicino Modena, propone il suo Lambrusco di Sorbara Rosé del Cristo, ottenuto con il Metodo Classico e dal Chianti Classico arriva il Vigneto La Selvanella della Melini. Più a sud, nei Castelli Romani, si eleva il Frascati Superiore Riserva Luna Mater di Fontana Candida e dalla Basilicata i due rossi della cantina Re Manfredi: l’Aglianico del Vulture e il Vigneto Serpara. Da Castello Monaci arriva invece il Salento Artas, fino alla conclusione del viaggio ad Alcamo, nella storica Tenuta Rapitalà: da qui provengono lo Chardonnay Grand Cru e l’Hugonis.

8 Artù novembre 2016



News Al Château Monfort il Brunch è Privèe Château Monfort, l’hotel 5 stelle milanese del Gruppo Planetaria Hotels, propone una serie di appuntamenti dedicati al brunch domenicale nel Ristorante Rubacuori by Venissa. L’iniziativa Brunch Privèe è partita domenica 6 novembre con il tema “The Vegetarian Choice”. Ospite d’onore è stata Sabina Joksimovic, chef stellato del Venissa wine resort a Mazzorbo. Tra le proposte nel menu: la passeggiata nel bosco; quinoa d’autunno; giardino di verdure in diverse consistenze; dall’orto e dalla laguna; veggy guarda ad Oriente; ispirazioni di Sabina e il riso e la stagione. Gli appuntamenti con il Brunch Privèe proseguono il 13 novembre con Fantasia, il 20 novembre con Il bollito e dintorni, il 27 novembre 100% maialino e molte altre proposte in altrettante date.

Cristal 2009, il millesimato della Maison Roederer

Tenute Nardi, Brunello di Montalcino Docg 2011

Al Four Seasons Hotel di Milano grande appuntamento con la Maison Louis Roederer. Protagonista dell’evento il millesimato Cristal Brut 2009, creazione dello Chef de Caves Jean-Baptiste Lécaillon che, insieme a Frédéric Rouzaud, Presidente della Maison e Massimo Sagna, importatore e distributore dei vini dell’omonima Maison, ha illustrato le caratteristiche di questo millesimato nato dalla filosofia della “Différence Cristal “, ovvero un lavoro di analisi e di cura delle vigne meticoloso. Cristal 2009 è prodotto per il 60 % da uve Pinot Noir e 40% da Chardonnay, il dosaggio è pari a 8 g/l. Malolattica pari a zero, affinamento per il 16% in fusti di rovere, sei anni di maturazione e otto mesi in bottiglia. Un millesimato dalle grandi potenzialità di invecchiamento. Per l’occasione è stato presentato anche il Brut Nature 2009, la cui etichetta è firmata dal celebre designer Philippe Starck.

Nella terra del Brunello di Montalcino, Tenute Silvio Nardi si distingue per l’estensione più importante di tutta la denominazione per la produzione di Brunello, a cui sono dedicati ben 50 ettari. Due le tenute della famiglia Nardi, Casale del Bosco e la tenuta Manachiara, valorizzate e gestite oggi da Emilia Nardi, terza generazione e presidente dell’azienda. Dagli anni ’90 l’obiettivo è sempre stato quello di produrre un eccellente Brunello di Montalcino. Fino alla produzione del Brunello di Montalcino Docg 2011, 100% Sangiovese con una maturazione per 12 mesi in tonneaux di rovere francese di secondo passaggio, seguita da 18 mesi in botti grandi di rovere di Slavonia. Affinamento poi in bottiglia per almeno 12 mesi.

Veuve Clicquot e la pizza di Ciro Oliva: sposalizio del gusto Un incontro inaspettato ma di grande valore quello tra pizza e champagne. Se poi la pizza è quella di Ciro Oliva e lo champagne Veuve Clicquot, il successo è assicurato. In occasione della manifestazione “Che Pizza!”, andata in scena a Milano a fine ottobre, il grande pizzaiolo Ciro Oliva, uno dei migliori interpreti della pizza napoletana nonché quarta generazione della storica pizzeria Concettina ai Tre Santi di Napoli, ha proposto la sue gustosissime creazioni abbinate a un vino di carattere come lo Champagne Veuve Clicquot. Ne è scaturita una verticale di pizze e champagne in un crescendo di sapori, dimostrando come un cibo "semplice" come la pizza può sposarsi perfettamente a un grande champagne. A Ciro Oliva si deve l’importante lavoro di aver elevato la pizza a prodotto d’eccellenza, scegliendo solo ottimi ingredienti e soprattutto valorizzando l’impasto.

Successo per il 1° Convegno Associazione Le Soste “Alimentazione tra salute e piacere” è stato il primo convegno organizzato a Milano, a Palazzo dei Giureconsulti, dall’Associazione Le Soste, in scena il 24 e il 25 ottobre. Docenti universitari, insegnanti e studenti, aziende sponsor, patrocinatori e appassionati di cucina - buona e sana -, hanno partecipato al Convegno dedicato all’alta cucina a 360°, ovvero indagando tutto ciò che comporta sia dal punto di vista della “Salute” sia da quello del “Piacere”. Mario Cucci, a capo dell’ufficio stampa e comunicazione dell’Associazione Le Soste, ha aperto i lavori introducendo il tema “Il cibo come salute”. Ne è emerso come gli chef di oggi siano sempre più consapevoli dell’aspetto salutistico, comprese intolleranze e allergie, nella cucina, scegliendo sempre attentamente materie prime di qualità e prodotti di stagione. Il tema “L’evoluzione della ‘grande’ cucina italiana” ha interessato invece il secondo giorno del convegno, in particolare il valore della cucina italiana nella sue “articolazioni regionali”. Tanti gli ospiti, chef stellati e persone di spicco che hanno partecipato con entusiasmo a questo primo convegno.

10 Artù novembre 2016



12 ArtĂš novembre 2016


Cover story

Krug, la semplicità dell’uovo, ingrediente sorprendente dopo il successo della prima serie di sorprendenti abbinamenti gastronomici con l’umile patata, nel 2015, la Maison Krug si avventura in un’esplorazione ancora più ardita. Anche se l’uovo, un ingrediente essenziale presente nelle cucine di tutto il mondo, si può considerare un elemento semplice, il suo abbinamento con lo Champagne è complesso e articolato. Una sfida anticonvenzionale che diciassette chef di L’individualità, ossia l’arte del comprendere che ogni grande talento, appartenenti alle Krug Ambassade, singolo appezzamento di terreno (le mitiche parcelles) hanno accettato; ideare un esclusivo piatto a base costituisce in se stesso un unico ingrediente, rappre- di uovo, capace di ispirare, con amore, creatività e senta il cuore del savoir-faire della Maison Krug. dedizione. Tuttavia, “In camicia, strapazzate, o fritte?” Ogni anno, l’individualità è anche la fonte della non è una mera collezione di originali abbinamenti ricerca Krug di un solo ingrediente, straordinario e gastronomici che esplorano il delizioso connubio di versatile, capace di suscitare la curiosità e stimolare Krug Grande Cuvée e del semplice ma sublime uovo; il talento degli chef delle Krug Ambassade di tutto il rappresenta anche l’incontro di diciassette dei migliori mondo. Il frutto di tutto ciò è la creazione di piatti chef mondiali delle Krug Ambassade, in tre grandi fantasiosi e audaci, che arricchiscono l’esperienza città: Hong Kong, Parigi e New York. Si tratta quindi di della degustazione di Krug Grande Cuvée. Nel libro, un omaggio reso ai momenti speciali e indimenticabili “In camicia, strapazzate, o fritte?”, la seconda pubbli- della vita. Le interviste e i ritratti degli chef protagonisti, cazione della serie, la Maison appartenenti alle Krug Ambassade Krug celebra ancora una volta di undici Paesi e tre continenti, la passione, la diversità e la “Dopo l’umile patata sono la testimonianza appassiogioia che circondano un unico nata e insolita dei Krug Lovers, tocca all’uovo essere ingrediente. Dopo l’umile ma notraboccante del piacere e della bile patata, ora tocca all’uovo dedizione profusi nella creazione protagonista di salire alla ribalta con elegante grandi piatti gourmet discrezione. Figlia della sua connaturata semplicità. Krug Grande proposti dagli chef Cuvée riesce sempre ad essere delle Krug Ambassade l’abbinamento perfetto per le proposte più originali e raffinate del mondo” dell’alta ristorazione e della cucina gourmet realizzata da grandi chef. Indubbiamente, questo assemblaggio di oltre 120 vini di più di 10 annate diverse, offre incredibili opportunità di abbinamento gastronomico, dalle creazioni più raffinate, alle più semplici materie prime di qualità. “L’assemblaggio di vini così diversi, provenienti da annate altrettanto diverse, mi consente di esprimere una pienezza di sapori e aromi che sarebbe altrimenti impossibile ottenere con vini di una sola annata. La ricchezza di Krug Grande Cuvée permette a tutti di scoprire qualcosa che suscita forti emozioni”, spiega Eric Lebel, Chef de Cave Maison Krug. Quest’anno,

La Maison di Reims ha sempre posizionato la Grande Cuvée al primo posto nelle possibilità di abbinamenti gourmet creativi, fantasiosi e raffinati.

13 Artù novembre 2016

Qui sopra: Olivier Krug, direttore della Maison e sesta generazione della famiglia Krug. Sotto: Krug Grande Cuvée. Nella pagina a lato: Krug & Egg, il nuovo abbinamento gastronomico del 2016 è l’uovo. (ph. Jenny Zarins).


Cover story

di questa esperienza gastronomica, al solo scopo di concepire nuove sensazioni da condividereg. Che si tratti di chef con tre stelle Michelin o astri emergenti, condividono tutti la filosofia della Maison Krug. Nella rete globale delle Krug Ambassade, dei ristoranti, enoteche e hotel, gli autentici Krug Lovers apportano il loro talento appassionato, determinato e creativo in tutto quello che fanno. “In camicia, strapazzate, o fritte?” presenta gli Chef delle Krug Ambassade: Umberto Bombana (8½ Otto e Mezzo Bombana, Hong Kong), Ryan Clift (Tippling Club, Singapore), Vivien Durand (Le Prince Noir, Francia), Hiroyuki Kanda (Kanda, Giappone), Arnaud Lallement (L’Assiette Champenoise, Francia), Bert Meewis (Slagmolen, Belgio), Christopher Millar (Stellar, Singapore), Michael O’Hare (Man Behind The Curtain, UK), Uwe Opocensky (Mandarin Grill & Bar, Hong Kong), Tim Raue (Tim Raue, Germania), Yosuke Suga (Sugalabo, Giappone), Nurdin Topham (Nur, Hong Kong), Leonardo Vescera (Il Capriccio, Italia), Torsten Vildgaard (Studio, Danimarca), Kirk Westaway (Jaan, Singapore), Michael White (Marea, USA), James Won (Enfin By James Won, Malesia). Osservate l’uovo: una forma ovoidale dal guscio sottile che racchiude un tuorlo dorato e un albume opalescente, un alimento completo e per-

Qui a lato: lo chef Leonardo Vescera, uno dei Krug Ambassador scelto dalla Maison come rappresentante dell’Italia per il libro Krug & Egg (ph. Jenny Zarins). Sopra: Il famoso piatto di Vescera “Ravioli di pasta alla carbonara liquida con mousse di formaggio pecorino” (ph. Jenny Zarins).

14 Artù novembre 2016


fetto, ricco di amminoacidi, proteine e grassi salutari. Un alimento umile e un ingrediente di base (un semplice uovo è l’alimento più basilare che esiste) e, tuttavia, è d’ispirazione per gli chef di tutto il mondo. Esiste un altro ingrediente di così largo consumo, o così versatile? Di certo, nessun altro maginario. Cos’è nato prima, l’uovo o la gallina? Seingrediente occupa un posto di tale rilievo nella condo gli archeologi, l’uovo. Con una serie di ricette storia e nella tradizione alimentare, o nel nostro im- tanto creative quanto innovative, i diciassette chef Krug Lovers hanno reso l’uovo, in tutte le sue molteplici varietà, il principale protagonista dei loro piatti. Forse è proprio l’assoluta semplicità dell’uovo a permettere a questi chef di sciogliere le briglie alla propria creatività. Le loro creazioni si abbinano armoniosamente con Krug Grande Cuvée e con lo spirito sorprendente della Maison Krug. Dopo Per Anders Jorgensen, tocca ora alla fotografa svedese Jenny Zarins imprimere la

In alto: Francesca Terragni, brand director della Maison con Olivier Krug e, al centro, Andrea Pasqua, brand manager, durante l’evento Krug Festival Milan. Al centro: il maestro Orazio Sciortino, pianista e compositore siciliano (ph. Claudia Calegari) e una Krug Grande Cuvée in versione “Music Experience”.

Orazio Sciortino compone per Krug Una grande serata, lo scorso mese di ottobre, ha caratterizzato la presentazione del volume “In camicia, strapazzate o fritte?”. Così Krug Festival Milan ha rappresentato un inno al gusto, alla musica, al talento, al piacere e alla gioia. Una vera e propria esperienza musicale a tutto tondo che ha confermato una volta di più il valore che la Maison ha sempre dato alla musica come strumento per comunicare al meglio le caratteristiche di propri Champagne, capaci di accendere i sensi grazie alle loro caratteristiche. In una particolare e innovativa location, lo studio fotografico Cross Studio nel quartiere industriale di via Watt a Milano, in perfetto stile rough luxury, gli ospiti sono stati avvolti dalla musica vibrante e armoniosa di colui che è definito il miglior talento italiano del piano, il giovanissimo

Orazio Sciortino, fortemente voluto dalla Maison Krug per realizzare e comporre un brano musicale in abbinamento a Krug Grande Cuvée, Lives through a glass incluso nel suo nuovo album Self Portrait, emblema del sogno di un uomo e massima espressione dello Champagne. Questo pezzo rappresenta il sogno della Maison Krug di aver trovato un artista che componesse per la prima volta un brano interamente dedicato a Krug. Krug Festival Milan è stata quindi l’occasione perfetta per il lancio in esclusiva del suo nuovo album Self Portrait in anteprima mondiale. Una serata esclusiva, degustando quelle che sono le migliori etichette della Maison Krug e assaporando i piatti dello Chef Leonardo Vescera, uno dei Krug Ambassador scelto dalla Maison come rappresentante dell’Italia per il libro Krug & Egg, dove ha presentato

15 Artù novembre 2016

il suo famoso piatto a base di uovo “Ravioli di pasta alla carbonara liquida con mousse di formaggio pecorino”. Krug Festival Milan, durante la serata, ha presentato la mostra fotografica Krug & Egg con le più belle foto tratte dal libro. Come lo Chef de Cave della Maison Krug crea il perfetto assemblaggio di Krug Grande Cuvée per dare puro piacere anno dopo anno e il direttore d’orchestra dirige i musicisti per comporre una meravigliosa armonia che regala gioia a chi li ascolta, così gli Chef assemblano materie prime uniche per creare una perfetta sinfonia di sapori in perfetto abbinamento con Krug Grande Cuvée. Tutto si unisce in un’unica sinfonia da ascoltare, gustare e condividere sulla Krug App dedicata ai Krug Lovers (http://app.krug.com).


Cover story

sua sensibilità artistica a questo libro, cogliendo la personalità degli chef con la sua caratteristica luce tenue naturale e il suo senso dell’umorismo. “So con certezza che la mia ossessione per la fotografia e la luce proviene da quella particolare luminosità tipica dell’area geografica scandinava. Mi rendo conto che essere cresciuta in quel luogo e aver dato quella luce per scontata, è un’esperienza che si è tradotta nel mio lavoro. Cerco sempre di ricreare quella luminosità” “Fotografo così come vedo, non penso mai veramente al tipo di approccio,” spiega Jenny. “È soprattutto un modo di sentire”. I Krug Lovers troveranno il libro “In camicia, strapazzate, o fritte?” presso le Krug Ambassade e i ristoranti partner di Krug, che celebreranno Krug e l’uovo per tutto il 2016. La Maison Krug è sempre stata all’altezza della sua reputazione, come prima e tuttora unica Maison de Champagne a creare Champagne de prestige anno dopo anno, sin dai suoi esordi. La Maison fu fondata nel 1843 da Joseph Krug, un idealista dallo spirito anticonvenzionale, con una filosofia di vita che non ammetteva compromessi. Poiché aveva capito che la vera essenza dello Champagne è il piacere in sé, il suo sogno divenne quello di offrire il meglio dello Champagne anno dopo anno, indipendentemente dalle variazioni climatiche del periodo. Con un approccio del tutto originale alla produzione dello Champagne, decise di andare oltre la nozione stessa di millesimato per creare ogni anno la massima espressione dello Champagne. Fondò così una Maison in cui tutti gli Champagne hanno lo stesso livello di distinzione e ognuno illustra una particolare espressione della natura. Sei generazioni della famiglia Krug, ora rappresentata con lungimiranza e audacia da Olivier Krug, hanno perpetuato il suo sogno, arricchendo gli ideali e il savoir-faire del suo fondatore =

App Krug per i Krug Lovers La più recente innovazione della Maison è Krug App: un modo nuovo e semplice di scoprire la storia dietro ogni bottiglia di Krug, entrare in contatto con i Krug Lovers e scoprire gli abbinamenti musicali, tramite l’App scaricabile gratuitamente per sistemi Apple e Android. Ogni bottiglia della Maison che ha lasciato le cantine ed è stata preparata per il mercato dall’estate 2011, oggi ha un Krug ID inserito nell’etichetta sul retro. Con un numero a sei cifre, posizionato sul lato sinistro dell’etichetta posteriore, il primo numero fa riferimento al trimestre, mentre i due seguenti indicano l’anno in cui la bottiglia ha lasciato le cantine Krug per essere tappata e, con gli altri tre numeri supplementari, si può scoprire in profondità la storia di ogni bottiglia. L’applicazione permette di accedere alla comunità dei Krug Lovers, e di condividere commenti, foto e suggerimenti di abbinamenti culinari, oltre a poter ascoltare la musicalità di ogni singolo Champagne, attraverso le playlist, create ad hoc da musicisti della scena internazionale, trasformando ogni degustazione in un viaggio musicale ricco di emozioni.

Sopra: Krug Grande Cuvée in versione “Music Experience”. Al centro: chef, Krug e uova (ph. Jenny Zarins). Qui a lato: champagne Krug 2003.

16 Artù novembre 2016



L’intervista

Marianna Vitale Il vantaggio del Sud di Maurizio Bertera

Nato da un progetto creato da giovani di altri settori, il ristorante si è configurato presto come meta gourmet. “Sud è una piccola parola con molte idee”. E nella home page del ristorante di Marianna Vitale (e del socio Pino Esposito) ce ne sono in una tale misura che potrebbero riempire una decina di siti di locali altrettanto prestigiosi. Dove i suoi illustri colleghi usano il “patinato” o cercano di catturare i sensi del possibile cliente, la 36enne di Porta Capuana, Napoli, scrive testualmente: “L’amore e la passione, la furia e la fatica. L’ansia e la gioia, la ricerca e il lavoro. Parole che sono i mattoncini con cui abbiamo costruito il nostro piano terra di un condominio. modo di stare nel mondo: il “I segreti del successo Citiamo dal sito: “Due milioni modo di Sud”. Un manifesto sodi persone e più concentrate stanno nella grande ciale, quasi savianesco più che in un fazzoletto di terra che è un proclama culinario. Ma non come il coperchio di una pentola passione della chef è aria fritta, la ricerca di consenso dimenticata sul fuoco da quale della compattezza o di pietà: trovare un ristorante che creatore distratto”. di questo livello in una cittadina È un po’ come il Vesuvio: dentro della squadra, che obiettivamente brutta come Quararde il fuoco, in realtà è spento. opera in un tessuto to - nessuno si offenda ma è Qui abbiamo un sacco di cose così - e in un retroterra complicato in grado di portare cambiamenti molto stimolante” (idem come sopra) merita apma non si muove nulla. Un altro plausi e fa capire che la Vitale popolo avrebbe raccolto di più, non si limita a mettere nei piatti la sua arte. Ma qual- come sono riusciti a fare a Capri e in Costiera. cosa in più - non basta dire passione - che spesso Comunque in questo ambiente, lei è riuscita in fa la differenza. due anni a prendere la stella Michelin e nel 2015 Marianna, aprire un ristorante dal nome Sud è ha fatto doppietta: miglior cuoca d’Italia per L’Espresso e Identità Golose. una provocazione? Semmai una responsabilità. Il progetto è stato Non mi sento un fenomeno, ho solo un gruppo molto quello di un gruppo di persone che sino a quel valido che lavora con me. Sono premi che fanno giorno facevano altro: io laureata in lingue, Pino piacere ma soprattutto danno la motivazione a contistudente di giurisprudenza, altri che non avevano nuare e a far capire che anche a Quarto - tra mille mai pensato di finire in cucina o in sala. Ci univa difficoltà - si possono fare buone cose. la volontà di fare qualcosa qui e non fuggire. Per Adesso siamo a noi a provocare: se invece di Maun meridionale come noi, il posto migliore per rea- rianna Vitale si chiamasse Elisa Colombo, cuoca lizzarsi è il Nord. Abbiamo fatto il contrario e nel e patronne del ristorante Nord a Lodi? Sarebbe 2009 abbiamo aperto il ristorante a Quarto, al stata la stessa storia?

18 Artù novembre 2016

Qui sopra: la sala del Sud Ristorante di Quarto (Na) e il piatto Minestra di mare. Nella pagina a lato la chef Marianna Vitale.


19 ArtĂš novembre 2016


L’intervista

No. Penso che Elisa avrebbe avuto una vita più facile ma probabilmente si sarebbe distinta di meno. La sofferenza aiuta a trovare risultati diversi e quanto ho vissuto a Napoli mi ha aiutato ad aprire un locale come il mio, con gente che aveva la stessa visione. Al Nord, oltre che le grandi firme, ci sono un sacco di cuochi bravini e normali che si sono allontanati dalla Campania. Li capisce? Non è questione di comprenderli o meno. È solo una scelta per trovare una soluzione diversa, il fatto che sul mercato ci siano tanti cuochi del Sud è perché attualmente c’è più lavoro per la nostra categoria che per altre. Più che vederlo come un dramma, va considerato un elemento storico del nostro Paese. E mi sembra che a breve non ci siano speranze per mutarlo. Lei è uno dei pochi cuochi laureati. Solo un vantaggio? A parte il fatto di aver dovuto recuperare, iniziando a 27 anni quando tanti colleghi hanno già un loro ristorante e lavorano da dieci anni, direi di sì. Mi sono avvicinata a questo mondo con gli occhi di una bambina, senza pregiudizi e lontana dagli stereotipi. Si dice spesso che i cuochi non sono colti. La sua opinione? È un lavoro totalizzante e questo ha penalizzato la generazione precedente, quella che oggi ha circa 50 anni, perché veniva gettata subito nel sistema. O studiavi o facevi il cuoco. Oggi vedo l’esigenza dei

Qui sopra: le Linguine con il quinto quarto di calamaro; Ostriche, friarielli e chinotto e Cheese-cake di baccalà profumata al finocchietto, con ceci, pomodori confit e buccia di limone.

più giovani di mettersi al passo, leggere di più. E non per forza devi iniziare tra i fornelli a 18 anni, subito dopo l’Alberghiero. Io lo trovo un bene. So che si arrabbia quando le chiedono lumi sulle donne in cucina. Io lo faccio comunque Le donne non stanno in cucina semplicemente perché non ci vogliono stare, e salvo eccezioni non si tratta di maschilismo. È che secondo me hanno iniziato a sentire quanto sia dura la professione e non vogliono rinunciare a lavori meno impegnativi. Io preferisco mille volte ore e ore in cucina piuttosto che stare seduta davanti a una scrivania, ma tant’è. Ricevo pochissimi curriculum di ragazze, penso non sia un caso. Apriamo il capitolo della tradizione: lei spesso la smonta e non segue i canoni. Quando abbiamo pensato a Sud, non potevamo inseguire i locali della zona che facevano un buon

Una grande cantina È una cantina di quelle “serie”, ricca, ben articolata e con prezzi onesti. La carta di Sud è divisa tra Champagne - anzi “bouillonant” - e bollicine, poi la sezione campana dei vini bianchi (tra le migliori in zona) seguita da quella italiana e quella straniera, simpaticamente denominata “immigrati a Sud”. Una mini-lista di rosati ed ecco i rossi campani - con una sottosezione tutta per l’Aglianico - e infine gli italiani con tutte le regioni ben rappresentate. In totale sono circa 400 referenze. Il cuore di Pino Esposito - socio di Marianna e sommelier - batte (giustamente) per i vini campani: ammette che sui rossi il gap con i “pesi massimi” del Nord resta enorme, anche “Se i vitigni sono buoni” e sottolinea il lavoro sui bianchi. “Non è questione di campanile, ma i vini campani stanno facendo un notevole salto di qualità - dice - ci sono piccoli produttori in crescita ma soprattutto le cantine storiche hanno capito che devono puntare in alto. Magari la Falanghina non è ancora a punto ma ci sono Fiano e Greco spettacolari. E continuando così, tra qualche anno, non avremo niente da invidiare al Friuli”.

20 Artù novembre 2016


Qui a lato: gli Spaghettoni “Pizza Margherita”.

lavoro sul tema: è stata una scelta imprenditoriale e culturale, per avere un’identità. Ora sto pensando con attenzione che potremmo rivedere l’impostazione perché sono sempre di meno i posti che fanno da mangiare bene i nostri piatti storici. In città, soprattutto. Conosce la frase di Bottura sulla tradizione regionale? Se fosse nato a Napoli e non a Modena, l’avrebbe vista diversamente. Da noi c’è un legame così profondo con la tradizione che non puoi vederla a 20 km di distanza. Ma solo a 20 cm. Insistiamo: Scabin, parlando di cibo, ci ha detto che la sua fortuna è stata non avere una mamma, zia, nonna meridionale perché sennò un cuoco resta condizionato a vita. Non siamo bloccati, semmai fortunati. Possiamo decidere di lasciare da parte la tradizione o vederla in modo diverso ma intanto l’abbiamo e non dobbiamo mai dimenticarcene. I nostri prodotti e il nostro palato - che deriva da un’abitudine a mangiare tanto in casa e fuori - fanno partire in vantaggio un cuoco del Sud rispetto al Nord. Almeno io la vedo così. A proposito di Scabin, anche lei è “fissata” con la pasta. Lui è un fenomeno che la vede come un piccolo chimico. Per me è il DNA, penso che il tricolore dovrebbe avere mezzo chilo di spaghetti al centro… A parte, mi piace l’idea di standardizzare il processo

Suggestioni La Vitale non difetta di fantasia, anche semantica. Uno dei tre menu degustazione si chiama M.V.S.S. con la dicitura in napoletano “chemmaipurtatafàomenùsipòfaitu?”: sette portate decise dallo chef a 68 euro che salgono a 108 con i vini in abbinamento. Gli altri due sono quello del giorno (45 euro, 68 con i vini) e quello dove interagiscono Marianna e i clienti del tavolo - scegliendo qua e là nella carta - che costa 52 euro (78 con i vini). Quanto alla carta, ci sono mediamente una ventina di proposte, dall’antipasto al dolce, con alcune idee sorprendenti e di gusto perfetto. Solo per citarne qualcuna: Cheese-cake di baccalà profumata al finocchietto, con ceci, pomodori confit e buccia di limone; Ostriche, friarielli e chinotto; Spaghetto Pizza Margherita; Vitello stonnato (lingua di vitello con pesce azzurro marinato alla shiso, maionese al pomodoro e polvere di capperi); La perla del Mediterraneo (semifreddo alla cassata, pistacchio di Bronte, salsa al passito di Pantelleria e gelée alle pere con anice stellato).

21 Artù novembre 2016

di cottura per arrivare alla perfezione della pasta prima di condirla. Sto lavorando insieme a dei bravi produttori e sono contenta dello sforzo, tanto che per la prima volta inserirò un menu “tutto pasta” nella mia proposta. Un piatto illuminante sul tema? Linguine con il quinto quarto di calamaro, in apparenza. A Napoli, le “calamarelle” si friggono con tutte le interiora: ho pensato di isolarle e farle diventare protagoniste nel piatto, basato sulle linguine che è un formato interessante. Il sapore è riconoscibile, ma molto complesso. A chi guarda come modello? Angel Leon perché ha avuto il coraggio di “entrare a mare”, dedicandosi ai suoi prodotti. E poi Rosanna Marziale che si è specializzata senza paura sulla mozzarella di bufala: sa più cose di tutti su un ingrediente e questo per me è bellissimo. Mi piace chi studia, chi diventa esperto. Dicono che stia per trasferirsi nella sua città natale. In pochi mesi sarebbe il locale n.1 Non sarebbe un elemento di vanto, amo la concorrenza. A Milano siete fortunati, è pieno di campioni e quindi c’è voglia di migliorarsi sempre. Comunque, Napoli è il primo obiettivo ma dopo sette anni passati a Quarto cerco il bello e se non lo trovassi, penserei ad altri posti. Ma è così complicato avere un ristorante importante a Napoli? No, lo diventa solo se uno vuole fare cose diverse e belle. Quelle fatte male e brutte ottengono grandi risultati, un paradosso che complica le scelte: sostanzialmente ci sono tre quartieri che mi piacciono e dove ha senso investire. Ma bisogna avere a che fare con la burocrazia assurda e il problema del “pizzo”: metti insieme tutto ed è un casino. Curiosità finale: la sua tesi di laurea in lingua e letteratura spagnola era impostata sul mito del “Convitato di Pietra”: lo scheletro che si presenta improvvisamente a cena per rifarsi delle angherie subite tempo prima da un giovane dissoluto. Non è che ogni tanto pensa di trovarselo in sala? Sempre che esista. No, no: ci sta sicuramente. Prima o poi verrà a massacrarmi (ndr, ride di gusto) =


Dal 2016 una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Firenze, Verona, Venezia e nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera. SEGUITECI ANCHE ON AIR


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L’opinione

Fuori casa, dentro casa di Matteo Scibilia Sembra che proprio in questi giorni la commissione del ministero delle Attività produttive stia cercando di dare regole ai cosiddetti Home restaurant. Regole uguali per attività uguali dice da tempo la Fipe… Ma di cosa si tratta? Di ospitare in casa propria, cucinando a proprio piacimento per clienti o simili, naturalmente facendoli pagare. Il testo della nuova legge porrebbe limiti di ospiti e un fatturato non superiore a 5.000 euro l’anno (!), ma chi controllerà il tutto? Si vedranno forse finanzieri bussare alle porte di privati? A quali norme sanitarie dovranno rispondere? I proprietari degli appartamenti debbono avere requisiti, tipo Haccp o simili? Non solo: dovrebbero avere anche i bagni per i portatori di handicap, ascensori adeguati… O il servizio sarà destinato a “gente” senza simili problemi? E, tenendo conto che la massaia dovrà necessariamente fare la spesa al supermercato, la tracciabilità o il controllo degli ingredienti, oggi obbligatori, come saranno regolamentati? Molte domande e per ora

poche risposte… Certamente, in Italia, la crisi del che prevede anche le 15 lavoro e la conseguente disoccupazione spaventosa, mensilità per i dipendenti. ha fatto nascere l’idea che tu possa invitare gente Tutto giusto e sacrosanto, per estranea in casa, facendola naturalmente pagare. carità! Ma nel frattempo, in attesa di regole, noi riÈ la fantasia che si scatena! storatori cosa dovremmo fare? È una guerra ormai in atto da Chiudere le nostre attività, chiemolto tempo, anche in altri setdere una trasformazione d’uso “Nuova opportunità tori: i Bed & Breakfast contro dei nostri locali, trasformarli in o nuova concorrenza? appartamenti, così da diventare gli alberghi, gli agriturismi, i circoli, le feste di piazza o di sta- L’accorato appello di anche noi Home restaurant? gione contro i ristoranti, Uber Magari pagheremo un forfait di contro i tassisti regolari, e i blog- un famoso ristoratore tasse? O pagheremo i nostri diger contro i giornalisti con tanto pendenti solo se avremo ospiti fa riflettere su una di tesserino dell’ordine profesin casa? Le istituzioni tacciono: tendenza che pare sionale: di questo passo, altre mi auguro che non si tratti di ine nuove concorrenze nasceranno, capacità nel dare o trovare soinarrestabile” ovviamente nell’ipocrita silenzio luzioni, ma che siano in una generale. Le leggi italiane dicono fase di riflessione profonda e che per aprire un ristorante devi giustamente che, al più presto, facciano sentire la loro voce nel rispettare una serie infinita di norme, dall’ edilizia, fermare questa deriva “libertaria”, che nel nostro alla sanità, alla sicurezza alimentare, rispettando paese rischierebbe di provocare ulteriori cambiamenti norme fiscali e tributarie, con un costo per i titolari sul mercato, con prevedibili chiusure e fallimenti =

24 Artù novembre 2016



L’opinione

Pane e salame, il “Michèn” di Arnaldo andare nel macello con un bel “michén”, michetta michetta era una deliziosa stravaganza culinaria brianrotonda nella quale infilavo alcune grosse ditate di zola, una sontuosità, per i palati dei poveri contadini, Quando riesco ad “attavolarmi” in una trattoria o in “bürôla” e mi facevo un bel panino imbottito. quasi sempre mortificati dalla fame, o quando andava casa di amici fidati (nel senso che è garantita Mi è parso di sognare, quindi, quando ho ascoltato bene dal tedioso sapore della polenta. La “bürôla”, l’abilità della padrona di casa nell’arte di cucinare) Andrea Camesasca raccontarmi dunque, era come se fosse il per gustare un bel “risòtt cun la luganiga” di cui che nel suo valoroso impegno di pranzo di Natale. Camesasca ha “vado matto”, mi torna in mente mio zio Riccardo, ritrovare e proporre le tradizioni “Già secoli addietro scoperto che questa delizia era grande salumiere in Erba Alta, Como, che ammazzava, delle pietanza brianzole e lariane di casa nei dintorni del Mulino la “bürôla” dentro macellava e insaccava, creando come fosse un (un patrimonio notevole, buono di Baggero, il frantoio del 1600 artista del maiale, cotechini, salami, salamini, per attirare il turismo ma anche che lui ha riscoperto e restaurato la michetta era una salsicce e pure le mortadelle di fegato di cui era un per un discorso culturale) ha “rie ora trasformato in una accadedelizia culinaria sublime specialista. Mi piaceva infilarmi in quell’antro tirato qua la “bürôla” da gustare mia culturale dove la cucina trascuro che era il laboratorio dove armeggiavano, dentro un bella michetta, proprio dizionale e povera è talvolta arbrianzola, una brandendo coltelli, macellai con camici a righe come facevo io quando ero un gomento di conversazione e di sontuosità per i palati dibattito. La pasta per gli insaccati bianche e rosa. C’era il Felice il quale, appena mi “bagaj”. Ecco quindi che è nato vedeva, mi porgeva un barattolone colmo di pasta il “Michén de Bager”, ovvero il dei poveri contadini” non era però da gustare, così fatta di carni di maiale triturate, che si chiamava “Panino di Baggero” (molto più alla buona, come facevo io quan“bürôla” (oggi la “rifanno” egregiamente a Oggiono), bello dirlo in dialetto, però). do la prendevo nel macello di pronta per essere insaccata dentro le budella e tra- Perché Baggero, contrada bassa di Merone, dove la mio zio. C’era tutto un rito da seguire prima di porla sformarsi in cotechini e salsicce. Andavo matto per Bevera incontra il Lambro appena sfociato dal “Pu- dentro la michetta. Occorreva, prima di tutto, farla questa leccornia che ghermivo con le dita e infilavo siano”? Secondo le ricostruzioni di storia popolare e asciugare un po’. Allora si disponeva su delle piastre in bocca: una squisitezza. Qualche volta ardivo contadina, già secoli addietro la “bürôla” dentro la poste accanto al fuoco del camino, dove si bruciavano di Emilio Magni

26 Artù novembre 2016


Camesasca, DNA di famiglia Andrea Camesasca, quarantatreenne dalle idee molto chiare, è figlio d’arte: suo padre Arnaldo, fondatore del Corazziere di Merone, ha avuto il grande merito di avere rivitalizzato, a partire dagli anni Sessanta, una zona un po’ defilata della Brianza comasca: molto vicina al fiume Lambro, indubbia risorsa ambientale e turistica, ma anche alla Cementeria che condizionava esteticamente la godibilità rurale della zona. Oggi il Corazziere si conferma albergo e ristorante di prim’ordine, capace di tenere vive le tradizioni culinarie brianzole ma anche di guardare avanti con determinazione e lungimiranza. Andrea ha dedicato anima e corpo alla valorizzazione di questo luogo, raccogliendo l’esempio di papà Arnaldo fin da quando, con il mitico “responsabile di sala” Tonino Valle, richiamava nelle sale del ristorante una clientela di gourmet alla ricerca dei sani piatti di repertorio tradizionale. Oggi il servizio di sala è mirabilmente condotto dai fratelli Massimo e Luigi Angelo Ripamonti, che danno continuità allo stile di Arnaldo e Tonino. E l’albergo, recentemente ristrutturato ed ampliato, è una sorta di “ecostazione” che richiama turismo internazionale di alta qualità, alla ricerca di autenticità “ragionevole” e di relax totale. E Andrea, patron moderno e innovativo, insiste sulla strada della comunicazione e della promozione del territorio. Certamente il suo ruolo (con delega al turismo) in Camera di Commercio a Como ha contribuito a rafforzare la sua immagine professionale, ma i geni dell’imprenditore vanno cercati nell’educazione paterna, rigorosa ed essenziale, centrata sui valori dell’impegno e del lavoro incessante. Un modo tutto brianzolo di essere imprenditori vincenti. APS

ancora l’affumicatura. La “michetta” è preparata da un grande specialista e appassionato cultore del pane di farina di grano brianzolo che è Bertarini di Lambrugo, nella Brianza comasca. Nella mollica del “michén” sono infilati grani di polenta. Al già robusto sapore della pasta del salame, alla “bürôla” si aggiungono altri gusti: quello di un formaggio lariano, piccoli spicchi di aglio orsino della Valle del Lambro, grandi fasci di “malgasc” (i fusti del granoturco) che oppure di erba cipollina, poi verdure varie, pomodori restavano nel campo dopo che erano state strappate o insalata. Il “Michén de Bager” è da azzannare le pannocchie. Con i “malgasc” ardevano anche i “fu- proprio come un bel panino con l’hamburger, accomjett”, le foglie della pannocchia e magari anche i pagnandolo con un bel “bianco” fermo. Ma vuoi “luétt”, i tutoli rimasti dopo la sgranatura della pan- mettere il sapore della carne di maiale, magari un nocchia. Questa operazione di essicatura conferiva po’ affumicata, con “quella roba lì”, tutta americana alla “bürôla” un leggero sapore di affumicato, che e rubata ai tedeschi, che è l’hamburger? Il “Michèn era la caratteristica più gustosa di questa merenda. di Bager” è stato il “piatto forte”, in una serata sui Il “Michén de Bager” adesso forse è un pochettino film girati in parte in Brianza e sul Lario, che si è più sofisticato. L’importante però è riuscire a dargli svolta alla Cascina Campo Marzo di Baggero =

27 Artù novembre 2016

Qui sopra: Arnaldo Camesasca con il “Michén de Bager”, l’antico panino di Baggero, frazione di Merone, con la bürôla. Nella pagina a lato: la pasta di salame.


Attitudine orientale E il Gong rimbomba 28 ArtĂš novembre 2016


Storie di successo

primo (Ba Asian Mood, un riferimento indiscutibile) e giapponese il secondo (Yio, una stella Michelin). A un anno dall’apertura, Gong - ubicato in Corso ConUn immenso spazio, nel cordia, zona Cinque Giornate - segue un percorso oricuore di Milano, rappresenta ginale di sviluppo dell’offerta, caratterizzata da una continua ricerca e sperimentazione sulle materie egregiamente la volontà prime, ovviamente di repertorio orientale: la linea cudi puntare in alto della linaria di Giulia Liu attinge alle radici di Cina e titolare, Giulia Liu. Giappone per rielaborarle nel piatto presentandole con uno stile inedito e puntando sulla naturalità Aperto da un anno, il milanese Gong si è già imposto assoluta degli ingredienti. In cucina, un team solido come la meta gourmet degli Orient lovers più consa- e affiatato di collaboratori, guidati dalla carismatica pevoli, curiosi e raffinati: si può dire tranquillamente Giulia, inventa accostamenti inediti e crea piatti con uno stile che non conosce confini che il Gong sia riuscito in breve geografici. L’executive chef Keisuke tempo a conquistare il pubblico, Koga si ispira alle sue origini grazie a una linea di cucina asia“Una grande cucina accompagnate da tica “creativa”, acuminata e ben asiatica, frutto di cul- giapponesi, tecniche che godono di una vasta strutturata nelle sue fondamenta, ma anche in virtù di una amture alimentari cinesi esperienza internazionale: il risultato è l’espressione di una probientazione molto suggestiva, e giapponesi, che ha posta gastronomica unica, che nella quale i maestosi gong di onice incutono rispetto e rendono saputo creare un polo pur partendo da una matrice orientale (cinese e giapponese), la sala ancora più importante. I di alta cucina, raffinata non si pone alcun limite di creagong sono solo uno dei numerosi tività né di gusto. Le radici della dettagli a cui l’architetto Nisi Mae di alto livello” titolare, Giulia, sono cinesi ed è gnoni ha pensato per creare un locale unico, destinato ad affascinare e stupire chi ne varca la soglia. Il ristorante è guidato con passione e cuore dalla patronne Giulia In alto: Hamachi in cupola di fumo, ovvero ricciola Liu, una donna dolce e dal sorriso sincero, che con del Pacifico servita con crescione e affumicata la sua famiglia ha rivoluzionato il concetto di cucina al momento sotto una cupola di vetro. orientale in città. Appartengono infatti ai Liu altri due A lato: la titolare Giulia Liu con lo chef Keisuke Koga ristoranti, vera e propria icona della cucina cinese il e una panoramica della sala con i maestosi gong. di Alberto P. Schieppati

29 Artù novembre 2016


Storie di successo A destra: il Raviolo proibito. Sotto: il Raviolo Wagyu ripieno di carne di Kobe con foie gras e tartufo; la Tartar di Wagyu con ricci di mare, su base di riso Venere e finocchio. Accanto, l’esterno del locale.

comunque questo il filone nel quale la grande tradizione della cucina cinese si evolve e si mescola, creando un “blend” di tradizioni e culture che arrivano ad assumere una connotazione internazionale. Oriental Attitude, appunto, come si legge all’interno del locale. La professionalità di Koga è supportata dalla chef Jun Giovannini, l’anima femminile, oltre a Giulia, della brigata di cucina: intorno a loro si muove un gruppo di professionisti di diverse provenienze, ognuno con un ruolo e un compito specifico, come se ci tro-

30 Artù novembre 2016


Qui sopra: il Chang Fung Ebi roll, cannelloni di riso al vapore con erba cipollina e mazzancolle in pasta croccante. A lato: un particolare della sala. Sotto: lo Sgombro marinato in aceto di riso.

vassimo all’interno di un grande puzzle in cui ognuno contribuisce al risultato finale e alla qualità dello stesso. L’obiettivo di Giulia Liu è di offrire ai suoi ospiti un’esperienza memorabile, grazie proprio alla somma delle individualità dei componenti la squadra di lavoro, così diversi nelle loro provenienze, ricchi delle proprie esperienze e molto bravi nel “contaminarsi”. Il risultato è una cucina memorabile, i cui protagonisti sono piatti di altissimo livello, come ad esempio la Tartare di gambero rosso, in cui i gamberi siciliani di Mazara del Vallo si accompagnano con una salsa al mango aromatizzata allo shiso. Fra gli antipasti del Gong, segnaliamo anche la Tartare di Wagyu con ricci di mare, su base di riso Venere e finocchio, e l’Hamachi in cupola di fumo, ovvero ricciola del Pacifico servita con crescione e affumicata al momento sotto una cupola di vetro: scenografico, certamente, dai sapori pieni e potenti. Uno dei tanti motivi per fare un’esperienza al Gong è quello di assaggiare i Dim Sum, straordinariamente succulenti e dai gusti leggeri, non invasivi, ma netti e ben definiti.

Obbligatorio scegliere dal menù: i Dim Sum al vapore con capesante e salsa al latte di soia con ricci di mare; gli Xiao Long Bao, con ripieno di carne e brodino a parte; il Raviolo proibito, in pasta di zafferano, ripieni di maiale e tartufo nero; il Raviolo

31 Artù novembre 2016

Wagyu, ripieno di carne di Kobe con foie gras e tartufo; il Chang Fung Ebi roll, cannelloni di riso al vapore, con erba cipollina e mazzancolle in pasta croccante. Se non volete esaurire la vostra esperienza con i Dim Sum, consigliamo di procedere con i primi e i secondi, a cominciare dal Riso Gong Attitude, un riso nero con capesante disidratate, polvere di gamberi secchi e filamenti di patate croccanti, per arrivare al Yakisoba Special allo Scoglio: spaghetti orientali di grano saraceno saltati con verdure e frutti di mare misti, scampone dell’Alaska, capesante americane e ostrica scottata. Un tripudio di sapori, un primo piatto di rara complessità. Anche sui secondi, Giulia Liu ha le idee molto chiare: citeremo la Pekin Duck, l’anatra laccata secondo la tradizione cinese, l’Involtino di spigola e pak choi, spigola con cuore di pak choi e salsa di senape all’aceto di mele e miele. Notevole la selezione dei vini, curata dal sommelier Mototsugu Hayashi, che punta su una selezione di grandi etichette italiane, privilegiando Alto Adige, Friuli e Sicilia, con molta attenzione agli abbinamenti che, mai come in questo caso, richiedono particolare attenzione. Anche la selezione dei vini, seria ed oculata e con ricarichi intelligenti, contribuisce a fare del Gong una meta irrinunciabile nel panorama asfittico e inflazionato della pseudo cucina orientale di Milano =


Storie di successo

Quelle Biciclette hanno un’ottima Vista di Fiorenza Auriemma

Diventa maggiorenne il locale milanese di Ugo Fava, che è anche socio dello chef Stefano Cerveni. A Milano, non è così scontato che un locale arrivi a festeggiare la maggiore età. Le Biciclette - in via Torti 2, zona De Amicis - ce l’ha fatta, spegnendo la diciottesima candelina lo scorso mese di giugno insieme a clienti, staff e Ugo Fava, colui che lo ha ideato: “Era il 1998, lavoravo come pr nel settore delle discoteche e cominciavo a essere stanco del mondo della notte. Così mi è venuta l’idea di aprire un locale diverso, dove oltre a mangiare e bere si potesse anche chiacchierare, guardare, imparare. E l’ho realizzato a modo mio, quasi fosse una quinta teatrale con anche contenuti legati all’arte e al design che sono la mia passione”. Questa la genesi dell’art bar con bistrot Le Biciclette, così chiamato in omaggio al precedente negozio di ricambi davanti a un centrifugato, uno per biciclette, a più vetrine e spuntino veloce al bancone, “Il locale con un lungo bancone simile una cena al tavolo, un aperitivo Le Biciclette è un a quello che si trova ora all’ine/o un dopocena. “È un locale gresso del locale, mentre la dove si va per il piacere di esformat inossidabile parte più interna che ai tempi serci, e non per vedere chi c’è” e sempre di successo, commenta Fava. “Credo che il era il magazzino ora è la zona ristorante. Poco alla volta, il losuccesso de Le Biciclette sia frequentato da cale ha preso piede ospitando dovuto anche al fatto di essere clientela fedele ma artisti, mostre di pittura, fotocaldo e accogliente, un posto grafia, arte digitale, presenta- aperto alle new entry” dove si mangia e beve bene, zioni di libri. Ancora oggi conticon un servizio preciso ma mornua a essere frequentato da bido: posso stare al tavolo anuna clientela trasversale - dai 20 ai 50 anni - che che solo per una birra artigianale, nessun problema dalle 18.00 alle 2.00 del mattino, sette giorni su se di fianco c’è qualcun altro che invece sta cesette, entra a Le Biciclette per una birra in compa- nando”. Carne e hamburger - in versione grande e gnia, una chiacchierata sul divano con un’amica mini - sono il piatto forte della casa, ma in lista ci sono anche risotti, vellutate, pesce, insalate, polpettine di melanzane, di quinoa ecc. e la domenica per il brunch - si aggiungono uova fritte, strapazzate, Sopra: lo chef stellato Stefano Cerveni Bendict o Montecristo. Probabilmente la vista e a destra Ugo Fava, proprietario lunga che 18 anni fa ha portato Ugo Fava a dei tre locali milanesi.

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puntare su Le Biciclette, è la medesima che gli ha permesso più di recente di fare ancora centro nel settore della ristorazione milanese con il Gruppo Vista, del quale oltre a lui sono soci Stefano Cerveni (chef stellato de Le Due Colombe di Bor-


gonato di Cortefranca, nel bresciano) e Marco Giorgi che si occupa della parte finanziaria. Insieme, nel giro di un paio di anni, hanno messo in piedi un’azienda che gode di buona salute, dà lavoro a 80 persone e nel proprio book ha cinque diverse realtà: Triennale, Terrazza Triennale Osteria con Vista, Design Caffè con Vista, più l’estivo Giardino con Vista; in zona Navigli, Vista Darsena e il Laboratorio di pasticceria. Fava e Cerveni si sono conosciuti e apprezzati proprio a Le Biciclette, quando nel 2013 il primo chiama il secondo per un consulto gastronomico, ricavandone come risposta un “ma hai il locale pieno, si mangia bene,

perché vuoi spendere soldi per cambiare una formula che funziona?” e di conseguenza un’impressione di serietà e correttezza. Ecco perché, quando un anno dopo Fava viene a sapere del bando per l’apertura di un ristorante sul tetto della Triennale, contatta di nuovo Cerveni e gli propone di far parte del progetto. Detto fatto, si aggiudicano il bando dando il via a una collaborazione a tre che si dimostrerà azzeccata e vincente. “Abbiamo scelto di chiamare il ristorante Osteria con Vista non perché va di moda, bensì perché l’oste lavora per soddisfare il cliente, ed è proprio ciò che in questo locale vogliamo fare: auto-modellarci in base alle esigenze del cliente, che viene qui per godere di una buona cucina e un bella vista” precisa Cerveni. “Non vuole essere un ristorante stellato, ma un locale per tutti, con una clientela che va dal turista al cantante famoso al politico, e

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prezzi che, la sera, oscillano tra i 50 e i 60 euro vino compreso”. Terrazza Triennale Osteria con Vista apre nel marzo 2015, i primi mesi sono di grande impegno e lavoro, il locale è sempre pieno e le aspettative dei clienti alte. Ecco che poco

In questa pagina: il bancone dell’Art Bar & Bistrot Le Biciclette, l’ampia sala e un esempio di brunch.


Storie di successo

dopo il Gruppo Vista partecipa vincendolo a un altro bando, per l’assegnazione di un bar sulla Darsena. Nasce così, nell’aprile 2016, Vista Darsena. “È un bar con tavola fredda aperto tutto il giorno, dalla colazione al dopocena - spiega Fava -. L’aspetto vincente è il luogo, sulla parte nuova della Darsena. Serviamo colazione, insalate, piatti freddi, pizze, e la sera un aperitivo più sofisticato della media. E grazie a un wifi molto potente, puntiamo a farne un luogo internazionale, una sorta di coworking no-coworking”. Il passo immediatamente successivo è rilevare un ex-ristorante proprio dietro Darsena per trasformarlo in laboratorio sia per preparare piatti freddi e pasticceria per Vista Darsena, sia per dare il via a un servizio di catering di pasticceria, con a capo il pastry chef Stefano Casati. Nello stesso periodo, il Gruppo Vista vince un ulteriore bando in Triennale, questa volta per la gestione del Design Cafè, al piano terra del palazzo. “Anche il ristorante del Design Cafè ha una carta a base di piatti semplici con materie prime di alta qualità, abbinati a un servizio puntuale e veloce. Abbiamo poi ricominciato a proporre il brunch domenicale. ll locale chiude alle 20.00, ma in occasione di alcune manifestazioni che coinvolgono Triennale e Teatro dell’Arte rimane aperto fino alle 21.30 per l’aperitivo, mentre per il dopo teatro si può salire in Terrazza e cenare con una carta leggera ad hoc” racconta Cerveni, il quale - oltre a

Sopra: lo chef Stefano Cerveni mentre prepara una portata nelle cucine del ristorante Terrazza Triennale Osteria con Vista e una panoramica della sala con vista sul Parco Sempione e lo skyline di Porta Nuova. Accanto, il suo “Risotto al peperone rosso, ricotta mantecata, acciughe del Cantabrico e mentuccia”. Qui a lato: il patio del locale Vista Darsena, lungo la Darsena milanese e un aperitivo.

seguire il suo Due Colombe - ora coordina due brigate di cucina con due executive chef: a Osteria con Vista, Matteo Ferrari, ventottenne capace e deciso; al Design Cafè, Riccardo Manzoni, cuoco di lunga esperienza. “In Terrazza abbiamo una piccola cucina a vista per antipasti e primi, al piano sotto un’altra altrettanto ridotta per i secondi, ma niente celle, solo frigoriferi, orari rigidi per la consegna delle materie prime e 250 coperti al giorno da gestire. Ora che Osteria con Vista è a regime, e grazie alla cucina e del magazzino del Design Cafè - continua lo chef - siamo in grado di gestire anche il catering per gli eventi in Triennale, da rinfresco alla cena di gala” =

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Storie di successo

Pompiere di Verona Tradizione e avanguardia di Alessandro Luongo

A due passi da piazza delle Erbe, nel cuore della città scaligera, rivivono le migliori proposte dei territori. Fra le sue più maggiori soddisfazioni ricorda, nel 2011, quando dei giapponesi accorsi a Verona per il Vinitaly, cenarono nella sua trattoria e furono così entusiasti da voler replicare la cena a Osaka l’anno successivo. “E io mi occupai di persona delle consulenza e formazione allo chef” racconta Marco Dandrea, 44 anni, socio unico e titolare dal 2011 della storica Al Pompiere (www.alpompiere.com), aperta nella prima metà del secolo scorso da un vigile del fuoco anonimo. A due passi da Piazza Erbe, in pieno centro storico, ci si sente subito a casa. “È la motivazione principale per venirci - conferma Dandrea - far sentire a proprio agio le persone”. Il personale è gentile, attento, mai invadente. L’arredo stesso, rusticoelegante, contribuisce all’atmosfera accogliente. Due salette: quella principale, da 35 posti; e l’altra (sede di una latteria fino agli anni 80) da 15. “Marco Dandrea Alle pareti sono appesi quadri e Natalino, mastro in bianco e nero di personaggi di Verona e clienti della trattoria: formaggiaio di indubbio è una raccolta dei fratelli Basvalore, propongono sotto, fotografi veronesi, realizzata negli anni ’80. In un angolo della una cucina semplice, sala principale troneggiano i riragionevole piani dedicati ai salumi, che sono anche appesi, di cui uno e di qualità” scaffale apposito per i prosciutti

Qui accanto: il titolare e chef Marco Dandrea. Nella pagina a lato: la calda e accogliente sala principale della storica trattoria Al Pompiere di Verona e la Pasta e fagioli con olio profumato al rosmarino.

(culatello, culaccia, prosciutto crudo di Camaiore, di Soave, Cinta senese, e così via). Se ne contano circa 35 (dalla porchetta di Ariccia, alla mortadella con i pistacchi, alla coppa di Zibello, speck di Merano), che sono in genere consigliati dal maestro Natalino, 76 anni, purtroppo assente il giorno della nostra visita. A fianco, la vetrina dei formaggi, con un centinaio di tipologie, tutte italiane. Da quelli freschi ai neutro dolci, con un’ampia gamma di erborinati di alta qualità. La

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Storie di successo

cucina è tradizionale e d’avanguardia al contempo. Piatti della tradizione veronese e veneta semplici e gustosi. Tutto strizza l’occhio al territorio “ma rimane semplice, anche nella scelta degli abbinamenti”. La pasta e fagioli è strepitosa “senza patate, con poco pomodoro, olio profumato al rosmarino, acqua, tutto frullato; cerco di concentrare i profumi e i sapori durante la cottura”, ma nel menù non mancano gli gnocchi di patate con la “Pastisada de caval” (stracotto di cavallo) e ancora: stinco di maiale al forno con purea di patate, baccalà alla vicentina, e infine, “il miglior tiramisù al mondo” secondo Frank Hagerty, un texano cliente affezionato di Al Pompiere, che “veniva qui da quattro o cinque anni ed è solito ordinare solo il tiramisù come dessert. Il nostro è risultato per lui il migliore”. Il gourmand d’oltreoceano ha voluto così pre-

In questa pagina: un angolo della trattoria con le foto in bianco e nero alle pareti; il “famoso” tiramisù; il banco dei salumi con il maestro salumiere Natalino (ph. Ferdinando Cioffi) e un particolare del locale.

miarlo con un coppa in plexigas trasparente a forma del Texas, con la scritta: “World’s best tiramisù”. Marco Dandrea inizia a “farsi le ossa” al ristorante “12 apostoli” a Verona intorno ai primi anni 90, poi approda a quelli più importanti, dove matura la “svolta” professionale; San Basilio, La Pergola e, soprattutto, lo stellato Desco, del grande

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chef Elia Rizzo, suo vero maestro. “Un locale fatto da veri professionisti – commenta - dove mi hanno insegnato a lavorare senza essere troppo dispersivo, a raggiungere cioè grandi risultati senza trascorrere quindici ore in cucina”. Vola poi al Totos di Londra, in pieno centro, per nove mesi “dove divento chef dei primi piatti: un’esperienza molto impegnativa ma che mi ha permesso di crescere a livello professionale e umano”. Per un breve periodo lavora anche da Pinchiorri a Firenze, ma “è stato un periodo difficile e negativo. Qui ho notato i miei limiti e la mia consapevo-


Dandrea. “Da allora ho cercato di migliorare ancora più la qualità dei prodotti e dei piatti” spiega con entusiasmo ma sempre con un atteggiamento umile. “Qua dentro - riprende - si respira un’atmosfera tipica del Nord dell’Italia”. D’estate abbondano i turisti stranieri, d’inverno la clientela fedele; numerosi coloro che prenotano in accoppiata l’albergo e il suo ristorante, sempre pieno. La cantina vanta circa 400 etichette, di cui 150 locali; ampia la gamma di vini bianchi e rossi da tutta Italia, ma anche da Francia, Germania e Austria. Le sue portate classiche sono così apprezzate che fa fatica a cambiare i piatti. “Così - aggiunge con aria disincantata - non lezza: la ristorazione internazionale con una brigata potrò mai diventare creativo”. In realtà una novità è numerosa di cucina non era quello che cercavo”. Nel proprio in arrivo, entro l’anno. Un’osteria a Santa 1998 rientra a Verona proprio quando Elia Rizzo e Maria di Negrar (frazione di Verona) con una cucina Giancarlo Perbellini (altro grande chef) aprono l’”Oste ancor più ristretta ai piatti del territorio accompagnati scuro”, e ci trascorre due anni; finché con i due da vini, formaggi e salumi di Verona. Stiamo per constessi chef inaugura Al Pompiere. E trova finalmente gedarci, ma non è finita. Ci mostra un quadro appeso la sua dimensione ideale. Una vecchia osteria in alla parete dell’entrata. “È un’opera d’arte di Lio stato di abbandono e quasi fatiscente viene pertanto Bolin, in cui lui appare in trasparenza sullo sfondo; ristrutturata (per otto mesi) fino ad assumere la con- un cinese venuto in Italia per celebrare le eccellenze formazione attuale. In tutto sei soci, dal 2001. Da nostrane. Ha premiato Ferrari auto per la tecnologia, cinque anni la conduzione è invece tutta in mano a Tod’s per il design, e noi per la cucina” =

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In alto: lo staff del locale in un angolo della sala principale con i salumi appesi al soffitto (ph. Ferdinando Cioffi). Qui sopra: un piatto e a sinistra il banco dei formaggi con circa un centinaio di tipologie di prodotti italiani in bella vista.


Focus food

Armani ospita quattro grandi chef quattro date complessive, offrirà incontri con lo stile e il gusto di quattro tra i migliori esponenti della cucina continentale, che per la prima volta si Filippo Gozzoli, chef stellato presentano in Italia dando saggio delle loro qualità. del ristorante milanese del A ospitare le cene sarà il ristorante Armani a Milano, celebre stilista, fa da anfitrione situato all’ultimo piano dell’omonimo palazzo in via Manzoni, con l’executive chef di casa, Filippo a chef provenienti da Spagna, Gozzoli, che lo scorso anno ha ricevuto la stella Michelin. Gozzoli, già visto in passato ai tempi delPortogallo e Belgio. l’apertura del Park Hyatt in Galleria, dopo alcune Gli appuntamenti con i cuochi stellati, ospiti di un esperienze estere è rientrato in Italia per offrire il ristorante, sono ormai diventati un must e uno dei proprio talento con uno stile misurato nei piatti e al momenti di maggior richiamo per vivacizzare la tempo stesso vicino alle esigenze di una clientela routine di una cucina, per offrire ai propri clienti abi- variegata e internazionale, che passa dall’uomo di tuali, e non solo, una serata speciale, incontrando affari alla celebrità, fino ad arrivare alla modella di personaggi che arrivano da altre culture gastrono- turno. Un compito non facile, assolto però nel miche, da altre regioni, e che, quindi, possono migliore dei modi, con brio e tocchi di classe. La portare una diversa filosofia da scoprire. La maggior passione di Filippo Gozzoli per la grande cucina e parte di questi cuochi sono perlopiù italiani, per la volontà di ospitare qualche collega straniero ha ovvie ragioni. La facilità di confronto e di organizzazione portato alla definizione di un mini programma di dell’evento, parlando la stessa quattro appuntamenti. Non dei lingua, è immediata, e spesso veri e propri “quattro mani” (Gozci si conosce già grazie ai nu- “Si parte il 16 novembre zoli si occuperà del saluto della merosi convegni che mettono cucina e dei dessert), ma cene con Paco Perez, allo stesso tavolo molti cuochi. “dedicate” agli chef ospiti, tutti Eppure, capita di tanto in tanto dalla storia e dal percorso di seguito da Gert de di incrociare qualche nome straassoluto rilievo. Si parte il 16 Mangeleer, José niero che non è semplice vedere novembre con Paco Perez, celesul suolo italico, ed è questo il Avillez, Segio Herman: brato bistellato spagnolo, autore modo migliore per allargare i di una cucina moderna e d’avanpropri orizzonti gustativi, per ca- quattro individualità dai guardia e cresciuto con influenze pire la cucina che viene proposta percorsi significativi” determinanti che lo hanno visto in Paesi spesso distanti o comfrequentare la Nouvelle Cuisine plicati da raggiungere e, magari, prima e le sperimentazioni di per uscire dalla gabbia mentale che talvolta Ferran Adrià in seguito. Con alle spalle ormai da un impedisce di curiosare tra quanto accade oltre il decennio il sous-chef italiano Antonio Arcieri, Paco confine pensando all’Italia come unica e sola Perez è uno dei migliori esponenti della nuova mecca per il cibo di qualità. Ad essersene accorto frontiera iberica, nonché un cuoco capace (come negli ultimi anni, tra l’altro, è un mondo parallelo, accade spesso ai giorni nostri) di mettere il suo quello della moda, che ha iniziato a mostrare talento al servizio di diverse cucine, visto che oltre interesse verso la gastronomia, il fine dining e i al suo ristorante principale, il Miramar, ha altri cuochi, che, nel frattempo, sono diventati anche indirizzi (anche stellati) nel suo carnet. A seguire, il Qui sopra: lo chef catalano Paco Perez e un suo piatto. figure mediaticamente rilevanti. L’ultimo esempio 26 gennaio, sarà la volta di Gert de Mangeleer, Nella pagina a lato: lo chef Filippo Gozzoli in ordine di tempo è quello del colosso Armani, che titolare, insieme al fido socio Joachim Boudens, di del Ristorante Armani, un suo piatto e la sala a partire da questo mese di novembre, e per Hertog Jan, ristorante tristellato alle porte di Bruges, del ristorante con un’ampia vista sul Duomo di Milano. di Gualtiero Spotti

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Focus food Dall’alto: lo chef belga Gert De Mangeleer e una sua creazione, lo chef portoghese José Avillez e il suo piatto Mandarin (ph. Paulo Barata) e sotto, lo chef olandese Sergio Herman e un suo piatto (ph. Eric Kleinberg).

in Belgio. Giovane e intraprendente, Gert ben rappresenta la vivace generazione di cuochi delle Fiandre, che mettono in campo una maggiore trasgressione nel piatto e spesso si divertono a mescolare le carte. I suoi piatti raccontano bene i prodotti dell’orto, che cura personalmente (e che si può osservare dalla lunga vetrata del ristorante), ma poi il cuoco sa anche giocare con la materia prima un po’ esotica (e alcuni piatti rimandano al Mar Mediterraneo…) oppure stupire con sapori e tocchi spiazzanti, ma sempre profondamente equilibrati. In uno dei territori, il Belgio, ad alto tasso di concentrazione di stelle ai fornelli, Gert de Mangeleer è uno dei nomi di maggior talento, anche per il futuro. Poco meno di un paio di mesi e si arriva al 9 marzo con il Portogallo che irrompe in tavola. L’ospite di turno sarà José Avillez, il primo bistellato lusitano di sempre e il titolare del ristorante Belcanto nel cuore di Lisbona. Qui si è dalle parti di una cucina che mescola emozioni territoriali forti sempre legate alle tradizioni, in molti casi però reinterpretate in chiave moderna, senza andare a perdere il piacere del gusto dei piatti di una volta. Certo, si vede chiaramente il passaggio attraverso cucine un po’ trasgressive (anche lui è transitato da Ferran Adrià), ma il risultato è strabiliante se si vuole capire l’interessante strada intrapresa dalla cucina portoghese di questi anni. Infine, l’11 maggio, a chiudere il cerchio, sarà Sergio Herman del ristorante The Jane ad Anversa, sempre in Belgio, anche se la storia del cuoco passa soprattutto attraverso la fama di Oud Sluis, il tristellato olandese in Zeelandia (terra di origine del cuoco) chiuso qualche anno fa. Oggi Sergio Herman è protagonista di una cucina cosmopolita e brillante, moderna ed esteticamente perfetta. Le serate sono proposte al prezzo di 250 euro vini inclusi =

42 Artù novembre 2016



Focus food

Cascinale nuovo La stoffa dei Ferretto di Alberto P. Schieppati

Creativo e tradizionalista in cucina Walter, cortese e professionale in sala Roberto: una coppia di ristoratori sempre sull’onda. Caro vecchio Piemonte… Quando compaiono i primi tartufi, Monferrato, Langhe e Roero si risvegliano dal sonno estivo e, come se suonasse l’adunata, sulla regione calano implacabili i gourmet impenitenti, gli appassionati di ogni dove, gli stranieri (svizzeri in primis) che conoscono il territorio nei minimi dettagli e danno parecchi punti a tanti italiani che si credono tuttologi ma spesso non distinguono un rispettabile scorzone da una preziosa trifola di Langa (albese, monferrina, monregalese ma sempre bianca trifola, che più bianca non si può). Dura almeno quattrocinque mesi la stagione d’oro del Piemonte gourmand, che vede impegnati in prima fila chef raffinati e creativi o trattori nostrani e ruspanti, o cuoche di alto profilo polo di alta cucina realcome Marta Grassi, Mariangela mente senza uguali per “Nella cucina Susigan, Mariuccia Roggero, Pina il territorio astigiano, tane nei vini dei Ferretto ta Fassi (una pattuglia di grandissiè l’energia e l’origime chef, l’ultima delle quali senalità che i Ferretto metsi sente il Piemonte gnata nel 2015 dalla tragica pertono nel loro lavoro. Per più autentico, dita della figlia Maria Luisa). Prola verità, il Cascinale fessionisti e professioniste, tutti Nuovo di Isola d’Asti riproposto agli ospiti accomunati da un unico ma dusale al 1968, quando in chiave moderna Pasquale e Armando plice obiettivo: soddisfare e fideFerretto, padre e figlio, lizzare l’ospite e dare alla propria e innovativa” e Silvana, moglie di Arattività quel valore aggiunto che mando e regina della nel resto dell’anno è meno a portata di mano. Sull’asse Asti-Alba, ora “coperto” cucina, aprirono il loro ristorante lungo la dal tratto autostradale che porta verso Cuneo, ci strada statale che porta ad Alba. Fu proprio Silvana sono piccoli paesi che garantiscono un’offerta diver- a trasmettere a Walter la passione per la cucina, sificata, ora semplice, ora più complessa e strutturata, mentre Roberto, classe 1955, coltivava il suo amore ora di altissimo livello. Fra questi ultimi, impossibile per il vino, consolidandosi poi come grande conoscitore non citare il Cascinale Nuovo (www.ilcascinalenuovo.it), ed esperto sommelier. Ed è proprio con la gestione di Walter e Roberto Ferretto, inossidabili e creativi collegiale dei due fratelli che il Cascinale, a partire fratelli che hanno dato vita da ormai trent’anni un dagli anni Novanta, sterza decisamente verso l’alta

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cucina: attenzione, per “alta” non si intenda una cucina fatta di piatti astrusi e completamente scollegati dal territorio, bensì una forma di espressione gastronomica elevata, capace di rendere la tradizione elemento vitale di un necessario passaggio verso la modernità. Walter ha voluto così seguire una sua strada molto personale, senza scimmiottare le cucine di


altri chef, più o meno celebri, ma creando una propria linea che viene apprezzata dagli ospiti e si fa ricordare per la concreta aderenza a un progetto di evoluzione del gusto. Così, accanto a grandi classici come il Vitello tonnato della tradizione, o gli Agnolotti dal plin “al tovagliolo”, in menù compaiono piatti di assoluta unicità, uno per tutti il Millefoglie di lingua di vitello e foie gras con gelatina al Porto (un piatto storico, creato nel 1987): un antipasto di rara succulenza, che ancora dopo trent’anni dalla sua creazione, regge stupendamente al tempo, dimostrandosi sempre all’altezza dei gourmet più esigenti. Altri piatti, che troverete solo qui e che non hanno replica altrove: i Tajarin al tuorlo d’uovo, ragù di piccione, fegatelli e funghi di bosco, gli Gnocchi di patate, pomodoro Sam Marzano, erbe, neve di mozzarella, il Riso Carnaroli Gran Riserva con zucchine, basilico e crudo di gamberi rossi. Fra i secondi: il Maialino in lenta

cottura, salsa bruna, mela e cipolle di Tropea, il Petto In alto: i fratelli Ferretto, a sinistra Roberto, di Piccione, coscetta croccante, caramello di fichi, la direttore di sala e sommelier e a destra Walter, lo chef. Ricciola in olio di cottura, carote, zenzero, caramello Qui sopra: Millefoglie di fois gras e lingua di vitello. di soja. Il Cascinale Nuovo, che ha la stella Michelin Nella pagina a lato: Agnolotti tradizionali dal plin dal 1989, propone anche tre ragionevoli menù degu“al tovagliolo”, piatto classico della cucina stazione a 60 e 80 euro: Carta Bianca, ovvero 8 popolare piemontese (ph. Paola Malfatto) portate a mano libera dello chef Walter Ferretto, e la Finanziera astigiana con funghi porcini.

45 Artù novembre 2016


Focus food

Isola nel mare, 3 portate di pesce e crostacei del Mediterraneo più un dessert a scelta dalla carta, La Tradizione, 4 portate di piatti storici della regione. I prezzi proposti, la qualità degli ingredienti, il savoir faire di Roberto in sala e di Walter in cucina fanno del locale una meta inossidabile e ragionevole, anche in virtù degli abbinamenti cibo-vino che Roberto propone con discrezione, raccontando nei minimi dettagli le caratteristiche dei vini suggeriti, Barbera in testa. Una coppia di ferro, quella dei fratelli Ferretto, che nel recente passato si è avvalsa anche della grande caratura professionale (e della passione) di Alice, figlia di Roberto, appassionata maestra di accoglienza, ora spostatasi all’estero per altre esperienze di alta professionalità. Il Cascinale Nuovo offre anche possibilità di pernottamento nelle poche camere, moderne e funzionali, che consentono di trasformare la sosta gastronomica in pausa di relax sulle colline astigiane fra Langhe e Monferrato =

In alto: Petto di piccione, coscetta croccante e caramello di fichi. Qui accanto: i Tajarin al tartufo e sotto l’elegante sala del rstorante.

46 Artù novembre 2016



Focus wine

Sangiovese di Predappio La Passione di Condello ha riempito l’aria dei borghi, delle colline, e molte generazioni si sono susseguite tramandando di padre Condé sorge sulle colline in figlio l’arte della cura dei vigneti e della produzione dei vini. Fu proprio il carattere contadino del lavoro di Predappio, luogo delle terre a donare al Sangiovese di Predappio un da sempre considerato temperamento inconfondibilmente unico e, al tempo stesso, altero. È qui che nel 2001 Francesco Condello, culla del Sangiovese. creatore e proprietario di Condé, decide di Fu Caio Appio, un tribuno Romano, a fondare la città lasciare il settore dell’alta finanza, nel di Predappio nel III secolo a. C, dopo essersi ritirato quale ha lavorato per più sulle sue colline proprio per coltivare il Sanguis di trent’anni, per deIovis, il Sangiovese. Da queste origini antiche si dicarsi a tempo pieno capisce la forza del legame inscindibile tra il vitigno alla viticoltura, da seme il luogo. Nei secoli questo legame è stato rafforzato pre sua passione. Proprio e accresciuto con il lavoro degli uomini sulle terre. in quell’anno segue la Per questo già nell’anno 1383, furono inseriti negli sua vocazione e lega la Statuti della podesteria di Predappio norme e regola- propria vita a quella del gementi con i quali si regimentavano “le vendemmie” neroso territorio di Predappio. e “la tenuta ottimale delle vigne”. Per centinaia di L’ha animato fin dal primo anni in autunno il profumo dei tini in fermentazione momento, in cui fonda Condé, di Giovanna Moldenhauer

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Qui sotto: una bella panoramica della tenuta di Condè, sulle colline di Fiumana di Predappio (Fc). Nella pagina accanto: Francesco Condello con la figlia Chiara e una copia degli Statuti di Predappio del 1383. Qui accanto: il piatto Crudo di manzo emiliano con ricci di verdura croccanti, cubetti di piada alle erbe e paté di olive nostrane. A destra: una bottiglia di Condé Predappio Sangiovese Riserva MGA.

il desiderio di far rinascere una grande tradizione del coinvolta in tutti gli aspetti delle attività di famiglia. passato, di rilanciare la produzione di un autentico La cantina è situata nella valle del fiume Rabbi, Sangiovese di Predappio. All’azienda vinicola ha af- sulle prime colline in direzione dell’Appennino ToscoRomagnolo e beneficia di un clifiancato Borgo Condé Wine Resort ma subcontinentale, addolcito dove sono disponibili differenti dalla vicinanza dell’Adriatico. Dutipologie di suite e ville storiche, “La storia di questo rante tutto l’anno, nella proprietà, una Spa benessere. Tre ristoranti vitigno si intreccia si hanno notevoli escursioni terpropongono diversi modi di vivere miche tra giorno e notte, che la tradizione gastronomica della con quella di queste persistono anche nei mesi più Romagna: dall’Osteria aperta tutterre da più di caldi, quando i vigneti sono soto l’anno che vuole far conoscere vente accarezzatati dalla brezza e apprezzare la storia enogastroduemila anni, un estiva. Condé conta 110 ettari nomica della regione, al Ristolegame inscindibile di proprietà, 77 dei quali impianrante Il Sangiovese che propone una selezione di carni e di verdure tra il vitigno e il luogo” tati con vigneti, interamente collocati attorno al Borgo, a un’altidi stagione alla griglia, al Ristotudine che va da 150 a 350 rante Il Borgo che realizza piatti della tradizione culinaria emiliano-romagnola. Francesco metri sul livello del mare. Il Sangiovese occupa il Condello si occupa della direzione con la presenza 90% della superficie vitata, il restante 9% è rappreogni giorno in tenuta. La figlia Chiara è dal 2012 sentato dal Merlot, impiantato nei terreni più freschi

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Focus wine

e profondi, caratterizzati da un elevato contenuto di argilla e calcare, condizioni pedologiche ideali per esaltarne l’eleganza, e un ettaro da Chardonnay. Federico Curtaz, agronomo di fama internazionale, ha abbracciato il progetto di Condé sin dalla sua nascita, seguendo tutti i passi che hanno portato alla realizzazione dell’azienda, con un attento controllo su ogni aspetto che può incrementare la qualità della produzione: dalla scelta dei cloni, agli impianti dei vigneti fino all’ultimazione della nuova cantina. Nel 2011 la Condé ha abbracciato il progetto Magis che prevede metodi di agricoltura di precisione con interventi agronomici in funzione dei fabbisogni differenziati, per le diverse parcelle, di concime, acqua e interventi fitosanitari. La meticolosa parcellizzazione dei vigneti ha diviso i 77 ettari vitati in 52 parcelle. Ognuna viene lavorata, raccolta e vinificata separatamente, per ottenere uve della più alta qualità e permettere la perfetta espressione dell’annata. La vendemmia sulla base del grado di maturazione ottimale dell’uva è eseguita esclusivamente con l’uso di cassette, per garantire il massimo rispetto del patrimonio organolettico delle uve. Immediatamente dopo essere stati raccolti i grappoli vengono portati in cantina, dove affrontano un’ultima selezione sul tavolo di cernita prima della diraspatura. Le uve poi entrano in vinifi-

Dall’alto: la vendemmia, una bottiglia di Massera Merlot Cru 2011, la cantina e le vigne.

perature di fermentazione e le lavorazioni non seguono procedure predefinite ma variano da annata ad annata, per garantire la perfetta estrazione delle componenti nobili delle bucce e per permettere alle uve di esprimere al meglio il proprio carattere. Dopo la vinificazione i vini vengono lasciati riposare in due ambienti sotterranei ad umidità e temperatura costante. Sono utilizzati diversi tipi di legno, dalle barriques ai tonneaux da 300 e 500 litri, a botti da 35 ettolitri. Dopo aver effettuato un periodo di invecchiamento, variabile a seconda della parcella di origine e dell’annata, i vini base sono ricomposti in quelli che diventeranno i vini definitivi. Il ruolo dell’enologo Federico Staderini risulta fondamentale per interpretare i risultati del processo di parcellizzazione in un’ottica di lungo periodo. In seguito agli assemblaggi i vini proseguono il proprio ciclo di maturazione che prevede un ulteriore affinamento in bottiglia per almeno 6-12 mesi. La produzione comprende quattro vini classici: un rosato da Sangiovese, un Sangiovese di Romagna Superiore, da uve Sangiovese al 90% e Merlot al 10%, un Predappio Sangiovese prodotto con un minimo di 95% di uve Sangiovese e solo una piccola percentuale di Merlot, un Predappio Sangiovese Riserva prodotto dalle migliori parcelle a Sangiovese. I Cru sono Laguna di cazione per gravità, senza l’ausilio di pompe, per ga- Sopra, uno Chardonnay con affinamento parziale in rantirne la perfetta integrità. La vinificazione è svolta barrique, Massera da uve Merlot in purezza e Raggio da lieviti indigeni in vasche di acciaio a temperatura Brusa, un Sangiovese prodotto dalle migliori uve controllata con numerosi rimontaggi. Anche le tem- dell’omonima vigna a breve disponibile =

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Focus wine

Mezzacorona, il valore del Trentino in Castel Firmian nasce all’interno di un progetto di valorizzazione territoriale che ha visto, in seguito alla selezione La Cantina di Mezzocorona (Tn) di alcuni “Cru”, nuovi protagonisti aggiungersi ai classici Pinot Grigio Riserva e Teroldego Rotaliano punta all’alta ristorazione Riserva: tra questi il Lagrein Riserva, lo Chardonnay Riserva e il Müller Thurgau Superiore proveniente con vini profumati ed eleganti, da alcuni tra i migliori vigneti della Val di Cembra. dal sapore antico Ai mono varietali, per la prima volta è stata e in continua evoluzione. affiancata e inserita una selezione a base di vitigni a bacca bianca: Assonanza, ovvero un blend di Espressione autentica del Trentino. Così si possono Chardonnay e vitigni aromatici nato da una intensa definire i vini prodotti da Mezzacorona, realtà vitivi- collaborazione tra Mezzacorona e alcuni grandi nicola che coltiva i propri vigneti con sistemi di chef stellati, un progetto lungimirante dedicato produzione integrata per garantire prodotti sempre proprio alla creazione di vini pensati a una ristorapiù naturali, simbolo di un territorio che da più di zione d’eccellenza. Degno di menzione il blend cent’anni viene protetto e salvaguardato da un at- rosso Castel Firmian Nerofino, un vino “nuovo” per tento team di enologi e agronomi che lavora a Mezzacorona ma con radici nel passato: con il fianco dei viticoltori mettendo a servizio le nuove nome Nerofino veniva infatti indicato il Teroldego tecnologie e strumenti per una produzione eccellente, Rotaliano tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, e rispettando tuttavia il valore della tradizione. La oggi si riscopre in chiave moderna e con nuova continua evoluzione dei vini prodotti regala que- luce. Parla da sé l’elegante etichetta, medaglia st’anno alcune eccellenze dedicate al mondo d’oro all’International Packaging Competition di Videll’alta ristorazione: la linea Castel Firmian Riserve nitaly, a rappresentare un vino che è esso stesso il si amplia con Nerofino e Gewurztraminer Superiore simbolo di una terra e di un territorio, la Piana RoTrentino Doc. La Linea “Riserve” di Castel Firmian taliana. Unione di Teroldego e Lagrein, vitigni coltivati a 220 m s.l.m., le uve vengono raccolte manualmente a perfetta maturazione, vinificano con lunga macerazione sulle bucce al fine di conferire un acceso colore rubino con sfumature violacee. Pochi mesi di affinamento in barrique di rovere francese completano il percorso regalando un delicato aroma speziato che ben si sposa con le note di bacche rosse, mirtilli, ribes e more tipici dei due vitigni autoctoni per eccellenza del Trentino. Lo chef Martino Rossi del Rifugio Fuciade, Rifugio del Gusto a 1982 metri in cima al Passo San Pellegrino, nel comune di Soraga (Tn), lo abbina a “Uovo affogato in crema di patate, Puzzone di Moena e Speck croccante”. L’ultima creazione degli enologi Mezzacorona dedicato all’alta ristorazione è il Castel Firmian Gewürztraminer Superiore, un vino che nasce da una selezione di uve dei di Elisa Facchetti

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migliori vigneti coltivati a diverse altitudini comprese fra i 300 e i 450 m, con esposizioni che vanno da sud-est a sud-ovest. I terreni conferiscono una grande ricchezza aromatica, ben integrata dai profumi floreali dell’uva e dagli aromi generati dalla macerazione a freddo e dall’affinamento “sur

In questa pagina: i vigneti e una bottiglia di Castel Firmian Gewürztraminer Superiore 2015. Nella pagina a lato: la sede della cantina Mezzacorona, i vigneti e una bottiglia di Castel Firmian Nerofino.


cuvée e richiede un altro periodo di permanenza in bottiglia per terminare l’affinamento. A predominare sono le note floreali di rosa canina, seguite da profumi di frutta gialla e aromi tropicali, mentre al palato colpisce per la sua eleganza e la bassa acidità si trova in perfetto equilibrio con il leggero residuo zuccherino che lo rende fresco e piacevole. Da abbinare, come lies”. A settembre inoltrato le uve vengono raccolte consiglia Mezzacorona, a un piatto realizzato con e selezionate a mano eliminando i grappoli non ingredienti della stagione fredda: risotto di zucca perfettamente maturi e poi mae scamorza, una ricetta facile cerate a freddo direttamente da preparare che esalta al masin pressa soffice per 24 ore. Il simo le note intense e fruttate “Mezzacorona è una mosto, dopo una lunga decandel nuovo Castel Firmian Getazione naturale a bassa tem- delle più antiche cantine würztraminer Superiore. I vini peratura, viene fermentato sem- cooperative del Trentino. firmati Mezzacorona, come le pre a bassa temperatura a 16new entry Nerofino e GewurztraCon 1600 soci e 2800 miner Superiore Trentino Doc, 18°C con lieviti selezionati appositamente per questa varietà. sono seguiti e curati dall’enologo ettari di vigneti, Terminata la fermentazione il Fabio Toscana, bianchi e rossi rappresenta un’alta vino passa l’autunno e l’inverno ottenuti da vitigni autoctoni e sui propri lieviti in vasche in acinternazionali provenienti dai qualità produttiva” ciaio inox fino al momento della migliori “terroir” del Trentino =

53 Artù novembre 2016


Focus beverage

Roner, distillati di puro piacere legno di ciliegio prima di essere imbottigliata. Il sentore fruttato evidente al naso si ritrova anche all’assaggio, facendone una grappa da monovitiLa distilleria Roner produce da gno unica nel suo genere. Come la grappa di 70 anni distillati di qualità, grazie pura vinaccia di Pinot Nero, con le sue ricche note speziate di vaniglia e legno dovute ai 12 alle materie prime utilizzate, mesi di invecchiamento in botti di rovere. Ben vinacce e frutta del Sud Tirolo, e percepibili i sapori di frutta a bacca rossa, come il rispetto per le antiche tradizioni. il lampone, la ciliegia e l’amarena. Se i monovitigno hanno confermato la qualità di 70 anni di storia Sorge sulla Strada del Vino la distilleria Roner, pro- e tradizione nell’arte della distillazione, è con il diprietà di quella famiglia Roner che a Caldaro stillato Wilhelmine che la famiglia Roner ha brindato eleva lo spirito imprenditoriale del Sud Tirolo con i alla sua lunga storia. La limited edition di pere Wilpreziosi vini della Tenuta Ritterhof, piccola cantina liams Christ, è il distillato creato per celebrare di grande qualità. La distilleria ha celebrato que- l’esperienza di tre generazione di distillatori, il st’anno i 70 anni di attività, guidata da Karin lavoro dei contadini e il lungo invecchiamento in Roner che nel 2007 ha deciso di ampliare l’azienda botti di rovere, dal gusto amabile e dalla nota olper dare plus valore alla produzione con nuove fattiva fruttata. Sempre in occasione del 70° anlinee di imbottigliamento e un niversario la Limited Vintage magazzino automatizzato. Fino Edition ripropone quattro distilal riconoscimento nel 2010 di lati con le etichette originali “La strada intrapresa è “Distillatori dell’anno”, un sucprecedenti al 1962: la grappa volta a una produzione Treberbrand, la Grappa Riserva cesso che ha visto l’azienda crescere qualitativamente, forte innovativa, ma allo di una guida lungimirante. La stesso tempo fedele strada intrapresa è volta a una produzione innovativa, ma allo agli antichi passaggi stesso tempo fedele agli antichi richiesti per passaggi richiesti per la distillazione. Gli attuali prodotti di la distillazione” punta sono i due monovitigno invecchiati Pinot Bianco e Pinot Nero, due eccellenze nel panorama dei distillati Roner: la prima grappa di Pinot Bianco invecchiata è un prodotto unico nel suo genere nel mercato italiano che deve la sua peculiarità in primis alla tipologia del terreno dove crescono le uve, sopra il Lago di Caldaro a 500-600 metri s.l.m: qui le viti rivolte a est risentono di forti escursioni termiche, condizioni ottimali per la produzione di vini e grappe freschi e fruttati. Ed è da questi terreni calcarei che nasce la nuova grappa Pinot Bianco di Roner, risultato della doppia distillazione a bagnomaria. Passa otto mesi in botti di rovere e poi viene affinata per altri quattro mesi in botti di di Elisa Facchetti

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invecchiata 18 mesi, il liquore alla Prugna e Williams, distillato di sole pere Williams Christ. La tradizione della distillazione di frutta, lo ricordiamo, avviene in un secondo momento, nel 1972, quando al nuovo impianto di distilleria di grappa si aggiunge la distilleria di frutta ed è poi nel 1999 che la famiglia Roner acquisterà la cantina Ritterhof: in soli 10 anni Ludwig Kaneppele, direttore della cantina e marito dell’intraprendente Karin Roner, riesce a trasformare la piccola cantina in un esempio di produzione di eccellenza. La stessa eccellenza rintracciabile nella grappe e distillati Roner, oggi anche personalizzabili. Ambra La Morbida offre infatti la possibilità di rendere unica la bottiglia che contiene la preziosa grappa, cuvée elegante e delicata di chardonnay e moscato invecchiata in barrique. La cassetta di legno racchiude la versione magnum da 1, 5 litri da poter personalizzare con un messaggio da aggiungere sulla bottiglia, per un regalo da collezione. L’ottima qualità delle materie prime e l’introduzione di nuove tecnologie hanno contribuito al consolidamento della

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Nella pagina a lato: la sede dell’azienda e un particolare di un alambicco. In alto una confezione di grappa Pinot Bianco invecchiata e qui sopra una bottiglia di grappa Ambra La Morbida.


Focus beverage

distilleria Roner, ma la chiave del successo è senza dubbio da ricercarsi nella tradizione, regole di distillazione tramandate dal passato che ancora oggi vengono rispettate e che fanno di Roner una realtà ben consolidata nell’Alto Adige, conosciuta in Italia e all’estero, esempio di eccellenza per la produzione dei famosi distillati di frutta e le grappe preparate con vinacce di altissima qualità provenienti dai vigenti del Sud Tirolo =

In questa pagina: in alto quattro bottiglie della Limited Vintage Edition; qui sopra l’elegante confezione del distillato Wilhelmine di pere Williams Christ e a sinistra una confezione di grappa Pinot Nero invecchiata.

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Focus beverage

Acque Minerali d’Italia punta su Sangemini di Elisa Facchetti

La nuova holding che controlla Norda, Gaudianello e Sangemini ha ridisegnato il comparto delle acque minerali puntando sempre più sul concept “bevi consapevolmente”. Punta sulla diversificazione delle acque e sul concetto di educazione alimentare la campagna promozionale avviata da Acque Minerali d’Italia. Protagonista acqua Sangemini, “on air” su web, media nazionali, stampa, televisione, per ricordare ai consumatori e ristoratori che le acque non sono tutte uguali. Lo specifica molto bene il claim che identifica Sangemini come “l’Acqua Alimento”, accompagnato dallo slogan “L’alimento più importante non si mangia, si beve”. Il mix di Calcio - altamente assimilabile e quindi bio“Il mix di Calcio, disponibile - di Bicarbonato, di Bicarbonato, Magnesio Magnesio e di Potassio, unito alla quasi completa assenza di e Potassio, unito alla Nitrati, rende l’Acqua Sangemini quasi completa assenza unica per le sua composizione poiché apporta quegli elementi di Nitrati, rende l’Acqua che rafforzano l’apparato osseo, Sangemini unica per proteggono i muscoli, la pelle e i capelli, favorendo allo stesso le sua composizione” tempo la digestione e il benessere dell’intero organismo. Inoltre Sangemini, grazie anche all’effetto tampone sull’acido lattico, contribuisce ad innalzare la soglia di resistenza alla fatica e la renda quindi ideale per chi pratica sport. Sono infatti tante le squadre plurititolate che bevono Sangemini in diverse discipline come calcio, basket, pallavolo, ciclismo. La campagna di comunicazione di Acque Minerali d’Italia e Sangemini coinvolge sempre più anche i canali Rai, Mediaset e La 7 negli orari di maggiore audience, intensificata da telepromozioni mirate =

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Format food

Milano fra poké e avocado toast di Maurizio Bertera

Nel capoluogo lombardo imperversa il “nuovo etnico”, che vede piatti sudamericani alternarsi a specialità del nord Europa. Il “nuovo etnico” - che ha in Milano la capitale indiscussa ma valide espressioni anche nelle altre grandi città - è caratterizzato da una netta separazione, al di là che si tratti di street food o di ristorazione vera e propria: da una parte la proposta culinaria autentica, magari semplice ma doc e preparata da chi la vive quasi con orgoglio; dall’altra un mix di cibi e di piatti che possono essere all’altezza solo se interpretati da mani esperte. La prova viene dal successo della cucina peruviana: il ceviche è ormai una realtà anche da noi mentre lo step successivo è rappresentato dal tiradito, simbolo di quella Nikkei che è figlia dell’incontro sulla costa “tagliato a tocchi”. Infatti, il del Pacifico tra Sudamerica e pesce crudo è senza lische e “Palestra di tendenze, Giappone. Il piatto infatti unisce preparato a quadrotti, più o la città è diventata una meno regolari. Tradizionalmente la marinatura del ceviche senza cipolla - e la tecnica sorta di vetrina, spesso di piovra o di tonno, nasce codel sashimi, con lamine sottili me piatto povero dei pescatori sperimentale, delle di pesce, intervallate da zenzero e quindi nella ciotola ci finiva fresco. A dare il tocco in più un po’ quello che c’era, come cucine e delle mode arrivano il coriandolo fresco e è per la nostra zuppa di pesce, l’immancabile rocoto, (pepe- alimentari che la condiffusa in molte varianti, sulle roncino delle Ande) mentre a rive del Mediterraneo, e che notano come globale” volte si aggiunge salsa di olive vive di fantasia. Guarda caso, e aglio. L’ultima moda a stelle nel poké, il pesce viene condito e strisce è invece l’avocado toast, di cui è testi- con avocado, cavoli, pomodori freschi, germogli monial (reale) mr. Joe Bastianich: una larga fetta di soia, sesamo, lattuga di mare, peperoncino, di pane (per la cronaca, il giudice di Masterchef noci di macadamia, mango, zenzero o coriandolo. lo consiglia nero di segale), una bella fetta del E poi sale marino, aglio verde, cipollotti e lime. frutto schiacciato e… quello che volete, partendo Accompagnato da riso e/o insalata, si serve diretda un uovo e arrivando al salmone oppure basta tamente in insalatiere e coppette monoporzione. un semplice “passaggio” di peperoncino. Per chi È una specialità. Facilmente soggetta a contamiama il “crudo”, ecco il poké, piatto nato alle nazioni: ideale come accompagnamento a un Hawaii che si pronuncia poh-kay e significa cocktail, il poké è solo all’inizio del fenomeno. Tra-

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Sopra: l’avocado toast e qui il tiradito. Nella pagina a lato: hai-poké, tipica insalata hawaiana a base di pesce crudo.


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Format food

sferiamoci in Asia. Dim sum e ramen sono ormai apprezzati mentre l’ultimissima moda è quella del pak choi: è un tipo di cavolo cinese, contraddistinto da foglie particolarmente carnose, e che nella forma ricorda più la bietola. Il gusto unico, la grande versatilità e il favore dei vegetariani ne stanno innalzando il ruolo in cucina. Può essere servito in agrodolce o al peperoncino, con i funghi o lo zenzero, in una zuppa al miso come con gli spaghetti di riso. E sembra faccia benissimo all’organismo. Per i palati (molto) robusti, ora c’è una maggiore possibilità di trovare il kimchi che è la base della cucina coreana nonché una combinazione di sapori potente quanto poche sul pianeta: la ricetta base prevede che le foglie di cavolo fermentate in salamoia siano unite a ravanelli, verdure, pasta di gamberetti salati, pasta di peperoncino piccante, aglio, salsa di acciughe, zenzero e scalogno. Più lunga la fermentazione, più forte diventa il sapore come non mancano versioni con pesce salato e persino con frutta e pesce fresco. Al confronto, il pad thai è un piatto da bambini, fermo restando che rappresenta una delle espressioni meno delicate di una ricca cucina come quella thailandese, improntata fortemente allo street food: per la cronaca, una delle migliori del mondo. Il piatto è composto da tagliatelle di riso saltate nel wok con salsa di pesce, uova, pasta di tamarindo, zucchero, verdure, pe-

In questa pagina: qui sopra shrimp pad thai, in alto a sinistra il ramen miso freddo (ph. Jacopo Ventura), qui accanto il kimchi e sotto la smørrebrød.

peroncino. Si aggiungono varie combinazioni con germogli di soia, gamberetti, pollo o tofu. Il tocco in più è creato da arachidi sbriciolate e coriandolo. Chiudiamo con un paio di suggestioni europee che stanno trovando un posto al sole. La prima è la smørrebrød, tartina nordica che nella versione classica consiste in una fettina di pane di segale, imburrata e usata come base per le guarnizioni più disparate. Ne sono state codificate oltre duecento, ma quelle tradizionali si preparano con aringa, salmone, anguilla e carne di maiale. Scelta vincente è accompagnarle con una birra scura. La seconda è rappresentata dal burek: conosciuto anche come borek o lakror, è un piatto con innumerevoli varianti a seconda dei paesi della penisola balcanica, senza dimenticare che le origini sono turche. Generalmente si prepara con pasta fillo o yufka (pane molto sottile) e viene farcito con carne macinata, verdure e formaggio come lo skuta che sembra una ricotta ma più asciutta e acidula delle nostre. Una specialità di una cucina come quella balcanica, ancora tutta da scoprire =

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La ricetta di Artù

Il grande risotto di Fabio Silva Riso Carnaroli Riserva San Massimo alle carote, lime e salicornia Ingredienti per quattro persone 320 g di riso Carnaroli selezione Riserva San Massimo 1 litro di brodo vegetale 80 g di olio extravergine di oliva 1 scalogno 5 g di salicornia

Lo chef Fabio Silva, il piatto e la sala del ristorante Derby Grill dell’Hotel de la Ville di Monza.

500 g di carote centrifugate 1 scorza di lime sale olio

a cura di Maurizio Bertera Il Derby Grill dell’Hotel de la Ville di Monza, proprio davanti alla Villa Reale, è un locale di gran classe e di una buona cucina: sinora fuori dal circuito gourmet ma frequentatissimo da un pubblico fedele, della zona e della vicina Milano. Durante il Gran Premio di Monza diventa il rifugio di piloti (Lewis Hamilton in testa) e addetti ai lavori. Abbiamo detto sinora perché il ristorante interno – gestito come l’hotel dagli esperti fratelli Nardi e con un servizio di alta scuola guidato da Roberto Brioschi – è in evidente crescita, per merito di Fabio Silva: classe 1978, napoletano, arrivato a Monza sei anni fa, non ha perso le radici campane del gusto ma è un eclettico che spazia dai “must” del territorio (risotti, costolette, torta di pane) ai piatti di pesce e vegetariani. Per Artù ha pensato a una ricetta autunnale, elegante e piacevole, “Sono del Sud e amo fare la pasta, ma il riso mi ha sempre stimolato – spiega Silvia – perché in una

terra dove lo apprezzano particolarmente, dà soddisfazione realizzare un buon risotto. E questo lo è in quanto ha un sapore intenso ma è leggero, grazie a una preparazione curata e che elimina il burro. La mancanza di lattosio, la cottura con brodo vegetale e la presenza del centrifugato di carote lo rende adatto non solo ai vegetariani ma anche ai vegani”. Lo chef del Derby Grill ha raggiunto l’equilbrio tra la dolcezza della carota e la sapidità della salicornia. La nota acida del lime è il tocco finale che regala freschezza. “Per chi lo vorrà preparare, il passaggio chiave è naturalmente la mantecatura: la quantità di olio extravergine e di lime deve essere precisa al grammo, altrimenti il risotto si sbilancia ed è molto difficile rimediare” sottolinea Silva. Come lo abbiniamo? “Abbiamo fatto esperimenti e non c’è nessun dubbio che un bianco fruttato sia l’ideale. Penso a un Gewurztraminer”. Non è certo un campanilista, il bravo Fabio. E si fa così =

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Procedimento Tostare il riso insieme allo scalogno pastorizzato e alternare la cottura con il brodo vegetale e la centrifuga di carote, utilizzandola tutta. Al termine, aggiustare di sale e pepe, mantecare con l’olio extravergine, la buccia del lime e qualche goccia del suo succo. Adagiare il riso nel piatto e guarnire con la salicornia leggermente sbollentata, la polvere, qualche ciuffo di carota e del finger lime =




La foto di Cioffi

Michele Mauri, chef patron della Piazzetta. Mauri si è recentemente spostato da Origgio (Va) in Romagna, dove continua la sua attività professionale all’interno di questo locale storico, che già fu sede della mitica Frasca di Gianfranco Bolognesi.

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© Ferdinando Cioffi


Accueil

Bellevue di Cogne Spa d’alta quota po’ per la conformazione geografica del luogo, perché ci troviamo in una vallata chiusa, che non ha sbocchi e che è circondata da montagne. TralaProfessionalità e cura sciamo pure l’effetto negativo di un ben noto fatto per l’ospite caratterizzano di cronaca che per molti anni ha portato una pubblicità tutt’altro che positiva a questa amena località questa destinazione storica turistica, ma non va poi dimenticato che Cogne, a della Valle d’Aosta, gestita differenza di altre destinazioni turistiche invernali, dalla famiglia proprietaria. vive soprattutto della presenza dell’appassionato o dello sportivo che pratica lo sci di fondo, mentre di La Valle di Cogne è uno degli angoli d’Italia più sen- impianti di risalita per la discesa, che poi sono sazionali e in parte trascurati. Un po’ per la sua po- quelli capaci di attirare la gran massa dei turisti sizione defilata, ai confini con il Parco del Gran Pa- della neve, ce ne sono davvero pochi. Cogne è radiso e in angolo nascosto della Val d’Aosta, un perfetta quindi per un turismo più familiare, abituato di Gualtiero Spotti

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Qui sopra: l’esterno dell’Hotel Bellevue di Cogne ai piedi del massiccio del Gran Paradiso e sotto La Terrasse d’inverno.


a vacanze fatte di relax, camminate in montagna, paesaggi alpini e natura a portata di mano. Al punto che basta inoltrarsi per pochi metri all’interno dei boschi per vivere incontri inaspettati con gli ungulati o con gli scoiattoli. Chi invece ama raccogliere testimonianze delle tradizioni, ancora oggi ben presenti sul territorio, non mancano certo le sorprese, che ha all’interno una magnifica Spa, è posizionato come i pregiati pizzi al tombolo (Les Dentelles de in un angolo del prato di Sant’Orso, ai margini del Cogne); il museo etnografico centro cittadino, ed è stato fondella Maison Gérard Dayné, in dato tre anni dopo l’istituzione una splendida casa rurale testi“Da anni appartiene del Parco Nazionale del Gran monianza delle costruzioni in Paradiso, nel 1925, per arrivare alla catena dei Relais ai giorni nostri praticamente inpietra e legno oppure le antiche miniere dalle quali negli anni tatto nello spirito, nello stile e & Chateaux, che passati si estraeva la magnetite, nella gestione sempre oculata richiama da sempre raggiungibili dal centro di Cogne della famiglia Jeantet-Roullet con una camminata di poco che oggi vede in prima fila la in tutte le sue strutture più di due ore. Molte delle sengiovane Laura ad occuparsi in una clientela esigente prima persona delle varie realtà sazioni che si vivono in questa valle a fondo chiuso si raccolall’interno e fuori della struttura. e raffinata” gono in un colpo solo trascorSi perché Bellevue a Cogne non rendo del tempo nell’hotel che vuol dire solo l’albergo, ma anè simbolo dell’ospitalità locale da poco più di no- che negozi, brasserie e locali firmati dalla stessa favant’anni, il Bellevue (www.hotelbellevue.it). L’albergo, miglia. Nel centro di Cogne si trova la Brasserie du

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Qui sopra: il Bar à Fromage restaurant de montagne realizzato in un’antica casera d’alpeggio.

Bon Bec, per gustare grigliate, fondute e, più in generale una cucina che vuole rappresentare il gusto tipico dell’area occidentale delle Alpi; poco distante si osservano (e si possono acquistare) i manufatti artigianali del Marché aux Puces, una elegante boutique di montagna gestita dalla simpatica Magaly e dove stupirsi di fronte alla bellezza degli oggetti della tradizione alpina. E come se non bastasse, dall’altra parte della strada che divide l’ingresso dell’hotel dal centro di Cogne, si raggiunge il Bar à Fromage, una antica casera della valle nella quale riscoprire i sapori e le cotture lente della cucina valdostana e cognense. Può bastare tutto questo? Ovviamente no, perché poi si entra


Accueil

oggetti e particolari capaci di far sognare l’ospite. L’unica concessione è nella Spa sotterranea, rimodellata qualche anno fa e più vicina alle esigenze di una clientela moderna, soprattutto nell’area delle piscine e in quella relax, anche se poi il piacere di rappresentare la montagna si ritrova ovunque, anche nei trattamenti, come nel caso della Bio-sauna al fieno, o del Bagno di Re Vittorio, dove si viene immersi in una vasca colma di acqua e vino di montagna cotto con erbe, bacche, spezie e miele. Non meno affascinante è l’ambiente della cantina scelto per i tratnell’edificio principale dell’albergo, dove il team ac- tamenti con l’argilla, caratterizzata da una grande coglie l’ospite nei vestiti tradizionali della valle e lo vasca in marmo e da un lettino thermo-spa. Qui si introduce in un mondo fatato che sembra perdersi scelgono gli impacchi più adatti al proprio corpo, nella notte dei tempi. Tutto l’arredamento e il gusto seguiti, in molti casi, da massaggi tonificanti, con richiamano sempre la storia della valle, tra mobili, balsamo di marmotta, arnica e olio essenziale di pino. Le camere del Bellevue a disposizione degli ospiti sono trentotto, cui si aggiungono tre chalet, situati di fronte al corpo principale dell’edificio, ma In alto: Le Petit Restaurant e sotto il tortello al tuorlo a colpire è soprattutto la bellezza della nuova e d’uovo, ricotta d’alpeggio e velata di tartufo nero. grande suite panoramica chiamata Il Nido degli A lato: lo chef Fabio Iacovone.

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Angeli, 80 metri quadrati con vista a 180 gradi sui prati dell’Orso e sul ghiacciaio del Gran Paradiso. Ma non solo, ci sono anche il letto a baldacchino, il caminetto ad acqua, una grande terrazza coperta e una vasca che esce verso l’esterno ed è a sospensione. Con servizi di questa qualità non poteva mancare, ovviamente, un ristorante di assoluto livello. Anche in questo caso le sorprese non mancano, visto che Le Petit Restaurant, facendo fede al suo nome, è davvero minuscolo e conta solo quattro tavoli, per sedici coperti. È una sala con stella Michelin guidata ormai da qualche stagione dal solido Luigi Iacovone che è l’executive chef dell’albergo e si occupa anche del ristorante Bellevue e della Terrazza. Nel Petit Restaurant va in scena la grande cucina con i classici della casa (vedi il succulento Uovo del Re Vittorio, con fonduta di


Qui sopra: l’orto, la polentina gratinata con toma, tartufo e porcini, il carrello dei formaggi, la suite panoramica “Il nido degli angeli” e la suggestiva piscina della Spa.

formaggio, tuorlo d’uovo scottato e tartufo,) a volte un po’ filofrancesi o piemontesi. Cosa che accade, per certi versi, anche nella vicina sala Bellevue, che riporta nel menu piatti sapidi e gustosi come i Raviolini del Plin al sugo d’arrosto o la Polenta gratinata al Brie de Meaux. Per i sapori più tipici della valle invece, come nel caso della Favô (la zuppa di fave e fontina), della Seupetta alla Cogneitze o della ben più famosa Raclette valdostana, è bene

spostarsi nel Bar à Fromage. L’influenza della vicina Savoia e dei prodotti e sapori montani anche francesi abbraccia un vasto territorio che non ha un confine vero e proprio, e non è un caso che l’hotel mantenga sempre stretti legami con cuochi e amici anche d’oltralpe, come nel caso del bistellato Pierre Maillet dell’Hameau Albert 1° di Chamonix. Anche questo un Relais & Chateaux, proprio come il Bellevue di Cogne, ormai da diversi anni. Bella e

71 Artù novembre 2016

interessante la selezione di formaggi, non solo valdostani, presentati al tavolo in un suntuoso carrello ed è variegata anche la scelta di vini in carta, che vede molte etichette biodinamiche come protagoniste. Se la magia dell’inverno con la neve e il paesaggio alpino da ammirare sono ormai alle porte e rimangono impagabili (il Bellevue riapre il 7 dicembre), anche la bella stagione riserva un momento da non dimenticare. Laura, oltre ad occuparsi dell’albergo, ha una baita nel bosco di Valnontey, una Maison a l’Alpage, dove, nei mesi estivi, accoglie gli ospiti che vogliono tuffarsi nella natura del Parco osservando i camosci da vicino e dove una volta alla settimana si trasferiscono i cuochi del Bellevue per organizzare pranzi all’aperto dove i protagonisti diventano le grigliate e la polenta preparata nel paiolo di ghisa. Una full immersion più rustica e semplice, a stretto contatto con la natura e con il sottofondo dei canti della valle =


Acceuil

Al Castello di Spaltenna di Claudio Zeni

Il Chianti, con le sue quinte scenografiche, è una terra ricca di borghi feudali che spuntano tra le foreste e i campi di vigneti, dove svetta il maniero. La sua antica Pieve con torre campanaria, il coèvo monastero e il suo piccolo gruppo di casali, fanno del Castello di Spaltenna (www.spaltenna.it) uno splendido esempio di architettura spontanea medievale. Qui il tempo sembra essersi fermato. Storia e familiarità sono di casa conservando la stessa grazia e fierezza di dieci secoli fa, grazie ad uno staff di prim’ordine guidato dal dinamico direttore Alessandro Ercolani, da Fabrizio Borraccino chef dell’annesso ristorante Il Pievano e dal maître Andrea Giubbilei. Qui troverete camere dove regna una pace che non immaginavate possibile, oltre ad uno chef pronto ogni giorno a proporvi un viaggio gastronomico estroso, che segue il passo lento delle stagioni e resta fedele alle radici locali, accompagnando le pietanze con vini “Qui troverete camere intensi e profumati di Spaltendove regna una pace na, che sono l’espressione più alta e autentica di questa terra che non immaginavate e di questo Castello, selezionati possibile, oltre ad per voi dal maître Andrea. Dalle terrazze erbose antistanti il Cauno chef pronto agli eccessi, sono accostello potrete godere la quiete a proporvi un viaggio spazio glienti e familiari per essere della campagna e la bellezza vissute con amore e con gusto, del paesaggio circostante con gastronomico” non come semplici camere. le sottostanti piscine, una esterLetti a baldacchino o in ferro na, con una gradevole cascata, e una coperta e riscaldata nei mesi più freddi, battuto, scrittoi e bauli in legno dell’Ottocento, oltre al nuovo centro benessere. Le camere, frutto tendaggi decorati e cassettoni con ripiani in marmo di un’attenzione alle piccole cose che non lascia popolano le stanze, ognuna diversa dalle altre ma tutte rigorosamente in stile rustico locale. Il ristorante Il Pievano, ricavato dalle sale millenarie dell’antico fortilizio, è una piacevole meta dei nuIn questa pagina: lo chef Vincenzo Guarino merosi gourmet che visitano il Chianti. Qui Fabrizio e accanto la sala del ristorante Il Pievano.

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Borraccino propone una cucina di tradizione con piatti sapientemente rivisitati. Quando Fabrizio parla delle sue ricette e dei suoi pregiati ingredienti ha gli occhi che s’illuminano. La sua passione smodata per la tradizione culinaria toscana ha qui trovato una casa e un palcoscenico ideali per esprimersi. I suoi piatti non sono mai ordinari ma allo stesso tempo ricordano quelle squisite fragranze che una volta riempivano le cucine delle famiglie del Chianti. A 1 km di distanza dal Castello c’è il piccolo Borgo di Vertine, una cittadina medievale fortificata fatta di stradine, muretti in pietra e ca-


ratteristici scorci toscani, mai espugnata nel corso dei secoli e per questo rimasta perfettamente intatta. A Vertine il Castello di Spaltenna possiede due eleganti appartamenti per gli ospiti che vogliono fermarsi nel Chianti più di una settimana e godere della propria libertà senza rinunciare ai tanti servizi dell’hotel =

In questa pagina: il romantico ristorante all’interno del chiostro, il rustico Bar Taverna e la piscina esterna.

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Dal mondo

La cucina dei Fiordi di Christopher Haatuft città. In particolar modo la cucina, bypassando la tradizione locale, si è evoluta notevolmente negli Da Lysverket natura, buon gusto ultimi anni, creando un sottobosco di indirizzi che, sulla spinta del boom nordico, hanno portato una e arte si incontrano in un unico nuova linfa gourmet in città. Capofila di questi ristoranti (tra cui ci sono anche Bare, Colonialen, edificio, frequentando le sale Hanna Pa Hoyden e Kjokken) è sicuramente Lysverket di un museo e degustando (www.lysverket.no), ospitato in un piacevole e grande open space all’interno dell’edificio 4 del Kode, il i piatti di un cuoco di talento. Museo d’Arte Moderna di Bergen. A reggere le fila Bergen è la porta d’accesso ai fiordi e, con tutta pro- della cucina è il simpatico e strabordante Christopher babilità, la città norvegese più affascinante, non a Haatuft, cuoco d’impostazione classica (e con especaso meta di un turismo senza sosta durante tutto rienze in giro per il Mondo in diversi ristoranti di l’anno. Nonostante sia anche pregio) che con la sua ultima uno dei luoghi più piovosi dove creatura ormai aperta da qualche mettere piede, Bergen è capace anno, ha impostato il menu su “Anche in Norvegia di offrire perle di bellezza che una linea che da queste parti l’alta cucina è una passano dalla storia (è una viene definita “fjordic”, a indicare delle città affiliate alla Lega An- realtà indiscussa, grazie la strettissima relazione con la seatica, che nel Medioevo denatura, la materia prima e i proall’ottima materia prima duttori del luogo. Al punto che terminava i traffici di merci nel Nord Europa, e vale la pena spesso, nei giorni in cui il ristolavorata da chef di oggi camminare nella zona più rante è chiuso, Christopher si ditalento e proposta ai antica e affascinante del porto) verte a indossare una muta, e arrivano fino alla gastronomia, clienti con lungimiranza” girare con una barca nelle baie visto che proprio da queste parti vicine alla città e a tuffarsi alla si alleva il salmone norvegese, ricerca di capesante (che spesso ma più in generale si trova dell’ottimo pesce, come si scopre facilmente solo girando per i banchi del mercato che si tiene ogni giorno nel cuore della di Gualtiero Spotti

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In questa pagina: la sala del ristorante Lysverket (ph. Tove Lise Mossestad), un particolare di un tavolo (ph. Bonjwing Lee) e scampo grigliato con cavolfiore glassato (ph. Lars Petter Pettersen). Nella pagina a lato: lo chef Christopher Haatuft (ph. Bonjwing Lee).


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Dal mondo

vengono consumate freschissime in barca) e granchi, pronti per essere degustati dagli ospiti di Lysverket. Come dire, il chilometro zero reale e senza alcun tipo di compromessi. L’ambiente del ristorante è piuttosto vario, e prevede un'unica grande sala, con un banco bar dove si svolge la vita sociale prima, durante e dopo i pasti, e nei weekend la scena si anima con deejay e musica live. Insomma quasi un club dai toni casual, perfetto per chi vuole vivere l’intera serata in un unico luogo, dall’aperitivo ai cocktail delle ore piccole. Detto questo, la cucina è assolutamente rimarchevole e non lascia alcun dubbio sulla qualità. Anche quando si lancia in preparazione più azzardate e meno vicine a quelle che può comprendere più facilmente la clientela internazionale in transito da queste parti. Negli ultimi tempi, oltre ai piatti che arrivano in qualche modo dal mare, Christopher ha iniziato a usare maggiormente la griglia e il fuoco, e a preparare piatti d’ispirazione organica. La cucina prevede un menù fisso di 4 e 7 piatti per il ristorante sulla base dei migliori prodotti di stagione e del pesce fresco a disposizione. Nella

zona bar viene, in ogni caso, offerto un menù à la carte, dove ordinare snacks che vanno dalle noci al prosciutto fino al ceviche, per tutti quelli che vogliono intrattenersi senza troppo impegno. Al ristorante invece si trovano il Pollo dell’Azienda Agricola Holte, con Caesar Salad in accompagnamento, le Costine di maiale brasate con paté di fegato di pollo, salsa chili, verdure e aneto, il Granchio con cetrioli, foglie di quercia e plancton, il Nasello con carote al forno, rafano e spinaci, oppure il Cervo arrosto con fave, zucchine e ragù di levistico. Tra i dolci invece piacciono molto le Prugne marinate con yogurt, dragoncello e finanziera alla nocciola. Il mood nordico, l’estetica essenziale, il legno e molti altri elementi conferiscono all’ambiente il gusto e l’appeal che è facile incontrare a queste latitudini, ma in più qui c’è anche l’aspetto squisitamente artistico. Come detto il ristorante è parte integrante di un vasto complesso museale, così sulle pareti della sala, o spesso con eventi musicali, la cultura e le arti finiscono per mescolarsi con la gastronomia. In modo molto naturale e piacevole. La sensibilità e la squisita cortesia del team di Lysverket, cui non manca comunque un pizzico di sana follia, contribuiscono positivamente a fare del luogo una destinazione quasi imprescindibile per chi vuole conoscere meglio i trend e la vita serale della capitale dei fiordi =

In questa pagina: la sala del ristorante Lysverket (ph. Line Thit Klein), uno scampo, scaloppine e qui accanto la Bergen Fish Soup (ph. Bonjwing Lee).

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Equipment

Angelo Agnelli, l’evoluzione dell’alluminio di Elisa Facchetti

Strumenti di cottura professionali e di qualità, approvati da grandi chef. Il nuovo asset di Baldassare Agnelli punta in alto. La “Fabbrica di Alluminio Baldassare Agnelli” nasceva più di cent’anni fa, nel 1907. Oggi la nuova generazione capitanata da Angelo Agnelli porta avanti con successo lo storico marchio di famiglia, una storia tutta italiana che innalza il valore del made in Italy. Gli strumenti di cottura professionali in alluminio sono diventati il simbolo di Baldassare Agnelli in Italia e nel mondo, realtà imprenditoriale forte oggi della presenza di Angelo Agnelli che ha saputo leggere e interpretare le nuove dinamiche di mercato creando l’importante Centro Ricerca e Formazione Saps Agnelli Cooking Lab e avviando uno stretta collaborazione trecciata con quella del nostro con gli interpreti più importanti Paese e soprattutto della ristora“Angelo Agnelli ha di questi strumenti. La padella Dalla tradizione ha attinto saputo interpretare le zione. acquista così un nuovo ruolo, i fondamenti dell’arte culinaria, evoluzione ragionata e creativa traducendoli sempre in prodotti nuove dinamiche di dell’alluminio che incontra l’esiche rispondessero alle esigenze mercato creando genza di chi ne ha fatto il proprio degli amanti del buon mangiare. strumento di vita, lo chef, grazie Al progresso e alla modernità ha l’importante Centro alla lungimiranza e all’intuizione lungamente contribuito sostenenRicerca e collaboradi Angelo Agnelli che ha saputo do quanti, professionisti e non dare nuova luce all’utensile più del mondo enogastronomico, nezioni con gli chef” importante di tutte le culture cessitavano di strumenti in grado del mondo. Artù lo ha incontrato di esaltare la creatività e l’ingegno. e intervistato. Le Pentole Agnelli sono divenute una icona della cucina, soprattutto quella maggiormente vocata alIl marchio “Baldassarre Agnelli” è sinonimo di l’interpretazione e alla salvaguardia di quel patrimonio pentole professionali e di qualità. Come si è di ricette e segreti che affondano nella cultura del terevoluta questa percezione nel corso degli anni? ritorio e delle sue tipicità e che vanno spesso in giro La passione per la cucina e la continua ricerca della per il mondo apprezzate sotto il nome di made in qualità segnano un percorso lungo oltre un secolo Italy. Non è un caso che per gioco o per provocazione che ha portato l’azienda di pentole Baldassare Agnelli si sia arrivati alla esclusiva creazione di esemplari in a diventare un marchio affermato in tutto il mondo. oro e argento. L’idea che la mia famiglia in prima perDalla prima officina di inizio secolo (1907), attraverso sona ha sostenuto e alimentato negli anni questo due guerre, il boom economico, la nouvelle cuisine e concetto è la difesa prima di tutto di una cultura gai fast food, la storia della mia azienda si è sempre in- stronomica, del mangiare bene e dell’interpretare

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In alto: alcune pentole in alluminio. Qui sopra e a lato due ritratti di Angelo Agnelli.

l’arte del cucinare quale espressione di gesti e forme e strumenti che derivano da esperienze tramandate nel tempo, costituendo elemento essenziale, tanto quanto gli ingredienti, del successo di un piatto. Quali sono state le tappe fondamentali della Sua crescita in azienda e cosa è cambiato nel modo di


produrre pentole, se è cambiato qualcosa? Gli insegnamenti che ho ricevuto mi hanno convinto della necessità di affrontare gli impegni come una sfida avvincente, in cui la propria personalità e le proprie capacità possono emergere solo quando messe alla prova. Certo, i tempi sono diversi rispetto a quando mio padre (Baldassare) e mio zio (Paolo) hanno mosso i primi passi in azienda, l’economia ora si misura su scala internazionale e le tecnologie accelerano il progresso in modo a volte imprevedibile. Ad ogni modo ho affrontato la mia crescita professionale con sacrificio e umiltà, con tanta voglia di imparare ma anche di conquistare rapidamente spazi di autonomia e responsabilità. L’azienda l’ho avuta nel sangue fin da bambino, tutto sommato assimilata in un tutt’uno con la famiglia. In questi ultimi dieci anni l’ho vista evolversi e cambiare pelle, in modo lento e graduale, ma ho potuto godere anch’io della soddisfazione di sentirmene parte e artefice. Penso innanzitutto di aver semplicemente portato a compimento progetti e desideri che erano già nella mente di mio padre (Baldassare). Nel 2002 ho fatto nascere il Centro Ricerca e Formazione Saps Agnelli Cooking Lab, proprio per divulgare questa cultura legata al corretto utilizzo dello strumento di cottura nella realizzazione di una ricetta. Il nostro Centro, con attiguo Museo della Pentola, è diventato in pochi anni punto di riferimento per rinomati professionisti, sperimentatori e gourmet di ogni genere. Alla base l’idea che per ogni ricetta, quindi per ogni differente tecnica di cottura, debba esserci una scelta ben precisa della pentola da utilizzare, arrivando a coniare addirittura il termine di strumento di cottura proprio per accentuarne la funzione imprescindibile. La particolarità dei seminari formativi che si svolgono presso Saps Agnelli Cooking Lab è proprio quella di unire alla preparazione di una ricetta, la spiegazione teorica e pratica relativa ai materiali e alle forme degli strumenti di cottura idonei a realizzarla. Per far questo abbiamo prodotto, in collaborazione con alcuni docenti cuochi, tecnici e Professori universitari, il Manuale Strumenti di Cottura: un vero e proprio vademecum sulle attrezzature per cucinare che attraverso i suoi capitoli riesce a far emergere i meccanismi che regolano il funzionamento e la struttura degli strumenti di cottura

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Equipment

e sul loro corretto uso in cucina. Sono presi come riferimento tutti i materiali dei recipienti e sviluppati i temi che comprendono, oltre che caratteristiche principali e d’impiego, una grande quantità di scienza per cucinare, spesso tutt'altro che elementare. Qual è il rapporto tra Pentole Agnelli e gli chef? Cosa ha fatto scaturire l’importante collaborazione? Viviamo in un mondo e in un contesto di cucina italiana dove, a livello professionale, non ci sono più “sconti” per nessuno. Noi produciamo pentole professionali da sempre e siamo un punto di riferimento per questo. Il sistema a cui appartengono i cuochi e in cui essi operano come professionisti richiede sempre più competenza, flessibilità, performance elevata, e soprattutto una costante misurazione ‘oggettiva’ che in Pentole Agnelli trovano. Il rapporto tra Pentole Agnelli e gli chef è orientato secondo logiche di scambio e contaminazione nel quale la dimensione teorica e le pratiche sono reciprocamente assunte e dibattute. Esiste un confronto costante e reciproco tra noi, con l'obiettivo comune orientato al meglio e a rendere, per esempio, quella determinata padella, un prodotto migliore, per un modello di lavoro attuale, aggiornato all’esigenza della cucina moderna, delle ricette attuali, senza perdere l’effetto professionale che essa deve avere. L'acquisizione della conoscenza, dell’una e dell’altra attività, è quindi relazionale e si determina soprattutto nel dialogo quotidiano. Nella consapevolezza che apprendere uno dall’altro è costruire, ricostruire, constatare per cambiare. L’impegno a rispondersi e non solo ad attendere, a proporre e non solo a consultare, a coinvolgere e non solo a socializzare. Questa è la nostra filosofia. E questo non

In questa pagina: Angelo Agnelli; un particolare del marchio “Agnelli 1907”; le pentole in rame liscio stagnato e a lato le pentole in alluminio 5mm.

esaltazione, tutto passa dall’interazione, tutto passa dallo strumento di cottura. Per questo abbiamo anche creato un’Ape Food Track personalizzata #NONTOCCATEMILAPADELLA che attraverso un road show in giro per l’Italia, tra fiere, eventi, manifestazioni e nostri distributori, porta in giro il messaggio e la filosofia di Pentole Agnelli. La sua lungimiranza l’ha portato a fondare il Centro Ricerca e Formazione. Quale bilancio può lo si fa senza aprirsi al rischio e all'avventura dello fare oggi e cosa vede per il futuro? spirito che ci distingue. Migliaia di partecipanti ai nostri corsi testimoniano Il manifesto “#NONTOCCATEMILAPADELLA” ha ri- questa nostra filosofia che va oltre il fare impresa e marcato ancora una volta questa preziosa e suggerisce forse il senso di appartenenza ad un cofruttuosa collaborazione con i grandi chef. Come mune modo di sentire la cucina. Il nostro Agnelli si evolverà? Cooking Lab è un centro culturale e didattico in cui #NONTOCCATEMILAPADELLA è innanzitutto un movi- i professionisti e gli appassionati trovano modo di mento d’avanguardia poliedrico che si compone di approfondire le proprie conoscenze, ma da cui noi numerose iniziative, ma è innanzitutto il primo presidio abbiamo potuto trarre spunto per realizzare nuove non food per garantire l’oggetto simbolo della cucina, produzioni come per esempio la realizzazione della la padella e quindi della professionalità legata all'atto Pentola in Oro, ma anche ampliando la nostra dello spadellare, del cucinare... In poche parole gamma di prodotti specializzandoci nella realizzazione voglio dire quel che tentiamo di legittimare da di sistemi e macchine tecnologiche per cucinare sempre: la ricetta non si completa solo nella scelta cibi di strada, oltre che nella commercializzazione degli ingredienti, ma anche nella cottura, scegliendo degli stessi e dei servizi inerenti. Sono sistemi innoil recipiente più adatto. Saper scegliere il corretto vativi, come la Polentiera o la Risottiera da Street strumento per la trasformazione del cibo significa ri- Food capaci di far diventar professionale e di spettare e accudire le materie prime. La prima regola qualità un cibo di strada che fa parte della nostra della cucina riguarda proprio la loro tutela e la loro tradizione culinaria =

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Equipment

Royale, il piatto perfetto per la ristorazione di qualità una parte prodotti che soddisfano le necessità della ristorazione di oggi, e dall’altra prodotti sempre nuovi e con decori e forme originali. Un processo di Professionalità in tavola significa “scouting” che richiede grande intuito, ma anche una mise en place impeccabile e sapere ascoltare gli chef e le loro esigenze per quello che riguarda l’impiattamento e proporre di stile. Le porcellane distribuite servizi da tavola ad hoc. Tra le linee più richieste la da Royale garantiscono anche collezione Bonna rappresenta ad oggi il prodotto con il migliore rapporto qualità/prezzo: forme e elevati standard qualitativi. colori attuali, è il frutto di una grande ricerca da L’azienda comasca firma da sempre le più belle Royale capace di adattarsi a qualsiasi situazione di parte di importanti designer. SuMisura si diversifica tavole per la ristorazione professionale con porcellane servizio: sempre resistenti e di alta qualità, le por- per il suo target alto, porcellane 100% handmade, per la tavola e per il buffet non solo di qualità certi- cellane si declinano in un mondo variegato di solu- interamente personalizzate in base alle richieste ficata, ma anche di design e in linea con le nuove zioni, dal piatto colorato con toni pastello o tinte del ristoratore. Le linee Floral e Luna, a marchio tendenze di mercato. Il colore sembra predominare più forti, al bianco puro, fino alla moda dello Dudson, hanno uno stile ricercato e giocano sul la scena, tuttavia Royale si adopera per rispondere “shabby chic”, per una tavola retrò. Non solo colore, colore. Pure è invece la linea più “basic”, disponibile a tutte le esigenze in base alle diversificate richieste ma anche le forme giocano un ruolo fondamentale nelle varianti Grey, Brown e Azure, ideale per ogni dei ristoratori che talvolta, per servizi di banqueting, nell’apparecchiatura della tavola e con Royale è tipo di ambiente, dalla trattoria di campagna al ricerimonie ed eventi, prediligono il classico bianco, possibile creare giochi e contrasti con porcellane storante piccolo ma attento ai dettagli. Dettagli che un ever green intramontabile. Angelo Fanfarillo, di- da tavola dai contorni originali: “Uno dei nostri fanno la differenza e che fanno apprezzare sempre rettore generale, ci spiega le tendenze della ristorazione obiettivi principali è proporre degli articoli che non più le porcellane per la tavola distribuite da Royale di oggi, facendo luce sulla dinamicità della proposta siano già visti” dice Angelo Fanfarillo, offrendo da non solo in Italia ma anche all’estero = di Elisa Facchetti

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Eventi

Top Italian Chef Quanti cuochi al Mudec di Theo Smith

Oltre 100 chef si danno appuntamento al Mudec: per incontrarsi, parlarsi, raccontare se stessi, cucinare. Geggi Tagliafico, l’eclettico ideatore di Top Italian Chef, ha fatto centro un’altra volta, per la precisione la settima. Grazie al suo spirito imprenditoriale e alle sue profonde e radicate relazioni con il mondo dei professionisti della cucina, ha riunito a Milano lo scorso ottobre 116 chef, fra executive e pastry, arrivati da ogni parte d’Italia e accomunati dalla voglia di incontrarsi, di affrontare tematiche comuni, di confrontarsi sull’andamento delle rispettive attività. Artù, con il suo direttore editoriale, Alberto P. Schieppati, ha degli chef: Gennaro Esposito, Feaccompagnato Geggi Tagliafico lice Lo Basso, Massimo Spigaroli, “Un evento che nella conduzione dell’evento, orKarl Baumgartner, Matteo Torretta, conferma la volontà mai diventato per molti chef un Fulvio Siccardi, Alessandro Cirappuntamento imperdibile, in ciello, Gianni Tarabini, Massimidei grandi chef grado di offrire visibilità autentica, liano Mascia, Ugo Alciati, Alesitaliani di fare in una logica al tempo stesso sandro Negrini, Fabio Pisati, Daprofessionale e conviviale. Il niel Facen, Davide Del Duca, sistema, aldilà luogo di incontro è stato il milaPeter Brunel, Renato Bosco, Masdi protagonismi nese Mudec, divenuto il quartier similiano Mandozzi, Michele Maugenerale di Enrico Bertolini, lo mediatici e televisivi” ri, Davide Brovelli, Giorgio Serchef bistellato Michelin che ha vetto, Federico Beretta, Fabrizio portato qui la sua principale atTesse, Maria Probst, Alberto Butività, decollata nei mesi scorsi e avviata ad essere ratti, Matteo Felter, Carmine Di Donna, Luca Marchini, un punto di riferimento gourmet per la città. Una ma- Nikita Sergev, Alberto Riboldi, Gianluca Fusto, Fabrizio nifestazione unica, che ha visto impegnati gli chef in Galla. E ancora: Carmine Di Donna, Giuseppe Di esibizioni e realizzazioni di piatti: fra questi, segnaliamo Martino, Sebastiano Rumma, Fabiana Scarica, Alfredo Luca Montersino, un nome di grande spicco nel Russo, Chicco Coria, Filippo Cammarata, Stefano mondo dei pastry chef, che ha presentato l’arancino Laghi, Galileo Reposo. E decine di altri che, con le 2.0, Pietro Leemann, Davide Oldani, Andrea Aprea, loro giacche bianche, hanno letteralmente riempito Giancarlo Morelli, Nadia Vincenzi, Elio Sironi, Sergio il Mudec. Al termine delle nomination, sei pasticceri, Mei, Leandro Luppi, Marta Grassi, Ljubica Komlenic, capitanati da Loretta Fanella, hanno creato altrettanti Daniel Canzian, Matteo Vigotti, il pasticcere Iginio dolci spettacolari, con la partecipazione attiva di Massari, che ha presentato una sua ricetta inedita, altri grandi pasticceri, fra cui il celebre Ernst Knam. realizzata con farine speciali. Ma del “pattuglione di Come ad ogni precedente edizione di Top Italian chef” facevano parte altri nomi illustri nel firmamento Chef, è stato presentato un piatto di design, realizzato

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Qui sopra: gli ospiti dell’evento all’esterno del Mudec, Museo delle Culture di Milano. Nella pagina a lato alcuni degli chef partecipanti: 1) Andrea Aprea e Galileo Reposo; 2) Luca Montersino e Ljubica Komlenic; 3) un piatto di Alessandro Circiello; 4) Loretta Fanella e Igles Corelli; 5) Ernst Knam e Geggi Tagliafico; 6) Peter Brunel; 7) Alessandro Circiello; 8) Karl Baumgartner, Felice Lo Basso e Giancarlo Morelli.


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Eventi 11

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da Cifa per Top chef, in sottilissima ceramica, insieme ad una tela del pittore Marcello Scuffi, che ha firmato in pubblico le sue opere. Inoltre, nella

In questa pagina: 9) Luca Montersino, Geggi Tagliafico, Iginio Massari e Ljubica Komlenic; 10) la premiazione a Davide Oldani; 11) Arancino 2.0 di Luca Montersino; 12) Alberto P. Schieppati, Davide Oldani e Gennaro Esposito; 13) premiazione con Fabrizio Tesse, Marta Grassi, Iginio Massari, Luca Marchini e altri partecipanti; 14) un dessert.

bella cornice del Mudec, è stata allestita una inedita esposizione di sculture artistiche, realizzate con oggetti appartenuti agli stessi chef ed emblematici del loro percorso professionale: il tagliaricci donato da alcuni pescatori ad Antonino Cannavacciuolo, il cucchiaio usato da Enrico Derflingher per il matrimonio di George Clooney e molti altri oggetti che caratterizzano fasi della vita lavorativa di tanti chef. La fase conclusiva dell’evento è stata purtroppo disturbata da un allarme antincendio, che ha costretto il pub-

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blico, oltre 500 persone, ad uscire dagli spazi del Mudec, attendendo la fine dell’emergenza. Una volta rientrati, i tempi erano stretti e non hanno consentito di portare a termine i lavori secondo lo schema previsto. Ciononostante, gli chef hanno ripreso possesso della sala, dimostrando una fedeltà totale alla propria mission, fatta non solo di esibizione e visibilità, ma anche di contatto diretto con il folto pubblico che ha animato l’evento =



Gusto e mercati

Quanto emoziona un vino? Parla il neuromarketing

di Vincenzo Russo*

Uno strumento in più per comprendere quali siano le premesse per la scelta di un vino da parte del consumatore.

La decisione di acquisto di una marca di vino in * Vincenzo Russo enoteca, al supermercato, al ristorante o sul web, è professore di Psicologia è guidata spesso da “scorciatoie”, ovvero da espe- dei Consumi rienze pregresse o da meccanismi di facilitazione e Neuromarketing, Ph.D della decisione (la marca, il prezzo, l’etichetta, la Coordinatore del Centro di bottiglia). Sono soluzioni che permettono ai meno Ricerca di Neuromarketing esperti, ovvero la maggior parte dei consumatori, Behavior and Brain Lab di risparmiare energia, soprattutto se non si è par- presso lo IULM di Milano ticolarmente competenti o si ha poco tempo per decidere. Dagli anni Settanta in poi gli studi offerti dall’economia comportale e dalle neuroscienze hanno dimostrato che gli esseri umani, lungi dall’essere esclusivamente razionali, si lasciano guidare dalle dinamiche affettive nei processi decisionali, razionalizzando e giustificando con la ragione ciò che è stato in realtà scelto e preferito con l’emozione. Insomma “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pen“Un metodo sano”. Ciò mette in seria diinnovativo per scussione il modello razionalistico che ha caratterizzato lo conoscere le modalità studio dei consumatori. Si tratta comportamentali di un vero e proprio “ribaltamento paradigmatico” del modo che sottintendono di intendere e studiare il consule motivazioni matone che costringe gli esperti della comunicazione a non serd’acquisto” virsi più solo delle tecniche di indagine classiche, come le interviste, i focus group, i questionari per sviluppare strategie di marketing efficaci. Questi strumenti, infatti, ci restituiscono un’informazione che non è relativa all’emozione, ma al pensiero rispetto all’emozione. Non a caso, già negli anni ’50, il più noto pubblicitario della storia del secolo scorso, David Ogilvy, scrisse che uno dei più grossi problemi nel campo delle ricerche di mercato è che “le persone non pensano ciò che sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”. Una frase che solleva una duplice questione, da una parte l’incapacità delle persone di essere pienamente “consapevoli” delle proprie reazioni di fronte alle stimolazioni ambientali e di consumo, e dall’altra, la difficoltà delle ricerche di mercato di

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individuare le motivazioni in grado di spiegare i comportamenti di consumo o addirittura di predirne la loro “direzione”. In questo ambito il neuromarketing offre allo studio del comportamento di consumo del vino e dei processi di comunicazione una serie di strategie e tecniche capaci di misurare direttamente, e senza l’intermediazione della razionalizzazione, il coinvolgimento emotivo, la focalizzazione attentiva e la memorizzazione del prodotto. Il neuromarketing è, infatti, un nuovo campo di studio, nato dalla convergenza delle teorie di marketing, delle scoperte neuroscientifiche sul funzionamento del cervello, dell’economia comportamentale, al fine di misurare l’efficacia emozionale della comunicazione e rendere più funzionali le soluzioni di promozione di un vino o di una azienda vitivinicola. Le tecniche su cui si fonda il neuromarketing consentono, infatti, di verificare con maggiore precisione la variazione della condizione emotiva determinata dalle stimolazioni di marketing grazie all’analisi di tutti quegli indicatori legati alle emozioni: - Il Segnale Elettroencefalografico (EEG) del cervello con cui si misurano le onde cerebrali misurando il grado di attivazione cognitiva, la memorizzazione e la tipologia di emozione (positiva - negativa, bassa - alta). - La Dilatazione Pupillare che indica il grado di

attivazione (non controllabile) alla vista di un prodotto, brand o di un’etichetta; - La Sudorazione Cutanea, il Battito Cardiaco e la Respirazione per la misura dell’intensità emozionale o dello stress cognitivo; - Il Movimento del Volto per la misurazione delle espressioni e delle microespressioni legate all’emozione; - La misurazione del movimento oculare, con un Eye Tracker in grado di tracciare il movimento degli occhi e misurare dove si concentra la focalizzazione visiva e quindi l’attenzione del consumatore. Integrando questi dati tra di loro e con quelli raccolti con tecniche tradizionali è possibile migliorare la forza del proprio messaggio, valutandone la sua capacità di attivazione emotiva. Così se John Wanamaker, pioniere del marketing del food, già alla fine dell’800 poteva dire la nota frase “Io so che metà dei soldi che spendo in pubblicità sono del tutto sprecati… ma non so quale sia quella metà”, oggi il neuromarketing può darci una chiara indicazione su quale metà dei soldi investiti in pubblicità potrà essere ben spesa per guidare il consumatore a scegliere un prodotto. Nasce con questa premessa questa rubrica che intende riportare le principali scoperte neuroscientifiche per rendere sempre più efficace il marketing del vino =

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Sperimentazioni di neuromarketing sul funzionamento del cervello in relazione alle modalità comportamentali sulla scelta e sull’acquisto di un vino.


Brand news Alma, al via il nuovo Anno Accademico

Al Trussardi il Rouge Bois à Porter

Sotheby’s: all’asta Champagne Bollinger

Il nuovo anno scolastico 2016/ 2017 di Alma, la scuola diretta dal Maestro Gualtiero Marchesi a Colorno, ha in serbo per i 400 studenti grandi novità. In primis la creazione di un comitato scientifico aperto alla partecipazione di professionisti nel campo della cultura gastronomica e dell’alta ristorazione e l’istituzione di un Anno della Cultura, con incontri che coinvolgeranno importanti chef internazionali e grandi personalità della cultura italiana. ________________________

Dalla collaborazione tra Café Trussardi alla Scala e Absolut Elyx nasce dall’Head of Mixology Tommaso Cecca il cokctail Rouge Bois à Porter. La coppetta è sostituita da una clutch in lega di rame al cui interno alloggia una busta in plastica alimentare sottovuoto. Con una cannuccia in alluminio inserita dall’esterno è possibile gustare l’innovativo cocktail. ________________________

La vendita è prevista il 19 Novembre 2016 a New York. Tra le bottiglie all’asta l’annata 1914, appena ritrovata nelle celle nascoste della “cave” della Maison ad Aÿ. La vendita include anche sei lotti del rarissimo Vieilles Vignes Françaises di annate storiche e otto differenti formati di Special Cuvée. ________________________

Aperto il Museo di Acqua San Benedetto È stato inaugurato il 21 ottobre a Scorzè il Museo di Acqua Minerale San Benedetto, un percorso espositivo di 200 mq studiato con l’obiettivo di diffondere la filosofia e lo spirito cha hanno portato al successo San Benedetto. Il Museo ospita anche la mostra permanente “Un futuro nato da una grande storia” che racconta la storia dell’azienda veneta e il successo di un’idea imprenditoriale. ________________________

Un gemellaggio reale tra Torino e Vienna Unione preziosa tra vino e storia quella che vede coinvolte due importanti realtà e due città europee: si tratta del gemellaggio tra la vigna viennese del Castello di Schönbrunn e la Vigna Villa della Regina di Torino, un’operazione storica e ambientale, al fine di promuovere e preservare patrimoni come quelli delle vigne urbane affinché sopravvivano e restino a disposizione della cittadinanza, sfruttando e valorizzando il richiamo turistico dei contesti in cui sono inserite.

La manifestazione dedicata a hotellerie e ristorazione, in mostra alla Fiera di Bolzano, ha chiuso i battenti con successo: 21.000 visitatori, oltre 600 aziende e quasi 4.000 operatori del settore. A conferma dell’interesse crescente nel settore enogastronomico e dell’ospitalità. ________________________

Con sede a Livigno, Hotel Galli e Ristorante Il Cenacolo, guidati dalla Famiglia Silvestri, hanno festeggiato il 20° anno di attività con un concorso celebrativo: “XX Anniversary Limited Edition Golden Coin Contest”. Non solo. Per l’occasione è stato presentato anche il nuovo progetto per supportare i futuri chef del territorio valtellinese: l’Associazione Mattias, in ricordo del grande chef Mattias Peri scomparso a soli 46 anni nel 2015.

Il Tartufo Bianco incontra la Chianina

Marco D’Oggiono, crudo di qualità

Il Tartufo Bianco delle Crete Senesi incontra un’altra grande eccellenza del territorio senese come la carne Chianina. A Ponte a Tressa, comune di Monteroni d’Arbia, è andato in scena il secondo appuntamento di Crete d’Autunno. A sugellare l’unione di sapori un menù tradizionale per esaltare l’abbinamento Tartufo-Chianina. ________________________

Nel 1999 il Prosciutto Crudo Marco D’Oggiono è stato riconosciuto dalla Regione Lombardia “Prodotto Tradizionale Lombardo” e inserito in tutti gli atlanti di prodotti tipici della Regione. Recente l’apertura del Punto Vendita, annesso allo stabilimento, dove è possibile acquistare varie pezzature e confezioni cadeau. ________________________

Veuve Clicquot e le Christmas Collection

Al Sial il formaggio italiano è chic

La Maison de Champagne presenta una selezione di coffret in edizione limitata dall’inconfondibile packaging raffinato e originale, da regalare per le imminenti feste natalizie. A scelta tre Cuvée: La Grande Dame 2006 & La Grande Dame Rosé 2006; Vintage 2008 & Vintage Rosé 2008 e Clicquot Arrow Cuvée Saint-Pétersbourg.

Il Salone Internazionale dall’Alimentazione in scena dal 16 al 25 ottobre a Paris Nord Villepinte, ha visto protagonisti, tra i tantissimi prodotti in mostra, la qualità dei formaggi italiani presenti allo stand AFIDOP che raggruppa i principali Consorzi. Successo anche per lo show cooking di Franco Pepe.

Hotel 2016 chiusa la 40° edizione

A catalogo Pellegrini entra Cerbaiona La distribuzione in Italia dei vini Cerbaiona è ora affidata in esclusiva a Pellegrini S.p.A. A catalogo sarà quindi disponibile anche il prezioso Brunello di Montalcino di Cerbaiona, uno dei migliori Brunelli. L’azienda è stata venduta un anno fa per una cifra record a un gruppo di investitori guidati dall’americano Gary Rieschel, appassionato collezionista di vini, e da Matthew Fioretti, che oggi gestisce ogni aspetto del podere.

Ruinart, caisse-cave in limited edition Il fotografo Erwin Olaf, dopo aver immortalato le Crayères della Maison Ruinart, ha reinterpretato il design della caisse-cave di Ruinart proponendo una limited edition: un cofanetto in legno color gesso con curve scolpite contiene 4 bottiglie, 2 di Ruinart Blanc de Blancs e 2 di Ruinart Rosé.

L’Associazione Mattias e i 20 anni della famiglia Silvestri

90 Artù novembre 2016



Libri

Le ricette di Allan Bay, grana, risotti e camerieri

Titolo: Grano Padano, una storia di qualità Autore: testi a cura di Silvia Borghesi Editore: Mondadori Pagine: 154 Prezzo: 39,00 € Protagonista universale del gusto “Questo libro - afferma Nicola Cesare Baldrighi, Presidente del Consorzio Grana Padano - racconta la storia millenaria di un prodotto che fa parte di tutti noi perché è da sempre sulle tavole delle famiglie italiane, e non solo (…)”. Il Grano Padano Dop è infatti uno dei prodotti più consumati e conosciuti al mondo, con ben otto secoli di storia alle spalle. Il libro ripercorre proprio questa straordinaria storia, con foto di repertorio e l’iter per arrivare alla nascita del Consorzio e al disciplinare. Raccontare l’importanza della materia prima e dei controlli, la tradizione millenaria e il rapporto con il territorio, il sapore e la genuinità, le caratteristiche nutrizionali fanno di questo libro uno strumento fondamentale per divulgare i valori di un’eccellenza tutta italiana.

Titolo: L’interpretazione dei sughi Autore: Allan Bay Editore: Giunti Pagine: 448 Prezzo: 16,00 € Il condimento perfetto! Sughi, salse, ragù. Sono oltre 400 le ricette proposte per trovare la soluzione perfetta, il condimento principe per ogni piatto. Dopo l’interpretazione freudiana dei sogni, arriva quella dei sughi: e non è un sogno trovarsi davanti a un piatto con un intingolo “azzeccato” e succulento? Il libro, con breve glossario inziale, ne dà una spiegazione “provata”, presentando ogni ricetta con alcuni accorgimenti degni di nota: “al top su” e “si abbina a…”, facile e veloce da consultare, chiaro negli ingredienti da utilizzare e sintetico nella spiegazione della ricetta. Le ultime pagine sono dedicate alla rapida consultazione con l’”Indice degli abbinamenti” e il prezioso “Indice ragionato”. Ed ecco “il mio repertorio di sughi e dei lori abbinamenti - dichiara l’autore -. Con l’augurio che possano sempre arricchire i vostri amati piatti”.

Titolo: I Risotti dei migliori ristoranti del Mondo Autore: testi a cura di Allan Bay Editore: Gribaudo – Idee editoriali Feltrinelli Pagine: 392 Prezzo: 15,00 € I Risotti della 10° edizione In occasione del 160° anniversario, Riso Gallo si fa ancora una volta ambasciatore della cultura del risotto in tutto il mondo celebrando questo piatto nella storica Guida Gallo, bilingue, che riporta 117 ricette di risotti creati dai migliori chef italiani e stranieri, edita per la prima volta dal Gruppo Feltrinelli e curata per l’occasione dal critico enogastronomico Allan Bay. Nella prima parte in primo piano le schede dei vari ristoranti con la foto ricetta, un breve excursus sullo chef e sulla nascita del ristorante, con tanto di coordinate pratiche (indirizzo, aperture, chiusure). La seconda parte lascio spazio all’illustrazione delle varie ricette (armatevi di occhiali!). La copertina è invece dedicata al primo classificato del concorso Premio Gallo Risotto dell’Anno.

92 Artù novembre 2016

Titolo: Manuale del cameriere Autore: Aureliano Bonini Editore: Collana Hospitality di Tredemark Italia Pagine: 160 Prezzo: 20,00 € Il servizio che dà valore alla tavola La nuova edizione di questo prezioso volumetto introduce nuovi concetti e importanti informazioni sul lavoro del cameriere, una figura che può fare la differenza in sala elevata qui a protagonista dell’ambito ristorativo. Gli “stratagemmi e strategie del servizio a tavola”, come recita il sottotitolo, sono qui esemplificate in modo chiaro e pratico, con esempi, precisazioni a quesiti importanti e ricostruzioni di situazioni reali con rimandi a video e filmati. Il servizio è infatti un “prezioso anello di regole e di movimenti, di bon ton e stile, essenziale per aggiungere sapore e valore ai piatti in tavola”. Alla fine non mancano “regole e regolamenti da non dimenticare mai”, un pratico vademecum per non sbagliare un colpo!



Alberto’s choice

Aleramo di Moncalvo Brutti di mare a Milano NEL MONFERRATO FRA ASTI E CASALE

di parte o, meglio, prevenuti verso questo rispettabilissimo lembo di Piemonte, frequentato più da milanesi che da svizzeri (anche se le cose, pure Osteria Aleramo qui, stanno fortunatamente cambiando). D’altronde, Piazza Carlo Alberto, 19 le stesse guide gastronomiche, avare di curiosità, 14036 Moncalvo (At) stentano a riconoscere a quest’area una dignità Tel 0141 921344 gastronomica certa e certificabile. Eppure, Moncalvo www.osterialeramo.com (e Cioccaro, e Penango, e Grazzano Badoglio, e Calliano e molti centri dell’Astigiano settentrionale ...) hanno una disseminata presenza sul territorio di trattorie, osterie, ristoranti più che onesti e rispetMoncalvo, per chi conosce bene il Piemonte, non tabili, per qualità delle materie e per correttezza ha un’identità ben definita. Lontano dalla Langa dei prezzi. Una per tutti la Trattoria Roma, a Grana, albese, lontano anche da quella monregalese, dove preparano agnolotti memorabili, venduti a ugualmente distante da Torino e dal lago Maggiore, prezzo di rara onestà in un contesto di semplicità ha più propensione alessandrina (o casalese) quasi francescana. Nel nostro peregrinare, a caccia che cuneese. E per chi, come me, identifica il Pie- di realtà “ragionevoli”, non possiamo non citare monte “vero” con la provincia “granda” (quella di questa Osteria Aleramo, all’imbocco del centro Cuneo, con gli avamposti di Bra, Fossano, Cherasco, storico di Moncalvo. Meta fine-settimanale di Mondovì e Saluzzo), c’è sempre il rischio di essere torinesi e milanesi alla ricerca di piatti della tradi-

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Due corone = Linea di cucina corretta

Una corona = Cucina dignitosa e affidabile

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza

Due cervelli = Ragionevole

Un cervello = Abbastanza ragionevole

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

zione, l’osteria vi accoglie con garbo e gentilezza, anche se i tavoli sono quasi tutti occupati e il lavoro ferve. Appena entrati nel locale, non vi chiederanno - come spesso accade altrove - “avete prenotato?”, anzi, vi chiederanno solo la breve attesa necessaria alla corretta preparazione del vostro tavolo. La sala è presidiata dal titolare, aiutato da una cameriera giovane, disponibile e,

94 Artù novembre 2016



A Artù Numero 78 novembre 2016

Alberto’s choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it

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Hanno collaborato Rebecca Andreola, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Antonio Ezio, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Gigliola Gigli, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Emilio Magni, Rosa Marchetti, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Riccardo L. Molino, Aldo Nenzi, Cristina Panigada, Muriel Picard, Gio Pirovano, Mauro Remondino, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Elisa Tricarico, Claudio Zeni, Stefania Zolotti.

soprattutto, rapida. Dalla vostra comanda passeranno solo pochi minuti, a conferma della necessità di tutelare, oltre ai propri, anche i tempi del cliente. Il menù prevede pochi, semplici nella definizione in carta, piatti della tradizione, anche se non pedissequa. La Galantina di galletto con uovo di quaglia, per esempio, pare più un aggiornamento che non un liturgico “osanna” al passato. Gli Agnolotti al sugo d’arrosto sono onesti e gradevoli, un piatto importante per quantità e qualità di sfoglia e ripieno. L’Arrosto tonnato mi pare una variante non necessaria, anche perché nel nostro immaginario il “tonnato” è sempre magatello di vitello, preferibilmente bollito, o lessato che è la stessa cosa, ma non arrostito: è pur vero che è il risultato quello che conta. E la succulenza dell’Arrosto tonnato (immagino noce di vitello) era ben presente nel piatto. Quindi, chapeau. La Battuta di Fassona era apprezzabile mentre, fra gli antipasti, si fatica a comprendere la presenza di Prosciutto di Parma con mozzarella di bufala, seppur buone entrambe le materie prime. Sui secondi, qualcosa di più scontato, come l’Agnello al ginepro o lo Stracotto al Barolo, mentre - ci dicono voci affidabili - la Trippa in umido è una fra le migliori della regione. Torneremo per provarla. I vini sono perlopiù piemontesi, ricaricati con intelligenza. Per noi il titolare ha stappato una bottiglia di Avvocata dei fratelli Coppo: un vino semplice, autentica espressione del territorio.

ALLA DARSENA, PESCE DI MARE Brutti di mare Piazzale Cantore, 3 20123 Milano Tel 02 36584969 www.bruttidimare.it

Appena aperto a Milano, il ristorante Brutti di mare si vorrebbe inserire nel segmento dell’offerta ittica di qualità, in una città che, fino a pochi anni

fa, era ritenuta “il luogo in cui si mangia il miglior pesce d’Italia”. I tempi sono cambiati e l’avvento (spesso problematico) dei “sushi-sashimi” ha un po’ modificato questa percezione, facendo spesso coincidere l’espressione “pesce crudo” con l’offerta di locali di impronta asiatica che in gran parte (fatte le doverose eccezioni, e che eccezioni!) andrebbero fatti chiudere dai Nas. Per questo ristorantino su due livelli in Piazza Cantore angolo Cicco Simonetta, il discorso è diverso. Qui si respira aria di qualità, di servizio (è aperto dalle 10.00 alle 24.00 no stop), di preparazioni accurate, di chef professionista in cucina (Giorgio Rattini, romagnolo, esperienze da Carlo Cracco e da Matteo Baronetto). L’offerta del locale è sufficientemente semplice e non contempla carte oceaniche, nelle quali è facile perdersi. Iniziare con il Gran piatto di crudità di mare pare un ottimo avvio, con Fines de Claire (da togliere la “s” finale inserita erroneamente in menù) e Belon, la celebre ostrica piatta, ma anche con vongole veraci, fasolari, cozze, scampi e gamberi. Il menù del piccolo ristorante (una quarantina di coperti), prosegue con Mare e musica, pasta fresca alla chitarra, fonduta di pecorina, fasolari e limone, Spaghettoni di Gragnano trafilati al bronzo cotti in acqua di pomodoro con ostriche e erbe aromatiche. Fra i secondi, segnaliamo Un mare di bolle, ovvero pesci, molluschi e crostacei in frittura (al menù di pranzo, da provare la Frittura di totani e scampi, meritevole anche per l’onestà dei prezzi: a mezzogiorno il menù composto da primo, secondo, acqua/vino e caffè vale 13,00 euro, un prezzo ovviamente promozionale), il Trancio di pescato del giorno scottato, con pesto di zucchine e menta, chips di zucchine, Dentro la rete, ovvero Crostacei planciati al pane profumato (scampi, aragoste, gamberoni, astice, king crab). Insomma, per essere partiti da poco, i quattro soci che hanno in mano le redini del locale (sono di origini pugliesi), sembrano avere le idee chiare. Stiamo a vedere come svilupperanno il loro format. Per ora, in carta dei vini hanno messo il meglio di Cantina San Michele Appiano e qualche etichetta-icona di Franciacorta. Come inizio non ci sembra male.

96 Artù novembre 2016

Iniziative speciali: Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________

Progetto grafico e impaginazione Claudio Rossi Oldrati _______________________________________________________________

Foto Paulo Barata (Avillez/Ristorante Armani), Claudia Calegari (Orazio Sciortino/Krug), Ferdinando Cioffi (Trattoria Il Pompiere), Line Thit Klein (Lysverket), Eric Kleinberg (Herman/Ristorante Armani), Bonjwing Lee (Lysverket), Paola Malfatto (Ristorante Il Cascinale nuovo), Tove Lise Mossestad (Lysverket), Lars Petter Pettersen (Lysverket), Jacopo Ventura (Format food - Ramen Miso), Jenny Zarins (Krug). _______________________________________________________________ Pubblicità dircom@edifis.it _______________________________________________________________ Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it _______________________________________________________________ Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) _______________________________________________________________ Prezzo per una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00 _______________________________________________________________ Abbonamento Italia: € 40,00 - Europa: € 80,00 - Resto del mondo: € 100,00 abbonamenti@edifis.it _______________________________________________________________ Amministrazione amministrazione@edifis.it _______________________________________________________________ Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090 _______________________________________________________________

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