Artù 12 2016

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La ristorazione ragionevole

L’intervista Davide Scabin Il genio nel DNA Emergenti A Cernobbio vince la Materia Pizza Gourmet Renato Bosco al Saporé

Dicembre 2016

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Editoriale

Non stiamo a guardare “Amo sulla tavola, quando si conversa, la luce di una bottiglia di intelligente vino”: sono versi del poeta Pablo Neruda, che sottoscriviamo in toto. In particolare, ci piace quell’aggettivo “intelligente” riferito al vino, ovvero: non roboante, non griffato, non furbescamente godereccio ma semplicemente intelligente. Talvolta ci pare che questo aggettivo – molto chiaro e per nulla vago - stia rischiando di perdere schietti sostenitori nella moderna offerta di ristorazione: superata la fase della comprensibilità della materia prima di qualità, giustamente assurta a protagonista delle linee di cucina (e del vino di

valore nelle carte dei vini) da parte di tanti chef e ristoratori, ci sembra di essere un po’ ritornati all’epoca dello “stupore”. Se non stupisci il cliente, non esisti. O non parlano di te, e quindi non sarai mai famoso. E qui sorge spontanea la domanda: ma uno fa il ristoratore, o lo chef, per diventare celebre? Passa 10 o 12 ore in cucina per venire citato nelle enciclopedie? O per arrivare alla stella Michelin in due settimane? Si inventa piatti astrusi e inconcludenti (e oggettivamente sbagliati) per attirare l’attenzione? Di chi poi? È vero che chi ha occupato incessantemente gli schermi delle tv

che contano (e anche delle altre) si è ritagliato spazio per business personali legati al mondo della comunicazione e della pubblicità. Ma sono si e no cinque su 50.000, lo 0,01% della totalità degli chef. E allora? Basta inseguire falsi miti, parliamo di cose vere una volta tanto. L’altro giorno, al Carlo Porta (uno storico istituto alberghiero di Milano), degli studenti di sala molto bravi mi confermavano che i nuovi iscritti prediligono i corsi di cucina, con l’obiettivo dichiarato di diventare grandi chef. Accade da anni, ormai. E l’approccio è sempre acritico, slegato dalla realtà, svincolato da serie logiche di apprendimento. Hanno tutti fretta di entrare nell’olimpo, di diventare dei fenomeni, di guadagnare tanto. Un modello perdente, che sembra però essere l’unico vincente. Il potere devastante della tv, verrebbe da dire, con triste consapevolezza, regala solo illusioni, che fanno a pugni con la realtà. Anche per questo, Artù ha deciso, come sempre, di non stare a guardare e di riunire gli “stati generali della ristorazione”, nel prossimo autunno, a Milano, per affrontare queste ed altre tematiche: partiremo dal ruolo dello chef nella ristorazione contemporanea per affrontare poi il tema del valore della materia prima, dell’importanza della critica gastronomica, del servizio di sala (e della necessità di umiltà, nel senso più alto del termine), del gusto e della salute, dell’offerta intelligente di vino, di ingredienti e di materie prime, di equipment e di tecniche, di Made in Italy e di prodotti d’importazione, del luxury vero e di quello finto. Tutto secondo quella logica di RAGIONEVOLEZZA che ci muove, certi che non si possa più prescindere da una analisi approfondita di una realtà complessa, che va comunque ricondotta in un ambito di semplificazione. Il mondo è già afflitto da troppa confusione per non cercare, concretamente, di ristabilire il primato della ragionevolezza. Nell’horeca, ma non solo = Alberto P. Schieppati

1 Artù dicembre 2016


Sommario

Dicembre 2016

In copertina: “Peperone e acciuga Louboutin”, un piatto dai cromatismi ricchi e dalla pulizia formale ineccepibile. La Cover di questo numero è dedicata a Davide Scabin, lo chef patron di Combal Zero, a Rivoli (To). Il “genio ribelle” della nuova cucina italiana è stato intervistato in esclusiva per Artù da Maurizio Bertera.

A 4 News L’intervista 12 Davide Scabin, genio ribelle L’opinione 16 Quando il reality chef produce spazzatura Storie di successo 20 Materia a Cernobbio: l’ingrediente stravince 24 La mano di Zanotti risveglia il convento Focus food 28 Stefano Masanti “La mia cucina alpina” 32 Riso Buono, storia di passione 34 Golositalia & Aliment, cresce la fiera di Montichiari Focus wine 36 Quella famiglia è molto sparkling 40 I Feudi di Romans, Friuli nel bicchiere 42 Merano WineFestival, 25 anni di “eccellenza vera” 44 L’Aquila di Cesarini Sforza vola sempre più in alto Format food 46 Non aspettatevi la “solita pizza” 48 Se la pizza diventa gourmet La ricetta di Artù 50 Perché ci piace la Mimosa di Giancarlo Perbellini La foto di Cioffi 53 Vincenzo Concolino Accueil 54 Grand Hotel Palace, la grandezza di Roma Equipment 62 Royale, quando la tavola si fa Arte Gusto e mercati 64 Quale vino desidera? E il cervello ordina 66 Brand news Libri 68 La storia di Spontini e gli chef di Dom Pérignon Alberto’s Choice 70 Quelle trattorie… sottovalutate

direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

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News Locanda Margon, due stelle Michelin

La Guida Michelin, assegnando le due ambite stelle, ha premiato il talento dello chef Alfio Ghezzi, che dal 2010 cura Locanda Margon, un progetto fortemente voluto e avviato dalla Famiglia Lunelli e Cantine Ferrari. “Questo risultato, di cui siamo felicissimi, è frutto di un progetto di lungo termine condiviso con la famiglia Lunelli e realizzato grazie all’impegno e alla tenacia di tutto il team - ha commentato Alfio Ghezzi - Mi piace pensare che possa anche dare un contributo alla valorizzazione del Trentino in chiave enogastronomica”. ________________________

Due anni per il portale di Wine Relais Festeggia due anni il portale dedicato ai viaggi nelle regioni del vino italiane. WineRelais.com, nato per presentare al mondo degli internauti la migliore offerta enoturistica del nostro Paese, oggi vanta una selezione di trentatré cantine che si contraddistinguono per l’eccellenza produttiva e l’ospitalità. Nel portale si possono scoprire antichi castelli, dimore, agriturismi e relais dove è possibile soggiornare contattando direttamente la cantina, con un solo click, all’insegna della cultura enogastronomica e del relax. Il sito permette così a ogni winelover di interfacciarsi da subito con l’azienda per prenotare la propria vacanza o anche semplicemente per programmare una visita guidata con degustazione.

GIV, lo spettacolo del vino Si è tenuto anche quest’anno l’oramai tradizionale appuntamento con i GIV Day di Roma e Milano, tesi a far scoprire le quindici cantine italiane appartenenti al Gruppo. I due GIV Day sono stati anche l’occasione per far conoscere iNobel, il progetto che mira a valorizzare le dodici punte di diamante del Gruppo Italiani Vini, e cioè quelle etichette che hanno ottenuto premi e riconoscimenti prestigiosi. Gli iNobel derivano da nove cantine collocate in otto diverse regioni. Si parte dalla Valtellina, con Sfursat 5 stelle e con il Valtellina Superiore Fracia e si continua con due Amarone della Volpicella, ossia il Proemio della Santi e Le Origini di Bolla. Cavicchioli di San Prospero propone invece il Lambrusco di Sorbara Rosé del Cristo, ottenuto con il Metodo Classico. In Toscana, e precisamente nel Chianti Classico, spicca il vitigno La Salvanella della Melini. Più a Sud, nei Castelli Romani, viene prodotto il Frascati Superiore Riserva Luna Mater di Fontana Candida, per poi scendere in Basilicata, con i due rossi della cantina Re Manfredi. Completano la selezionata dozzina L’Aglianico del Vulture, il Vigneto Serpara, il Primitivo del Salento Artas, lo Chardonnnay Gran Cru e l’Hugonis, gli ultimi due entrambi provenienti dalla storica Tenuta Rapitalà di Alcamo.

Nasce Cantina Kaltern, fusione che semplifica Sono più di venti anni che si pensa di riunire le cantine cooperative del territorio di Caldaro, ambasciatrici del vino che da secoli si produce lungo le rive del suo Lago. Con la fine del 2016 l’obiettivo è stato raggiunto: approvata a inizio anno dall’assemblea straordinaria dei due corpi sociali, e già in atto sul piano operativo, la fusione è giuridicamente valida dal primo dicembre. In pratica, ora è operante la sola ragione sociale di Cantina Kaltern, a cui fanno capo 800 viticoltori con i loro 500 ettari di vigna. Sul piano commerciale i due marchi continueranno a esistere, ma ci sarà una semplificazione nella gamma dei prodotti.

4 Artù dicembre 2016

La pasticceria aiuta i giovani Come avviene già da tempo negli Usa, arriva in Italia l’academy degli studenti di pasticceria: un’opportunità di confronto con il mondo del lavoro e un approccio diretto con i gusti dei consumatori. Promotore dell’iniziativa è Luca Di Clemente titolare di Angela Lab il laboratorio di pasticceria di via Ruggero di Lauria 15 a Milano dove vengono prodotti tutti i dolci della celebre Pasticceria Angela Milano, sita nella stessa via. Gli studemti coinvolti sono quelli delle classi 4° e 5° dell’Istituto Alberghiero Carlo Porta, divisi per squadre, che parteciperanno ai laboratori seguiti dal Pastry Chef Luigi Di Clemente e realizzeranno dei dolci su una tematica sempre diversa. I dolci saranno poi venduti alla clientela della Pasticceria Angela ad un prezzo inferiore rispetto a quello normale di vendita e saranno sottoposti ad un giudizio dei clienti attraverso una apposita scheda. La squadra che al termine dei laboratori avrà ottenuto maggiori consensi otterrà un book con tutte le loro ricette e potrà accedere a degli stage.



News vini altoatesini ottengono 14 volte il numero massimo di gocce. Soddisfatto Max Niedermayr, presidente del Consorzio Vini Alto Adige, che ha commentato: “I risultati di quest’anno sono un’ulteriore conferma della qualità Sono ben 173 – 10 in più rispetto all’anno scorso – le delle produzioni del nostro territorio; i massimi riconoscietichette altoatesine che hanno raggiunto la valutazione menti per i vini dell’Alto Adige nel 2011 erano 87. Da massima su pubblicazioni quali Gambero Rosso, L’Espres- allora abbiamo avuto una crescita costante, che dà la so, Slow Wine, Vini Buoni, Doctor Wine, Vitae, Bibenda e misura del continuo miglioramento del settore vinicolo Veronelli, a testimonianza della grande qualità e varietà altoatesino, dove l’obiettivo è sempre l’eccellenza”. prodotta dai 5.400 ettari di superficie vitata. La guida enologica che ha assegnato più riconoscimenti ai vini altoatesini è Vitae, con 29 “Quattro Viti”. Segue il Gambero Rosso, che ha elargito 27 “Tre Bicchieri”, seguito da Bibenda con 26 “Cinque Grappoli”. La guida di Slow Wine ha premiato i vini dell’Alto Adige con 25 “Grandi Vini e Vini Slow”, mentre L’Espresso ha conferito 19 valutazioni “3x100 vini”. A seguire Vini Buoni e Veronelli, rispettivamente con 17 “Corone” e 16 “Super Tre Stelle”. Infine, nella guida Doctor Wine, i

Gli altoatesini crescono nelle Guide

Le Pianelle, il sogno di Peter Dipoli

I primi 30 anni di Paolo Teverini Grande festa a Bagno di Romagna (FC) per i trent'anni del ristorante di Paolo Teverini, all'interno dell'Hotel Tosco Romagnolo, oggi diventato centro benessere di prim'ordine. L'evento ha richiamato molti personaggi del mondo dell'informazione, ma anche chef, sommelier e imprenditori. Paolo ha predisposto per l'occasione un menù particolare, che ha visto le grandi carni di Simone Fracassi, macellaio in Rassina (Ar), fra gli ingredienti protagonisti.

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Peter Dipoli, produttore altoatesino, e Dieter Heuskel, imprenditore tedesco, amici da tempo, nel 2004 hanno scelto l’area del Bramaterra, per creare una nuova azienda vinicola. L’alto Piemonte li ha affascinati per l’assoluto valore della zona protagonista negli ultimi decenni di una nuova rinascita. Da quel momento, dopo avere acquistato una proprietà a Brusnengo, hanno portato i vigneti a quattro ettari complessivi. Le uve del territorio sono Nebbiolo, Vespolina e Croatina. Qui il Nebbiolo ha un timbro diverso dalle Langhe, meno tannico con una nota leggermente salata. Un incontro in cantina ha permesso di degustare il rosato da Nebbiolo 90% con un 5% delle altre due varietà, Al posto dei fiori 2015, dall’olfatto complesso e un assaggio fresco, equilibrato. Seguiva poi una verticale delle 5 annate di produzione del Bramaterra dal 2014 al 2010 con un 80% di Nebbiolo. I vini che maturano in botte grande per 18/20 mesi, avevano un filo conduttore tra di loro, avevano nasi sfaccettati, una beva caratterizzata da equilibrio tra tannicità e freschezza maggiore nelle prime due annate. Giovanna Moldenhauer

6 Artù dicembre 2016

RIEDEL Crystal alle notti bianche di San Pietroburgo Riedel Crystal ha presentato la nuova linea Sommeliers White Nights includendola nella collezione Sommeliers (1973), la più emblematica per fattura e design. Ed è proprio lo storico Bordeaux Grand Cru a essere il primo bicchiere a rappresentare questa nuova linea, ispirata nelle forme e nel nome alle Notti Bianche di San Pietroburgo. Sommeliers White Nights è fin da ora acquistabile ed è già presente nel servizio a tavola del ristorante viennese Steirereck. Una volta completata, la linea includerà calici dedicati alle differenti uve e vitigni che compongono il panorama vitivinicolo.


Vini Top in Alto Adige Un viaggio inebriante e sensoriale tra le eccellenze enologiche dell’Alto Adige, frutto di combinazioni alchemiche e matematicamente calcolate da esperti enologi delle note, dei profumi e dei sapori di Merlot, Chardonnay, Sauvignon, Pinot nero e di tutti quei vitigni che oggi governano, con le loro policromie autunnali, il già suggestivo paesaggio del Sudtirol. Ospitata, per la prima volta, negli spazi del Teatro Comunale di Bolzano, è andata in scena la sesta edizione di «Top of Vini Alto Adige» l’importante e sempre particolarmente attesa vetrina del meglio della produzione vinicola altoatesina che ha deliziato il palato degli ospiti con le personalità delle sue etichette. Ben 119 i vini premiati dalle principali guide italiane del settore come quelle dell’Espresso, Gambero Rosso, Veronelli, per citarne alcune, tra i quali alcuni bianchi del 2014 presentati agli «amici del vino» anche con le loro potenzialità di invecchiamento. Nettare degli dei, ora dal carattere deciso, ora autorevole, ma a volte anche dolce, fruttato e dall’elevata mineralità: un viaggio tra i millesimati come lo Spumante Pas Dosè del 2011 dalle meravigliose note di fragolina di bosco che ha incantato il pubblico, il Terlano Nova Domus Riserva 2013, dalle fragranze fruttate, sia all’olfatto, sia al palato, senza trascurare i vari Gewurztraminer delle diverse cantine del Sudtirol, eccellenza che crea desiderio e che non si dimentica, grazie al quel caratteristico sapore aromatico e speziato, dal sentore di rosa e di litchi. «Top of Vini Alto Adige” si è riconfermato l’appuntamento del sapore e del sapere di-vino. Viviana Persiani

Pentole Agnelli e #amatricesolidale Con mille e cinquecento chilogrammi di pasta, duemila chili di pomodoro, cipolle, pecorino e guanciale in quantità, sono stati raccolti più di 170mila euro di fondi da destinare alla manifestazione benefica #amatricesolidale di #BergamoxAmatrice, l’iniziativa sa sostegno delle popolazioni vittime del terremoto. Protagoniste anche le pentole Agnelli, azienda produttrice di strumenti di cottura professionali. Angelo Agnelli, Ceo di Pentole Agnelli, ha commentato: “La forza del nostro modo di lavorare, sempre in sinergia con il territorio è stato la chiave di successo per la buona riuscita di un’iniziativa che, fin dall’inizio ha avuto un solo obiettivo: aiutare in modo concreto e fattivo le popolazioni del centro Italia colpite dal sisma”.


News

Hospec, lo “speed date” dell’HoReCa

Vissani a Palazzo Parigi Palazzo Parigi Hotel&Grand Spa ospita nella propria cucina Gianfranco Vissani, che calcherà per la prima volta la scena culinaria meneghina dal 12 dicembre al 1° gennaio. “Porto a Palazzo Parigi la mia creatività tra tradizione e innovazione, la provocazione di Vissani. Creo ogni piatto come un’opera d’arte, gli ingredienti sono i suoi colori. Uno può essere paragonato a un Rembrandt o a un Velasquez, un altro a un’opera d’arte contemporanea” - ha raccontato il Maestro. Quanto ai menù delle feste, Vissani ha spiegato: “Il menù della Vigilia è ‘galeotto’, a partire dal prezzo, e ha per protagonista l’astice, proposto con gelatina di peperoni rossi e salsa di pomodori gialli arrosto; quello di Natale comprende un capolavoro come il Risotto con asparagi, fonduta di pera e crudo di gamberi rossi. A Capodanno propongo un piatto come l’Aragosta con insalata di avocado, salsa di aragosta e zenzero, tartara di tonno e olive, infuso di zenzero fresco, creato per far sognare, e porto la tradizione del cotechino con le lenticchie, dove però la zuppa di lenticchie è contaminata da un purè di carote arancione e il cotechino è essiccato all’arancia”.

L’universo HoReCa non conosce crisi, probabilmente perché capace di adattarsi ai cambiamenti del mercato, ideando anche nuovi strumenti e originali momenti di incontro per fare business e delineare le tendenze di domani. Un esempio di questo approccio è Hospec, l’evento B2B dedicato al settore della ristorazione e Hotellerie che si è svolto a Siviglia e che prevede un format che punta sulla personalizzazione, sul contatto umano e sulla capacità di raccontare - in pochi minuti, venti a disposizione per ogni incontro - l’eccellenza dei proprio prodotti. Durante le 48 ore di meeting, le principali catene di alberghi e ristoranti si sono confrontate faccia a faccia con fabbricanti, distributori e venditori di prodotti e servizi dedicati, allo scopo di sviluppare nuove sinergie e opportunità di business.

Albavilla & Lariò Design gourmet Albavilla & Co., a sette chilometri da Como e tre da Erba, inaugurato lo scorso 3 dicembre, è un hotel in stile contemporaneo firmato dall’architetto Gabriele Talpo e di proprietà del Gruppo Plinio Hotels&Restaurants di Giuseppe De Lorenzo, che raggruppa anche l’Inverigo hotel, l’Europa hotel design&Spa e l’Arosio hotel. Hotel 4 stelle Superior è una struttura formato business unica nel suo genere: primo boutique hotel della Brianza, è dotato di 100 camere e di un’area wellness con una palestra tecnologica e di una sauna, per i momenti di relax. La dovizia dei particolari che caratterizzano le camere e i bagni sono il marchio distintivo degli hotel del Gruppo Plinio. Le decorazioni e i particolari dei singoli spazi vogliono ricreare la giusta atmosfera di una location internazionale e cosmopolita. A fare da padrona l’eleganza delle stampe e i tessuti cangianti delle sedute e le opere d’arte che impreziosiscono le pareti della location. Ristorante Lariò una raffinatezza unica per il palato. Un viaggio nei sapori del Bel Paese, un’esperienza sensoriale che colpisce e va dritta al cuore del commensale che potrà appagare i propri sensi. In cucina lo chef Cristian Leveraro (nella foto), cresciuto sotto l’egida di Enrico Cerea.

8 Artù dicembre 2016



News

Apre a Parigi il ristorante Etoile du Nord

Artù e Orafo al Golf Trophy

A Gare du Nord - tra i più importanti snodi ferroviari francesi che con la sua vivacità accoglie migliaia di viaggiatori non solo francesi - è stato da poco inaugurato l’Etoile du Nord, ristorante stellato. Una garanzia sui binari, ma anche in cucina, poiché la preparazione dei piatti è affidata a allo chef Thierry Marx. Questo, però, è solo un punto di partenza, perché l’obiettivo è quello di rendere più profonda l’esperienza del viaggio e contemporaneamente la scoperta di piatti di grande qualità che in qualche modo vengono reinventati, ma sempre nel rispetto della tradizione gastronomica francese. Questo ambizioso progetto vivrà la sua consacrazione alla fine del 2018, quando a Paris-Montparnasse aprirà il secondo ristorante sotto la direzione degli chef Alain Ducasse e Michel Roth, con lo stesso menu che verrà proposto a Metz, nell’est della Francia.

I due magazine di Edifis Spa, Artù e L’Orafo Italiano, saranno presenti con le proprie testate alla Golf Trophy pro Amani Onlus, che si terrà venerdì 6 gennaio prossimo a Scarperia (Fi). Il trofeo, fra i più prestigiosi in ambito golfistico, avrà luogo presso il suggestivo green dell’UNA Poggio dei Medici Golf Club (info@golfpoggiodeimedici.com) e richiamerà un formidabile parterre de roi, grazie alla location (18 buche Stableford, Louisiana a 2 giocatori, categoria unica), alla qualità dei partecipanti ma soprattutto grazie alla forte carica umanitaria e benefica rivolta verso Amani, l’onlus che da oltre vent’anni si batte per salvare i bambini poveri del continente africano e per offrire loro un futuro disgnitoso.

I pecorini affinati in grotta Claudia Ridolfi ha ripreso l'attività di famiglia sviluppando l'affinamento e la stagionatura dei formaggi pecorini e caprini. Tutto avviene in un piccolo laboratorio costituito da una cantina e un’antica grotta tufacea sotterranea nel centro storico di Mondavio, in provincia di Pesaro-Urbino. Qui i formaggi semi-stagionati e lavorati a latte crudo, acquistati da un produttore locale di fiducia, vengono affinati in produzioni limitate, sviluppando sapienze e tecniche antiche. Nascono così il Classico, stagionato per 6 mesi, il Maggengo, affinato con il fieno di maggio appena tagliato e fiori d'acacia, il Casecc, affinato in foglie di noce dal gusto deciso, il Crostavino lavorato con vino rosso Piceno aromatizzato all'alloro e finocchietto selvatico.

... con premiazione della migliore etichetta di Adalia

Sfumature di Amarone 2012 ... Marinella Camerani, proprietaria dell’Azienda Agricola Corte Sant’Alda (Mezzane di Sotto, VR), ha condotto – presso l’Aromando Bistrot di Milano - una degustazione tecnica: tre diversi affinamenti dell’Amarone “Valmezzane” 2012, provenienti da tre diversi vigneti e da tre tipologie di botti differenti. L’amarone proveniente dalla botte 07, ossia una botte in Rovere Garbellotto, è stato molto apprezzato dai presenti ed è anche quello che, secondo Marinella, è in grado di esprimere al meglio il terroir. Decisamente più intenso – quasi violento - è risultato l’amarone proveniente dalla botte più giovane, la numero 60 in Rovere Francese. Ha spiegato Marinella: “a mio parere, le botti esprimono il loro meglio tra il sesto e il settimo anno”. Infine, molto piacevole l’amarone proveniente dalla botte 45, pulito al naso, ma persistente in bocca. Forse, a nostro avviso, il più elegante. Il frutto di queste botti a nostro avviso sarà un’Amarone fresco, nonostante questa affermazione possa apparire una contraddizione in termini. In ogni caso, sarà sul mercato a Gennaio 2017.

L’etichetta di un vino deve saper raccontare quell’universo racchiuso nel ventre della sua bottiglia. Ecco perché Marinella Camerani ha voluto sfidare l’estro e lo spirito artistico di giovani studentesse appartenenti a istituti superiori e professionali di grafica, per poter offrire al prodotto del suo attento e scrupoloso lavoro una connotazione innovativa, giovane, senza, però, tradirne la tradizione di grande qualità e naturalità. Presso Aromando Bistrot di Milano è stata premiata la vincitrice del concorso indetto, all’inizio del 2016, dall’azienda vinicola Adalia, in occasione dei trent’anni di Corte Sant’Alda, per aver realizzato il nuovo logo aziendale. Meritevole di essersi distinta col suo lavoro, selezionata tra un centinaio di altre opere e vincitrice tra cinque finaliste, la diciannovenne Michela Follador dell’Istituto Salesiano San Zeno di Verona ha ricevuto un premio di 500,00 Euro per “aver saputo interpretare con fantasia e personalità, attraverso un logotipo e un nuovo marchio, la filosofia aziendale, la qualità dei vini e il rapporto con giovani”. All’Istituto di provenienza è stato invece consegnato un buono del valore di 1.500,00 Euro, spendibile in materiale grafico e/o didattico. VP

10 Artù dicembre 2016



L’intervista

Davide Scabin Genio ribelle vocato a destra e manca ma soprattutto ti sei tolto platealmente la giacca da cuoco. Sembravi Di Pietro quando ha chiuso con la magistratura e Il Combal.Zero lascia a bocca si è buttato in politica. Tutto studiato? aperta il neofita, affascina Non avevo un canovaccio e ho pure rifiutato l’invito di chi mi voleva scrivere gentilmente una scaletta. sempre e comunque quanti Ho sfruttato, non bene, l’invito ad aprire il congresso: si sono già seduti direi le stesse cose ma meglio, sicuramente. Quanto alla giacca…Non era un rifiuto a fare ancora il mio nella grande sala vetrata. lavoro ma a dirsi le cose in faccia, senza falsità o Un posto da vertigini, navicella - non facilmente rag- luoghi comuni. Ne siamo immersi, no? giungibile a piedi, ma questo ne aumenta la parte Breve sintesi. Ce l’hai con la tendenza etica, gli di mistero - sospesa tra il cielo e il castello di Rivoli additivi in cucina, i profeti del km zero, i vini che lo ospita. Un posto pazzesco, al di là del noto naturali e gli orti di città, il biologico in generale valore di piatti e cantina. Dietro la cucina, c’è e chi non vuole gli OGM. Ma a noi ha colpito un l’ufficio di Davide Scabin ma è nella piccola sala- pensiero in particolare: il piattume della cucina anticamera (con regolamentare distributore di me- italiana. Ma come? Le classifiche e gli esperti direndine: fantastico anche questo) che il cuoco cono che non si è mai mangiato così bene da noi. torinese riceve gli ospiti. Su un muro, c’è un foglio a Confermo. C’è il piattume più totale. Mi trovi un conquadretti con una formula: la Creatività (da leggersi cetto, un’idea, qualcosa di inedito. Parlare di novità anche come avanguardia o fuoggi, ha senso per chi esce solo turo) deriva da una radice quaper fare il barbecue dai vicini. drata della Tradizione fratto TecDavide per favore. “Niente additivi in nica per Tecnologia. È uno dei Da noi funziona così: di tanto cucina, no ai profeti (tanti) manifesti del genio ribelle in tanto ci innamoriamo di una - e già qui molti non saranno tendenza straniera, del resto è del km zero, basta d’accordo - della cucina italiana. evidente che siamo esterofili in con il bio ad ogni L’inventore del Quadraling ma tutto. Pensiamo che i nostri ‘camanche il giudice de La Terra dei pioni’ in ogni settore abbiano costo. La vision Cuochi con Antonella Clerici. avuto culo, che potremmo essere di Scabin va oltre L’ideatore dei piatti gustati in come loro mentre fuori li consiorbita dagli astronauti NASA e derano geniali, giustamente. i luoghi comuni” l’artista che propone i due menu E quindi? Up&Down, provocazione pura Prima siamo stati francesi, poi visto che a parte i dolci, le portate sono le stesse spagnoli, recentemente nordici. In questo loop ma la sequenza è opposta. Con lui gli aggettivi si infinito, si torna regolarmente dalla mamma, zia o sprecano, i concetti esondano, le idee nascono e nonna che ti coccolano e preparano la minestrina, muoiono in pochi secondi. Davide il sabaudo (pie- invece dovrebbero ributtarti fuori di casa. Noi siamo montese è limitativo) talvolta pare cedere ancora - e temo - saremo sempre fottuti dal concetto della al piacere di epater le bourgeois. Per noi è un gran- ‘trasmissione enogastronomica’ in famiglia. dissimo cuoco, un libero pensatore che “vuole Tu sei senza famiglia, quindi. essere riconosciuto vecchio, adesso”. Non ha torto, Sono un cittadino e non un contadino. Ho sempre lo ammettiamo. fatto cucina borghese: la finanziera espressa si fa Davide, possiamo partire da un ricordo? In marzo, in nove minuti, non in tre ore. Qui al Castello di nel primo intervento di Identità Golose, hai pro- Rivoli facevano feste così clamorose e creative che di Maurizio Bertera

12 Artù dicembre 2016

Qui sopra: due piatti del menu Up&Down e l’ingresso del ristorante Combal.Zero. Nella pagina a lato: un ritratto dello chef Davide Scabin (ph. Vincenzo Lonati).


13 ArtĂš dicembre 2016


L’intervista

Quadraling, questione di papille Si chiama Quadraling e per Scabin può portare lontano. Lo definisce come “un principio di ergonomia da applicare alla lingua”: il nome si è ispirato alla tecnologia di ammortizzazione Quadralink, che garantisce stabilità a un’auto grazie a un appoggio distribuito uniformemente a terra. La ruota quindi muove in tutte le direzioni come la lingua. “Sappiamo con certezza che quanto ci hanno detto per decenni è falso: non è vero che le papille gustative percepiscono l’acido ai lati o l’amaro nella parte in fondo alla lingua - spiega il cuoco torinese -, ogni papilla gustativa è in grado di recepire ciascun gusto primario. Ecco perché ho cominciato a condurre esperimenti sulle diverse percezioni gustative a seconda del modo in cui introduci un cibo in bocca”. Da qui una serie di esperimenti su signature dish - come l’Ostrica virtuale - o magari un semplice cilindro di riso neutro per capire quanto influisca sul nostro palato la posizione dei quattro gusti primari (dolce, salato, acido e amaro) e di un quinto (una bisque di gambero piccante), rappresentati da una macchiolina di gel. Cambiando la rotazione dei gel - come fosse una rosa di venti - si sono riscontrate sensazioni diversissime. Siamo agli albori di una scienza? “Non oso definirla così perché non sono uno scienziato. Siamo sicuramente agli inizi di un lavoro di codifica pazzesco, abbiamo trovato un passaggio che prima non vedevamo, aperto una finestra e trovato un oceano. Immaginate quanto numerose e feconde possano essere le applicazioni di una disciplina che ti spiega come e dove disporre i gusti su un piatto o un cucchiaio. E poi alla girandola dei cinque gusti che sto testando, potremmo benissimo aggiungerne altri due. E non parlo dell’umami, che per me è un risultante di sapidità, non un primario. Parlo del grasso, un gusto che la nostra lingua e i nostri recettori sanno isolare e codificare come è dimostrato. E del “gusto ferro”, il sangue. Con sette elementi, come succede per le note nella musica, potremo creare una nuova sintonia del gusto”. da piemontese, fissato con l’Unità d’Italia. È nel nostro DNA, io sono uno di quelli che vorrebbe la cancellazione del Trattato di Torino: ci siamo persi la Costa Azzurra e la Savoia, si rende conto? Ho proposto un Parlamento della cucina italiana ma non mi ascolta nessuno, è molto venivano da Versailles a copiarle: questa è la mia difficile ma soprattutto ci vorrebbe tradizione. Con tutto il rispetto per la Langa dove pe- troppo impegno. Penso a una Costiraltro dovrebbero costruire un monumento al vino e tuente dove magari si litiga per due anni, ai suoi produttori che ‘portano’ naturalmente la ma alla fine ci si prende la responsabilità di dire buona ristorazione e quindi le stelle Michelin. che l’amatriciana va fatta così e il risotto così. A scadenze fisse, proponi la codificazione dei Sennò, teniamoci le 35 versioni della carbonara piatti regionali. Se permetti, è proprio una cosa e non lamentiamoci di quello che mangi ‘d’italiano’ nel mondo. Certo che sentirlo dire da un anarchico… Solo un anarchico è in grado di fissare le regole! Qui sopra: il ristorante Combal.Zero, allestito (ndr, e ride come un pazzo). nella splendida cornice del Castello di Rivoli. Ci anticipi la tendenza 2017? A destra: un ritratto dello chef Davide Scabin e il piatto I cuochi ‘green’. Un tempo, gli stessi andavano in biPiccione all’ortolana del menu Combal.Zero Up&Down.

14 Artù dicembre 2016

cicletta al mercato per scegliere le verdure. Poi sono diventati scienziati in laboratori modello chimica nucleare. E adesso il lunedì, invece di dedicarsi alle donne, li vedi con la zappa in mano nell’orto. Parlo dell’immagine percepita, sia chiaro. Poi lo sai, i cuochi vivono di espedienti, devono sempre cavalcare l’onda. E quale ruolo dovrebbero avere? Cercare di far stare bene i clienti. La vendono come la figata del momento, ma Ippocrate, quattro secoli prima di Cristo, diceva: fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo. E vogliamo parlare del Vialardi, il mitico cuoco piemontese di Casa Savoia, i cui libri tengo sul comodino sin da quando ho iniziato a lavorare? Prego, ci arrendiamo. Questo signore ha scritto nel 1864 un trattato:


In menu l’acciuga Louboutin Fermo restando che al Combal.Zero sono disponibili una carta normale (si fa per dire…) e un menu della tradizione - solo degustazione a 130,00 euro - il cuore della proposta sono i menu Up&Down e Down&Up che costano 200,00 euro, più 70,00 euro in abbinamento ai vini. Il primo inizia dal piatto più consistente per terminare con quello più etereo, il secondo viene servito in modo opposto. In entrambi i casi, i dessert chiudono l’esperienza ma con sequenza comunque inversa, seguendo la filosofia generale del menu. Ci piace elencare l’Up&Down per capire i fuochi d’artificio by Scabin: Piccione all’ortolana, Rognone al Gin, Raffaele tra limoni, friarielli e cucunci; Spaghetti Felicetti, trick, ramen e calamaro; Melanzana verace: Peperone e acciuga “Louboutin”, Fritto & 1,2,3…cheese; Capasanta 5 punti “Sassoon Vidal”, Insalata ghiacciata e ostriche; Bombolino di mezzanotte; Fusione a freddo; Caffè & Co.; Cyber Elio Campari; Piccola Pasticceria. Menzione d’obbligo per la cantina, ben curata: non tanto per l’ampiezza e la disponibilità delle annate (obbligatorie a questi livelli) ma per la capacità di non fermarsi mai all’abbinamento scontato usando anche birre, Vermouth, mini-cocktail. Ci si diverte un sacco al Combal.Zero, su questo nessun dubbio.

Qui sopra: la sala con le ampie vetrate e alcuni piatti del menu Combal.Zero Up&Down e Down&Up.

Cucina Borghese semplice ed economica. A parte il fatto che spiega come dovrebbe essere un bistrot ma 150 anni fa - c’è un intera sezione dedicata alle ricette omeopatiche. Ma oggi di cosa stiamo parlando? Il cuoco deve insegnare a mangiare bene, ma non è un vessillo da sventolare. È parte normale del nostro lavoro. Come vedi i giovani cuochi? Considerano la mia generazione superata, hanno la trattoria e il bistrot, dove fanno un buon lavoro utilizzando strumenti tecnici e culturali che non avevamo alla loro età. Vado a trovarli spesso, con curiosità, e scopro che sono ribelli nel look ma non nella sostanza. A parole sembrano disinteressarsi del mondo e dei riconoscimenti invece pure loro cercano la stellina Michelin. Ma è anche vero che stanno vivendo in un periodo durissimo, per loro in particolare. Quest’anno Combal.Zero è rientrato nella The World’s Best Restaurant, al 46° posto. E aggiungiamo che proprio tu - in teoria, l’anti-sistema -

15 Artù dicembre 2016

esponi le targhe del premio sul muro. Vicino alle stelle della “deprecata” Michelin. La classifica mondiale porta un numero di stranieri pazzesco. In questo senso, il successo di Bottura un sogno realizzato senza mollare mai - è un volano favoloso per l’Italia: cambia la percezione nel mondo di quanto facciamo in cucina. Quanto alla Michelin, lascio da parte polemiche e dietrologie ma ribadisco che non è più accettabile il loro metodo di valutazione basato solo sui piatti e sullo chef. Deve contare l’esperienza complessiva in un locale, amen. Dovresti spiegarlo a molti colleghi, pronti al sacrificio quasi fisico per avere la Stella. Scrivilo: qualsiasi cuoco ha nella sua testa l’obiettivo delle tre Stelle Michelin, proprio come il ragazzino che gioca a calcio sogna di vincere il Mondiale con la nazionale. Tutto chiaro? È una massima da vecchio saggio, tornando al tuo auspicio iniziale. No, no. Un vecchio saggio mi sa di conclusivo, metti vecchio immaturo =


L’opinione

Quando il reality chef produce spazzatura tacciato la vita privata degli aspiranti? No, naturalmente. Prevale dunque lo spettacolo. Sarà anche un reality show, resta però diseducativo creare una reazione di questa entità di fronte a un errore tra i fornelli. È possibile che avvenga questo anche nella realtà, nelle cucine stellate e non. Cinema, serialità, food art, divismo hanno stritolato la nobiltà di una ricetta come la spiegava, quando era in vita, lo scrittore Mario Soldati. Metteva voglia di provarla, di curiosare tra gli ingredienti per capire se anche un comune mortale poteva, a casa sua, tentare quell’arrosto. Oggi che resta di uno show a tema culinario non lo sa dire nessuno. Restano piatti infranti, ricette fasulle e, nel peggiore dei modi infortuni o decessi. Gordon Ramsay, vittima di uno di questi episodi, un vero psicodramma, mi confessò che, quando di Mauro Remondino si rivedeva in Tv nel suo serial, non era sicuro di Si mangia di più con gli occhi che con la bocca. essere Gordon Ramsay… Questo perché il taglia Televisione e fotografia sono i totem. A qualcuno e cuci di regista e troupe, copy e quant’altro, era piace l’isteria di certi chef che di fronte alle tele- decisivo a creare emotività e suspence. Magari camere lanciano piatti o barattoli di passata di con l’insulto in diretta: ultimo passo, davvero mipomodoro. Eppure nell’età della tecnologia il nimal, di fronte al piacere di interpretare al meglio menù classico è ormai diventato carta straccia la- una ricetta. Un sistema che farà audience, ma ha sciando il passo a quello audiovisivo. Chi se lo le ore contate: ripetitivo, folkloristico, davvero un guarda più? E in definitiva, mepessimo servizio al cibo. Diffiglio così, considerati gli errori cile da codificare anche dalla che si trovano… Sempre più ricerca scientifica e dalla cat“Cinema, serialità, facile, dopo aver visto uno show tedra dell’Università perché l’arfood art, divismo cooking in Tv, trovarsi al ristogomento è agile e non vuole rante, con il dito puntato, arrosovrastrutture. Infine, mai un hanno stritolato gante, a scegliere il piatto “vicenno al discorso salutistico. la nobiltà di una sto” davanti al teleschermo. Aspetto trascurato, perché giuLa cucina viaggia così, tra surdicato noioso, ma fondamenricetta come la reale, cuffiette e microfoni insin dalla nascita. Salvo rispiegava lo scrittore tale stallati sul capo del cuoco e cordarsene quando le mense, improbabili bollori di pentole dall’asilo in avanti, si rivelano Mario Soldati” in attesa. È il gossip che scalza luoghi dei quali si può soltanto il risotto al Barolo. Meglio per vergognarsi. Questo per dire tanti, esteticamente, dell’Alberto Sordi nel noto che in definitiva non importa così tanto se uno film dove è ripreso in canottiera di fronte a un mangia la carne, un altro è vegano o vegetariano, piatto di spaghetti. Ma è davvero questa la crescita beve bio, eccetera, l’importante è che di fronte a del trittico: nutrizione, cucina, gastronomia? Basta un piatto, al ristorante o al bistrot, meglio in Tv, davvero il lancio di un piatto del noto chef con ri- volino pugni e ceffoni e il consommé esploda storante stellato per fare “scuola” dopo aver se- nella tazza fumante =

16 Artù dicembre 2016



Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Firenze, Verona, Venezia e nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera. SEGUITECI ANCHE ON AIR


www.artumagazine.it


Storie di successo

Materia a Cernobbio: l’ingrediente stravince di Gualtiero Spotti

Eccolo, Davide Caranchini, di nuovo a Cernobbio, sul “suo” lago, dove propone una grande cucina di recupero con una vivacità a dir poco stimolante. Si parla in continuazione di rinnovamento della cucina italiana, di una tradizione difficile da svecchiare e della necessità di proiettare una generazione rampante di giovani cuochi (e verrebbe da dire anche di consumatori), verso la cucina del futuro. Libera da vetusti schemi mentali, ma anche sta sempre più crescendo, si aggiunge anche dai troppi condizionamenti dettati dalle consuetudini, Davide Caranchini, che ha appena inaugurato da dai regionalismi, dalla classicità cui è a volte un paio di mesi a questa parte il suo primo vero ridifficile slegarsi. Forse mai come in questo momento storante in quel di Cernobbio, sul lago di Como. però in Italia sta crescendo una generazione di Un luogo che forse non a caso si chiama Materia cuochi consapevoli di questo e (www.ristorantemateria.it) e che capaci di muoversi a tutto tondo promette sin dai primi giorni rischiando in prima persona, d’apertura di diventare una meta “Un esempio con l’apertura di indirizzi spesso preziosa per gli appassionati di creatività fuori decentrati, nella provincia, dove foodies e per chi vuole, forse, è ancor più difficile emergere capire meglio come si stanno dell’ordinario: così ed alzare il tiro presso una clienmuovendo quei cuochi italiani possiamo definire tela poco incline a giocare su under 30 che determineranno più fronti quando decide di metle linee dello stare a tavola per la linea dello chef tere le gambe sotto a un tavolo. il futuro prossimo. Classe 1990, under 30, nel suo È una generazione per certi serietà e concretezza tutta laversi figlia della cultura globale ghée, come direbbe il cantastorie territorio lariano” e a cui non piace farsi sopraffare lombardo Davide Van De Sfroos da tutto ciò che è percepito coche queste zone le conosce beme deja vu, se non giusto per rimescolare la carte. ne, Caranchini ha affinato la sua arte girando Piace sempre l’idea di recuperare valori e prodotti, l’Europa, alla pari di molti cuochi della sua generanessuno vuole azzerare la storia, ma si contempla zione. Prima però ha saputo costruirsi le nozioni di il tutto in chiave diversa, attraverso manipolazioni base presso l’Alberghiero di Como e poi è volato e riletture che creano qualcosa di nuovo e dove la subito oltre la Manica, a Londra, al Maze di Ramsay curiosità di fondo è un motore sempre a pieni giri e allo storico Le Gavroche, prima di concedersi una che non vuole fermarsi. Gli esempi in circolazione spruzzata di grande Nord nel tempio riconosciuto sono diversi, da Oliver Piras a Valentino Cassanelli, del genere, il Noma di Copenhagen. Tutti passaggi fino a Francesco Brutto, tanto per citare alcuni di per certi versi obbligati per il cuoco contemporaneo quelli già finiti nelle pagine delle guide in questi e che hanno concentrato in pochi anni il buon ultimi due anni. Oggi, a questa pregevole lista che senso storico, l’avanguardia naturista e la passione

20 Artù dicembre 2016

In alto: lucioperca condito con burro bianco al limone, foglie di achillea amare e balsamiche, su un letto di orzo al tarassaco. Qui sopra: lo chef Davide Caranchini e la sala del locale. Nella pagina a lato il dessert: frutto della passione, mousse di finferli, gelato, bucce di topinambur e caffè in polvere.


21 ArtĂš dicembre 2016


Storie di successo

Qui sopra: il dessert Passeggiata nel bosco, accanto la serra del ristorante, mentre qui a lato lo staff del locale. Sotto: i tortelli di animelle innaffiati da un ristretto di pollo allo yuzu e guarniti di estratto di tè nero. Accanto: le penne Felicetti con estratto di mirtilli, fonduta di Parmigiano delle Vacche Rosse, aglio nero e foglie di dragoncello messicano.

non indifferente di Davide per il mondo vegetale, come d’altro canto ha dimostrato la nascita immediata di una serra destinata a rifornire la cucina del Materia sin dal primo giorno d’apertura. Passione onnivora e talento hanno saputo fare il resto, come si evince spulciando dalla carta del ristorante e scegliendo a caso piatti tutt’altro che banali e fortemente evocativi, oltre che di assoluto carattere. A dare manforte al cuoco c’è un trio di giovani e coetanei appassionati (la famiglia Sberna: Ambra, Marco e Luca), che rende ancor più sorprendente l’esperienza. Tutti insieme i quattro superano di poco l’età complessiva di 100 anni, ma l’affiatamento non manca e con pochi gesti discreti il lavoro di sala risulta funzionale e competente, complice anche un ambiente lineare e dai toni zen, dove spicca il gusto minimal e dove ci si rilassa senza complicazioni, quasi ci si trovasse in una normale osteria di paese. La cucina però lancia frecciate di gran classe ed è un originalissimo meltin’ pot che pesca a piene mani tra i migliori prodotti locali, ma non si dimentica erbe e verdure poco conosciute, tuberi e spezie; che recupera perfino preparazioni italianissime (ravioli, tortelli, riso, pasta) offrendo nuovi spunti in continuazione. Così tra acidità, contrasti dolci e amari e sferzate di gusto, la cucina del Materia è tutt’altro che fredda e dimostra, al contrario, una vivacità stimolante, capace di richiamare alla memoria fondi e cotture nel solco della

22 Artù dicembre 2016

tradizione insieme a modernismi quantomeno originali. Basta mettere in bocca uno dei Tortelli di animelle di vitello con te nero e brodo di pollo allo yuzu, straordinaria sintesi di delicatezza e piacere sapido in un viaggio che sfiora perfino l’Oriente. Oppure il gemello “diverso” del Raviolo di caprino e mostarda, con cavolo nero e succo di pepe di Sara-


In alto: tartare di rapa rossa cotta in crosta di sale, condita con olio aromatizzato al carbone, succo di limone, purea di radici al prezzemolo e foglie di levistico. Sopra: petto e coscia di piccione aromatizzati ai fiori di sambuco, polvere di radice di polipodio, insalata e spezie. A lato: la lingua di vitello con estratto di barbabietola, ribes fermentato e shiso.

che, come spesso accade di questi tempi sono per buona parte “non dolci”. Vale la pena puntare l’attenzione sull’artistico Bansky, uno yogurt affumicato con anice stellato, crema al fieno, biscotto di nocciole e gelato alla camomilla, oppure sul diverwak, che in qualche modo vive della stessa idea tente Finferli, topinambur, frutto della passione e concettuale. Se i primi convincono (anche le ma- caffè. Forse, avendo aperto da pochi mesi, manca gnifiche Penne Felicetti con mirtilli, aglio nero, par- ancora la giusta attenzione per una carta dei vini migiano di vacca rossa e dragoncello messicano in con una più spiccata personalità, ma si sta già laun gioco caramellato che riempie il palato) i secondi vorando in quel senso e gli abbinamenti con i non sono da meno. C’è il piccione in doppia piatti funzionano alla perfezione. Molte delle erbe portata, con il petto, presentato in solitaria, che si che finiscono nei piatti e che giocano a creare anima nel contrasto azzeccato con la radice di poli- stacchi gustativi, come shiso, achillea, calendula, podio, e la successiva sequenza spiedino di pelargonio e nasturzio, arrivano, come detto, dalla rigaglie/coscia dove invece fuoriescono in maniera serra allestita a non troppa distanza dal ristorante, più accentuata le spezie mediorientali; ma non si nell’agriturismo della famiglia Sberna, ma poi ci può dimenticare neanche l’ottimo Luccioperca con sono anche i pesci d’acqua dolce, le buone carni orzo al tarassaco, achillea e burro acido. Discorso selezionate delle migliori macellerie a portata di non troppo diverso lo meritano certamente i dolci, mano e quando si sceglie il piccione il nome è

23 Artù dicembre 2016

quello ultrafamoso di Greppi. Insomma, non ci si dimentica certo che tutto parte dalla scelta della materia prima, e non è un caso, ancora prima che il passaggio professionale da Noma fosse una realtà, se Davide Caranchini finisce oggi per ricordare con un pizzico di nostalgia gli anni della sua adolescenza, quando girava spensierato per i monti in cerca di germogli, bacche ed erbe; in un fulgido esempio di foraging antico, che poi oggi viene riscoperto da tutti come se non fosse mai esistito prima. C’è da augurarsi che gli sforzi profusi dai quattro giovanotti per dar vita al ristorante Materia finiscano per attirare ben presto l’attenzione non solo degli addetti ai lavori o dei curiosi abituati a frequentare cucine più spinte. Certo, la formula presuppone un piccolo sforzo intellettuale e una spiccata curiosità da parte dell’avventore, ma, ne siamo certi, è proprio questa la strada da seguire. A dimostrazione che la generazione degli under 30 non è costituita solo da cuochi che vogliono bruciare le tappe o costruirsi la fama passando attraverso l’esposizione mediatica a tutti i costi, ma raccoglie sempre talenti da coltivare e da promuovere per far crescere la cucina italiana del futuro. Che ha tanto tantissimo da offrire =


Storie di successo

La mano di Zanotti risveglia il convento di Gualtiero Spotti

In Franciacorta, il Cappuccini Resort affida allo chef, più volte stellato, la guida del ristorante. Ed è successo. Il massiccio isolato del Monte Orfano, per chi percorre l’autostrada che collega Bergamo a Brescia, è un passaggio obbligato, in grado di ricordare puntualmente che ci si trova dalle parti della Franciacorta, in una terra ben conosciuta per il vino, ma anche per una serie di ottimi indirizzi gastronomici da non mancare. Uno di questi è sicuramente il Cappuccini Resort, a Cologne, un hotel con ristorante che si staglia all’orizzonte sulle propaggini nord occidentali del rilievo e che con la sua posizione privilegiata domina la campagna circostante e offre scorci paesaggistici di grande fascino. Con una Spa rinomata, le sale meeting e la propensione per l’organizzazione di grandi eventi e matrimoni, la struttura ha un’anima polifunpochi chilometri dal lago di Garzionale ed è in grado di soddida. Qui Zanotti ha costruito pa“Piercarlo Zanotti, sfare le richieste di una clientela zientemente la sua stella Micon esperienze variegata ed esigente. Non ultima chelin, ottenuta presentando quella che è alla ricerca di emogiorno dopo giorno una cucina all’Ortica di Lonato zioni in tavola, grazie alla presincera e territoriale, con in più e in altri ristoranti di le piacevoli derive verso il crudo senza, da qualche mese a questa parte, di un cuoco di comlivello, è la migliore di pesce e lo stretto legame provata esperienza, Piercarlo Zacon i prodotti dei vicini laghi. garanzia per una notti, che è ben noto alla clienEsaurita però questa importante tela bresciana e franciacortina, cucina di alta qualità” esperienza (l’Ortica è stato anche e che ha saputo, nel suo lungo uno dei pochi ristoranti che ofpercorso lavorativo, concedersi friva, ai tempi, uno spazio adibito anche qualche soddisfazione al di fuori della routine. a Cigar Room), il cuoco ha pensato bene che fosse Il ristorante che lo ha in qualche modo portato al- interessante concedersi una parentesi all’estero. l’attenzione del mondo gourmand è stato, tornando Così è partito alla volta di Best, un paesino vicino indietro di diversi anni, l’Ortica di Lonato, situata a ad Eindhoven, in Olanda, per aprire un nuovo ristorante, sempre con il nome di Ortica e mantenendo le caratteristiche di una cucina italiana a tutto gusto, facilmente riconoscibile anche dalla clientela Sopra: Trancio di branzino da lenza cotto locale, ma con qualche guizzo di creatività. Forse nel burro di cacao, pomodorini, olive ed erbette. con uno stile meno spinto rispetto alle precedenti Sotto: Risotto mantecato con barbabietola esperienze, ma sempre di ottimo livello e capace e fonduta di fatulì.

24 Artù dicembre 2016

di attirare l’attenzione del mondo gastronomico olandese. Il richiamo dell’Italia però era troppo forte e così il rientro in patria è avvenuto dopo brevissimo tempo, con nuove avventure da affrontare. Da quel momento sono arrivate le esperienze in un locale di montagna un po’ rustico e a due passi da Ponte di Legno, tra cucina sapida, grandi taglieri di salumi e formaggi e pizze a go-go, prima di riprendere possesso di una cucina più in linea con il suo stile,


di patate con sarde di Montisola e uova di trota, la Battuta di fassona con lardo d’Iseo e nocciole o il Risotto mantecato con barbabietola e fonduta di fatulì), di frequentare la cucina classica più diretta e concreta (il Morbido di vitello su polentina di Storo o la Lombata di black angus alla griglia) o meglio ancora, di concedere carta bianca al cuoco per un menù degustazione di cinque portate dove lasciarsi guidare. Un bel modo, questo, per scoprire le passioni di Piercarlo Zanotti e al tempo stesso entrare più in sintonia con una cucina dove le

in quel di Desenzano del Garda e al ristorante La Lepre. Anche qui, però, è stato solo un breve passaggio interlocutorio, prima di arrivare, quest’anno, al Cappuccini Resort (www.cappuccini.it). Ed è

forse questo il luogo ideale dove ripartire e riallacciare i fili di un discorso iniziato molti anni fa e più vicino alla cucina d’autore. Con la possibilità di scoprire nel menu le eccellenze regionali (vedi il Cremoso

25 Artù dicembre 2016

In questa pagina: una delle camere arredata in stile; lo chef Piercarlo Zanotti, cuoco del ristorante Cucina San Francesco del Cappuccini Resort e il suo piatto Spaghettini Felicetti, selezione Cappelli, con bottarga di trota.


Storie di successo

sorprese certo non mancano. Soprattutto quando queste si ritrovano nel piatto sotto forma di erbe raccolte nell’orto di casa o della materia prima che

arriva direttamente dal frutteto di proprietà, all’interno della struttura. Quasi Inutile poi ricordare che da queste parti si beve sempre molto bene, approfittando di un territorio capace di offrire alcune delle migliori bollicine italiane e di una carta che in qualche modo privilegia proprio quelle aziende che hanno i loro vigneti intorno al Monte Orfano. Lo charme prosegue, per chi decide di fermarsi per la notte, in una delle quattordici eleganti stanze del resort. Ci si trova, come è facile immaginare dal nome, catapultati in un ambiente che ricorda ad ogni angolo l’architettura conventuale e che cela particolari di assoluta eleganza, in un contesto paradisiaco di assoluto relax, lontano dal traffico e dai rumori (le camere sono arredate in stile, dotate di salottino, e con un fascinoso e caldo caminetto che riscalda l’ambiente), e quando si sosta negli spazi comuni, come nel caso del magnifico chiostro che domina l’ingresso principale, quasi ci si immagina di incontrare qualche religioso in meditazione. Ma non va dimenticato, per chi dai piaceri dell’anima vuole passare al benessere del corpo, neanche la Beauty Spa situata ai piedi del monte, nell’antica portineria del Convento. Inaugurata nel 1998 e subito diventata uno dei centri wellness più gettonati della provincia bresciana. Questa offre un’ampia scelta di trattamenti a base di rosa, limone, uva, erbe, e olii, oltre a un percorso idroterapico, un calidarium e una piscina ricavata nella roccia viva

26 Artù dicembre 2016

In questa pagina: la piscina del Centro Benessere Elis, ricavata nella roccia viva del Monte Orfano con il suggestivo soffitto a volte, due piatti dello chef Piercarlo Zanotti e una delle 14 camere in stile raffinato e accogliente.

della montagna. Oltre agli effetti disintossicanti e rivitalizzanti dei percorsi in Spa, piace l’idea che ci sia un continuo legame armonico con la natura circostante, con la filosofia che, in qualche modo, si ritrova nella quiete e nella tranquillità che si vivono in questo angolo “diverso” della Franciacorta. Con una sosta al Cappuccini Resort è facile potersi ritemprare e al tempo stesso vivere quella piacevole sensazione di trovarsi tra mura domestiche. Non è certo un caso che lo stile di un cuoco solido come Piercarlo Zanotti mantenga proprio nel suo nuovo ristorante quelle caratteristiche di tradizione territoriale che è sempre piacevole riscoprire e delle quali, in fin dei conti, non ci si stanca mai =



Focus food

Stefano Masanti “La mia cucina alpina” di Elio Ghisalberti

Ricerca e selezione dei migliori prodotti, insieme a un talento fuori del comune: questi gli ingredienti del successo. Turismo di seconde case, pochi alberghi e in buona parte piuttosto vetusti, strutture per il dopo sci poco attraenti. Siamo a Madesimo, sulla strada per lo Spluga, dove la neve è però garantita e gli impianti, quelli sì, vengono rinnovati costantemente. Eppure è crisi per le attività di ristorazione: in pochi anni le insegne si sono ridotte da sedici ad una mezza dozzina, forse tradizione e i “lacciuoli” della tipicità. Ma attenzione, meno. È questo il contesto in cui opera controcor- non c’era da rinegare alcunché, e men che mai rente, con la difficoltà logistica del caso ma con di dimenticare le proprie radici. Semmai il contrario: la caparbietà e la tenacia insita nella gente di di rinsaldarle ancora di più attraverso un approccio montagna, Stefano Masanti, cuoco e patron del diverso a ciò che si conosce meglio, che fa parte Cantinone dell’Hotel Sport Alpina, storico albergo del proprio dna, con l’obiettivo di estrarne il masristorante di famiglia cui lui ha cambiato radical- simo trovando la profondità della materia, in un mente i connotati. Lo ha fatto per gradi, in una certo senso smontando preconcetti per trovare ventina d’anni, inizialmente tronuove soluzioni. Che abbia senvando spunto dai viaggi, dalle tito questa necessità uno che “Al Cantinone esperienze nelle cucine in ogni è nato e cresciuto in un paese angolo del mondo, dalla parminuscolo di una valle stretta di Madesimo tecipazione a convegni e mad’alta montagna, può sembrare c’è rispetto per le nifestazioni (non una passeguna contraddizione ma solo giata, partendo da Madesimo chi non conosce il carattere tradizioni e la tipicità, per con ogni condizione di temdella gente di qui, abituata ma caratterizzate da per natura a “volare alto”. Stepo…). Si è impegnato a svilupMasanti ha sublimato quepare le conoscenze acquisite una reinterpretazione fano sto desiderio di libertà in uno ricercando una sua personale personale” stile di cucina che abbraccia interpretazione della cucina alsenza preclusioni, ma cercando pina. Attraverso la capillare riinnanzitutto l’equilibrio e non cerca dei prodotti locali, un porta-a-porta del gusto che ha avuto perfino il “colpo di scena”, le nuove conoscenze culinarie l’effetto di risvegliare la memoria dei vecchi con- come gli abbinamenti più fantasiosi. Con l’obiettivo tadini, ha messo insieme una borsa della spesa sempre ben presente di arrivare al nocciolo dei che già parla prima ancora che intervenga il sapori senza tante sovrastrutture, in modo lineare, valore aggiunto di una cucina che si prefigge di spontaneo, inserendo il “cruise control” alla valorizzare ed interpretare in maniera diversa i ricerca della semplicità. Il risultato sono pietanze prodotti del territorio liberandosi dai “lacci” della che sanno di montagna con garbo, delicatezza,

28 Artù dicembre 2016

Sopra: i pizzoccheri “rivisitati” dello chef Stefano Masanti, un particolare dell’esterno e la sala interna del ristorante Il Cantinone di Madesimo. Nella pagina a lato: lo chef Stefano Masanti con la moglie Raffaella Mazzina.


29 ArtĂš dicembre 2016


Focus food A lato: lo chef Stefano Masanti in atteggiamento scherzoso mentre assaggia la Bresaola della Valtellina Igp; l’ingresso della bottega gastronomica e un trancetto di merluzzo su crema di zucchine. Sotto Masanti nella sua cucina.

Melodie gourmet con violino di capra Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti i gourmet minimamente informati: la stragrande maggioranza della Bresaola della Valtellina Igp è ottenuta da carni che provengono dall’altro capo del mondo, dal Sudamerica. È un fatto noto, inutile sorprendersi. Nella speranza - a difesa dei posti di lavoro innanzitutto - che almeno il ciclo di produzione rimanga legato come obbliga il disciplinare di produzione al territorio valtellinese, non rimane che affidarsi alle rare realtà di produzione artigianale che garantiscono che le carni provengano da allevamenti certificati (italiani o della CEE) ed il processo di lavorazione sia rispettoso della tradizione che non prevede i sistemi (tipo gli acceleratori) della grande industria. E tra questi artigiani in pole position c’è sempre lui, Stefano Masanti (www.maofficinagastronomica.com). Nel laboratorio di Madesimo, poco distante dal Cantinone, all’aria fine garantita dai 1600 metri di quota, produce la Brisaola (con la “i” come vuole la dizione chiavennasca) scegliendo i tagli di carne più adatti dopo aver selezionato anche gli allevatori da cui si rifornisce. La lavorazione è totalmente manuale, senza aggiunta di nessun tipo di conservante, nitrati e/o nitriti che siano, solo sale e spezie varie. Minimo di stagionatura 45 giorni; la “sublime” supera i 3 mesi. L’ultima sfida è la produzione di una riserva dedicata ai tagli di un solo animale così da poter gestire ogni mini-partita con tutte le attenzioni in ogni fase del processo. Sali diversi, mix di spezie opportunamente dosati, conce in vini (va da sé soprattutto di Valtellina) di gran valore. L’operazione trasparenza è leggibile sull’etichetta che riporta minuziosamente ingredienti e passaggi per una carta d’identità che non ha bisogno di essere implementata o decifrata mediante QR-code.

del Lario); il grano saraceno che, soffiato, accompagna il lombo di capriolo nostrano. La formula collaudata sul finire dello scorso inverno sarà protagonista della stagione che si apre pochi giorni prima dell’Immacolata per concludersi come sempre alcuni giorni dopo Pasqua (Masanti, come fa da un paio d’anni, partirà alla volta della California, destinazione Napa Valley, per tenersi in allenamento estivo ai fornelli del resort dell’azienda vitivinicola Sattui). Nella sala stube del cantinone le danze si aprono sempre con una decina di piccole entrate con gioielli di gusto come il cannolo di polenta e Taleggio; la pelle di lavarello soffiata con mirtillo rosso; la finta ostrica di erbe alpine; la pancia di capretto, rosa canina e formaggio di capra; la sfera di ricotta al tartufo nero e rape rosse. Quindi le portate più sostenute del menu meno “impegnativo”: carpaccio di cervo madesimino, gamberi rossi marinati, cocco e pasquasi levità. Piatti in cui sembra di sentire l’effetto alla selvaggina; le gemme di abete nel semifreddo sion fruit; ravioli di gallina vecchia al burro di della rarefazione dell’aria, non perché privi di sa- o nello stinco di vitello morbido con emulsione tartufo nero valtellinese; “taragnam”, ovvero rostì pore, tutt’altro, ma in quanto raffinati e leggeri, di acciughe; i funghi porcini dei boschi d’intorno di patate e polenta taragna e spuma al Bitto; essenziali. Un percorso evolutivo che si è compiuto preparati in vari modi (l’ultima confit con salsa di pera cotta con sorbetto alla pera affumicata. partendo e valorizzando le patate di montagna patate e pino mugo); le castagne sfumegate di Li- Cantina ben fatta, ragionevole sia nei contenuti per gnocchetti; le erbe spontanee come l’erba rone in crema con baccalà; i mirtilli d’alta che nei ricarichi, gestita come il servizio con saiva che inebria il risotto alla crema di latte; le an- montagna che nature accompagnano il gelato di pienza ed efficienza da Raffaella Mazzina. Il suo tiche varietà di mele e di pere coltivate tra la Val- latte di capra o lavorati in maionese accompagnano contribuito è fondamentale per gioire di una tellina e Valchiavenna nei dolci o negli abbinamenti invece le animelle impanate di bottatrice (pesce tavola buona, sana, vera =

30 Artù dicembre 2016



Focus food

Riso Buono, storia di passione

In questa pagina: Cristina Brizzolari, in alto una confezione di farina di Riso Carnaroli e qui a lato due confezioni una di Riso Artemide e una di Riso Carnaroli.

Guidobono Cavalchini. La tradizione diventa così la vera forza motrice insieme ai sacrifici di generazioni ed all’amore verso la natura, con l’impegno a raggiungere livelli sempre più elevati di qualità e con l’ambizione di soddisfare sempre più i gusti di una clientela esigente. Il Riso Carnaroli Gran Riserva viene fatto invecchiare un anno da grezzo. Questo procedimento dell’“Aging” era già conosciuto e praticato in antichità da molte popolazioni. Dopo l'essiccazione il riso non ha ancora acquisito tutte le caratteristiche “La partnership di massima qualità. Il riso incon grandi chef vecchiato e conservato bene aumenta notevolmente il proprio è un momento volume originale e questo crea fondamentale una minore dispersione di amido e minerali nella cottura. I per l’immagine chicchi del Carnaroli Gran Ridi un prodotto serva Riso Buono non si attaccano durante la cottura e la di eccellenza” mantengono meglio evitando di scuocere. Il Riso Artemide deriva dall'incrocio del Riso Venere (a granello medio e pericarpo nero) ed un riso di tipo Indica (a granello lungo e stretto e pericarpo bianco). È un riso integrale, aromatico, di colore nero. Il Riso Artemide ha un aroma intenso e Tradizione, impegno gradevole e una bella forma allungata del chicco. e lungimiranza sono alla base Data la sua stretta parentela col riso Venere ha un contenuto molto alto di ferro e di silicio – quest'ultimo del successo dell’azienda. molto importante per le sue qualità antiossidanti. Il Il Carnaroli Gran Riserva e l’Artemide vengono riso Artemide è ottimo cucinato con i formaggi, con prodotti nella tenuta di Casalbeltrame (No), di pro- il pesce, con le verdure e i funghi. prietà della famiglia Luigi Guidobono Cavalchini. Riso Buono, in tutte le sue declinazioni, è scelto da Oltre alle qualità organolettiche e nutrizionali, Riso grandi chef per le proprie creazioni d’autore. Non è Buono ha dalla sua parte la forza di una tradizione un caso se in questo numero di Artù abbiamo seleche viene da lontano, iniziata sul finire del XVII zionato una ricetta di Enrico Cerea, affiancato dai secolo quando la nobile famiglia dei Gautieri, fratelli Bobo, Rossella, Francesco e Barbara: rampolli lasciata la contea di Nizza, si stabilì nelle terre di una grande famiglia, che ha visto nel talento di novaresi introducendo, nel tempo, importanti ristrut- Vittorio Cerea (con la moglie Bruna) l’apripista di turazioni soprattutto nei metodi d’irrigazione e nelle una generazione di professionisti della cucina e delforme di coltivazione. Una tradizione che è continuata, l’ospitalità, oggi massimi rappresentanti della ristoa seguito di successioni ereditarie, prima con i mar- razione italiana di eccellenza (Tre stelle Michelin al chesi Cuttica di Cassine e, attualmente, con i baroni ristorante Da Vittorio, a Brusaporto, Bg). Il ristorante

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Il talento di Cerea La ricetta di Enrico e Bobo Risotto con ragout croccante di scampi e foie gras Ingredienti 320 gr riso Buono ½ cipolla ½ bicchiere di vino bianco 1 l brodo vegetale 8 scampi 100 gr terrina di foie gras 200 gr mollica di pane 4 albumi d’uovo foglie di sakura Per la salsa scampi: 4 scalogni 2 rametti di timo 100 gr brodo di pesce 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

Sopra: il piatto Risotto con ragout croccante di scampi e foie gras. A lato: i fratelli Bobo ed Enrico Cerea e una confezione di farina di Riso Artemide.

Rosolare lo scalogno tagliato a julienne con timo, aggiungere le carcasse di campo schiacciate e tostare per bene, deglassare con brandy. Aggiungere il brodo di pesce e il concentrato, poi cuocere per 1 ora. Frullare e passare al colino. Per la gelatina: 200 gr brodo chiarificato 13 gr gelatina vegetale in polvere Per il foie gras: Scogliere il foie gras con 20 g di brodo, frullarlo e porlo negli appositi stampini, congelarli, preparare una gelatina e immergerli per 10 secondi. Per il riso: In una casseruola rosolare la cipolla tritata con un filo d’olio, aggiungere il riso Buono e tostarlo, sfumarlo con vino bianco, continuare la cottura con brodo vegetale. A cottura ultimata sistemare di sale e pepe e mantecare con una noce di burro. Nel frattempo tagliare le code i scampi a pezzi grossolani, immergerli nel bianco d’uovo e poi nella mollica di pane tritata e friggerli in olio a 170° per 3 min. Impiattare il risotto in uno stampo tondo e schiacciarlo. Porre il foie gras, gli scampi fritti e la salsa. Decorare con foglia di sakura.

di Brusaporto è meta di un turismo gourmet, italiano e internazionale, che “approda” nel Relais & Chateau con la certezza di trovare un’accoglienza esclusiva e una linea di cucina a livelli superlativi. Enrico Cerea, primogenito di Bruna e Vittorio (purtroppo mancato da tempo), è “caduto bambino nelle pentole di famiglia”… La passione lo ha contagiato al punto tale che ogni momento libero, a cominciare dalle vacanze scolastiche, divenne un pretetsto per curiosare, seguire, studiare e comprendere i segreti delle cucine e degli chef di tutto il mondo. Sorretto da un talento mai autocelebrativo, ha acquisito uno stile personalissimo, miscelando le ricette della cucina di papà Vittorio con le intuizioni, la sensibilità e la tecnica acquisite negli anni. La ricetta che pubblichiamo è un esempio di questo stile, fortemente caratterizzato e sempre schierato dalla parte di un gusto personalissimo =

33 Artù dicembre 2016


Focus food

di Elisa Facchetti

La sesta edizione vedrà al centro dell’offerta le ultime novità del food e delle attrezzature e un ricco calendario di eventi. Dal 25 al 28 febbraio 2017 torna al Centro Fiera del Garda di Montichiari (Bs) la sesta edizione di Golositalia & Aliment, la fiera dedicata al mondo del food e delle attrezzature professionali nata dal sodalizio delle fiere Golositalia e Aliment Attrezzature. Sotto i riflettori della nuova edizione le ultime novità del professional equipment e i prodotti tipici del made in Italy ed esteri con ben 640 espositori suddivisi in sei padiglioni, di cui tre dedicati al mondo professionale dell’horeca.

Golositalia & Aliment, cresce la fiera di Montichiari Sei le aree tematiche: food, wine, beer, bio-vegan-gluten free, professional technology & restaurant e franchising e 78.000 i visitatori attesi tra appassionati di food e operatori professionali, con una fitta presenza di ristoratori, gestori di bar, birrerie e gelaterie, catering e grossisti specializzati, ma anche buyer

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e operatori della gdo. A completare la proposta, un ricco “Sotto i riflettori calendario di eventi: corsi di della nuova edizione cucina, convegni, concorsi, seminari e dimostrazioni, rivolti le ultime novità del sia all’operatore del settore professional equipment che vuole aggiornarsi in ambito professionale, sia all’appassioe i prodotti tipici nato che intende mettersi alla del made in Italy prova. Tanti i temi affrontati: dai corsi di pasticceria pensati ed esteri” per i più golosi a quelli per chi convive con intolleranze o allergie, da concreti consigli per avviare un bar o un'altra attività nel campo dell'enogastronomia a showcoocking con grandi chef. Gli orari di apertura sono differenziati per le aree destinate al food e quelle per le attrezzature professionali. I padiglioni 6, 7 e 8 saranno aperti sabato, domenica e lunedì dalle 9.00 alle 22.00, martedì dalle 9.00 alle 19.00. I Padiglioni 1 e 5 saranno invece aperti tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00 =



36 ArtĂš dicembre 2016


Focus wine

Quella famiglia è molto sparkling di Alberto P. Schieppati

Un borgo medioevale, Villa, trasformato in relais, una cantina storica da un milione di bottiglie, una famiglia che sa come affrontare i mercati. Seguire le proprie intuizioni, senza idee preconcette insieme alla decisione di utilizzare solo sostanze e senza sottomettersi alle mode imposte dal mer- naturali e biologiche per la gestione del vigneto, cato. Questa è la lezione di vita di Alessandro sono dimostrazioni concrete di una filosofia azienBianchi, imprenditore bresciano nel settore del- dale nella quale Villa Franciacorta crede da l’oleodinamica: quando, negli anni Sessanta, sempre. La storia di Bianchi è la storia della sua decise di acquistare e riportare a splendore famiglia: la figlia Roberta, entusiasta e appassiol’antico borgo medioevale di Villa, in Franciacorta, nata, è il vero motore della cantina. Con una forte certo non pensava che i vini di quel territorio sensibilità verso le problematiche legate alla avrebbero raggiunto un’immagine “pari o superiore” povertà nel mondo (la partnership con la Fondazione allo Champagne. Secondo una ricerca di Astra, il Rava onlus ne è esempio eloquente), Roberta posizionamento del Franciacorta, negli ultimi tre Bianchi si è resa promotrice di una incessante rianni, è diventato altissimo: l’86% degli intervistati cerca sui lieviti autoctoni, in partnership con l’Uni(1500 consumatori, fra i 18 e i 70 anni) lo ritiene versità di Firenze, finalizzata al continuo migliora“eccellente” e la sua percezione viene assimilata mento qualitativo delle produzioni. Inoltre, è a quella di brand del calibro di Audi, Mercedes, assidua sostenitrice della cultura del “millesimato”, Bmw, e, nella moda, di Armani. in linea con le intuizioni di Anche alla luce di questa realtà, papà Alessandro che ne ha l’antica intuizione di Alessandro sempre sostenuto il valore. “L’antica intuizione Bianchi risulta oggi vincente: Sempre a Roberta va dato medi Alessandro Bianchi rito di avere trasformato parte investire in agricoltura (quando il vino in Franciacorta era anrisulta oggi vincente: del borgo in un piccolo relais cora solo una comparsa) e desogno, con tanto di ristoinvestire in agricoltura da dicarvi tempo e investimenti, rante gourmet, che accoglie tusi è rivelata una scelta intellirismo di qualità e si configura si è rivelata una gente e remunerativa. I 37 come una delle mete di relax scelta intelligente ettari di vigneti, su un totale più appetibili della Franciacorta. di oltre cento di proprietà, che Affiancata dal marito Paolo Pize remunerativa” si estendono nel borgo di Villa, ziol, con una formazione ecofrazione di Monticelli Brusati nomica e di marketing, strate(Bs), producono oggi - grazie a quasi mezzo gico e calibrato comunicatore dei valori aziendali, secolo di studi certosini su un territorio formidabile già vicepresidente del Consorzio Franciacorta (con- oltre 300mila bottiglie di Franciacorta, destinate dotto prima da Maurizio Zanella e ora da Vittorio al mercato degli intenditori. La scelta di utilizzare Moretti), ha creato negli anni un polo vitivinicolo esclusivamente uve di produzione propria che preso ad esempio da molti. Oggi le bollicine di esprimano le caratteristiche uniche del territorio, Villa (vedi box dedicato ai riconoscimenti ottenuti

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Nella pagina a lato: l’imprenditore bresciano Alessandro Bianchi insieme alla moglie Ivonne Roncalli, alla figlia Roberta, al genero Paolo Pizziol e ai due nipoti. Qui sopra: i vigneti, il borgo medioevale ristrutturato e Alessandro Bianchi nella sua cantina di Villa Franciacorta.


Focus wine In questa pagina: alcune etichette di Villa Franciacorta premiate nel 2016 e le nicchie della cantina seminterrata risalente al XVI secolo.

Pioggia di premi lungo il 2016 “Solo uve nostre e solo millesimati”: questa è la filosofia della cantina guidata da Roberta Bianchi e Paolo Pizziol che, fra l’altro, sta realizzando il processo di conversione al biologico, confermando un impegno volto alla sostenibilità, per una viticoltura evoluta e attenta alla tutela dell’ambiente. Il 2016 è stato un anno formidabile per Villa Franciacorta, che ha visto una sequenza incredibile di riconoscimenti, in Italia e nel mondo. Il Franciacorta RNA 10 Anni Extra Brut 2004 si è subito dimostrato un outsider nelle classifiche generali delle guide: tra i premi che questo Franciacorta ha ricevuto, da annoverare il riconoscimento come Miglior Spumante Metodo Classico da Best Alpe Adria, il “Grande esordio” dalla Guida Veronelli, le 5 Sfere da Cucina e Vini, i 5 Grappoli da Bibenda, la Corona da Vini buoni d’Italia, la Medaglia d’oro da Gilbert & Gaillard ed il Certificato d’eccellenza da The Wine Hunter. I premi, nell’arco del 2016, si sono via via letteralmente moltiplicati: dai Tre bicchieri del Gambero Rosso al Boké Rosé Brut 2012 alle 5 Medaglie d’oro che la prestigiosa guida francese Gilbert & Gaillard assegna ai millesimati di Casa Villa, oltre al già citato RNA 10 anni, la medaglia va a Mon Satèn 2012, Emozione Brut 2012, Bokè Rosé Brut 2012 e Diamant Pas Dosè 2010. Altri Certificati di eccellenza da parte di Wine Hunter sono andati all’ Extra Blu Extra Brut 2010 ed a Emozione Brut 2012. Il Briolette Rosè Demi Sec ha ottenuto la Corona di Vini buoni d’Italia, mentre al Mon Satèn 2012 è stata attribuita la Rosa Oro da parte della guida Viniplus dell’Ais Lombardia. Da segnalare inoltre il punteggio di 90/100 che Luca Gardini ha attribuito al Bokè Rosé Brut 2012 nella sua classifica Gardini Notes. Il Franciacorta Cuvette Brut 2008 ha ricevuto la Medaglia d’argento all’International Wine Challenge di Londra, uno dei concorsi più prestigiosi al mondo per serietà delle valutazione e qualità dei giudici internazionali. A fronte di questi riconoscimenti, va anche ricordato che il Curtefranca Rosso Doc Gradoni 2012 ha ottenuto la Medaglia d’argento da parte di Cervim, il Centro di ricerche sulla viticoltura che ha recentemente premiato i vini “eroici” T.S.

prodotto aziendale di punta, la Cuvette (Brut Franciacorta Docg, ovviamente millesimato, Chardonnay 85% e Pinot Nero 15%), sia il protagonista di un abbinamento “a tutto pasto”. Le selezioni del prossimo Sparkling Menù 2017 sono già in corso e il prossimo settembre ci sarà la serata finale nelle cantine storiche di Villa, nel cuore della collina della Madonna della Rosa. La novità di questo Sparkling, come già abbiamo visto, è che - per la prima volta dopo dodici edizioni - saranno le chef ad essere protagoniste assolute, con la creazione di un piatto da abbinare alla Cuvette di Villa. Una sfida ormai consolidata, quella di Villa Franciacorta, che ha visto affermarsi nelle edizioni passate - grandi chef come Enrico Bartolini, Giuliano Baldessari e tanti altri, assurti alla celebrità dopo avere partecipato a Sparkling. La finale di Sparkling si svolgerà all’interno della cantina di Villa: qui le suggestive gallerie scavate nel sottosuolo, il tempo, il silenzio e la temperatura costante rappresentano gli ingredienti essenziali di quella ricetta che ha permesso alla famiglia Bianchi Pizziol di consolidare i propri successi. Ma anche di competere - oltre che con altri Franciacorta di indiscusso blasone - con molte “bollicine d’Oltralpe” =

quest’anno) sono un must nell’alta ristorazione di tutta Italia, grazie anche a un evento specificamente dedicato agli chef: affermati o emergenti, sono chiamati a creare menù “sparkling” in cui il

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Focus wine

I Feudi di Romans Friuli nel bicchiere cinque vini autoctoni quali Friulano, Ribolla Gialla, Malvasia Istriana, Refosco Dal Peduncolo, Rosso, Verduzzo Friulano; otto bianchi: Pinot grigio, CharDa oltre 60 anni l’azienda donnay, Sauvignon, Friulano, Ribolla Gialla, Malvasia vinicola Lorenzon produce vini Istriana, Traminer Aromatico, Pinot Bianco. Presente anche la produzione di sei rossi, come Merlot, Renella Doc Friuli Isonzo, una fosco, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Pinot tradizione diventata un’arte. Nero, Moscato Rosa e sei bollicine: Ribolla Gialla, Prosecco Extra Dry, Prosecco Brut, Rosé, Pinot “Facciamo vino e questa è una tradizione che por- Brut, Moscato. 80 ettari di vigneto, 25 dipendenti, tiamo avanti da ormai 60 anni. Questa tradizione 485.000 bottiglie vendute nel 2015: questi i è diventata un'arte... l'arte della mia famiglia. numeri di una realtà che è espressione autentica Sono molto orgoglioso di questo”. Le parole di del territorio d’origine. Nel 1991, l’acquisto di Enzo Lorenzon, presidente dell’Azienda Vinicola una vigna di viti americane, ha portato alla nascita Lorenzon - I Feudi di Romans, esprimono al meglio dei primi 15 ettari di Cru “I Feudi di Romans”, l’essenza di questa realtà con sede a San Canzian nati con la consapevolezza di voler rispettare d’Isonzo (GO), nella Doc Friuli Isonzo, un altopiano questa terra. Oggi “I Feudi di Romans” rappresenche dalle colline del Collio e del Carso si fa largo tano la linea storica dell’azienda, Cru nati da un verso il mare Adriatico. Fondata nei primi anni terreno molto fertile, grazie alla presenza abbon’70, I Feudi di Romans cresce dante di argilla che l’Isonzo integrando ampie porzioni di ha eroso dalle colline del Collio, vigneti nell’area Nord Est, dove che regalano un vino elegante “Fondata nei primi scorre il fiume Isonzo. Una concapace di rispecchiaanni ’70, I Feudi tinua modulazione climatica, re i valori di questa con venti freschi orientali mitirealtà vitivinicola. Il di Romans cresce gati dal microclima del mare Sauvignon Blanc “I integrando ampie e il buon irraggiamento solare, Feudi di Romans” si nonché sensibili escursioni terè infatti aggiudicato porzioni di vigneti miche, favoriscono la maturamedaglia d’oro al nell’area Nord Est, dove laConcorso zione lenta della vite, regalando Internaziouve ricche di gusto e di aromi. scorre il fiume Isonzo” nale di Bruxelles, La produzione si concentra su mentre il Pinot Grigio ha ricevuto la medaglio d’oro al Concorso Gilbert & Gilbert & Gaillard International Competition 2016, premi che rappresentano per l'azienda uno stimolo importante: “Obiettivi aziendali per il 2016 - ha affermato Enzo Lorenzon - sono il lancio di una nuova linea dedicata al canale della Grande Distribuzione, la ‘Feudi di Romans Etichetta Bianca’, e il raggiungimento delle 600.000 bottiglie. Il primo semestre 2016 si è chiuso con un +12% rispetto allo stesso periodo del 2015”. Obiettivi importanti, da perseguire anche con il successo di Alberto P. Schieppati

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della linea Lorenzon Spumanti, declinata in cinque vini spumanti interpreti di questo territorio: Pinot Brut, Ribolla Gialla, la finezza del Rosé Brut, il Prosecco e il Moscato. Con Borgo dei Vassalli si avvia invece una produzione di vini giovani e freschi, di grande versatilità. Grazie agli oltre 82


ettari di vigneti di proprietà, l’azienda riesce a controllare tutta la filiera produttiva con risultati di vendita più che positivi. Come previsto dal piano industriale, nel 2015 l’azienda Lorenzon, proprietaria del marchio “I Feudi di Romans”, ha venduto infatti oltre 485.000 bottiglie, con un incremento del 41% rispetto al 2014. Risultato importante che consolida il trend di crescita degli ultimi anni, passando dalle 295.000 unità vendute nel 2013 a sfiorare quota 500.000 solo due anni dopo. Significativa la crescita riscontrata in Italia che rappresenta un ottimo 70% del totale, mentre il restante 30% rivela interessanti sviluppi sui mercati esteri: buono l'incremento nel mercato

In questa pagina da sinistra: Nicola Lorenzon, Davide Lorenzon, Enzo Lorenzon e Maurizio Mattarelli. Qui accanto: un bottiglia Limited Edition 2016 - Ribolla Gialla. Nella pagina a lato: la linea Lorenzon Spumanti e sotto I Feudi di Romans.

russo, che ha permesso di raddoppiato le unità vendute toccando quota 20.000 bottiglie, mentre UK e Germania continuano ad essere i primi Paesi esteri sia per fatturato che per numero di bottiglie esportate. “Abbiamo iniziato ad esportare nel mercato russo solo da 4 anni e i risultati ottenuti stanno premiando la nostra scelta che

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vede un costante incremento annuo del 30%” ha concluso Enzo Lorenzon. Una realtà che promette di espandersi ulteriormente non solo in Italia, mercato di riferimento, ma di essere apprezzata sempre di più anche all’estero =


© Ernst Müller

Focus wine

Merano WineFestival, 25 anni di “eccellenza vera” di Elisa Facchetti

Ideato nel 1992 da Helmuth Köcher, l’evento ha portato in scena grandi vini e alta gastronomia sotto il segno della massima qualità. Il programma si arricchisce infatti di anno in anno, e i numeri dell’edizione 2016 parlano chiaro: 100 aziende vitivinicole partecipanti a bio&dynamica, 394 cantine italiane e 92 artigiani del gusto e birrifici nella Selezione Ufficiale 2016, 89 aziende vitivinicole internazionali e 13 tra Consorzi e aziende di servizi alla ristorazione partecipanti, 7500 biglietti staccati, 300 giornalisti e media accreditati, 2750 pass per le aziende e circa 300 persone coinvolte nell’organizzazione, un indotto per la città di Merano valutato a circa otto milioni di euro. Grande entusiasmo inoltre per Catwalk Cham-

© Ernst Müller

Si chiude con ottimi risultati la 25° edizione del Merano WineFestival, una cinque giorni animata da oltre 10.000 presenze.

pagne, la novità di questa edizione e soddisfazione, anche se con margini di miglioramento, per la prima edizione di GourmetArena for professional only, mentre la sezione bio&dynamica deve ancora trovare la giusta chiave per rendersi più appetibile, un “settore di nicchia che meriterebbe più attenzione da parte degli addetti del settore”, ha spiegato Helmuth Köcher. Tuttavia la formula sempre fedele al progetto

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inziale di 25 anni fa, ha fatto del Merano WineFestival un luogo di incontri e confronti per tutti gli operatori del settore, una cinque giorni dedicata a conoscere da vicino la migliore produzione vitivinicola, non solo italiana, accompagnata da assaggi e proposte gourmet. Come i piatti preparati durante la seconda edizione di “Cooking farm” promossa da Genagricola in collaborazione con Merano Wine Festival: una tre giorni di grande successo che ha visto a confronto la più prestigiosa cucina italiana e la tradizione contadina, nove tra i migliori giovani chef d’Italia hanno infatti cucinato a fianco di quattro donne dell’Associazione delle Donne Coltivatrici Sudtirolesi. Per la prossima edizione, che si terrà dal 10 al 14 novembre 2017, Helmuth Köcher si augura di consolidare i numeri di quest’anno e trascinare una fetta di mercato estero, coinvolgendo maggiormente sia aziende che pubblico internazionali, grazie anche alla posizione geografica della città di Merano e alla particolare caratteristica dell’evento che si sta posizionando sempre più come punto di riferimento nel panorama del vino in Italia, proponendo esclusivamente etichette selezionate =



Focus wine

L’Aquila di Cesarini Sforza vola sempre più in alto di Elisa Facchetti

Dal 1974 il marchio dell’Aquila identifica un’interessante realtà del settore vitivinicolo trentino, grande interprete del metodo classico Trentodoc. Tutto parte dalla produzione di spumante metodo classico, pura interpretazione di un territorio vocato per natura a una viticoltura di qualità. Il progetto è stato chiaro fin da subito per l’azienda Cesarini Sforza, fondata dalla volontà di alcuni imprenditori del settore vitivinicolo trentino promotori di un am- sopra i 500 metri s.l.m.. Passati 15 anni la storia bizioso progetto: selezionare le migliori zone del di Aquila Reale si fa ancora più interessante: nel Trentino per la produzione di uve chardonnay base 2001, con l’entrata nel Gruppo La Vis, Aquila spumante. Stiamo parlando del Conte Lamberto Reale diventa un vero e proprio Cru creato solo Cesarini Sforza e Giuseppe Andreaus. Il simbolo con le uve di Maso Sette Fontane nel comune di dell’Aquila, ben presente nello stemma dell’azienda, Giovo, in Valle di Cembra, un terreno a 500 metri omaggia due delle più nobili famiglie d’Italia, i Ce- d’altitudine vocato dal 1734 alla produzione di sarini e gli Sforza appunto, riunite nel corso dei uve pregiate. Questa Riserva si presenta di colore secoli in un’unica grande casata giallo intenso con riflessi dorati, nel cui stemma araldico camdal bouquet minerale con frutta peggia il regale rapace, divencandita e crosta di pane. Il “Riserva Aquila tato presto simbolo anche di procedimento di vinificazione Reale Millesimato una produzione “Reale”. Nei avviene prima con la raccolta primi anni ottanta, grazie ai rimanuale nella prima decade acquista ancora più scontri più che positivi per la di settembre, la pressatura sofpersonalità e a produzione di spumanti, la Cefice di uve intere è poi seguita sarini Sforza avvia un progetto dalla decantazione statica dei distanza di 30 anni per dare alla luce un Metodo mosti, la fermentazione avviene si erge con tutta la a temperatura controllata per Classico di grande livello, proil 50% in serbatoi d’acciaio dotto in poche bottiglie, ma casua storia e unicità” inox e per il rimanente in piccole pace di includere tutta l’energia botti di rovere francese. Affinae il potenziale del territorio trentino. Con il contributo del prof. Defrancesco, con- mento sulle lisi per 12 mesi circa, rifermentazione sulente del tempo, viene messa a punto la prima in bottiglia e 72 mesi di permanenza sui lieviti. La riserva di 36 mesi, ottenuta da sole uve Chardonnay, Riserva Aquila Reale Millesimato acquista ancora prodotta in sole 5-6.000 bottiglie. I primi assaggi più personalità e a distanza di 30 anni dalla rivelano un prodotto sorprendete, interprete perfetto prima produzione si erge con tutta la sua storia, di quel territorio e dell’impegno della Cesarini la sua unicità e il suo potenziale, oggi prodotta in Sforza: nasce così nel 1986 la prima riserva poco più di 8.000 bottiglie continuando a rappreAquila Reale, da solo uve Chardonnay coltivate sentare un simbolo della produzione vitivinicola a

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marchio Trentodoc e più in generale dell’intero Trentino. Un successo che è stato supportato dal prezioso contributo della Cantina La Vis, con i suoi 800 soci e 800 ettari di vigneto, che ha permesso alla Cesarini Sforza di attingere alle migliori uve Chardonnay e Pinot Nero. Una selezione

In questa pagina: l’azienda, lo stoccaggio delle bottiglie e una bottiglia di spumante Aquila Reale Riserva, Trento Trento DOC. Nella pagina accanto: una bottiglia di Aquila Reale Riserva del 1986 e uno scorcio della cantina.

attenta che viene fatta in base agli studi di zonazione effettuati dalla cantina a fine anni novanta, permettendo agli enologi di potenziare le proprie linee di produzione e dando vita al progetto Tridentvm che lega l’azienda Cesarini Sforza non solo al proprio territorio, ma nello specifico alla propria città, Trento, e alla Trentodoc, la Doc che riunisce tutti gli spumanti metodo classico. Il progetto viticolo prevede che solo i vigneti di Chardonnay e Pinot nero posizionati sopra i 450 metri di altitudine e lavorati secondo una viticoltura ecosostenibile, possono farne parte. Le zone migliori per la produzione delle uve sono state così individuate nella Valle di Cembra - dove è presente Maso Sette Fontane, nelle alte colline di Pressano e Sorni, nelle colline sopra la città di Trento, nella zona di Meano Cortesano, nella Valsugana e sulle colline di Besagno. Terreni e microclimi diversi garantiscono infatti l’eterogeneità necessaria per dare vita a grandi millesimi =

45 Artù dicembre 2016


Format food

Non aspettatevi la “solita pizza” di Alessandro Luongo

Renato Bosco, del Saporè, vicino a Verona, propone una serie di pizze memorabili: una degustazione d’impasti di diverse forme, consistenze e cotture. Per molti degustatori ed esperti è una delle migliori pizze d’Italia. Di sicuro - e possiamo testimoniarlo venirla a mangiare qui, da Saporè (San Martino Buon Albergo, Verona, via Ponte 55) a pochi minuti dal casello autostradale di Verona Est, è un’esperienza davvero unica per le originali e molteplici possibilità di scelta. Tanto che il menù recita “non aspettarti la solita pizza”. Renato Bosco, 50 anni, creatore del Saporè nel 2009, nato come sala degustazione del laboratorio attiguo e dedicato all’asporto (inaugurato nel maggio 2006), utilizza difatti il lievito madre e quello naturale, che hanno ricevuto già diversi riconoscimenti importanti dalla critica enogastronomica. Una pizza servita in diverse forme, a spicchi, e dall’impasto che davvero si scioglie in bocca. Come “Aria di Pane”, ad esempio, impasto

alto e soffice realizzato solo con pasta madre viva, un blend di farina macinata a pietra di tipo 1 e integrale: “La propongo da molti anni - spiega Renato Bosco - eppure risulta essere l’impasto più gradito e, vorrei dire, anche il più imitato”. Il locale è piccolo e accogliente (40 coperti all’interno, d’estate altri 10-12), con pareti in truciolato in varie tonalità di legno, sedie e oggetti diversi e persino uno scolapasta appeso. Un tempo prevalevano il colore rosso con le colonne laccate bianche e boiserie. “Un locale dove ‘accomodare’, insomma, nel vero senso di far sentire comode le persone che vengono per fare un’esperienza. Del tipo: ‘Ti apro la porta di casa mia’”. Bosco nasce a Verona, ma è vissuto e cresciuto a San Martino Buon Albergo, a 15-20 minuti dal capoluogo scaligero. “Ho sempre lavorato nella ristorazione si racconta - ed è stata una scelta dovuta in parte alla necessità. Nella pizzeria del paese (di proprietà di una famiglia di salernitani) cercavano un cameriere, e così ho iniziato servendo ai tavoli, poi il pizzaiolo si è ammalato e ho dato una mano a tirare qualche pizza per lo staff; da lì è cominciata la mia avventura”. Nel corso degli anni ha poi gestito varie pizzerie, proseguendo nella formazione con corsi mirati “e sono arrivato ad aprire con la mia compagna, Samantha Verzini”. Il punto forza della pizzeria è legato al tipo di prodotto offerto, come detto. A Saporè si possono assaggiare difatti diverse tipologie di pizze e per tutti i gusti: una degustazione d’impasti di diverse forme, consistenze e cotture, dove è però il cliente il vero protagonista dell’esperienza culinaria. “La mia cucina si basa sulla ricerca di materie prime di alta qualità per arrivare all’obiettivo che mi sono prefissato nel creare una

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nuova ricetta di pizza. Pensi a quanto può essere importante scegliere una farina e alle variabili che possono definire questa scelta. Per ciò che concerne gli ingredienti di farcitura, la scelta ricade sempre sul prodotto italiano, di stagione; e se possibile cerco di valorizzare il mio territorio con ingredienti come gli asparagi, o le ciliegie per parlare proprio


di tipicità locali”. I clienti sono messi in tavola all’ultima edituristi e fedelissimi. “C’è sempre zione di Identità Golose, tavola “Il segreto? Lievito - quasi tutto l’anno -, una parte rotonda alla quale ho partecimadre naturale, un di fan che vengono a Verona pato. Ma per ora pizze stellate per turismo o per lavoro e che non ce ne sono. Premi ne ho riimpasto che davvero hanno sentito parlare del mio cevuti molti negli anni, anche si scioglie in bocca locale da qualche amico, oppure se credo che il riconoscimento sono consigliati dall’hotel in cui più importante sia nel vedere e ingredienti che soggiornano. Capita così che certa continuità nel mio larappresentano il meglio una in occasione di rassegne intervoro, una clientela soddisfatta nazionali come Vinitaly, o Fiera possibile sul mercato” e che torna”. Trenta le etichette, Cavalli, qualcuno capiti a Sapoper la maggior parte di vini verè, e l’anno seguente prenoti neti. Super consigliata la preda noi ancor prima di partire da casa”. Grandi sod- notazione: si rischia di arrivare e non trovare posto. disfazioni, queste, per Bosco e per tutto il suo Saporè è aperto anche a colazione, per gustare il staff. Nessuna stella, ma molto referenziato: “Le pane di pasta madre viva con burro e marmellata, stelle alla pizza sono state uno degli argomenti brioches fresche e dolci del giorno. Che spaziano

47 Artù dicembre 2016

Qui sopra: tra le specialità “Aria di pane”, la pizza La Porchetta in degustazione a spicchi. Nella pagina a lato: Renato Bosco, pizzaiolo di Saporè (ph. Paolo Picciotto) e la Mozzarella di pane zucca con burrata pugliese.

dalle sfogliatine al Recioto, alle torte di frutta, ai cheese cakes, biscottini di pasta frolla, lievitati stagionali e delizie al cucchiaio. Novità in vista? “Sempre! La mia mente ha bisogno di continui nuovi stimoli che si traducono in una nuova forma di pizza o magari in un nuovo libro, un locale, chissà”. Nel frattempo, nel 2014, l’entusiasta Bosco ha lanciato Pizzacaffè LaTorre #1, “un locale in centro a Verona, basato di più sul bar caffetteria cui ho voluto partecipare proponendo il mio crunch di pizza” =


Format food

Se la pizza diventa gourmet di Maurizio Bertera

È l’argomento del momento, sulla bocca di tutti: cosa sta succedendo alla cara vecchia pizza? Nel mondo della pizza sta succedendo quanto nella cucina è in atto già da tempo: un’evoluzione (quasi una rivoluzione) che pone al centro del mestiere di pizzaiolo - non dimentichiamolo, considerato di serie B - la ricerca, l’attenzione agli ingredienti, la conoscenza del territorio, la tecnica pura. Dopo anni in cui tutti improvvisavano, i locali si facevano la guerra ad abbassare il livello dei costi, e con essi le materie prime, qualcosa è definitivamente cambiato. E forse per la prima volta, è un cambiamento alla portata di tutti. Perché se le cucine stellate restano appannaggio dei portafogli di pochi, le pizze, anche quelle gourmet, restano un cibo popolare per prezzo (a meno che non siano condite con cibi molto costosi) e per gusto. Soprattutto, non bisogna dividendo le pizzerie in quattro categorie: al taglio, capirle prima come i piatti di Bottura o Alajmo, napoletana, all’italiana e a degustazione. Quest’ulbasta mangiarle. Però non è una rivoluzione indolore, tima è la “categoria” in cui vengono collocati i nel senso che se da un lato i filosofi della rivoluzione - apmigliori esponenti si godono punto gourmet, secondo molti (giustamente) la ribalta e chiecritici - come Simone Padoan “Il riscatto dono a gran voce che la Guida (I Tigli), Renato Bosco (Saporé), del pizzaiolo Michelin “decreti” il salto con Simone Lombardi (Dry), Edoardo Papa (In Fucina) che hanno otuna prima stella a una pizzeria, passa da una tenuto i Tre Spicchi. Ma il confine ci sono tanti pizzofili che stanno selezione sempre più non è così netto: le pizze Tre iniziando a chiedersi se tutto Rotelle di Gabriele Bonci - paciò abbia un senso e non sia attenta delle materie tron di Pizzarium - sono gourmeno prosaicamente - un siprime, combinate met? E come valutare i tre spicstema per alzare i prezzi, soprattutto nelle maggiori città. a creatività ed estro” chi di Tonda e Sforno dell’italianista Stefano Callegari? O anLa parolina magica è “gourmet”, cora i maestri della “napoletana” che negli ultimi anni peraltro è abusata e quindi vuol dire tutto e niente. La Guida come Enzo Coccia (La Notizia), Ciro Salvo (50 alle Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso - barometro Kalò), Franco Pepe (Pepe in Grani) non fanno caesperto e stimato del settore - risolve il problema polavori? Sul tema è stato scritto recentemente

48 Artù dicembre 2016

In questa pagina: in alto l’esterno del Dry di Simone Lombardi e qui sopra il banco della pizzeria Berberè dei fratelli Aloe con la pizza mortadella.

un libro: La buona pizza - Storie di ingredienti, territori e pizzaioli (Giunti Editore), firmato da due esperte giornaliste enogastronomiche quali Tania Mauri e Luciana Squadrilli. Hanno provato a inquadrare il confine tra pizza gourmet e pizza classica: per loro la prima è “sicuramente quella di Simone Padoan e pochi altri colleghi, che presuppone una degustazione di pizze diverse, ingredienti di altissima qualità, preparazione delle materie prime e condivisione con altri commensali. Mentre si può definire pizza d’autore quella fatta secondo i giusti di criteri di maturazione e lievitazione, oltre all’uso appropriato delle farine e degli altri ingredienti per l’impasto”. Semplificando, la pizza gourmet è quella già a spicchi, alta come una focaccia e bianca, il cui topping più o meno prezioso è suddiviso fra le fette per il boccone perfetto. Un modello che non


di fumo e temperature. Non è più un improvvisatore, il pizzaiolo semmai deve avere la capacità innata di realizzare una pizza digeribile e la genialità per trovare buoni abbinamenti. La rivoluzione in questo senso ha “spiazzato” Napoli, non è un caso che la new wave sia rappresentata quasi esclusivamente da pizzaioli di altre regioni, Nord in testa. Nel libro della coppia Mauri-Squadrilli vengono raccontate dieci realtà, emblematiche (per storia, In questa pagina, dall’alto: un particolare territorio, filosofia da Verona a Napoli) con la di una pizza di Edoardo Papa della pizzeria In Fucina; curiosa assenza di Milano, dove si trova di tutto. Simone Padoan con lo staff della pizzeria I Tigli Ma non si può discutere su un aspetto. “La pizza e accanto un particolare di una pizza del locale; è Napoli, questo è il luogo comune, esportato in Gabriele Bonci della pizzeria Tre Rotelle tutto il mondo da un secolo. Ma già solo in Italia e qui a lato Renato Bosco del locale Saporé che mostra una sua creazione. esiste quella in teglia, alla romana, la scrocchiarella, alla genovese, alla pala, quella gourmet… La pizza è un impasto di farina e acqua, è la cosa tiene conto delle latitudini e si può esportare ovun- più basica e più globale che esista: può essere que: ci viene in mente Berberè che i fratelli Aloe diversa da un locale all’altro nella stessa via propongono a Bologna come a Torino, a Firenze difatti non esiste un vero e proprio disciplinare come recentemente a Milano, in zona Isola. Funziona restando sempre pizza”. Qui sta il punto: che sia alla grande, non sorprende. Di certo, ora più che gourmet, italiana, napoletana o dir si voglia è fonmai, la conoscenza e la mano del pizzaiolo sono damentale che una pizza sia digeribile, fatta con fondamentali per fare una pizza sana e buona, par- un signor pomodoro e della vera mozzarella. tendo dall’impasto. Molti sono diventati dei piccoli Minimo sindacale, ma forse più importante che chimici che devono confrontarsi con idrolisi, punto la rincorsa alle stelle Michelin =

49 Artù dicembre 2016


La ricetta di Artù

Perché ci piace la Mimosa di Giancarlo Perbellini a cura di Maurizio Bertera Giancarlo Perbellini, prima di essere grande chef, è grande pasticciere. Per storia di famiglia e passione: il suo “carrello” - pieno di ogni golosità - nel locale a Isola Rizza, due stelle nel 2002, è stato uno dei simboli della ristorazione italiana per decenni. Ora, il 52 enne veronese, sta vivendo una seconda giovinezza: con il concept Casa Perbellini, in due anni, si è portato ai vertici di tutte le guide ed è impegnato su molti fronti: a Venezia con il Dopolavoro Dining Room del JW Marriott, a Hong Kong con la Locanda, nella sua città con un piccolo impero di locali dove è ispiratore e socio quali la pizzeria Du de Cope, l’italianissima Locanda Quattro Cuochi, il ristorante di pesce Al Capitan della Cittadella e il bar à tapascicheteria Tapasotto. In questo network c’è anche una pasticceria, aperta nell’agosto 2014. Si chiama Dolce Locanda, in via Catullo Valerio 12, dove vengono sfornate quotidianamente golosità ispirate alla grande tradizione dolciaria veneta ed italiana. Punto di riferimento di Giancarlo è nonno Ernesto, a cui lo chef ha dedicato la “sua” versione del Pandoro. Ma Perbellini è anche un artista del panettone, ne prepara una versione straordinaria dove oltre ai canditi della tradizione (cedro e arancia) aggiunge rosa e bergamotto. “Perché se per natura il panettone è un dolce semplice, buonissimo e con tante sfumature – spiega - ho voluto completarlo ulteriormente per offrire un ventaglio di sapori e profumi ancora più piacevole”. Per i lettori di Artù, ha pensato a un modo goloso e non troppo complicato per godere del panettone aperto il giorno prima, come vuole tradizione. “È una ricetta del recupero, quindi antica e contemporanea al tempo stesso, visto che si utilizza tutto il panettone avanzato: la parte centrale preparata a dadi e il resto che finisce nel frullatore continua Perbellini -. La cosa fondamentale è chiudere bene il sacchetto, dopo che si è concluso il primo taglio. E poi basta usare dei buoni cachi e del buon cioccolato bianco”. Il vino ideale? “Ora e sempre Moscato, che per dolci come questo va bene tutto l’anno. Le sue sfumature richiamano proprio quelle del nostro panettone e quindi l’abbinamento regge benissimo. E già che ci siamo tanti auguri a tutti” =

Mimosa di panettone del giorno prima su crema di cioccolato bianco e cachi Ingredienti per quattro persone Per la crema di cioccolato: 80 gr di cioccolato bianco Ivoire 200 gr di latte 3 gr di colla di pesce Per la passata di cachi: 2 cachi maturi Per il panettone: 250 gr di panettone 150 ml di latte 4 gr di colla di pesce 150 gr di panna mantata 1 gr di Nescafé 1 caffè espresso 50 gr di panna montata con aggiunta di 2 gr di lamponi liofilizzati 250 gr di panettone a dadi

50 Artù dicembre 2016

Lo chef Giancarlo Perbellini e la Mimosa di panettone.

Procedimento Si parte dalla crema di cioccolato: fate bollire il latte, sciogliete la colla di pesce e versate sul cioccolato bianco, quindi mescolate con le fruste e tenete a parte il risultato. Per la passata di cachi si prendono i frutti molto maturi e si lavorano al passino, aggiungendo - se si vuole un po’ di zucchero e limone. Quanto al panettone, per prima cosa si fa bollire il latte, aggiungendovi il Nescafé, l’espresso e la colla di pesce. Poi si incorpora il panettone e si frulla il tutto. Fate raffreddare e unite la panna montata, riponendo poi il composto negli stampi (a mezza sfera) che vanno messi in congelatore. Toglieteli dal congelatore, per poi spatolarli con la panna al lampone e decorarli con i dadi di panettone. Una volta che saranno scongelati - di solito dopo un quarto d’ora - serviteli sulla crema di cioccolato bianco e la passata di cachi =




La foto di Cioffi

Vincenzo Concolino è lo chef del ristorante Il Mirtillo, a Ginevra. Grande tradizione italiana in terra elvetica: un successo senza precedenti per la famiglia Venezian, proprietaria del locale.

53 ArtĂš dicembre 2016

Š Ferdinando Cioffi


Grand Hotel Palace La grandezza di Roma 54 ArtĂš dicembre 2016


Accueil

vivere, magari utilizzando come base d’appoggio un hotel di prestigio dall’allure indiscutibile, come il magnifico Grand Hotel Palace (www.grandhotelEmozioni inedite e alta palacerome.com). L’edificio a pianta semicircolare professionalità in questa concepito dall’architetto Piacentini, e l’ingresso grandioso insieme alla hall possono forse incutere risorsa ubicata nel cuore un po’ di rispettoso timore a chi si trova a passegdella capitale, conosciuta come giare da queste parti, ma appena entrati si viene immediatamente a contatto con un mondo fatto il Palazzo degli Ambasciatori. di arte, di piaceri della vita, di cultura che è Nel cuore di Roma, con il sapore della Dolce Vita presente ad ogni passo. L’occhio attento si ma trasportata ai giorni nostri, il fascino immortale sofferma a scrutare i particolari, come quando si di Via Veneto e l’austerità delle Ambasciate, come accede al salone Cadorin, una meraviglia artistica quella americana, lo struscio del viaggiatore in- che lascia davvero senza fiato e ci riconsegna un ternazionale che cerca un po’ di glamour tra la ambiente art decò nel quale osservare senza Storia che spunta ad ogni angolo e le vie laterali sosta gli affreschi, rimasti intatti, del pittore veneto dove ancora si può trovare con un po’ di fortuna Guido Cadorin. Conosciuto da molti come il la bottega dell’artigiano. Quest’angolo della Città Palazzo degli Ambasciatori, per via delle frequenEterna mette insieme molte emozioni e scorci da tazioni di molte personalità del mondo diplomatico, il Palace è diventato sin dal giorno della sua riapertura avvenuta nel 1993, uno degli alberghi di maggior prestigio nella Capitale. Un cinque stelle capace di attrarre l’attenzione di una clientela piuttosto variegata, che va dal turista internazionale al business man o al diplomatico che in quest’area trova a portata di mano proprio gli uffici di molte di Gualtiero Spotti

Nella pagina a lato: l’elegante sala da pranzo del Ristorante Cadorin, affrescata dall’omonimo pittore veneziano e in fondo il Lounge Bar. Sopra: la facciata esterna del Grand Hotel Palace e qui accanto l’ingresso.

55 Artù dicembre 2016


Accueil

ambasciate. Senza dimenticare la qualità dei servizi offerti, che vanno dalla Spa sotterranea Kami, un piccolo centro benessere urbano, discreto e un po’ nascosto, dove rilassarsi tra idromassaggi, saune e trattamenti di ispirazione asiatica, fino alla terrazza Piero’s bistrot, esterna all’albergo e che consente di consumare un pranzo open air

non manca una buona creatività da parte del cuoco, unita “Un menù ricco di all’idea di rappresentare la tispunti internazionali, picità romana, che è poi quelle che costituisce il background ma fortemente fondamentale di Riccardo Zanancorato al territorio ni. Il cuoco infatti ha iniziato a muovere i primi passi nei ristocon molte proposte ranti di famiglia, il Maurizio & di classica impronta Natalino dal 1934, in centro città e “Al Raduno” che si trova tradizionale” invece nella cittadina di Morlupo, sempre in provincia di Rodirettamente su via Veneto. A curare l’offerta qui ma. Così in un menu dove capita di assaggiare è l’esperto quarantaquattrenne executive chef ro- piatti un po’ più audaci che vanno dallo Spaghetmano Riccardo Zanni, che però da il meglio di se tone del pastificio Lagano con alici fresche e di proprio nel ristorante interno principale, il Cadorin, conserva e topinambur in due consistenze, al dove la carta raccoglie una proposta molto più Lombetto di maiale di razza Mangalica con miele, ampia. È inevitabile che il menu qui sia di impronta zenzero e aglio nero fermentato, crumble salato internazionale, vista la clientela dell’albergo, ma di cocco e cavolo nero e dove la fantasia è

56 Artù dicembre 2016


Nella pagina a lato: il raffinato design della lussuosa camera Deluxe Executive e la vista panoramica dal terrazzo della suite. In questa pagina a destra: il Piero’s Bistrot all’aperto per vivere l’atmosfera dell’elegante Via Vittorio Veneto. Lo chef Riccardo Zanni del Ristorante Cadorin con il suo piatto Burger di Ceci e miglio con carota, cipolla e maionese di soia, e sotto un aperitivo al Grand Hotel Palace.

sempre al potere (complice anche le diverse esperienze estere dello chef), i confini sono superati di slancio perfino quando ci si trova a gustare i piatti di casa nostra. Così non mancano esplorazioni di cucina regionale, visto che qui si trovano sia il Crudo di fassona piemontese che i Ravioli di zucca mantovani, anche se poi esiste, e riscuote gran successo, la piacevole selezione di piatti romani iperclassici (dall’abbacchio ai saltimbocca, fino alla carbonara e al cacio e pepe), oltre a un paio di preparazioni “verdi” perfette per gli amanti del vegano e del gluten free. Il menu, in sostanza, vuole essere sempre ammiccante e omnicomprensivo, per non lasciare nulla al caso e per conoscere meglio la vivace mano di un cuoco curioso e passionale, che, non a caso, ha frequentato in gioventù anche le cucine di Vissani a Baschi, acquisendo bene la lezione di come si manipola la materia prima. Poi, negli anni della maturità Zanni è tornato in città facendosi notare come docente presso la scuola Coquis, l’Ateneo della Cucina Italiana, prima di approdare al Palace. Se si capita da queste parti nel giorno di Capodanno, può essere curioso approfittare del cenone previsto proprio al ristorante Cadorin, ricco di intuizioni un po’ aristocratiche e un po’ artistiche (nel menu ci sono le Capesante della Contessa Cervi, il Raviolo Gio Ponti, il Foie Gras di Margherita Sarfatti, e perfino la triglia dedicata a Gino Clerici, l’industriale milanese che nel 1925 decise di costruire l’hotel in via Veneto) e dove ci si tuffa in un ambiente retrò dal fascino immutato. Anche se poi non può certo mancare, per i festeggiamenti del nuovo anno, un assaggio del classico Cotechino con lenticchie di Castelluccio. Tra tanti alberghi che ormai offrono un ampia scelta al viaggiatore, piace l’idea di poter ancora contare su luoghi che rilasciano arte e sensazioni a chi li frequenta, che vivono di un atmosfera assolutamente familiare nonostante le frequentazioni internazionali =

57 Artù dicembre 2016



Comunicazione pubblicitaria


Lotus: Italian Culinary Art Una storia vera di passione e ricerca, di lavoro illuminato, sapienza e qualità, nel Nord-Est, tra Venezia e le Dolomiti, nel distretto dell’Inox Valley. Al centro c’è il Cliente Nella storia di Lotus, c’è sempre al centro il Cliente. Lotus ha fatto della capacità di soddisfare aspettative, sia espresse che attese, dei clienti, il vero punto di forza e di continuo sviluppo e rinnovamento. In più, una gestione familiare, attenta ai valori, ha saputo coniugare gli aspetti di passione artigianale nella cura

Una sede di 14.000 mq, di cui 8.000 coperti, una filiera produttiva evoluta, dove gli esami non finiscono mai. Lotus studia, progetta e verifica tutto al suo interno. I prodotti sono curati nei minimi dettagli e consentono affidabilità riconosciuta e di valore.

del prodotto con quelli di realizzazione industriale professionale e innovativa. Il risultato è un’azienda con un assetto industriale efficiente e organico, che ha ottenuto la certificazione ISO 9002 già nel 1996 e ISO 9001 nel 1998. Tutta la produzione ora è certificata CE, UL, AGA, GOST, RINA, SOLAS, con soddisfazione riconosciuta di grande qualità.

Flessibilità o unicità La fedeltà al miglioramento continuo ha generato in Lotus due punti di forza: la flessibilità integrata di gamma Lotus+Lotus per le linee 55/60/70/90, con modelli tutti combinabili tra loro per isole, ponti e sistemi multipli e l’unicità originale delle linee FreeBlock e HighLotus, con solo soluzioni ad hoc, che coniugano bellezza e robustezza, e sono totalmente a misura di aspettative estetiche o necessità specifiche manifestate del cliente.


Comunicazione pubblicitaria

Attrezzature professionali integrabili Dalla Serie di profondità cm 55 IperLotus che consente il massimo delle prestazioni in piccoli spazi alla 60 MagicLotus, dimensione innovativa ideale per soluzioni a isola e d’appoggio, dalla serie 70 SuperLotus, la linea di cucina professionale più articolata (tutta anche top), alla 90 IperLotus, la gamma per cucine dai grandi numeri, si possono realizzare combinazioni diverse tra le serie ottenendo nuove dimensioni di cucina e di cottura di solito inesistenti: 60+70 o 70+90. Una cucina in evoluzione o integrazione nel tempo. Questa è un’utile caratteristica di flessibilità e adeguamento a nuove esigenze senza dover cambiare tutto.

Attrezzature professionali personali FreeBlock è la cucina di spessore in tutti i sensi: interamente costruita in acciaio inox AISI 304, il piano è realizzato con lamiere di spessore 4 mm, la struttura interna con lamiere di spessore 2 mm, l’estetica e la gamma delle funzionalità sono a misura di richiesta. Si potrebbe definire: il vero monoblocco da sogno, la propria cucina personale da far ammirare. Anche HighLotus è un sistema cucina realizzato come un monoblocco, ma con diversa filosofia di lavoro in una cucina il più possibile ariosa e sospesa da terra, senza però rinunciare alle robustezza e affidabilità, ottenuta con innovativi sistemi di ancoraggio. Si potrebbe definire: il vero monoblocco leggiadro, da cucina di gruppo a vista.

Altre attrezzature professionali Lotus nasce come produttore seriale: dalla serie 50 Snack che propone soluzioni ottimali di cottura in situazioni di minimo spazio, allla serie 60 Shine Kitchen che presenta la bellezza dei complementi d’arredo totalmente in acciaio inox, alla serie 65 MagicProf che nasce per soluzioni di impianti cucina nei centri storici o in ambienti angusti, alla serie Marine specifica per alle-

stimenti navali. Lotus produce anche friggitrici professionali, sistemi di cottura sottovuoto, cappe di aspirazione e mobili neutri e offre un’assistenza progettale e tecnica per la realizzazione virtuale e poi reale di qualsiasi ambiente cucina completo. Oltre 1000 rivenditori affiancano localmente i clienti in tutto il mondo. Lotus: Italian Culinary Art. / www.lotuscookers.it


Equipment

Royale, quando la tavola si fa Arte di Elisa Facchetti

Una tela da dipingere con personalità. Così Royale interpreta la tavola, da impreziosire con collezioni uniche e di tendenza. 25 anni di attività hanno fatto grande l’azienda comasca che ancora oggi non sbaglia un colpo, presentandosi come una delle realtà più importanti nel canale ho.re.ca. a fianco dei professionisti che richiedono una mise en place di stile e ricercata, ma di qualità provata e soprattutto resistente. Angelo Fanfarillo, direttore generale, ci accompagna nel mondo Royale: “Royale è tutto quello che il ristoratore cerca. È innovazione, freschezza dei prodotti, qualità. L’azienda ha fatto passi da gigante. 10 anni fa si producevano in azienda solo ed esclusivamente articoli per la

cottura e il buffet, pezzi molto grandi e lavorati con manicale precisione, articoli difficilmente riproducibili da altri. Poi i tempi sono cambiati e abbiamo sentito la necessità di entrare in nuove

62 Artù dicembre 2016

aree tematiche, come la tavola e l’apparecchiatura, molto più esigente ma sicuramente anche con altre soddisfazioni”. Un successo che oggi viene premiato con la presenza del brand in oltre 35 mercati mondiali tra cui Stati Uniti, Giappone, Australia, Emirati Arabi, Russia, Germania, Spagna, Olanda, Belgio, Francia, Romania, Slovenia. Accanto quindi al prodotto più classico da cottura e da esposizione, si è sviluppata una linea di piatti dedicati alla tavola che ha confermato la giusta direzione intrapresa da Royale. Ascoltare i bisogni dei professionisti del settore come chef e imprenditori del mondo dell’hotellerie, è stata senza alcun dubbio la chiave per aprire un spazio scenico tutto dedicato alla tavola che ha proiettato l’azienda di Lomazzo sul mercato mondiale, riconosciuta per quei valori che oggi identificano i piatti Royale con le parole qualità, resistenza, stile. Le stesse caratteristiche che si trovano anche nei piatti firmati Dudson e Bonna, i brand distribuiti da Royale. Ma cosa riserva il 2017? “Abbiamo sentito la necessità di continuare il successo del progetto SuMisura e per fare ciò ci siamo spinti oltre, cercando materiali alternativi e forme mai viste spiega Angelo Fanfarillo -. Alla fiera di Hostelco, a Barcellona, abbiamo presentato in anteprima agli chef spagnoli un ‘assaggio’ della collezione Diva, con risultati sorprendenti!”. Tutti i dettagli sono però rimandati a gennaio 2017 =



Gusto e mercati

Quale vino desidera? E il cervello ordina che uno dei due vini aveva un costo di 5$ e l’altro di 45$. In realtà, il vino era lo stesso. Il dato interessante è che il vino presentato a un prezzo dichiarato di 45$ venne percepito più buono rispetto allo stesso vino proposto al prezzo di 5$. La cosa non ci stupisce. Si tratta di un’euristica, ovvero di una semplificazione: “più costa, più deve essere buono”. In realtà l’aspetto più innovativo della ricerca sta nell’avere misurato con la Risonanza Magnetica (fRMI) cosa accade nel cervello di una persona sapendo di assaggiare un vino da 5$ o un vino da 45$. Benché la stimolazione sensoriale fosse la stessa, l’attivazione cerebrale durante la fase di assaggio ha messo in evidenza una diversa reazione dell’area del cervello deputata alla gradevolezza e al piacere sensoriale.

La via bassa talamica (A) legata alle emozioni si attiva prima della via alta corticale (B), legata alla razionalità.

La Corteccia OrbitoFrontale e la Corteccia Prefrontale Ventromediale Nel primo caso, quando i consumatori erano convinti di assaggiare un vino poco costoso, si è registrata una mediocre attivazione di queste aree strettamente legate al piacere sensoriale. Sapendo di assaggiare un vino più costoso, l’attivazione delle due aree fu nettamente più alta. La comunicazione del prezzo e l’emozione a essa correlata hanno creato delle aspet-

di Vincenzo Russo*

Condizionamenti, percezioni, impressioni: come le emozioni concorrono alla scelta di un’etichetta. “Il gusto di una molecola o di una miscela di più molecole si costruisce nel cervello di un assaggiatore” scrivevano Morrot, Brochet e Dubourdieu nel 2001. In effetti, le aspettative create dalla comunicazione e le emozioni da esse provocate possono modificare la percezione del gusto di un prodotto. Ovviamente, un vino non buono non potrà mai cambiare la sua essenza in maniera profonda, ma certamente l’emozione provocata dal contesto ambientale e sociale in cui il vino si assaggia, la comunicazione con cui viene presentato, la sua etichetta, il prezzo e così via, possono contribuire a modificare il vissuto dei consumatori. A tal proposito esistono numerose ricerche. Quella che mi sembra più significativa in ambito neuroscientifico è stata svolta da un gruppo di neuroscienziati guidati da Plassmann, i quali fecero valutare la gradevolezza di due bicchieri di vino a un gruppo di consumatori, chiedendo di indicarne la preferenza e la qualità percepita. Ai consumatori fu comunicato

64 Artù dicembre 2016

* Vincenzo Russo è professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano


L’effetto del prezzo sull’attivazione della Corteccia OrbitoFrontale deputata alla gradevolezza dei sapori. L’attivazione cambia in base all’aspettative. In verde l’attivazione determinata dalle aspettativa di gusto di vini percepiti più cari Plassmann et al. (2008).

“Spesso la percezione del valore supera la gradevolezza gustativa che un vino può suscitare nel consumatore”

tative in grado di fare percepire in maniera del tutto diversa lo stesso stimolo gustativo. Probabilmente hanno veramente percepito diverso quel vino. La percezione è sempre un “processo di ricostruzione” di ciò che i sensi ci trasmettono. Non ci stupisce pertanto se una buona comunicazione possa contribuire a fare percepire le cose diversamente, soprattutto se riesce ad attivare emotivamente. Secondo LeDoux (2014), un noto neuroscienziato esperto nello

studio delle emozioni, la prima reazione a qualsiasi stimolazione si registra in quella parte del cervello espressamente dedicata alle emozioni, ovvero il Sistema Limbico attraverso quella che LeDoux chiama la via bassa talamica. Solo successivamente viene attivata la parte più razionale, ovvero la più nobile corteccia cerebrale (la via alta corticale). Secondo queste teorie, corroborate dalla nostra esperienza sul campo, l’emozione è la prima e la più veloce reazione alle stimolazioni, in grado di guidare anche la razionalizzazione e il modo di vedere il mondo. La ragione giustifica poi a posteriori ciò che abbiamo sentito emotivamente. Ecco perché possiamo affermare che siamo dei razionalizzatori, piuttosto che decisori razionali. Siamo macchine emotive che pensano, e non il contrario. Ciò che percepiamo non è l’esito di una precisa valutazione razionale e oggettiva della realtà, ma il risultato di un complesso processo in cui l’emozione e le aspettative giocano un ruolo determinante. Da qui l’esigenza del marketing di misurare efficacemente, e direttamente, l’emozione provocata dalle etichette di un vino, dal suo packaging, dal posizionamento in uno scaffale, dal sito con cui si promuove un vino. Attraverso il neuromarketing è, infatti, possibile rilevare direttamente l’attivazione della parte del cervello correlata alle emozioni prima che avvenga la razionalizzazione. Con un elettroencefalogramma e con l’analisi delle espressioni facciali si può valutare la valenza positiva o negativa dell’emozione. Con l’analisi del battito cardiaco, della conduttanza cutanea (sudorazione), della dilatazione pupillare, si può valutarne l’intensità dell’emozione indipendentemente da ciò che ci dichiarano i consumatori =

65 Artù dicembre 2016


Brand news Olio ligure Segno positivo

Nuovi menù di Andrea Asoli

Sala, Mirabelle Premiato

Annata record, quella appena conclusa, per la commercializzazione di olio extra vergine di oliva a denominazione di origine protetta RIVIERA LIGURE.Nella campagna 2015/2016 sono stati infatti certificati 6765,73. quintali di olio DOP Riviera Ligure nelle tre menzioni geografiche: Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese e Riviera di Levante. E' il record da quando l’olio DOP Riviera Ligure è in commercio ovvero dall’annata 1999/2000. ________________________

A Château Monfort, boutique hotel milanese del gruppo Planetaria Hotels, aderente a Relais&Châteaux, speciali appuntamenti gourmet per Natale e Capodanno.Nell’incantevole atmosfera neoromantica del Rubacuori by Venissa di Château Monfort durante le festività si potranno assaporare speciali menu con tantissime proposte firmate dall’Executive Chef Andrea Asoli. ________________________

Il Ristorante Mirabelle dell'Hotel Splendide Royal di Roma ha conseguito il Premio "Miglior servizio di sala" per l'edizione 2017 de La Guida ai Sapori e ai Piaceri di Roma e del Lazio realizzata da La Repubblica. Un anno decisamente positivo per il ristorante. Il ristorante dell'hotel della Roberto Naldi Collection per la seconda volta si riconferma migliore nel servizio, aggiungendo alla lista dei riconoscimenti quello del Gambero Rosso, che gli ha recentemente assegnato il premio come "Miglior servizio di sala in albergo". ________________________

Menù al Calvisius con i vini di Vezzola La Tenda Rossa, ristorante gourmet della famiglia Salcuni, a San Casciano Val di Pesa (Fi) ha organizzato per il 16 dicembre una “verticale in purezza di 3 tipi di caviale”, abbinando i piatti ai vini di Costaripa, l’azienda vinicola di Moniga del Garda (Bs), guidata dall’enologo Mattia Vezzola. Un connubio vincente, che ha visto accostamenti inediti fra grandi piatti e vini di spiccato carattere. ________________________

Cena a quattro mani “Cucina & Kitchen”, si è svolto presso il ristorante Antica Osteria La Rampina di San Giuliano Milanese il 2 dicembre 2016. Una cena a quattro mani, perfettamente riuscita, tra Luca Gagliardi, giovane chef dello storico ristorante di San Giuliano Milanese, e Giuseppe Tentori, executive chef e partner di Boka Restaurant e GT Fish & Oyster di Chicago.

Danilo Angè Atmosfera Zero Il noto e affermato chef milanese Danilo Angè (www.daniloange.it) ha presentato il suo recente lavoro editoriale, dedicato a una tecnica di cottura di particolare carattere innovativo, diventata (nel bene e nel male) una sorta di must per le giovani generazioni di cuochi. Nel corso di un evento all’Istituto Carlo Porta, a Milano, lo chef ha presentato alla stampa decine di ricette a bassa temperatura, che offrono spunti di grande interesse per chi prediliga equilibrio nel piatto ed estrema leggerezza e digeribilità. ________________________

Laudemio da Felix Lo Basso

Asiago, Speck e Pecorino Asiago DOP, Speck Alto Adige IGP e Pecorino Romano DOP: tre consorzi e tre territori insieme saranno uno dei soli 10 progetti italiani co-finanziati alla UE nell’ambito della nuova politica di valorizzazione dei prodotti agricoli comunitari. Il progetto si sviluppa in Usa e Canada nel triennio 2017-2019 per un valore co-finanziato di 2,5 milioni di euro e sarò dedicato alla promozione e diffusione della conoscenza dei tre prodotti. Grande soddisfazione per questo da parte dei tre presidenti dei consorzi.

Alajmo apre a Venezia Presentata a Milano la recente produzione oleicola 2016 di Laudemio, il marchio di punta della famiglia Frescobaldi per quanto riguarda l’olio extravergine di oliva. Gli abbinamenti olio-cibo si sono rivelati perfetti grazie all’eccellente menù predisposto dallo chef stellato Felix lo Basso, executive al Duomo 21, che ha confezionato un pranzo memorabile, in cui il Laudemio ha fatto da coprotagonista. Nella foto, il Baccalà di lo Basso.

La famiglia Alajmo, già proprietaria dei ristoranti Le Calandre, La Montecchia a Padova, del Caffè Stern a Parigi e del Grancaffè & Ristorante Quadri in Piazza San Marco, in collaborazione con il famoso interior designer Philippe Starck, annuncia l’apertura di AMO. L’elegante ristorante veneziano situato nell’atrio del rinnovato T Fondaco dei Tedeschi, il primo centro commerciale di lusso a Venezia.

66 Artù dicembre 2016

Peruviano su Michelin

Il ristorante milanese Pacifico è presente nella guida Michelin Italia 2017, unico ristorante peruviano.Nel breve arco di quasi due anni, Pacifico si è affermato sia per l’ottima cucina dello chef Jaime Pesaque che per la piacevolezza di ambiente e arredo. Il ristorante di Brera si è già conquistato un pubblico di fedelissimi ed è ora considerato da guide ed esperti gastronomici per la sua qualità ed originalità.

Matilde Milano Il thé “retro” Grande festa inaugurale a Milano il 15 dicembre per i golosi in via Fiamma 36, con degustazione gratuita per tutti di infusi firmati ArteDelRicevere, biscotti artigianali, panettone di Serrapetrona, bollicine e note live di violino e arpa. Matilde Milano è una caffetteria dove sostare e rilassarsi, sorseggiare e infusi the griffati, farsi tentare da tanti prodotti di pasticceria artigianale e dolci selezionati tra le eccellenze di mezza Italia, pronta a conquistare i passanti in zona Risorgimento. ________________________

Biscotti Novarini a fine pasto Si è tenuta giovedì 1 dicembre 2016, presso il market del Biscottificio Rossi di Romagnano Sesia (No), la presentazione dei Biscotti Novarini al Riso Buono Artemide, una nuova ed esclusiva versione del tradizionale biscotto di Novara. L’assoluta artigianalità produttiva di questi biscotti ne fa un atout intelligente, anche per il servizio di piccola pasticceria a fine pasto.



Libri

La storia di Spontini e gli chef di Dom Pérignon

Titolo: Spontini - Il trancio di piazza milanese fra sapori, incontri e ricordi Autore: Roberta Schiera Editore: Rizzoli Pagine: 158 Prezzo: Non solo piazza Non è un libro sulla piazza: è la storia di Spontini, della famiglia di Massimo Innocenti, ed è anche un po’ la storia di Milano. Non sono riportati numeri, fatturati, motivazioni circa il successo del brand Spontini, ma si tratta di una chiacchierata tra Massimo Innocenti e l’autrice Roberta Schiera, che tocca numerosissimi punti, tra cui l’importanza dei “toscani” a Milano, una definizione dello sfincione di Palermo – il panepizza con pomodoro, cipolla, acciughe origano e formaggio siciliano – e della sua importanza nella storia della nota catena meneghina. Quello che spiazza, è la dichiarazione shock di Innocenti, che nel libro esordisce: “E pensare che la prima settimana che ho passato in pizzeria odiavo questo lavoro, lo odiavo con tutto me stesso”.

Titolo: Dom Pérignon P2 Autore: Chef Dépositaires Editore: Progetto editoriale di Adele Bndera Pagine: 64 Prezzo: Tributo a Dom Pérignon Un libro nato per celebrare il 15esimo anniversario del circuito “Dom Pérignon Dépositaires” in Italia, grazie alla partecipazione amichevole degli chef Dépositaires. Venti chef propongono una ricetta con Dom Pérignon protagonista e ne spiegano il ruolo. Per esempio Maurilio Garola propone il risotto mantecato allo champagne, ostriche, caviale e profumo di limone, facendo notare come l’abbinamento con Dom Pérignon P2 richiami la sapidità del caviale. Matteo Baronetto presenta dei “semplici” spaghetti burro e parmigiano, e spiega come un piatto dalla rara semplicità organolettica si associ alla cremosa mineralità di un calice di Dom Pérignon P2. Carlo Cracco suggerisce invece gamberi viola di Santa Margherita, vino cotto e mandorle, un connubio che si abbina perfettamente a Dom Pérignon P2.

Titolo: Babbo Chef - Grande cucina per piccole donne e piccoli uomini Autore: a cura di Maria Vittoria Zambini Editore: FreeMedia - Jouvence Pagine: 216 Prezzo: 16,00 € Baby gourmet crescono Partendo dal presupposto che il gusto si forma nei primi due anni di vita, dieci tra i più famosi chef italiani, tutti papà, rilevano la loro idea di infanzia golosa. Il libro è dunque una raccolta di oltre cento ricette a misura di baby gourmet, una fonte di suggerimenti, indicazioni pratiche e fantasie culinarie per andare in aiuto di mamme e papà che devono soddisfare i gusti dei loro piccoli, assecondando il famoso detto: “Buon appetito, piatto pulito! Ma poiché la formazione del rapporto con il cibo è un momento fondamentale nella vita di un individuo, Le prefazioni sono affidate al dietologo Giorgio Calabrese e alla psichiatra e psicoterapeuta Federica Mormando, esperta di bambini.

68 Artù dicembre 2016

Titolo: I sughi e le salse nella cucina della tradizione regionale Autore: Accademia italiana della cucina Editore: Bolis Edizioni Pagine: 248 Prezzo: 24,00 € Sughi e salse protagonisti Suddiviso per singole regioni, il libro riporta le ricette di salse e i sughi tipici delle diverse aree geografiche, ricordando anche i prodotti Dop del territorio. Obiettivo del saggio è infatti di riscoprire tradizioni e ricette, contribuendo in questo modo alla salvaguardia dei prodotti locali e delle cucine regionali. Alla base dei condimenti – a seconda della regione – il grasso, che può essere olio o burro a seconda della tradizione. Un posto di rilievo spetta anche a erbe, aromi e spezie, a seconda di quello che la campagna produce o la storia gastronomica suggerisce. Inoltre restano saldi alcuni ingredienti che costituiscono la forza di molte preparazioni: aglio e cipolla, declinati nelle diverse varietà autoctone.



Alberto’s choice

Quelle trattorie… sottovalutate DUE DONNE ALLA GUIDA DEL BORGO

pancettati su filangé di finocchi all’arancia. I primi non deludono, in virtù di succulenza abbinata a leggerezza delle preparazioni, nonostante la preTrattoria Borgo senza di ingredienti che potrebbero essere, a Via Villa, 18 prima vista, considerati “pesanti”. Il Risotto al 25040 Monticelli Brusati (Bs) Franciacorta e Bagoss, mantecato con intelligenza Tel 030 6852585 e senza eccesso di cremosità grassa, è molto www.trattoriaborgo.it buono (merito anche del Franciacorta), il Risotto con fegatini di pollo e brandy alla formaggella di malga è intrigante, i Casoncelli di magro al burro versato ed erba salvia sono un must, le Caramelle Silvia ed Elisa, bresciane doc, si dividono la guida al pestom (pasta di salame, ricorda la Buroeula di questa trattoria dall’ambiente gradevole e dalla di Marco d’Oggiono) e grana padano con guazzetto cucina semplice ma accattivante. Silvia, la chef, di funghi porcini (in stagione, ovviamente, altrimenti presidia i fornelli, Elisa domina la sala, dove con funghi coltivati) sono interessanti. E ancora, un’altra giovane cameriera non delude le aspet- Paccheri ripieni con bufala e mentuccia su zuppetta tative grazie al suo approccio gentile e professionale. di carciofi freschi, Sedanini caserecci al ragù di E in fondo cos’è, la ristorazione di qualità, se non cervo, Gnocchetti di semola con quartirolo e questa? Certo, qui siamo lontani dai vertici culinari crema di tartufo (suggerirei di evitare le “creme rappresentati da molti chef assurti (e ben a ragio- di tartufo”, seppur artigianali, a causa di difficile ne!) ad icone dell’alta cucina italiana. Qui, in carta, non troviamo “arie”, terrine o creme varie e Borgo neppure piccione disossato o astice in casseruola ma una solida parata di piatti di qualità che rimandano al territorio e, in alcuni casi, ne escono rivolgendosi ad altre storie, ad altre tradizioni. Il tutto proposto a valori di prezzo che evidenziano margini di profitto ridottissimi (perché è la quantità dei clienti affezionati a fare la differenza, e non un prezzo troppo elevato rispetto alle aspettative e al tipo di clientela). Ricapitolando, il Borgo propone un menù di mezzogiorno a prezzo “politico”, con scelta fra un piccolo menù da cui selezionare i piatti del giorno, per poi arrivare –per cena- a una proposta di menù più articolato e complesso, con primi piatti di equilibrio e succulenza e, nei secondi, una ricca sequenza di piatti a base di carne. Notevole la proposta degli antipasti, fra cui vanno ricordati: le Lumache panate con insalata di spinacini e cipolla rossa, l’Uovo in camicia su vellutata di fontina, tartufo nero e pane tostato, il Millefoglie di melanzane e mozzarella di bufala con sfogliata al burro e fiori di cappero, il Tortino di zucca con crema di Gorgonzola naturale (Croce?) e mostarda di pere, i Gamberi

70 Artù dicembre 2016

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Due corone = Linea di cucina corretta

Una corona = Cucina dignitosa e affidabile

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza

Due cervelli = Ragionevole

Un cervello = Abbastanza ragionevole

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

digeribilità legata ad aromatizzazioni discutibili: meglio il tartufo vero, nella sua sostanza e riconoscibilità), Spaghetti caserecci con vongole veraci, scorza di limone e bottarga di tonno. I primi vengono venduti fra i 10 e i 12 euro. Fra i secondi, segnaliamo volentieri: il Guanciale di vitello arrostito con scalogni, confit e polenta di Castegnato (evvai! Una volta tanto non è di Storo! E non è



A Artù numero 79 dicembre 2016

Alberto’s choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Emanuela Stìfano - emanuela.stifano@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it _______________________________________________________________

Hanno collaborato Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Aldo Nenzi, Viviana Persani, Muriel Picard, Gio Pirovano, Mauro Remondino, Vincenzo Russo, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Elisa Tricarico, Claudio Zeni, Stefania Zolotti. Iniziative speciali: Cristina Fagioli - cristina.fagioli@edifis.it Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________

Giuseppe Novelli

cotto a “bassa temperatura”!), i Bocconcini di capriolo stufati alla birra artigianale rossa con polenta, sempre di Castegnato, le Costolette di cervo alla riduzione di mosto e cannella, con patate “sabbiate al lauro”, il Nodino di vitello al Brut Emozione, con spadellata di carciofi e pinoli tostati, i Filetti di pesce persico del lago d’Iseo fritti alle mandorle su letto di verdure in saor. Caratteristica del locale guidato da Silvia ed Elisa è la proposta “Tutto griglia”, ovvero varie tipologie di carne cotte alla griglia e servite su pietra ollare: buona idea, soprattutto in questo momento che vede in grande sviluppo la domanda di carne di qualità nella ristorazione. Angus, Chianina, Cavallo, Scottona bavarese, Maiale iberico, Agnello, ma anche Canguro e Struzzo, vengono proposti in menù in porzioni da 200 grammi e ad un prezzo compreso fra i 16 e i 19 euro. Con un contorno di verdure (molto buona l’idea del vegetable’s buffet), la spesa è davvero ragionevole. I dolci vengono tutti preparati in cucina, nessuno escluso, a conferma di un lavoro di incessante presenza da parte della piccola brigata guidata da Silvia, che suggerisce: Crepes con crema Chantilly all’alloro e gelato ai marroni, Millefoglie al cacao con mele cotogne all’anice e zabaione freddo, Cupola di cioccolato fondente e mousse alla noce con verdure caramellate, Tortino tiepido al pistacchio con gelato all’olio extravergine di oliva del Garda, Strudel di pere con gelato alla cannella e salsa calda di cioccolato, Meringata casereccia con coulis di lampone e tegoline all’arancia, Semifreddo alle nocciole con croccante al sesamo e salsa al caffè. Insomma, una bella sequenza, avvalorata dal fatto che Silvia ha una esperienza di pastry chef che garantisce la qualità delle preparazioni. I dolci sono in carta a 8 euro. La carta dei vini è riservata esclusivamente a etichette di Villa Franciacorta: la trattoria, inserita nel contesto ambientale in cui si trova la cantina della famiglia Bianchi, si avvale dell’alta qualità delle bollicine prodotte dall’azienda vinicola stessa, secondo una logica di “winery restaurant” molto diffusa in California e in altre aree vinicole, pur nella assoluta autonomia gestionale e operativa.

MILANO, NOSTALGIA DEL PASSATO Trattoria Novelli Via Padova, 344 20132 Milano Tel 02 27207769 Chiuso il lunedì

Progetto grafico e impaginazione Claudio Rossi Oldrati _______________________________________________________________

Foto Ferdinando Cioffi (Vincenzo Concolino - ristorante Il Mirtillo), Donatello Lorenzo (Riso Buono), Vincenzo Lonati (Davide Scabin), Ernst Müller (Merano WineFestival), Paolo Picciotto (Renato Bosco - Saporè). _______________________________________________________________ Pubblicità dircom@edifis.it _______________________________________________________________ Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it _______________________________________________________________ Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) _______________________________________________________________

Lo so: molti critici paludati, più ispirati al Botturapensiero che alla ricerca/riscoperta di pezzi di storia, biasimeranno questa mia scelta. Ma sono altrettanto certo che la carica emotiva che ti prende quando varchi la soglia della Trattoria Novelli, ultima casa a destra in fondo a via Padova, a Milano, non ha uguali. Chi cerca modernità e cambiamento non venga qui, perché qui nulla cambia da almeno sessant’anni. La vecchia boiserie alle pareti, Giuseppe (73 anni) al banco bar anni Trenta, la sorella Carla in cucina: niente forno trivalente, sonde, convezione… Sane padelle in alluminio, tanta dedizione e una passione smisurata per la semplicità, che qui non è mai diventata uno strumento di marketing. Veniteci per respirare aria di passato, se vi va, e scegliere dal menù (al quale bisognerebbe togliere la plastificazione, che appartiene all’ era moderna): Nervetti con le cipolle, la mitica Mortadella di fegato calda, Affettati misti (pancetta e coppa niente male)… Fra i primi, il Minestrone e la Trippa, la Cassoeula (su ordinazione), il Risotto alla milanese, con o senza ossobuco (lo zafferano, in questo caso, non è in pistilli), il Riso al salto (croccante il giusto), ma anche gli Gnocchi di patate burro e salvia, fatti a mano dalla Carla. Fra i secondi: il Merluzzo fritto, il Merluzzo in umido (che è sempre fritto e poi saltato in padella con il classico soffritto delle case milanesi di un tempo: profumi dimenticati), la Cotoletta (senza la esse), i Mondeghili (e non i mondeghini, come dicono erroneamente in tanti), il Cotechino. Insomma, la Trattoria Novelli è il primo capitolo del primo tomo della ponderosa antologia della ristorazione. E, proprio per questo, merita citazione. E rispetto.

72 Artù dicembre 2016

Prezzo per una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00 _______________________________________________________________ Abbonamento Italia: € 40,00 - Europa: € 80,00 - Resto del mondo: € 100,00 abbonamenti@edifis.it _______________________________________________________________ Amministrazione amministrazione@edifis.it _______________________________________________________________ Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090 _______________________________________________________________

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