Artù 85 ottobre 2017

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Cover Story Krug, dal bosco alla forchetta L’intervista Heinz Beck: “Lo chef è un manager” Talenti Claudio Sadler, piatti “leggibili” Oriente Dal Giappone nuove proposte

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Carol Sachs

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

La ristorazione ragionevole




Editoriale

La Ragionevolezza ha stravinto

Il nostro evento che si è appena chiuso (e sul quale torneremo presto con ampio e dettagliato report, perché nulla vada sprecato) è stato un grande successo, andato ben oltre ogni più rosea aspettativa. In realtà dovremmo spingerci a definire travolgente il risultato ottenuto, per qualità e quantità di relatori, di pubblico e di temi trattati nonché di stimoli recepiti, ma la modestia che contraddistingue chi scrive, insieme alla distanza da logiche autocelebrative, ci porta semmai a fare alcune riflessioni di ordine culturale. “Avete portato le divinità sulla terra!”, ci ha simpaticamente detto qualcuno, al-

ludendo alla quantità di chef stellati, sommelier, personaggi di sala di altissimo profilo, che hanno espresso in modo originale, articolato e approfondito i propri punti di vista sui temi più caldi della ristorazione contemporanea. Grazie all’apertura mentale, alla disponibilità, alla semplicità con cui grandi professionisti si sono rivelati al grande pubblico, abbiamo finalmente registrato la supremazia della Ragionevolezza su altri valori. A differenza di quanto accade in altri eventi, che vedono prevalere protagonismi e visibilitá forzata, il nostro Follow Artù ha puntato diritto sui contenuti e sulla

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trasparenza, sul talento e sulla passione, rendendo i professionisti della ristorazione e le loro problematiche professionali i veri attori. Insieme a un nutrito gruppo di aziende di prim’ordine che hanno creduto al nostro messaggio, partecipando attivamente con propri uomini e donne. con postazioni e prodotti ad hoc, Follow Artù ha dunque rivelato la sua modernità necessaria. Al punto che stiamo già studiando la fattibilità della prossima edizione. Concretezza, zero fronzoli, questioni reali: le materie prime, cosa vuole il cliente, tradizione e creatività, lusso e semplicità, definizioni dei piatti in menù, vino, caffé, olio e acqua minerale, il fresco e il surgelato, i nuovi format, il caso Mlano, tecniche di cottura, il valore della sala, la formazione professionale, le frontiere del futuro... e molto altro ancora. Grazie all’apporto appassionato di grandi professionisti, in due giorni abbiamo messo sul tappeto problemi reali, trasformandoli in soluzioni, confortati dalle tante testimonianze di vita, lavoro, destini, storie, racconti, decisioni che hanno lasciato il segno. Ciliegina sulla torta, il grande Gala dinner del Principe di Savoia, che ha visto premiati chef, cuochi e patron di ristoranti e trattorie Ragionevoli, con la partecipazione di celebrity chef e di grandi personaggi, come Aimo e Nadia, Antonio Santini, Alfonso Iaccarino, Annie Feolde Pinchiorri, Paolo Teverini, Claudio Pasquarelli, Massimo Spigaroli, Ettore Bocchia, Vittorio Fusari, Enrico Derflingher, Luigi Taglienti e tanti altri che sono la storia della ristorazione contemporanea. E che, durante una serata per certi versi mirabolante, hanno voluto stringere la mano ed abbracciare tutti i premiati, in uno spirito di condivisione profonda. E ragionevole, inutile dirlo. Appuntamento al prossimo Artù, con la cronaca reale di un evento straordinario.• Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it



A In copertina: La Maison Krug continua sulla strada della valorizzazione di ingredienti semplici, realizzati con tecnica e passione da 18 grandi Chef delle Krug Ambassade di tre continenti. Questa volta, dopo la patata e l’uovo, tocca al fungo di essere protagonista di ineffabili creazioni gourmet, proposte in abbinamento esclusivo a Krug Grande Cuvèe.

6 News L’intervista 18 Heinz Beck. La correttezza del creativo L’opinione 22 L’uovo. Riflessioni gastroestetiche sulla materia prima più semplice Protagonisti food 26 Andrea Ribaldone voglia di crescere 30 Quando lo chef recita a soggetto 32 Claudio Sadler. Un grande maestro Cover story 36 Krug x Mushroom. Esperienza magica Protagonisti food 42 Nadia Vincenzi. Pasionaria del pesce Case History 44 Enrico Buonocore, imprenditore di razza Focus food 48 “WA TASTE”, il Giappone a Milano 54 Naturalmente sud. Un giacimento da valorizzare Accueil 60 Hotel Splendide Royal, allure parigina Protagonisti food 64 Roberto Petza. Evviva il territorio Focus food 68 La pasta incontra la frutta Focus olio 70 Imperia, l’olivo in mostra Equipment 72 Pentole Agnelli, nate per gli chef 74 Arte in tavola 75 Fatto a Mano, colore in primo piano Focus wine 76 Sparkling menù. Vince Lara Pasquarelli 80 Michele Satta si è fermato a Bolgheri Focus beverage 82 Valverde, bottiglia special edition 84 Roner, monovitigni dai riflessi caldi 86 Espresso System Milani, il caffè per l’horeca Libri 88 Le ricette di Niko Romito, una villa da sogno, curiosità e leggende intorno al cibo La ricetta di Artù 90 Se il filetto è memorabile Gusto e mercati 92 Etichette: maschi più selettivi? 94 Pillole La foto 96 Andrea Luri e Enrico Derflingher Alberto’s Choice 98 Mauro Elli, talento e passione

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€ 5,00

La ristorazione ragionevole

Carol Dachs

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In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

Sommario

Cover Story Krug, dal bosco alla forchetta L’intervista Heinz Beck: “Lo chef è un manager” Talenti Claudio Sadler, piatti “leggibili” Oriente Dal Giappone nuove proposte

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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

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TERRAMARE collection, design by Chiaramonte-Marin

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Berton firma il menù del Club Med Cefalù Non è la solita cucina quella che nascerà nel nuovissimo Resort Club Med Cefalù, il primo 5 Tridenti in Europa che andrà ad arricchire l’offerta luxury della Exclusive Collection Club Med. Tutto merito di Andrea Berton, che con Club Med ha siglato un’esclusiva collaborazione per la creazione della Carta del Ristorante Palazzo Gourmet Lounge. Ogni piatto sarà definito e studiato per regalare una vacanza food ai più alti standard di esclusività e gusto. In particolare, la Carta All Inclusive - proposta per la stagione estiva 2018 ed invernale 2019 – prevederà due Menu, “Menu Estate” e “Menu inverno”, composti da 2 entrée, 2 piatti principali e 2 dessert. Per i clienti più edonisti sarà inoltre possibile provare il “Menu Prestige”, una carta snella da degustare comodamente in riva al mare al Ristorante Cala Luna.

Cittamani, cucina indiana contemporanea a Milano Cittamani, un nome che evoca la figura femminile del Buddha, è un luogo in cui l’India moderna incontra l’Italia attuale e, lungo il percorso, raccoglie profumi e suggestioni internazionali. Ristorante elegante, colto e di design ma con un cuore smart casual, Cittamani è una creatura della celebrity chef Ritu Dalmia il luogo in cui convergono tutte le sue esperienze condotte nel corso degli anni con il lavoro in tutto il Mondo. Lo staff dell’architetto Paolo Cossu ha creato un ambiente raffinato, dove le scelte delle materie, luci e tonalità fanno sentire il cliente accolto. Grazie alla forte carica innovativa di Ritu, alla sua capacità di comprendere i linguaggi internazionali della

Lo chef Ritu Dalmia

Andrea Lo chef Berton Ritu Dalmia

cucina e farli propri, l’anima di Cittamani si fonda su una solida base indiana, sulla quale si innestano con armonia e originalità influenze internazionali e italiane. Un grande amore per l’Italia, una conoscenza approfondita e decennale delle specialità gastronomiche del nostro territorio e la voglia di offrire agli italiani un punto di vista diverso sulla millenaria tradizione culinaria indiana sono gli elementi che l’hanno guidato verso Milano. Il progetto ha trovato un valido sostegno nella società sudafricana Leeu Collection e in Mr. Analjit Singh, suo fondatore, imprenditore di successo di origine indiana che ha da subito creduto nell’intuito di Ritu Dalmia. Insieme hanno dato forma a un’idea di ristorazione adatta a una città che cambia, sempre in movimento e capace di sposare il bello con la praticità. Cittamani infatti sorge, non a caso, nel cuore Brera, quartiere vivo e molto ricettivo la cui atmosfera è perfetta per accogliere un ristorante dallo stile amichevole ma sempre elegante, che sarà aperto sette giorni su sette, da mezzogiorno a mezzanotte continuativamente, per offrire ai clienti un luogo in cui mangiare, bere, lavorare, trovare rifugio, condividere.

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Disegnate per essere riempite di gusto!

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Lunasia Roof, il ristorante in albergo

i costumi degli animali”; o il tussilago, simile al tarassaco, da usare in pasticceria e in gelateria perché conferisce dolcezza; o l’Ombelico di Venere, pianta grassa che si apprezza per consistenza e bassa acidità. “Una grammatica più articolata per strutturare i piatti. “A chi siede alla mia tavola regalo una virgola di sapere”, ecco la filosofia che ispira la carta del Lunasia proposta in sala da Claudia Parigi, ormai storica maitre del Lunasia, e da uno staff giovane e sorridente per un servizio in linea con la proposta che guarda più alla piacevolezza che agli orpelli formali. Nelle mani di Luca Landi l’idea di cucina è ancora tracciata sulla filosofia dello chef nato a Bagni di Lucca e viareggino di adozione: le memorie sempre vive della Garfagnana e

L’esperienza al Green Park Resort di Tirrenia, con il “macaron” Michelin conquistato da Luca Landi, splende adesso nel più suggestivo Roof dell’hotel Plaza e de Russie di Viareggio, la terrazza che domina l’intero corso della celebre ‘Passeggiata a Mare’ e un ampio tratto di costa. “Lunasia è un ristorante ‘in albergo’ e non un ristorante ‘di albergo’, grazie anche ad alcuni dettagli che offrono agli ospiti la sensazione di sentirsi a casa, come lo spazio in cui poter attendere tranquillamente prima di essere accompagnati al tavolo - esordisce Salvatore Madonna, CEO del Gruppo Soft Living Places a cui l’albergo fa capo - e poi nuovi colori per far entrare in sala gli elementi del mondo circostante: il cielo, il mare, la pineta in toni di grigio e di azzurro, di bianco e di verde con un altro salotto sulla terrazza esterna, prolungamento della sala arredata per esaltare l’accoglienza”. E sul terrazzo anche il “giardino delle erbe” dello chef Luca Landi, con quaranta varietà di erbe spontanee, che troveremo poi in alcuni suoi piatti. Queste colture nascono dalla sua amicizia con Marco Pardini, naturopata e omeopata viareggino, profondo conoscitore della natura nella terra lucchese, con il quale ha trascorso intensi periodi a “caccia” di piante autoctone sui pendii delle Alpi Apuane. Un’antica passione che del resto non ha mai nascosto, perché “contadino sono nato”, ama ripetere con una punta di orgoglio lo chef. Una decisa svolta “country local” dunque, che per Luca Landi è diventata attitudine quotidiana. Fino alla creazione di questo piccolo orto-giardino. I minuscoli appezzamenti

del Tirreno dove ha visto pescare, ha pescato, ha imparato a scegliere il pesce. Passione poi sviluppata in passaggi importanti, dal maestro Angelo Paracucchi attraverso il contatto con Robuchon, i fratelli Roca, Abellan e infine Mauro Colagreco al Mirazur di Mentone, e di nuovo la scelta di ingredienti “local” e la caccia a erbe e piante autoctone sulle Apuane. La carta del Lunasia, che varia sempre secondo le stagioni, prevede intriganti e ghiotte novità. La cucina di ricerca di Luca Landi, senza rinunciare a una tecnica raffinata, si riveste di concretezza quotidiana in ricette classiche come il cacciucco, la trabaccolara, il gran crudo, il trancio di pescato, il gran bollito, sempre ideati e realizzati sul filo della creatività, come i tagliolini di cereali ai ricci e cicale e la carbonara di mare, preparata al tavolo, alla lampada, in ricordo della sua prima esperienza da Angelo Paracucchi a Sarzana. E non mancheranno piatti di terra di superba esecuzione come la starna, le costolette di cinghiale, l’anatroccolo. Un menu degustazione in dieci portate, chiamato “Ad maiora” accompagnerà la cena attraverso alcuni dei piatti “cult” di Luca Landi. E la proposta punta poi su altri tre percorsi: “Per conoscerci” in tre portate, “Gli ingredienti dell’Angelo” a richiamare gli esordi ripensati nel tempo, e “Gli ingredienti in carta libera”, cinque piatti a piacere dello chef. Ma la vera novità è il menu per il pranzo. Con gli stessi piatti della Grande Carte declinati però anche in versione “tapas”, in assaggi e con prezzi ridotti per una colazione sfiziosa in un percorso di grande gusto. Accanto, due menu degustazione, “Desinare in Versilia” in omaggio al maestro Paracucchi, mentre l’altro potrà essere costruito in un gioco tra scelte e sorprese dalla cucina. A completare la proposta della carta, una ricca lista dei vini curata dallo stesso Luca Landi e dal direttore di sala Claudia Parigi. Un occhio di riguardo all’eccellenze toscane, poi le migliori etichette nazionali e internazionali, tanta attenzione alle bollicine anche di grandissimo prestigio dall’Italia e soprattutto dalla Francia, bianchi e rossi capaci di accompagnare ed esaltare qualsiasi proposta gastronomica e di soddisfare anche i palati più esigenti. (Claudio Zeni)

Lo chef Luca Landi con i suoi collaboratori

sono costituiti da vecchie cassette di vini pregiati dove chef Landi coltiva con cura minuziosa piante rare ma note da sempre alle massaie e alla gente delle campagne. Qui troviamo l’erba che si usa al posto della più costosa vaniglia per la Pasimata, il tipico dolce pasquale della Lucchesia; o i fiorellini viola simili a quelli dello zafferanone selvatico, da usare al posto del burro per ungere gli stampini. “Come hanno sempre fatto – ricorda Luca – le nostre nonne guardando

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Cotarella presenta Còlpetrone L’occasione è stata la presentazione della cantina umbra a una selezionata cerchia di giornalisti e responsabili Food & Beverage presso Vun, ristorante del Park Hyatt Milano. Il professore dopo un’introduzione sulla cantina di proprietà del gruppo Unipol, come le altre 4 di Tenute del Cerro, ha descritto nella fase introduttiva in modo chiaro, con entusiasmo e dettagli, i vitigni tipici umbri Grechetto e Sagrantino. Varietà che Riccardo Cotarella conosce e apprezza tanto più perché espressioni della regione che gli ha dato i natali. Aneddoti e competenza hanno affascinato i presenti ai quali, dopo l’assaggio del nuovo Grechetto, del Montefalco Sagrantino e della sua selezione Sacer, ha presentato in anteprima nazionale una sperimentazione sul vitigno, ritenuto in assoluto il più tannico quindi di difficile interpretazione enologica, in cui è stato supportato dall’enologo del gruppo Raffaele Pistucchia. Tutto ha inizio in vigna con la scelta di una porzione di vigneto, ben esposta al sole, con un sistema di allevamento a cordone speronato più congeniale alla varietà, un diradamento al 50% dei grappoli quando hanno raggiunto una buona maturità, una raccolta dei restanti sulla pianta, vicino al ceppo, solo quando la maturazione è stata spinta al suo massimo. In vinificazione la sperimentazione ha, dopo che parte degli zuccheri erano trasformati in alcol, separato le bucce e usato l’ozono in più passaggi. Il risultato è stato un vino, dalla vendemmia 2016, davvero inconsueto: il colore era ancora violaceo, i profumi fruttati ad ampio spettro, tipici del Sagrantino, erano seguiti da sfumature floreali con un accenno quasi balsamico. Ma la vera sorpresa è stata la degustazione dove, nonostante la trama fosse importante, era stupefacente la morbidezza setosa seguita da freschezza, in un equilibrio che fa ben presagire sulla sua evoluzione. (Giovanna Moldenhauer)

Rational e la cucina POP di Oldani Far convivere tradizione, innovazione, alta qualità e accessibilità, nel rispetto delle materie prime e della stagionalità. Da questo desiderio nasce la cucina POP di Davide Oldani. E un punto fermo di questa cucina è il rispetto della stagionalità dei prodotti, combinando i quali lo chef crea un’armonia nel gusto, un equilibrio di contrasti che possa soddisfare qualsiasi palato. Come è noto, un anno fa Davide Oldani ha aperto il nuovo D’O, sempre a Cornaredo, in Davide Oldani con la sua brigata provincia di Milano, locale che rappresenta l’evoluzione del precedente ristorante, grazie alla realizzazione di spazi e strumenti che gli garantiscono sempre maggiore efficienza e funzionalità. Nella nuova cucina ha scelto di inserire SelfCookingCenter di RATIONAL per la preparazione dei suoi piatti: «In una cucina di fine dining questo forno si inserisce in maniera molto semplice, perché la qualità del cibo deve essere supportata da strumenti di qualità. La perfezione che si raggiunge utilizzando un forno RATIONAL è quella che io voglio nella mia cucina», ha commentato lo chef. E ha aggiunto: «Ritengo che la finitura del piatto rappresenti il cuoco, e il SelfCookingCenter di RATIONAL mi permette di raggiungere esattamente il risultato che desidero, grazie alla sua rinomata uniformità di cottura». Davide Oldani farà nuovamente parte della giuria della finale del concorso “Lo chef incontra il SelfCookingCenter”, che si terrà ad HOST il 24 Ottobre.

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Feudi di Romans meno uva, più qualità Tempo di bilanci anche per l’Azienda Agricola Lorenzon, che come molti altri produttori, quest’anno ha registrato un calo della produzione in seguito al bizzarro andamento climatico e in particolare in seguito alle gelate della scorsa primavera. Ma i grappoli erano sani e perfettamente maturi, e pertanto il bilancio è tutt’altro che negativo: «L’annata 2017 - ha dichiarato il fondatore della cantina Enzo Lorenzon - sarà all’insegna dell’elevata qualità, anche se con rese per ettaro inferiori del 1520% rispetto all’anno scorso». «Siamo molto soddisfatti – ha proseguito Lorenzon -. Le uve sono di ottima qualità e gli aromatici stanno evolvendo molto bene grazie all’annata calda e ai benefici apportati dalla brezza del mare che, durante le ore notturne, ha abbassato le temperature garantendo così un ottimo scambio termico, ideale per i vini bianchi». Nel frattempo buone notizie arrivano dai concorsi nazionali ed internazionali. I vini I Feudi di Romans, anche quest’anno fanno incetta di medaglie: ottima annata il 2016 per il Pinot Grigio, il Sauvignon, la Ribolla Gialla e il Friulano. Riconoscimenti prestigiosi ai Decanter Asia Wine Awards, al Gran Premio Internazionale del Vino Mundus Vini, alla Gilbert & Gaillard International Competition e al The WineHunter Award che premiano le eccellenze e confermano la qualità che da sempre contraddistingue l’Azienda Agricola Lorenzon.

A destra: Enzo Lorenzon


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La forza del “pascolo”

Natale con Veuve Clicquot

Le carni inglesi, bovine ed ovine, si presentano al mercato italiano con le carte in regola. La campagna promozionale delle carni inglesi sta imponendosi per la chiarezza e la trasparenza del proprio messaggio e per la corretta comunicazione dei valori qualitativi del prodotto. Un messaggio il cui tema è anche la sostenibilità, come ricorda Jeff Martin, referente AHDB Beef & Lamb per l’Italia. Questa tipologia di carni è, infatti, conosciuta per le eccellenti caratteristiche organolettiche che la rendono unica sul mercato; qualità che hanno origine da un allevamento rigorosamente al pascolo. Quella dell’allevamento è una filiera intimamente integrata nella società: è un fatto culturale prima ancora che economico e ha radici ben lontane nella storia anglosassone. L’Inghilterra, che viene quasi sempre evocata per Londra o per l’alta finanza, in realtà è anche una nazione a forte vocazione agricola, evolutasi in un territorio naturalmente ideale per l’allevamento del bestiame. Dai pascoli del nord alle colline del sud, il paesaggio e i meravigliosi scorci dell’Inghilterra rurale sono modellati da questa attività, così come la presenza umana che a tratti sembra sospesa in una dimensione senza tempo. E infatti i pascoli non rappresentano solo un sistema economico tradizionale portato all’avanguardia dalle moderne tecnologie, ma anche l’elemento su cui poggia l’equilibrio di un intero ecosistema, un aspetto su cui spesso non ci si sofferma abbastanza. Sono proprio gli animali al pascolo i protagonisti di questo delicato equilibrio, giacché una loro sovrappopolazione provocherebbe una vera e propria erosione geologica del terreno e un suo impoverimento di nutrienti fino all’aumentare di parassiti. D’altro canto è proprio la secolare presenza del bestiame in numero corretto ed equilibrato, sia per quanto riguarda gli ovini che i bovini, a favorire il persistere di queste aree rese fertili dall’umidità, con la complicità dell’ossigenazione marina; valli e colline che presentato una varietà faunistica senza paragoni, anche rispetto alle zone estranee all’allevamento o totalmente incolte. E anche in questo l’allevamento in Inghilterra rappresenta un modello non esclusivamente economico, ma anche di progresso e di sostenibilità.

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Non è mai troppo presto per iniziare a pensare al Natale. Così, la Maison de Champagne Veuve Clicquot, ha presentato la Christmas Collection 2017, una collezione pensata per condividere e celebrare i momenti di festa. Come per gli anni passati, anche per il Natale 2017 la Maison Veuve Clicquot propone pregiate Cuvée che sottolineano, al tempo stesso, il forte legame tra la tradizione e l’innovazione e la partnership che la Maison sta stringendo sempre più saldamente con il mondo della moda e del design. Carlo Boschi, Senior Brand Manager, ha commentato: “Quest’anno la Maison Veuve Clicquot ha voluto stupire, con quella che è da considerarsi una grande svolta nella sua storia e in quella dello Champagne: creare una Cuvée utilizzando esclusivamente vini di riserva. Veuve Clicquot Extra Brut Extra Old rappresenta il forte attaccamento della Maison alla tradizione, con uno sguardo però sempre di più al futuro”

Le Tenute Lunelli ospiti di Corneliani Le Tenute Lunelli, in occasione dell’evento milanese “La Vendemmia” di Montenapoleone, l’iniziativa che unisce i grandi nomi del mondo del vino con quelli della moda e del lusso presenti nella più rinomata via dello shopping, sono state ospiti della boutique Corneliani. Un appuntamento che ha permesso agli ospiti di conoscere i valori che accomunano i due marchi e sui quali entrambi hanno fondato il proprio successo: eccellenza ed eleganza italiana. In degustazione un’etichetta per ognuno dei tre territori in cui sono radicate le Tenute Lunelli: dal Trentino il Pietragrande 2016, Chardonnay dall’eleganza aromatica impreziosita da un tocco di Sauvignon; dalla Toscana l’Aliotto 2014, uvaggio di Sangiovese, Cabernet e Merlot nati nei vigneti della Tenuta Podernovo; dall’Umbria lo Ziggurat 2014, il Montefalco Rosso che nasce nel Carapace, la cantina scultura realizzata da Arnaldo Pomodoro.

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Cielo e Terra, al via il bilancio integrato

Lo chef Ungaretti e il menù leggero del Devero

Un altro passo verso la sostenibilità per Cielo e Terra SpA. Il bilancio integrato, attraverso una descrizione dettagliata dell’intero processo di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti, fornirà dettagli relativi alla sostenibilità d’impresa. In altre parole, si tratta di un vero e proprio quadro della situazione aziendale che esprimerà il proprio valore non solo in termini economici e finanziari ma, anche, in base alle risorse ambientali, intellettuali, umane e sociali investite nei processi di produzione e nel modello di business. Focus strategici con orientamento al futuro, connettività con le informazioni, relazioni con stakeholder, coerenza,

Lo chef Moreno Ungaretti

Un elogio all’alimentazione corretta, prima voce di benessere fisico e psicologico. Questo, in sintesi, il il progetto “BBB, balanced business break”, il “menù leggero” elaborato da Devero Hotel & SPA e disponibile nel suo spazio food più funzionale - il Bistrot “Dodici24” – per la pausa pranzo. La Carta normalmente servita agli ospiti viene infatti affiancata da una selezione di piatti frutto del 4 mani tra il Moreno Ungaretti, chef del Devero Ristorante e le competenze di Antonio Vergara, biologo-nutrizionista. Il risultato è una proposta gastronomica in cui l’attenzione per gli apporti nutrizionali convive con la ricercatezza dei sapori, invitando il palato a un percorso di benessere che va oltre il gusto. Il classico business lunch cede così il passo ad una colazione di lavoro bilanciata che, grazie all’utilizzo di ingredienti dalle provate doti nutritive, oltre a garantire leggerezza, regala energia per proseguire la giornata nel modo migliore. Grazie all’estro creativo di chef Ungaretti, si possono dunque degustare “Risotto integrale agrumato mantecato all’olio evo e gocce di mango”, “Fusilli di pasta di grani antichi saltati ai pistacchi su crema di ceci e cavolo nero croccante”, “Trancio di salmone scottato allo zenzero e tartare di avocado e cetrioli” e “Piovra con ceci, zucchine, pomodorini e sesamo nero”. “La stagionalità è una linea guida importante nello sviluppo delle proposte che compongono questo menù – spiega l’Executive - bilanciato non solo per i suoi componenti, ma anche per la capacità di abbinare benessere e sapore. Ogni due mesi proponiamo una selezione “ragionata” di piatti che sappiano incuriosire il palato senza tradire l’obiettivo salutista. “Mangiare sano” non significa mortificare il sapore, ma, al contrario, valorizzare ogni ingrediente anche per la sua componente nutrizionale”. Il progetto si estende anche nell’ambito delle bevande, proponendo alternative “wellness” ad acqua e vino, tutte correttamente abbinate al menù. “Frullato banana, zenzero, latte di cocco, ananas e spinaci”, “Frullato di avocado, frutta di stagione e verdure” e succhi bio accompagnano così il pasto completandone la vocazione-benessere.

attendibilità e completezza caratterizzeranno un documento che comprende le sfide del mercato globalizzato e pone l’attenzione su differenti aspetti integrati nel sistema aziendale, al fine di raggiungere i migliori risultati. Ne deriverà una rappresentazione grafica dei processi di creazione di valore di Cielo e Terra, con indicatori quantitativi e qualitativi, attraverso cui l’azienda darà prova delle proprie attività, nelle declinazioni economiche, ambientali e sociali. Nel documento saranno inoltre rintracciabili la crescita finanziaria derivata dalle recenti scelte strategiche e commerciali, fra cui l’economia circolare e gli investimenti impiantistico-tecnologici che hanno permesso una consistente riduzione delle emissioni di gas serra, promuovendo l’utilizzo di fonti rinnovabili e cicli virtuosi di scarti di produzione. Si darà spazio inoltre ai numerosi progetti di solidarietà e supporto ad iniziative territoriali e alla grande considerazione riposta nel lavoro dei dipendenti, che hanno beneficiato di investimenti in formazione, premi sulla base delle performance aziendali e contratti con orari flessibili.

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Porta in tavola le emozioni


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Vendemmia positiva per Colvetoraz

Loris Dall’Acqua

La vendemmia 2017 si è da poco conclusa e i soci di Colvetoraz hanno fatto il punto su un’annata che sarà ricordata come particolarmente complessa. La stagione è stata infatti caratterizzata da una primavera anticipata e dal conseguente germogliamento precoce; il che, naturalmente, ha determinato danni da gelo nei vigneti situati fuori dall’area vocata. Il successivo ritorno alle temperature normali ha ritardato la fioritura, permettendo così la vendemmia nei tempi canonici. L’andamento stagionale è stato complessivamente caratterizzato da un susseguirsi di periodi con caldo anomalo a intervalli abbastanza regolari di piovosità: non si è pertanto manifestata sofferenza idrica; il caldo, invece, è stato pesante. Con l’avvicinarsi del periodo di vendemmia si è verificato un abbassamento delle temperature seguito da alcune piogge, condizioni che hanno favorito il mantenimento dell’equilibrio acido. “In questo scenario – ha spiegato l’enologo e socio Loris Dall’Acqua – Col Vetoraz ha saputo selezionare le uve al momento della raccolta valutando con attenzione la provenienza e le giuste destinazioni di ogni parcella e riuscendo a garantire comunque un livello qualitativo certo non ottimo, ma globalmente molto buono”.

A GourmArte, gli alchimisti dei sensi Andrà in scena a Bergamo la sesta edizione di GourmArte, in programma dal 1 al 3 Dicembre 2017. Cuore dell’evento la “maratona” che vedrà l’alternarsi dei 24 “alchimisti dei sensi” – sono stati così definiti gli chef - scelti tra membri dell’associazione Le Soste e di AMPI, l’Accademia Maestri Pasticceri Italiani. Tra gli altri che prederanno parte agli showcooking, anche Chicco Cerea (Da Vittorio), Claudio Sadler (Sadler) e Philippe Leveillè (Miramonti L’altro). I visitatori potranno gustare piatti realizzati davanti ai propri occhi e potranno conoscere le novità di prodotto e di servizio portate a GourmArte dai partner dell’evento.

OVS e la collezione FOO’D Stile, qualità e democraticità sono i valori che uniscono OVS al concetto di cucina POP ideato da Davide Oldani, nato dal desiderio di amalgamare l’eccellente con l’accessibile, il buono con il ben fatto. Da questa visione condivisa tra lo chef e il noto brand nasce “Davide Oldani for OVS” una speciale capsule collection dedicata al Natale, che si compone di articoli tessili per la tavola e la cucina contraddistinti dal brand FOO’D. Una collezione che rappresenta tutto il mondo che circonda lo chef e il suo ristorante D’O: presine, guanti da forno, canovacci, grembiuli, runner e tovagliette, tovaglioli con asola salvagoccia, declinati in tre varianti: rosso nero e fantasia vichy bianco e nero, che richiama i tessuti del D’O. I prodotti della capsule sono inoltre arricchiti da una ricetta speciale firmata dallo chef; in questo modo Oldani svela come esaltare i sapori tipici dei territori in chiave innovativa, e propone una serie di piatti: “Albicocca di panettone”, “Pici con grana padano, uvetta piccante e finocchietto”, “Spugna di zucca”, “Stracci di pasta al grano arso con bitto e salvia”, “Frittata e Pane”. La collezione sarà in vendita online su ovs.it e in una selezione di negozi in Italia e in Svizzera Davide Oldani a partire dal 22 novembre.

Bormioli amplia la collezione Mixology In occasione di Host, Bormioli Luigi presenterà nuovi prodotti - bicchieri, calici e un decanter - che vanno ad ampliare la linea Mixology lanciata nei mesi scorsi. Si tratta di una collezione interamente dedicata al bere miscelato e destinata sia all’uso domestico, sia a quello professionale; una collezione caratterizzata da linee ricercate e piacevolmente rétro - strizzano l’occhio al primo Novecento – e da elevate prestazioni tecniche. I prodotti della linea Mixology sono stati infatti concepiti e sviluppati da Bormioli Luigi in collaborazione con Yuri Gelmini, Head Barman del Surfer’s Den, locale alla moda di Milano. Le idee di Gelmini hanno preso forma grazie al solido know-how della vetreria parmigiana, che le ha realizzate con precisione tecnica e con una scrupolosa attenzione a dettagli e materiali, come il vetro sonoro superiore SON.hyx, high tech e senza piombo e quello SPARKX, che si distingue per trasparenza e brillantezza. Sono così nati tre tipi di dash bottle, destinati al dosaggio di gocce di bitter e sostanze aromatizzanti, tre bitter bottle di diverse capacità e un pratico mixing glass, perfettamente combinabili con un’ampia scelta di bicchieri (Double Old Fashioned, Hi-Ball, Shots) e calici (Martini e Cocktail).

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San Marzano, un’ottima annata Ottimi risultati per la vendemmia 2017 di San Marzano, storica cooperativa pugliese: le uve sono qualitativamente eccellenti, con gradazioni zuccherine medie soddisfacenti e buone componenti aromatiche e cromatiche. Al quadro si deve aggiungere un altro aspetto: grazie all’andamento climatico stagione, è stato possibile ridurre i trattamenti fitosanitari di circa l’80 per cento e, nonostante questo, le uve sono risultate sane e produttive. “Le uniche criticità di quest’anno sono state le alte temperature e il conseguente stress idrico – ha commentato Tommaso Galiotta Agronomo della cantina”. Il grande caldo ha portato a un anticipo della cinquantacinquesima vendemmia della cantina, iniziata già nella prima decade di agosto per i vitigni a bacca bianca e nell’ultima per i vitigni a bacca rossa. Le prime vigne ad essere vendemmiate sono state quelle delle zone costiere, per poi arrivare all’entroterra. Unico neo, che tra l’altro accumuna un po’ ovunque l’esito della vendemmia di quest’anno, è la flessione della produzione media di circa il 30 per cento. Ma la soddisfazione resta comunque alta: “Il nostro lavoro cela la passione e l’esperienza di tutti i nostri viticoltori ed esperti, senza i quali non saremmo in grado di portare in cantina la migliore uva possibile - ha puntualizzato Francesco Cavallo, Presidente della cantina - . E’ grazie a loro se anche quest’anno siamo riusciti a raccogliere uva salubre e qualitativamente buona”.

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L’intervista

Heinz Beck La correttezza del creativo di Maurizio Bertera

Dal 1994 alla Pergola dell’Hilton, tre stelle Michelin, il cuoco tedesco ci racconta il suo modo di intendere la cucina nel cuore di Roma. Da quando Totti si è ritirato dal campo (o l’hanno fatto smettere, come dicono i più) l’ultimo re di Roma è sicuramente lui, herr Heinz Beck. Tedesco di Friedrichshafen, ma da 23 anni a Roma con ‘ufficio culinario’ a La Pergola che è il gioiello del Cavalieri Warldorf Astoria Hotels & Resort, nonché il miglior ristorante della Capitale da tempo immemore per tutte le guide e il pubblico gourmet. Ambiente di classe, servizio impeccabile, terrazza da urlo: ma a fare la differenza c’è sempre un piccolo (di statura) grande chef, talmente bravo e di classe, che gli si perdona serenamente un italiano d’impronta tedesca e inflessione capitolina. A pensarci bene, il mix vincente ‘benedetto’ da una moglie italiana, Teresa, sempre più importante nelle scelte imprenditoriali di Beck.

va è che alcuni piatti di fine anni ’90 sono ancora Heinz, lei è arrivato a La Pergola nel 1994 e non si in carta a pieno titolo e in una puntata di Masterè mai spostato. Caso raro nel mondo dell’alta cuchef ho portato il Fiore di zucca fritto che è semcina, soprattutto in Italia, quando si è dipendenti. pre amatissimo. Dice? Se le dico tradizione in cucina, cosa le viene in Io conosco tanti cuochi che si fermano decenni e mente? tantissimi che continuano a girare. In ogni caso, Che non bisogna mai dimenticare da dove veniamo. per me è come un matrimonio: ci sono giornate Soprattutto nei primi anni, ho di sole, di nuvolo, di nebbia, anlavorato molto sui piatti della che di tempesta…L’importante è tradizione, cercando di capire trovare un buon equilibrio e nel il perché di ognuno e il percaso dello chef diventare un vero “L’importante è corso che aveva portato alla manager: dopo tanti anni di serforma attuale. Solo così, puoi vizio, non puoi fermarti allo stantrovare il giusto permetterti di migliorare la ridard per quanto elevato, ma gaequilibrio fra cetta e oggi ha senso farlo in rantire un continuo sviluppo del nome di una maggiore digemeccanismo. standard elevati e ribilità, se sono ancora piatti Parlando del suo primo periodo a necessità di evolvere” non leggeri e salutari. Ma non La Pergola scrisse ‘Ho impiegato ho mai pensato alla tradizione tre anni a ragionare da italiano e italiana come a qualcosa di da cuoco e non più da chef pamonolitico e bloccato. sticcere tedesco’. Non le sarà sfuggito però che su tradizione, riArrivavo da una bellissima esperienza come sous visitazione, territorio sta avvenendo una sorta di chef e pastry chef al Residenza di Aschau: il mio riflusso della cucina italiana. I creativi sono quasuperiore era Heinz Winkler, un sudtirolese trapiansi al bando. tato in Baviera. A Roma ho dovuto diventare cuoco Lei dice? Magari ha ragione ma non sono convina 360°, raggiungendo subito buoni risultati. La proto. Però ho una certezza: in Italia convivono tante cucine diverse, ricche e messe a punto da secoli. La creatività se non è svolta nel modo corretto può fare più casino che altro. Qui non siamo in Danimarca o in un Paese senza storia culinaria con pochi prodotti, dove sei ‘costretto’ a inventare una cucina. Fanno benissimo, sia chiaro, ma noi viviamo in un mondo totalmente diverso e quindi creare è facilissimo, creare bene molto più difficile. Insomma, se è riflusso non lo vedo in modo negativo. E’ il momento. Ormai è italiano d’adozione ma può permettersi di sentirsi un osservatore straniero. Come si mangia oggi da noi? Se parliamo di fine dining, oggi c’è un numero maggiore di ristoranti validi. Ma questo vale in tutto il mondo: pensi a come erano Inghliterra e Stati Uniti una trentina

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Nella pagina a fianco: Lombo di agnello al finocchietto selvatico in crosta di cereali e perle di caprino; In questa pagina: il tre stelle Michelin Heinz Beck.

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L’intervista di anni fa e come sono ora. In realtà, il fenomeno è stato amplificato dalle attenzioni dei media: anche quando sono arrivato in Italia, si mangiava bene ma non se ne parlava. Ecco, se c’è un pregio dei programmi televisivi sul cibo, è rappresentato dall’aver spiegato il nostro lavoro, raccontato i prodotti e mostrato locali. E obiettivamente ha portato tanta gente a scuola. Si studia di più il tema. A proposito, lei passa per un maestro severo. Lasciando da parte le competenze specifiche, ai miei allievi chiedo solo una cosa: l’umiltà. E mi fa molto piacere se quelli che se ne vanno, diventano più bravi di quando cucinavano con me. Detto questo, a La Pergola c’è un notevole tasso di fedeltà nel personale. La sala de La Pergola – nel giudizio delle Guide - è stabilmente nelle prime tre della ristorazione italiana. Il segreto? Se la brigata in cucina si sta impegnando per realizzare piatti estremamente piacevoli, non posso

Reitano e Pinoli, due maestri

Marco Reitano

Simone Pinoli

Se il panorama spettacolare e il livello della cucina collocano facilmente La Pergola ai vertici della ristorazione, è altrettanto vero che il servizio e la cantina esaltano i due elementi. Si dirà: mancherebbe altro che fossero scarsi, sarebbe delittuoso. Invece sono altri due punti di forza, che portano al poker vincente. Ci piace citare sul tema l’unica guida che assegna voti a servizio e cantina, quella del Gambero Rosso: in questo caso siamo a 19/20 in entrambi i casi. ‘Il servizio guidato da Simone Pinoli è da manuale, impeccabile e premuroso allo stesso tempo: tutti sanno cosa fare e quando farlo per soddisfare ogni necessità prima che si palesi. La cantina è una miniera con migliaia e migliaia di referenze da tutto il mondo: gestite e proposte da Marco Reitano, un maestro per capire il vino giusto per ogni circostanza e a servire in mescita pure i più esclusivi e difficili da reperire altrove’. Talvolta si può essere in (profondo) disaccordo con le guide, qui no. Il commento è preciso. Pinoli e Reitano sono due campioni, e di grande umiltà. Se il primo è invisibile - salvo sia richiesto il suo intervento - come deve essere in un ristorante del genere che bandisce i protagonismi, il secondo rappresenta il manifesto vivente del buon vino: lo ama, lo studia, lo cerca e lo serve con classe e la giusta partecipazione. Che sia un Gaja storico della sua clamorosa collezione o una novità di un giovane produttore del Lazio. Beck è fortunato, ma lo sa bene.

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che avere gente brava e professionale che li serve, insieme ai vini giusti. E una risposta scontata, forse, ma è l’unica da quando è nata l’alta cucina. Qualità in ogni aspetto, insomma. Negli ultimi anni, sta impegnandosi molto sul rapporto cibo-medicina. A dire il vero, ho iniziato nel 2000 con una prima ricerca sull’alta cucina e la salute. In quei tempi, non è stato facile convincere dei professori univeristari a darmi retta ma io cercavo la ‘leggerezza’ a tutti costi, pensando alle degustazioni composte da molti piatti. Stagione dopo stagione, ho continuato a lavorare sul tema che è fondamentale. E nel 2010 ho scritto pure un libro come ‘Ipertensione e alimentazione’ di cui vado orgoglioso. Il cuoco sarà il medico del futuro? Facciamo due lavori diversi e ci mancherebbe che io mi sentissi un dottore. Ma la nutrizione è fondamentale nella prevenzione delle malattie quindi possiamo lavorare insieme. Comunque deve essere lo Stato a muoversi, intervenendo sulle abitudini alimentari: un Paese di gente in salute, è un Paese in salute. Senza dimenticare che diminuendo il numero di persone che si ammalano per un’ alimentazione non corretta, si risparmia molto denaro pubblico. Oltre che sulla corretta nutrizione, negli ultimi anni ha lavorato sulla collezione dei locali: siamo a quota dodici tra Italia, Dubai, Londra, Tokyo e l’Algarve. Dagli stellati ad Attimi, il nuovo locale nell’aerostazione di Fiumicino. Riesce ancora a cucinare? Quando non sono in viaggio, dalle 18 mi troverà


Nella pagina a fianco: Tartare di ricciola su granita di fragole, mousse di mandorle e finger lime; in questa pagina: il ristorante Uliveto presso l’Hotel Rome Cavalieri.

sempre ai fornelli con la mia brigata. Mi piace soprattutto cucinare i piatti di pasta perchè mi rilasso. Quanto alla collezione…Per un cuoco oggi è necessario muoversi, non solo per ragioni imprenditoriali ma per aprirsi la mente e trovare nuove idee. Cito al proposito un numero interessante: 2.300. Sono i piatti che abbiamo creato, sommando tutti quelli dei vari locali nell’ultimo ventennio. La trasciniamo in chiusura sulla leggerezza. A La Pergola passano più o meno tutti i potenti e i vip del mondo intero. Si sanno i nomi – da Ratzinger ai leader politici - ma pochissimo di cosa gustino e cosa bevano. Siete bravissimi a mantenere

I numeri del Roma Cavalieri La Pergola è il gioiello famoso urbi et orbi, ma il Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotels & Resorts - sospeso tra le piscine esterne e le terrazze – merita grande rispetto per l’offerta gourmand veramente poliedrica, che vede Fabio Boschero alla guida del ristorante L’Uliveto, del Tiepolo bar, dello Chalet, del banqueting oltre che ovviamente del room service per 300 camere. “La mia brigata che di norma si aggira sui 40 cuochi Fabio Boschero sicuramente non si annoia, anche per la precisa scelta di non fare routine per i nostri ospiti e i clienti esterni” spiega l’executive chef della struttura, rientrato in Italia nel gennaio 2016 dopo un’esperienza in cucine d’eccellenza in Brasile, Stati Uniti e Caraibi. Da qui l’impostazione chiara del servizio: cucina mediterranea (immediata e di buona materia prima, in gran parte umbra, laziale e toscana) con contaminazioni internazionali, stagionalità esasperata e tante preparazioni in diretta “Non sono per il buffet tradizionale, so che i clienti amano vedere almeno la rifinitura finale del cuoco – spiega Boschero – da qui la scelta di un brunch dove praticamente tutto viene preparato in isole: quella delle insalate, quella del sushi, quella delle tartare e via dicendo. Per una struttura come la nostra è più impegnativo e costoso ma ne vale la pena”. Non ha torto: se la cucina de l’Uliveto è sempre apprezzata e ha un pubblico fedele, il sunday brunch è vera leggenda a Roma, nonostante un prezzo non popolare (85 euro) ma la qualità è ottima, il servizio perfetto e c’è l’intrattenimento per i più piccoli che possono godersi il menu a 35 euro, con o senza i genitori a tavola. Boschero cura ovviamente pure la banchettistica (“Bellissima sfida, tecnica e logistica”) che deve accontentare centinaia e centinaia di coperti al giorno. Ultima performance: un recente banchetto per Bibenda, con quasi 1.100 invitati e sette portate. “Tutte impiattate eh, lo scriva”. In effetti, la citazione è meritata. il riserbo. Beh, siamo all’ultimo piano di un hotel e soprattutto non vedo perché bisogna raccontare nel dettaglio, le cene di persone che vogliono stare tranquille, mangiare bene, divertirsi tra loro. E che per la cronaca, si siedono dopo tre mesi di attesa. Ok, ma faccia un’eccezione per Artù. Una persona che ultimamente l’ha colpita. Mark Wahlberg, l’attore e produttore americano. In giugno, ha cenato cinque volte di seguito per le riprese di un film. E’ davvero un grandissimo intenditore di vini. Totti ha festeggiato l’addio al calcio sulla Terrazza degli Aranci, la splendida sala per gli eventi del ‘Cavalieri’. Pensierino finale? Faccio una premessa, io non sono tifoso anche se nella zona dove abito incontro tanti giocatori della Roma e pochi della Lazio. Da bavarese, mi considerano tifoso del Bayern solo quando la squadra perde in modo da prendermi in giro. Detto questo, le dico solo che Francesco è una bravissima persona prima che un campione, ha giocato nella squadra della sua città per quasi 30 anni di seguito e – parere mio – non era convinto di smettere. Totti è un uomo perbene. Molto fedele, e per me la fedeltà è uno dei valori più grandi. Lo ribadisco. •

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L’opinione

L’uovo. Riflessioni gastroestetiche sulla materia prima più semplice

di Alberto Dafarra La sfera ha una forma geometrica perfetta, ma la sua perfezione è monotona, siderale, non esiste un inizio ed una fine, un alto e un basso, una base e una punta. La sua forma ci lascia disorientati. L’uovo, fatto di acqua, proteine, grassi, carboidrati e sali minerali, è in realtà un’enorme cellula che fecondata, dà vita ad un nuovo animale. Parente povero della sfera e amico dell’uomo, mostra invece una bellezza inusitata, perfetta, universalmente unica, con guscio e tuorlo perfettamente uniti dalla calaza, insomma un vero miracolo della natura. Più che di uovo dobbiamo però parlare di uova, perché ce ne sono tante e diverse per colore, peso e forma: dal caviale, inseparabile compagno dello champagne, le cui bollicine salgono gioiosamente in alto come l’umore di chi lo beve,

alle tenere uova di quaglia, di gallina livornese e padovana (le migliori), di anatra ed oca, sino a quelle formato famiglia, di struzzo. Tornando al tuorlo, questi è a sua volta fatto di granuli e plasma che, dicono i chimici, sono al 50% acqua e poi proteine e, aiuto aiuto, i lipidi cioè i grassi, il temuto colesterolo! Per cui di uova ne possiamo mangiare al massimo due alla settimana dicono i saggi, e non due al giorno a colazione, come sostengono i gringos americani, che però per salvare fegato e arterie, ingollano subito dopo un pastiglione di vitamina B 12. L’uovo nella sua misteriosità , durante la cottura nasconde reazioni complesse tra zuccheri e proteine di cui la più nota è quella di Maillard, un baffuto chimico francese del secolo scorso . Singolare che la reazione sia anche sfruttata in cosmetica dai “ prolungatori ” di abbronzatura. Mah ! Culturalmente infine l’uovo non è sec-

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ondo a nessuno per i tanti significati e insegnamenti che ci offre : l’uovo di Colombo ! “Meglio un uovo oggi che una gallina domani” “Il pelo nell’uovo” “E’ come bere un uovo” “La gallina dalle uova d’oro” “Le teste d’uovo” L’uovo è cosi’ bello da essere imitato dall’uomo con altri materiali come legno, ceramica, metalli e pietre preziose; può essere dolce come le uova di Pasqua o salato quando è cotto e servito alla coque, dove assume una consistenza sempre diversa ma squisita, goduta sino in fondo con un pezzo di pane morbido, colorato dall’arancio del tuorlo, pulendo l’interno del fragile guscio, rivestito da quel misterioso strato bianchissimo, ostinatamente aggrappato alla scivolosa parete. Anche in questo, l’uovo è umano.•


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Il Parlamento ha varato una norma che concede un credito d’imposta fino al 75% (90% per le PMI) a chi incrementa almeno dell’1%

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Protagonisti food

Andrea Ribaldone voglia di crescere di Luisa Contri

Piatti che sorprendono, che s’impongono all’attenzione di chi li gusta, che accendono ricordi. Piatti dal gusto non uniforme, che presentano sempre dei picchi tra dolcezza, acidità e amarezza, che resettano il palato e sollecitano il commensale a soffermarsi su ciò che sta mangiando, a riflettere sui sapori che sta percependo. Sono così i piatti che compongono – e comporranno con l’avvicendarsi delle stagioni – la carta del ristorante gastronomico Osteria Arborina, il nuovo locale all’interno dell’omonimo Relais nella frazione Annunziata di La Morra (da quest’anno legato al gruppo Châteaux & Hôtels Collection d’Alain Ducasse), col quale Ribaldone torna alla gestione completa, insieme all’inse-

parabile socio Salvatore Iandolino. È la voglia di crescere che ha spinto Ribaldone a cambiare. A lasciare il ristorante I Due Buoi di Alessandria, dov’era in management, e a valutare nuove location. «In lizza», dichiara ad Artù, «c’era anche Milano, città dove sono nato, dove ho vissuto 20 anni, dove ho lasciato un pezzo di cuore. La trovo bellissima in questo momento. È habitat e meta di tanti gourmand. E per i locali, si sa, la cosa che più conta è la location. Quando però ho visto il Relais Arborina, affacciato sulle colline del Barolo, mi sono subito innamorato. E credo che la scelta della Langa sia la più giusta per me, ora». Le tradizioni gastronomiche del Piemonte, regione dove Ribaldone ha vissuto negli ultimi 25 anni, dove affondano le sue radici – i suoi genitori

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sono di Lu Monferrato –, e dove è più conosciuto, continueranno a permeare la sua cucina. Ma in modo non scontato. Ribaldone vuole infatti trasmettere ai suoi clienti la sua personale visione del cibo. «La mia ambizione», racconta lo chef, «è lasciare un segno sul cliente. Non avrebbe senso fargli trovare qui gli stessi cibi che già può mangiare a casa. Non cerco comunque mai la provocazione fine a se stessa. In ogni piatto, anche nel più innovativo, lascio sempre il ruolo di protagonista alle materie prime, che devono essere innanzitutto buone». Cosa aspettarsi dunque alla nuova Osteria Arborina? Tre menu degustazione, oltre alla possibilità, ovviamente, di mangiare à la carte, scegliendo fra quattro antipasti, quattro primi, quattro secondi e quattro dessert. Ogni 45-60 giorni, quattro o cinque nuovi piatti entrano in carta perché si mantenga legata alla stagionalità e per stuzzicare il palato degli habitué. Fra i menu consigliati da Ribaldone c’è Il confortevole o della tradizione, in cui figurano piatti non proprio tradizionali, ma facili da approcciare, come l’inedito Il vitello e il tonno, che non è un vitello tonnato, ma l’interpretazione dello chef di questo classico. O come gli Agnolotti in due servizi, un cavallo di battaglia di Ribaldone (lo proponeva già a I Due Buoi). È servito in due fasi: prima s’assaggiano gli agnolotti preparati in modo tradizionale, poi quelli freddi, su un letto di ghiaccio tritato. «L’ispirazione per questo piatto», spiega Ribaldone, «mi viene dal Giappone. È così, infatti, che

là si propone la soba (tagliolini di grano saraceno, ndr). Sugli agnolotti serviti ghiacciati non ci va alcun condimento. Così risalta il gusto sia della pasta sia del ripieno. Il freddo, poi, dà alla pasta cotta una croccantezza simile a quella della pasta cruda. E in Piemonte non c’è bambino che non abbia mangiato un agnolotto crudo, quando in famiglia li preparano». O ancora come il Risotto zucchine e pino mugo, entrato in carta a fine maggio, in cui la dolcezza delle zucchine contrasta con la nota balsamica del pino mugo, ben più decisa di quella del più classico abbinamento zucchine e menta. Un secondo menu L’ostico o dell’innovazione è pensato da Ribaldone per clienti più avventurosi. Vi figurano, per esempio, i Tajarin carciofi, ricci di mare e carne

“Grande ritorno in Langa per il grande chef, la cui struttura aderisce a Chateau & Hotels Collection”

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Nella pagina a fianco: lo chef Andrea Ribaldone; l’interno del ristorante Alborina; in questa pagina: sopra, i famosi “Agnolotti in due servizi”; sotto, “Il Vitello e il Tonno”, a richiamare solo idealmente il grande piatto della cucina piemontese.


Protagonisti food In questa pagina: Tajarin carciofi, ricci di mare e carne cruda; la brigata, da sinistra Marco Mannori, Umberto Del Nobile, Daniel Zeilinga e Andrea Ribaldone; Animelle in carpione cremisi.

cruda e il dessert Semi e radici. «L’abbinamento mare e monti», sottolinea lo chef, «è frutto della mia consulenza per la ristorazione del resort 5 stelle Borgo Egnazia di Savelletri di Fasano, nel brindisino, dove lavora come executive chef Domenico Domingo Schingaro, che ha lavorato con me per lunghi anni. Ogni volta che ritorno dalla Puglia porto con me i meravigliosi prodotti di quella terra e del suo mare. Nei tajarin metto i ricci di mare che il padre di Domingo pesca e che lui mi fa trovare già abbattuti in vasetto. È un piatto in cui il primo sapore che si sente è l’amarezza dei carciofi tostati, che non si vedono, ma che aromatizzano l’olio con cui sono conditi i tajarin». Semi e radici è invece un dessert in cui pezzetti di un croccantino delicato di semi di sesamo e di girasole sono disposti su due creme, una di liquerizia e una di caffè. Con l’arrivo dell’autunno, nella carta dell’Osteria Arborina comparirà il terzo menu: L’iconico o del tartufo, in cui figureranno dei classici della cucina piemontese: dalla carne cruda battuta al coltello olio e sale al tajarin col suo fondo di vitello, dalla fonduta alla tagliata, all’uovo, tutti serviti con una bella grattata di tartufo bianco, prelibatezza cui Ribaldone lascerà il ruolo di protagonista in tavole e che, come lui stesso riconosce, non si può accostare con piatti di fantasia. A sottolineare che l’Osteria Arborina è un ristorante gastronomico, che si rivolge prioritariamente a una clientela gourmand, la ricca carta dei vini (oltre 240 etichette), curata dal sommelier Davide Canina, ingegnere di formazione, come si può dedurre dal metodo scientifico con cui l’ha costruita. Vi figurano soltanto vini di vignaioli che Canina conosce personalmente e che può quindi consigliare con cognizione di causa. La particolarità di questa carta è che presenta una serie di mappe – dei metodo classico del Piemonte e dell’Alta Langa, degli champagne, dei barolo, dei barbaresco e dei rossi del Roero –, alcune delle quali di Alessandro Masnaghetti di Enogea, così da aiutare visivamente il cliente a comprendere come in ciascuna zona nascano vini dalle caratteristiche differenti. •

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Protagonisti food

Quando lo chef recita a soggetto di Stefania Zolotti

Dopo una vita di lavoro come scenografo e costumista, Francesco Tarsia si è convertito alla cucina. Da sempre, sulla scia del Chianti, troppi ristoratori hanno sfruttato l’accelerazione. Francesco Tarsia, invece, si è messo di lato. Una prima vita dietro le quinte dei teatri a creare scenografie e costumi con le compagnie di spettacolo più diverse, e ogni sera a cena fuori per necessità. Ma perché non ne apri uno tuo di ristorante? Il consiglio di amici e colleghi che si materializza a Cavriglia, coi piedi nel Valdarno che se allunghi la mano c’è già il Chianti. Terre di confine che si donano generose alla cucina perché non hanno da render conto a nessuno.

prire di persona. Da Papposileno, col nome scucito al satiro maestro di Dioniso, puoi permetterti di sederti e ordinare prima vino e poi portate. E supera persino la prova vini dolci, la più ardua, dove anche i migliori per pigrizia scivolano: in carta i Picolit, Passito di Corzano, Torcolato, Caluso Passito, Nus Malvoise Flètri Passito, Racrei dolce e Albana di Romagna Passito. Questo dovrebbero reclamare i clienti: farsi servire un patrimonio nazionale, alPapposileno nasce da queste basi, che oggi sotrimenti conviene berselo da soli a casa lo Zibibbo no diventate un’altezza. Il menù del ristorante è la più banale. stretta di mano da cui intuire se vale la pena fidarsi “Passare dal teatro al ristorante è stato naturale. La oppure no.“In questo ristorante non si mangia vestessa preparazione quotidiana, la pazienza, il rito locemente. Non si paga servizio, della sala, le prove in cucina, il pane, acqua essendo compreso pubblico ogni sera diverso, la nel costo della portata. Tutto il cura dei dettagli. La mia radice pane è prodotto da noi con lievi“Porzioni abbondanti, di Calabria è sottotraccia ma to madre di 10 anni e farine bioc’è, è il mio origano di montamateria prima di alta gna, a mazzi che sembrano fiologiche”. A chi vuole, Francesco il suo lievito lo regala. “Le porzioni ri”. Per capire la mano di Franqualità. Il segreto? dei nostri piatti sono abbondancesco attraverso il pomodoro: Margini di profitto ti, noi le definiamo generose. Il Gnocchi di ricotta incamiciati prezzo medio per due portate più nella semola al pomodoro frebassissimi” dolce, bere compreso, è di circa sco e basilico e Pici al ragù del 35 euro”. monastero; due espressioni di “Bere compreso” vuol dire una uno stesso ingrediente da crudelle carte dei vini più attente della Toscana. A pardo a cotto, da croccante a stracotto, senza perdere te i supremi che meritano il giusto prezzo, è nella freschezza. “La mia cucina è contatto con la natura fascia 15-25 euro che Francesco - sommelier oltre e rispetto di produttori e fornitori che scelgo uno ad che chef - interpreta l’Italia del vino che va a scouno, cresciamo insieme. I più lontani sono diventati amici ma per mia scelta non ci siamo visti mai, amo immaginarli. Valorizzo i prodotti della zona ma non mi sento obbligato a farlo”. La Toscana non manca in carta: Panzanella alla Papposileno e ricotta fresca, Involtino di maiale con Tarese Valdarno alle erbe aromatiche (la Tarese è una pancetta rarissima che arriva fino a 80 centimetri, preparata ancora dai norcini del Valdarno), Peposo alla fornacina. Di pesce: Pacchero al ragù nero di mare dove l’inchiostro della seppia non macchia minimamente né il gusto né il palato. Obbligatorio, però, è il Gran Piatto di formaggi. Chiamate Francesco e godetevi ogni sua parola, su ogni riga quattro pezzi, in totale quattro righe: tasselli consistenti e rarissimi, dagli affinamenti altoatesini di Hansi Baumgartner (ex chef stellato in Rio Pusteria) alle perle di Paolo Ciapparelli che invecchia il Bitto fino a dieci anni. Ma è sul Montebore, chicca piemontese a torta nuziale, che vi fermerete: unico formaggio ammesso nel 1489 al matrimonio tra Isabella di Aragona e Gian Galeazzo Sforza, a sceglierlo fu un certo Leonardo da Vinci, cerimoniere per l’occasione. Un formaggio che la Cooperativa Vallenostra, oggi unica depositaria, continua a produrre solo per i pochi che sanno meritarlo.•

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In questa pagina e a fianco: Francesco Tarsia titolare del ristorante enoteca Il Papposileno.

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Protagonisti food

Claudio Sadler Un grande maestro

In questa pagina: Ravioli di cotechino con lenticchie di Ustica, brodo di Grana Padano 27 mesi Riserva e gel di agrumi; nella pagina a fianco: lo chef Claudio Sadler.

di Maurizio Bertera

Presidente delle Soste, lo chef milanese ama la concretezza. E questo amore per l’autenticità lo premia alla grande. A Claudio Sadler, comandante ai fornelli di lungo corso, possiamo rimproverare solo una cosa: l’aver deciso solo intorno ai 60 anni di età di abbinare l’immagine alla sostanza. Sia chiaro, ce ne fossero di cuochi professionali e concreti come lui, ma era un vero peccato che si parlasse poco di uno dei protagonisti della cucina italiana, ‘giovane di talento’ ai tempi della Milano da Bere. Il suo primo locale, sulla Ripa di Porta Ticinese – l’Osteria di Porta Cicca, aprì nel 1986: erano i tempi del Marchesi in via Bonvesin della Riva e di Santin all’Antica Osteria del Ponte. Cinque anni dopo, nella bomboniera lungo il Naviglio arrivava la stella Michelin per una cucina ‘moderna in evoluzione’, studiata a lungo e disegnata – con i pastelli, ieri come oggi – prima di testarla sui fuochi Nel 1995, il trasloco in via Troilo dove nel 2002 si festeggiava “Solo prodotti la seconda stella Michelin. Teritaliani, interpretati zo trasloco, sul Naviglio Pavese, nel 2007: a fianco del ristorante in chiave leggera, gourmet c’è un secondo locale, bravo come maestro. Sia per i senza sacrificare il Chic ‘n Quick-Trattoria Moderna. cuochi in carriera sia per i diletAncora oggi è uno dei migliori bitanti che affollano i corsi della gusto” strot italiani, anche se a Sadler il sua scuola. “E’ un bel mondo, termine non piace troppo. “L’ho quello dell’insegnamento: tiene chiamata così perché vuole sottolineare le caratteallenata la mente perché prima di insegnare, devi ristiche della cucina, italiana, e dell’evoluzione nel imparare a insegnare” spiega. Non ha preclusioni menu rispetto all’osteria” sostiene e tutto sommadi sorta: è stato tra i pionieri dell’abbinamento birto ha ragione, leggendo la carta. Del resto, il cuoco ra-alta cucina e ha ‘progettato’ panini (spettacomilanese aveva anticipato il concetto, a metà degli lari) per il Panino Giusto. “Quando mi propongono anni ’90, con il Sadler Wine & Food, in via Monte cose semplici, che capisco subito e mi piacciono, Rosa, sempre a Milano. Ma è stato precursore pure parto e non mi preoccupo se hanno un iter molto dell’Italia in Oriente, con un locale a Tokyo nel ’96 lungo”. Trent’anni di idee, come si vede. Con il piae uno a Pechino nel 2008 come del banqueting, cere di crearne sempre di nuove. “Con questo, non che segue con attenzione da un ventennio. Scricambierà nulla del mio modo di essere: non sono ve bene – i sette libri di cucina sono un must per mai uscito con i clienti del ristorante e non ho mai appassionati e addetti ai lavori – ed è ancora più telefonato ai capi delle guide né penso di poter

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essere un maitre-à-penser, fermo restando che di Gualtiero Marchesi ne vedo pochi in giro”. A proposito di cuochi, Sadler è apprezzato presidente de Le Soste, alcuni dei soci li conosce dai tempi in cui è stato fra i fondatori di JRE, i Jeunes Restaurateurs. “E’ un buon momento per la nostra ristorazione: i tre Stelle e i due Stelle non hanno problemi, anzi in qualche caso viaggiano a gonfie vele. Semmai, sono gli stellati singoli a faticare, soprattutto se decentrati: oggi il cliente neofita è attirato maggiormente la città mentre una volta i fuoriporta erano il massimo. Poi c’è il tema dello chef-patron: quelli come me rappresentano una netta minoranza ma è del tutto compensibile: costi elevati del personale, troppe tasse, affitti pesanti. Se sei povero e non lavori subito, rischi di fallire. Mi ricordo sempre che per aprire l’Osteria di Porta Cicca, io e il mio so-


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Protagonisti food cio abbiamo speso 37 milioni di lire e in una sola stagione abbiamo ripianato 100 milioni di debiti. Adesso è impossibile”. La cucina di Sadler ha attraversato felicemente oltre 30 anni: piatti quasi totalmente realizzati con prodotti italiani, senza fissarsi su quelli lombardi (fermo restando che il risotto alla milanese e la costoletta restano nella zona alta della classifica), interpretati in chiave sempre più leggera e raffinata. “E mi sono rimesso a fare le ricette degli anni ’80 e ’90, con un tocco diverso, scoprendo con gioia che sono più che mai attuali” racconta lo chef. Non è riflusso o paura del nuovo, anzi. “Per me non è il coraggio a mancare oggi ai cuochi ma la lucidità. A parte i pochi veri gourmet, oggi la gente vuole mangiare piatti ‘leggibili’ serviti correttamente ma senza formalismi. Quindi rivedere serenamente il passato non deve essere considerato qualcosa di limitato, di negativo. Ho in carta alcuni piatti eterni, che continuo a ritoccare e migliorare: penso ai ravioli di melanzana e mozzarella con filetti di pomodoro: all’epoca fu una rivoluzione, nella pasta ripiena la verdura era tabù a parte gli spinaci, sempre con la ricotta. Oggi, grazie anche alla tecnologia che all’inizio non avevo, li preparo ugualmente buoni, ma più precisi e ‘puliti’ come giustamente devono essere”. Per noi è encomiabile un altro aspetto nel’elegante ristorante in via Ascanio Sforza 77: la carta sfiora le trenta proposte. “Per me e la mia generazione è normale, trovo riduttivo che in locali anche importanti non si vada oltre la quindicina di piatti– dice Sadler – poi come è vero che il 70 per cento della clientela sceglie i de-

gustazione, l’altro 30 per cento che spesso è ben abituato ai locali di livello, vuole sempre pescare dalla carta”. Già i degustazione: il Creativo è stimolante e contemporaneo, il Vegetariano è necessario (“Detto che non rinuncerò mai alla carne, la verdura è il tema del giorno, come alimento e nel nostro lavoro”), lo Young è encomiabile nello sforzo di avvicinare i giovani all’alta cucina. Ma Sadler si diverte ancora: nell’ultima stagione ha presentato Il bollito lo vedrei così…, menu dove i sette tagli di carne della tradizione sono stati sostituiti da coniglio, calamaretti, astice e polpo in un crescendo di gusti. “Il bollito è un tema senza via di mezzo: vie-

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In questa pagina: la sala del Ristorante Sadler; Astice bollito in olio a 95° con spaghetti di nervetti e cipolla rossa, cavolo fiolaro e tartufo nero.

ne considerato un piatto antico, magari buonissimo come quello piemontese, e in questo caso pesante oppure si pensa a qualcosa di tristerello, povero, quasi ospedaliero. Mi sono divertito a cambiare le carte in tavola, creando un menu ad hoc così da mostrare come questa tecnica di cucina porti gusto pieno, leggerezza e salubrità. C’è una filosofia: se mi si passa il paragone, io penso a un menu come a un disco dei Pink Floyd: non sono i piatti a comporre una degustazione ma semmai è il contrario. Dal tema si arriva a creare le singole ricette, che devono trovare un’armonia complessiva”. La prova arriva anche dal menu che ha caratterizzato l’estate - Come in riva al mare – che è una visione sadleriana, attuale, della cucina di pesce e crostacei. “Volevo far sentire aria di mare, di vacanze con una serie di piatti sul tema più amato a Milano –spiega lo chef – quindi servo il ‘mio’ crudo e il salmone affumicato al momento, il coquillage e il tagliolino con la polvere di gamberi e il caviale. Piatti buoni, facili da capire, che trasmettono serenità: lo sento molto mio” . Che dire? Che Sadler ha iniziato un secondo tempo più interessante del primo, viste le mille attività da seguire e quelle in nuce, partendo da un concept nel centro di Monza, apertura prevista nella prossima primavera. “Ma essere il “direttore” del meccanismo è una rottura bestiale: se potessi scegliere, tornerei subito a fare solo il cuoco” sottolinea Sadler. Magari dice il vero, magari è simpatica bugla. Nel dubbio -ci consenta - prosegua così, ancora per tanti anni. •


CantinaTramin.it | Termeno | Alto Adige


Cover story

Krug x Mushroom Esperienza magica di Alberto P. Schieppati

L’umile prodotto della terra, dopo la volta della patata e dell’uovo, viene interpretato magistralmente dagli Chef delle Krug Ambassade del mondo. Dopo la patate e l’uovo, tocca al fungo. Continua con questo “misterioso” prodotto del bosco, intorno al quale gravita da sempre un alone misterioso, la sapiente ricerca di prodotti semplici ma al tempo stesso versatili, da parte della prestigiosa Maison Krug. La Maison di Reims è, una volta di più, impegnata nella valorizzazione del brand in chiave di abbinamenti esclusivi con materie prime protagoniste delle creazioni dei più grandi chef del mondo nelle proprie cucine. Un messaggio forte e chiaro, condiviso con entusiasmo e passione dagli chef delle Krug Ambassade, che coincide con la pubblicazione del terzo libro della serie dedicata dalla Maison agli ingredienti di base, intitolato questa volta “Dal bosco alla forchetta”. “Per questo volume, sottolinea Olivier Krug, Direttore della Maison, proponiamo l’umile ma indiscutibilmente versa“Da San Francisco a tile fungo come fonte di Tokyo, passando per Parigi ispirazione per alcuni fra i migliori chef del mone Milano, i grandi della do: da San Francisco a ristorazione adottano un Tokyo, passando per Parigi e Milano, i grandi delapproccio innovativo, la gastronomia adottano proponendo con amore e un approccio innovativo e creativo per questo inpassione arditi abbinamenti grediente così poliedrico, con Krug Grande Cuvée” creando una miriade di piatti appetitosi. Abbinamenti superlativi e arditi, preparati con amore e passione, che rendono omaggio allo spirito anticonformista della Maison”. Gli fa eco Eric Lebel, lo Chef de Cave di Krug, che sottolinea: “L’esclusiva arte Krug di considerare ogni

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In questa pagina: piatto dello Chef Arnaud Lallement, tre stelle a Reims, Porcini giovani, scorzobianca Deloffre, CĂ´teaux-champenois; nella pagina a fianco: lo chef Antonio Guida e il suo piatto, Funghi crudi e cotti, polvere di fungo trombetta e salsa di uvetta passa.

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Cover story appezzamento come un ingrediente unico, ci ha resi curiosi di scoprire quali possano essere le creazioni gastronomiche che un singolo ingrediente sia in grado di ispirare nei nostri Chef delle Krug Ambassade. Per questo terzo libro della serie, dopo la patata e l’uovo, gli chef hanno dedicato le loro sapienti abilità a una misteriosa creazione: i funghi. I loro piatti costituiscono uno straordinario abbinamento con Krug Grande Cuvée, 164ème Édition”. Tara Stevens, la giornalista enogastrononica inglese (nata a Londra, ma di origini gallesi, vive a Barcellona),

In questa pagina: in alto, Konstantin Filippou; Lucioperca, nocciole, tartufo, dashi e champignon a fianco: Olivier Krug con Arnaud Lallement, mentre degustano Krug Grande Cuvée.

ha magistralmente accompagnato con propri testi la pubblicazione, esprimendo impressioni, concetti, opinioni su questo prodotto straordinario. A proposito di funghi, Tara sostiene: “Uno dei miei primi ricordi è la descrizione, eseguita da Lewis Carroll in Alice nel paese delle meraviglie, di un fungo che poteva far crescere i bimbi fino alle nuvole, oppure far diventare più piccoli di un topo, a seconda del lato che si addentasse: una descrizione che ha

catturato la mia immaginazione come nessun altra storia di cibo aveva mai fatto, né prima né dopo. Non sono la sola. La passione per i funghi inizia spesso nell’infanzia, specialmente per chef del calibro di Umberto Bombana, lo chef tristellato del ristorante italiano Otto e mezzo Bombana ad Hong Kong, che ricorda di essere andato per funghi sin dalla più tenera età nei boschi vicino alla sua città natale, Bergamo”. A sua volta, descrivendo il piat-

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to scelto per questa gourmet compilation, ovvero “Aliotide rosso, gnocchi di castagne, brodo di funghi, tartufo bianco di Alba”, lo stesso Umberto Bombana afferma: “Quando ho pensato questo piatto, ho abbinato quello che ritengo il fungo più pregiato,il Tartufo bianco, con lo Champagne più prestigioso, Krug Grande Cuvée. Le note terrose del tartufo di Alba si accompagnano perfettamente alle note più dolci di frutta e di mandorla dello champagne. I tartufi e Krug sono un abbinamento classico sempre squisito”. Gli fa eco un altro grande chef, Yosuke Suga, del Sugalabo di Tokyo, che ha creato il piatto: “ Millefoglie di funghi”. “Ho usato un fungo di Hokkaido, chiamato King mushroom, coltivato in modo unico, permettendo ai funghi di sviluppare il sapore di ogni stagione specifica nel corso di tutto l’anno. Questo piatto è stato creato per consentire alla texture e al sapore degli ingredienti di completare lo Champagne. La pasta croccante esalta il perlage raffinato ed elegante , mentre il particolare umami dei funghi e del foie gras si abbina perfet-


tamente alla molteplicità di aromi di Krug Grande Cuvée”. E così altri grandi chef del firmamento stellato internazionale; in Oriente, Vicky Cheng, del Vea, a Hong Kong; Hyroiuki Kanda, del Kanda, a Tokyo; Kihak Lim, dell’Espoir de Hibou, a Seul, Robin Zavou, del Mandarin Grill ad Hong Kong; Chikara Ya-

mada, del Yamada di Tokyo; James Won, dell’Enfin, a Kuala Lumpur. In Europa, Arnaud Lallement, tre stelle all’Assiette Champenoise, Konstantin Filippou, dell’omonimo ristorante a Vienna; Christian Le Squer, Le Cinq, a Parigi; Glinn Purnell, del Purnell’s, a Birmingham; Sergio Sierra, del Portal, ad Alicante. In America, Cassidy Debney, Tennesse; Vikram Vij, di Vancouver; Michael Tusk, California; Christopher Kostow, pure in California. Grandi chef delle Krug Ambassade di tutto il mondo, Krug lovers in piena regola, che mettono la propria passione e creatività al servizio di abbinamenti che vanno aldilà di un semplice e perfetto marriage fra cibo e bollicine, arrivando ad esprimere, come sottolinea Olivier Krug: “La celebrazione di un singolo ingrediente, ma anche della capacità di Krug di collegarsi, di promuovere scambi creativi e avventure indimenticabili per i sensi (…). Le Krug Ambassade costituiscono lo sfondo ideale di memorabili incontri sensoriali, per gustare l’inatteso ma assolutamente squisito connubio di Krug Grande Cuvée con alcuni piatti eccellenti. Gli chef sono autentici Krug Lovers che, con sincera determinazione, creano instancabilmente nuove ed emozionanti associazioni di ingredienti, sapori e sensazioni, non ultimo gli abbinamenti fra cibo e Champagne”. E fra questi grandi chef delle Krug Ambassade non poteva mancare un grande chef italiano, due stelle Michelin al Seta, il ristorante gourmet del Mandarin di Milano: Antonio Guida. Il

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In questa pagina: sulla sinistra, lo chef Sergio Sierra; e i suoi Boleti strapazzati con tartufo nero; sopra Krug Grande Cuvée 164ème Édition; lo chef bergamasco Umberto Bombana.


Cover story

Sopra: Yosuke Suga; Millefoglie di funghi, preparata con un fungo di Hokkaido chiamato “king mushroom”; sotto: Yamada Chikara e il suo hamburger di funghi abbrustoliti qui a fianco.

suo grande piatto, presentato durante un evento svoltosi nei mesi scorsi a Milano, è: Funghi crudi e cotti, polvere di fungo trombetta e uva passa. Guida ha creato questo piatto “mentre, ci dice, degustavo Krug Grande Cuvée ed è concepito proprio per esprimere la stessa generosità dello Champagne. La selezione di porcini, gallinacci e trombette crea un piatto vario ed armonioso, che contrasta bene i sentori di mela e fiori appena sbocciati di Krug Grande Cuvée. La salsa di uva passa rispecchia i frutti maturi e essiccati che si rintracciano nello

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Champagne, mentre emergono al palato verso la fine dell’esperienza di abbinamento”. Il mondo dei funghi, freschi, di bosco o sapientemente coltivati, si rivela così la piattaforma ideale per raccogliere gli stimoli creativi di grandi chef, fortemente concentrati sui dettagli e capaci di creare piatti raffinati, eleganti, connotati da uno spirito audace e anticonformista, oltre che da una creatività e un’intraprendenza che “riecheggiano lo stile e lo spirito di Joseph Krug, il fondatore della Maison”, come ama sottolineare Olivier Krug. •


WEST COUNTRY PGI BEEF & LAMB È la pregiata carne bovina e ovina a marchio IGP inglese. L’area geograca di produzione di queste carni è costituita da sei contee nel sud ovest del paese: Cornovaglia, Devon, Dorset, Gloucestershire, Somerset e Wiltshire, che insieme formano la cosiddetta regione West Country dell’Inghilterra. I pascoli verdi e rigogliosi, il clima mite e l’alimentazione a base di erba fanno di queste carni un prodotto di qualità superiore.

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BUONI MOTIVI PER SCEGLIERCI

QSM TENEREZZA GARANTITA QSM, Quality Standard Mark, è il marchio istituito da AHDB per garantire al consumatore la sicurezza e la provenienza della carne acquistata. Il sistema di allevamento naturale (al pascolo) garantisce una qualità superiore delle carni, sia in termini di proprietà nutrizionali che di caratteristiche organolettiche. Fra tutte, la tenerezza risulta essere la più apprezzata: questo è possibile grazie all’alimentazione a erba, che conferisce all’animale una certa struttura che garantirà, in fase di maturazione (frollatura), una tenerezza altrimenti non possibile.

CARNE MATURATA

MATURED BEEF La tenerezza della carne di manzo inglese (Matured English Beef) è riconosciuta anche da un disciplinare di etichettatura facoltativo: un aiuto concreto per incrementare ulteriormente la ducia dei consumatori italiani nella qualità delle carni bovine inglesi.

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Protagonisti food

Nadia Vincenzi Pasionaria del pesce

di Elio Ghisalberti

La chef stellata si sposta ad Erbusco, in Franciacorta, là dove c’era la vecchia Mongolfiera. Ed è successo. Delle signore l’età non si dice, e noi qui non intendiamo certamente trasgredire ad una delle regole auree della galanteria. Tuttavia ripercorrendo la storia professionale di Nadia Vincenzi, ribattezzata la “pasionaria del pesce” (proseguendo la lettura se ne comprenderà il motivo) sarà chiaro che dal punto di vista anagrafico tanto giovane più non è. Ma lo è, perdinci se lo è, per la vivacità, l’intraprendenza,

l’esuberanza, ed anche un po’ l’incoscienza (ce lo permetterà) che la accompagnano da sempre. Nata a Rimini da genitori romagnoli, negli anni della prima adolescenza si trasferisce a Termoli, Molise. Correva l’anno 1957, e lì il padre Walter aprì il primo ristorante che portava il suo nome. Altri tempi, i ragazzini dovevano sbrigarsela in fretta. Ma ad accelerare la crescita professionale di Nadia e del fratello minore Bobo che a sua volta è diventato un cuoco ed un patron di fama (prima allo Squalo Blu di Termoli, ora al RiBo di Guglionesi, provincia di Campobasso) ci si mise anche la sventura di un incidente d’auto che coinvolse con conseguenze serie entrambi i genitori. Non aveva ancora diciotto anni Nadia, e già aveva sulle spalle la gestione del ristorante di famiglia. Una palestra che si è rivela-

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In questa pagina: la chef Nadia Vincenzi; nella pagina a fianco: la sala del ristorante Da Nadia, e tre piatti con protagonista il pesce.

ta fondamentale per scegliere, acquisire e maneggiare senza intermediazioni la materia prima ed in particolare il pesce dell’Adriatico, emblema della sua cucina. Le ricette “evergreen”, quelle che fanno più gola, sono dunque il frutto della frequentazione giovanile del mercato e dei pescatori di Termoli. Nadia le ha portate con sé quando, a causa dell’alta marea dei sentimenti come dice lei, è “spiaggiata” sulla scena gastronomica bresciana. Prima tappa, era il 1990, in quel di Rovato, frazione San Giuseppe, sotto l’insegna Al Desco. Già lì la clientela e la critica gastronomica più attenta avevano drizzato le orecchie. Quella donna minuta arrivata da Termoli per officiare la cucina di pesce dell’Adriatico ci sapeva fare. Velocemente il passaparola ne ha decretato il successo, ma la consacrazione vera


e propria, a forma di stella Michelin è arrivata allo stagione. La taglia non è più small ma è scadere del secondo millennio quando il ristoranuna medium, per un numero di coperti te, mantenendo lo stesso nome, si era già trasferidisponibili che si attesta sui 35-40. E to in quel di Sarnico, sulle sponde del lago d’Iseo per un modello di cucina che si riafferma in provincia di Bergamo. Dieci anni molto inma nella sapienza della patronne che si tensi cui è seguito, nel 2004, il ritorno in terra Breaggira tra i tavoli raccontando nei dettagli sciana, questa volta nella bassa di Castrezzato in il suo stile unico ed inconfondibile. La forte un minuscolo locale che ha preso il suo nome, da personalizzazione non nasce da mirabolanti Nadia. www.ristorantedanadia.com . Pochi coperti, tecniche di elaborazione o da una particolare veapertura solo serale, l’ideale qualcuno poteva penna creativa, bensì da ciò che sta alla base di ogni sare per accompagnare il disimpegno della “pasiocucina di alto profilo qualitativo, dalla provenienza naria del pesce”. Niente di tutto questo, ancora una e dalla scelta della materia prima. Il sistema messo volta Nadia spiazza tutti tornando in grande stile a punto negli anni per l’approvvigionamento del pesulla scena gastronomica nel cuore della Franciasce, dei molluschi e dei crostacei, garantisce arrivi corta. Dallo scorso mesi di agosto eccola realizzare giornalieri o quasi direttamente dal porto-mercato un sogno che covava da tempo, di Chioggia. Emissari di fiducia avere a disposizione un locale lo selezionano appena sbarca“Grande passione in cui la stella (sempre conferto dai pescherecci, affidandolo mata nonostante il cambio di quindi direttamente ai traspored energia, location) potesse brillare di una tatori che nottetempo raggiungoaccompagnate da una no Milano. Lo scambio avviene luce diversa, dove il contenitore potesse essere all’altezza casello di Rovato: può essere capacità singolare nel almezzanotte dei contenuti. Eccola dunque come le due o le tre saper selezionare la in quella che un tempo era la di notte quando il telefono trilla Mongolfiera dei Sodi e più reil corriere avvisa che sta per migliore materia, in ed centemente Burro & Alici. Potearrivare. Un sacrificio, fare quaprimis dell’Adriatico” si ogni notte ore piccole, ma è va subentrare senza cambiarne i connotati? Mai, ed ecco che l’unico modo per avere a dispoin accordo con la proprietà, la sizione il pesce giusto per interfamiglia Moretti di Bellavista e pretare al meglio le ricette della dell’Albereta (il fondatore Vittorio in questa cascina costiera adriatica, prese da Trieste fino alla Puglia, vi è nato), sono stati eseguiti dei lavori radicali di passando per la Romagna e l’Abruzzo, rispettivaristrutturazione. Ora sì, l’ambientazione accompamente come già ricordato terra d’origine e d’adoziogna adeguatamente la cucina. Una sala più grande ne di Nadia Vincenzi. Nessun altro sistema potrebbe ricavata in quello che un tenpo era il porticato; tre consentirgli di avere a disposizione le schie, i gamsale interne con soffitto a volta, di varie dimensioberetti grigi di laguna, le piccole pescatrici, i lupini ni, adatte anche a tavolate riservate. E uno spazio (le “poveracce” per i rimininesi), le moleche, i canall’aperto nel cortile-giardino, un bijoux per la bella nolicchi, i minicanestrelli, e tanto altro ancora, tutto maledettamente complicato da pulire e preparare per le cotture e le presentazioni (ecco la motivazione per cui non li si trovano altrove), ma tutto dal sapore straordinariamente buono ed originale. In una situazione del genere è chiaro che il menu cartaceo è un pretesto per rendere noto alla clientela dei non habituè che se si sceglie un percorso completo la spesa si attesta mediamente sugli 85 euro vini esclusi (è anche il costo del menu degustazione di 7 portate) on la possibilità per i più golosi – ma bisogna esserlo molto – di superarli. In genere terminata la lunga serie degli antipasti, mai

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meno di una mezza dozzina, rimane spazio per una sola altra portata da scegliere tra le cotture in coccio come gli gnocchi con il sugo di pescatrici e canocchie o la zuppa di pesce interamente sfilettata, alla griglia di carbonella (meravigliosi i calamari in particolare), o in frittura delicatissima di calamaretti e scampetti. Ma su tutto come detto veleggiano gli antipasti che in realtà sono dei mini (ma neanche tanto mini) piatti di grande gusto. Provare per credere i canestrelli crudi con nocciole tostate o gratinati; il tonno e lo spada con la frutta di stagione; la razza al forno con carciofi; le polpettine di besciamella e mazzancolle; i gamberi avvolti nel lardo con polenta; i lupini con limone e pangrattato; il polpo con spinaci freschi; gli scampi nel trevisano tardivo e scamorza; la polentina bianca con le schie di laguna. E su quest’ultima, fantastica, ricetta facciamo “chapeau” alla voglia di rimettersi in gioco di Nadia Vincenzi, “pasionaria” della cucina ittica dell’Adriatico ora in terra di Franciacorta. •


Case history food

Enrico Buonocore, imprenditore di razza di Maurizio Bertera

Ha trasformato la Langosteria in un format, con quattro locali, tre a Milano e uno a Paraggi. Il grande flag nei colori della ‘Langosteria’ che segnala una palazzina in via Lecce – siamo tra la Bocconi e il Naviglio Pavese – indica una svolta, importante, per il gruppo che rappresenta una delle case history più clamorose della ristorazione italiana dell’ultimo decennio. Giusto dieci anni fa, in via Sa-

vona (al 10, guarda caso) – nell’ex-covo di Renatino Vallanzasca, pochi lo sanno – apriva l’ennesimo ristorante di pesce sotto la Madonnina. Nome curioso, azzeccato: Langosteria. Si partì con i crudi, il coquillage e i classici: materia prima eccezionale, lavorazioni minime in cucina, l’ambiente ‘giusto’ più da club che da locale di cibo. Successo immediato ma da qui alla Holding… “In quel marzo 2007, pensavo solo a rendere gradevole l’esperienza al pubblico e non al mio futuro. Tutto il resto è venuto naturale, talvolta quasi casuale” Parole di Enrico Buonocore, socio fondatore e amministratore delegato dell’azienda: in parte ha ragione, in parte no.

In questa pagina: l’imprenditore milanese Enrico Buonocore; nella pagina a fianco: i suoi locali, sopra: Langosteria Paraggi all’interno dei Bagni Fiore a S.Margherita Ligure (Ge); sotto: Langosteria, sita a Milano in via Savona, n. 10.

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Perché non si può fare sempre centro, in naturalezza e quasi casualità. Sono i numeri a ‘inchiodarlo’ e dimostrare che in un decennio, lui e i quattro soci-amici di minoranza (Giuseppe Leccese, Antonio Traverso, Giovanni Branchini jr e Gianni Mondelli che è il responsabile amministrativo e finanziario) hanno compiuto un piccolo capolavoro. Tre locali a Milano: la già citata Langosteria, Langosteria Bistrot e Langosteria Cafè Milano che in media fanno 180 (solo la sera!), 140 e 250 coperti. Il quarto approdo a Paraggi, aperto prima dell’estate all’interno dei famosi Bagni Fiore, ha fatto il pieno fisso a pranzo e a cena, con un fatturato sui due milioni di euro in


quattro mesi. Da qui una previsione di un bilancio 2017 che lascia a bocca aperta: circa 18 milioni di euro come fatturato totale (“E nel 2018, con Langosteria Paraggi a regime, si punta al muro dei 20” sottolinea il patron) con una crescita del 32% per cento rispetto all’anno precedente. Fa sorridere un dato svelato da Buonocore: nel 2013, al secondo anno di diarchia tra Langosteria e Langosteria Bistrot, non si andò oltre i tre milioni e mezzo di euro. E’ stata una crescita formidabile, svolta rigorosamente in autofinanziamento, che ha avuto il momento chiave tra il 2013 e il 2014. “Come sempre, io mi fido dei clienti – spiega – ecco perché ho compreso l’esigenza di un secondo locale, più casual e aperto anche a pranzo. Così nel 2012, ho aperto il bistrot in via privata Bobbio, piazzando un bancone per seguire le preparazioni che all’epoca era impensabile per un locale a parte quelli di sushi. In questo modo, ho creato una Langosteria diversa e ‘centrato’ maggiormente quella originale, che è stata pure ampliata arrivando a un centinaio di coperti nel 2014. Quel biennio mi ha fatto intuire le potenzialità, sviluppate nelle stagioni seguenti a partire dal temporary Fish Bar del 2015”. Parliamo delle due ultime scommesse, ovviamente vincenti. Il Cafè in Corso Vittorio Emanuele II: aperto nel marzo 2016 e che per molti sarebbe stato un flop. “Lo so benissimo, ma avevo considerato in partenza i pro e i contro di un locale in quella posizione ragionando

solo sulla colazione e sul pranzo per i professionidel cuoco mentre un piatto deve avere il presupsti del centro. Ma soprattutto è stato vincente il saposto di piacere a tutti. Difatti, mediamente anche persi adattare alla situazione: dopo solo tre giorni dai migliori si fanno un paio di esperienze all’anno ho cambiato la struttura della sala principale, via il mentre in Langosteria ho clienti che vengono 30 volbellissimo sharing table a forma di L che avevo fatte in una stagione Poi c’è anche un ragionamento to realizzare e al suo posto ho messo un bancone tecnico: un cuoco blasonato non è in grado di faper lo show cooking. E poi ho lasciato perdere la re 180 coperti in una sera, con il nostro metodo”. colazione e deciso di servire la cena, soprattutto per Detto questo, c’è stata una chiara evoluzione dei gli stranieri: ora coperti e ricavi menu, non così basici come un sono superiori a quanto avessi tempo (“Anche se il fritto misto, il king crab, le orecchiette sono immaginato”. Langosteria Pa“I locali si colorano sempre i piatti più richiesti: quinraggi, il primo fuori porta in una di le mie idee non sono campate zona non facile come il Levante. con i volti delle in aria” sottolinea), i tre dogmi “Grande sfida, soprattutto orgapersone: la squadra sono quelli fissati da Buonoconizzativa. Mai avuto dubbi sulla re in tempi non sospetti: “Odio i qualità del cibo, anche se lonè fondamentale per cibi precotti, le cotture lunghe e tano da Milano: su quello che ogni successo” le cucine dove il 50% del tempo mettiamo nel piatto, penso sia viene impiegato per le guarnizioinutile discutere. In Liguria, però ni. Noi diamo il gusto immediato a pranzo siamo un grande bar e la piacevolezza totale. Per facon cucina in uno stabilimento re questo ogni giorno, non occorre il genio ma lo balneare e alla sera montiamo un vero ristorante specialista con tanto entusiasmo: i nostri ceviche con tavoli in spiaggia, con un servizio formale. Direi e tiradito oggi sono preparaio da un ex-operaio peche Paraggi ha mostrato che possiamo essere forti ruviano che sognava di fare il cuoco in Italia e abin qualsiasi posto e in qualsiasi situazione”. Buonobiamo raffinato sino a diventare bravo”. Capitolo core, stimato dagli chef, è probabilmente il patron personale: 160-170 tra uomini e donne sono coinpiù anti-chef in circolazione: la nostra è provocavolti nel gruppo, in gran parte nella fascia di età tra zione, visto che lui spiega tranquillo il motivo della i 30 e i 40 anni. “Uno sforzo immane nel trovarli, sua storica scelta di non avere dei ‘nomi’.“ L’alto di ne vedrò mille all’anno e in pratica due giorni delgamma vive dell’io e non di programmazione. Per la settimana li dedichiamo alla ricerca che ho deme sedersi in uno stellato è un’esperienza, spesso legato. In definitiva, sono convinto che le difficoltà valida ma sempre condizionata dall’egocentrismo

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Case history food In questa pagina: gli altri due locali gestiti da Enrico Buonocore, a fianco: Langosteria Cafè Milano in Galleria del Corso, 4 a Milano; sotto: Langosteria Bistrot in via Privata Bobbio, 2, Milano; infine lo chef Domenico Soranno impegnano in cucina.

condo team della Ferrari: è sempre a Maranello mentre il primo team è impegnato sulle piste. Qui si effettua la formazione del personale, si ragiona sui progetti, si affrontano i problemi logistici e via dicendo. Si pensa al domani: stiamo ragionando sulla standardizzazione di ogni piatto, con scheda analitica e video per i cuochi. Ma anche al presente visto che qui si riunisce il team manager che sono la

– quasi tutte della sala – derivino dalla mancanza di fame e dalla scarsa considerazione del ruolo. E’ un mestiere faticoso che devi affrontare con disciplina, sapendo gestire famiglia e tempo libero ma soprattutto puntando a essere il migliore. Il talento

va pagato bene e premiato sempre quando merita, il problema è che c’è un mare di ragazzi ‘molli’ che purtroppo non ce la fanno, di testa e fisicamente” Ed eccoci alla Holding, passaggio fondamentale. “Facciamo un lavoro paragonabile a quello del se-

mia diretta emanazione, con responsabilità precise e soprattutto il compito di gestire il personale”. E’ evidente che il futuro di Langosteria passerà sempre più nella sede della Holding, non solo fatto di numeri e decisioni ma anche di momenti piacevoli, conviviali. Ci sarà presto una cucina per gli ospiti, c’è un terrazzino per bere un aperitivo, si organizzeranno incontri per giornalisti e fornitori. “Diventerà in fretta un posto vivo e vivace, come piace a me – chiude Buonocore - lo dico da sempre: i locali si colorano con le facce delle persone, il resto è semplicemente frutto di un lavoro costante e serio”. Vero, verissimo. •

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L IN EA

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Focus food

“WA TASTE”, il Giappone a Milano di Emanuela Stìfano

A novembre, un evento esclusivo dedicato ai professionisti del settore food&beverage. Un’occasione per conoscere i prodotti tipici giapponesi e le aziende che li producono. In Italia l’interesse verso il Giappone è altissimo: lo dimostrano i numerosi ristoranti di cucina giapponese che sorgono nelle città; lo dimostra la notevolissima affluenza registrata durante Expo 2015 nel padiglione giapponese; lo dimostrano i molteplici tour operator che propongono viaggi verso questa meta. Ma non è tutto: oltre alla cucina, cresce l’interesse per i singoli prodotti alimentari giapponesi e per la cultura gastronomica in essi insita, poiché si tratta di ingredienti particolari, capaci di valorizzare – anche - le preparazioni Made “In Italia cresce in Italy. In tale contesto si insel’interesse per la risce l’operato di JETRO (Japan External Trade Organization), un gli chef e gli operatori cultura gastronomica vembre, ente semi-governativo giapponedel settore della ristorazione poe per gli ingredienti tranno incontrare nuove aziende se il cui scopo è proprio quello di promuovere i rapporti economiprovenienti da tutto il Giappogiapponesi”. co-commerciali tra il Giappone e ne, conoscere e degustare i loil resto del mondo. Fondato nel ro prodotti, scoprire l’originalità 1958 dal Governo Giapponese, e l’autenticità degli ingredienti è presente con 46 uffici in Giappone e 74 all’estero, alla base della cucina giapponese durante “和-WA distribuiti in 55 Paesi, di cui uno in Italia, a Milano, TASTE. Profumi e Sapori dal Giappone”, un evencuore pulsante della moda e delle tendenze, anche to B2B, un form in cui viene valorizzato il business gastronomiche. Obiettivo generale di JETRO è quello matching - i prodotti sono presentati direttamente di incrementare gli investimenti diretti in Giappone e dalla voce dei produttori – che si inserisce nel ciclo di organizzare diverse attività legate alla promozione di incontri business FOOD JAPAN voluti da JETRO, la delle aziende giapponesi sui mercati esteri, supporcui prima edizione è andata in scena, con successo, tando le piccole e medie imprese giapponesi nella lo scorso anno, sempre a Milano, con l’evento “新 loro strategie di internazionalizzazione con il mercato 発見!Shinhakken! Alla scoperta del cibo giappoitaliano. Hiroto Kobayashi, attuale Direttore Genenese tra cultura e passione”. rale di JETRO Milano conferma: “E proprio al fine di Dunque il 27 novembre l’appuntamento per gli chef, diffondere la conoscenza dei prodotti gastronomici i ristoratori, i buyer, gli importatori e, ancora più in giapponesi nella capitale meneghina, lunedì 27 nogenerale, per gli addetti ai lavori del settore della

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Ottobre 2016, scorsa edizione di FOOD JAPAN

ristorazione, è a Milano, a Palazzo Giureconsulti a pochi passi dal Duomo, dove nuovi sapori, odori e texture della gastronomia giapponese saranno gli indiscussi protagonisti. Si tratta di ingredienti e di prodotti destinati alla ristorazione medio-alta, sia essa giapponese, italiana o fusion. Nella cucina italiana contemporanea, infatti, l’integrazione di uno o più prodotti giapponesi può dare luogo a ricette originali: la grande varietà di prodotti locali, la ricerca e le tecnologie all’avanguardia nel settore alimentare rendono infatti il Giappone un luogo di innovazione e di grande interesse per la ristorazione italiana. In altre parole, un incontro tra culture, che passa anche da quel particolare sodalizio che esiste tra Giappone e Italia. Due Paesi complementari, entrambi caratterizzati da tradizioni antiche molto radicate, che si accostano, senza disturbarle, a idee creative e dinamiche. • Info&contatti: JETRO Milano Tel. 02 7211791 email: mil-event@jetro.go.jp


LE AZIENDE SOTTO LA LENTE Durante “和-WA TASTE. Profumi e Sapori dal Giappone”, gli operatori del settore potranno incontrare un nutrito numero di aziende giapponesi e conoscere da vicino i loro prodotti. Per esempio Nagasaki prefectural local brand products export promotion council, si tratta di una coo-

Nagasaki prefectural local brand products export promotion council

perativa che si trova nella città di Minami-Shimabara, un’area rinomata e particolarmente adatta alla produzione di somen. Per via delle ricche acque sorgive che sgorgano ai piedi del vulcano Unzen, presenterà Shimabara-tenobe-somen, i somen fatti a mano attraverso una tecnica che si tramanda da 350 anni che, acquistando particolare consistenza ed elasticità, sono una valida alternativa alla pasta. A proposito di alternative alla pasta, anche Goto tenobe udon sarà presente all’evento con gli udon fatti a mano, prodotti per la maggior parte nella città di Shinkamigoto da più di 1000 anni. Sia i somen che gli udon sono distribuiti dalla JFC Italia. L’olio di camelia, che si estrae sull’isola, è uno degli ingredienti che contribuisce a conferire a questi deliziosi udon una consistenza elastica e setosa; una curiosità: la produzione degli udon dipende dalle condizioni atmosferiche del giorno in cui vengono realizzati, tanto che la concentrazione di sale nel momento in cui si lavora la pasta dipende dal tempo, dalla temperatura e dall’umidità di quel giorno. Yabu Partners Inc., presenterà invece Asakura Sansho, una pregiata varietà di pepe giapponese, originario di Asakura (città di Yabu, nella Prefettura di Hyogo), che vanta più di 400 anni di storia. I grani di pepe Sansho, che in Italia sono distribuiti dalla Longino & Cardenal e che hanno già saputo conquistare alcuni importanti chef, sono generalmente distribuiti sul mercato come prodotto essiccato, ma questa azienda distribuisce l’Asakura Sansho come prodotto fresco; ciò è possibile poiché i grani ven-

gono surgelati subito dopo la raccolta, mantenendo così il classico color verde e un aroma agrumato e pungente. Fuji Takasago Shuzou Co.,Ltd., azienda fondata nel 1830 e situata a sud del Monte Fuji dalle cui sorgenti sotterraYabu Partners Inc. nee estrae l’acqua che utilizza per la produzione del sake, presenterà invece Takasago Yamahai Junmai Ginjo - un Sake dal gusto ricco e squisito grazie al particolare metodo di lavorazione Yamahai che non prevende l’aggiunta di batteri dell’acido lattico ma utilizza quelli naturalmente presenti nell’ambiente, tanto da essere stato premiato per la categoria Junmai Ginjo in occasione della manifestazione IWC (International Wine Challenge) 2016 - e Takasago Umeshu, un liquore di prugne giapponesi prodotto con il metodo a fermentazione spontanea Yamahai Honjozo. Caratterizzato da un gusto intenso, lo si può assaporare come vino da dessert. Shizuoka Concierge Co.,Ltd., azienda che tratta prodotti agricoli, forestali e ittici e che è situata al centro del Giappone, porterà a Milano la sua radice fresca di wasabi. Non un wasabi qualsiasi, ma quello coltivato a Izu, nei campi attraverso un metodo speciale inventato Fuji Takasago nel 1892. Il wasabi, dal colore verde acceso Shuzou Co.,Ltd.

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Shizuoka Concierge Co.,Ltd.


Focus food e dall’essenza piccante, è un prodotto versatile: aggiunge colore ai piatti e, oltre a stimolare l’appetito, rende meno pungente l’odore del pesce crudo ed è noto per le sue proprietà disinfettanti che prevengono le intossicazione da cibo. È inoltre sorprendentemente nutriente grazie alle pro-

Kanei Hitokoto Seicha Inc.

teine, ai minerali e alle fibre che contiene. Kanei Hitokoto Seicha Inc. è uno dei principali rivenditori di foglie di tè per il canale OEM, e ha dunque modo di acquistare materie prime di alta qualità proveniente da tutto il Giappone. All’interno dell’azienda è presente un esperto qualificato, a cui è affidato il compito di miscelare le foglie e supervisionare l’intero processo a partire dalla selezione delle materie prime fino alla produzione finale. A Milano presenterà Tè Hoji, destinato all’utilizzo esclusivo di macchine espresso semi automatiche, Tè Hoji in polvere, ossia foglie di tè sminuzzate e tostate a lungo, ridotte in polvere si tratta di un prodotto originale e molto versatile sia nella preparazione di dolci che in cucina, e Tè Sakura Honoka (in bustine), un tè molto raro che profuma di fiori di ciliegio. M&J Llc commercializza prodotti freschi e confezionati tra i

quali alcuni sono biologici. Gli operatori potranno conoscere l’uva di mare (caviale marino), dal sapore delicato e dal profumo di mare. Ricco di elementi nutritivi, previene l’innalzamento degli zuccheri nel sangue, aiuta la digestione e riduce gli stati di irritazione dell’apparato intestinale. Ma ci sarà anche il myoga (germoglio di zenzero) - una verdura preziosa che solo in Giappone viene coltivata per uso alimentare, utile a ridurre il senso di inappetenza, a riequilibrare gli ormoni e a prevenire intossicazioni alimentari – e la più coIsle Co.,Ltd. nosciuta Salsa di soia del marchio Yamaroku, caratterizzata però da un gusto ricco e morbido poiché per produrla sono necessari un quantitativo di ingredienti e un periodo di fermentazione doppi rispetto ad altre salse di soia. Isle Co.,Ltd., commercializza fogli vegetali “vegheet”, un prodotto che nel tempo ha sviluppato un alto grado di perfezione e riproducibilità. Si tratta di

Global Eye Co.

M&J Llc

un foglio vegetale sottile, essiccato, fatto esclusivamente di pasta di verdure e kanten, un addensante naturale conosciuto anche come agar agar, privo di coloranti o conservanti, che può essere utilizzato per essere arrotolato attorno a del riso o altri ingredienti, nelle minestre o come condi-

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Narita Wholesale Market Export Hub Progress Committee

mento per la pasta. Sono anch’essi privi di additivi i prodotti di Global Eye Co.: il punto di forza di questa azienda sono le tecniche originali di essicazione, macinatura e fermentazione. Tra i prodotti, Umami dashi (base per il brodo di pesce), ossia un dashi diverso dal tradizionale brodo a base di “bonito” (tonnetto essiccato) - ci sono infatti altre tipologie di brodi locali meno conosciute come il suro (Trachurus Trachurus), detto anche sugarello, o sauro, il blackthroat sea perch una specie di pesce persico (Doederleinia berycoides) e il pesce volante (Oxyporhymphus micropterus) - e l’Edamame Milk, un preparato solubile a base di edamame e zucchero. Un prodotto versatile, che può essere degustato coNakaki Food Co.,Ltd. me bevanda vegetale

dal sapore dolce o come ingrediente per la preparazione di dolci. Narita Wholesale Market Export Hub Progress Committee è invece un gruppo industriale in cui sono presenti rappresentanti del Mercato di Narita, la cooperativa agricola locale JA, gli agricoltori locali, aziende di logistica, nonché alcuni rappresentanti della Città di Narita. Tra i prodotti, la Patata dolce (“Quick sweet”) – che può essere degustata come patata dolce arrostita, semplicemente scaldandola in un forno a microonde – e l’Hamachi (ricciola giapponese), l’esemplare giovane di quello che viene comunemente chiamato buri, ottimo consumato crudo come sashimi o carpaccio ma anche scottato in padella, grigliato o come ingrediente dello shabushabu. Nakaki Food Co.,Ltd. è un’azienda che produce alimenti vegetali a base di konjac (konnyaku) da 103 anni non ancora molto conosciuti per le loro proprietà salutari. In particolare, “MAGIC NOODLE” (Pasta vegetale a base di konjac) è un prodotto privo di gusto e di odore, e dunque può essere la base ideale per ricette alternative. NAKAKI FOOD ne ha perfezionato le proprietà, favorendo così un’ottimale penetrazione del condimento e le tempistiche di cottura. Un prodotto interessante, poiché privo di glutine e zuccheri, ricco di fibre e a basso contenuto calorico (contiene solo il 25% delle calorie della normale pasta). Infine Kinjirushi Sales Co., Ltd. azienda fondata nel 1929, che impernia la sua attività sulla produzione del wasabi. Grazie al metodo “Flash frozen grating method”, il prodotto fresco viene congelato a -196 gradi, in modo da lasciarne

Kinjirushi Sales Co., Ltd.

inalterate le caratteristiche organolettiche. A Milano presenterà il Wasabi grattugiato Eswasabi e il Wasabi grattugiato Sachet, ma ci sarà anche Kizami Yuzu, la buccia di yuzu congelata grazie ad un procedimento speciale in grado di tenere separato ogni pezzo per un pratico utilizzo.

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Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Napoli, Firenze, Verona, Venezia; nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera e nelle edicole Hudson News degli aeroporti di Malpensa, Linate e Stazione Centrale di Milano.

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Naturalmente sud Un giacimento da valorizzare di Angelo Foresti

Un imprenditore dell’ospitalità, già patron di locali stellati, ci offre spunti per comprendere l’incredibile offerta del nostro meridione. Questo articolo, saporoso e intenso come i luoghi che descrive, non ha la presunzione di indicare ciò che è il meglio nel senso assoluto né ha la pretesa di incontrare la soddisfazione di tutti. Questo piccolo “manuale” è stato redatto solo per condividere con i lettori di Artù le scoperte gastronomiche che i miei molteplici viaggi mi hanno fortunatamente concesso; per dare una meritata luce a una parte della Penisola caratterizzata da una solitudine del tutto italica, da una cordialità esemplare e da indi-

menticabili sapori particolari; per portarvi, in modo tura mediterranea: vigneti e uliveti, sono all’origine virtuale, ma allo stesso tempo suggestivo, nei cuori di vini come l’antico e restaurato Tintilia della Candelle regioni del sud Italia. tina Cianfagna di Acquaviva Colle Croce o il suggeUna delle simpatiche leggende che circolano sui stivo Biferno Bianco Gironia di Borgo di Colloredo a social riguarda l’inesistenza del Campomarino (un vino che senMolise. Ebbene esiste, eccome te il mare). Come non ricordare, “Decine di territori se esiste! Questa è una regiopoi, gli oli extravergine da cultida scoprire, ognuno var Gentile di Larino e quello del ne in cui mare e montagna sono Principe Pignatelli, prodotto nei complici donatori alla propria ricon caratteristiche pressi di Venafro. In questa regiostorazione di prodotti genuini e diverse e possibilità ne si può inoltre imbattersi, pasgustosi, i quali vengono utilizzati per le vie dello “struper la creazione di piatti di una di business, non solo seggiando scio” di Campobasso, in uno dei tradizione in perenne riscoperta. nel campo del food più grandi archeologi del gusto di Il mare è pescosissimo e i vertutta Italia: Bobo Vincenzi, patron santi montani sono colonizzati and wine” del ristorante RiBo a Guglionesi, da bovini, caprini, ovini e suini, sempre all’instancabile ricerca di allevati allo stato brado; sono ricette della tradizione da riproporre, riscoprire, e che cosparsi di boschi, culla dei tipici funghi porcini e può condurre chiunque, con i suoi incantevoli aneddi alcune varietà di tartufo nero, che digradano pladoti storici, verso una profonda conoscenza della cidamente fino ad incontrare le tipicità dell’agricol-

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Nella pagina a fianco, Fusilli alla Crotonese; in questa pagina, il Gran piatto di crudo di Alfonso Crescenzo, una stella Michelin a Praialonga; qui sopra, Nadia Vincenzi, chef di lunga esperienza, alle prese con una forma di formaggio molisano.

regione. Altro personaggio di spicco, interprete della vera cucina locale, è Filindo della Trattoria Borgo Antico a Civita Superiore di Bojano. Qui ai piedi del Matese sembra di essere rimasti indietro nel tempo. Dall’altra parte della vetta, sul versante opposto, si adagiano paesini dal passato glorioso, famosi per essere appartenuti alla regione storica del Sannio. Siamo in Campania. Questa regione che il sud annovera per le sue specialità enogastronomiche è patria di storici e di gladiatori, di drammaturghi e di attori infiniti, e di prodotti della terra eccezionali. Il suo sole benevolo, le sue piane fertili, i suoi dolci rilievi, l’aria provvidenziale del suo mare e l’azione munifica del Vesuvio fanno sì che in questi luoghi si abbia una produzione di tipicità a dir poco esagerata: mozzarella e ricotta di bufala, olive di Gaeta, pomodorino del piennolo del Vesuvio, limoni di Sorrento, melannurca campana, nocciola tonda di Giffoni (località del celebre film festival), pasta di Gragnano e friarielli, sono solo alcuni dei prodotti col pedigree della regione, che contribuiscono a dar vita a piatti leggendari come pizza, mozzarella in carrozza, paccheri con le triglie, babà, pastiera e molto molto altro ancora.

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Focus food Il clima propizio permette un’incantevole viticoltura che ci consente di sorbire vini favolosi come il Fiano di Lapio, il Taurasi (detto anche Barolo del sud), il vino d’Ischia Per’e Palummo prodotto dall’azienda D’Ambra, il Pallagrello Bianco, il Trebulanum di Massimo Alois, il Costa d’Amalfi Furore Bianco dell’azienda Cuomo e il minimo Montevetrano di Silvia Imparato. A questo punto è impossibile evitare una sosta presso dei ristoranti che sono riferimenti assoluti per tutti coloro che vogliono avere il bello e il buono: il centenario Don Alfonso 1890, che è pure un’azienda agricola in grado di rifornire la propria cucina con prodotti di una bontà indescrivibile, e Il Principe, a Pompei, sito storico tristemente sublime. La Basilicata è luogo affascinante e selvatico, scenario naturale che molti registi hanno scelto per girare pellicole immortali. Anche questa regione vede la convivenza eternale tra habitat montani e marini, con però la prevalenza dei primi, dato che le coste consistono solo in piccole strisce di terra che si affacciano pacifiche sullo Ionio e sul Tirreno e che comunque donano alla cucina tradizionale ingredienti in grado di caratterizzarla fortemente. Va da sé che il grosso della produzione gastronomica lucana ha un’identità da entroterra. Allevamento e agricoltura forniscono alle tavole dei ristoranti prodotti unici: carni di bovini, ovini, caprini e suini, allevati in libertà alle pendici frastagliate delle montagne; insaccati e prodotti caseari (come caciocavallo podolico e pecorino canestrato); funghi cardoncelli, frutti dei boschi diffusi; fagioli, peperoni, melanzane e la patata rossa, tutti prodotti Dop o Igt. È sul Vulture, antico

vulcano spento, che viene generata la tipicità inimitabile della regione: zona di acque incredibili e terapeutiche e anche di vigneti di Aglianico del Vulture da cui si ottengono i favolosi vini omonimi, spesse volte con vendemmia notturna delle uve nell’azienda Terra dei Re, Sangiovese e Malvasia bianco, e di oliveti di cultivar Majatica, dalla cui frantumazione si ottiene un ottimo olio Dop. Se poi si volessero gustare i piatti tipici della cucina lucana, rigorosamente preparati secondo le antiche ricette, magari sbocconcellando un po’ del mitico Pane di Matera, lo si può fare presso La Taverna Rovita, a Maratea, in un ambiente rustico di fascino, o alla Trattoria Lucana di Matera, in cui servono piatti particolari col fungo cardoncello.

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La Puglia da nord a sud ci ripresenta le caratteristiche geografiche della nazione: montagna, colli e piana sconfinata, tutti abbracciati dal mare che la circonda e le fornisce una notevole quantità e qualità di pescato fresco (il pesce dal promontorio garganico, della costa di Savelletri, del basso Salento e i ricci di Torre Canne ne sono esempi). La particolarità della morfologia territoriale permette a questa regione di variare la produzione a seconda della zona di provenienza, sicché allevamento e agricoltura sono altamente differenziati sebbene comuni a tutte le zone: possiamo imbatterci dunque nel grano del tavoliere, nel pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto, nelle mucche podoliche del Gargano, nei muli di Martina Franca, nella cipolla di Acquaviva, in carciofi, fichi, ciliegie (tipo ferrovia), broccoletti, fave, fichi d’india, mandorle, melograni, in innumerevoli varietà di vitigni e di oliveti. L’abilità dei pugliesi è da sempre quezlla della trasformazione artigianale dei prodotti della propria terra in funzione dei prodotti tipici celeberrimi, come taralli, pani di Altamura, le mozzarelle di Gioia del Colle, il purè di fave e cicoriette, le orecchiette con le cime di rapa, i fichi mandorlati della Valle d’Itria, formaggi e insaccati particolari (capocollo di Martina Franca dei Santoro), l’oliva da tavola la Bella di Cerignola ecc. I vini non sono più quelli da taglio come una volta, ma qualche azienda da tempo ha iniziato una produzione di qualità le cui perle sono: il Nero di Troia di Alture, Il Moscato di Trani vendemmia tardiva di Torrevento, il Rosato ottenuto con il sistema a lacrima di Severino Garofano a Copertino, il Primitivo di Gioia del Colle firmato Polvanera, il Susumaniello rosato di Flora Saponari (con la complicità dell’enotecnico Filippo Cassano), il Minutolo del mitico Lino Carparelli, il Salice Salentino, il Negroamaro, il Bianco d’Alessano, il Verdeca e molto altro ancora di aziende quasi tutte di riconosciuta fama. La birra


Raffo di Taranto dal sapore vellutato è un’altra chicca delle specialità pugliesi. Paesaggi incantevoli si trovano più o meno ovunque e molti sono i resort che lì sorgono spettacolari. Il Borgo Egnazia a Savelletri di Fasano è il più rappresentativo, la Masseria Picca Picca a Morciano di Leuca nel Salento (dove la signora Laura vizia con i suoi piatti memorabili i suoi ospiti speciali) mentre l’ultimo nato è il Borgo Canonica a Cisternino. I luoghi di ristoro sono molteplici, adatti a tutti i gusti e tutte le tasche, dal fiabesco Grotta Palazzese a Polignano a Mare, forse il più fascinoso, dove la cucina è un optional, alla medievale Peschiera a Capitolo, meta di personaggi facoltosi, sino Al Canale di Taranto, che si affaccia sui

mar Grande e Piccolo, sicuramente consigliabile per la sua cucina di pesce nobile sempre freschissimo. Da qui, la Calabria è a un passo. Sembra una montagna che sorge dal mare, il che le permette di avere dalla sua terra dei frutti estremamente caratteristici (liquirizia, funghi vari, castagne, peperoncino di Spilinga, maiale nero calabrese, cipolla di Tropea, bergamotto, miele, erbe e spezie selvatiche, mandorle, tartufo di Pizzo, vitigni particolari come Gaglioppo e Greco, olive dei colli di Tropea, stocco, pescespada,

tonno, ecc…) dai quali si ottengono unici prodotti tipici come amari particolarissimi, marmellate e confetture varie, la ‘Nduja (salame spalmabile al peperoncino, il quale viene utilizzato nella produzione degli insaccati simbolo di questa terra), le trecce di fichi, la pasta di mandorle, il Bocconotto, i vini Cirò dei fratelli De Mare a Cirò Marina, il Greco di Bianco di Santino Lucà, a Bianco, la conserva di peperoncino, l’olio extravergine di Tropea, il capocollo e la soppressata di maiale, e altro ancora (che dire dei gamberi rossi di Capo Rizzuto, sullo Jonio?) tutti alla base di una cucina tipica e sapiente che trova nel mitico Pinuccio Alia, della storica locanda di Castrovillari (Cs), un grande portabandiera in grado

di presentare con maestria nel suo ristorante tutti i piatti della tradizione calabra. Il ponte da Scilla a Ganzirri di Berlusconi e Renzi non è ancora pronto, allora prendiamo un traghetto della Caronte (traghettatore pure delle anime) e raggiungiamo la Sicilia. Il mare la governa influenzandone costumi e produzioni. Cosicché è facile imbattersi nelle saline di Trapani, nelle vecchie tonnare in disuso di Scopello nella Riserva dello Zingaro. Considerando l’enorme

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Il Sud è un bacino formidabile anche per quanto riguarda il pesce: oltre alla Sicilia, anche in Puglia e Calabria si trovano gamberi rossi superlativi (a sinistra, golfo di Taranto). In basso, antica iscrizione riportata a modernità sulla costa ionica calabrese. In questa pagina, tartufo molisano e fichi d’India.

quantità di flottiglie da pesca, la Sicilia è pure produttrice di tradizionali conserve ittiche, soprattutto di tonno a Marzameni, Favignana, e pesce azzurro nella zona che va da Castellammare del Golfo a Palermo. Nella dolce apparente tranquillità di Santa Flavia, località marittima, in una delle sue frazioni, Porticello, è possibile incontrare un essere mitologico metà uomo metà passione, Nello Cardilio detto pure Nello El Greco, che nel suo ristorante La Muciara (prende il nome da un’antica imbarcazione da pesca a forma piatta) vi donerà un’esperienza mistica con la sua cucina di pesce freschissimo. Nell’entroterra, a Chiaramonte Gulfi, sui monti Iblei, terra d’olio sublime da cultivar tonda iblea esiste un frantoio vanto di tutta la Sicilia intera: il Frantoio Cutrera. Gli oli lì prodotti si possono acquistare anche in uno storico ristorante locale, l’Antica Stazione, che era davvero una stazione, negli anni venti, trenta e quaranta del secolo scorso, stazione così difficile da raggiungere dalla piccola littorina tanto che i passeggeri dove-


Focus food ricotta di pecora. Sui crinali dei monti nasce spontaneo il mirto, frutto selvatico dal quale si ricava un profumato ed intenso liquore, mentre alle pendici sorgono i vitigni che portano ai tipici vini, Cannonau, Vernaccia, Vermentino di Gallura (quello di Tondini a Calangianus è tra i migliori, Bovale e Carignano e al famoso distillato dal nome Filu’e Ferru. Altri prodotti di spicco dell’agricoltura sono gli spinosi carciofi di altissima qualità, che vengono anche conservati sott’olio extravergine denocciolato di Bosana, allo stesso modo di funghi e pescato; la pompia, agrume ideale per la preparazione di liquori, e i cereali dai quali si ottiene il pane Carasau e la isolanissima birra Ichnusa. Quando poi si ha voglia di gustare il pesce nella sua massima espressione culinaria è d’obbligo una visita a Luigi Pomata, a Cagliari, o al Golden Gates a Bortigiadas, a pochi chilometri da Tempo Pausania. Il viaggio nella terra dei Mori è giunto al termine, non resta che imbarcarci e tornare sul “continente” solcando le onde del Tirreno. Ho elencato in un sofLa materia prima secondo Alfonso Crescenzo, di Lavorate di Sarno, attivo al Pietramare di Praialonga (Kr). A destra, una stufa degli anni Quaranta. Le tecniche di cottura evolute erano ancora di là da venire.

vano scendere dal vagone per facilitarne l’impervia salita (si dice che persino re Vittorio Emanuele III fu sottoposto a tale trattamento). Nella capitale c’è il ristorante dell’appassionato Gigi Mangia che con la sua cucina delicata ripropone i piatti della tradizione sicula tanto cari alla compianta scrittrice di gastronomia locale Franca Colonna Romana. Se poi volessimo parlare di vini, trovo che sia obbligatorio citare il geniale Marco de Bartoli, di Marsala, inventore del Vecchio Samperi, vino conosciuto in tutto il pianeta; una sorta di Marsala ma senza aggiunta di “mistella”, il Nero d’Avola, l’Alcamo (i due più famosi insieme al Marsala), il Malvasia delle Lipari (ottimo quello di Antonino Caravaglio a Malfa) e del Passito di Pantelleria da uve Zibibbo detto anche Moscatellone d’Alessandria (quello di Basile è colui che privilegio). Concludiamo la nostra permanenza su questa splendida e per certi versi unica isola parlando dei suoi agrumi inarrivabili, i limoni, le arance rosse di Paternò e quelle bionde di Ribera, delle granite miracolose di limone e sale di Doddi a Messina e dei suoi gelati assurdamente buoni come i leggendari dolci (cassata, cannoli ecc.) del Caffè Sicilia di Noto dei fratelli Assenza. Non dimentichiamo la Sardegna, l’altra grande isola d’Italia, appartenente al sud non tanto per la sua po-

sizione geografica ma per la forma della sua anima. Qui c’è una cultura territoriale totalmente distante da quelle che abbiamo potuto vedere finora, ma è sempre caratterizzata dagli influssi benefici del mare e dal clima mediterraneo avvolgente, che uniforma le sue produzioni a quelle delle regioni continentali. È rinomata per gli allevamenti di ovini e le loro derivazioni: il pecorino sardo è tra i formaggi più celebri, ma una menzione particolare va fatta pure per la

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fio solo una piccola parte delle esperienze gastronomiche che, come un prezioso ninnolo, mi hanno cullato nelle ardenti terre del sud. Adesso, a vostro piacere, non vi resta che confutarle o chiudere gli occhi, immaginarvi il suono delle cicale, un campo coltivato sotto il sole cocente, un cappello di paglia. Posatelo dolcemente sulla fronte e dopo tutto questo ben di Dio concedetevi ad un sonnellino ristoratore lì dove la natura vi tiene in grembo. •


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Hotel Splendide Royal, allure parigina di Gualtiero Spotti

Un indirizzo piacevole e discreto al centro di Parigi. Senza rinunciare al lusso e a Tosca, il ristorante a firma di Michelino Gioia. La scelta dell’albergo per chi vuole trascorrere qualche giorno a Parigi, e non vuole frequentare luoghi affollati e caotici pur vivendo l’allure e lo stile delle grandi residenze, non è certo cosa di poco conto. In particolar modo se si preferisce sostare nel cuore della città e negli arrondissement centrali perfetti per visitare l’area monumentale della Ville Lumiere e osservare da vicino il via vai dei Campi Elisi. Uno degli indirizzi più piacevoli e discreti rimane, in questo senso, lo Splendide Royal, costola parigina dell’albergo romano del gruppo Naldi, che è ospitato in un palazzo di rue du Cirque, ai confini con l’Eliseo e in una zona ricca di boutique e motivi di vario interesse, sia per chi si muove per business o come semplice turista. Ospitato in un edificio elegante, ma con un ingresso poco appariscente, e per questo ancor più appetibile dagli ospiti che non vogliono apparire pur mantenendo sempre il lusso e

la qualità di un cinque stelle, l’hotel è stato arredachia a Ladispoli, dove al ristorante César ha racto con un gusto molto classico e, verrebbe da dire, colto una meritatissima stella Michelin dieci anni senza tempo, vicino a quello degli altri alberghi che fa, nel 2007. Ora con rinnovato vigore si è lanciato già appartengono alla catena. Lo Splendide Royal in questa avventura d’oltralpe, mettendo al servizio tra questi è solo l’ultimo arrivato e si vede, per la cudell’hotel la sua passione e una storia di piatti conra degli interni, da abitazione pricentrati soprattutto sull’espresvata di pregio, con 12 splendide sione più sincera della cucina junior suite e suite dove si incromediterranea. Solido, preciso e ciano piacevolmente stile italiano rigoroso nelle preparazioni, ma “Da circa due mesi e francese. Di sicuro lontano anni anche creativo e divertente neluce dall’esuberanza e dall’ostengli accostamenti, Gioia sa semlo Splendide Royal tazione che si percepisce osserpre fornire spunti di classe doha le sue ottime carte ve non si perde mai il piacere vando invece il vicino e grandioso Bristol, dove tra l’altro ai fornelli da giocare quando si del gusto e della cucina italiana anche quando si esce dai casi muove uno dei cuochi più rinoparla di ristorazione.” noni stretti del fine dining. Che mati di Francia, il tristellato Eric è poi il passo voluto da Tosca Frechon. Eppure anche lo Splensin dall’apertura, cioè quello di dide Royal ha le sue ottime carun luogo svincolato dai formate da giocare quando si parla di lismi, capace di esprimersi a pranzo come a cena ristorazione. Da meno di due mesi al pianterreno e su due livelli diversi per clientele diverse. Con piatti a fianco dell’ingresso dell’albergo, ha inaugurato il di sostanza come i Fagotti di pomodoro, crema di Tosca, un locale a firma di Michelino Gioia che arburrata e gamberi rossi crudi, il Riso Cacio e Pepe ricchisce ulteriormente di questi tempi la presenza con pepe di Sarawak e tartufo oppure la Spalla di cuochi italiani a Parigi. Michelino Gioia, inutile d’abbacchio fondente con soffice di patate, cicodirlo, è stato protagonista di molte stagioni prima ria e pecorino, tra gli altri. Una serie di delizie che al Pellicano di Porto Ercole e poi a La Posta Vec-

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Nella pagina a fianco: la hall dell’hotel; la junior suite SaintHonoré; in questa pagina: la facciata del Splendide Royal Paris.

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Da sopra: Fagotti di pomodoro, crema di burrata e gamberi rossi crudi; lo chef Michelino Gioia; l’esterno e la sala del ristorante Tosca; Estratto di rabarbaro con gelato di ricotta e fragole allo zenzero.

portano alla luce il passato recente di Gioia, tra suggestioni laziali e con molto del Centro Italia a fare capolino nel piatto. E poi i dolci della giovane e talentuosa Giulia Mizzoni, che vanno dalla Zuppa inglese (rivisitata) all’Estratto di rabarbaro con gelato di ricotta e fragole allo zenzero, giusto per evidenziare la volontà di muoversi tra squisitezze classiche e preparazioni più spinte e moderne, do-

ve si gioca tra freschezze vegetali e non manca lo sprint di qualche nota speziata. L’ambiente del Tosca a dire il vero è più quello del bistrò che del ristorante vero e proprio, con la vetrata in ferro battuto direttamente a contatto con il marciapiede e il vivace colore verde che domina l’esterno e si fa ben notare. Ma forse anche per questa ragione ha raccolto sin dai primi giorni di settembre l’attenzio-

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ne di una clientela che è già ritornata a far visita e si è velocemente affezionata al luogo così come ai piatti di Michelino. Che, oltretutto, va a rimpinguare la già affollata lista di italiani che ormai occupa in pianta stabile le cucine dei ristoranti parigini: dagli Alajmo a Simone Tondo, da Passerini fino all’exploit recente di Gennaro Nasti che ha saputo portare la pizza gourmand a Pigalle, nel suo grazioso locale chiamato Bijou. Per non parlare del bresciano Simone Zanoni che invece accoglie i suoi ospiti nello stellato Le George, sulla lussuosa e stilosa Avenue George V. Infine un consiglio, se Tosca diventa una delle vostre mete culinarie, approfittate delle paste (rigorosamente fatte in casa) e concedetevi una breve sosta anche a pranzo. Il déjeuner, come si dice da queste parti, permette sempre di approfittare di una formula veloce (entrée e piatto, con magari l’aggiunta di un dessert), e vi sembrerà di consumare un pasto sulle rive del Mar Tirreno, anche se poi potete far shopping nelle boutique della vicina Faubourg Saint-Honoré. •


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Il Prosecco è da molto tempo coltivato nella fascia collinare della marca trevigiana, e più precisamente sulle colline che si estendono tra Valdobbiadene e Conegliano. La storia di un vino, soprattutto se di origine antica, è intimamente legata non solo alla terra che lo produce, ma anche alle vicende che nel corso del tempo hanno segnato la vita delle generazioni che si sono succedute nel territorio di produzione.

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Protagonisti food

In questa pagina: lo chef sardo Roberto Petza; nella pagina a fianco: l’esterno della vecchia casa padronale dei pastai Puddu dove sorge il ristorante S’Apposentu.

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Roberto Petza Evviva il territorio di Alessandro Luongo

Vivere e lavorare in un luogo isolato, talvolta offre vantaggi inaspettati. Al centro della Sardegna, nel cuore della Marmilla, a Siddi (VS, ovvero Villacidro e Sanluri), c’è un ristorante stellato che fa “cucina per il territorio” spiega Roberto Petza, titolare di S’Apposentu www.sapposentu.it (in sardo indica la stanza sempre pronta per

un ospite importante, una sorta curavano l’orto per passione o “Nei dintorni di salotto). «Utilizzare prodotti louso familiare a farne diventare cali è riduttivo – riprende – il mio un’attiva regolare e redditizia. del ristorante ristorante coinvolge il territorio, lo E così sono nati gli “eroi” Gian raccogliamo 56 erbe Piero, Fausto e Massimo, «che esalta, racconta, ed è un piccolo volano di crescita economica». ci supportano con i loro prodotspontanee” E così vivere in un piccolo pati e fanno ricerca con noi per ese alla fine si trasforma in un capire cosa è meglio coltivare o allevare e come farlo». vantaggio, perché il famoso “foLa bellezza del posto è davvero unica, anche se da raging” diventa ormai una prassi quotidiana per i Cagliari occorre quasi un’ora per arrivarci. D’estacuochi («raccogliamo 56 erbe selvatiche»). L’altro vantaggio è stato convincere alcune persone che te (in tutto 35 coperti) si cena sulla spettacolare

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Protagonisti food

In questa pagina: la mise en place della sala; due piatti dello chef.

terrazza sulla Marmilla, felice sintesi del paesaggio: oliveti, mandorleti, campi di grano e pecore al pascolo. Qui si mangia di tutto, ma solo secondo la filosofia di Petza. Vale a dire, i granchi di Marceddì (villaggio di pescatori situato sull’omonima laguna all’estremità Sud del golfo di Oristano), ma non l’aragosta; la tracina e non il tonno; e così la pecora della Marmilla ma non l’Angus. Per frutta niente ananas, ma ciò che producono gli “eroi” locali. «Al mercato di San Benedetto a Cagliari vado dai piccoli pescatori –racconta lo chef stellato - mentre per le carni mi rivolgo dai miei allevatori preferiti del posto». Roberto Petza frequenta l’istituto alberghiero ad Alghero, poi lascia la Sardegna e per 15 anni gira in Europa cercando sempre di scegliere la cucina e il ristorante che potesse accrescere il suo bagaglio di conoscenze. Con chef di fama, dunque. L’accelerata alla sua carriera arriva all’età di 26 anni (quando

ne aveva già dieci di esperienza), all’Osteria della Brughiera a Villa d’Almè, alla corte di Stefano Arrigoni.«Lì ho capito il bello e il buono della cucina e ho cambiato per sempre il modo di concepire il mio lavoro». A novembre 1998 torna sull’isola e il 25 febbraio 1999 apre nel suo paese natale, San Gavino Monreale, il primo S’apposentu. «Portai una cucina nuova in un territorio molto legato alle tradizioni, e ne pagai, da principio, le conseguenze: il primo anno fu veramente duro. Poi iniziarono ad arrivare le prime soddisfazioni e, con esse, i primi clienti dalle città e le recensioni positive. Da allora fu un successo». A fine 2002 trasferisce S’apposentu all’interno del teatro lirico di Cagliari, primo e unico ristorante in Italia del genere. Nasce così una clientela di appassionati anche a livello nazionale. Nel 2006, dopo tanta attesa arriva la prima stella. Nel 2007, però, a seguito dell’avvicendamento del management del teatro, il ristorante è chiuso. Nel 2010 arriva il

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definitivo trasferimento sulla Marmilla, un posto che non ti aspetti, intriso di storia e di cultura contadina. Sorprende anche la cantina: 1200 etichette da ogni parte del mondo. Non sono un po’ troppe? «Il numero deriva innanzi tutto da una passione, e poi da una possibilità per un pubblico che si avvicina sempre più al mondo del vino. La Sardegna ha uno spazio importante nella mia carta, soprattutto quella dei produttori dei vitigni autoctoni» •


Vini unici, raffinati … semplicemente emozionanti

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Focus food

La pasta incontra la frutta di Emanuela Stìfano

Ananas, pesca e albicocca, melograno, frutti di bosco (mirtillo 12%, ribes 11,5% e lampone 11,5%) e kiwi. Sono questi i frutti che Rustichella d’Abruzzo ha scelto per creare i paccherini alla frutta, i nuovi prodotti a base di semola di grano duro 100 per cento di origine italiana a cui è stata fatta incontrare la polpa di frutta. Abbinati con pesce, carne, e sughi

le mazzancolle con crema di zucchine. Per esaltare l’agro-dolce del melograno è invece raccomandato un ragù bianco, mentre per quelli all’ananas il connubio perfetto è con la tartare di tonno. Ma – è bene precisarlo – ogni chef, nella sua cucina, potrà dare vita a ricette inedite, gustose e, al tempo stesso, salutari. Trafilati al bronzo ed essiccati lentamente a bassissime temperature (fino a 56 ore a una temperatura che non supera mai i 35/42°) per preservarne i profumi e la qualità, i paccherini sono solo una delle referenze di Rustichella d’Abruzzo, l’azienda che trae le sue origini nel 1924 e che oggi può contare sull’esperienza di quattro generazioni e sulla tradizione in fatto di pasta tipica della regione Abruzzo. A essi si affiancano infatti la linea PrimoGrano – un progetto di filiera in accordo con tredici agricoltori della zona

leggeri, danno vita a ricette inedite e sofisticate. Per esempio, per i paccheri alla pesca e albicocca, Rustichella propone un condimento a base di gamberoni in bianco, mentre per quelli al kiwi suggerisce

di produzione (Pianella, Moscufo e Loreto Aprutino) che anticipa le tendenze del “Km zero” - e la linea TRITICUM BIO Rustichella d’Abruzzo, un progetto che dedica attenzione a tutte le varietà dei grani antichi

Rustichella d’Abruzzo ha racchiuso l’aroma di diversi frutti nella pasta di semola di grano duro. Il risultato sono ricette inedite a basso contenuto calorico.

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biologici legati alla tradizione italiana. In tutti casi, la ricetta che Rustichella d’Abruzzo pone alla base dei suoi prodotti è semplice, ma non scontata: solo le migliori semole di grani duri selezionati con un tenore di glutine maggiore e di conseguenza un più alto apporto proteico; solo acqua pura di montagna per conferire alla propria pasta un sapore e una tenacità unici. Le preziose trafile in bronzo garantiscono invece la giusta ruvidezza e la giusta porosità, ossia elementi indispensabili per catturare il condimento. Rustichella non è solo tradizione: anticipando di parecchi anni le attuali abitudini alimentari, ben 25 anni fa Rustichella d’Abruzzo presentò la pasta integrale trafilata al bronzo, ossia la dimostrazione di come la tradizione pastaia abruzzese può ben sposarsi alle più avanzate tecnologie, in modo da offrire un prodotto dagli elevati standard qualitativi, garantito dalle attuali certificazioni. Accanto ai metodi tradizionali di produzione, infatti, l’utilizzo di moderni impianti permette il controllo centralizzato del grado di umidità delle semole, dell’omogeneità dell’impasto e di tutti quei fattori che concorrono all’ottenimento di un prodotto di alta qualità. La pasta Rustichella d’Abruzzo è presente in circa 75 Paesi in tutto il mondo: dagli Stati Uniti, all’Australia, dal Canada al Giappone, dall’Europa (soprattutto Germania, Francia e Regno Unito) ai mercati del Far East (Cina, Corea e Singapore), ma anche Russia, Paesi Arabi e Brasile. Le sue ultime “conquiste” sono il Vietnam, l’Azerbaijan e l’Oman. Ecco perché Rustichella è la pasta che racconta l’Italia nel mondo. •



Focus olio

Imperia, l’olivo in mostra di Virginia Zacchetti

Reperti, volumi e attrezzi raccontano l’arte, la cultura e la storia dell’olivo e dell’olio. Compie 25 anni il Museo dell’Olivo di Imperia, un luogo a cui va riconosciuto il merito di raccontare il mondo della pianta dell’olivo e dell’olio dall’antichità ai giorni nostri. Voluto e creato dalla Famiglia Carli nel 1992 – nasce infatti dalla passione per l’olivo, ma anche dall’attitudine al collezionismo di Carlo Carli, figlio del fondatore della Fratelli Carli - il museo, grazie alle 18 sale, agli 8000 reperti tra lucerne, lumi ad olio, vasi, ampolle e oliere, e alla fornita biblioteca, celebra la pianta dell’olivo, la sua cultura,

i suoi prodotti e la sua storia millenaria con un inla collezione vanta anche pezzi di grande valore stotento educativo, divulgativo e anche scientifico, basti rico: il reperto più prezioso è una lekythos-oinochoe pensare che sono 29 le tesi di Laurea che sono stacorinzia, ossia un piccolo vaso in terracotta verniciate preparate grazie ai materiali ta, realizzato probabilmente tra museali e che sono oggi conseril 550 e il 525 a.C, ma di notevate nella biblioteca del museo. vole pregio è anche una partico“ Lucerne, lumi ad D’altro canto, il frutto dell’olivo lare lucerna databile tra il 200 e ha svolto nei secoli un ruolo di olio, vasi, ampolle e il 100 a.C, di cui un esemplare assoluto predominio nei campi analogo è conservato nel British oliere raccontano la Museum. Sono poi numerosissidell’alimentazione, della cosmesi e del rito; seguirne la storia, mi gli oggetti d’argento risalenti storia dell’olio” dalla preistoria ai giorni nostri, è al Sette-Ottocento: oliere e luun’esperienza suggestiva e lo dimi sia decorativi, oppure utilizmostrano i 20mila visitatori che zati durante le funzioni religiose. ogni anno visitano la mostra, le 500mila presenze Dunque, con il Museo dell’Olivo la Famiglia Carli, ha registrate nei 25 anni di storia. Il primo nucleo del voluto raccontare i due mondi della cultura dell’oMuseo è rappresentato dalla collezione privata di livo: quello dei significati simbolici, che in tutta la oggetti raccolti in tutto il mondo da Carlo Carli, ma storia occidentale hanno visto la presenza costante

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dell’olivo nelle opere degli scrittori e dei poeti, nei rituali di consacrazione dei re e dei sacerdoti, in ogni occasione in cui venissero celebrate la pace, l’onore, la vittoria; e quello del lavoro e della cultura materiale, della fatica quotidiana nella coltivazione e nel commercio. Quanto alla sede, il Museo trova la sua dimora nella vecchia sede della Fratelli Carli, una palazzina liberty, disegnata e costruita nel 1930, in cui non mancano spazi molto suggestivi, impattanti ed evocativi, primo tra tutti la vetrata in stile liberty che accoglie i visitatori al loro ingresso e racconta la storia della famiglia Carli. Nel corso del tempo la struttura si è avvalsa della consulenza di ricercatori e divulgatori scientifici e della collaborazione con istituti di ricerca nazionali e internazionali, fino a raggiungere, dopo un importante ampliamento strutturale negli anni 90, le dimensioni e la rilevanza attuali.•


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dal 1946 un universo di capolavori di gusto


Equipment

Pentole Agnelli, nate per gli chef di Sebastiano Graziani

per differenziazione, qualità e sapore. Negli ultimi anni si è andato proprio Da 110 anni, una risposta su riscoprendo questo: l’attenzione per il territorio, il rispetto delle materie misura alle esigenze del canale prime e la loro cottura, la tradizione ho.re.ca. culinaria regionale sono stati i focus degli ultimi anni. Le sfide per i prossimi Pentole Agnelli si presenta al nuovo appuntamenanni? Rendere questo tipo di cucina to con Host (dove Agnelli sarà al Padiglione 2 alla portata di tutti. stand A32-C24) nel pieno di una ricorrenza imE il vostro rapporto con il territorio? portante… Tradizione e innovazione sono un binoE’ vero, quest’anno festeggiamo 110 anni di attività. mio che ci caratterizza. Filosofia che ci Per noi il 2017 segna un traguardo importante e, se ha portato nel tempo a definirci comguardiamo indietro, vediamo oltre un secolo dentro plici degli chef in cucina, soprattutto da le cucine dei ristoranti, fianco a fianco degli chef. quando questa si è evoluta, strutturata. Agnelli del resto nasce con la ristorazione italiana, In un paese come il nostro, fatto di ne è stato e ne è complice e alleato. Abbiamo visto cucina regionale e spesso addirittura mutare il contesto, l’approccio alle materia prime provinciale, abbiamo fin da subito e all’universo del food service. Abbiamo osservato sviluppato un approccio trasversale. l’evoluzione delle esigenze degli operatori e abbiamo Ascoltare e creare quello che i cuochi costruito ogni volta una risposta su misura. avevano per la testa. Una sorta di psiAppuntamento attesissimo, un’occasione per fare cologia dello strumento, dove anche un punto sulla ristorazione. Agnelli, secondo lei, oggi sappiamo consigliare e accompadove siamo oggi ? gnare lo chef nella scelta più consona Innanzitutto una piccola premessa. L’Italia iniziava alla propria filosofia. E per sapere Angelo Agnelli, Amministratore di Baldassare Agnelli SpA a conosce la parola ristorante all’inizio del secolo consigliare devi prima conoscere. Io scorso. Un’assoluta novità che metteva le prime sono cresciuto accanto alla fabbrica radici in Francia, fino ad allora non esisteva un e fin da ragazzo giocavo tra torni e piegatrici per avete fatto in 110 anni di impresa, quale sceconcetto di ristorazione moderna, il tutto era un imparare come nasce una pentola, come lavorano glierebbe? po’ più improvvisato. Pentole le macchine. Conoscenze che Sicuramente etica. Abbiamo sempre avuto cura non Agnelli viene fondata nel 1907, non solo ho fatto mie ma che solo delle persone che lavorano con noi, ma anche nasciamo quindi parallelamente ho approfondito e applicato fino del territorio sul quale incidiamo, e del contesto. ai primi cuochi e l’intuizione a modificare il modo di fare gli Una filosofia che parte dal rispetto dell’ambiente. “Agnelli nasce geniale di Baldassare, il mio strumenti di cottura. Basti pensare che l’alluminio, che ha reso i nostri con la ristorazione bis nonno, fu quella di seguire E non è un caso che dentro la strumenti famosi in tutto il mondo, è un materiale le loro necessità e richieste. fabbrica abbiate dato vita a riciclabile infinite volte e la sua lavorazione è a freditaliana, ne è stato Oggi queste richieste sono di una vera e propria scuola di do, permettendo di risparmiare non solo anidride e ne è complice certo cambiate. Sono cambiati i formazione carbonica ma anche energia. In questi anni poi volumi, gli strumenti, il pubblico. Saps Cooking Lab è stato una ci siamo misurati non solo sul business in quanto e alleato.” Siamo dominati da una bolscommessa. Un centro di spetale ma anche su iniziative di solidarietà, sono nate la del cibo che inevitabilmente rimentazione e cultura dedicato molte collaborazioni importante alle quali teniamo. si andrà a sgonfiare. Credo e agli strumenti di cottura che nel L’ultima in ordine di tempo è la collaborazione con spero che si possa tornare a tempo si è mostrato il luogo Bottura e il suo progetto per i più bisognosi, Food parlare presto di una cucina sana, ben fatta e alla adatto per innovare e soddisfare le esigenze di un for Soul, con l’apertura del Refettorio Ambrosiano portata di tutti. Vantiamo una biodiversità unica e settore che si evolve molto velocemente già nel 2015 e, nel giugno di quest’anno, anche a un comparto eno-gastronomico che non ha rivali Se dovesse in una parola definire il lavoro che Londra con il Refettorio Felix. •

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Equipment

Arte in tavola di Virginia Zacchetti

Artmenu Factory lancia il nuovo materiale “Grainy”. Una texture particolare, disponibile in numerose varianti di colore. Buone nuove da Correggio: Artmenu Factory, nota azienda caratterizzata dalla continua ricerca di nuovi materiali e di nuove soluzioni, quest’anno lancia “Grainy”, una inedita e raffinata texture con cui si potranno realizzare, in numerose varianti di colore, una diversificata gamma di prodotti per il servizio al tavolo, tra cui Liste Menu, Carte dei Dolci, Carte Vini. Il tutto rigorosamente fatto a mano. Come di consueto, sarà possibile un ulteriore cura del dettaglio, personalizzando la stampa, la realizzazione, le finiture. L’ingresso di questo nuovo materiale convalida dunque il modus operandi che da sempre contraddistingue Artmenu Factory: la ricerca di nuove proposte e l’innovazione nei materiali e nella produzione, sono da sempre un must di questa azienda emiliana, che fa della cura dell’estetica, della tenuta e dell’artigianalità i suoi fiori all’occhiello. D’altro canto, Artmenu Factory si avvale di personale specializzato impiegato nella propria produzione interna, di un comparto grafico avanzato e di un servizio commerciale competente e sempre a

Come per ogni prodotto Artmenu Factory, è possibile personalizzarne la stampa, la realizzazione, le finiture. disposizione della clientela, il che consente un’elasticità progettuale e produttiva che la allontana da qualsiasi criterio di standardizzazione ma che, al contrario, le permette di creare prodotti artigianali “su misura” – rigorosamente Made in Italy - in grado di soddisfare ogni tipo di richiesta. Non a caso, Armenu Factory produce liste menu, carte vini e prodotti per l’hotellerie da oltre trent’anni, il che le conferisce un’esperienza tale da essere un punto di riferimento del canale ho.re.ca, di cui l’azienda è profonda conoscitrice di gusti e di specifiche esigenze.•

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Equipment

Fatto a Mano, colore in primo piano

Riedel firma una linea di calici in cristallo realizzati a mano. Gli steli sono colorati, i bevanti sono specifici per varietà d’uva.

Oaked Chardonnay, Riesling e Champagne. In più c’è una peculiarità: gli steli sono colorati e così, a seconda della mise en place, a seconda del menù, a seconda dell’estro creativo, i calici fatti a mano di Riedel daranno un nuovo tocco di stile. Potranno essere mixati i colori per una tavola raffinata e divertente al tempo stesso, di Laura Reichlin oppure potrà essere scelto l’effetto monocromo scegliendo un Sono prodotti a mano nella solo colore tra quelli disponibili: storica vetreria di Kufstein, in “La lavorazione nero, blu, verde, rosso, giallo e Austria. E non solo soltanto artigianale bianco. belli da vedere: i nuovi calici Ogni bicchiere può essere venrealizzati artigianalmente sono conferisce duto singolarmente in un set da infatti veri e propri strumenti di eleganza 6 pezzi: il bevante nella forma precisione per la degustazione scelta, gli steli nei sei diversi del vino. Ciascuno è realizzato e fascino.” colori disponibili. È inoltre diin funzione delle caratteristiche e delle peculiarità dei diversi sponibile una special edition, vitigni: leggerissimi, dalle forme caratterizzata da uno stelo a eleganti, perfettamente bilanciati sui raffinati steli, spirale bianco e nero, la cui produzione richiede slanciati, sono disponibili in sei forme dedicate a una straordinaria abilità e un’altissima precisione Cabernet, Old World Pinot Noir, Old World Syrah, da parte dei vetrai.

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Per questa collezione speciale sono disponibili 12 forme: Bordeaux Grand Cru, Burgunder Grand Cru, Old World Pinot Noir, New World Pinot Noir, Cabernet, Old World Syrah, New World Shiraz, Oaked Chardonnay, Viognier/Chardonnay, Riesling, Sauvignon Blanc, Champagne. La tecnologia di produzione rappresenta senz’altro l’elemento innovativo di questa nuova serie, in quanto coniuga la millenaria tradizione veneziana della lavorazione a mano – che ritroviamo nello stelo colorato e nella base dei nuovi calici - con una tecnica di soffiaggio a macchina all’avanguardia mantenuta nella parte superiore, ovvero il bevante. •


Focus wine

Sparkling menù vince Lara Pasquarelli di Theo Smith

La Giuria-stampa ha decretato la vincitrice assoluta dell’evento presso la cantina di Villa Franciacorta. E’ stato un successo, come sempre accade da dodici edizioni a questa parte. Lo Sparkling Menù 2017, organizzato da Villa Franciacorta, per la prima volta dedicato alle donne Chef, ha offerto uno spaccato dell’offerta italiana di ristorazione d’eccellenza, declinata però al femminile. “L’idea di dare spazio alla femminilità, ha sottolineato Roberta Bianchi, titolare dell’azienda, si è rivelata vincente. E soprattutto ha dato la possibilità di comprendere il grande equilibrio che caratterizza l’operato di molte donne chef: sensibili, attente ai dettagli, artefici di piatti intensi e delicati” Il Franciacorta Cuvette Brut millesimato 2008 di Villa Franciacorta, insieme ai piatti gourmet realizzati dalle Chef finaliste, è stato il protagonista della serata, dove circa un centinaio di invitati hanno preso parte alla finalissima di Sparkling Menù 2017. La cena ha visto susseguirsi ai fornelli le seguenti Chef in ordine di servizio, che hanno proposto i loro piatti in abbinamento al Franciacorta Cuvette Brut Millesimato 2008: - Lara Pasquarelli - Ris“Un Premio speciale torante Claudio (Bergegal miglior menù gi, Savona), una stella Michelin: Cuore di astice blu complessivo è andato bretone su riduzione alla a Cristina Cerbi Cuvette, crema di piselli, porro e limon cress dell’Osteria di Fornio - Camilla Zerbini - Castello di Fidenza” dell’Elfo (Lesignano de’ Bagni, Parma): Cappelletti aperti con farcia di stracotto, crema di burro e formaggio di montagna in cialda croccante di pasta sfoglia - Nicoletta Ioli - Il Traghetto (Gabicce Mare, Pesaro Urbino): Lomo di baccalà Ràfols alla griglia su

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parmentier di porri con pesto di olive taggiasche e pomodorini - Mariangela Susigan - Ristorante Gardenia (Caluso ,Torino): Piccione, pera, indivia belga, whisky Laphroaig. Unica eccezione per Cristina Cerbi dell’Osteria di Fornio (Fidenza- Parma) che ha presentato in abbinamento al Franciacorta Briolette Rosé Demi-Sec la Tartare di pere decana con gelato al Parmigiano Reggiano e mosto cotto. Ed è proprio a Cristina Cerbi che è stato assegnato il premio speciale Armonia del Menù destinato per la prima volta nella storia del concorso a chi ha saputo creare un intero menù all’insegna di abbinamenti perfetti, contrassegnati da impeccabile armonia. Questo premio speciale, Cristina lo condivide con il marito Luca, che con lei è alla guida del locale. Un quintetto di grandi professioniste, che hanno saputo creare una serata gourmet che, grazie anche agli abbinamenti con i Franciacorta di Villa, hanno reso la serata memorabile. La sfida è stata agguerrita, ma al tempo stesso le Chef hanno dimostrato di essere grandi professioniste, in grado di sapersi confrontare. Ad impressionare la giuria, guidata dal giornalista Alberto Schieppati, è stato il Cuore di astice blu bretone su riduzione alla Cuvette presentato da Lara Pasquarelli, che si aggiudica così il Premio Sparkling Menù della XII edizione. Lara Pasquarelli nasce in cucina con un cognome importante, quello del papà Claudio che

Le tappe, le chef 31 maggio 2016 Ristorante Aldo Moro (Montagnana –Pd), Silvia Moro 14 giugno 2016 Osteria La Lanterna (Cressogno Valsolda –Co), Pamela Paredi 29 settembre 2016 Il Traghetto (Gabicce Mare –PU), Nicoletta Ioli 26 ottobre 2016 Zum Lӧwen (Tesimo –Bz), Anna Matscher 19 gennaio 2017 Ravecca (Romano di Lombardia – Bg), Tiziana Ravecca 20 febbraio 2017 Gardenia (Caluso –To), Mariangela Susigan 28 marzo 2017 Trattoria Glisenti (Vello di Marone – Bs), Marzia Glisenti 5 aprile 2017 Ristorante Claudio (Bergeggi –Sv), Lara Pasquarelli 3 maggio 2017 Tantris (Novara), Marta Grassi 17 maggio 2017 Osteria di Fornio (Fidenza-Pr), Cristina Cerbi 24 maggio 2017 Ristorante da Nadia (Castrezzato-Bs), Nadia Vincenzi 20 giugno 2017 Castello dell’Elfo (Lesignano de’ Bagni - Pr), Camilla Zerbini

in Liguria ha fatto negli ultimi 50 anni la storia della ristorazione e che dal 1990 vanta la prestigiosa Stella Michelin. Lara Pasquarelli, classe 1984, è una giovane ed instancabile Chef che mossa da un’infinita passione per la cucina sperimenta con maestria profumi e sapori sempre nuovi ed inusu-

ali; puntigliosa e perfezionista è alla costante ricerca di quella semplicità estasiante che è il simbolo della sua cucina, delicata e mai banale. “Queste donne Chef, le vere protagoniste del nostro evento Sparkling insieme alla Cuvette 2008 di Villa, hanno portato in Franciacorta la propria pro-

Nella pagina a fianco: Roberta Bianchi premia la vincitrice del concorso Lara Pasquarelli; in questa pagina, il piatto con cui Cristina Cerbi, dell’Osteria di Fornio, si è aggiudicata il Premio speciale della Giuria: Tartare di pere decana con gelato al Parmigiano Reggiano e mosto cotto, accompagnato da un Franciacorta Briolette Rosé Demi-Sec.

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Focus wine

Vendemmia critica? Avanti, senza compromessi Una vendemmia che è risultata inferiore dell’80% rispetto a quelle degli ultimi anni. Gelate primaverili che hanno visto le temperature scendere a -4 gradi. Grandinate impietose, a luglio, che hanno letteralmente distrutto il raccolto. Uno scenario da apocalisse. Eppure, nonostante le avversità climatiche, Villa Franciacorta ha deciso di non comprare uve (né in Franciacorta né al di fuori del territorio) e di portare avanti coraggiosamente la propria filosofia imprenditoriale, basata su rispetto, coerenza e trasparenza verso il consumatore. Perciò, a dispetto delle condizioni climatiche eccezionali che hanno letteralmente decimato il raccolto, l’azienda fondata da Alessandro Bianchi e guidata dalla figlia Roberta con il marito Paolo Pizziol, risponde alle difficoltà con impegno e determinazione ancora maggiori, in vigna e in cantina. “Nonostante le perdite, sottolinea Roberta Bianchi, anche in questo frangente non accettiamo alcun compromesso e proseguiamo sulla strada della qualità, nel rispetto del consumatore. Abbiamo fatto una prima vendemmia dei soli vigneti non interessati dalla gelata, tralasciando le uve che per noi non erano all’altezza di un grande millesimo. I mosti che abbiamo in cantina hanno interessantissimi profili aromatici supportati da ottime acidità che daranno certamente vita a grandi vini”. “Ed è proprio in questi momenti –continua Roberta, che bisogna avere la prontezza e la capacità di saper compensare le perdite, senza cadute di stile e senza ricorrere a facili ma scorrette scorciatoie. Perciò, grazie a strategie imprenditoriali attente ed oculate e al fatto che Villa Franciacorta è un’azienda economicamente sana, possiamo permetterci oggi di compiere scelte antieconomiche, privilegiando come sempre la qualità”. Vale a dire che le “formichine” vengono sempre premiate per il loro virtuosismo nel tempo? “In un certo senso è così, conferma Paolo Pizziol. Abbiamo sempre puntato a fare qualità su tutta la produzione facendo come minimo affinamenti di trentasei mesi, ben oltre i trenta previsti dal disciplinare Franciacorta per avere il millesimo sulla bottiglia. Continuiamo a investire in professionalità: oltre a tre nuovi enologi in cantina abbiamo assunto un enologo addetto alle visite e alle degustazioni perché anche in questo i nostri clienti possano relazionarsi con un professionista, sentendosi accompagnati e seguiti. Motivo di vanto per noi la certificazione ISO 14001, che ci ha visto fra i primi in Franciacorta mettere l’accento sulla qualità dei processi produttivi, con un’attenzione esemplare verso l’ambiente. Grazie a un sistema di miglioramento nell’intero ciclo produttivo certificato ISO 14001 realizziamo un modello di viticoltura amica e guardiana dell’ambiente, certificata dall’ente svizzero SQS.” “La nostra solidità, aggiunge Roberta Bianchi, ci consente anche in questa vendemmia così difficile di usare esclusivamente le nostre uve; lunghi periodi di affinamento di tutte le bottiglie in cantina da anni, ci consentono di attingere ai nostri millesimi storici, andando a compensare parzialmente le gravi perdite di questo millesimo 2017”. Dalla parte della qualità, dunque, come sempre: basti pensare che il Laboratorio di Microbiologia dell’Università di Firenze, con cui Villa Franciacorta collabora da tempo, si è trasferito in Azienda per seguire direttamente tutte le fasi di vinificazione della recente vendemmia, al fine di verificare la corretta fermentazione dei lieviti autoctoni e ottimizzare le fasi produttive.

In questa pagina: Roberta Bianchi e Paolo Pizziol circondati dalle finaliste della XII edizione Sparkling Menù nelle cantine di Villa Franciacortta a Monticelli Brusati (Bs).

fessionalità, ma anche la propria enorme passione, che si è dimostrata fondamentale per la buona riuscita della serata” ha sottolineato Roberta Bianchi, titolare con il padre Alessandro, che guida l’azienda di Monticelli Brusati insieme al marito

Paolo Pizziol. Gli abbinamenti perfetti con le bollicine millesimate del Franciacorta Cuvette 2008: prodotto con uve Chardonnay (85%) e Pinot Nero (15%), hanno confermato che a un grande piatto va sposato un grande vino, come questa Cuvette,

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il cui perlage fine e persistente è solo la premessa alle straordinarie, intense sensazioni di crosta di pane morbido che si alternano a frutta e spezie dolci. Un millesimato di grande struttura e notevole morbidezza, perfetto per essere abbinato a tutto pasto, per il suo carattere accattivante e versatile, oltre che per la sua eleganza. Sparkling Menù 2017, edizione al femminile, non ha voluto in qualche modo essere una specie di quota rosa, ma piuttosto rappresentare un’opportunità di visibilità per le chef donna così poco presenti nei media, augurando loro tutta la fortuna che Sparkling Menù ha portato a molti chef vincitori delle edizioni precedenti, come Enrico Bartolini che in seguito alla vittoria della X edizione Sparkling Menù da una stella Michelin arrivò a due o Giuliano Baldessari che vinse l’XI edizione e poco dopo si aggiudicò anche la stella Michelin. •



Focus wine

Michele Satta si è fermato a Bolgheri di Stefania Zolotti

“Chi può stabilire lo stile del vino di Bolgheri? Dobbiamo essere liberi da ogni condizionamento”. “Che poi Varese è una delle pochissime città italiane senza vini. In un certo senso sono scappato, è vero, e questo smonta tutti i luoghi comuni. Non ho scelto io questa terra di Bolgheri ma lei. Ho un inizio del tutto accidentale nel vino e ho avuto la fortuna di fare l’esperienza prima del ragionamento, nonostante tutti mi chiamino da sempre l’uomo del Sangiovese”. Quattro ore con Michele Satta, in esclusiva per Artù, a cogliere l’uomo che sta dentro questo celebre vigneron, per molti scomodo. L’uomo che sta dentro, non dietro. “Non sopporto letteralmente questo mondo di persone autoproclamatesi sacerdoti del gusto. Sul vino siamo stati deboli, in troppi hanno tenuto per sé la conoscenza e la gestione del mercato. Oggi di colpo si strappa finalmente di mano ai pochi ciò che hanno sempre detenuto e lo si riporta in una dimensione di cultura. Non voglio cadere nella trappola del “piccolo, puro e diverso” ma sulla sfida all’internazionale e ai Supertuscan sono schieratissimo: certo che voglio vendere all’estero, ma non cedo alla meschinità mentale dell’autoctono e dell’alloctono, tutto arriva da un altrove e andrà altrove. Il tema della personalità non è questo e i disciplinari sono l’emblema dell’Italia cialtrona. C’è invece da chiedersi: chi può stabilire lo stile del vino di Bolgheri? Il consulente di turno, la necessità, o siamo noi produttori con le nostre esperienze dialogate? E’ tempo di iniziare a trattarci da uomini e riflettere. Per ora non vivo uno scambio costruttivo e credo dipenda dal fatto che, su 60 di noi produttori di Bolgheri, almeno 55 vengono da un investimento e non da una storia personale. Non è deviazione da poco. Prendiamo la nascita delle guide: da quel momento, l’accesso al mondo del vino è migliorato o è peggiorato? La gente non ce l’ha più il suo gusto, ha quello

mese venne a chiederci se ero disposto a trasferdegli altri, e, ancor più grave, ragiona per immagini. irmi a Bolgheri, mi avrebbe fatto studiare a Pisa e A volte è una consapevolezza che mi schiaccia quelsarei diventato direttore della sua azienda perché la che da produttore sento verso ciò che possiamo voleva guardare oltre e formare trasmettere col vino ma è la stinternamente un laureato. Acessa consapevolezza dell’amore cettai facendo il grande cambio e dei rapporti tra uomo e don“Sulla sfida ai di passo. Ho avuto la fortuna di na, è il tutto, è la possibilità del inserirmi in uno scampolo vero tradimento e della dimenticanza. Supertuscan, dice dove i miei opeÉ Il fascino del prodotto. Oggi c’è Satta, sono in prima dirai agricoltura erano mezzadri o contadini un intervento tecnico eccessivo perché non accettiamo più l’imlinea, schieratissimo. che venivano salariati per la privolta e io il garzone, i lavori perfezione”. Dalla parte del gusto ma pesanti li facevo tutti, e la sera Da dove arrivi? non avevo più le braccia dal do“La mia storia è semplice: figlio personale e non dei Ho avuto lì l’innamoramendi due laureati (un’insegnante e sacerdoti del gusto” lore. to della fatica fisica del corpo, un ingegnere) che nel dopogul’inizio di una stima eterna per erra si costruiscono una famiglia come in tutti i sogni di coppia. Io la vita contadina e del rancore per la violenza con cui il mondo accademico butliceo classico. Nel ’74 vengo in vacanza qui - non tava fuori il mondo antico”. era la prima volta - e, andando a comprare pesche Intuito e intuizione sembrano due parole che poge pomodori da un produttore storico di Castagneto giano bene su di te. Carducci che conosceva mio padre, mi chiede cosa “E’ una lettura giusta e te lo spiego col Viognier. Anavrei fatto dopo la maturità: dissi Agraria. Dopo un

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In questa pagina: vista del vigneto a Bolgheri (Li); sotto: sequenza che ritrae Michele Satta durante l’intervista.

dai in Francia a studiare il Syrah ma nell’84 fui il primo qui a fare Vermentino, che non ho mai considerato un grande vino, tuttora è debole ovunque. Un grande vino è andare in Borgogna, bere un Meursault, e dire che in bocca non finisce mai. Non è che tutti debbano essere dei Maradona per giocare a calcio ma io avevo l’idea di poter dare più complessità e corpo. Tornai dalla Francia con 1000 piante di Viognier perché sentivo che avevano qualcosa in più: era il ’96, la mia prima annata sarebbe

stata il 2000”. Il Teroldego l’hai scelto per contrasto o affinità? “A San Michele all’Adige chiesi ad Attilio Scienza di regalarmi alcune piantine e il vivaista me lo consigliò perché un loro vecchio professore aveva una tenuta a Pisa e l’uva aveva preso bene. Mi piaceva perché aveva tannino fine, trovo terribile chi medica il tannino con lo zucchero. Nel frattempo stava nascendo la mia inimicizia col Merlot che infatti non ho più. Chi ha voluto riprodurre il bordolese a Bolgheri ha

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solo confermato l’egemonia anglosassone che impone linguaggio, vino, prezzi. Io ho scelto li compromesso di non fare Bordeaux ma mettere le uve che piacevano a me - Sangiovese e Syrah - in bilanciamento con le francesi. Piantai anche cloni di Syrah perché appena laureato avevo il mito del clone: un’assurdità perché la natura ci mette miliardi di anni per selezionare le differenze e tu le rispari un’unità genetica insensata. La qualità è questione di cultura ed esperienza, non di parametri, e infatti se la interpreti sulla base dei valori ognuno ha i suoi. L’Italia del vino è ancora un Paese senza comunità. La Francia ce l’ha e come, basti pensare al fatto che dalle foreste ci tirano fuori le barriques”. Il prossimo desiderio. “E’ già in una Magnum: un Metodo classico di uva Sangiovese che non nasce da un’idea commerciale anche perché a Bolgheri sarebbe un suicidio, come del resto il Sangiovese. Tutti mi dicevano “Non puoi fare lo champagne” e io rispondevo che volevo solo fare fermentazione in bottiglia. Chi imita è un rassegnato. Nella vita devi imparare, non imitare. Può sembrare comodo parlare così, facendo il vino che è roba da privilegiati. Poi invece mi dico che l’ultima barriera individuale irriducibile è proprio il gusto, quel gusto che si coltiva aldilà delle condizioni economiche. L’attitudine umana per cui solo io posso dire che questa cosa mi piace e questa no”. •


Focus beverage

Valverde, bottiglia special edition di Virginia Zacchetti

Nata nella Nuova Accademia delle Belli Arti milanese, ha linee color rame dorato che ne valorizzano la forma. Si chiama Valverde Naba Special Edition, ed è stata creata da Daniele Franchi, studente del Triennio in Graphic Design and Art Direction di NABA, la Nuova Accademia di Belle Arti Milano. Ed è nata per essere presente a “La Vendemmia”, l’annuale appuntamento milanese che fa incontrare i marchi della moda con importanti protagonisti nazionali ed internazionali del mondo vinicolo. Caratteristica peculiare della nuova Valverde Naba Special

Edition, sono le linee color rame dorato, che scorrono sulla superficie della bottiglia delineandone la forma in maniera armoniosa ed elegante. Tale bottiglia è disponibile nel formato da 250 ml e affianca le rinomate bottiglie da 750 ml nei tre gusti naturale, frizzante e leggermente frizzante, tutte disponibili presso il Water bar Valverde di via Mon-

tenapoleone. . Tornando a La Vendemmia, si tratta di una manifestazione promossa dall’Associazione Montenapoleone e arrivata oramai alla sua ottava edizione. Il coinvolgimento di tutte le boutique associate, i ristoranti e gli hotel di lusso della città, permette di dare vita a un susseguirsi di esclusive esperienze gastronomiche e culturali, che fanno vivere al quadrilatero della moda una settimana di grande visibilità e vivacità commerciale. Un format evidentemente di successo, tanto che la novità di quest’anno è la prima edizione di La Vendemmia romana. Inutile dire che, anche a Roma, Valverde è l’acqua ufficiale dell’evento. •

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Focus beverage

Roner, monovitigni dai riflessi caldi di Sebastiano Graziani

Due nuove referenze che esprimono perfettamente il territorio sudtirolese, realizzate con la maestria dei distillatori. “Cambiare restando fedeli a se stessi”. Le parole di Karin Roner esprimono bene la visione di Distillerie Roner: guardare avanti, continuare a sperimentare, ma senza mai dimenticare la propria storia e il proprio territorio. E quella di Roner è una storia che solo l’anno scorso ha toccato i sette decenni, tre generazioni ispirate dalla volontà di racchiudere il sapore della frutta e delle vinacce in distillati che ne conservassero le sfumature e l’intensità desiderate. Un percorso che quest’anno ha portato alla nascita di due nuove referenze, straordinaria espressione di settant’anni di esperienza nella distillazione. La Grappa Blauburgunder (Pinot Nero) nasce da una

doppia distillazione a bagnomaria ed è un palese esempio della maestria della casa distillatrice sud tirolese. A una base di tipici sentori di ciliegia, lampone ed amarena si aggiunge l’aroma di Pinot Nero invecchiato, intenso e corposo. L’invecchiamento di dodici mesi in botti di rovere arricchisce il distillato con note speziate di vaniglia e legno, esaltandone il gusto deciso e ben definito. Una grappa monovitigno dai riflessi caldi all’occhio e un sapore altrettanto caldo e raffinato al palato. Un’acquavite la cui intensità e morbidezza merita di essere apprezzata sorseggiandolo da solo, ma anche in abbinamenti più classici come con il cioccolato bianco o a quelli più insoliti, come piatti di carne. La grappa Weissburgunder (Pinot Bianco), la seconda referenza firmata Roner, celebra un forte legame con il territorio, che contribuisce in modo determinante a definirne il sapore. Le forti escursioni termiche, l’altitudine e il terreno calcareo forgiano, infatti, il Pinot bianco altoatesino, un vitigno da cui si ottengono vini e grappe eccezionalmente freschi e profumati. Distillerie Roner ne lavora le vinacce, anche in questo caso con il sistema della doppia distillazione, ottenendo un distillato che sarà invecchiato per otto mesi in botti di rovere selezionate per le peculiarità delle tostature. Successivamente la grappa viene affinata per altri quattro mesi in botti di legno di ciliegio. Fini sentori fruttati, mela, pesca saturnina e un pizzico di pera al gusto e al naso, la grappa Weissburgunder di Pinot Bianco si distingue per eleganza ed amabilità, trasmettendo ai sensi il lungo cammino e tutte le tappe che l’hanno condotta all’imbottigliamento. Due prodotti inediti che ben rappresentano l’unicità dell’esperienza di Roner. •

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Focus beverage

Espresso System Milani, il caffè per l’horeca di Emanuela Stìfano

di caffè che in tazza dà un espresso con un gusto piacevolmente bilanciato e aromatico sormontato A Follow Artù, Caffè Milani da una crema persistente. È disponibile in grani in ha presentato la miscela studiata latta da 1 chilo a lunga conservazione o in pratiche capsule da dose singola o doppia: sono estremaper la ristorazione. mente pratiche e permettono di salvaguardare Una ristorazione ragionevole pone attenzione a tutti a lungo nel tempo gli aromi del caffè e di offrire gli elementi che compongono i suoi menu. Dunque espressi sempre perfetti. non può dimenticare, ma anzi dare un ruolo nuovo e L’albero di Espresso System Milani ha un ramo molto nuova “dignità” a un prodotto qual è il caffè, quell’ularomatico, soprattutto nei caffè in singola origine timo gusto che spesso accompagna i commensali 100% arabica in capsula, capace di stupire i palati al ritorno a casa e che non sempre si distingue dei commensali con gusti inediti. Le quattro propoper scelta della materia prima ste sono Brasile Santos Cereja e qualità nella preparazione e Madura, con un aroma delicato, nel servizio. Per questo, Milani una leggera acidità e un gusto “La lavorazione ha voluto essere sponsor deldolce; Etiopia Sidamo, dal prola manifestazione e accompafumo molto intenso, un ottimo artigianale gnare gli “Stati Generali della corpo e netti sentori di speziato conferisce Ristorazione Ragionevole” con con accenni di rum cioccolato gli aromi e i gusti degli espressi e frutta tropicale; Papua Estate eleganza realizzati con le sue miscele e Plantation, dall’eccellente core fascino.” le sue monorigini. Sono caffè po, profumo delicato e aroma che la Torrefazione di Lipomo equilibrato e fruttato; Guateha selezionato con attenzione mala Genuine Antigua, dolce e creando un progetto ad hoc fruttato con uno spiccato corpo per il mondo della ristorazione e dell’industria e una buona acidità. Il terzo ramo, infine, è quello alberghiera: Espresso System Milani, la soluzione del decaffeinato Cuoril, anch’esso in capsula: in tazza garantisce note fruttate (pesca, noce e nocciola), globale e personalizzata per chiudere il pasto con un eccellente espresso da ricordare con piacere e tostate (pan tostato e cacao) e speziate (liquirizia). raccontare. Anche al ristorante. Il pacchetto include anche macchine espresso auIl suo cuore è Espresso System Milani, una miscela tomatiche e semiautomatiche, un’assistenza tecnica

Sala macchine e attrezzature d’epoca

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specializzata e un sistema efficiente di raccolta ordini e distribuzione. “Un cammino “ragionevole” del mondo della ristorazione – dichiara Pierluigi Milani, titolare dell’omonima azienda – comprende un avvicinamento e una conoscenza approfondita del mondo del caffè da parte di chef e sommelier. La nostra attenzione e l’ascolto costante degli operatori ci ha permesso di sviluppare una linea di prodotti mirati al settore. A chi lo desidera proponiamo, inoltre, il cammino di formazione e di aggiornamento alla realtà del caffè dell’Altascuola Coffee Training presso il nostro stabilimento di Lipomo, a Como”. Il sistema di formazione di Caffè Milani, dedicato ai professionisti dell’horeca, comprende corsi, teorici e pratici, IIAC, INEI e SCA e attività di formazione sul campo. Il 2017 è un anno importante per la Torrefazione comasca che in occasione della celebrazione dei suoi primi 80 anni di lavoro, ha inaugurato uno spazio esperienziale dedicato alla formazione e alla diffusione della cultura del caffè, l’Esposizione Caffè Milani. Questo prezioso museo del caffè propone un viaggio dalla pianta alla tazzina; conduce il pubblico lungo un percorso che si snoda dalla selezione delle drupe alla loro lavorazione, dall’arrivo del caffè verde alla tostatura fino ai diversi metodi di estrazione, sia casalinghi sia da bar. L’Esposizione può essere visitata ogni primo e terzo venerdì del mese ed è possibile prenotare tramite il sito di Caffè Milani o telefonando in sede. Il sistema di formazione di Caffè Milani, dedicato ai professionisti dell’horeca, comprende corsi, teorici e pratici, IIAC, INEI e SCA e attività di formazione sul campo. Il programma è articolato e interessante per qualsiasi operatore. •



Libri

Le ricette di Niko Romito, una villa da sogno, curiosità e leggende intorno al cibo

Titolo: Eating Planet Autore: Barilla Center Editore: Edizioni e ambiente Pagine: 318 Prezzo: -

Titolo: Unforketable.it Autore: Niko Romito Editore: Giunti Pagine: 256 Prezzo: 20,00 €

Titolo: La storia di ciò che mangiamo Autore: Renzo Pellati Editore: Daniela Piazza Editore Pagine: 398 Prezzo: 28,00 €

Titolo: Villa Ottolenghi Wedekind Autore: Federico Fontana, Luca Giacomini, Renata Lodari Editore: Allemandi & C. Pagine: 168 Prezzo: 60,00 €

Cibo è sostenibilità La nuova edizione di Eating Planet tratta un tema a dir poco attuale: la sostenibilità del sistema alimentare, ossia quella che oggi si può definire una vera e propria sfida a livello globale. Lo scenario è complesso: culture e tradizioni interagiscono con profonde mutazioni dei modelli alimentari e di consumo; gli impatti sulla salute si affiancano a quelli sugli ecosistemi; le inuguaglianze nell’accesso al cibo rischiano di essere esacerbate dagli effetti del cambiamento climatico. Così il Barilla Center for Food & Nutrition ha raccolto gli sviluppi più recenti del dibattito e della ricerca suddividendoli in quattro grandi ambiti: “Cibo per tutti”, “Cibo per una crescita sostenibile”, “Cibo e salute”, Cibo e cultura”. Inoltre il libro propone le iniziative prioritarie che i decisori gli operatori economici e i cittadini dovrebbero attuare per contribuire alla sostenibilità e per dare concretezza all’eredità lasciata da Expo 2015.

100 ricette di Niko Romito È la declinazione cartacea dell’omonimo progetto di video-formazione culinaria intrapreso dallo chef in partnership con Pasta Garofalo e segue l’altro libro di Romito, “10 lezioni di cucina”. Un libro che si rivolge al grande pubblico: cento ricette scelte nel perimetro della tradizione italiana, illustrate passo passo perché chiunque, anche i neofiti, possano trarne soddisfazione. Una scuola essenziale, immediata, basata su preparazioni semplici, per ogni giorno, nel quale lo chef riversa i suoi principi ispiratori: esaltare il sapore degli ingredienti rendendoli protagonisti della ricetta; limitare i grassi ed equilibrare i condimenti; conoscere le materie prime. In pratica, per usare le parole dello stesso Niko Romito, “la cucina di casa vista da un cuoco che lavora in un ristorante dove sperimenta e studia”.

Curiosità, storie e leggende Una raccolta che svela falsi miti, che racconta storie, aneddoti e anche qualche leggenda. Per esempio, svela le origini del risotto alla milanese – è arabo -, ma restituisce alla Lombardia la cotoletta, che a quanto pare non è stata importata a Milano da Vienna, ma è sempre stata lombarda. I maccheroni, invece, sarebbero nati nel deserto africano, mentre il babà trova i suoi natali in Polonia. D’altro canto, oggi che si parla tanto di territorio, di origini, di tradizioni, non si possono ignorare la reale storia dei prodotti e delle ricette che consumiamo. La conoscenza degli alimenti passa infatti anche attraverso il momento storico in cui si sono diffusi, anche attraverso la ricerca delle origini dei nomi che portano.

Una “casa” da sogno È definita come il sogno di Arturo Ottolenghi e della moglie Herta Wedekin, che nel 1923 progettano di realizzare, sulla loro proprietà fra i vigneti di Monterosso – siamo ad Acqui Terme – la loro villa. Non una villa qualsiasi, ma un sogno, un sogno che sappia coniugare le linee dominanti della costruzione, con il grandioso paesaggio circostante. Prende così vita quello che ancora oggi è uno dei più riusciti esempi di collaborazione feconda tra illuminati committenti e pittori, scultori, architetti, arredatori, paesaggisti e giardinieri. Per oltre 40 anni il lavoro di questi artisti dà forma allo straordinario complesso paesaggistico e architettonico, una sintesi delle esperienze architettoniche internazionali, delle funzionalità secessioniste, delle identità del Razionalismo, del respiro dell’International Style.

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La Ricetta di Artù

Se il filetto è memorabile a cura di Maurizio Bertera

Un piatto semplice, che si fa ricordare per la sua leggerezza e succulenza. Giuseppe Di Iorio, nella sua brillante carriera – con lunga esperienza di ristorazione in hotel raffinati di Roma e Londra - si è tolto una soddisfazione che tanti colleghi non potranno mai avere: nel 2005, quando cucinava al Mirabelle capitolino, entusiasmò a tal punto George Bush jr da ‘costringerlo’ a preparare un take away di lusso per la cena nel viaggio di ritorno dell’Air One, da Roma a Washington. Da maggio 2010, Di Iorio è approdato all’ultimo piano di Palazzo Manfredi, boutique hotel a cinque

Filetto di vitello in crosta di pane al carbone

Procedimento • Per il pane: Mescolare la farina con il carbone vegetale, a parte spezzettare il lievito nell’acqua, impastare con la farina e il sale. Lavorare per qualche minuto, portare ad incordatura. Versare l’impasto in uno stampo da plum cake e lasciarlo riposare a temperatura ambiente fino al raddoppio. A lievitazione avvenuta infornare in forno statico a 180° per 45 minuti • Per il paté di carne: frullare la carne di vitello con la panna, aggiungere un pizzico di sale, il mezzo bicchiere di vino bianco e del prezzemolo. • Per il filetto di vitello: dividere la carne in porzioni da circa 170 grammi. La cottura deve essere effettuata sottovuoto a 70° per 7 minuti. • Per l’assemblaggio: tagliare il pane eliminando la crosta e schiacciarlo con il matterello. Spalmare le fette con il patè di carne e avvolgere il filetto porzionato e precedentemente cotto sottovuoto. Rosolare in poco olio extravergine per 5 minuti avendo cura di girarlo. Finire la cottura in forno per altri 4-5 minuti.

Ingredienti per quattro persone Per il pane 600 g di farina 0 400 g di acqua 150 g di pasta madre rinfrescata 1 cucchiaio di sale 8 g di carbone vegetale Per il patè 100 g di carne di vitello 100 g di panna ½ bicchiere di vino bianco prezzemolo sale qb Per la carne Un filetto di vitello di circa 600 g Olio extravergine qb

stelle, in via Labicana 125: Aroma – stella Michelin da tre anni - è praticamente di fronte al Colosseo, ma il panorama che si ammira in terrazza – fantastico a pranzo, romanticissimo a cena non toglie nulla

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alla cucina, anzi. Di Iorio rispetta da sempre la tradizione, fatta di ingredienti al top e senza risparmio, ma ama reinterpretarla e a volta contaminarla con idee e tocchi stranieri. •


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Gusto e mercati

Etichette: maschi più selettivi? di Vincenzo Russo*

Uomini e donne hanno reazioni diverse, anche di fronte a un prodotto o a un packaging. Uomini e donne guardano le stesse cose? L’organizzazione dello spazio o le caratteristiche dei prodotti o del packaging attirano in maniera diversa lo sguardo o l’attenzione degli uomini e delle donne? Il tema delle differenze di genere è sempre stato di grande interesse nel campo del marketing e trova oggi, grazie alle neuroscienze interessanti indicazioni. Grazie ad una più approfondita conoscenza del funzionamento cerebrale, oggi abbiamo maggiori informazioni anche riguardo alla diversità cerebrale tra uomini e donne. Una sorta di predisposizione biologica che può essere o rinforzata dalla culturale di appartenenza o dalle esperienze personali di apprendimento o del tutto modificate dalle stesse. Uomini e donne si differenziano per molti aspetti:

preferenze, comportamenti, modalità di relazione con il prossimo, emotività, predisposizioni. L’origine di tali differenze può essere fatta risalire a due diversi ordini di fattori: la cultura e la genetica. L’educazione, la cultura di appartenenza e la società nella quale la persona si trova a crescere e a vivere hanno sicuramente un’importanza fondamentale nel sollecitare e nel cristallizzare ciò che può essere considerato “maschile” e “femminile”. Nondimeno, la ricerca scientifica ha stabilito con certezza l’esistenza di differenze comportamentali, strutturali e funzionali tra i due sessi, differenze dovute a piccole ma decisive difformità nello sviluppo cerebrale. Grazie alle neuroscienze oggi sappiamo che più del 99% del codice genetico di uomini e donne è il medesimo. Tra i 30.000 geni del genoma umano, una variazione di meno dell’1% tra i due sessi appare minima. Questa differenza di percentuale, tuttavia, influisce su qualsiasi cellula del nostro corpo, dai nevi che registrano piacere e sofferenza ai neuroni che trasmettono sensazioni, pensieri, sentimenti ed emozioni (Brizendine, 2007). Uomini e donne hanno cervelli diversamente connessi e straordinariamente complementari: quello dell’uomo ottimizzato

Fig. 1 Pattern di visione di uomini e donne alla vista di un’etichetta

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* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano

Pattern visivo di uomini (sopra, figura 2) e donne (sotto, figura 3) opera di design esposta in Triennale Design Museum (in rosso dove si concentra di più la visione oculare).

per un’efficace comunicazione all’interno di ciascun emisfero, quello della donna sembrerebbe più forte nell’interazione tra un emisfero e l’altro. Le connessioni neurali possono essere immaginate come una rete intricata di strade lungo le quali si snoda il traffico d’informazioni del cervello. Secondo i dati

analizzati dai ricercatori statunitensi, nel cervello maschile le connessioni corrono dalla fronte alla nuca lungo lo stesso emisfero laddove, invece, nel cervello femminile tali connessioni sono trasversali all’emisfero destro e sinistro (il primo deputato maggiormente al pensiero intuitivo, il secondo alle

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elaborazioni logiche). Questa differenza potrebbe rappresentare il substrato biologico di differenze comportamentali già in passato evidenziate, come la migliore capacità femminile in compiti che necessitino il multitasking, l’intuizione e l’empatia e la migliore capacità maschile in attività motorie e nell’orientamento spaziale o nella focalizzazione su alcuni aspetti del messaggio. Nelle nostre indagini di neuromarketing svolte sia in store che in luoghi esperienziali come i musei, abbiamo rilevato con l’eye tracking che gli uomini dimostrano un comportamento visivo caratterizzato da un’esplorazione specifica e molto dettagliata di poche aree. Si focalizzano solo su alcuni aspetti cruciali, preferibilmente quelli che hanno a che fare con le azioni. Non prendono cioè in considerazione tutte le informazioni disponibili selezionandone solo alcune (Meyers-Levy and Sternthalt, 1991). Per questo motivo possono esser definiti “selective processors”. Al contrario le donne, definite “comprehensive processors”, sono più sensibili ai molteplici dettagli che compongono una scena visiva. In questo modo sono caratterizzate da un’elaborazione cognitiva più completa. Ciò lo si vede sia nel caso in cui si osserva una semplice etichetta (fig. 1) che nel caso della visione di uno stimolo complesso come un’opera tratta dalla mostra che si è tenuta presso la Triennale di Milano per la mostra Woman Italian Design. In questa occasione abbiamo studiato la reazione di uomini e donne alle medesime stimolazioni estetiche. Ne mostriamo solo una che rappresenta una famiglia un po’ strana. Al di là del significato simbolico dell’opera vediamo come uomini e donne hanno una diversa reazione visiva e di attivazione emozionale (fig.2 e 3). Le donne si concentrano più sui volti dei bambini e hanno una reazione emotiva più alta in corrispondenza della visione di questi volti. Gli uomini si concentrano su alcuni dettagli che hanno a che fare con le azioni. Nella promozione di prodotti o nella costruzione di spot, packaging o ambienti occorre sempre considerare la diversità di target dovrebbe non può non considerare queste differenze di analisi del campo visivo. •


Pillole Campari e la red passion

Campari è tornata on air con “Creation”, la nuova campagna firmata dal regista Paolo Sorrentino. Un film che rispecchia lo stile del regista premio Oscar e che ruota intorno alla Red Passion, tema da sempre legato al marchio simbolo dell’aperitivo nel mondo. Il lavoro è stato sviluppato insieme all’agenzia Havas Milan; la nuova campagna riscrive in chiave contemporanea e visionaria una storia che racconta la creazione della passione nel mondo. Sulla scena, naturalmente, un iconico e inconfondibile cocktail colore rosso: un Americano.

Le Colture a Bottiglie Aperte Le Colture, l’Azienda Agricola di S. Stefano di Valdobbiadene la cui produzione annuale raggiunge oggi circa 750.000 bottiglie, ha partecipato per la prima volta alla quinta edizione di Bottiglie Aperte, la vetrina milanese che presenta ai winelovers e ai professionisti del settore oltre 100 realtà selezionate regione per regione. Le Colture ha proposto tre etichette della gamma di vini spumanti Valdobbiadene DOCG: il Valdobbiadene Prosecco DOCG Superiore di Cartizze, il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG brut Fagher e il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG extra dry Pianer. Gli stessi vini spumanti sono stati anche protagonisti del “Fuori Bottiglie Aperte”, al Ristorante TIME’ e al Wine Bar Gran Cru di Corso Magenta.

Agugiaro presenta la Mora

Un nuovo modello per SPLIT

Alto Adige: un futuro di sfide

Agugiaro&Figna Molini, azienda molitoria italiana attiva fin dal XV secolo, è presente a Milano Golosa con Mora, una delle ultime farine “nate” dall’azienda. Si tratta di una farina di tipo integrale ottenuta attraverso un procedimento a tutto corpo che mantiene intatti il germe vitale e le frazioni esterne più nobili e vitali del chicco di grano, per preservarne tutta l’autenticità. La farina è caratterizzata da un sapore dolce e ed è adatta a tutti i prodotti da forno.

La sedia SPLIT di Colos, grazie al concetto di divisibilità che ne sta alla base, da sempre offre l’opportunità di combinare scocche e basi con diversi colori. Ora la collezione è stata ampliata con la nuova base a quattro gambe in legno; il risultato è una sedia dalle caratteristiche estetiche nuove che, pur mantenendo la stessa scocca, presenta di fatto un nuovo design. Le gambe sono avvicinate al centro della seduta e un effetto più naturale è dato dal nuovo materiale, il legno. Split GL si propone così come soluzione per ambienti che richiedono soluzioni estetiche e materiali ricercati.

Si è tenuto alla fine di settembre l’Alto Adige Wine Summit, l’evento che celebra i 10 anni del Consorzio Vini Alto Adige. Un evento che, tra degustazioni, approfondimenti e confronti, ha permesso di fare un bilancio sulla viticoltura del territorio, profondamente mutata negli ultimi quarant’anni. Dalla produzione di massa degli anni 70 si è infatti passati a nuovi metodi di coltivazione, che hanno contribuito a rilanciare la produzione locale. Oggi l’Alto Adige è un territorio che conta ben 20 vitigni diversi coltivati su aree fortemente diversificate per climi e composizioni del terreno. Secondo i produttori, la sfida dei prossimi anni sarà quella di mantenere nelle bottiglie un’identità altoatesina, che renda i vini riconoscibili in tutto il mondo. L’altro grande nodo sarà il cambiamento climatico: l’aumento delle temperature nei prossimi anni ridisegnerà la microgeografia dei vigneti, spostando le coltivazioni a quote più alte e ridefinendo le scelte dei vitigni.

Venti eccellenze per MGM

Jack Daniel’s limited edition

MGM Alimentari, azienda selezionatrice e distributrice di prodotti alimentari di alta gamma e di pregiata qualità artigianale, ha presentato, a Milano, 20 eccellenze provenienti da tutta Italia. Dalla Lombardia il Salumificio Colombo, il Salumificio Romagnese, il Frantoio Valtenesi e l’Azienda Agricola Senga. E sono lombardi anche gli insetti commestibili di Entonote; dalla Sardegna sono arrivati invece i prodotti dell’Azienda Fratelli Podda, di Corti Olias e dell’Azienda Galanu; la pasta Rustichella trova le sue origini in Abruzzo, mentre l’aceto balsamico dell’Azienda Bonini è naturalmente emiliano, come del resto lo sono il Parmigiano Reggiano dell’Azienda Bonat e il Prosciutto di Parma di Casa Graziano. Dalla Puglia le verdure in pastella dell’Azienda Spirito Contadino e le verdure sott’olio de I contadini; e dalla Sicilia i formaggi di Tanto Quanto Basta. Non possono che essere liguri le olive taggiasche di Casa Olearia Taggiasca. Infine, dalla Toscana, i salumi e i formaggi di Azienda Salcis e da San Marino il prosciutto cotto. Un’occasione per incontrare professionisti e produttori, un momento di confronto tra coloro che credono, promuovono e sperimentano il Made in Italy.

Una bottiglia limited edition - si chiama Red Dog Saloon - per celebrare il 125esimo anniversario dall’apertura dell’omonimo locale di Lynchburg (Tennessee). Si tratta di un’edizione speciale del classico Old N°7, interamente dedicata al primo bar di proprietà di Mr. Jack Daniel. Secondo la leggenda, il Red Dog Saloon era situato proprio al centro della piazza principale di Lynchburg, sede della storica Distilleria. Jack Daniel’s Red Dog Saloon Limited Edition, imbottigliato a 43%, mantiene tutte le caratteristiche del classico Old N.7 a partire dal gusto morbido e rotondo e dal colore rosso ambrato. La bottiglia di Jack Daniel’s Red Dog Saloon si presenta nel classico formato squadrata e con il collo allungato, impreziosita da un’etichetta dal gusto classico e contemporaneo al tempo stesso.

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Libri La foto

di Artù

Andrea Luri, General manager del Casta Diva Resort, sul lago di Como, insieme a Enrico Derflingher, il grande chef supervisor della ristorazione della struttura cinque stelle lusso. Enrico Derflingher è presidente di Euro-Toques International e Italia.

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2018 FOTOGRAFIE GIORGIO

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ArtĂš con Amani per garantire casa, scuola e salute ai bambini e alle bambine di strada di Nairobi, Kenya e Lusaka, Zambia. I proventi della vendita di questo calendario sono destinati a loro.

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Alberto’s choice

Mauro Elli, talento e passione UN’ESPERIENZA CHE VA OLTRE LE ASPETTATIVE

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta

CANTUCCIO

Via Dante Alighieri, 32 22031 Albavilla (Co) 031 628736 www.mauroelli.com

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Mauro Elli, lo chef del Cantuccio, è un grande, sotto molteplici aspetti. Perché? Innanzitutto perché dà valore al suo tempo, in ogni secondo, trasformandolo nel tempo del cliente, ovvero dedicandosi anima, mente e corpo alle esigenze dell’ospite, fin da quando varca la soglia di questo locale intimo, raccolto, quasi appartato: un “cantuccio”, di nome e di fatto. Non a caso, il motto di Mauro Elli è Sharing for Caring, ovvero “condividere per volersi bene”: ed è forse questo uno dei motivi per cui la clientela arriva fino a qui, in questo paesotto del Triangolo lariano, fra Erba e Como. Famosa per l’Alpe del Vicere, un altopiano boschivo molto pa-

Due corone = Linea di cucina corretta

Una corona = Cucina dignitosa e affidabile

noramico, ricco di grotte naturali di grande interesse speleologico (una per tutte, il Buco del Piombo), eletto a propria residenza estiva da Eugenio de Beauharnais, figliastro di Napoleone Bonaparte, e successivamente, in periodo fascista, divenuto campo

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza

Due cervelli = Ragionevole

Un cervello = Abbastanza ragionevole

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

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Artù Numero 85 ottobre 2017

Alberto’s choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello

In redazione Emanuela Stìfano - emanuela.stifano@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it _______________________________________________________________

Collaboratori

Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Foresti, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Aldo Nenzi, Gio Pirovano, Alessandra Piubello, Laura Reichlin, Mauro Remondino, Vincenzo Russo, Valentina Santambrogio, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Virginia Zacchetti, Claudio Zeni, Stefania Zolotti. Iniziative speciali: Cristina Fagioli - cristina.fagioli@edifis.it Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________

Grafica e impaginazione Daniele Scozzari

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Foto

Archivio Artù; Ferdinando Cioffi; Sara Magni; Renato Vettorato; Michel Jolyot; Carol Sachs ______________________________________________________________

Pubblicità dircom@edifis.it

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Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it

Mauro Elli interviene al Convegno sulla Ragionevolezza, svoltosi nei giorni scorsi a Milano nell’ambito di Follow Artù: torneremo sul grande evento nel prossimo numero.

estivo dell’Opera Nazionale Balilla, Albavilla è diventata –proprio grazie al Cantuccio- destinazione enogastronomica di prim’ordine. Aperto negli anni Ottanta dal grande Angelo Foresti, chef-patron di lungimirante coraggio e caparbietà, il Cantuccio ha visto subentrare (dal 2003) la guida del brianzolo Mauro Elli, tanto intraprendente quanto rispettoso della materia, degli ingredienti, della soddisfazione del cliente, che arriva sempre al primo posto. L’amore smisurato per la materia prima, la passione e la tenacia, la volontà di crescere continuamente e di fare squadra, motivando il gruppo di lavoro: sono solo alcuni dei valori a cui Mauro si ispira, aiutato in cucina dalla precisa mano femminile della consorte Anna Negrini, valtellinese di Caspoggio ( che per la precisione è in Valmalenco), omonima dello chef Alessandro Negrini, chef del Luogo di Aimo e Nadia, insieme a Fabio Pisani: ad Anna spetta la cura del pane e della pasticceria, elementi molto importanti nell’offerta del Cantuccio. Un’esperienza gustativa ai tavoli del ristorante non può prescindere dal saluto della cucina, diventato un’icona: l’ovetto panato e fritto, su salsa di acciughe è delizioso e, nonostante le prevenzioni di qualcuno, un piatto di estrema leggerezza. Il menù di Mauro Elli è strabiliante, per la cura nell’esecuzione dei piatti ma anche per la succulenza che ne deriva; qui non si viene per fare esperienze rarefatte, ma per assaporare portate che sono il frutto ragionato e creativo dei pensieri di uno chef talentuoso. Di seguito, qualche esempio (dal menù estivo ed autunnale) destinato a chi sceglierà di seguire il percorso gustativo proposto da Elli, che

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tirerà su il morale di quanti prediligono la full immersion nei sapori. Fra gli antipasti: i Calamaretti spillo rosolati con lenticchie di Colfiorito croccanti; i Fiori di zucca ripieni alla ricotta di Seirass con pomodorini; l’Arrotolato di fegato d’oca con purea di mele e gelée di Aleatico. Fra i primi: le Lasagnette al pesto di pinoli con gamberi rossi di Sicilia; i Maccheroncini alla Norma con melanzane e bufala; gli Spaghetti alla chitarra Podere Forte con cipollotto e guanciale; gli Gnocchetti di patate e zafferano con piccolo ragout di razza; i Ravioli di semola con pomodoro e crema al basilico. Fra i secondi: primo su tutti, l’iconico Maialino di Cinta senese Podere Forte arrostito alle erbine aromatiche (vedi foto),; il Coniglio arrostito in tre versioni; la Frittura di scampetti, filetti di triglia e zucchine; il Controfiletto di manzo con sugo d’arrosto e agrumi. Fra i dolci, memorabile il Carrè al cioccolato con crumble al cappuccino; il Cheesecake con gelato di pere al vino rosso; il Sorbetto alle arance rosse di Sicilia; la Charlotte vaniglia e arance con salsa di fragole. Un’esperienza coinvolgente, in cui il sapore di ogni ingrediente è il soggetto del piacere: al Cantuccio non si viene per provare una cucina sperimentale, o concettuale, o vanamente creativa, ma per gustare materie prime, semplici o ricercate, dominate dal concetto di ragionevolezza: nella selezione degli ingredienti, nelle tecniche di cottura, nella presentazione del piatto in tavola. Ma anche nell’affabilità del servizio e nella proposta dei vini: non convenzionali, spesso inattesi da chi si aspetta le “solite” etichette, ma di altissimo livello qualitativo.

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IL pIAcere INIzIA IN pAdeLLA La padella svasata alta in alluminio per alimenti di Baldassare Agnelli è ideale per preparare infinite ricette. È tra le padelle più utilizzate nelle cucine professionali italiane per le sue straordinarie qualità: è versatile, si adatta a diverse tecniche di cottura, ha un’ottima conduttività di calore costante su tutta la sua superficie e quindi favorisce il risparmio energetico, è maneggevole (essendo l’alluminio molto leggero), è resistente (agli urti, agli shock termici, alle abrasioni, alla corrosione), è facile da pulire (non necessita di manutenzione). L’alluminio, è un materiale ecosostenibile riciclabile al 100%, non ha contro indicazioni per la salute (non ci sono tracce di Nikel).

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