€ 5,00
© Giulio Ziletti
In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi
La ristorazione ragionevole
COVER STORY Berton al Lago, il Sereno vola
L’AZIENDA Art Menù, il valore della “carta”
L’INTERVISTA Ciccio, il Sultano di Ragusa
ALBERTO’S CHOICE Claudio e famiglia Stile leggendario
Luglio/Agosto 2018
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Buona come appena fatta. Lager non pastorizzata che, grazie al processo di microfiltrazione a basse temperature, preserva intatto tutto il gusto e la freschezza della birra appena spillata in birrificio.
Editoriale
Lavorare sui “fondamentali” È vero. Si fa un gran parlare dell’importanza della “sala”, ma la cucina è sempre, ancora, la protagonista mediatica della scena. Fa giustamente notare Nicola Dell’Agnolo, restaurant manager del Luogo di Aimo & Nadia, in un recente intervento sui social, che “sulla stampa specializzata, non c’è una sola foto di un ragazzo di sala, di un sommelier o di un maitre”. A favore di chef e cucinieri che occupano la scena. E aggiunge: “…non voglio fare alcuna polemica, ma poi non venitemi a dire che la sala conta come la cucina, c’è pure chi dice che la sala è il 51% e la cucina il 49”. Non possiamo dare torto a Nicola. Forse è in virtù di questa considerazione condivisa che, anche noi di Artù, da sempre tradizionalmente vicini alla cucina, abbiamo dedicato un convegno proprio alla sala, lo scorso ottobre a Milano. E al tema della ristorazione ragionevole. Il prossimo novembre, tanto
per non smentirci, la “Passione” sarà l’argomento del nostro secondo Forum degli Stati generali dell’offerta, che si terrà all’Hotel Melià di Milano, retto da un professionista del calibro di Palmiro Noschese, che ha sempre fatto della sala e della sua armonizzazione il proprio focus. Affronteremo, con testimonianze dirette, il grande tema della passione, valore necessario all’affermazione e al successo della propria attività: un fattore indispensabile, visto che è proprio la passione “a muovere le cose”: fa superare ostacoli e difficoltà, mettendo sempre al primo posto l’aspetto umano, ovvero la capacità e la forza di non tirarsi mai indietro e di mettere “il cuore oltre l’ostacolo”. Senza passione, il lavoro si ridurrebbe all’applicazione di un banale, ripetitivo, mansionario quotidiano, un rito quasi obbligato, da esercitare senza entusiasmo, senza empatia, senza piacere. E, soprattutto, senza alcuna motivazio-
ne. Ricordo gli illustri interventi, su questo ed altri temi legati all’empatia, di Antonio Santini, di Tany Nardi, di Marco Reitano, di Valerio Beltrami, di Alberto Tasinato, di Nicola Ultimo, di Carlo Pierato, dello stesso Nicola Dell’Agnolo. E ricordo le parole di Oscar Cavallera: “La sinergia fra cucina e sala, diceva, si costruisce attraverso tre parole, tre concetti fondamentali: rispetto, conoscenza e obiettivi”. Sì, sono questi i valori a cui dobbiamo ispirarci: prima ancora di mettere il business al centro delle strategie, è necessario pensare innanzitutto a rafforzare la sensibilità e le conoscenze, lavorando –come ama ripetere Pierato- sui concetti di assertività e rispetto del cliente”. Un recente viaggio in Giappone, sul quale tornerò nei prossimi numeri con report ad hoc, mi ha dato l’opportunità di riscoprire l’importanza dell’educazione, del rispetto, dell’attenzione verso il cliente. Noi spesso ci riempiamo la bocca di questi valori, ma sembrano più argomenti di conversazione, trattati -durante convegni e seminari- per mettersi a posto la coscienza più che per assimilarli concretamente e renderli oggetto di studio e formazione. C’è ancora un gran lavoro da fare, per potersi permettere di definirci “grande paese turistico”. Non basta, infatti, avere le potenzialità se non le si sanno sviluppare. Non basta avere i paesaggi se non ci sono le infrastrutture. Non basta avere grandi chef se il servizio è dilettantesco. Così come, al contrario, non ha senso curare all’inverosimile la sala a fronte di proposte di cucina mediocri. Credo che la nascita di BARtù, la rivista del pubblico esercizio italiano che allargherà i nostri contenuti anche al canale del Bar di qualità, possa dare un contributo importante a questo tema, al cosiddetto fattore umano. Senza rispetto, conoscenza, obiettivi, come dice Oscar, non andremo da nessuna parte. • Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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A In copertina: In copertina, Luis Contreras con gli chef Andrea Berton e Raffaele Lenzi: l’imprenditore venezuelano, creatore del Sereno Lago di Como, il luxury hotel di Torno, ha puntato altissimo. Il ristorante Berton al Lago, dopo il primo anno di attività, ha già conseguito la stella Michelin nella guida 2018. Non a caso, Andrea Berton ha scelto Raffaele Lenzi, chef di talento, per guidare la grande cucina del suo ristorante (Foto Giulio Ziletti)
Editoriale 1 Lavorare sui “fondamentali” 4 News L’intervista 20 Dominazioni. La Sicilia secondo Ciccio L’opinione 24 Razza Piemontese, rivoluzione tecnologica 26 Via Emilia, la Route 66 Padana Cover story 28 Sereno, il rigore di Berton, la passione di Lenzi Focus food 34 S.Pellegrino Sapori Ticino. Le cucine del mondo Protagonisti food 36 Ale Lanzani, Leonessa inedita Format food 40 Condividere, gioco di squadra Protagonisti food 44 Nicola Fanetti, un camuno a Copenhagen Accueil 46 Eindhoven, lo strano caso dell’NH Collection Focus food 50 Franci, quando l’olio è pluripremiato Accueil 52 Magica Puglia, destinazioni top Focus wine 56 Gravner, una cantina senza effetti speciali Equipment 60 Artmenu Facrtory, al centro le persone Gusto e mercati 64 Il valore inconsapevole dei profumi Libri 66 Brodetti, cucina salvavita, vino su misura e pizza fritta La ricetta di Artù 67 Sironi-Miriello, binomio vincente La foto di Artù 68 Maison Krug 69 Pillole Alberto’s Choice 70 Claudio, un’istituzione che guarda sempre avanti
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€ 5,00
© Giulio Ziletti
Luglio/Agosto 2018
In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Sommario
La ristorazione ragionevole
COVER STORY Berton al Lago, il Sereno vola
L’AZIENDA Art Menù, il valore della “carta”
L’INTERVISTA Ciccio, il Sultano di Ragusa
ALBERTO’S CHOICE Claudio e famiglia Stile leggendario
Luglio/Agosto 2018
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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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News
Fipe fotografa il bar italiano
Sono 149.154 i bar aperti in Italia e generano un volume d’affari pari a 18 miliardi di euro all’anno. È quanto emerge da un recente studio di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi. Sono cinque le regioni in cui si concentrano maggiormente: Lombardia (16,9%), Lazio (10,4%), Campania (9,6%), Veneto (8,4%) e Piemonte (7,2%). Prendendo in considerazione il saldo tra attività avviate e cessate, nel 2017 si registravano 6.335 imprese iscritte e 11.979 chiuse, con un saldo negativo di 5.644 imprese. Per quanto riguarda la tipologia di esercizio, prevalgono i breakfast e morning bar (30%), seguiti dai format generalisti (24%), dai lunch bar (17%), dai bar serali (16%) e da quelli multifunzione (14%). A livello di forza lavoro, il segmento mostra importanti segni di vitalità: secondo l’Ufficio Studi Fipe nel 2017 lungo lo Stivale c’erano 9.900 baristi, tra cui a dominare è l’altra metà del cielo: le donne infatti rappresentavano il 58% delle dipendenti contro il 42% di lavoratori dipendenti di sesso maschile. Il 79% degli occupati nei bar lungo lo Stivale hanno passaporto tricolore, contro il 21% con nazionalità straniera. Quando si va al bar? Secondo la ricerca soprattutto a colazione, quando 5,4 milioni di italiani consumano il primo pasto della giornata, con una spesa media di 2,40 euro. Sono invece 1,3 milioni le persone che mangiano a pranzo al bar, spendendo in media 7,50 euro. Per quanto attiene poi ai prodotti più richiesti, al primo posto troviamo bevande calde (36,6%), alcolici e aperitivi (13,3%), brioches (12,6%), referenze “d’impulso” come snack e gelati (10,8%), bibite analcoliche (10,4%), acqua minerale (8,8%) e panini o piatti (7,5%). Infine, sul fronte prezzi, un caffè al bar costa in media 1,00 euro, un cappuccino 1,30 e un panino 3,10.
Sette ingredienti per sette cocktail Asparago, Rabarbaro, Pera, Susina, Ciliegia, Iris, Barbabietola: 7 ingredienti per i 7 nuovi signature cocktail firmati dal The Fusion Bar & Restaurant di Firenze, noto locale a due passi da Ponte Vecchio. Un vero e proprio viaggio che, partendo dall’Italia e dalla sua stagionalità, accompagna gli ospiti del Fusion in molti altri paesi per esplorarne usi, costumi, cultura, territorio, ma soprattutto sapori e profumi. Un viaggio che trova ispirazione nel ventaglio, nella sua storia ed evoluzione, attraverso un lungo percorso ricco di cultura che segna una linea che unisce l’Oriente all’Occidente, come da sempre il Fusion cerca di fare nella sua proposta. Ed è proprio su un menu che simbolicamente rappresenta un ventaglio che i cocktail sono proposti ai clienti.Grandi esperienze di gusto e tante curiosità che i barman del The Fusion Bar & Restaurant sono in grado di regalare a coloro che sceglieranno uno di questi fantastici 7. Giusto un assaggio: Lo sapevate che è grazie a Caterina De Medici che il ventaglio arrivò a Firenze? Questa selezione di cocktail vive all’interno di una cornice profondamente sostenibile che vede l’utilizzo di frutta e verdura bio, cannucce di bambù, nonché bicchieri e contenitori in materiale naturale e riciclabile al 100%. Ecco nel dettaglio i nomi dei cocktail, abbinati al loro ingrediente principe. That’s amore – IRIS: l gin Peter in Florence ed il suo amore per l’iris danzano tra fiori di lavanda e fresche note di Bergamotto. Mi casa es tu casa - Asparago: cercando le note erbacee ed agrumate della tequila Patron ci siamo imbattuti in campi di asparagi e ciuffi di sedano. Countryside journey - Susina: Uscendo dalla calda Firenze siamo andati nelle campagne alla ricerca di freschezza, incontrando la vodka biologica VKA in compagnia di dolci susine. Into the wild - Barbabietola: dal lontano Messico fino alle terre Toscane. Il selvaggio Mezcal Alipus si unisce alla barbabietola in un mix affumicato, fresco e speziato. Tuscan breakfast - Ciliegia: tutto è nato ricordando paesi lontani, mangiando ciliegie a colazione e sorseggiando Rum Zacapa a ritmo di musica. Bamboo in Perù - Pera: seguendo le orme del vecchio cocktail bamboo, da Yokohama passando per la Spagna, arriviamo nel Mediterraneo. Il Pisco Tabernero, il Marsala e lo Sherry incontrano la dolcezza naturale della pera. Boulevard rhubarb - Rabarbaro: le note speziate del whisky Johnnie Walker Red Rye incontrano le note amarognole del rabarbaro finendo in un mix di zafferano, Sake e Fernet. The Fusion Bar & Restaurant è parte di Lungarno Collection, Società di gestione alberghiera di proprietà della famiglia Ferragamo con Presidente Leonardo Ferragamo. Attualmente il gruppo conta 4 proprietà a Firenze (Hotel Lungarno, Gallery Hotel Art, Hotel Continentale e Portrait Firenze) e una a Roma (Portrait Roma), oltre che tre ristoranti nel capoluogo toscano (lo stellato Borgo San Jacopo, il bistrò italiano Caffè dell’Oro e il The Fusion Bar & Restaurant) e una spa (White Iris Beauty Spa, Firenze). (Claudio Zeni)
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Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro. seguici:
Royale Srl
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Lomazzo (Como)
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T 0296779645
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www.royale.it
News
Amaro di Angostura: un nome, una garanzia Il consumo di amaro è in crescita negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Italia, e pertanto è facile intravedere un futuro roseo per questi prodotti. Tra questi Amaro di Angostura è sicuramente tra gli amari più utilizzati per preparare cocktail nei bar. La perfetta miscelazione degli ingredienti è un’arte che la Casa Angostura ha appreso nei 190 anni di esperienza nella produzione di bitter e rum e che ha portato alla creazione dell’Amaro di Angostura: confezionato in una bottiglia che richiama lo stile della casa, compreso il caratteristico tappo colore giallo, è preparato seguendo una ricetta che, partendo da alcuni estratti di erbe, radici, foglie e frutti dissolti in alcol, si ispira a quella dell’iconico Bitter Aromatico Angostura. È un amaro super-premium con gradazione alcolica 35°, dal colore ambrato scuro e offre aromi di cannella, cioccolato fondente, che richiamano l’inconfondibile Bitter Angostura. Rinfrescante, da bere puro oppure con ghiaccio e scorza di lime, si presta nella preparazione dei cocktail più complessi perché aumenta e bilancia il sapore del drink, ripulisce il palato e aiuta la digestione. Infatti l’azienda ha deciso di farlo conoscere al mondo distribuendolo in primo luogo ai barman e lasciando loro il compito di sperimentare nuove ricette e di proporle al proprio pubblico. Ha vinto il Tales of Cocktails 2016 in America ed è diventato un classico anche in Italia, grazie a una campagna di promozione efficace e agli eventi mondani che lo vedono protagonista assieme ai bartender più seguiti del momento, come Celestino Salmi, vincitore dell’Angostura Global Cocktail Challenge Italia e finalista europeo a Madrid nonché Resident Bartender del Re Sole Bistrot di Bologna. In Italia è distribuito nel canale Ho.Re.Ca e nelle enoteche da D&C, storico reseller nel settore beverage.
Palm Court Garden, oasi romana Un’oasi verde e tranquilla nella Capitale, ideale nella bella stagione per ritagliarsi una piacevole pausa e sorseggiare un cocktail o un bicchiere di vino. Questo, in sintesi, è il Palm Court, il giardino interno dell’Hotel Hassler, l’iconico Hotel situato sulla sommità della Scalinata di Piazza di Spagna, sotto la guida e leadership di Roberto E. Wirth. Per l’estate 2018 i bartender hanno dato spazio a tutto il loro estro creativo per creare cocktail inediti. Ecco allora il Delizioso, un mix di vodka, amaretto, cointreau, succo di limone; Italian Fizz, campari, lime, zucchero di canna, pinkpepper e soda; l’Hassler Fashioned con bourbon whiskey, anisetta, sugar, orange e bitter. Per dissetarsi non possono mancare i tè freddi qui rivisitati e combinati così da diventare dei perfetti cocktail analcolici. Ma il Palm Court Garden non è solo un bar, è anche un all day dining restaurant. Dunque la mattina si può assaporare il caffè con brioche fatte in casa, un pranzo veloce e light; ottimi gelati e pasticceria per il break pomeridiano. La sera un immancabile cena romantica a lume di candela per scivolare, accompagnati dalle note di un pianoforte, nella magia di una notte romana. La cucina è seguita dallo chef Francesco Apreda che, insieme al suo storico sous- chef Marcello Romano, propone piatti della tradizione italiana e romana.
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La cucina italiana vale 209 miliardi In un mercato della ristorazione globale che ha raggiunto un valore 2.210 miliardi euro nel 2016, con l’area Asia-Pacific che copre il 46% del totale e il canale full service restaurant (ristoranti con servizio più o meno completo al tavolo) che pesa per il 52%, nel mondo la cucina italiana ha generato un volume d’affari stimato pari a 209 miliardi di euro, dei quali ben 60 sono riferibili alla Cina e 56 agli Stati Uniti. Sono numeri emersi da una ricerca commissionata a Deliotte dalla scuola internazionale di cucina italiana Alma. Nello studio che ne è scaturito intitolato “La ristorazione italiana nel mondo. Trend e impresa nel mercato internazionale”, presentato presso il Centro Congressi di Fico Eataly World a Bologna, la cucina tricolore risulta la seconda per quota di mercato a livello globale dopo quella cinese (13%), mostrando una penetrazione più elevata in termini di numero di transazioni in Usa (15%), Regno Unito (15%), Brasile (13%) e India (13%). E non è tutto: secondo il giudizio degli esperti di settore, l’appeal delle proposte enogastronomiche del Belpaese ai quattro angoli del globo è previsto “in forte crescita” nei prossimi anni.
Lo Champagne da bere col ghiaccio La Maison Nicolas Feuillatte presenta Graphic Ice, un’etichetta ideale per le stagione più calda, che si degusta in maniera semplice, servita con ghiaccio, Caratterizzata da note fruttate, si può accompagnare con fette di frutta o di agrumi, diventando così un sofisticato cocktail. L’elegante grafica della bottiglia, totalmente argentata, ben si presta nelle location più raffinate. Graphic Ice è il risultato di una sottile alchimia di fragranze floreali. Il perlage, nei toni color oro leggero, contiene tutta l’armonia e le nuances delle note mielate. Si degusta in un bicchiere ampio con ghiaccio, una fetta di limone verde o di ananas perché la frutta esalti in modo armonioso le note cremose e generose.
Un libro e un vino per i 90 anni di Marco Felluga “Una storia di intuizioni”: così potrebbe essere definita quella di Marco Felluga, patriarca dell’enologia friulana, prestigioso vignaiolo del Collio goriziano, personaggio di spicco del mondo enologico nazionale, che lo scorso mese è stato festeggiato a Milano per i suoi 90 anni (compiuti il 28 Ottobre 2017). Per celebrarlo, sono stati realizzati Marco Felluga con la figlia Ilaria un libro, scritto da Walter Filiputti con le immagini di Tiziano Scaffai, e un vino che il figlio Roberto gli ha voluto dedicare: il Collio Bianco Gran Selezione 50/90, presentato in anteprima in occasione della festa di compleanno che si è tenuta nel suggestivo scenario della cantina di Russiz Superiore a Capriva del Friuli. Un’etichetta che racchiude in sé l’esperienza, la passione e la creatività delle aziende Marco Felluga e Russiz Superiore – per la prima volta insieme – e i valori trasmessi da Marco a Roberto. 50/90: il libro racconta la storia di Marco Felluga, 90 anni orgogliosamente portati, intrecciata con quella del Collio e i 50 anni che tutta la famiglia ha percorso e dedicato a Russiz Superiore, il suo “capolavoro”. Marco ha compreso come pochi – e fu tra i primissimi – ciò che bisognava fare affinché queste colline eoceniche del Nord Est straordinariamente vocate alla viticoltura, diventassero “il” Collio, zona d’elezione nella storia enologica d’Italia, da dove è partito il nuovo stile dei vini bianchi di quello che sarebbe stato – a partire dal 1970, con l’affermarsi di una nuova imprenditoria vinicola di gran successo – il Rinascimento del vino italiano. Uomo pragmatico, molto esigente sul lavoro, munito di una grande intelligenza e sorretto da un intuito fuori del comune e da una vasta cultura, ha dedicato la sua vita di produttore, oltre che alle sue aziende, anche alla causa comune del territorio, tant’è che, per due mandati, si è impegnato come Presidente del Consorzio Collio. “Questo percorso della Marco Felluga – Russiz Superiore si è nutrito dell’arte e dello stile italiano, che non è solo moda e design, ma una maniera di vivere dove entrano in gioco componenti come il concetto di bellezza, il cibo e la cucina – scrive Walter Filiputti nella prefazione del volume – Assieme rappresentano ed esaltano una ricchezza reale, concreta, che il mondo ci invidia.” Un’epopea che dura tuttora, grazie a una continuità familiare che ha visto Roberto Felluga proseguire sulla strada della qualità assoluta tracciata dal padre: conoscenze e dedizione che tramanderà alla figlia Ilaria. Roberto conduce le due prestigiose aziende nel Collio Goriziano (Marco Felluga a Gradisca d’Isonzo e Russiz Superiore a Capriva del Friuli). Insieme, Marco e Roberto hanno sommato ad oggi oltre 60 vendemmie, che hanno ritmato il tempo del loro lavoro e della loro vita. Il frutto di questo loro impegno si concretizza, simbolicamente, nella bottiglia del Collio Bianco Gran Selezione 50/90, che porterà in etichetta, intrecciati fra loro, i nomi delle due aziende di famiglia. (Rocco Lettieri)
Prinz presenta i nuovi carpacci Prinz Gourmetline, storica azienda altoatesina specializzata nella produzione di carpacci e burger di pesce pronti per il consumo, presenta il Carpaccio di Seppie al Nero di Seppia, il Carpaccio di Mazzancolle con Alghe Wakame e il Carpaccio di Polpo. I carpacci si presentano in comodi rotoli da affettare, freschi o surgelati, da cui è possibile ottenere fino a 90 fette di prodotto pronto. L’azienda fa dell’elevata qualità delle materie prime il suo punto di forza. I prodotti sono sempre freschi e controllati, nonché fat free, lactose free e gluten free. Prinz ha vinto 6 premi su 7 al Seafood Prix d’Elite di Bruxelles, il prestigioso evento focalizzato sui prodotti ittici.
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A Scicli, il nuovo Resort di VOIhotels
È stato inaugurato a Scicli, in Sicilia, il nuovo VOI Marsa Siclà Resort di VOIhotels, la catena alberghiera del Gruppo Alpitour. Si trova nelle vicinanze del villaggio di pescatori di Sampieri e si estende per circa sei ettari di rigogliosa vegetazione. La spiaggia privata di sabbia fine si raggiunge attraverso una passeggiata nel verde, in bici, oppure con una navetta. La struttura si presenta come un piccolo paesino, dislocato in villette a due piani, bianche, ristrutturate con materiali di pregio e rifiniture eleganti. Gli ambienti comuni, rivisti integralmente, sono stati progettati per comunicare eleganza, esclusività e pace, fondendo dettagli di stile con tonalità chiare e in armonia con l’ambiente circostante. Gli spazi sono ampi e ariosi e lasciano la possibilità di vivere una vacanza di relax ma anche di condivisione. Animazione soft e cucina di alta qualità gestita dallExecutive Chef Amedeo Airò Farulla, completano il tutto.
News
Performance, l’ultima frontiera della degustazione
La nuova linea Performance di Riedel è l’ultima frontiera della degustazione. Adatti a ogni occasione, questi nuovi calici varietali sono i primi realizzati da Riedel ad avere il bevante caratterizzato da un leggero effetto ottico – messo a punto sfruttando le più moderne tecnologie – in grado di provocare un vero e proprio ‘impatto’ degustativo e sensoriale totalmente nuovo. Una ricerca approfondita condotta dalla famiglia Riedel ha dimostrato come aumentando la superficie interna del calice si ottenga un impatto ancora migliore sulla percezione del bouquet del vino. Attraverso la creazione del sopraccitato ‘impatto ottico’, che non solo dona al prodotto finale un’estetica piacevole, ma incrementa l’area della parete interna, questi bicchieri permettono al vino di aprirsi pienamente e sprigionare ogni singolo aroma o sottile nuance. Con sette forme realizzate a macchina per Chardonnay, Champagne, Pinot Noir, Cabernet Sauvignon, Syrah e Spirits (distillati) – leggere, resistenti e a prova di lavastoviglie, posizionate su raffinati steli e ampie basi – Performance è numerata da RP-1 a RP-7 in modo da abbinare facilmente ogni calice alla rispettiva varietà d’uva, assicurando sempre il miglior godimento possibile del vino.
Chef Carrieri e l’amore per l’Argentario Potrebbe esserci una missione più bella di quella di rendere felici i clienti? Proprio questo è l’obiettivo di Francesco Carrieri, il nuovo chef dell’Hotel Torre di Cala Piccola a Porto S. Stefano. Ingredienti di primissima scelta, cucina sana oltre che buona e una carta sempre diversa che rifugge la monotonia e incoraggia la scoperta e la sperimentazione, ma soprattutto parte dal principio che la tradizione è una radice da cui non ci si può allontanare. Torre di Cala Piccola, splendido 4 stelle all’Argentario con vista molto suggestiva sulle Isole del Giglio e di Giannutri, ha una clientela che Lo chef Francesco Carrieri ha delle aspettative alte e soggiorna per un certo numero di notti. Certamente apprezzerà la cucina di questo giovane chef di origine pugliese che ha tra i suoi primi ricordi il profumo del pane cotto al forno in campagna, la pasta tipica e gli eccellenti e saporiti prodotti della sua terra. Per i suoi piatti Carrieri si ispira al tempo e alla natura, tenendo particolarmente in conto la stagionalità e il territorio. La Toscana lo influenza a 360° perché ricca di tutto il meglio della cucina italiana: grandi vini e grandi oli, carni e pesci eccezionali. Per usare per quanto è possibile prodotti locali a km vero, Carrieri ha creato subito un circuito di fornitori locali che garantiscono qualità e freschezza. La carta dà naturalmente molto spazio al pesce, ma per il 40% è di carne perché, commenta, “la fiorentina è sacra”. Qualche influenza pugliese? Sì, ammette lo chef, nei crudi, nelle tartare di pesce, nel gambero rosa leggermente marinato con burratina e salsa all’arancio e olive. Il suo piatto signature è la zuppa di pesce toscana “Il caldaro Torre d’Argento”, dal nome del ristorante di Torre di Cala Piccola, che prevede scampi, gamberi, calamari, cozze, vongole seppie, polpo e altro pescato del giorno. È un piatto di antica tradizione, tipico dei pescatori dell’Argentario, che lo preparavano e mangiavano in navigazione durante la cala delle reti. Prende il nome dalla grossa pentola nella quale si cucinava al momento, spesso direttamente sugli scogli, il pescato fresco di giornata. In casa si fanno paste fresche ripiene, pane, pasticceria, gelati, sorbetti. C’è anche un orticello con le erbe officinali. Naturalmente nessun problema per vegetariani, vegani e celiaci, anche per la pasticceria. Originale l’idea del picnic per andare in mare con la barca dell’hotel sistemato in borse frigo con il logo di Torre di Cala Piccola, che sono anche in vendita. La sera Carrieri, coadiuvato dal Maître di Sala Alessio Perillo, è fiero della sua griglia di design, altamente tecnologica, sulla quale si diletta di cucinare carne e pesce per i clienti che cenano sotto le stelle. Ambizioso e testardo, Francesco Carrieri è anche uno che sa ascoltare e dà molta importanza al team. Al Torre di Cala Piccola oltre a provare una piacevole sosta gourmet è possibile vivere un’esperienza alberghiera esclusiva con un panorama straordinario a 360 gradi sul mare dell’Argentario, le 53 Camere e Suite situate nelle villette centrali o lungo la collina, gli arredi eleganti, l’atmosfera riservata e l’attenzione ai dettagli. Un soggiorno indimenticabile. (Claudio Zeni)
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Artù luglio/agosto 2018
Heineken, mercato a tutta birra In occasione dell’edizione 2018 di HEINEKEN Incontra, l’appuntamento annuale che l’azienda dedica ai propri stakeholder, è stata presentata la nuova ricerca di “Osservatorio Birra”, punto di osservazione sul mondo della birra promosso della Fondazione Birra Moretti, dal titolo “Dalla birra alle birre. L’era del drink different” con l’obiettivo di analizzare il ruolo e il peso delle birre speciali in particolar modo nel Canale Moderno. Ne è risultato che il mercato della birra è in crescita dal 2016 e quest’anno sta accelerando. E Heineken, in Italia, cresce più velocemente del mercato. Un mercato complesso e molto competitivo, che però ancora molti margini di miglioramento: in Italia la penetrazione del prodotto è molto alta mentre la frequenza è tra le più basse d’Europa, così come il consumo pro capite. “Continuiamo a puntare sui marchi che hanno fatto la storia della birra in Italia: Heineken®, Birra Moretti, Ichnusa e Dreher nel sud Italia, con un’attenzione particolare sia al mondo delle lager che all’innovazione. - Ha commentato Søren Hagh, Amministratore Delegato HEINEKEN Italia – Il marchio Heineken® rappresenta l’icona dell’innovazione nelle modalità di servizio Søren Hagh con il Blade che garantisce un’esperienza degustativa eccezionale anche nei punti di consumo che non possono dotarsi di impianti alla spina. Birra Moretti è stata l’apripista per la crescita della categoria della birre speciali e vanta il record di 18 ricette diverse. Le birre lager costituiscono la pancia del mercato e ancora oggi il formato da 66cl di Birra Moretti “Ricetta Originale” è il prodotto FMCG più venduto a valore in tutta la GDO in Italia. Con Ichnusa proponiamo una ricetta del territorio che di fatto è diventata un “super premium”, un gioiello locale che dalla Sardegna sbarca in continente del quale siamo molto orgogliosi”.
Pescheria con Cottura fa rotta verso nord
Pescheria con Cottura apre a Milano a ridosso del modaiolo corso Como, nei pressi della nuova sede di Microsoft. Dopo Lecce e Gallipoli, l’idea venuta al bocconiano Fabio Ingrosso di portare la cucina ittica della sua terra nel cuore del capoluogo lombardo diventato dopo Expo capitale dell’enogastronomia italiana, ha trovato appoggio nel padre Daniele, imprenditore nel campo dell’edilizia. Detto fatto, ispirandosi ai tipici “fornelli di Cisternino” pugliesi e declinati i sapori del Salento e più in generale mediterranei (dalla Grecia alla Turchia, dalla Sicilia alle isole più remote) in salsa meneghina, in questo ristorante di pesce “banco-centrico” i clienti sono accolti da uno stile “urban-chic” dal sapore vintage ideato dall’architetto Stefania Tornesello, dove tutto ruota attorno alla pescheria a vista, rifornita ogni giorno dal mercato ittico milanese, uno dei migliori d’Europa. Il viaggio ideale attraverso il Mare Nostrum continua attraverso la scelta dei vini (120 etichette italiane e straniere) e il cocktail bar, ricco di distillati e miscele che compongono oltre 11 signature drinks inediti, in una lista elaborata in collaborazione con Fabio Bacchi e la wine consultant Valentina Rizzi, mentre l’area mixology del locale è affidata al giovane bar tender Paolo Mastropasqua. Su tutto, a orientare e consigliare l’ospite c’è Mimmo Persano, direttore del locale, virtuoso della preparazione del pesce. E il viaggio verso nord non si ferma qui: la prossima tappa sarà portare la cucina della Pescheria con Cottura a Ginevra, nel cuore della Svizzera.
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Fico, il decollo Quasi 1.500.000 visitatori, per tre quarti provenienti da fuori Bologna e per l’8% dall’estero, che hanno generato un fatturato di 25,9 milioni di euro per fabbriche, ristoranti, botteghe, corsi e servizi: sono questi i numeri, relativi ai primi 6 mesi di vita, che definiscono il decollo di Fico Eayaly World, il parco agroalimentare voluto da Oscar Farinetti nel capoluogo emiliano, dove ha generato un indotto che secondo Nomisma si attesta sui 13,3 milioni di euro; senza contare l’effetto vetrina per la città delle Due Torri derivante da numerosi articoli e reportage dedicati al Parco, che si è aggiudicato anche alcuni riconoscimenti internazionali in questi primi mesi di vita.
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Capolavori a tavola, la solidarietà secondo Fracassi Cucina di qualità e solidarietà è stato il binomio vincente di ‘Capolavori a Tavola’, il format nato da un’idea di Simone Fracassi, il ‘’Re della Chianina’, che ogni anno richiama ad inizio estate nel suggestivo Borgo Corsignano di Poppi (Ar) celebri chef ed imprenditori del settore per una rassegna unica nel suo genere, dedicata alla valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche nazionali ed internazionali per una finalità benefica, visto che il ricavato della serata è stato devoluto in sostegno ai progetti sociali del Centro Creativo Casentino Onlus di Bibbiena. Sotto il cielo dell’accogliente e suggestiva location di Borgo Corsignano, chef stellati Michelin (la più importante guida ristoranti italiana) unitamente ad altre celebri ‘Berrette bianche’ e pasticceri (Da Vittorio, Francesco Bracali, Gaetano Trovato, Tommaso Arrigoni, Giuseppe Aversa, Stefano Bartolini, Peter Brunel, Giovanni Luca Di Pirro, Vincenzo Guarino, Peppe Guida, Agostino Jacobucci, Saverio Sbaragli, Alberto degli Innocenti, Giuseppe Aversa, Emanuele Vallini, Filippo Baroni, Domenico Di Clemente, Silvana Vivoli, Fabio e Gianni, Sergio Dondoli, Paolo Sacchetti), hanno deliziato i palati degli oltre trecento commensali presenti all’evento. “Capolavori a Tavola è nata nel lontano 2001 come occasione per promuovere e per far conoscere il prosciutto del Casentino, ma di anno in anno, ha coinvolto professionisti sempre più importanti di tutta la penisola, arrivando a configurarsi come un vero e proprio galà della migliore cucina italiana” ha ricordato Simone Fracassi. L’evento ha preso il via nel giardino con l’assaggio di alcune eccellenze enogastronomiche italiane, per poi proseguire con la degustazione delle ricette degli chef e infine l’after dinner a bordo piscina tra le delizie di gelatai e pasticceri. Il tutto, ovviamente, accompagnato anche da spumanti, champagne, birre e vini del territorio aretino e italiano. “Capolavori a tavola è un appuntamento di livello nazionale – ha concluso Fracassi – capace di riunire in una sola serata alcuni dei migliori rappresentati dell’enogastronomia italiana, il cui scopo è quello di valorizzare le eccellenze dei nostri prodotti, unito ad una finalità benefica. Personaggi e produttori prestigiosi rispondono ogni anno presente al nostro invito e questo mi rende particolarmente felice, a dimostrazione che enogastronomia e solidarietà sono un vincente binomio per fare felici coloro che nella vita sono meno fortunati di noi”. (Claudio Zeni)
Attems, Friuli nel bicchiere Per l’estate Attems propone tre vini che rispecchiano la freschezza, l’eleganza e l’intensità del Collio. Il primo è Trebes, prodotto con il vitigno che più di ogni altro identifica l’enologia friulana, e del Collio in particolare: la Ribolla Gialla. A sottolineare questo forte legame con il territorio deve infatti il suo nome all’omonimo ruscello che scorre proprio al di sotto del vigneto di Ribolla Gialla. Trebes 2016 è contraddistinto da un colore giallo brillante con riflessi dorati; un bouquet penetrante e composito un cui si percepiscono sentori floreali (tarassaco e tiglio), sfumature di nocciola, vaniglia, pepe bianco e una nota leggermente affumicata. Il secondo vino è Cicinis, considerato un classico del territorio e vino simbolo dell’azienda. La fermentazione e la maturazione del Sauvignon avvengono in particolari serbatoi di cemento a forma di uovo e barrique per metà nuove e per metà di secondo passaggio. Dopo circa otto mesi il vino affina altri due mesi in bottiglia lasciando emergere le sue particolari mineralità, acidità, freschezza e sapidità. Cicinis 2016 è caratterizzato dal classico colore giallo paglierino con riflessi verdi; il suo bouquet è molto variegato, con sfumature di agrumi, salvia e bosso sferzate da sentori più dolci di vaniglia, pane tostato e caffè. Infine il Pinot Grigio Ramato, che riprende la tradizione della Repubblica di Venezia poiché il termine “ramato” indicava il Pinot grigio nei contratti. Nasce da una vinificazione particolare: il mosto resta a contatto 24 ore con le bucce e si impreziosisce di un particolare colore ramato. Il profumo è intenso e fruttato. L’annata 2017 è caratterizzata da una sfumatura color buccia di cipolla. Il bouquet è intenso e complesso, con netti sentori di pesca bianca, melone, seguiti da note fruttate di mora, ciliegia, amarena e un intrigante finale di fiori di sottobosco.
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Splendid Venice, le nuove suite
Lo Splendid Venice – Starhotels Collezione, raffinato e suggestivo hotel affacciato sui canali di Venezia, presenta le 12 Splendid Heritage Suite, omaggio alla tradizione tessile della Serenissima. Il profondo restyling delle camere del palazzo annesso all’hotel, storicamente di proprietà della famiglia Valli, antichi commercianti di tessuti, è iniziato nel 2017, a cura dell’interior designer Andrea Auletta, il quale, mantenendo un legame con l’eredità lasciata dagli storici proprietari, ha preso ispirazione dai tipici tessuti damascati e dalla tradizione vetraria di Murano. Gli arredi e i complementi delle camere si declinano in due colori, il blu Pavone e il bianco gesso, impreziositi da dettagli in oro che ne enfatizzano la luminosità. Le suite, di 40 mq ciascuna che possono diventare Grand Suite di 90 metri quadri se combinate, offrono privacy assoluta e massimo comfort. (C.Z.)
Benetton cede Forno D’Asolo Forno d’Asolo passa da 21 Investimenti a BC Partners. Alessandro Benetton ha così commentato: “Dopo 4 anni possiamo dirci più che soddisfatti. Abbiamo trasformato l’azienda in leader nazionale nei prodotti surgelati da forno e pasticceria, portandola da un fatturato di 74 milioni ai 133 attesi per il 2018 e da 130 a 280 dipendenti. Ancora una volta, abbiamo dimostrato che il private equity può creare valore nel lungo periodo: una soddisfazione enorme, che mi permette di guardare al futuro con sempre maggiore fiducia e positività”. Alessandro Angelon, AD di Forno D’Asolo, ossia colui che ha garantito il raggiungimento di questi lusinghieri traguardi, si accinge ora ad affrontare nuove e ambiziose sfide.
Surgelati, aumentano i consumi
La collezione pop di Frantoio muraglia Arte e sapore si incontrano negli orci della Linea Pop Art di Frantoio Muraglia. Con l’arrivo dell’estate, Frantoio Muraglia ha infatti firmato la Linea Pop Art, una collezione che rievoca le meraviglie del mare e della terra. Realizzate artigianalmente da maestri che lavorano e dipingono la ceramica, le bottiglie sono veri e propri oggetti di design. Dal polpo che fluttua nel mare, al fico d’India, pianta caratteristica del paesaggio caldo della Puglia; dalle sardine alle seppioline che nuotano, fino ai tentacoli di una creatura marina che si snodano sinuosamente lungo la bottiglia. La ceramica bianca diventa la tela su cui prendono forma creazioni artistiche, un inno moderno alla terra d’origine di Frantoio Muraglia. Nelle varianti Fruttato Intenso e Fruttato Medio, l’olio evo della Linea Pop Art è ottenuto dalle pregiate varietà di olive Coratina e Peranzana, selezionate e lavorate secondo il metodo classico della spremitura a freddo. Il Fruttato Intenso, piccante e amarognolo, è perfetto per crudités, insalate e zuppe di legumi, mentre il Fruttato Medio è un olio elegante adatto alla cucina di pesce e alle cotture brevi. Dunque le ricchezze della terra e del mare vengono reinterpretate in chiave pop e attuale per rivestire un prodotto, frutto di una sapienza che si tramanda da generazioni. La collezione di Frantoio Muraglia presenta una vasta tavolozza di colori: toni accesi e cromie matt caratterizzano tentacoli, seppioline e sardine, mentre nuance pastello che danno vita all’arcobaleno, tratto distintivo di Frantoio Muraglia, personalizzano polpi e fichi d’india.
Il 2017 è stato l’anno della “rinascita” del comparto alimentare, rinascita spinta anche dai prodotti surgelati, che nel 2017 sono cresciuti del +2% rispetto al 2016. In particolare, il canale retail ha registrato un rimarchevole +3,1% (531.500 tonnellate di prodotti venduti in totale), mentre il catering si è mantenuto su un +0,3% (310.000 tonnellate vendute). Nel 2017 sono state acquistate complessivamente circa 841.500 tonnellate di prodotti surgelati, con performance al top per l’ittico (+5% vs. il 2016), le pizze (+2,1%) e i vegetali (+1,8%). A dirlo è IIAS - l’Istituto Italiano Alimenti Surgelati, che ha presentato il suo “Rapporto annuale sui Consumi dei prodotti surgelati”, per fare il punto sull’andamento del settore in Italia nel 2017, fornendo anche alcune anticipazioni sui dati di consumo del primo trimestre 2018. I surgelati sono stati premiati per le loro prerogative intrinseche: alta qualità organolettica, naturalità, disponibilità in tutti i mesi dell’anno, elevati contenuti nutrizionali, ampiezza e varietà dell’offerta, trasparenza delle informazioni in etichetta. Se il 2017 è stato un anno “eccezionale” per il consumo di surgelati, i primi mesi dell’anno in corso impongono una cautela nelle previsioni per il 2018. “È ancora troppo presto per fare dei consuntivi o delle previsioni – ha commentato Vittorio Gagliardi di IIAS – ma il primo trimestre di quest’anno ci rimanda un andamento in chiaro-scuro. Se rapportiamo i dati 2018 con quelli del 2016 vediamo che il settore registra una crescita, a volume, di due punti percentuali circa. Dall’altra parte, però, i primi 3 mesi di quest’anno, paragonati con un periodo straordinario come i primi 3 mesi del 2017, mostrano una partenza a rilento, che ha caratterizzato di fatto l’intero largo consumo ed il food. Nel complesso, alla luce delle nostre esperienze pregresse, le aspettative delle aziende per il 2018 sono per una “normalizzazione” del trend da qui ai prossimi mesi, che consentirà di crescere nuovamente”.
Original, l’acqua tonica dei bartender Si chiama The Original Tonic, arriva dalla Spagna e si pone sul mercato come è l’alternativa premium alle tradizionali acque toniche di alta gamma. Il marchio riassume nel nome la sua essenza: la ricerca dell’originalità, raggiunta unendo innovazione e ingredienti di prima qualità. La gamma comprende sei distinte varietà - ORIGINAL Classic, le mediterranee ORIGINAL Berries, ORIGINAL Mint, ORIGINAL Citrus e ORIGINAL Cherry, infine la più esotica ORIGINAL Yuzu - ognuna con un diverso aroma. Alla base di tutta la produzione l’acqua che sgorga da una sorgente situata nel Parco naturale di Sant Llorenç del Munt y L’obac, nei dintorni di Barcellona, la cui purezza è arricchita dagli estratti naturali di chinino ed essenze caratteristiche del Mediterraneo. Una serie di aromi botanici e fruttati servono poi per conferire all’acqua tonica le sue sei caratteristiche note distintive, in un variegato mix di colori che richiamano il blu del mare, il verde delle lussureggianti pinete mediterranee, il rosa dei tramonti e il rosso dei colori della primavera. The Original Tonic è usata nella preparazione dei cocktail ed è già stata scelta da bartender come Giuseppe Santamaria, reputato mixologist internazionale e vincitore del premio al Miglior Bartender di Spagna nella World Class Competition del 2012 e oggi Brand Ambassador di The Original Tonic. “Quella con più carattere è forse ORIGINAL Mint, grazie alla combinazione del suo sapore rinfrescante con l’acido citrico del pompelmo – ha raccontato Santamaria - mentre l’idea geniale è stata quella di combinare il gusto amarognolo del chinino con la dolcezza delle gelatine per creare ORIGINAL Cherry, una tonica davvero affascinante. Originali anche le bottigliette, finaliste del Best Bottle in Glass nei World Beverage Innovation Awards 2014, che premiano l’innovazione nel settore delle bevande. The Original Tonic è importata da D&C.
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Gustosa, Creativa e Innovativa è la novità di Canuti dell’anno Ripieni con profumato zenzero e croccanti verdure primavera: Carote Gialle e Arancioni, Zucchine, Broccoli e Cavolfiore.
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Gran Torino, il Vermouth top secret Alla base di numerosi cocktail, il Vermouth, nome tedesco per un prodotto italiano, è il segreto di ogni produttore, geloso del mix delle erbe che lo compongono. È per questo che la ricetta di un Vermouth di pregio quale il noto Gran Torino è rimasta segreta per più di un secolo, da quando, nel 1861 la famiglia Ferrero elaborò l’antica e originale miscela basata su un’accurata selezione di uve delle migliori qualità di moscato delle colline piemontesi, erbe di montagna ed essenze rigorosamente naturali. Già protagonista nei mitici testi di Jerry Thomas per la preparazione del Manhattan, indiscusso re dei cocktail a partire dal 1880, Gran Torino continua a primeggiare, nelle sue tre varianti, in Italia e nel mondo. Molte cose sono cambiate dal 1861, ma non l’antica tradizionale ricetta tuttora top secret, il gusto intenso e inconfondibile, il carattere forte e originale. Gran Torino è prodotto ancora oggi nello stesso stabilimento di Torino in cui nacque: oggi come allora, la ricetta è sempre quella del suo ideatore, Riccardo Ferrero, che seppe sapientemente unire a un vino della migliore qualità, una segreta miscela di ingredienti quali zucchero, spezie, erbe, alcool e radici di montagna per rendere unico, naturale e inconfondibile l’eccezionale aroma del suo Vermouth. Ma non bastano gli ingredienti per rendere questo Vermouth diverso da tutti gli altri: sono le dosi e il cerimoniale di assemblaggio che fanno la differenza. Ma quale sia nessuno lo sa. Gran Torino è distribuito in esclusiva per l’Italia da D&C (Gruppo Eurofood).
Autogrill lancia, con Kimbo, Caffetteria fredda
Autogrill prosegue lungo la strada dell’innovazione dell’offerta sulla rete italiana e lancia la nuova linea di caffetteria fredda. A partire da giugno, oltre al caffè tradizionale, si potrà gustare una serie speciale di prodotti “summer edition”, pensata per esaltare il gusto del caffè, il suo aroma e la sua versatilità: nuove ricette e nuove varianti all’insegna del freddo che partono dal classico caffè shakerato per arrivare alla cioccolata fredda e al freeze cappuccino. La nuova linea è stata pensata e realizzata insieme a Kimbo: la storica torrefazione napoletana, già partner di Autogrill world wide ha messo, infatti, a disposizione una miscela per le ricette a base di caffè freddo creata appositamente. I nuovi prodotti sono 18 divisi in 5 nuove categorie: Coffee on the rock, per gli amanti del caffè classico, ma in versione rinfrescante, nelle declinazioni Caffè in ghiaccio, Caffè Salentino, Caffè Shakerato e Granita di caffè con o senza panna; Freeze Cappuccino nelle varianti Freeze al ciocco, Freeze al gianduia, Freeze al pistacchio, Freeze al cappuccino, Freeze al cappuccino con panna; Coppissima, un mix perfetto tra cioccolata fredda e panna montata; Coppa del Nonno, da gustare semplice, affogata al caffè o con panna. Infine Cold Chocolate, a base di sorbetto al cioccolato nelle versioni cioccolata fredda, cioccolata fredda con caffè, cioccolata fredda con panna, cioccolata fredda con Coppa del Nonno.
San Cayetano, dalla Colombia un caffè intenso e bilanciato L’ultima origine certificata da CSC - Caffè Speciali Certificati, è il San Cayetano, un arabica proveniente dal dipartimento di Antioquia, nell’area di Medellin, nel centro della Colombia. Al contrario dei caffè di questo Paese, per lo più caratterizzati da una spiccata nota acida, offre un’acidità elegante e bilanciata dalla dolcezza, con sentori di mora, melagrana e cioccolato al latte, unita a un buon corpo. I l San Cayetano è prodotto nell’omonima farm di proprietà della famiglia Ospina, da cinque generazioni dedita alla coltivazione del caffè: fu Don Mariano Ospina Rodriguez, uno dei pionieri del caffè in Colombia, a identificare nella provincia di Antioquia un’area ideale per la coltivazione del caffè, cui diede il via nel 1835. Nel 1910 Tulio Ospina avviò la coltura nella farm San Cayetano, dove i terreni vulcanici, la ricchezza delle acque e il clima offrono le condizioni migliori per la coltivazione di un prodotto di qualità. Questo caffè cresce lungo i pendii della Cordigliera delle Ande, la più lunga catena di montagne del mondo, che si estende lungo sette Paesi dell’America Meridionale, tra 1500 e 1850 metri slm. Lo compongono le varietà Castillo (95%) e Caturra (5%) ed è lavato e asciugato al sole.
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Il Morellino di Scansano pensa al futuro C’era grande attesa per la prima edizione di Rosso Morellino (11 giugno scorso, nell’omonima cittadina della Maremma.), l’evento voluto dal Consorzio Tutela Morellino di Scansano per festeggiare i 40 anni dalla nascita della denominazione, che si è chiuso con ottimismo. Moltissimi produttori hanno aderito subito con entusiasmo, segno che si sentiva la mancava di un appuntamento fisso dedicato al Consorzio. La storia del Morellino ha inizio negli anni ’70, quando tutto il territorio si unì con forza nel desiderio di veder nascere l’attuale denominazione: “Tutti ebbero un ruolo fondamentale, tutti collaborarono, a partire dal sindaco di allora, Romualdo Cinelli”, ha ricordato il Presidente del Consorzio Rossano Teglielli. “Nel 1974, ha proseguito ancora il Presidente, fu elaborato quell’importante lavoro di perimetrazione dei confini della denominazione, tuttora in essere e che risultò fondamentale per evitare successivi ampliamenti che avrebbero snaturato l’identità originaria di questo vino”. Venendo ai giorni nostri, oggi il Morellino di Scansano rappresenta la denominazione di riferimento del sud della Toscana: 1.500 ettari di vigneto, oltre 360 produttori e 7 comuni - Scansano, Campagnatico, Grosseto, Magliano in Toscana, Manciano, Roccalbegna e Semproniano - legati alla produzione di un vino che ogni anno si presenta sul mercato con circa 10 milioni di bottiglie, il 25% delle quali varca i confini nazionali per finire sugli scaffali di enoteche e ristoranti soprattutto di Stati Uniti e Germania. Guardando al futuro e agli obiettivi da perseguire, una delle chiavi fondamentali da utilizzare da parte di tutto il territorio è quella che porta il nome di turismo. “Siamo estremamente fortunati, perché se il vino è espressione di arte e cultura noi offriamo molto di tutto questo all’interno di questa denominazione. Ma sappiamo che c’è molto da fare, perché non tutti sanno dov’è la Maremma e quindi sarà fondamentale il gioco di squadra con le altre denominazioni di questo territorio per intraprendere un percorso comune, pur mantenendo ognuno le proprie peculiarità”.
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A ottobre la “settimana del vino” milanese È stata presentata a Milano, alla presenza dell’Assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Milano, Cristina Tajani, e dell’Assessore al Turismo della Regione Lombardia, Lara Magoni, la prima edizione della Milano Wine Week, programmata dal 7 al 14 ottobre 2018. Il progetto milanese nasce da un’idea di Federico Gordini, imprenditore milanese, già fondatore di Milano Food Week e di Bottiglie Aperte, oltre che di Vivite, il primo festival vinicolo dedicato al mondo delle cantine cooperative. Realizzato in partnership con EPAM – FIPE (Associazione Provinciale Milanese Pubblici Esercizi), l’organizzazione di rappresentanza delle imprese di pubblico esercizio della città di Milano e della Provincia, in collaborazione con Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, il progetto punta a creare un grande momento annuale dedicato al mondo del vino facendo da collettore per tutte le iniziative più rilevanti che si concentrano in quella settimana, costruendo così un sistema in grado di connettere tutti gli interlocutori che, a vario titolo, si occupano di vino. La settimana del vino avrà il suo cuore pulsante a Palazzo Bovara, sede di “casa MWW”, dove si alterneranno eventi serali, degustazioni, masterclass, workshop, verticali e presentazioni. La diffusione capillare della manifestazione sul territorio milanese sarà Da sx Daniele Cernilli, Lino Stoppani, Lara Magoni e Cristina Tajani garantita da un ampio coinvolgimento dei locali, che saranno messi in rete con la realizzazione di alcuni “Wine Districts” (quartieri milanesi caratterizzati da una particolare densità dell’attività di somministrazione e, per questo, abbinati a Consorzi di Tutela, che caratterizzeranno l’offerta dei locali aderenti con l’abbinamento ai loro vini) e attivati con circuiti legati a singole aziende vinicole che realizzeranno cene abbinate, degustazioni e momenti di approfondimento sulle loro produzioni. Il coinvolgimento di UEVLA, associazione di Confcommercio che raduna i principali enotecari milanesi, porterà un fitto calendario di attività tra gli scaffali dei più qualificati retail vinicoli della città.
Nell’Alta Marca, la notte bianca del gusto Atmosfera di festa, tre serate estive da vivere sullo sfondo di dolci colline e tante eccellenze locali tutte da scoprire e degustare. Sono questi i semplici ma fondamentali ingredienti che hanno decretato il successo de “La Notte Bianca del Gusto”, evento di valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche delle colline del Prosecco DOCG, andato in scena dal 5 al 7 luglio. Una manifestazione promossa e organizzata da Primavera del Prosecco Superiore e Latteria Soligo per far vivere al pubblico la vera essenza di queste terre. La manifestazione si è aperta ufficialmente il 5 luglio con il convegno “Cibo e qualità della vita in Alta Marca”, un momento di analisi dello sviluppo economico e turistico di queste terre. Obiettivo del confronto è stato quello di stimolare una riflessione sullo sviluppo del territorio del Conegliano Valdobbiadene nel prossimo futuro quale luogo di produzione economica, sociale e culturale. A seguire, non sono mancati i grandi piatti locali, come il tradizionale Spiedo d’Alta Marca, i tortelli alla Casatella Trevigiana DOP del Pastificio Veneto di Montebelluna, i formaggi della Latteria Soligo, i piatti proposti dagli alunni del Dieffe di Valdobbiadene, la pizza realizzata sul posto dal maestro pizzaiolo Mirko Fariello con la mozzarella Soligo SGT e la Casatella.
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I ravioli in versione vegana Che apporto può dare il frutto esotico Jackfruit alla tradizione della pasta fresca artigianale italiana? Lo hanno scoperto i soci della Cooperativa Noigroup che con Pastificio Veneto sono volati a Norimberga per presentare le nuove referenze della loro linea ripiena. Alla fiera Biofach, infatti, forti della loro riconoscibilità per il settore alimentare biologico e vegano, hanno suscitato molto interesse con i tortelli vegani ripieni con base Jackfruit. La scelta del Jackfruit rientra nell’opera certosina di ricerca che Pastificio Veneto, marchio di Noigroup, realizza per trovare sempre ingredienti di primissima qualità con un occhio di riguardo alle nuove necessità alimentari e, non da ultimo, alla sostenibilità sociale, scopo primario che ispira ogni loro azione. La novità nella proposta di Pastificio Veneto e Noigroup sta nell’utilizzo come ripieno, non in una ma ben in tre varianti: le referenze “Jackfruit, paprika e zenzero”, “Jackfruit, zucchine e basilico” e “Jackfruit e curry”. Poco conosciuto in Italia, a rendere il Jackfruit particolarmente interessante sono le sue virtù antiossidanti e antinfiammatorie; inoltre si tratta di un frutto ricco di fibre, vitamine e sali minerali.
L’estate con Col Vetoraz
A Milano nasce Food District
In linea con la voglia di freschezza e piacevolezza tipiche dell’estate, tra le etichette proposte dell’azienda di Santo Stefano di Valdobbiadene per questa stagione non possono mancare il Valdobbiadene DOCG Extra Dry e il Brut Rosa Dodici Lune. Il primo è perfetto per l’ora dell’aperitivo: invitante, friendly, di facile beva è ottenuto grazie ad un’accurata selezione delle uve di collina comprese nell’esclusivo comprensorio di Valdobbiadene. Un vino dal gusto equilibrato e dai toni eleganti il cui leggero residuo zuccherino contribuisce ad ottenere una grande armonia d’insieme. I profumi delicatamente fruttati ricordano la rosa il fiore d’acacia, il delicatissimo fiore di vite, la pesca bianca, la pera, e un leggero agrume. Il brut Rosa Dodici Lune invece è ottenuto da uve di Pinot Nero vinificate in rosa. Nella primavera dell’anno successivo alla vendemmia avviene la presa di spuma e nell’arco di 60 giorni la fermentazione ad una temperatura di 13-14 gradi. A fermentazione completata, il vino viene messo a contatto coi propri lieviti, per 12 lune (charmat lungo) a una temperatura di 10-11 gradi che ne favorisce l’affinamento e ne preserva l’eleganza. Si ottiene così un Pinot Nero Rosa dal color salmone, che nonostante la lunga maturazione sui lieviti mantiene una fragranza aromatica riconducibile al frutto, un perlage fine e persistente, spuma cremosa e bouquet elegante ed armonioso. Al palato si presenta asciutto, di buona lunghezza e i suoi profumi richiamano la frutta di bosco e il lievito maturo. Ottimo anche come aperitivo, è il compagno ideale per gli antipasti di pesce crudo, o risotti ai frutti di mare, ma si abbina bene anche a pesci più consistenti come il baccalà al forno perché ne bilancia la grassezza tipica pulendo la bocca e lasciando una sensazione di armonia.
Chef Di Diego e Grandi Riso a Bologna Grandi Riso ha portato il riso del Delta del Po e la tradizione culinaria ferrarese a Fico, la cosiddetta “Disneyland del cibo” inventata da Oscar Farinetti. Sabato 23 giugno, infatti, l’azienda di Codigoro (Ferrara) - quarto produttore italiano di riso e unica riseria presente nella fiera stabile bolognese – ha dato vita a un evento all’insegna dell’eccellenza territoriale. Nell’occasione, lo chef stellato Pier Luigi Di Diego - del ristorante Il Don Giovanni di Ferrara – ha dato prova in diretta della propria maestria, con uno show coooking nella sala didattica Scirocco di Fico Eataly world. Durante l’evento, Di Diego ha naturalmente utilizzato i risi Igp Delta del Po di Grandi Riso (tra cui l’Arborio: uno dei pochi Luigi Di Diego in purezza di tutta Italia) per cucinare alcuni dei piatti più noti della tradizione ferrarese, come il risotto con l’anguilla di Comacchio. Classe 1967, Pier Luigi Di Diego viene da una famiglia di origini abruzzesi, ma è cresciuto nell’Hinterland milanese, dove i genitori si sono trasferiti dopo varie migrazioni in Europa. Appassionato da sempre di cucina, all’età di 20 anni si è imbarcato come cuoco sulle navi da per approdare poi al Trigabolo di Argenta, uno dei luoghi simbolo della rivoluzione culinaria italiana degli anni Ottanta e Novanta. Nel 1998, quindi, si è trasferito nel Ferrarese, fondando nella frazione di Mannara - con Marco Merighi - il ristorante Don Giovanni. Il Don Giovanni ha ottenuto – tra i tanti – il prestigioso riconoscimento della Stella Michelin. Nel 2017 ha deciso di cambiare sede e riaprirà a settembre nel centro storico di Ferrara.
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Dalla scuola di cucina ad un articolato distretto del food. Potrebbe riassumersi così il cammino di un gruppo di tre giovani imprenditori – Desireè Nardone, direttrice della Scuola di Cucina, Paolo Colapietro, amministratore e Alberto Capanna, responsabile delle risorse umane - che nel 2013 hanno scommesso tutto su una Scuola di Cucina di alta Formazione Professionale, Food Genius Academy, e oggi sono arrivati alla creazione di un vero e proprio polo di eccellenza del mondo food. Tra i dedali dei cortili di un edificio della vecchia Milano, le idee sono cresciute, si sono moltiplicate e stratificate nel tempo fino ad arrivare, in soli cinque anni, al Milano Food District. Si tratta di un brand che riassume e rilancia le iniziative nate intorno alla Scuola, ma è anche un vero e proprio incubatore, un luogo dove le idee e le persone si incontrano, si formano, crescono e sviluppano progetti innovativi, Oggi la struttura scolastica comprende 3 laboratori, 1 open space per lezioni teoriche, 1 ristorante e 1 cantina. Qui si tengono diversi Corsi Professionali di Alta Cucina e Management di Sala, Corsi di Pasticceria, accreditati dalla Regione Lombardia, e Corsi Accademici come il Bachelor Degree in Culinary Art & Food Service Management che accredita la scuola a livello internazionale. Le ambizioni crescono e la scuola guarda avanti e punta all’internazionalizzazione che significa attrarre un maggior numero di studenti stranieri ma anche promuovere partnership con scuole in tutto il mondo, per condividere e sviluppare saperi e sapori. In questa direzione vanno due recenti novità: a partire da settembre 2018, il Corso professionale di “Alta Cucina” e il “Corso di pasticceria” saranno tenuti in inglese, mentre partirà breve la partnership di Food Genius Academy con la Camera di Commercio Italiana di Bogotà proprio per lo sviluppo di future collaborazioni.
I fondatori: Paolo, Desireè e Alberto
L’intervista
Dominazioni. La Sicilia secondo Ciccio di Maurizio Bertera
Per uno chef siciliano, lavorare sui piatti della mamma e della nonna, non è sbagliato, ma riduttivo. Parola di Sultano.
Attraverso tradizione e innovazione: è il titolo di un libro pubblicato nel 2006 da Bibliotheca Culinaria. Le firme: Massimo Bottura, e Ciccio Sultano, nell’anno in cui entrambi – cuochi emergenti ma non ancora guru - conquistarono la seconda stella Michelin. Un volume di ricette, frutto di una sincera amicizia, ma soprattutto di una visione molto vicina – eppure ci sono 1.280 km tra l’Osteria Francescana e il Duomo – che è difficile spiegare ancora oggi, considerando la citata distanza, le differenze tra l’intramontabile Emilia e la complicata Sicilia, il viaggio perenne di Bottura e la serena stanzialità di Sultano. Forse, per spiegare il comune sentire e cucinare, basta ragionare sulla posizione: la provincia italiana, un centro storico, il silenzio delle viuzze, la gioia nel creare ‘bomboniere’ intrise di classe e passione, di richiami e di avanguardia. Basate su quella tradizione e innovazione, che animavano il libro. Via Stella a Modena e via
Capitano Bocchieri a Ragusa sono due facce della sempre in ballo la cucina dei ricordi, della domestessa medaglia. E noi siamo venuti a raccontare nica, della campagna… quella di Ciccio Sultano, mai così luccicante. Lavorare sui piatti della mamma, della nonna, della Caro Sultano, il menu Dominazioni dove i piatti zia non è sbagliato ma riduttivo in una situazione raccontano la storia di una recome quella siciliana. Siamo una gione, è uno dei più interessanti terra felice se pensiamo alle condel momento. Quanto coraggio crete possibilità di ricerca che offre guardando indietro e rielaborandoci vuole a uscire dagli stereotiIl km zero? Un lo. Dai fenici ai bizantini, dai franpi della cucina siciliana barocca consiglio, un cesi agli austriaci, dai napoletani e saporita? piemontesi: tutti ci hanno preso Direi più impegno che coraggio. invito ad andare in aimolto, ma ci hanno anche lasciato Qualcosa che mi è venuto natuprofondità. Non un qualcosa in più. rale sin dal 2000: sono tornato a Ha dimenticato gli arabi. casa dopo aver girato all’estero obbligo. L’ho fatto apposta perché sono e ho visto che la mia città era un capitolo a parte. Quelli che si visitata da tanti stranieri, di livello sono stabiliti da noi per due secoli elevato. Che la amavano subito e hanno cambiato la storia culinaria cercavano il buono. Perché non dell’isola. Uno pensa alla pasta con le sarde, ma spiegare loro cosa siamo stati attraverso la cucina? è un giochino rispetto a quanto ci hanno regalato E ho aperto il Duomo. sia con l’introduzione di prodotti sia per le loro Tanto di cappello a un cuoco del Sud che non tira preparazioni, soprattutto nei dolci. E hanno portato quel piacere del contrasto tra i gusti che resta alla base della nostra cucina. Quindi, Dominazioni, è un punto di svolta della carriera. Da sempre cucino avendo in mente una rotta precisa: dei 150 piatti che girano in una stagione nei menu, c’è la Sicilia come la vedo io. Dallo scorso marzo, ho deciso di fissare una lunga evoluzione e ho idea di chiudere il cerchio nel 2019. Trovo grande motivazione nel far capire che la mia terra non è solo caponata e cassata, sostanzialmente la voglio liberare dal folclore che è ancora diffuso da noi e particolarmente al Nord. La Sicilia nel cuore, nella testa e con un obiettivo preciso. Passerò per retorico. Ma io nuoto nel mio mare che ha due orizzonti: la Sicilia e la clientela che si siede al ristorante. Quando parlo della mia terra, non faccio né un discorso campanilistico né passatista. La Sicilia è il Centro, per ragioni storiche, geografiche e climatiche. Difficile pensarla come un’isola e basta, vista l’incredibile ricchezza culturale e quindi culinaria che la pone al
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Lo chef Ciccio Sultano; nella pagina a fianco: sopra, Timballo di Gattopardo; la sala del ristorante; sotto: Spaghettone in salsa moresca TaratatĂ
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L’intervista
I Bianchi, cucina educata no stop Tecnicamente è un concept. A Milano sarebbe un posto di tendenza, a Ragusa Ibla ci sembra la Sicilia 2.0 – rispettosa della storia – ma che guarda avanti, per fortuna. “I Banchi esprimono un’idea che mi girava in testa dal 2009 ma solo quando mi sono sentito pronto, l’abbiamo realizzata. In tempi brevissimi, inaugurandolo nel luglio 2015, negli spazi della “carrozzeria” e delle cantine del settecentesco Palazzo Di Quattro” spiega Sultano. E’ un locale no-stop, aperto dalle 8 alle 24, che racchiude più anime: forno, pasticceria, bar, emporio, pizzeria, ristorante, cantina. “Al centro del progetto, c’è, però, il pane, cibo quotidiano. La cura che mettiamo nell’impastare il pane, dalle farine antiche ai tempi di lievitazione, si riflette costantemente in quello che facciamo qui e nel mio ristorante. Non è solo mestiere, ma stile di vita” Cosa sono I Banchi? I Banchi sono innanzitutto quelli del pane in tutte le possibili varianti, quelli dei grandi formaggi e dei salumi tradizionali, quelli dei vini non solo siciliani. Si gode di tutto: dalla (stupenda) granita con la brioche a colazione sino ai cocktail in tarda serata, passando per un pranzo di lavoro, una merenda, una pizza (ovviamente d’autore) e una cena – in stile bistrot raffinato, ci sono anche tre degustazione - da consumarsi nelle sale interne, che non si immaginano così suggestive e ampie entrando da via Orfanotrofio 39. Ciccio dice che “qui si fa cucina educata, con quella informalità e convivialità che l’alta cucina non può avere”. Lo storico braccio destro Pippo Cannistrà – socio e responsabile de I Banchi – aggiunge che si serve “una cucina siciliana al cento per cento, ma rivissuta con spirito moderno. Attualizzata nella presentazione, più leggera e accattivante”. Curiosità: sugli scaffali ci sono anche i prodotti ‘firmati’ dallo chef. Guai a chiamarli souvenir golosi, sono un modo “per continuare a gustare i sapori che si scoprono da noi” ammonisce Sultano.
Sopra: due scorci del ristorante Duomo; a fianco: Ciccio Sultano con la moglie nonché general manager del gruppo.
di sopra e al di là di altri luoghi. Facciamo un esempio concreto della sua visione, su un piatto del menu: il Timballo del Gattopardo, quello descritto da Tomasi di Lampedusa. Come lo ha trasformato? La sfida assoluta non è stata la preparazione del ripieno, ma il fatto di averlo rimpicciolito fino a farne una monoporzione. Alla pasta brisè, ho aggiunto strato dopo strato, fette di melanzana fritte, prosciutto cotto, formaggio ragusano fresco, maccheroni fatti in casa conditi con il sugo delle feste a base di carne. Tutti ingredienti di bravissimi produttori siciliani. L’insieme viene amalgamato con balsamella
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profumata alla vaniglia bourbon, molto più leggera e piacevole dell’originaria crema pasticcera. Ho cambiato evidentemente. Ma senza paura perché le nostre radici culinarie corrono profonde. Il risultato è notevole, in ogni caso. I produttori saranno tutti a km zero. No, ce ne sono anche a 200 km dal Duomo. Approfitto per dire la mia sul tema: il km zero era e deve essere un consiglio, un invito ad andare in profondità. Non un obbligo. Anche ben oltre la regione dove si lavora: per me, tutti i cuochi italiani dovrebbero guardarsi maggiormente intorno. Come non ha senso ripetere la cucina del ricordo, è ancora peggio unire la bottarga e il plancton in un risotto... Adoro Massimo Bottura, non solo perché è un grande amico, ma per la sua capacità di studiare maniacalmente tutte le cucine regionali, trovando la sua chiave. Detto questo, nella sua regione, come si mangia attualmente? Bene, in alcune zone direi benissimo. Ci si può divertire a tavola senza spendere cifre folli. Dalla trattoria agli stellati c’è stato un passo avanti nella
Un’esperienza di cibo e cultura Senza passare per provocatori, a noi pare che Dominazioni Siciliane – il menu simbolo della nuova epoca del Duomo – sia qualcosa di più che il menu degustazione per eccellenza. Tra l’altro, Sultano ne propone ben sei con prezzi da 90 a 195 euro: due impostati sul cibo (Basileus Hyblon e Vento e Passione), due su cibo e vino (Movimento e Siquilia), due sul vino (Riserve del Sultano e Perlage 2306 km, quest’ultimo ‘estasi di bolle dalla Sicilia a Reims). Dominazioni Siciliane è praticamente un ‘kaiseki’, figlio di 18 anni di impegno dello chef sulla cucina della sua terra, ispirandosi – lo dice lui – a Idrisi, geografo e viaggiatore arabo che nel 1154 realizzò un planisfero per Ruggero II di Sicilia (la Tabula Rogeriana) che è una delle più avanzate mappe del mondo medioevale. Sultano non ha fatto che ‘mappare’ dopo ricerche, studi ed esperimenti quanto è passato culinariamente nell’isola per riproporla in modo contemporaneo. CI limitiamo ad elencare la sequenza, formidabile per gusto e cromia, e la definizione data da Ciccio al piatto: Triglia Maggiore di Scoglio (dal De Coquinaria di Apicio); Tonno “abbuttunatu” con il suo sugo e salsa di capperi (i due secoli arabi); Tonno bianco, mandorla pizzuta e latte (l’onore dei normanni); Cous cous al pistacchio con crema di latte sorbetto alla lavanda e acqua di fiori (omaggio alle suore del Monastero del Santo Spirito di Agrigento); Spaghettone in salsa moresca “Taratatà” con bottarga di tonno e succo di carote (souvenir di Bisanzio); Scaccia non scaccia (omaggio alla cucina ebraica); Coscia e petto di piccione in salsa fricassea (Angioini e poi Aragonesi); Timballo del Gattopardo (ricordo di Tomasi di Lampedusa); Moakaffè (il vino d’Arabia). Che dire? È una grande esperienza di cibo e di cultura, curata da Sultano con il fedele executive chef Marco Corallo e accompagnata dalla cantina – sorprendente, senza tabù stilistici o regionali – di Antonio Curro. Il servizio, da bistellato vero, preciso ed elegante è coordinato dal restaurant manager Giuseppe Di Franca.
Coscia e petto di piccione in salsa fricassea; nel box: Couscous al pistacchio.
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cucina e nella sala. Era ora. Anche il Duomo è cresciuto. E’ stata durissima nei primi anni, eravamo in cinque a lavorare e ora ho una quarantina di dipendenti. La nuova visione ovviamente non poteva convincere tutti: il primo a capirmi è stato il Gambero Rosso che mi ha scelto come ‘giovane cuoco dell’anno’ nel 2002. Poi c’è stata la sorpresa della stella Michelin nel 2004: sino a quel momento manco eravamo nominati dalla guida rossa. Poi in due anni, è arrivata la seconda stella e a quel punto è stato più facile: nella scalata e in quanto facciamo tuttora, è fondamentale l’apporto di Gabriella, mia moglie e general manager del gruppo. In un momento dove tanti cuochi fanno un sacco di cose, lei in definitiva cura il due stelle Michelin e i Banchi. Forse dovrebbe girare di più il mondo, no? Intanto, tra meno di un anno, dovrebbe concretizzarsi un progetto su Vienna che è una città vivace e molto interessante. Poi, lavoro in un posto bellissimo. Siamo, e lo dice la storia, in una posizione centrale, da cui si parte e a cui si torna. Stiamo portando un mattone perché la Sicilia torni a essere al centro. •
L’opinione
Razza Piemontese, rivoluzione tecnologica di Mauro Remondino
Nelle macellerie Coalvi, grazie a una App, il cliente può conoscere la storia dell’animale, dalla nascita alla macellazione. Razza piemontese. Basta la parola, che sia naturalmente della Fassone, dove la qualità non manca, certificata da trent’anni. Anche tecnologica: da tempo con una app dedicata, nelle macellerie Coalvi, il Consorzio di tutela della razza offre al cliente che acquista una parte di carne, la possibilità di risalire a tutta la storia dell’animale, dalla nascita sino all’allevamento e al giorno di macellazione. Dal centro operativo di Carrù non gongolano tuttavia sugli allori. Sposando l’hi-tech che fa così l’ingresso nelle stalle convenzionate. Con Sense Time, e la collaborazione di una società israeliana, si è passati al monitoraggio dei bovini in tempo reale. E controllo da parte dell’allevatore e dei veterinari aziendali Un rilevatore posto sul grazie allo smartphone. collo dei bovini misura Una rivoluzione come furono ai tempi, massaggi, costantemente una serie birra e musica di Mozart, di dati. L’obiettivo è la somministrati negli allevamenti giapponesi, al manqualità delle carni. zo di Kobe, carne considerata la più costosa del mondo. A Cuneo sorridono perché la novità scaturisce da necessità apparentemente molto più semplici. La vita dell’allevatore per esemrametri sostanziali ci sono i movimenti dell’animapio costretto a ritmi sempre più impegnativi. La sua le, il respiro, i cicli di ruminazione, le abbeverate e professionalità deve essere al top e la soddisfazione l’ingestione di cibo, il parto. Uno stato di agitazione altrettanto. “Mantenere sostenibilità economica, tecdel bovino, in relazione ai suoi standard individuali, nica e sociale all’allevamento è l’unico modo perché è segnalato subito sul telefono dell’allevatore che questa tradizione abbia futuro”, sostiene lo storico può intervenire tempestivamente evitando l’uso di direttore Coalvi, Giorgio Marega. Così grazie a un un farmaco. Tutto con l’obiettivo primario di manterilevatore messo al collo dei bovini si misureranno nere alti i parametri del benessere degli animali: la costantemente una serie di dati. Un’antenna posta razza piemontese è considerata una formidabile tranella stalla, li capterà e li invierà sullo smartphone sformatrice di erba in carne. Accostando tradizione e dell’allevatore che provvederà ad analizzarli. Tra i pamodernità, ultimo step necessario allo sviluppo e al-
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la bontà in tavola. Una garanzia anche per conservare una realtà fatta di aziende a conduzione familiare che segnala l’incremento di capi etichettati negli ultimi anni: 16.712 (2014) e 17.119 (2016). Dopo le accuse in generale lanciate dall’Oms sull’impiego in tavola di carni di scarsa qualità, Coalvi con orgoglio rilancia. “La carne di fassone, per l’elevata presenza di acidi polinsaturi, si avvicina a quella di molti pesci, che grazie a queste caratteristiche, hanno trovato spazio nella dieta mediterranea, considerata non a torto la più salubre”.•
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B ar | A lbe r g h i | R i s to r an ti
la passione
MOSTRA-CONVEGNO e GALA DINNER
20-21 NOVEMBRE 2018
HOTEL
MELIÁ
via Masaccio, 19 – Milano
L’opinione
Via Emilia, la Route 66 Padana di Stefano Bonini
Il cibo come attrazione turistica. Il caso dell’Emilia Romagna e la via Emilia Experience. La Via Emilia non è solo una delle più importanti vie romane consolari che restano nel nostro Paese. È un luogo vero e proprio dal cui nome deriva, in perfetta coincidenza, quello di una regione che da oriente a occidente è attraversata da quest’asse privilegiato di collegamento fra la costa adriatica e il guado del Po. La Via Emilia è la Route 66 padana, è un “filo di perle” (cit.) che da Rimini a Piacenza racconta la storia di una terra in cui la cucina (insieme ai motori) è religione tanto da essere stata definita dal prestigioso magazine Forbes “Italy’s Greatest Gastronomic Treasure”. E lungo un tratto di questa strada da Rimini a Bologna oggi, trattorie osterie e ristoranti stellati a parte, è possibile vivere caleidoscopiche e innovative esperienze gastronomiche. Dalle stelle di “Al Meni” e di Massimo Bottura, ideatore di questo evento unico nel suo genere che si svolge a Rimini ormai da cinque anni, alle stalle di FICO la Disneyland del cibo voluta da Oscar Farinetti, il passo è fisicamente brevissimo, ma idealmente lunghissimo. “Al Meni” (che in dialetto romagnolo significa le mani) è un circo gastronomico di sapore felliniano pensato dal tristellato e world’s best restaurant awarded Massimo Bottura. Un luogo metafisico permeato di grande semplicità, creatività e condivisione nel quale i migliori prodotti della terra emiliano-romagnola (unica in Europa a poter van-
tare ben 44 riconoscimenti tra DOP e IGP) incrograzie alle 6 giostre a tema ossia percorsi didattici ciano la sapienza di 12 chef stellati locali e 12 gioe itinerari esperienziali pensati per rispondere agli vani chef internazionali. Per interessi di ogni tipologia di vidue giorni i cuochi dispensitatore. Dove si può “gustare”, sano conoscenza e manuacon oltre 40 punti ristoro per lità fra show cooking, street assaggiare le principali ricette Alta cucina, piatti food gourmet, degustazioni e della cucina italiana tra tradistellati, prezzi vendita di prodotti contadini zione e innovazione. Dove ci si di eccellenza. E se all’interno può “divertire” e “fare la speaccessibili. del circo i protagonisti sono sa” nei 9.000 mq di mercato, E poi FICO, la gli esponenti dell’alta cucina comprando i prodotti realizzati che preparano piatti stellati nei vari laboratori, degustanDisneyland del cibo. a prezzi accessibili, attorno do e ascoltando i racconti del alla grande tenda si snodaproduttore. FICO è un viaggio no chioschi dedicati alle minella filiera agroalimentare itagliori produzioni artigianali e liana con 2 ettari di terra deagricole che l’Emilia Romagna offre. È la summa dicati ai campi e alle stalle, a colture dimostrative della passione e dell’amore di questa regione per e allevamenti didattici, in cui sono rappresentate il cibo e la buona tavola che diventa prodotto e atle principali cultivar dell’agricoltura italiana (circa trattore turistico. 2.000) e le principali razze animali (200). Cento chilometri più a nord-ovest risalendo la via Artigianalità, creatività, ma anche capacità di induEmilia si traguarda un altro simbolo dell’attenzione strializzare i processi agroalimentari … tutto questo emiliano-romagnola per il buon cibo e il buon vivere: è possibile viverlo grazie alla Via Emilia Experien-
FICO, la Fabbrica Italiana Contadina ideata da Oscar Farinetti, che chissà perché ha trovato ospitalità nella regione più gastronomica d’Italia. In un contesto completamente diverso da “Al Meni” Fico Eataly World è un grande centro di documentazione del cibo e della biodiversità italiana dove si può “imparare”,
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ce, un’offerta turistica modello che mette al centro il cibo, la sapienza di agricoltori e cuochi in un mix vincente da cui c’è tanto da imparare. Soprattutto wpensando al valore del turismo enogastronomico oggi in Italia, il cui giro d’affari è stimato in circa 2,5-3 miliardi di euro.•
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SERENO, il rigore di Berton, la passione di Lenzi di Alberto P. Schieppati
Fascino e carisma, paesaggio e grande cucina, professionalità elevatissima. Così il sogno di Luis Contreras si è avverato. Thailandia? Mauritius? Maldive? No, Lago di Como... E’ vero, negli ultimi anni il Lario è letteralmente esploso: da semplice “lago lombardo” è diventato una delle mete preferite dal turismo luxury di tutto il mondo. I meriti del Lago di Como sono tanti, e si vedono: acque cristalline, ville di aristocratica bellezza, montagne verdissime che entrano ripide nel lago, paesaggi mozzafiato, atmosfera romantica e un po’ retro che tanto piace al turista internazionale di qualità. Non a caso, gli hotel a cinque stelle (a Tremezzo, a Bellagio, a Blevio, a Como, a Torno) sono sempre più frequentati da chi ama “il bello e il buono” e sa di poter contare, oltre che su eccellenti proposte di food (quanto è cresciuta la ristorazione comasca negli ultimi anni!), su un’ospitalità di altissimo profilo. Il caso del Sereno, inaugurato a fine 2016 e già insignito della prima stella Michelin con
Il giardino
il suo ristorante Berton al Lago, è emblematico in tal senso. Definito dal New York Times “un Mondrian in un museo di Monet”, il Sereno ha letteralmente rivoluzionato i canoni dell’ospitalità 5 stelle, imponendosi come la destinazione preferita dai bon vivant di tutto il mondo. Di proprietà della famiglia venezuelana Contreras, impegnata da anni nell’industria dell’ospitalità di fascia alta, il Sereno Lago di Como, è un intimo hotel di lusso sulla riva orientale del lago, quella che porta da Como a Bellagio, la più suggestiva per panorama e paesaggi. A soli 5 km da Como (dieci minuti La struttura di Torno, d’auto) e a una cinquantina da Milano, l’albergo, con le sul Lago di Como, sue 30 suite a pochi passi dalsi conferma come la spiaggia privata, tutte con terrazza vista lago, assicurano una destinazione una vacanza all’insegna del prestigiosa: stile, relax più raffinato. Luis Contreras, 50 anni, patron del Sereno estetica e relax creano (e del Le Sereno di St. Barths, un polo unico ai Caraibi) ha coronato il suo iofatto, Restaurant manager di Italian dream, ovvero di creare spicco e capacità indiscussa: sul lago più bello del mondo, di grande competenza, con il un polo di ospitalità luxury, suo sorriso accorda attenzione capace di esprimere tutta la forza del migliore Made e disponibilità verso l’ospite ed è sempre pronto ad in Italy e di comunicarla a una clientela raffinata, interpretare e soddisfare le richieste di una clientela esigente, sempre alla ricerca del meglio: “Al Sereno molto esigente. Coordina uno staff di una ventina esprimiamo la migliore energia italiana e la offriamo di persone, fra cui spicca Erik Perego, il bravissimo alla nostra clientela, con autenticità, ricerca, bellezsommelier, contornato da un gruppo di professionisti za”. Luis Contreras è orgoglioso della sua creatura di prim’ordine, giovani e ambiziosi. Il primo incontro e, nella sua soddisfazione per i risultati di un gioiello con gli ospiti dell’hotel è garantito da Valentina Paggi, dell’ospitalità, sa di poter contare su un pezzo da la giovane Hotel manager, il cui ruolo è fondamentale novanta dell’offerta ristorativa di eccellenza, lo chef nell’accueil. Due parole vanno riservate a Marco Andrea Berton. Lo stellato milanese, che ha creato un Gheza, il giovane bartender: un personaggio di rara network formidabile di locali, dal Pisacco al Dry, allo competenza in materia di mixology, che fa tesoro stellato milanese che porta il suo nome, “firma” la delle sue conoscenze per offrire all’ospite drink ingrande cucina del ristorante del Sereno, non a caso dimenticabili. Un barman di quelli che ti mettono a chiamato Berton al Lago. A far vivere, ogni giorno, tuo agio, e ti accompagnano all’esperienza food con l’eccellenza culinaria del ristorante gourmet, c’è un rara eleganza, grande cultura e zero invasività. Bravo grande personaggio, un giovane chef napoletano, di Marco! La linea di cucina risponde alla filosofia e talento e di esperienza, che coordina una brigata di allo stile di Andrea Berton, scuola marchesiana, anni eccellenti cuochi (in tutto sono diciotto in cucina), di grande esperienza e professionalità ai massimi tanto bravi quanto rigorosi nella loro attività creativa. livelli (per chi scrive, Andrea rappresenta un numero La sala è magistralmente condotta da Stefano Gauno di inestimabile valore: il suo Ristorante Berton
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Lo chef Andrea Berton insieme all’executive chef Raffaele Lenzi.
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Cover story
La vista dal ristorante
La cantina a vista
Il Ristorante
Berton, Lenzi e la brigata al lavoro in cucina
rappresenta un vertice nel già acuminato panorama qualitativo della Milano contemporanea), da sempre schierato a difesa della migliore materia prima, da proporre in una logica di immediatezza gustativa all’ospite, a cui si affianca in modo determinante l’anima partenopea, appassionata e talentuosa, di Raffaele Lenzi. Ho conosciuto Raffaele sei anni fa, quando con il suo lavoro preciso e Il bar manager Marco Gheza puntiglioso, caratterizzava alla grande ogni cucina in cui si trovasse ad operare. Organizzatore caparbio e coraggioso, dotato anche di notevole ambizione. Era lui a dare cui l’architetto Patricia Urquiola ha avuto un ruolo la linea, sempre e comunque. E’ un grande piacere determinante) ha creato “il” polo del luxury contemritrovarlo qui, ora con la sua prima stella Michelin, in poraneo. Affiliato ai Leading Hotels of the World (e a questo luogo magico, voluto dalla famiglia Contreras Virtuoso), il Sereno Lago di Como è stato disegnato che, in brevissimo tempo (tre anni di duro lavoro, in e concepito da Patricia per garantire quella privacy e
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quella eleganza che sono da anni il benchmark del successo del brand ai Caraibi. Il ristorante guidato da Raffaele Lenzi serve colazione, pranzo e cena, oltre a un All day Menù, dalle 11 a mezzanotte che evidenzia chiaramente la completezza dell’offerta. Ma è dal formidabile entusiasmo di Raffaele e dal forte spirito imprenditoriale di Andrea Berton che nasce una linea di cucina straordinaria, che rivela cultura della materia, sapienza nelle tecniche, genialità espressiva
Villa Pliniana
La hall Una delle suite
Luis Contreras proprietario del Sereno
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nella concezione dei piatti. Accanto a un menù che contempla i grandi classici della tradizione lombarda e italiana, altre linee si sommano per formare un dedalo di proposte dalla forte caratterizzazione. Affacciato sull’acqua, il ristorante si articola in tre aree, una zona al chiuso con aria condizionata, una veranda fronte lago e una terrazza, ormai diventata uno degli spazi più ambiti della destinazione. Un’esperienza memorabile, vissuta in prima persona, una fresca sera di primavera, attraverso la degustazione del menù innovativo Vegetali, tuberi, radici, un cui si esprime chiaramente il pensiero dello Chef. Un menù di sette portate, non convenzionale, attrattivo, leggero e di gusto notevole. Si comincia con Royal di legumi e radici, per procedere con Funghi cardoncelli, radice di loro e pesto di menta, Corteccia di Yucca, Carota, mandorle e prezzemolo, Cavolo pak choi e pastinaca (un piatto da non perdere!), Lattuga, quinoa e liquirizia e, per chiudere, Minestrone di frutta e verdura. Geniale Raffaele, straordinario Andrea ad averlo scelto, grande Luis Contreras ad avere avuto la capacità di selezionare professionisti all’altezza della sfida. Sereno Lago di Como è immerso in un suggestivo giardino fronte lago, attraversato da sentieri dove passeggiare, con il paesaggio lacustre di fronte. Nel cuore del giardino si trova la piscina da 18 metri e il solarium. Vicino alla piscina si trova un’altra spiaggia con accesso diretto al lago. Notevole la Spa, ricavata in quella che originariamente era la darsena della proprietà su cui poi è sorto il Sereno. Disegnata anch’essa da Patricia Urquiola, la Spa è un’oasi del dna contemporaneo che non rinnega la storia dell’edificio e che ben si fonde con il paesaggio. A qualche centinaio di metri dal Sereno, Villa Pliniana (con la cui proprietà Luis Contreras ha firmato un contratto di gestione ventennale) è la cornice perfetta per eventi, feste private e momenti esclusivi. •
Dall’esperienza e dall’autorevolezza di Artù a settembre nasce...
La rivista italiana di riferimento per il canale Bar, Alberghi, Ristoranti
90 mila copie diffuse
Focus food
S.Pellegrino Sapori Ticino Le cucine del mondo di Emanuela Stìfano
Emmanuel Renaut
Grande successo per l’edizione 2018. Ventuno appuntamenti, dieci grandi cene, ventisette stelle Michelin. La dodicesima edizione di S.Pellegrino Sapori Ticino ha aperto le sue finestre sul mondo e portato in Svizzera i sapori lontani ed esotici di diverse cucine internazionali. Protagonisti della nuova stagione del festival enogastronomico ticinese, sono stati infatti 10 grandi Chef che, tra Asia ed Europa, hanno raccontato i piatti gourmet delle loro tradizioni culinarie. Nuovi piatti, ma una ricetta che rimane la stessa da 12 anni: un parterre di 27 stelle Michelin per 21
Scampo tagliato al coltello marinato al cedro e ortica opera dello chef Emmanuel Renaut.
Rico Zandonella
Paolo Casagrande
Giacomo Gaspari
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Un piatto composto dallo chef Tomaž Kavčič: Alici marinate servite su burro d’arancia.
eventi in prestigiose location del Canton Ticino e della Svizzera, dove l’eccellenza dell’enogastronomia è stata il filo rosso dei diversi appuntamenti gourmand. India, Giappone, Maldive, Francia, Danimarca, Spagna, Slovenia, Germania, Italia e, naturalmente, Svizzera: a rappresentare gli stili di cucina di questi Paesi sono stati scelti grandi nomi del panorama gastronomico internazionale che hanno potuto contare sul virtuoso abbinamento con eccellenti etichette vinicole locali e non solo. “Quest’anno abbiamo voluto portare in Canton Ticino un assaggio di quelle che sono le tradizioni culinarie di Paesi lontani, naturalmente in chiave di alta gastronomia” ha spiegato Dany Stauffacher, patron del Festival, “in tempi come i nostri, nei quali la cucina etnica è una realtà sempre più all’ordine del giorno, abbiamo scelto di aprirci al mondo invitan-
Andrea Migliaccio Tomaž Kavčič Michael Kempf
Un viaggio culinario tra Asia ed Europa. All’insegna dell’alta gastronomia.
Wicky Priyan
Norbert Niederkofler
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do grandi Chef internazionali che, quest’anno più che mai, hanno rappresentato stili, usanze e sapori sempre diversi tra loro. Un’edizione ricca di spunti e cultura come non mai, voluta non a caso proprio per il 2018, anno che vede Lugano diventare Città svizzera del Gusto”. S.Pellegrino Sapori Ticino, infatti, solo per quest’anno è stato uno degli appuntamenti di Lugano Città del Gusto. La città ticinese, infatti, è stata scelta per il 2018 dalla Fondazione della Settimana del Gusto come capoluogo nazionale dell’enogastronomia e, tra il 13 e il 23 settembre 2018 proporrà eventi, mostre, workshop e tanto altro. Insomma, S.Pellegrino Sapori Ticino si è riconfermato uno dei più importanti appuntamenti di alta enogastronomia a livello internazionale: una kermesse che sembra non fermarsi mai e che riesce a trovare nuovi stimoli e spunti di grande qualità per il presente e, non ci sono dubbi, anche per il futuro. •
Protagonisti food
Ale Lanzani, Leonessa inedita di Giorgio Ascorti
Ama il suo lavoro e ancora di più la sua città natale, Brescia. E così gli è venuta un’idea coraggiosa… Laboratorio è una parola impegnativa: ricorda la chimica più che l’artigianato, lo studio più che il piacere. Ma se è seguita dal nome di uno dei brand bresciani del gusto, immediatamente si pensa alla buona tavola e a una signora cantina. Ad Ale(ssandro) Lanzani, 45enne di grande comunicativa, non si può certo rimproverare di sedersi sugli allori, tanto più in una città ritenuta sonnacchiosa come quella della Leonessa: in cinque anni ha trasformato la storica gastronomia di famiglia, in via Albertano, in una Bottega & Bistrot su due piani, premiata dalle maggiori guide enogastronomiche e nota in tutta Italia: tanto per dirne una è Tre Cocotte del Gambero
Rosso. Nel locale in zona Stadio – semplice e piccolo – si respira il piacere di offrire cose buone, dalla colazione (valida caffetteria e brioches perfette) sino all’aperitivo, ancora più gradevole se consumato nella veranda esterna. Nello spazio a livello strada funziona la bottega (vera) e ci sono i tavoli per un pranzo veloce: salumi e formaggi al top, il famoso Lanzburger con chips di patate, i piatti del giorno. Al piano inferiore, c’è il bistrot guidato dal bravo e solare Augusto Pasini, allievo di Fusari e Leveillè, sempre più centrato nella proposta italiana e locale, con tocchi intelligenti. Qualche esempio: Tartare di manzo ‘omaggio’ al Manzo all’olio di Rovato; La sardina essiccata di Monte Isola incontra il Mediterraneo; Melanzane alla bresciana con Fatulì e Bagoss estivo; Cacio e pepe con rigatoni di Paolo Petrilli; Gamberi, patate ratte, salsa alle spezie dolci e tartufo estivo; Fi-
A fianco Alessandro Lanzani; in questa pagina, l’interno e l’esterno del Laboratorio Lanzani di via Milano.
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Protagonisti food
New York e quindi è stato un colpo di fulmine”. In effetti la gentrification è di moda nelle città anglosassoni e del Nord Europa: una parola intraducibile che esprime un fenomeno: quartieri abbandonati e marginali sono sottoposti a un processo di rinnovamento, con tutta una serie di conseguenze sociali ed economiche. A Milano ha portato (e sta portando) alla riqualificazione di molte aree, come si nota percorrendo le due tangenziali interne. “Pensavo proprio a questo, a cosa fosse via Milano per noi bresciani e cosa è diventata. Ovvio che tutti, parenti in testa, mi davano del matto, ma io ero convinto, e quando ho incontrato, grazie a un amico comune, Stefano Rabolli Pansera il progetto ha preso forma”. Ma più che l’architetto e l’urbanista, Lanzani ha trovato nell’illustre bresciano - residente a Londra - l’uomo giusto per una visione d’insieme. “Era in città per le letto di manzo selezione Lanzani laccato con soia e feste di Natale, ha visto la location e ci siamo camiele; Millefoglie con crema chantilly, fragole, lime piti in pochi minuti: l’ha definita un ‘palinsesto ure menta. Da alcuni tavoli si può ammirare (e godebano’ dove si doveva ritrovare re di) una delle migliori cantiil passato e studiare un nuone di Brescia: un migliaio di vo utilizzo dello spazio, fra le etichette, con un’ampia sezioTutti, parenti pieghe della storia. E in otto ne dedicata allo Champagne mesi ci siamo riusciti”. In efe chiaramente al Franciacorta, in testa, fetti, il posto è suggestivo sia con bottiglie introvabili altrove. mi davano nell’arredamento interno - vinDel resto, la passione di Lanzani per l’orgoglio enoico dei bredel matto. Ma io ero sciani lo ha portato a gestire i convinto wine bar del Consorzio durante Expo 2015 (successo epico) e The Floating Piers. Insomma, Alessandro ama il suo lavoro e ancora di più la sua città natale, così gli è venuta un’idea coraggiosa, poco meno di due anni fa: aprire un loft, inizialmente per mera necessità, poi per il piacere di offrire qualcosa di inedito a Brescia, finendo per dare un segnale importante. “Per l’esigenza di trovare uno spazio di lavoro, soprattutto per i servizi esterni, ho iniziato a ragionare con Livio Palatini, l’architetto di fiducia racconta il patron – nel 2015 mi ha portato in via Milano, all’interno di uno dei palazzi degradati che mi ha richiamato subito le atmosfere di quelle zone Alessandro Lanzani con lo chef Augusto Pasini post-industriali diventate cool. Ero appena stato a
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tage vero, superfici grezze e tavoli ricavati dalle vecchie porte - sia nel vigneto di città (scelta geniale per noi) che copre la corte di 200 mq (sugli 800 totali dell’opera) e il muro esterno. C’è un doppio bancone, enorme, che lo rende d’impatto. E l’offerta culinaria è giustamente ampia: dalla selezione di ostriche dell’oyster bar ai lievitati croccanti; dalle tartare di pesce e di carne alle paste, dalla costata alla griglia ai gamberoni al forno. Il tutto accompagnato dai vini della già citata o da buoni cocktail. Un successo di pubblico, giovane in particolare, che viene per mangiare e divertirsi . “Io giro parecchio, per vedere e provare locali in tutto il mondo. Ero sicuro che Brescia fosse pronta per un posto del genere sennò mi sarei fermato al solo spazio di servizio. Ovvio che non ho pensato solo ai bresciani, ma anche a chi è pronto a percorrere 50 o 70 chilometri per un ‘salto’ al Laboratorio. Però, sarei felicissimo se nascessero altre iniziative simili, questa città ha un potenziale incredibile: tiriamolo fuori”. Lanzani ha perfettamente ragione.•
THE FINE DINING WATERS
Format food
Condividere, gioco di squadra di Maurizio Bertera
Nomen omen: una sola modalità di servizio, piatti al centro del tavolo, da dividersi. In anteprima il nuovo concept di Lavazza. C’è un bel gruppo di teste dietro Condividere, il locale che Lavazza ha aperto all’interno di Nuvola – il bellissimo quartiere che l’azienda ha ‘regalato’ alla città della Mole: Cino Zucchi Architetti per il progetto generale, l’oscar Dante Ferretti per l’ideazione e la scenografia, il Ferran Adrià per il concept generale. Eccellenze che la storica maison torinese, ‘fissata’ con il caffè di qualità e il bello in generale, ha messo insieme per poi affidare le chiavi del sistema a Federico Zanasi, 43enne modenese, solare più della media dei colleghi e sicuramente di buona
La storica maison torinese, ‘fissata’ con il caffè di qualità e il bello in generale, ha dato vita a un locale di eccellenza.
mano. “E’ molto più bravo di me come cuoco, l’uomo perfetto per realizzare alta cucina informale” sentenzia il filosofo Ferran, guest star nel giorno dell’apertura, spiegando molto e predicando il giusto (ma a lui è concesso, ad altri no). Il concept è indubbiamente provocatorio per l’ambiente - in stile urban con una cinquantina di coperti – e soprattutto il menu, tanto più in una città dove persino i cuochi stellati si devono sorbire le reprimende di signore appassionate o vecchi gourmet sulla ‘loro’ sfoglia del plin. Condividere – nomen omen – offre un’esperienza molto particolare, perché se la modalità di servizio – solo piatti al centro del tavolo, da dividersi – e l’approccio generale sono simili a quelli dei migliori bar a tapas iberici, la qualità del cibo e delle ricette sono da stella Michelin, anche se Adrià si spaventa a sentirla nominare. “Abbiamo pensato a qualcosa che abbattesse l’idea che l’alta cucina debba essere fredda, ingessata e formale. Al giorno d’oggi,
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ha senso sedersi al massimo venti volte all’anno in un grande ristorante. Qui verresti ogni giorno e dovrà restare così” sottolinea. Seguendo la visione del guru, Zanasi ha trovato già la misura giusta (“E comunque voi critici dovreste capire che un ristorante raggiunge la piena forma non prima dei tre anni di attività” bacchetta il mago di el Bulli), sfruttando il palato innato di un emiliano, esperto di cibo e di mondo. Federico sa rileggere la nostra tradizione, con leggerezza, e identifica bene i tre piatti per inquadrare la cucina di Condividere. “Il Gelato
al Parmigiano, accompagnato dall’idromele; il Gofri di farinata che è un antico cibo di strada piemontese ispirato ai waffle; la Brioche modenese che è la nostra idea della tigella” spiega. Ma ovviamente c’è molto altro, a partire dalla serie di piattini iniziali - proposti come Apri-la-bocca e Cicchetti – dove a fianco di classicissimi di el Bulli (Oliva sferica, Airbaguette con coppa Joselito, Gelato al Parmigiano nella nuova versione), ci sono l’Alice Tartufata e il geniale Tramezzino Mulassano. I primi piatti proseguono l’abbraccio tra Adrià e Zanasi, o meglio tra
le rispettive tradizioni. Il riso è in realtà un arroz seco all’iberica, o come un sucarrat catalano, con anguilla e brodo di anatra, più una spolverata della stessa anatra, affumicata e seccata, quasi fosse un katsuobushi. Poi gli squisiti Dum-plin, ossia gli agnolotti langaroli, ma con un ripieno ‘alla modenese’ di ragù di carne, che si possono mangiare basic, al tovagliolo, o condire con un eccellente brodo d’estratto di zucchine, olio di levistico e grasso di
Lo chef Federico Zanasi
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Format food
Ferran Adrià con lo chef Federico Zanasi
prosciutto. Tra i secondi la Lingua salmistrata al Josper in salsa verde, servita appunto al tavolo con il Josper (un piccolo aggeggio spagnolo che combina forno e griglia, torna in tavola per la Guancia di tonno brasata) con le varie porzioni infilzate con un bastoncino di cannella. Eccezionale la Pluma iberica Joselito, finemente marinata nel cumino e bagnata di garum, a sua volta profumato di erbe (maggiorana e altre). Al termine del pasto, ci si sposta a Dulcis in Fundo, un’area separata che esalta la degustazione dei dolci: conviviali ma anche monoporzioni e molto originali nella forma. Dallo Spumone all’italiana - con sorbetto di agrumi, rafano, olio evo ed erbe selvatiche - alla Tropezienne, golosissima torta con crema chantilly, caramello salato e scorza di limone; dalla Frutta ubriaca, ossia ananas in osmosi di gin, fragole di Campari, melone di Americano Cocchi (a fianco c’è un bonbon di cioccolato bianco ripieno di fragole, lamponi, vodka e Campari) al Mini Magnum al chartreuse; dalla Nuvola di sambuco (un marshmallow con sambuco, sesamo bianco, menta e fragola disidratata) al Cestino tropicale tierra (un ovulato vegetale che racchiude, come fosse un pasticcino, mango, cetriolo in infusione di cumino, curry verde, ananas e pompelmo). Segue una coffee experience, dove Lavazza – tra diverse miscele e tecniche di preparazione – mette la firma finale al tour. Esperienza d’autore, ovviamente, accompagnata dalle dolcezze: Meringa al cappuccino con ganache al cioccolato o Tappo di sughero, ossia l’identica ganache con biscotto alle nocciole e caffè. Tutto ben fatto, gustoso, divertente. La coppia funziona e la chiusura è per il cuoco italiano: “Sono molto contento, voglio che i piatti abbiano sapore e personalità”. Quando gli chiedono cosa gli abbia insegnato Adrià, risponde: “La prima volta che ci siamo incontrati, mi fece delle domande sulla storia della cucina, parlammo dello Scappi, poi mi chiese varie cose sul pomodoro e via così. Non fui in grado di rispondere adeguatamente, a suo giudizio. Allora mi fece recapitare una bella pila di libri: studia – mi disse – Solo informandoti potrai capire dove vorrai andare”. Zanasi, a quanto pare, l’ha fatto.•
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Protagonisti food
Nicola Fanetti, un camuno a Copenhagen di Gualtiero Spotti
In un bell’edificio del centro di Copenhagen, rappresenta una delle ultime frontiere della cucina italiana d’esportazione. Nicola Fanetti, ventinovenne bresciano originario di Malonno, fa parte di quella schiera di giovani cuochi che, cresciuti nella solida provincia italiana e con alle spalle una famiglia di origini contadine, ha intrapreso la strada non sempre facile di andare a visitare il mondo e di costruirsi con tenacia un perL’interno del ristorante Brace a Copenhagen corso lavorativo fuori dai confini nazionali. A onor del vero i passaggi cruciali lo hanno portato prima a conoscere la cucina francese di sponda lombarda, parte. In un bell’edificio del centro di Copenhagen, grazie alla permanenza presso il Miramonti l’Altro con una invitante corte che introduce al ristorante, del bretone Philippe Leveillé in quel di Concesio (e Brace oggi, a pochi mesi dall’apertura, rappresenta arrivando a occuparsi dei primi come capopartita), una delle ultime frontiere della cucina italiana d’ema il richiamo del Nord Europa e la curiosità di cosportazione, anche se definirla italiana è davvero noscere meglio i vari Redzepi e Puglisi da vicino erauna forzatura. Sì, perché Nicola Fanetti ha saputo far no troppo forti e lo hanno spinto ben presto verso tesoro delle esperienze nordiche e il suo menu racla Danimarca. L’approdo più naturale è stato subito conta di incroci e passaggi sorprendenti che mescoquello di trascorrere del tempo lano storie di confine, la cucina nel ristorante Italiano stellato di regionale italiana e la passione Copenhagen, Era Ora, e di ispeper erbe e verdure alla filosofia zionare, strada facendo, le diculinaria di queste terre. Inutile Il menu del verse possibilità della capitale, dire che qui ci si nutre di relaBrace racconta di conoscendo cuochi e testando zioni strette con farmers locali, le cucine. Così tra un passaggio anche se poi capita di trovare incroci e passaggi da Noma per il classico stage, nel piatto gli Agnolotti del Plin sorprendenti, che un rientro italiano e una seconcon ricotta, lardo e santoreggia, da puntata da Era Ora, è matuoppure gli Gnocchi di verbena mescolano storie di rata in pochi anni la consapevoe limone con acciughe e fave. confine con la cucina E ancora, il Risotto all’olio di lezza che era arrivato il momento giusto per fare il grande salto, carbone, semi di tagete e forregionale italiana. per proporsi in prima persona maggio sirius, oltre a una serie con un progetto più personale. di preparazioni dove si passa Così nasce nel 2017 il progetto agilmente da sentori affumicati Brace, un nome da pronunciare a diverse espressioni del Mediall’inglese visto che identifica un supporto in grado terraneo rivisitate con gusto. di tenere unite le fondamenta di un palazzo e che è Piace in sostanza la genuina intraprendenza del cuoanche un bel nome evocativo per chi sta intraprenco, la sua voglia di osare e di stupire l’ospite con dendo un percorso iniziato da pochi mesi a questa piccoli tocchi di classe in grado di far vivere molte
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sensazioni gustative e continui rimandi tra mondi differenti. Non c’è comunque la volontà di stupire a tutti i costi, perché alla fine del pasto ci si rende conto della concretezza di fondo di ogni piatto e di come Nicola Fanetti abbia saputo imbastire con malizia una semplice piccola carta di quattordici portate in tutto e qualche menu ad hoc, cui si aggiunge un percorso pre-teatro da consumarsi a partire dalle 17.30 e con quattro piatti. L’approccio è molto global, ma con un occhio alla stagionalità dei prodotti e alla loro reperibilità. Senza dimenticare i vini, che da queste parti parlano la lingua della biodinamicità e della sostenibilità ormai da tempo. Il contorno è invece quello classico del ristorante moderno danese, con il design nordico a farla da padrone, le luci soffuse, il legno a riscaldare ulteriormente l’ambiente e una discrezione minimal difficile da non vivere a queste latitudini. Ci pensano le belle sferzate di sapore di Nicola a rendere avvincente al sosta anche quando, da buon camuno appassionato di carni sin dall’infanzia trascorsi tra i maiali e gli animali da cortile della nonna, si impegna su una succulenta Ribeye con finocchietto selvatico, fragole verdi e zucchina tonda. Davvero una sosta da mettere in preventivo se si capita a Copenhagen, ora più che mai, dopo le grandi capitali europee come Londra e Parigi, terra di conquista italiana. Come certificato anche dalla presenza del vulcanico Roberto Flore, giovane sardo alle prese fino a poche settimane fa con il Nordic Food Lab e ora impegnato in un nuovo progetto di laboratorio sperimentale, sempre in città, oppure a Francesca Parazzi, bergamasca e sous chef al Marchal, il ristorante stellato dell’Hotel d’Angleterre. Un deciso tocco latino che sembra aver scalfito recentemente la tradizionale freddezza e il rigore nordici e che apre spiragli davvero interessanti sull’evoluzione della scena scandinava per i prossimi anni. Se da un lato ci sono le più che certe e puntuali vittorie nelle classifiche di merito delle edizioni annuali dell’iperclassico Bocuse d’Or, dall’altro ci si apre ancora di più al mondo e le contaminazioni sembrano davvero essere il segnale tangibile di una cucina che ha sempre molto da dire. •
Lo chef Nicola Fanetti
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Accueil
Eindhoven, lo strano caso dell’NH Collection di Gualtiero Spotti
Un elegante Sky bar all’ultimo piano, per gli amanti della mixology. Al piano inferiore il Vane, con la cucina moderna d’impronta nordica di Casimir Evens. Una delle regioni europee del food che hanno sostituito East Lombardy da un paio di mesi a questa parte è il Nord Brabante, in Olanda, un’area geografica tutta da scoprire, che forse non ha una varietà e una ricchezza di produzioni alimentari o di materia prima di riconosciuta eccellenza, ma in compenso raccoglie diversi motivi di interesse legati alla cucina. Sicuramente lo possiamo dire per quanto riguarda la concentrazione di cuochi creativi e degni della massima attenzione che qui certo non mancano. Un hotel A fare la parte del leone non che unisce, può che essere la città di Eindhoven, più conosciuta come in un sol colpo, una delle capitali mondiali del anima business e design, ma che di questi tempi si sta attrezzando per diventatravel leisure. re nelle prossime stagioni una food destination. Una missione ambiziosa, che però è partita con alcuni segnali confor-
tanti. Innanzitutto, da un anno a questa parte è stato creato nel centro cittadino un movimentato food market che accentra la curiosità dei locali, ma anche dei turisti (per ora pochi) o dei businessmen (questi invece in buon numero) che transitano da Eindhoven. In più si è creato un sottobosco piuttosto vivace di ristoranti, classici frites olandesi e street food che si sta ampliando di anno in anno, anche con indirizzi da tenere sott’occhio, capaci di mettere in evidenza la scena brassicola locale in grande espansione. L’ultimo, e forse il più interessante degli indirizzi, è quello che dallo scorso settembre ha portato all’apertura di un nuovo hotel 4 stelle, l’NH Collection, in un grattacielo non troppo distante dalla stazione dei treni. La particolarità dell’albergo, che unisce in un sol colpo anima business e travel leisure come quasi sempre accade per questo brand spagnolo presente in molte nazioni europee, è che ha in qualche modo aperto
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la strada alla ristorazione fine dining a Eindhoven diventando subito un “caso”. Agli ultimi due piani del palazzo, infatti, si sono stabiliti rispettivamente un elegante Sky bar che è già meta di chi apprezza il mondo della mixology, mentre, al piano inferiore, si trova il Vane, un ristorante che vede in cabina di regia Casimir Evens, uno dei cuochi più interessanti dell’ultima generazione di rampanti olandesi dei fornelli che si sono fatti le ossa fuori città per
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Accueil
Casimir Evens
poi rientrare alla base. Casimir Evens, originario del Suriname ma nato a Eindhoven, ha iniziato la sua carriera proprio qui nel cuore del Brabante. Prima passa da Avant-Garde, il ristorante di Johan Van Groeninge ospitato nello stadio di Eindhoven, poi transita da Niko Boreas a Weeze e, in seguito, da quel geniaccio di Soenil Bahadoer al De Lindehof di Nuenen. Tutte cucine stellate di peso, per chi vuole crescere velocemente, ma il giovane Evens sente la necessità di fare qualche tappa estera, magari frequentando cucine ancora più “spinte”, così si sposta nel vicino Belgio, prima ad Anversa a ‘t Zil-
te e poi, nel 2012, al Pastorale (due stelle Michelin) da Bart de Pooler. Insomma, per farla breve è un percorso di continua crescita professionale che oggi lo riporta a casa con un ristorante nuovo di zecca, da una cinquantina di coperti con cucina a vista e vista circolare su tutta Eindhoven. Lo stile di Casimir Evens ricalca quello di una certa cucina moderna d’impronta nordica (largo uso di verdure, materia prima fermentata…), ma dalla sensibilità globale, cioè che al tempo stesso si preoccupa di passare attraverso diverse contaminazioni, con qualche preparazione in stile BBQ, kimchi, orientalismi e, chiaramente quei francesismi quasi inevitabili da queste parti. La scelta obbligata per l’ospite, curiosando da una carta piuttosto essenziale e ristretta (tra antipasti, main course e dessert i piatti i totale sono solo quindici), passa attraverso il corroborante Bonito con alghe, molluschi, shiitake e dashi, i più decisi Scampi con zest di limone confit, chorizo e riduzione Thai, le sensazioni vegetali estreme del Cavolo con scorzonera, fiori di germogli, e succo di cavolo fermentato e gli esotismi del dessert, con l’Arancia, meringa, te Earl Grey e calamansi. Quasi tutti piatti
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piuttosto arditi, che denotano una forte personalità e spingono sul gusto con qualche azzardo, ma che dicono anche come Casimir abbia le potenzialità per raggiungere livelli ancora più alti, proponendo, tra l’altro, una cucina accessibile a una clientela piuttosto variegata e capace di lasciarsi sorprendere. Così la risposta da parte della città, oltre che di quella dei clienti dell’albergo, è stata immediatamente entusiastica ed ha portato a una sequenza di serate fully booked che ancora oggi a distanza di mesi racconta di un grande successo. Prima e dopo cena, invece, non può mancare una sosta al piccolo Sky Bar del rooftop, dove in un ambiente molto di-
namico e conviviale si approfitta dei cocktail firmati da Tess Posthumus, celebre bartender olandese che nel marzo di quest’anno ha aperto insieme al collega Timo Janse il Flying Dutchman cocktail bar sul canale Singel ad Amsterdam. •
Focus food
Franci, quando l’olio è pluripremiato
di Emanuela Stìfano
A vent’anni di distanza dalla prima bottiglia confezionata, Giorgio Franci ed il suo team riescono ancora a stupire. Ecco i loro Cru. Montenero d’Orcia è forse un caso unico in Toscana, il punto d’unione di tre paesaggi di qualità iconici della regione: la Val d’Orcia, il Monte Amiata e la Maremma. E solo un paesaggio integro dal punto di vista ambientale e culturale può dar vita a un extravergine d’eccellenza, come ben sa la famiglia Franci, da generazioni olivicoltori, frantoiani e custodi gelosi
Un olio extravergine di qualità non nasce per caso. È il frutto di un lavoro continuo.
di questo borgo sospeso nel tempo: salvaguardare il paesaggio che dà vita a questi oli e sottolineare con forza la necessità di mantenerlo integro per le prossime generazioni è l’unico modo d’interpretare il futuro di questo territorio. Questa missione ha assunto e assume un significato di gran rilevanza per tutti quegli olivicoltori che non hanno mai forzato la mano, assecondando le vocazioni della natura che li circonda e imboccando la strada di un’olivicoltura non invasiva e rispettosa dell’ambiente e delle comunità che vi abitano. È da questi presupposti che nasce e si sviluppa il concetto di Cru, il quale porta all’identificazione con un luogo specifico di produzione. In senso letterale, il Cru indica un’area in cui clima, suolo e altri fatto-
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Premio alla carriera a Fernando Franci
Raccolta nell’oliveto Villa Magra
Villa Magra Grand Cru
Rose Grand Cru Olivastra Seggianese Montegiovi, piccolo borgo che dalle pendici del Monte Amiata si affaccia sulla Val d’Orcia. Piante secolari di Olivastra Seggianese affondano le loro radici nel suolo generoso. Ai loro piedi, un folto tappeto di erbe aromatiche, nate spontaneamente. E’ qui, è dai frutti di questi alberi che nasce Rose, il Cru di Olivastra Seggianese. Una produzione esclusiva, che si contraddistingue per le marcate note floreali di petalo di rosa. Eccellente sull’ Ostrica Royale.
Moraiolo Ci troviamo nel comune di Montalcino, sulla collina di Poggio all’Oro, che domina i paesaggi della Val d’Orcia senese. Qui, fra i vigneti di Brunello, si trova un oliveto di quarant’anni di età, che ci regala preziosi frutti, accuratamente selezionati per creare il Cru Moraiolo, prodotto solo nelle migliori annate. Dal profumo intenso e complesso, ricco di note vegetali di carciofo, cardo, sentori balsamici di menta e foglia di pomodoro. Al gusto è avvolgente, con toni di carciofo, cicoria, mandorla verde e note speziate di pepe nero. Amaro ben dosato, piccante spiccato e di lunga persistenza. Eccellente su carni, zuppe di funghi, marinate di pesce spada e minestre di legumi. Eccezionale per mantecare il risotto di carciofi.
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Vertice di eleganza, complessità, struttura e persistenza. È ottenuto solo dalle migliori olive della varietà Frantoio “Correggiolo”, la cultivar più rappresentativa del territorio, e viene prodotto in quantità limitata e bottiglie numerate. Al profumo è fresco, erbaceo penetrante e potente, con note dominanti di carciofo, cardo e mandorla, impreziosito da sfumature floreali e di amarena; al gusto è ampio, con carica amara, decisa e piccante, dominata da un’ottima armonia, oltre ad una grande complessità di sentori vegetali di kiwi e banana verde, con lunga persistenza di morbide note aromatiche ed il finale di pepe nero. Eccellente abbinamento su bruschetta gelata, e cacao, così come su tonno e salmone. ri, naturali e non, regalano al prodotto caratteristiche uniche e specifiche, diverse da quelle presenti in altri prodotti di luoghi anche vicini. In quest’ottica, i 3 Cru di Frantoio Franci vanno dunque a rappresentare 3 micro-territori, ognuno dei quali dà vita ad un’identità forte, peculiare, imprescindibile dal proprio luogo di origine e di appartenenza. Tre extravergini che diventano interpretazione del loro terroir, espressione concreta di una natura generosa che si unisce all’esperienza e alla tecnica del mastro frantoiano Giorgio Franci. •
Accueil
Magica Puglia, destinazioni top di Gualtiero Spotti
La masseria “Il Melograno” e il boutique hotel “La Peschiera” hanno un denominatore comune: lo chef Vito Casulli e la sua cucina di buon senso. La Puglia ormai da diverse stagioni è una delle mete predilette per il turismo non solo italiano, che ha eletto questa regione come una delle più affascinanti sotto il profilo paesaggistico e ha in qualche modo ridefinito i canoni della vacanza nel tacco d’Italia. Basti pensare che da area prevalentemente rurale e contadina, ben nota per essere la cassaforte dell’olio d’oliva nazionale e la patria dei trulli, oggi la Puglia è una destinazione dai contorni glamour, ricercata anche dai Vip stranieri per le loro celebrazioni più intime, come è accaduto nel recente passato per il matrimonio della star Justin Timberlake. Questa area geografica, senza voler esagerare, è un mix micidiale di buone sensazioni a tavola,
di ospitalità sincera, di cultura e tradizioni, di praticità contadina e di paesaggi sensazionali, che toccano località di fascino come Alberobello e Ostuni insieme al piacere della vacanza classica al mare, fino alla scoperta dell’entroterra più brullo e alla visita di piccoli paesi che vivono di una lenta e antica quotidianità. In mezzo a tutto questo ci sono poi anche le masserie, una realtà tutta locale dove si racconta la migliore e forse la più tipica accoglienza dell’ospite sul territorio, dove si osservano le immense distese di coltivazioni che si trovano in Puglia, ma si gode anche della natura e del relax. L’area più vocata e con le masserie più celebri è quella che si trova tra Monopoli e Savelletri di Fasano, meta spesso di un turismo elitario e discreto. Come quello che si incontra a Il Melograno, la capostipite delle masserie storiche che, risalente al secolo XVII, ormai decenni fa si è trasformata da luogo squisitamente rurale e dedicato alla raccolta dell’olio e alla coltivazione, a pregiato indirizzo dall’hotellerie locale. Dove tra mu-
ri in pietra e a vista, il total white che caratterizza l’intera struttura, la piscina, la Spa La mano sicura e le e l’intero perimetro della tenuta caratterizzato da albecompetenze dello ri di frutta e uliveti, ci si abchef incuriosiscono bandona alla quiete e si dimentica del mondo esterno. gli ospiti e E se qualcuno ha nostalgia raccontano il meglio del mare, a una manciata di chilometri si trova il Tamerici della Puglia. Beach Club, o meglio ancora per chi ama mettere direttamente i piedi nell’acqua, si può approfittare dell’ultra esclusivo La Peschiera, in località Losciale, un piccolo e delizioso boutique hotel di sole 13 camere posizionate di fronte all’Adriatico, ma anche con piscine, una piccola area benessere e un ottimo ristorante, il Sale Blu, dove lo stesso cuoco del Melograno, Vito Casulli, offre una cucina di pesce di buon senso e di freschezza assoluta. Come certificaLo chef Vito Casulli e la sua brigata to dalla materia prima che viene mostrata al tavolo
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Masseria Il Melograno
La Peschiera
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Accueil
prima di finire tra le mani del team di cucina. I ristoranti sono certamente uno dei punti di forza delle due strutture, ma con caratteristiche ben diverse. Al Melograno, nel ristorante Mùmmulo, va in scena la rappresentazione classica della cucina pugliese, ad uso e consumo di chi vuole gustare i sapori locali, con tanto di scuola di cucina (tenuta dal cuoco di casa in prima persona) per i più curiosi e per chi vuole poi replicare i piatti tra le mura domestiche. Il menu non può non mettere in fila le Strascinate con Cime di Rapa e mollica croccante di pane di Altamura profumata alle acciughe, i Tortelli di fave e cicorie con scampi di Porto Santo Spirito, la classica e monumentale Tiella barese, ovvero il piatto di Patate, riso e cozze, o l’Agnello in coccio con patate di Polignano, funghi cardoncelli, lampascioni e pecorino di masseria. Vito Casulli ha la mano sicura e le competenze giuste per incuriosire la schiera di ospiti stranieri e raccontare il meglio quello che sa offrire questa terra. Diverso è invece il menu del Sale Blu alla Peschiera, dove i piatti giocano la carta di una maggiore eleganza e il pesce, come detto, fa la parte del leone. Qualche piatto si ripete in en-
Un altro scorcio della masseria Il Melograno
trambi i menu, a dire il vero, ed è quasi inevitabile se si vuole rappresentare la cucina regionale di tradizione, ma qui si arriva soprattutto per gli Spaghetti alle cozze, lo Scorfano in zuppa, la Tagliata di tonno rosso pinna blu con puntarelle, i Paccheri con calamaretti spillo e il pescato del giorno. E per godere di una terrazza sul mare che lungo la costa pugliese non ha pari. I pochi fortunati che nel corso della stagione estiva riescono ad accaparrarsi una delle tredici stanze della Peschiera hanno a disposizione una elegante e romantica stanza con tutti i comfort del caso e il rumore delle onde a pochi
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metri, una piccola spiaggia privata e l’accesso al ristorante, che presenta anche un piacevole lounge bar. In entrambi i ristoranti la carta dei vini parla la lingua della produzione enologica locale anche se le diverse caratteristiche dei menu portano anche qui a notevoli differenze. Puglia a go-go a Il Melograno, dove non mancano rossi sapidi e di corpo per chi vuole bere locale mentre i vini più freschi e raffinati (tra cui anche bollicine, riesling e un po’ di Francia) si va La Pescheria. Certamente due ottime scelte per chi decide di trascorrere qualche giorno di vacanza nei dintorni di Monopoli.•
“Sontium”, il vino nato dai grappoli dei più vecchi vigneti che racconta la storia di un territorio attraversato dallo smeraldo Sontium, nome in latino del fiume Isonzo.
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Focus wine
Gravner, una cantina senza effetti speciali
Lo chef Corrado Assenza con Joško Gravner e Mateja Gravner; nella pagina a fianco i piatti della degustazione preparati dallo chef: da sinistra, Ricotta di pecora, fave fresche e lardo; Pancia di bovino adulto al miele e Agnello pugliese con aspargi e carciofi.
di Giovanna Moldenhauer
Una degustazione a ritroso, dal 2003 al 1982, per far conoscere 20 anni di Rujno. Potere incontrare Joško Gravner di persona è già una cosa straordinaria, degustare vent’anni di Rujno – il suo Merlot selezione prodotto solo nelle migliori annate – proposto in un cammino a ritroso di 20 annate dal 2003 al 1982 è pura emozione. Ma non solo per questa occasione speciale Joško ha voluto accanto a se l’amico Corrado Assenza che ha accompagnato, con piatti straordinari, il percorso. Nella sua personale storia di produttore Gravner ha sperimentato in Due viaggi cantina tutto quello che le industrie significativi chiamavano negli anni ’80 “ultima anfore in terracotta. A quel tecnologia” per dare una svolta all’apunto ha deciso che direziohanno cambiato zienda e applicare in campagna e in ne prendere per realizzare i il modo di fare cantina quanto appreso a scuola, suoi vini. Nel 2001 inizia a rinnegando di fatto quanto gli hanno vinificare nelle anfore, con la vino di Gravner insegnato il padre e lo zio. Il motto di modalità classica del CauJoško allora era “tanto e buono”, e caso, che prevede grandi per arrivarci credeva di aver bisogno anfore in terracotta interrate. di tutto quello che oggi si trova in La cantina di Joško è ancora qualsiasi cantina, piccola o grande che sia. Suo oggi senza tecnologia moderna, senza effetti speciali. padre, con cui presto sono iniziati i primi screzi, sorNel nostro percorso abbiamo assaggiato prima il rideva davanti a tutta questa voglia di fare e strafare. 2003 ottenuto da una stagione asciutta, con poSperava che, prima o poi, Joško sarebbe tornato sui chissime piogge dall’inizio di marzo a tutto dicembre. suoi passi. Così è stato: ha cominciato piano piano Il vino aveva profumi ancora giovanissimi, in bocca a disfarsi di tutta quella tecnologia in più che aveva una grande morbidezza ed equilibrio. comprato, dalle vasche in acciaio fino alle barrique. Il calice successivo del 2001, ottenuto da un’estate Dal 1997 ha deciso che tutti i vini fossero macerati abbastanza piovosa che ha però risparmiato i viin grandi tini di legno, senza alcun controllo della gneti, permettendo di raccogliere uve molto belle e temperatura, per un periodo che varia ancora oggi sane. Qui i profumi erano leggermente più complessi da una a due settimane. Ma quello che veramente rispetto all’assaggio. ha fatto cambiare il suo modo di fare il vino sono Il terzo del 1999 è stato il risultato di un’annata stati due viaggi significativi, importanti. Il primo in asciutta, con un buon equilibrio di maturazione. Le California, dove ha capito di non sentirsi più vicino uve sono state pigiate con i piedi e fermentate, per agli strumenti e al modo moderno di fare il vino. Il la prima volta, non diraspate. Un vino che potremmo secondo viaggio è stato nel Caucaso, dove il vino definire perfetto, armonico, emozionante, di uno è nato. In questi luoghi ha scoperto come si faceva speciale equilibrio. L’abbiamo preferito rispetto ai il vino una volta e, in particolare, l’utilizzo delle precedenti e in un successivo riassaggio di tutti i
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9 calici ha mantenuto una posizione di assoluto dominio. Il millesimo 1997 ha commentato Mateja figlio di Joško “Con le piante ancora segnate dalla grandinata del ’96, al punto che i tralci danneggiati hanno fatto fatica a lignificare, abbiamo dovuto lavorare molto manualmente in vigna per il controllo dello stato di salute delle viti e permettere così una normale maturazione delle uve”. Il vino, ancora elegante, era senza dubbio più evoluto dei precedenti.
A seguire per il 1994 Mateja ha sottolineato “Un millesimo proveniente da un’annata davvero molto bella, con l’ultimo trattamento fitosanitario eseguito il 10 luglio. Non era mai successo, nè nelle annate precedenti, nè in quelle successive”. Abbiamo notato, man mano che nel nostro percorso a ritroso scopriamo i millesimi, che Joško negli anni ha sempre realizzato vini puliti, armonici, di grande longevità. Il 1994 era armonico nella degustazione, leggermente meno equilibrato dei precedenti. Con un salto di 4 annate siamo andiati al 1990 dove le precipitazioni sono state molto ridotte e le uve hanno raggiunto una bella maturazione. Abbiamo ritrovato un assaggio emozionante, armonico appena meno appagante del 1999. Le tre successive hanno avuto nel 1989 il vino meno espressivo risultato di un clima non sempre facile
ma dove le uve portate in cantina erano sane. Il 1985, frutto di un’annata splendida fra le migliori dei nove vini proposti, era per un vino di 32 anni fa stupefacente per armonia. Chiudeva la straordinaria batteria il 1982 proveniente da un’annata molto bella, con un autunno asciutto e testimone del fatto che in quell’anno Joško ha effettuato i suoi primi diradamenti dopo il periodo del “tanto e buono”. Qui siamo rimasti stupiti per alcune note ancora verdi ma che erano ancora perfettamente integrate nel vino che abbiamo trovato senza dubbio fra i migliori. Stupiti dagli assaggi di alcuni millesimi in particolare siamo stati conquistati dalle tre proposte di Corrado Assenza, venuto dal suo Caffè Sicilia a Noto in provincia di Siracusa, per l’amico Joško. L’impressione è stata di un uomo gentile, di poche parole, felice di partecipare all’evento.
E così si sono susseguiti prima “La ricotta di pecora, le fave fresche, il lardo di mangaliga di Joško”, poi “La pancia di bovino adulto al miele, l’asparago di mare, la carota novella, il candito di limone” con a chiudere “L’agnello pugliese con asparagi verdi e carciofi”. In ogni piatto i profumi, i sapori erano netti, decisi, puri senza dubbio frutto di una ricerca rigorosa assoluta delle materie prime. Ogni piatto si sposava alla perfezione con i vini perché lo chef, noto per le sue creazioni di pasticceria, al punto di essere docente di Pasticceria d’Autore al Master della Cucina Italiana di ALMA ha così commentato a proposito delle sue preparazioni salate che realizza per occasioni come l’incontro con Gravner. “La natura stessa non è dolce o sapida: queste sono categorie che applichiamo noi umani, in maniera del tutto arbitraria, alla cucina e all’ordine delle pietanze”. •
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COMITATO PROMOTORE Enzo Andreis • Presidente AIGRIM Pietro Auletta • Presidente e A.D. Dussmann Service Stefano Biaggi • Presidente e A.D. Sodexo Italia Cristian Biasoni • A.D. Chef Express Sergio Castelli • A.D. Areas Fabrizio de Fabritiis • A.D. Milano Ristorazione Antonio Giovanetti • Dir. Generale Camst Franco Manna • Presidente Gruppo Sebeto Chiara Nasi • Presidente CIRFOOD Ernesto Pellegrini • Presidente Gruppo Pellegrini Mario Putin • Presidente Serenissima Ristorazione Massimiliano Santoro • Group Public Affairs and Europe Business Development director Autogrill Antonio Savoia • Presidente Edifis Carlo Scarsciotti • Presidente Angem Portavoce Oricon Fabio Spaccasassi • A.D. Compass Group Italia Lino Stoppani • Presidente Fipe Lino Volpe • Presidente Elior Ristorazione
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Equipment
Artmenu Factory, al centro le persone di Emanuela Stìfano
Menu, carte vini, articoli per l’ospitalità alberghiera. Il partner che aiuta bar, alberghi e ristoranti a parlare con la propria voce. Stay hungry. Stay foolish. Siate affamati, siate folli. Con la celebre frase di Steve Jobs, Artmenu Factory presenta la propria azienda, il proprio operato. Perché qui a Correggio una certezza ce l’hanno: l’unico modo per fare un ottimo lavoro, è amare quello che si fa. Il 1983 segna l’anno zero di questa attività che oggi progetta, produce e personalizza liste menu, carte dei vini e articoli per l’ospitalità alberghiera. Da lì è un crescendo: solo tre anni dopo i fondatori, Enrica Tirabassi e Mauro Fantini, sentono l’esigenza di aprirsi anche al reparto cucitura e pelletteria, in modo da poter esprimere al meglio la qualità artigianale e la lavorazione su misura, espressioni del made in Italy nei quali l’azienda da
di addetti (che oggi sono 25), sono evidentemente cresciuti gli ordini, e pertanto si rende necessario ampliare gli spazi. È nel 1993 che l’azienda si trasferisce nella nuova sede di Fosdondo di Correggio, sede operativa a tutt’oggi. Ma Artmenu Factory ha nel DNA il cambiamento, l’evoluzione, il miglioramento continuo. Così nel 1996 si apre al mercaartigianali to europeo: “Accurate analisi di personalizzati per il mercato e l’esperienza acquisita – ha spiegato Enrica Tirabascanale ho.re.ca. si - ci hanno consentito di esseLa cura del dettaglio re, ieri come oggi, una concreta e costante presenza su tutto il e le tecniche mercato europeo”. L’evoluzione innovative sono i continua: il 2007 è l’anno, per Artmenu Factory, del nuovo asplus dell’azienda setto societario e del nuovo loemiliana. go; qualche anno dopo, sempre nell’ottica di migliorare l’immagine, anche il sito web subisce una trasformazione, diventando così più accattivante, creativo, contemporaneo e al passo con i tempi. Un anno dopo un altro importante passo: l’inaugurazione di uno showroom, dedicato all’accoglienza del cliente e alla presentazione efficace delle numerose linee di produzione. Venendo ai giorni nostri, il rinnovamento non si ferma: dopo un restyling degli uffici – resi un luogo più dinamico e accogliente – il 2018 è la volta del restyling dell’immagine aziendale. “Con un nuovo brand e un nuovo sito web –
subito si identifica. Una decisione che si rivela immediatamente vincente, tanto che negli anni questo comparto diventa un vero e proprio punto di forza di Artmenu Factory. Forte dei consensi e dei risultati ottenuti, solo dieci anni dopo l’inaugurazione Artmenu Factory presenta uno scenario decisamente mutato, naturalmente in meglio: è noProdotti tevolmente cresciuto il numero
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Enrica Tirabassi e Mauro Fantini
ha raccontato Enrica Tirabassi - ancora una volta tracciamo la linea del tempo con una nuova immagine, convinti che possa rappresentarci al meglio. L’amore, la passione e la determinazione rimangono oggi quelle degli inizi”. Ma, si sa, l’amore, la passione e la determinazione di certo aiutano, ma non possono essere l’unico ingrediente di un progetto riuscito. E allora qual è la carta vincente di questa attività? Sicuramente la capacità di essere sartoriali. Come ha ben spiegato il Sig. Mauro Fantini, nonostante i grandi numeri, nonostante l’apertura al canale internazionale, quella di Artmenu Factory resta e presumibilmente sempre resterà una filosofia artigianale, lontana dalle logiche industria-
li: “Ciò ci permette di dar vita alle idee dei clienti, realizzandole proprio come le avevano immaginate. In altre parole, qui regna sovrana la libertà di espressione, la creatività, la voglia di accontentare ogni desiderio”. Dunque i menu, le carte dei vini, gli articoli per l’ospitalità alberghiera prendono la forma desiderata dagli operatori del settore. “D’altro canto – ha puntualizzato Mauro Fantini – si sta parlando dei biglietti da visita di una attività. Per forza di cose, dunque, devono riflettere l’identità di chi li ha voluti”. “Noi lavoriamo lontano dalle mere logiche industriali che tendono ad omologare tutto e tutti – ha puntualizzato la signora Tirabassi -. Artmenu Factory è il partner che aiuta ristoranti,
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alberghi e bar a parlare con una voce riconoscibile”. Ed ecco così che la Factory rappresenta una sorta di grande contenitore, un luogo dove le idee circolano e si intrecciano, si trasformano in creatività per poi prendere forma e colore e sintetizzarsi in prodotti in grado di trasmetterne tutte le sfumature. La produzione – in ogni suo pezzo, in ogni sua linea - è il risultato complessivo di una pluralità di menti, mani e braccia che quotidianamente si confrontano sullo stesso progetto e con il medesimo intento: quello di fare un ottimo lavoro, che piaccia e che soddisfi colui, coloro, che lo hanno voluto, immaginato e, perché no, sognato. L’artigianalità e la cura del dettaglio sono il risultato di una profonda professionalità; professionalità che è riconoscibile in ogni prodotto di Artmenu Factory, dai portamenu alle carte vini, dagli accessori per la tavola alla linea per l’hotellerie. Osservando questi prodotti, infatti, è quasi visibile lo sforzo fatto da ognuna delle persone coinvolte nella sua produzione e nella sua realizzazione. D’altronde, da sempre Artmenu Factory mette a disposizione della clientela un’ampia gamma di materiali e di soluzioni in grado di soddisfare le esigenze più disparate, le idee più originali. La cura maniacale per il dettaglio, la lavorazione prettamente artigianale e, diciamolo, il tocco di Made in Italy, completano il tutto. Insomma: quando si varca la porta della Factory, quando si entra in contatto con chi qui lavora, l’evidenza è chiara: esperienza, serietà professionale, efficienza e rapidità sono di casa. Non a caso, l’obiettivo di differenziarsi e distinguersi da quanto di simile esiste sul mercato, per Artmenu Factory è da sempre un must. •
Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Napoli, Firenze, Verona, Venezia; nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera e nelle edicole Hudson News degli aeroporti di Malpensa, Linate e Stazione Centrale di Milano.
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Gusto e mercati
Il valore inconsapevole dei profumi
* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano.
di Vincenzo Russo*
L’olfatto, spesso sottovalutato, dovrebbe essere maggiormente valorizzato nei processi di vendita e nei luoghi di consumo. Sempre più i prodotti devono essere toccati e non solo visti. Percepiti anche con l’olfatto e non solo intravisti. Insomma il mondo dell’olfatto, spesso sottovalutato, dovrebbe essere maggiormente valorizzato nei processi di vendita e nei luoghi di consumo. Ciò vale soprattutto nei contesti in cui i profumi, insieme alle altre stimolazioni, contribuiscono a percepire il valore dei prodotti e la qualità dell’esperienza. Purtroppo ancora troppo spesso il
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marketing olfattivo non viene valorizzato per le sue potenzialità. Eppure le potenzialità sono infinite. Come scriveva Dogana (1993), quando ascoltiamo alcuni parlare delle loro reazioni di fronte agli odori e ai profumi ciò che colpisce è la grande ricchezza di associazioni che emerge relativamente a sensazioni, emozioni e a momenti di particolare significato affettivo. A ciò si aggiungono le numerose testimonianze sull’efficacia dell’utilizzo dei profumi nei luoghi di vendita (il profumo di montagna nei negozi Timberland) o di profumi rilassanti nelle sale di attesa nella business class della British Airways, nonché quelle provenienti dal mondo dell’igiene e della pulizia della persona e della casa, in cui gli odori contribuiscono alla caratterizzazione di marca o di prodotto. L’olfatto, d’altra parte, essendo collegato al sistema limbico – centro della vita emozionale – esercita una forte e direttiva influenza sui comportamenti
e il tipo di prodotto, e di misurare l’effetto delle stimolazioni ambientali sul grado di engagement dei consumatori e sui loro comportamenti. In questi casi un ruolo importante è sempre più giocato dagli strumenti di neuromarketing che permettono di misurare eventuali attivazioni emozionali provocate dai profudei consumatori. Alcune ricerche hanno dimostrami poiché questi spesso agiscono a livello inconto la loro capacità nell’indurre azioni e scelte di sapevole. L’olfatto, infatti, secondo uno dei più noti acquisto. studiosi del tema Shepherd (2011), è determinato Ricordiamoci che l’odore ha una forte valenza adatda due meccanismi olfattivi, quello ortonasale e tiva. Tramite gli odori, centinaia di anni fa, i nostri quello retronasale, e si sviluppa attraverso i recetprogenitori riconoscevano ciò che poteva essere tori posti nella cavità nasale che hanno la funziopericoloso o ciò che aveva una forte funzione atne di trasmettere l’informazione al cervello. Le motrattiva. Così, sebbene abbiamo lecole vengono così tradotte in perso molte delle abilità olfattivere e proprie “immagini dell’ove, gli odori hanno ancora una dore” e processate in una prima grande capacità di influenzare area chiamata “Bulbo olfattivo”: la percezione degli ambienti e Quest’area ha la funzione di fare Gli odori dei prodotti, contribuendo sipassare solo gli odori più intensi gnificativamente sull’esperiene forti. Immediatamente dopo, contribuiscono za. Le ricerche in questo ambito viene attivata la “Corteccia Olfatalla caratterizzazione tiva” che benché si chiami corsono sempre più numerose ed interessanti. Tra queste segnalo teccia non ha nulla di consapedi marca o di quella in cui grazie alla distrivole. Si tratta, infatti, di un’area prodotto. buzione di profumo di cioccodel cervello deputata al riconolato in un bookstore in Belgio scimento dei profumi già sentiti per dieci giorni per mezzora si e memorizzati. In quest’area riè registrato un aumento delle troviamo le nostre tracce mnevendite di romanzi d’amore e di stiche odorose. È qui che ricolibri di cucina del 400% (Doucé et al. 2013). Eppunosciamo i profumi dell’infanzia o delle esperienre nessuno dei soggetti intervistati ha dichiarato di ze passate. Si tratta di un’area molto prossima al avere acquistato quei prodotti perché influenzato sistema limbico dove l’informazione viene valutata dalla presenza di profumo di cioccolato. Allo stesso sulla base dell’emozioni che lo stimolo olfattivo è modo si rilevato quanto il profumo di torta possa in grado di richiamare. Ecco perché un odore di un rendere un gruppo di consumatori in un supermerprodotto che ci h fatto male in passato è un grado cato più disponibili a dare una mano a chi chiede di provocare la medesima reazione di disgusto e di informazioni. Ed ancora, la presenza di profumo farci provare la stessa emozione negativa. di arancia rende più gradevole la percezione degli Infine l’informazione giunge alla “Corteccia Orbiambienti notturni aumentandone la durata di perto-Frontale”, ovvero quell’area del lobo prefrontale manenza, così come nei casinò la presenza di un deputata all’elaborazione consapevole delle stimoprofumo ha fatto aumentare del 45% la quantità di lazioni olfattive. Da una recente ricerca (Castriota_ tempo di permanenza sulle slot machine. Scanderberg et al. 2005) si evince che quest’area Non a caso nei luoghi di vendita si cerca sempre si attiva molto in soggetti esperti che tentano di più spesso di usare le giuste dosi di specifici proriconoscere sentori e profumi, come per esempio fumi, cercando di creare coerenza tra il profumo nei sommelier. Nei soggetti non esperti sottoposti Il sistema olfattivo, con il Bulbo, la Corteccia e il sistema limbico coinvolto.
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a certi odori invece si attiva la parte del cervello deputata alle emozioni. Ciò dimostra l’importante ruolo che le emozioni nel processo olfattivo dei soggetti non esperti e quanto per loro sia importante che da qualche parte qualcuno o qualcosa dia le giuste informazioni sui “sentori” dei vini o nei prodotti alimentari che andranno ad assaggiare. L’ingresso diretto ai più alti centri emozionali del cervello è una proprietà speciale dell’odore, fondamentale per la sua percezione e per la conseguente esperienza del sapore. L’elaborazione comincia, quindi, nel bulbo olfattivo e giunge alla corteccia olfattiva “dove un microcircuito corticale con vaste interconnessioni la riformatta in una Content Addressable Memory (una memoria associativa molto veloce). Infine questa viene inviata ai centri superiori della neocorteccia, dove un complesso microcircuito corticale produce la percezione cosciente. Il riconoscimento cosciente dell’odore avviene pertanto al termine di un lungo processo e non prima. La Corteccia Olfattiva ha, quindi, un ruolo determinante grazie alla memoria associativa che permette l’associazione tra gli stimoli olfattivi e le tracce mnemoniche acquisite nel tempo di odori. Il processo, però, non avviene a livello consapevole. Grazie alla connessione con il sistema mnemonico, soprattutto con la memoria esplicita o dichiarativa (Squire, 1987), ovvero la memoria di fatti, eventi o episodi, un profumo riesce ad attivare sensazioni o emozioni provate in particolari circostanze facendoci rivivere le medesime sensazioni. Ecco perché per avere dati efficaci di utilizzo di queste soluzioni è importante utilizzare strumenti di analisi efficaci a cogliere l’effetto inconsapevole delle stimolazioni sui processi di engagement come quelli offerti dal neuromarketing (Russo, 2017). Castriota-Scanderbeg, A., Hagberg, G. E., Cerasa, A., Committeri, G., Galati, G., Patria, F., et al. (2005). The appreciation of wine by sommeliers: a functional magnetic resonance study of sensory integration. Neuroimage 25, 570–578. Doucé, L., Poels, K., Janssens, W., and De Backer, C. (2013). Smelling the books: The effect of chocolate scent on purchase-related behavior in a bookstore. Journal of Environmental Psychology, 36, 65–69Kate Fox. “The Smell Report: An Overview of Facts and Findings” 2009, Social Issues Research Centre Russo V. (2017) Psicologia della Comunicazione e Neuromarketing. Pearson: Milano Shephered G. (2011) Neurogastronomy: How the Brain Creates Flavor and Why It Matters Squire L.R.(1987) Memory and Brain, Oxford University Press.
Libri
Brodetti, cucina salvavita, vino su misura e pizza fritta
Titolo: Brodetto Mon Amour! Autore: Laura Adani Editore: Trenta Editore Pagine: 128 Prezzo: 20,00 €
Titolo: Mangiare con gusto e vivere 100 anni Autori: Lucia e Marcello Coronini Editore: Feltrinelli-Gribaudo Pagine: 160 Prezzo: 14,90 €
Titolo: Di che vino sei? Autore: Filippo Bartolotta Editore: Giunti Pagine: 176 Prezzo: 12,90 €
Titolo: Pizza Fritta Autore: Enzo Coccia Editore: Guido Tommaso Editore Pagine: 72 Prezzo: 12,50 €
La zuppa di pesce e le sue tante versioni Uno dei piatti più cucinati sulle coste, realizzato e preparato con una grande varietà di pesce (un tempo quello avanzato dalla pesca giornaliera), oggi è diventato una prelibatezza assoluta di tutti i ristoranti e non solo. I brodetti della tradizione, cucinati nelle città e nei borghi che si affacciano sull’Adriatico, sono tantissimi, a partire da Chioggia per arrivare a Termoli, ovviamente passando per Romagna, Marche e Abruzzo. Ma ci sono anche il cacciucco alla livornese e la zuppa napoletana star del mar Tirreno. Il libro è un viaggio alla scoperta dei sapori, delle reti piene di pesci, degli ingredienti che non possono mancare e… delle tante zuppe che arrivano dagli altri Paesi del mondo, dalla Spagna sino alla Thailandia.
La cucina del senza Secondo volume della collana “La cucina del senza”, si distingue dal primo libro perché gli autori eliminano sale e grassi aggiunti e utilizzano 80 ingredienti salvavita. Tra questi, anche il caffè, la barbabietola, il cappero, il cioccolato fondente e la senape “autentica”. Le proprietà dei salvavita sono riportate in pubblicazioni nazionali e internazionali che gli autori del libro hanno consultato; per facilitarne il reperimento, sono riportati in ordine alfabetico, dando modo al lettore di sceglierli con facilità Secondo gli autori, la Cucina del Senza, eliminando grassi, sale e zucchero aggiunti, riequilibra il metabolismo, disinfiamma l’organismo e aiuta a eliminare naturalmente i grassi in eccesso; l’utilizzo dei salvavita potenzia invece gli effetti sulla salute.
A ciascuno il suo vino Trova il vino su misura con te. Con questo invito l’autore, toscano, wine educator, sommelier e profondo conoscitore di vini, spiega come scegliere il vino giusto, quello che, in base alle sue caratteristiche e al palato di chi lo degusta, risuonerà maggiormente “dentro”, si accorderà all’anima: come se fosse un vestito su misura. In base al profilo di ciascuno, infatti, piaceranno maggiormente vini generosi, oppure vini saggi, o, ancora, vini resilienti. Come se fosse un gioco, quindi, il libro permette di andare alla scoperta della personalità-tipo. Finché non si troverà il vino ideale. D’altro canto, l’unica differenza tra bere e degustare vino risiede nel “prestare attenzione”.
Quando la pizza è patrimonio dell’UNESCO Dedicato alla preparazione della popolarissima pizza, tipica della gastronomia napoletana, il libro ha come obiettivo quello di raccontare e mostrare, tramite le ricette, l’arte, peraltro riconosciuta anche dall’UNESCO il 7 dicembre 2017, e l’esperienza del Maestro nel trasformare la pizza fritta in un prodotto elegante e profumato, asciutto, leggero e altamente digeribile, con tutte le carte in regola per essere considerato un capolavoro della nostra cucina. “Pizza fritta” è una raccolta di sfiziose ricette che possono essere replicate nelle cucine di tutta Italia, in cui le materie prime di altissima qualità del territorio campano sono sapientemente abbinate per dare vita a pizze fritte e montanarine tradizionali e innovative, e allo stesso tempo un viaggio alla scoperta dei segreti di una delle arti più antiche di Napoli.
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La ricetta di Artù
Sironi-Miriello, binomio vincente
Hellfire, burrata e crostacei Ingredienti per quattro persone PER IL PIATTO 4 code di scampi del Quarnaro 4 gamberi rossi di Sanremo 100 ml Olio d’oliva EVO 200 gr burrata di bufala 4 amarene sciroppate 1 peperoncino rosso piccante 1 cipollotto bianco 1 filetto di peperone arrostito Foglioline di menta, aneto e basilico Buccia di limone e lime Sale Coriandolo
Procedimento Tagliare a metà la coda dei gamberi e degli scampi (i crostacei devono essere abbattuti prima del loro impiego). Condire con un pizzico di sale, giro di mulinello di coriandolo, olio, buccia di lime e limone, peperoncino, foglioline di basilico e menta. Far marinare per almeno 10 minuti. Disporre sul fondo del piatto la burrata e le amarene. Guarnire con i crostacei e le foglie aromatiche.
a cura di Giorgio Ascorti Ceresio 7 è sicuramente uno dei luoghi più amati dal pubblico milanese e da chi passa con una certa regolarità per Milano. Suggestivo all’interno (molti pensano sia al top per le terrazze con piscina, ma si sta benissimo anche dentro), spettacolare quando è aperto fuori. Un locale che ha tre direttori espertissimi - quali Edoardo Grassi, Luca Pardini e Marco Civitelli – e un’arma che fa la differenza: un ‘sistema’ food & beverage in grado di offrire sempre il massimo del piacere, del comfort ancora meglio, in ogni servizio e a tutte le ore. La storica bravura di Elio Sironi – chef di estrema affidabilità e grande mano – ha trovato in Guglielmo Miriello, uno dei più quotati bartender italiani, un supporto di altissimo livello. Detto che la cantina del Ceresio 7 non
PER IL COCKTAIL 1 peperone giallo arrostito 20 ml di tequila 100% agave 10 ml Mezcal Espadin (varietà di agave) 10 ml di liquore Ancho Chile Reyes 10 ml Sherry Fino 15 ml succo fresco di lime 15 ml nettare di agave 5 foglie di menta fresca
Procedimento delude sia per i classici sia per gli emergenti, dal bancone arrivano cocktail perfetti per l’abbinamento con i piatti della cucina e persino…per completarli. Ecco dalla coppia Sironi-Miriello una doppia ricetta, sorprendente e che come sempre alza l’asticella, anticipando la tendenza. Il marchio di fabbrica del Ceresio 7, sin dalla nascita.•
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Emulsionare con Tequila e mezcal, la polpa del peperone arrostito. Filtrare e versare tutti gli ingredienti all’interno di un cobbler shaker. Agitare dolcemente con ghiaccio per sette secondi circa. Filtrare all’interno del piatto.
La foto di Artù
Patischie
Grande festa a Portofino per la Maison Krug. L’evento, KRUGXFISH, ha sottolineato il legame fra la Maison e le materie prime, interpretate da chef talentuosi, come Domenico Soranno, della Langosteria di Milano. (Foto Patischie)
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Pillole Amaro Lucano apre il Bar dei giochi
Il corso per aspiranti bartender
Il Brownie gluten free di Farmo
USA, tutti pazzi per il tartufo
Lucano1894 è official sponsor del torneo dei Giochi del Calcio di Strada organizzato dalla popolare community Calciatori Brutti, la cui seconda edizione è andata in scena all’Arena civica di Milano dal 4 all’8 luglio. Così, mentre i giocatori di calcio di strada si sono sfidati in 4 durissime specialità, un grande aree brandizzata Lucano 1894 di 30 metri quadri è sorta al centro del parco tematico nell’Arena. Qui i partecipanti hanno potuto trovare un vero e proprio bar brandizzato con due bartender professionisti, i quali hanno proposto cocktail realizzati con Amaro Lucano. Si replica a Rimini dal 13 al 15 luglio.
Il Corso di Alta Formazione per Barman organizzato da Cast Alimenti è un percorso che prevede il coinvolgimento pratico degli allievi: grande attenzione è riservata alle tecnologie, all’innovazione, alle start-up di impresa e al rilancio di attività già avviate. Precede un numero chiuso si 16 studenti, aule laboratorio, simulazione di situazioni lavorative. Dura una settimana, per un totale di 40 ore, ed è rivolto a chi parte da zero e vuole imparare a preparare caffè, cappuccini, bevande calde, aperitivi e cocktail, ma è pensato anche per tutti i baristi e gestori che già lavorano, ma desiderano acquisire maggiore sicurezza e competenza. Alla fine del corso viene consegnato un attestato di frequenza.
Farmo, azienda italiana specializzata nella produzione di alimenti senza glutine e biologici, propone il Brownie, il tortino americano al cioccolato, senza lievito, rivisitato in chiave gluten-free. Sviluppato nel Laboratorio di Ricerca & Sviluppo, il Brownie Farmo è tenero dentro, friabile all’esterno, ma soprattutto ricchissimo di gocce di cioccolato ed ha una piacevolissima consistenza fondente. Prodotto con ingredienti di alta qualità selezionati nello stabilimento di Casorezzo (MI), il Brownie Farmo non contiene olio di palma, bensì di girasole. Nato specificamente per persone intolleranti al glutine, può naturalmente interessare anche il target consumatori di alimenti convenzionali appassionati di cioccolato.
Un giro di affari di circa 21 milioni di dollari. A tanto ammonta l’import del tartufo negli Stati Uniti nel 2017. Un mercato che tuttavia non prende in considerazione i prodotti trasformati a base di tartufo che, si stima, contribuiscano per un ulteriore 40%. Di questi 21 milioni, il 57% è relativo all’import italiano di solo tartufo. Un trend che sembra confermarsi anche in questo 2018. Stando infatti alle stime più recenti, da gennaio ad aprile il mercato dell’import dal nostro Paese è cresciuto del +25,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il merito di questo successo è dato anche da uno dei prodotti più famosi del Made in Italy, il tartufo, che, negli ultimi 20 anni, ha visto negli Stati Uniti un crescente interesse. A dirlo è Urbani Tartufi, l’azienda che, approdata oltreoceano oltre 70 anni fa, ha portato il tartufo nei ristoranti più rinomati americani.
Nardini partner di TEDxVicenza Distilleria Nardini è stata partner della quarta edizione di TEDxVicenza, l’evento che si pone l’obiettivo di dare spazio a storie e idee che siano fonte d’ispirazione per tutti. Il TED (acronimo per Technology, Entertainment, Design) è un’organizzazione no-profit che cura eventi con l’obiettivo di far incontrare le menti e le idee più stupefacenti e innovative del pensiero globale. Ogni anno TED riunisce personalità di spicco che si alternano sul palco per condividere idee e progetti innovativi. Agli eventi TED sono intervenuti Bill Gates, il fondatore di Amazon Jeff Bezos, Bono Vox, i co-fondatori di Google Sergey Brin e Larry Page, Richard Branson, Al Gore, Isabel Allende e centinaia di altri influenti intellettuali e opinion leader. La Distilleria Nardini è stata presente per un aperitivo e cocktail serale con il Mezzoemezzo, nuovo fenomeno nel panorama italiano degli aperitivi e realtà ben consolidata nel Veneto, che nasce nei primi ‘900 dall’infusione di 7 erbe amaricanti, piante aromatiche e frutta.
Caffè Vergnano entra in Gradita Caffè Vergnano entra a far parte di “Gradita”, la rete di impresa che riunisce una selezione di marchi italiani di eccellenza nel campo alimentare. La storica azienda torinese si unisce così alle prestigiose realtà produttive già presenti: Callipo Conserve Alimentari S.p.A, Pietro Coricelli S.p.A con gli oli d’oliva Cirio, Divella S.p.A, Callipo Gelateria Srl, Fratelli Polli S.p.A. e Galvanina. Gradita nasce con l’intento di creare sinergie di esperienze e competenze tra le aziende partner che possano accrescere la competitività sui mercati grazie ad una visione comune, pur senza rinunciare alla propria identità aziendale. Tutti i protagonisti di Gradita vantano una lunga tradizione familiare, trasmessa di generazione in generazione, e condividono l’obiettivo di rappresentare il Made in Italy e diffondere la dieta mediterranea nel mondo come modello nutrizionale equilibrato e salutare.
La linea Zero di Schweppes Anche il mondo del beverage analcolico pone sempre più attenzione alla scelta di ingredienti sani che riducano la concentrazione di zuccheri, naturali o artificiali che siano, senza dover rinunciare al gusto di una bibita fresca e dissetante. E Schweppes, Tonica per antonomasia fin dal 1783, assecondando questa tendenza entra nel mondo dello “zero zuccheri aggiunti” con la linea Zero composta dai due Flagship Product Tonica e Limone e il gusto Agrumi nei formati 60 cl che si aggiungono alla Tonica Zero da 1L.
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Il rosè glamour Per la prima volta in Italia, in una bottiglia unica e raffinata, arriva il Domaine SÉVIGNÉ CONTY. In Provenza è famoso per i suoi micro terroirs, per il suolo, calcareo e argilloso e per l’età delle sue vigne, in media superiore ai 40 anni. Nella più pura tradizione e nel rispetto dell’ambiente, del terreno e della vigna la Maison SÉVIGNÉ CONTY coltiva solo uve di grande qualità a resa controllata, le seleziona e vendemmia a mano per poi creare assemblaggi che tengano conto delle peculiarità delle singole particelle. La complessità della miscela naturale di uve Grenache, Cinsault e Cabernet porta a uno stile unico, con aromi combinati di pesca e agrumi.
Alberto’s choice
Claudio, un’istituzione che guarda sempre avanti AUTENTICA PASSIONE DI FAMIGLIA
LEGENDA
CLAUDIO RISTORANTE E ALBERGO Via XXV Aprile, 37 17028 Bergeggi (Sv) 019 859760
Non è facile scrivere di Claudio, di Lara e di Christian Pasquarelli: il rischio per chi legge potrebbe essere di cogliere soprattutto l’aspetto sentimentale, o romantico, presente nel mio testo. Il rischio, in effetti, c’è: conosco Claudio Pasquarelli da oltre trent’anni... da quando, giovane chef patron, aveva in mente di dare a questo lembo di Liguria un riferimento culinario prestigioso, sicuro e collaudato, con un’offerta di materia prima che offrisse il meglio possibile sul mercato e che caratterizzasse questo luogo come un vertice assoluto della cucina di pesce (e non solo).
Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e stile dell’offerta
Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Due corone = Linea di cucina corretta Da sinistra: Christian, Lara e Claudio Pasquarelli
“Dare a Bergeggi, un luogo baciato dalla sorte, con un paesaggio mozzafiato sul mare, un’opportunità in più, ovvero di esprimere un proprio stile culinario che raccogliesse la tradizione ligure, ma che sapesse anche andare oltre: questo era il sogno”. Claudio Pasquarelli, grazie anche a un rapporto privilegiato con i fornitori locali, pescatori, contadini, appassionati ricercatori di eccellenza qualitativa, raggiunse in breve questo obiettivo ambizioso, arrivando a prendere la sua prima stella Michelin nel 1990. Un traguardo ambito, che riconosceva tutti i meriti, gli sforzi, la passione di un grande professionista, un uomo di cuore e di talento. Beh, sicuramente capirete che a Claudio mi lega un rapporto di rispetto profondo, oltre che di ammirazione per la caparbia, ostinata voglia di essere sempre dalla parte del meglio. “L’azzardo, scrive Claudio nell’introduzione al suo menù, era soprattutto nella cucina che avevo in mente di fare , di pesce fresco e della migliore qualità, elaborato con padronanza tecnica e spirito creativo”. Una cucina per quei tempi assolutamente fuori dagli schemi per tipologia e livello. “Pur in mezzo a tante difficoltà, continua Claudio, è andata bene, ho avuto successo grazie ad una clientela che mi ha dato fiducia e mi ha seguito, consentendomi
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Artù luglio/agosto 2018
Una corona = Dignitoso e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
Tre cervelli = Un vertice nel suo genere
Due cervelli = Qualità e attenzione al cliente
Un cervello = Bravi, ma non basta
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
Il nuovo libro di
Michelangelo Citino
Lo chef si racconta Michelangelo Citino, lo chef aeroportuale, come molti lo definiscono, essendo executive del ristorante gourmet all’interno dell’aerostazione di Linate, si racconta, in lungo e in largo. Dalla gavetta al successo, attraverso incontri con chef famosi, bravi e meno bravi, passando per momenti di gioia e di tensioni, vittorie e delusioni, esperienze memorabili o, spesso, da dimenticare: la storia di una carriera importante, culminata con la grande responsabilità di condurre il suo “Michelangelo”, è racchiusa in poco più di cento pagine, ricche di episodi toccanti ma anche di ricette degnamente illustrate. Un libro che non può mancare nella biblioteca di professionisti e gourmet, destinato a far riflettere e, ancora di più, discutere sul presente e futuro dell’alta ristorazione in Italia e nel mondo.
In vendita presso il Ristorante Michelangelo di Linate e presto disponibile nei maggiori bookshop, duty free e piattaforme e-commerce. Per info rivolgersi a: Mychef Ristorazione Commerciale SpA | Viale Caldera 21 Milano | info.it@areas.com
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Artù Numero 92 luglio/agosto 2018
Alberto’s choice
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello
In redazione Emanuela Stìfano - emanuela.stifano@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it
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Collaboratori
Giorgio Ascorti, Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Foresti, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Michele Maria Pizzillo, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Gio Pirovano, Laura Reichlin, Mauro Remondino, Camilla Rocca, Vincenzo Russo, Valentina Santambrogio, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Virginia Zacchetti, Claudio Zeni, Stefania Zolotti Iniziative speciali: Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________
Grafica e impaginazione Daniele Scozzari
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Foto
Archivio Artù; Alvise Barsanti; Marcello Bocchieri; M. Borchi; Stefano Borghesi; Claudia Calegari; Martina Mambriani; Mauro Montana; Patischie; Barbara Santoro; Roberto Savio; Renato Vettorato; Giulio Ziletti ______________________________________________________________
Gli amuse bouche
di apportare, anno dopo anno, novità e miglioramenti”. I livelli odierni della ristorazione di Claudio rispettano l’iimpronta originaria. Ricerca e selezione della migliore materia che, combinate all’estro e al carattere di Lara, figlia di Claudio, danno alla cucina un ritmo incalzante: piatti nuovi accanto alle proposte-bandiera, menù innovativi come il Follie d’amore 2018, firmato da Lara, che contempla piatti di rara armonia: Ceviche di capasanta, Insalatina croccante di astice blu bretone, Tagliolini 36 uova con erbe fini dell’orto, coquillage bretone, Surf & Turf, ovvero Astice e Foie Gras, sentori di Lemongrass, Pre dessert (granita alle pesche di Calvisio), Ricordo di un’estate in Sicilia (gelato alla mandorla
Particolare del “crudo”
Pubblicità dircom@edifis.it
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con gli agrumi). Un Menù-degustazione fantastico, che conferma una volta di più il talento creativo di Lara, oggi Executive chef di Claudio che, come ben si può immaginare, è il supervisor di qualunque cosa accada all’interno della struttura.... Una famiglia straordinariamente affiatata, forte di un’educazione rigorosa e tenace, quella di Claudio, che ha sempre puntato su serietà e passione, con la conseguente definizione di uno stile unico e non replicabile da altri. Questa unicità si percepisce anche nella professionalità di Christian, fratello di Lara, che accoglie gli ospiti dell’albergo con competenza e cordialità. E che sa anche gestire la sala del ristorante con quella classe che fa la differenza. Abile sommelier di grande esperienza e conoscitore raffinato di spiriti e di annate, oltre che di Champagne delle migliori Maison e di vini sparkling delle zone vocate (ricordo, fra l’altro, che Lara Pasquarelli ha vinto il recente, prestigioso Sparkling Menù di Villa Franciacorta). Christian supervede una squadra di collaboratori affiatati, che bene interpretano il sottile e delicato nodo che unisce sala e cucina. Un tema fondamentale, che è stato affrontato anche al recente convegno di Artù, al quale lo stesso Claudio ha dato il suo contributo d’autore. E, per chi vuole “godere” dei piatti storici di Claudio, non c’è che l’imbarazzo della scelta: il Bouquet di crostacei agli agrumi mediterranei (aragosta, astice blu, scampi, gamberi, mazzancolle al vapore) è qui, in terrazza, che vi aspetta. Di fronte, uno dei panorami più belli d’Italia, la spiaggia di Bergeggi, l’isola dei Gabbiani e il resto che si perde lontano nello sguardo orizzontale. Perché da Claudio non si va solo per un’esperienza gastronomica di livello, ma per soddisfare anima e sensi, con le persone giuste.
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Artù luglio/agosto 2018
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