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In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi
La ristorazione ragionevole
Cover Story Maison Pomery L’arte di innovare Andrea Berton Lo scatto geniale dello Chef Talenti Sacco, Baldessari, Camanini Lusso Metropol di Mosca Agosto Settembre 2017
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Antonia Klugmann, chef una stella Michelin, L’Argine a Vencò, Dolegna del Collio (GO)
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Editoriale
Il nostro protocollo Lo diciamo subito con chiarezza. Il nostro evento di ottobre a Milano vuole essere un grande momento di confronto fra professionisti, uno spazio di libera espressione di idee ma anche di enunciazione serena di visioni e strategie, di pensieri e di azioni. Un incontro destinato a ripetersi periodicamente, coinvolgendo nelle prossime edizioni un numero sempre
maggiore di chef e operatori di alto profilo. Questo innanzitutto perché la Ristorazione è materia troppo importante e delicata per essere limitata solo a questioni di business o di visibilità mediatico-televisiva, in cui lo chef è soprattutto celebrity o personaggio buono solo per i selfie. Sono ancora tante e troppe le semplificazioni, che
scivolano verso la banalità e non fanno onore all’impegno, al tempo e all’energia che gli chef di talento mettono ogni giorno nel proprio lavoro. Per quanto detto sopra, ci stiamo muovendo per definire regole nuove che mettano ordine nel settore e affrontino con rigore le problematiche che incombono sulla ristorazione. Chi opera in questo settore sa bene che la propria missione è di essere diversi, caratterizzati e originali nelle proprie proposte, cercando di essere gli interpreti migliori di una sfida che ha per obiettivo la sconfitta della mediocrità, la vittoria della qualità, l’affermazione della propria unicità. È dalla somma di questi valori che nasce la Ristorazione contemporanea: talentuosa, geniale, creativa ma concreta, onesta e ragionevole. Non autoreferenziale né presuntuosa ma capace di esprimere alti livelli di consonanza con le aspettative di nuovo e buono presenti nella società. L’Italia ha, in questo senso, una carta straordinaria da giocare: una carta che passa attraverso valori come passione, generosità, ambizione, desiderio di fare bene, di soddisfare ragionevolmente le aspettative di gourmet e intenditori. E di contribuire a creare quella consapevolezza del gusto che per troppo tempo è stata oscurata dal ricatto della necessità o da antichi vizi irrispettosi della clientela. Una situazione che troppo spesso ha incoraggiato il facile business anziché esaltare il primato dei sapori autentici, del rispetto dei territori, dell’attenzione al cliente. Da questa consapevolezza diffusa può nascere un nuovo ruolo culturale per la ristorazione del nostro Paese. Il mondo ci guarda. Non possiamo deluderlo, anche perché nella qualità delle nostre materie prime, così come nella capacità di saperle trasformare, sta la nostra vera forza. E persino la nostra salvezza.• Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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Artù agosto/settembre 2017
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Agosto/Settembre 2017
In copertina: Mimma Posca, CEO di Pommery Italia, insieme al nuovo Chef de Cave, Clément Pierlot, di recentissima nomina. Il Gruppo ha festeggiato l’evento a Reims, con un pranzo dello stellato Julien Dumas, chef del parigino Lucas Carton, ristorante di proprietà della Maison. Pierlot succede a Thierry Gasco.
8 News L’intervista 20 Giuliano Baldessari, “più tecnica più emozioni” L’opinione 24 Pesce, luoghi(troppo) comuni Protagonisti food 26 Nella Milano che cresce, lo scatto di Berton 30 Acanto, con Buffolino aria di innovazione Cover story 36 Maison Pommery nuovo Chef De Cave Protagonisti food 40 La trota interpretata da Marco Sacco 42 Il metodo è tutto. Parola di Camanini 46 Titti Qvarnstrom, la svedese stellata 48 Massimo Moroni, la cucina urbana 52 Arrosticini e paste fresche la tipicità del Capestrano Accueil 54 Borgobrufa SPA e Resort. Il gusto del massaggio 56 Metropol di Mosca, icona eclettica Focus food 60 Alla Rocca di Castelfalfi Accueil 62 Hotel Spadari, immergersi nell’arte 66 Monferrato astigiano, il Relais fra le colline 68 Riviera Golf, non solo sport Equipment 70 Mise en place in chiave glam 71 Più che un’affettatrice, un mito Focus food 72 #gallesdagustare a Milano Format beverage 74 Trasparenza in tavola 76 Mezzacorona, innovazione e sostenibilità Focus wine 78 Cantina Tramin. Un vigneto Epokale Libri 80 Il capolavoro di Berton, la collana di Pollenzo e le foto di Cioffi La ricetta di Artù 81 Esco alla ricerca dell’anatra perfetta Gusto e mercati 82 Non basta un buon prodotto, occorre saperlo “condire” 84 Pillole La foto 85 Vito De Feudis Alberto’s Choice 86 Ho Tuan Minh, Paolo Longoni. Due giovani talenti scelgono strade coraggiose
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In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Sommario
€ 5,00
La ristorazione ragionevole
Cover Story Maison Pomery L’arte di innovare Andrea Berton Lo scatto geniale dello Chef Talenti Sacco, Baldessari, Camanini Lusso Metropol di Mosca Agosto Settembre 2017
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direttore editoriale Alberto P. Schieppati
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Artù agosto/settembre 2017
alberto.schieppati@edifis.it
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€ 5,00
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Gusto ⦁ Tendenze ⦁ Mercati
Emergenti A Cernobbio vince la Materia Pizza Gourmet Renato Bosco al Saporé
Dicembre 2016
www.artumagazine.it Artù n°68 - Maggio - Giugno 2015
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Brigate di cucina e grandi chef. I ritratti di Ferdinando Cioffi fanno storia Hong Kong, le tre stelle di Umberto Bombana: il made in Italy va fortissimo S.Pellegrino Sapori Ticino, riparte l’evento gourmet di Dany Stauffacher Mercato del vino in crisi? Macché, mai andato così bene.: parola di Vinexpo Chef e dintorni: Botta, Conti, Sciarrabba, Abbate, Falk, Parisi, Trapani
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Maggio Giugno 2015
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La ristorazione ragionevole In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi
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La ristorazione ragionevole
L’intervista Davide Scabin Il genio nel DNA
Cover story Maison Krug e l’umile uovo L’intervista Marianna Vitale il Sud migliore Eventi Chef a Milano
Novembre 2016
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3 e 4 Ottobre 2017
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La ristorazione ragionevole
La ristorazione, per affermarsi, consolidarsi e crescere, ha bisogno di passione, energia, professionalità. Ma anche di cultura degli ingredienti, padronanza delle tecniche, visione di mercato, strategie e posizionamento, oltre che di conoscenza del proprio bacino di clientela. A sua volta, la clientela deve riconoscere chiaramente il valore economico della qualità, argomento che spesso sembra un tabù. Per sviluppare concretamente questi temi, Artù convoca a Milano il 3 e il 4 ottobre prossimi oltre 100 grandi professionisti per fare il punto sulla tendenze della ristorazione contemporanea. Il messaggio andrà anche nella direzione dell’offerta Ragionevole, ovvero della necessità di trasmettere messaggi chiari, onesti, trasparenti e tangibili. Sia nel Food che nel Beverage che nella Sala. Cuochi, chef, restaurant manager, sommelier, comunicatori, giornalisti si confronteranno sui grandi temi della ristorazione e animeranno un dibattito ricco di spunti e riflessioni. La serata di martedì 3 ottobre si terrà al Principe di Savoia un gala dinner, alla cui riuscita contribuiranno chef stellati con i loro piatti, affiancati dalla brigata dell’Acanto, il ristorante gourmet dell’hotel: durante la due giorni milanese, fra l’altro, verranno assegnati i premi alla “Ragionevolezza secondo Artù”.
evento promosso e realizzato da
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Per informazioni relative a sponsorizzazioni e partnership: artu@edifis.it www.followartu.it
News
Carina, show cooking in malga “Carnia, eccellenze in malga”, è lo show cooking voluto dalla Cooperativa malghesi della Carnia e Val Canale e dal Consorzio Prodotti della Montagna, che si è tenuto negli ultimi due week end di luglio nelle scenografiche malghe della Carnia e Val Canale, in Friuli. Undici maestri di cucina hanno creato piatti inediti, in cui sono stati valorizzati le peculiarità gastronomiche e i prodotti tipici di queste montagne. Quattro le malghe che li hanno ospitati: Malga Pramosio nel territorio di Paluzza condotta dalla famiglia Screm, Malga Malins sopra Sauris condotta da Mario Nassivera, Malga Montasio nel comune di Chiusaforte condotta dall’Associazione Allevatori Friuli Venezia Giulia e Malga Pozof sul Monte Zoncolan condotta da Renato Gortani.
Carni inglesi, tante le novità autunnali Un autunno ricco di novità per le carni inglesi, sia beef che lamb, le quali non si esauriscono con l’importante traguardo e riconoscimento della denominazione IGP West Country. I comparti horeca e GDO italiano, che già sanno riconoscere le caratteristiche di questa carne superiore, avranno la possibilità di trovarla anche in nuovi tagli pensati per assecondare le esigenze del consumatore e del ristoratore. I nuovi tagli introdotti saranno per la carne bovina il roast-beef, la costata e, pensando al mercato del sud Italia, il reale. Oltre alle classiche e gustose costolette, per le carni ovine saranno fruibili anche la spalla e la pancia. L’autunno accoglierà, inoltre, una grande innovazione nel confezionamento: l’adozione dello skin-pack. L’ente AHDB Beef&Lamb non solo lavora costantemente nel mantenimento di quelle tradizioni che contribuiscono in modo determinante alle peculiarità che caratterizzano il proprio prodotto, ma rimane anche attento alle innovazioni che ne facilitano l’utilizzato. Lo skin-pack, come il nome stesso fa intuire, è una sottile pellicola che ricopre il taglio come una seconda pelle che allunga la shelf-life
Apre l’Orto di Lume Il ristorante stellato LUME ha annunciato a fine luglio l’apertura del dehors L’Orto di LUME, un’oasi di pace dalle tonalità bianche, grigie e verdi, ben distante dalle vie trafficate della zona dei Navigli milanesi in cui si trova il ristorante. Il punto focale della zona esterna, un rettangolo di 160 metri quadri di superficie, è una grande struttura total white a forma di voliera di circa 60 metri, sotto la cui volta siedono gli ospiti. Qui si possono degustare gli stessi menù offerti nelle sale interne, ma in tutt’altro contesto: si è circondati da piante, i cui frutti sono ingredienti fondamentali di molti piatti del menù dello chef Taglienti, per esempio limoni, basilico e rosmarino. L’aera esterna può ospitare fino a quattro tavoli rotondi da quattro persone ciascuno: i nuovi 16 posti a sedere arricchiscono così l’attuale capienza del ristorante, che raggiunge ora i 56 posti a sedere. Nel 2017, il dehors sarà aperto fino a quando le condizioni climatiche lo permetteranno, per poi riaprire nella primavera del 2018. La filosofia – un’estensione dell’esperienza LUME Heritage (Tradizione) ed Evolution (Evoluzione) sono il file rouge di tutti gli elementi che contribuiscono a formare la cosiddetta “esperienza LUME”: il design, il menu, il servizio, così come il complesso W37 in cui il ristorante risiede.
del prodotto in vassoio e elimina le problematiche legate di trasporto e al gocciolamento del sangue. Aspetto non secondario è quello estetico. È certamente un packaging che esalta il taglio quando è adagiato sul vassoio, ma permette anche di sfruttare una maggiore superficie per una più esaustiva descrizione del prodotto. Lo skin-pack a breve dovrebbe coprire il 20% delle carni commercializzate e uno studio condotto dall’ente in Francia ha evidenziato come sia proprio la presentazione estetica, insieme alla possibilità di avere maggiori informazioni, a giustificare questo incremento. Un risultato che trova conferma anche per il mercato italiano, come testimonia uno studio di Veronafiere, nel quale il 56% dei consumatori italiani avrebbe espresso un giudizio favorevole nei confronti dell’innovazione che contribuisce a rispondere alle esigenze di trasparenza dei consumatori.
Amorim Cork vince il premio New Technology Al Simei, sei premi internazionali assegnati a progetti che possono fare la differenza per il futuro del settore. Tra questi il premio a NDtech, l’innovazione di Amorim Cork per il controllo qualità individuale e l’analisi - su scala industriale - dei tappi in sughero naturale. A tale tecnologia è stato assegnato il premio “New Technology” attribuito dall’Unione Italiana Vini. “Questo riconoscimento avvalora anni di investimenti in ricerca e sviluppo e dimostra come siamo stati capaci di produrre qualcosa di unico al mondo – ha dichiarato Carlos Veloso dos Santos a.d. di Amorim Cork Italia – È un premio alla fiducia: quella riposta dall’azienda nei suoi scienziati e quella che in noi hanno riposto i clienti, che crescono esponenzialmente, consapevoli di sigillare il proprio vino con un tappo in sughero naturale dalle virtù tecniche e sensoriali tuttora inimitabili anche dai sistemi sintetici”.
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Artù agosto/settembre 2017
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News
Donna Ida, nuovo bianco per Poderi Einaudi
A Hotel 2017 si parla di guest intelligence
Di dice che dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. Ed è il caso anche di Luigi Einaudi, tra i padri fondatori della Repubblica e primo presidente democraticamente eletto della Repubblica Italiana. Al suo fianco la contessa veronese Ida Pellegrini - Donna Ida, come la chiamavano affettuosamente gli italiani - agli onori delle cronache per la sua eleganza sobria e raffinata. A lei Poderi Luigi Einaudi - la storica cantina del Presidente Vigneron, oggi gestita dal pronipote Matteo Sardagna Einaudi - ha dedicato un vino che rispecchia l’essenza dei vini che lei tanto amava: un bianco elegante, perfetto per le giornate d’estate, il Langhe Doc Donna Ida, fresco e profumato assemblaggio di Chardonnay (40%), Sauvignon Blanc (30%), e Pinot Grigio (30%), affinato nell’acciaio, per conservare i sentori di frutta e l’innata piacevolezza, e per alcuni mesi in bottiglia. Il risultato è un vino raffinato con un finale sapido e minerale e una produzione di nicchia – solo 5000 bottiglie – per la prima annata prodotta, il 2016.
La gastronomia è un fiore all’occhiello dell’Alto Adige: lo dimostrano le 23 stelle Michelin assegnate a 18 chef e i cinque ristoranti bistellati. In questo contesto si inserisce da oltre quarant’anni Hotel, la fiera specializzata per hotellerie e ristorazione, come punto di incontro e di informazione tra aziende, albergatori e ristoratori, startup innovative e associazioni di categoria. Ed è proprio l’eccellenza del territorio che ha permesso a Hotel di crescere e svilupparsi diventando un luogo di scambio di idee e una fucina di nuovi input per migliorare sempre più le strutture dedicate alla ristorazione del territorio e di quelli limitrofi. Anche quest’anno, dal 16 al 19 ottobre 2017, 500 le aziende presenteranno le proprie novità agli oltre 20.000 visitatori della manifestazione. Novità suddivise in sei aree tematiche: cucina e tavola, interni e decorazioni, costruire e rinnovare, wellness, management e comunicazione, gastronomia.
Plose, l’acqua gourmet
Santa Margherita, inaugurato il nuovo centro Il 7 luglio scorso, a Fossalta di Portogruaro, Santa Margherita Gruppo Vinicolo ha inaugurato il nuovo centro aziendale intitolato a Vittorio Emanuele Marzotto, figlio primogenito del Conte Gaetano Marzotto. Il nuovo centro accoglie una linea di imbottigliamento e una nuova zona di stoccaggio che adegueranno la capacità produttiva a una domanda mondiale sempre più complessa e articolata. L’impianto ha una capacità produttiva di 16.000 bottiglie/ora di vino fermo e 10.000 bottiglie/ora di vino spumante, rispetto alle attuali 11.000 bottiglie/ora per i vini fermi e le 3.000 bottiglie/ora per gli spumanti. Nel nuovo impianto è previsto l’imbottigliamento dell’85% dell’intero fabbisogno. La parte rimanente, riferita alle piccole produzioni, continuerà a essere imbottigliata in una piccola linea isobarica che verrà però riassemblata. Massima attenzione è stata posta al layout e alla funzionalità e tutta l’impiantistica è stata concepita in un’ottica di risparmio idrico ed energetico: la sinergia con Zignago Power, che insieme al Gruppo Vinicolo fa capo a Zignago Holding, consente l’utilizzo di energia della vicina centrale a biomasse e l’utilizzo di acqua calda da teleriscaldamento, garantendo così più del 60 per cento di tutto il fabbisogno per le operazioni di lavaggio, sanitizzazione e condizionamento.
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Artù agosto/settembre 2017
Con un residuo fisso di 22 mg/l e una durezza bassissima (1,2 F), Acqua Plose è un’acqua pura, leggera e ricca di ossigeno; il pH 6,6 la rende facilmente assimilabile dall’organismo. Anche per questi motivi, la caratteristica bottiglia di vetro Plose sta riscuotendo sempre più successo tra
gli chef, che la propongono nei loro menu nelle versioni Gourmet e Luxury, ossia le linee dedicate soprattutto alla ristorazione. Con la sua morbidezza e leggerezza al palato, Acqua Plose si sposa infatti con i piatti della cucina tradizionale e con quelli della cucina internazionale, esaltandone i sapori. Inoltre accompagna con armonia gli aromi dei grandi vini.
News
Capolavori a tavola la cucina italiana patrimonio dell’umanità
Stefano Del Pianta
Stefano Del Pianta
“Abbiamo insegnato al mondo a sedersi a tavola”, queste semplici parole, pronunciate da un anziano emigrato in Australia, riassumono il meglio di tutte la storie della Cucina Italiana nel mondo e l’essenza del suo messaggio. Parole che sono state anche l’ideale premessa di un programma tradotto in manifesto per il riconoscimento della “Cucina Italiana nel Mondo come Patrimonio dell’Umanità” grazie alla VI.a edizione del Forum sulla ‘Cucina Italiana nel Mondo’ e alla XVI.a edizione di Capolavori a Tavola, manifestazione gastronomica di beneficenza creata dal celebre macellaio Simone Fracassi, che nell’occasione ha anche festeggiato i novant’anni di attività della sua azienda. Location dei due eventi il Casentino, suggestiva e mistica vallata in provincia di Arezzo, il cui nome deriva da Clusentium (valle chiusa), per questo poco contaminata e ricca di esperienze che hanno mantenuto e valorizzato in modo virtuoso il patrimonio gastronomico tradizionale, emblema delle tante simili aree rurali e periferiche d’Italia dove sono ancora visibili ad occhio nudo i processi che hanno modellato la cucina della tradizione italiana che poi è andata nel mondo. I tre giorni in Casentino “dell’Italian Cuisine In The World Forum” sono stati caratterizzati da un ricco programma di iniziative dislocate lungo tutta la vallata: dal mercato dei
promotori dell’iniziativa – queste giornate hanno rappresentato l’occasione per riunire chef e presentare la nascita della fondazione Italian Cuisine in The World, che si occuperà di proporre all’Unesco il riconoscimento della cucina italiana nel mondo come patrimonio immateriale. L’obiettivo della candidatura e della fondazione è di sostenere, diffondere e promuovere la cultura enogastronomica all’estero, rinforzando la collaborazione tra tanti professionisti e valorizzandone l’autenticità legata alle tradizioni e ai territori». Evento conclusivo della tre giorni casentinese è stato ‘Capolavori a Tavola’, una serata all’insegna della buona
migliori artigiani del food italiano a Rassina agli stand dedicati a pizza e pasta a Bibbiena, dalle degustazioni di vino al castello di Poppi a “Capolavori a Tavola” a Borgo Corsignano, arrivando fino al congresso di presentazione della candidatura all’Unesco a Stia. “Seguire e far conoscere la storia e le rotte contemporanee della cucina italiana nel mondo non è importante solo per l’Italia. Lo è anche per moltissimi altri paesi nei quali la cucina italiana è stata parte della loro storia ed economia”, ha detto Rosario Scarpato, direttore del Forum e iniziatore quasi venti anni fa, con lo chef Mario Caramella, del network di cuochi, ristoratori e culinary professional itchefs-GVCI. La richiesta all’Unesco punta, infatti, a tutelare milioni di consumatori di cucina italiana nel mondo, a qualunque latitudine, che quando pagano per cibo presentato come italiano hanno diritto a qualcosa che rispetti le tradizioni, la salute, i territori, le radici e i valori della cultura enogastronomica italiana. “Il riconoscimento della cucina italiana nel mondo parte dal Casentino – ha commentato con orgoglio Simone Fracassi, tra i principali
cucina e della solidarietà ospitata nella bella cornice di Borgo Corsignano a Poppi. Nato da un’idea di Simone Fracassi, il macellaio noto ormai in Italia e nel mondo come il “Re della Chianina”, l’evento ‘Capolavori a Tavola’ ha coinvolto di anno in anno chef sempre più importanti arrivando oggi a configurarsi come una vetrina per i prodotti di tutte le regioni e un vero e proprio galà per le eccellenze enogastronomiche di ogni angolo della penisola. In questa sua XVI.a edizione sono stati presenti 400 ospiti, 20 chef stellati, 4 pastry chef, 4 gelatieri, 4 pasticceri, 2 cioccolatieri, 8 produttori gastronomici, 8 cantine vinicole, 2 birrifici ed un produttore di caffè, tutti insieme per raccogliere fondi per l’associazione Italian Cuisine in the Word che li utilizzerà per promuovere e tutelare la Cucina Italiana nel Mondo. Capolavori a Tavola si è divisa in tre distinti momenti in cui è stato possibile provare esempi di altissima cucina, con un itinerario di scoperta delle varie proposte scandito in più tappe negli spazi di Borgo Corsignano, partendo dall’aperitivo, passando per la degustazione delle varie eccellenze in giardino, arrivando all’angolo dessert a bordo piscina, in un goloso viaggio del gusto tra le delizie di tanti artigiani. Il tutto, ovviamente, accompagnato anche da spumanti, birre e vini del territorio aretino e italiano. «E’ stata una passerella di eccellenze e un vero viaggio del piacere – ha sottolineato un emozionato Fracassi – gli chef presenti, tra i più stimati nel panorama internazionale, hanno emozionato i presenti con le loro proposte, preparate da una selezione dei migliori prodotti della tradizione italiana». Il piacere di stare insieme nel segno del gusto si è unito come di consueto all’importanza di fare del bene perché al termine della serata gli ospiti potevano liberamente versare un’offerta a favore di un’associazione impegnata nel sociale. “Lo spirito di beneficenza – ha concluso Simone Fracassi - da sempre anima e caratterizza Capolavori a Tavola: in questo senso è doveroso un ulteriore ringraziamento agli chef, ai produttori, agli sponsor e ai tanti amici che hanno nuovamente dimostrato il loro grande cuore». (Claudio Zeni)
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News
Pierino Penati a Cape Town Il 7 Settembre 2017, Pierino Penati apre Villa 47 a Cape Town. Si scrive così un altro capitolo di una lunga storia fatta di passione, di conoscenza e di cuore. Tre generazioni sulle colline della Brianza hanno rappresentato il saper fare italiano, la ricerca costante della materia prima, la voglia di innovare senza dimenticare il passato. Tre generazioni legate al loro territorio, ma con la mente aperta al mondo. Ora una parte di mondo ha chiamato: il luogo è lontano, la sfida è ardua, ma la famiglia Penati mette “sul piatto” l’alto senso del lavoro e la voglia di una nuova avventura. L’indirizzo è Pierino Penati at Villa 47 Bree street, 47 Cape Town Sud Africa. Il progetto prevede un ristorante dove trovano spazio sia le ricette storiche, sia quelle contemporanee di Theo Penati. Molti prodotti giungeranno direttamente dall’Italia per raccontare anche a migliaia di chilometri di distanza i sapori e il gusto italiano. Va detto che Theo Penati non abbandona la casa madre, semplicemente ha formato e sta formando a Viganò uno staff che porterà a Cape Town la tradizione della sua famiglia. Pierino Penati
Maremma, che vini! Milena Cacurri, titolare di Tenuta Monterò, a ottobre imbottiglierà 2.000 bottiglie del nuovo “More”, un Morellino di Scansano Docg, Sangiovese in purezza. È una delle 41 aziende della Doc Maremma Toscana presente alla seconda edizione di “Maremmachevini”, a Castiglione della Pescaia (Grosseto), due giorni di degustazioni vini e di eccellenze del territorio (11-12 giugno). Come il Salumificio Mori, ad esempio (si trova da Harrods a Londra); il Caseificio il Fiorino, e il frantoio Franci. E piccoli produttori come Simona Ceccherini fino
ai grandi di Mantellassi. Imprese rappresentate dal Consorzio di tutela dei Vini della Maremma Toscana, con una produzione annua globale da cinque milioni di bottiglie, e la capacità di raddoppiarle. Grosseto è al quarto posto dei flussi turistici dopo Firenze, Pisa, Montalcino. Un territorio che vuole ampliare la stagione turistica puntando sui percorsi enogastronomici. Come “Rosae maris”, degustazione di vini rosati in programma il 25 giugno a Casa Ximene, sempre a Castiglione della Pescaia. E altri eventi ancora. (Alessandro Luongo)
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News
Pummà, in Romagna la pizza gourmet Forno e banconi come sul palcoscenico. Tutt’attorno un anfiteatro di tavoli all’interno e nel dehor estivo e sua eccellenza la pizza a fare da prim’attore. Pensato come un ‘teatro del gusto’ dal designer Adriano Cucca, che ne ha firmato il restyling interno, il ‘Pummà’ di Milano Marittima racconta una nuova storia tutta italiana di pizza d’autore. A firmarla il maestro Marco Baldassarri, il ‘pizzaiolo-ingegnere’ che a tre esami dalla laurea magistrale ha lasciato il libro dei calcoli per abbracciare le severe tecniche di lievitazione e impasto e la filosofia delle farciture. Una passione per la panificazione che Marco ha coltivato fin da piccolo e che alla corona d’alloro non ci ha voluto rinunciare, visto che la sua ‘laurea’ se l’è presa nel 2015, guadagnandosi il podio come secondo miglior pizzaiolo d’Italia nel concorso milanese ‘Pizza Chef Emergente’. “Antiche farine biologiche macinate a pietra, Lievito Madre per gli impasti, lievitazione e maturazione molto prolungata, prodotti eccellenti per le farciture e i migliori oli extravergine di oliva sono gli ingredienti principali delle nostre pizze – esordisce Marco Baldassarri (agli ingredienti noi aggiungiamo l’abilità e professionalità di Marco nel gestire tutto il processo produttivo dalla lievitazione alla cottura) - il nostro Lievito Madre viene rinfrescato ogni giorno alle 12.00 e alle 16.00, mentre gli impasti, il Classico con farina di grano tenero Tipo 2 Lievito Madre, quello con germe di grano tenero italiano varietà Bologna maggiorazione Lievito Madre e l’impasto idrolisi maggiorazione senza lievito aggiunto, vengono preparati ogni sera alle 20.00 per il giorno successivo. Il tutto con amore, passione e dedizione”. Venticinque le pizze in carta perfettamente suddivise in ‘Le classiche’, ‘Le golose’, ‘Le primaverili’ e ‘Alla Napoletana’ per poi proseguire il percorso gourmet con le proposte ‘Dalla cucina’, a cominciare dal ‘Mezzo rigatone ‘Verrigni’ all’amatriciana e concludere con la degustazione di formaggi selezione Pummà o il ‘Tubero di zabaione’. Il tutto accompagnato dallo slogan ‘Pummà si faceva, si fa’ grazie ad una qualità top dei prodotti utilizzati per le farciture delle pizze, che attingono dalle eccellenze gastronomiche del Belpaese con richiami ai Presidi Slow Food appositamente selezionati, come i pomodori pelati di Terra Amore e Fantasie di Sant’Antonio Abate, la mozzarella fior di latte e la bufala campana del Caseificio Casolare di Alvignano, la burrata pugliese del Caseificio Palazzo di Putignano i capperi di Salina, le olive di Gaeta e molti altri Presidi Slow Food. Eccellenze abbinate ai prodotti stagionali del territorio, come le verdure freschissime acquistate direttamente nel mercato di Cesena, i formaggi della Romagna Toscana della Fattoria Le Guide di Tredozio, il prosciutto di Parma Dop di Casa Graziano. Accompagnano in tavola le leccornìe di Marco Baldassari una carta stagionale delle migliori birre artigianali selezionate da Ugo Ardizzoni, vini e bollicine con Champagne, Franciacorta e Lambruschi emiliani. E ogni week end nel periodo primavera – estate un bar corner esterno per gustare all’aperto cocktails e frullati in un Pummà, che racchiude in se tradizione, innovazione e formazione. “L’Accademia della Pizza è un corso che abbiamo istituito – conclude Marco Baldassarri – un processo di formazione della durata di un anno per giovani allievi finalizzato al loro successivo inserimento nel mondo Pummà, visto la presenza del nostro marchio attualmente a Bologna e prossimamente a Ibiza e Milano”. (Claudio Zeni)
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Altascuola Milani, il programma del secondo semestre “È importante che chi lavora lungo la filiera trasmetta la cultura del caffè agli operatori, che a loro volta devono diventare dei formatori: solo così può prendere il via il processo di sensibilizzazione del cliente finale. Caffè Milani crede in tutto questo e la nostra Altascuola Coffee Training è a disposizione di chi vuole compiere un cammino di formazione serio per diventare un vero professionista e un trainer efficace del cliente”. Così Pierluigi Milani, titolare di Caffè Milani. Il calendario dei corsi che si svolgono da settembre a novembre presso la torrefazione di Caffè Milani
a Lipomo (CO) è denso di appuntamenti; i docenti in aula sono qualificati dallo IIAC – Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, e dall’INEI – Istituto Nazionale Espresso Italiano e di SCA – Specialty Coffee Association. Le tematiche spaziano dall’espresso al cappuccino, fino alla gestione del locale. I corsi si svolgono nell’arco di una giornata e prevedono il rilascio di un attestato di partecipazione. Per maggiori informazioni e per le iscrizioni, consultare il sito di Milani Caffè e compilare l’apposita scheda.
PROSCIUTTO COTTO FERRARINI. IL SUCCESSO NASCE DAI MIGLIORI INGREDIENTI. Scegli il Prosciutto Cotto Ferrarini e i tuoi clienti apprezzeranno da subito il profumo e il gusto unico delle tue preparazioni. Dal 1956, Ferrarini è leader nel mercato del Prosciutto Cotto, preparato nel rispetto dell’originale ricetta che lo rende un prodotto così speciale: una salamoia di ben 21 erbe aromatiche ed una lentissima cottura a vapore che arriva fino al cuore del prodotto.
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C’è più gusto a mangiare sano
News
Brut Classic Deutz, lo Champagne reinventa l’aperitivo
Col Vetoraz pigliatutto Nuova tornata di importanti e significativi riconoscimenti sia in patria che all’estero per Col Vetoraz. Riconoscimenti che vanno ad arricchire il già nutrito palmarès dell’azienda. I riconoscimenti vanno dal 90+ assegnato al Valdobbiadene DOCG Prosecco Spumante Superiore di Cartizze 2016 dalla testata americana The Wine Advocate by Robert Parker alle cinque
Deutz - piccola e prestigiosa azienda della Champagne francese fondata nel 1838 e gestita da generazioni dalle famiglie Deutz e Geldermann – per l’ora dell’aperitivo suggerisce il Brut Classic Deutz, uno dei grandi classici della Maison. L’armonia e l’equilibrio che nascono dalle tre varietà di vitigni usate in parti uguali nell’assemblaggio - Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier – lo rendono infatti delicato all’olfatto, ma gli conferiscono anche un’impostazione classica: si sentono per primi i profumi floreali, poi il dolce dei frutti gialli e rossi che si muovono su una vena minerale. L’attacco in bocca è nuovamente segnato dalla dolcezza della frutta, con una bollicina abbondante ma fine, che rende il sorso marcatamente fresco e sottile. Ben si presta, dunque, in abbinamento con i grandi classici dell’aperitivo: scaglie di Parmigiano, spiedini di gamberi e verdure, carpaccio di spada o storione affumicato, foglie di salvia passate in padella. Il Brut Classic e le altre etichette di Champagne Deutz sono importate e distribuite in Italia da D&C.
#Leffepernorcia, la birra solidale Leffe ha presentato la bottiglia #leffepernorcia, un’edizione limitata di Leffe Blonde. Distribuita solo in Italia, la limited edition è stata l’elemento centrale dell’iniziativa progettata dalla birra belga per aiutare i monaci benedettini di Norcia a ricostruire ciò che hanno perso nel terremoto del 24 agosto e del 26 ottobre scorsi. I proventi generati dalla vendita delle bottiglie #leffepernorcia verranno donati ai benedettini per costruire una cappella in legno presso San Benedetto in Monte, località poco fuori dalle mura della città di Norcia. La cappella sarà una struttura antisismica accessibile a tutti i cittadini nursini e in cui i monaci potranno celebrare messa, accogliere i fedeli, dare conforto o semplicemente ascoltare chi è in difficoltà. Si tratta della prima fase di un progetto più ampio che porterà alla costruzione dell’abbazia definitiva.
La proprietà di Col Vetoraz: Francesco Miotto, Loris Dall’Acqua e Paolo De Bortoli
medaglie ricevute al CSWWC, Champagne and Sparkling Wine World Championship 2017: tre d’argento per Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante Millesimato Dry, Valdobbiadene DOCG Prosecco Spumante Superiore di Cartizze, Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante brut e due di bronzo per Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante Extra Dry e Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante brut Dosaggio Zero. L’International Competition collegata alla guida Gilbert&Gaillard ha anch’essa assegnato il Premio 90+ Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante Millesimato dry e il Premio Gold Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante Extra Dry. Infine in Italia, al 45° Concorso Nazionale Premio Douja d’Or, l’Oscar è andato al Valdobbiadene DOCG Prosecco Spumante Superiore di Cartizze 2016 e altri due premi sono andati al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante Extra Dry 2016 e al Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Spumante Millesimato Dry 2016.
Le immagini del servizio “Il Terun”, apparse sul numero di Artù (Luglio/ Agosto 2017), sono di Osvaldo Danzi. Ci scusiamo per la dimenticanza.
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Vodka Grey Goose incontra Taglienti Quest’anno Grey Goose vodka ha selezionato alcuni tra i migliori chef e bartender del mondo e li ha invitati a Le Logis, la casa di Grey Goose, con l’obiettivo di far loro esplorare i confini del gusto usando solo i migliori ingredienti francesi. Ogni paese è stato rappresentato da un chef e da un bartender che hanno creato un pairing unico tra prodotti francesi reinterpretati e le Grand Fizz. Il menu studiato in Francia è stato poi riprodotto negli “Atelier of Taste” organizzati da Grey Goose nei vari paesi. A Milano, i protagonisti sono stati chef Luigi Taglienti e il bartender Luca Angeli, una delle promesse italiane nel mondo beverage.
Luigi Taglienti
Annie Féolde premiata con il “Torrino d’Oro” Annie Féolde, Chef-owner del tristellato fiorentino Enoteca Pinchiorri, ha ricevuto il Premio “Torrino d’Oro”. La premiazione è avvenuta durante la diciassettesima edizione della manifestazione “San Frediano a cena”, la cena-spettacolo a fini benefici organizzata ogni anno dal Comitato Festeggiamenti San Frediano con il Patrocinio del Comune di Firenze. Per l’occasione, Piazza del Cestello è stata allestita con tavolate a vista per quasi 2000 commensali, Annie Féolde è stata insignita di questa onorificenza insieme ad altri personaggi di spicco che, come lei, sono profondamente legate a Firenze e si sono distinti nelle rispettive attività professionali
Oldani sale in cattedra
Cristina Giachi consegna il Torrino ad Annie Feolde
Lunedì 25 settembre apre a Cornaredo il nuovo Istituto Professionale Statale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera: un progetto atteso e fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Yuri Santagostino. Gestita dall’Istituto Frisi di Milano, alla nuova sede scolastica è stato assegnato il nome “Olmo di Cornaredo”, proprio per sottolineare il legame forte con il territorio. Aspetto essenziale di questo progetto è la collaborazione che l’OLMO ha da subito stabilito con Davide Oldani; Oldani e i suoi collaboratori agiranno con una funzione di “mentore” per portare agli studenti della nuova scuola l’esperienza del mondo del lavoro con la finalità di ridare valore all’artigianalità della cucina italiana. L’impegno comune dell’OLMO e di Davide Oldani per dare agli studenti un’offerta formativa aperta alla gastronomia contemporanea, sarà facilitato dalla costituzione di una “impresa formativa simulata”; una delle novità previste dalla Legge “Buona Scuola” per diffondere e inquadrare le esperienze di alternanza scuola/lavoro.
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L’intervista
Giuliano Baldessari, “più tecnica più emozioni” di Maurizio Bertera
Molte esperienze alle spalle dello chef di Aqua Crua, ma anche un talento fuori del comune che lo ha portato a vertici indiscussi. Persino le campane delle chiese suonano in tono minore, sembrano non voler turbare la sacra quiete di Barbarano Vicentino: 4.500 anime ai piedi dei Colli Berici. Un silenzio innaturale, ma carico di positività e un pizzico di mistero. Atmosfera che si ritrova anche varcando la porta di Aqua Crua, uno dei locali più interessanti dell’ultimo periodo. La casa – a noi ha regalato questa sensazione - di Giuliano Baldessari, classe ’77, trentino di Roncegno Terme: giovane e vecchio cuoco, a seconda di come lo considerate. Giovane perché solo da tre anni ha iniziato il suo percorso da chef-patron, vecchio per l’esperienza in cucina: stage e navi da crociera da ragazzo, due anni da Aimo e Nadia, altri due alla corte di Marc Veyrat e poi un decennio a Le Calandre. Se il grande pubblico lo ha scoperto come giurato di Top Chef, per il gourmet era il braccio destro di Massimiliano Alajmo. Bravissimo evidentemente: in un solo anno di attività, ha conquistato la Stella Michelin. Per la cronaca, non ‘esibita’ in nessun punto del ristorante, esternamente o internamente, né sulle giacche della brigata. “Voglio che vengano qui per quello che stiamo facendo e non per un riconoscimento” dice. Non male, come premessa. Baldessari, ci ha colpito una sua frase letta in
un’intervista: ‘Voglio che i clienti si innamorino Ero a Bali e visitando una bellissima mostra sull’acdella mia mano’. Affascinante ma se vogliamo qua, ho scoperto di come questo elemento primormolto ambiziosa’ diale e per me emozionale, venga influenzato da Forse. Comunque a me piace l’idea che la gente venuna fonte positiva o negativa. Ho unito ‘crua’ che in ga qui perché sta bene e basta. veneto vuol dire fresco, giovane. Per i piatti che penso e prepaNoi siamo all’inizio, no? ro ogni giorno con la brigata. Il “Ho sempre bisogno Parliamo dei tre passaggi foncliente si deve fidare, insomma. damentali della carriera: Aimo di sfide, sottolinea Sembrano discorsi da oste e Nadia. moderno più che chef-patron Giuliano: l’obiettivo Aimo Moroni non è stato solo un stellato. datore di lavoro, ma un padre. è che il cliente si Un po’ è così, ci sono anche le Una persona splendida che porcamere al piano superiore coto nel cuore. Quello che faccio innamori del mio me nelle locande di un tempo. va anche nella direzione che lui stile di cucina” Poi lo si vede anche dalla scelta ha tracciato anni fa e che metarchitettonica che ho fatto per te il prodotto, la sua ricerca alla il locale, unendo i due ambienti base della cucina. tradizionali. La cucina va vissuta al momento ed è Marc Veyrat? bellissimo quando interagisce e si mette a confronUn grande, un folle anche, un innovatore: parlava to direttamente in sala. E gli ospiti di Aqua Crua, lo di cucina naturale e di acidità negli anni ’90. Sono hanno capito, dimostrando subito sensibilità strastato demi chef de partie prima all’Auberge de L’Eordinaria. Se dovessi rifare il ristorante, non camridan ad Annecy e successivamente a La Ferme de bierei nulla. Mon Père, di Mègeve: anche nella tipologia di locaEra scontato che aprisse il primo locale solo a le, era avanti decenni. È proprio qui ho incontrato 37 anni? Massmiianoi, che mi ha portato come sous-chef a Diciamo che dopo dieci anni a Le Calandre mi manLe Calandre. cava il contatto diretto con il cliente. Sono convinto Cosa le ha insegnato Alajmo? che la crescita passi anche nel vedere sul volto di Un approccio buddista alla cucina, il non attaccachi mangia la reazione a quel che propongo. Cermento alle cose, l’avere voglia di cambiare e innocavo quello e l’ho realizzato. Caratterialmente non varsi sempre. Anche se un piatto va bene e funziona sono mai sazio, ho bisogno di sfide. Essere in sasempre, non bisogna avere paura di modificarlo. Poi la mentre preparo è un forte stimolo, tanto più che sono stato influenzato dalla ‘complicità’ che lui ha non amo la facilità, sin da piccoli: portare a termine con il cibo e la capacità di interagire con la matecose difficilissime mi fa sentire bene. ria: lo devo solo a lui. Riconosciuto questo, la mia A proposito, perché Aqua Crua? cucina oggi è diversa dalla sua, non amo più quella
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In questa pagina: un ritratto dello chef Giuliano Baldessari; nella pagina a fianco, sopra: un piatto con protagonista il Calamaro; sotto: Ravioli di formaggio con crema di castagne e cassis.
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L’intervista A lato: l’esterno del ristorante Aqua Crua sotto: Sgombro in salsa d’ostrica e coriandolo.
‘dolcezza’ fondamentale nel menu di Le Calandre. Proviamo a definire la sua di cucina. Non ha uno stile preciso, semmai punti fermi. Mi piace ragionare, capire cosa sto facendo con gli ingredienti e non sulla materia prima. Sulla seconda in Italia se ne discute troppo, abbiamo un’ottima base ed è inutile continuare a ragionare se è meglio quel pomodoro o l’altro. Usiamoli al meglio. Sperimento tantissimo creando accostamenti nuovi, e questo il più delle volte regala risultati inaspettati. E non faccio richiami al territorio, questo è chiaro. Un cuoco degli anni ’70 che non vive il riflusso, quindi. Nasco incendiario, non posso esserlo ancora nella stessa misura. Ma cerco sempre la nuova frontiera, perché ho capito che il limite dell’esperienza è la ripetitività: non voglio fare sempre ‘quel’ piatto e se non mi convince più, ragiono a oltranza. Per esempio, la mia prima Colomba è frutto di un biennio di
ricerca ed esperimenti. La tradizione? Ha senso parlarne? Non so cosa sia e non lo dico per presunzione. Forse le ricette nel libro dell’Accademia della Cucina? Penso che un famoso piatto veneto come Risi e Bisi – che non so preparare, sinceramente – sia cambiato mille volte nella storia. Quindi se faccio una lasagna, non sarà integralista né rivisitata. Ma la mia lasagna. Chiarissimo, poi c’è la ricerca quasi ossessiva della salubrità Cerco semplicemente di dare sapore senza ‘ingrassare’ il piatto. In Italia, vige ancora l’idea che condendo il cibo, diventa per forza più buono. Non è così, certo devi trovare la soluzione: ma un cuoco è doppiamente responsabile in quanto - professionista - sa benissimo cosa fa bene e cosa fa male. E’ importante educare la clientela, che si deve fidare ciecamente di te in quanto persona che fa da mangiare cose buone e salutari. Io dico sempre che preparo piatti che da cliente mi renderebbero felice e tranquillo. Non penso valga per tutti i cuochi. Parliamo di Top Chef: come le ha cambiato la vita? Non in modo sconvolgente. In definitiva, per un mese, vado e vengo da Barbarano. Ragiono nei viaggi e creo più fuori dalla mia cucina che all’interno.
In carta 400 etichette Aqua Crua è uno di quei locali che dividono gli appassionati: piace molto (a noi, per esempio) o lascia perplessi per l’eccessiva ‘nordicità’ dell’ambiente e la mancanza di separazione tra sala e cucina, che però non è ‘attaccata’ ai tavoli come nel caso di Casa Perbellini . In ogni caso, non lascia mai indifferenti e questo rende felice Giuliano Baldessari che ha chiesto aiuto a Davide Groppi per l’illuminazione (suggestiva) e Pino Castagna per i piatti (originali). A curare i sette tavoli per 35 coperti – uno supplementare in cristallo si trova nella cantina hi-tech – è Andrea Curatolo, giovane sommelier con esperienze anche all’estero. Sta rivedendo la carta dei vini, 400 etichette, che si possono scegliere sull’I-Pad, in base a vari parametri di ricerca: a parte l’ampia presenza tricolore c’è una rappresentanza bel assortita di vini austriaci, tedeschi, ungheresi, neozelandesi e americani. Con un obiettivo. “Stiamo ragionando su come trovare un nuovo equilibrio tra le etichette italiane e quelle straniere – spiega Curatolo – non dubito che i nostri vitigni diano grandi prodotti, ma ultimamente trovo eccessiva enfasi sul tema, finendo per non confrontarsi con quelli del resto d’Europa o del Nuovo Mondo. E’ giusto far conoscere al pubblico tutto il meglio, senza prevenzioni. Difatti, contiamo di introdurre le birre nel percorso di degustazione”. Percorso non facile, anzi: il paring con il piatto dello chef trentino è impegnativo. “C’è una base di grande acidità, quindi in generale proponiamo vini bianchi, con residuo zuccherino e una potenza non marcata: da un lato, abbiamo in cantina le possibilità di trovare molte soluzioni ma per l’80% dei casi, la strada è quasi obbligata: ecco perché far contento il cliente e stupirlo risulta ancora più stimolante e piacevole”.
Ho aumentato le presenze del 35%: se la vedo sul piano economico, non mi lamento. Ma soprattutto, Top Chef mi piace perché sono messo a confronto con tre colleghi bravissimi e tanti giovani cuochi in gamba. E’ considerato molto severo come giudice. Perché ho sbagliato un sacco di piatti e quindi mi accorgo subito dell’errore. Detto questo, io dico sempre ai miei di giocare, rischiare e rifare quando non viene. Odio la standardizzazione e penso che la tecnica sia un mezzo per arrivare alle emozioni. Anche se ho avuto i maestri di cui abbiamo parlato, oggi
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Qui sopra da sinistra: un piatto ribattezzato “Acqua cotta” ovvero: Ravioli trasparenti di alga con crema di garusoli, gamberi, fagiolini, erba ostrica e cialda di polenta croccante; Agnello in crosta d’erbe, crema di melanzane e formaggio acido; Spaghetto burro e alloro con gamberi crudi; a lato: la cantina del ristorante.
cerco autodidatti e non persone che abbiano fatto l’alberghiero. Si va al liceo e poi via sul campo, mangiando e imparando. Conta il gusto, non la scuola. E’ vero che ha in mente un ‘buen retiro’ nella sua Valsugana? Se dovessi mollare questo lavoro in cui credo ciecamente, vorrei avere mille mq di vigna nella mia terra e un trattore modernissimo. Per ora, vado a ri-
In menù gli elementi principali Non ci sono dubbi che leggendo – da neofiti - il menu di Aqua Crua si resta sorpresi. Ci sono i nomi essenziali del piatto: L’Aqua Cotta, il Giappone, il Crudo di Pesce (ovviamente, quanto di più lontano da quello classico), la Crema Carbonizzata. In realtà sono giochi di prestigio, di grande personalità e cromia, come si evince subito dall’appetizer: il ripieno del mini hot-dog è una carota, la bresaola in realtà è una fettina di concentrato di pomodoro, il rocher è fatto di foie gras. Non sono esercizi di stile, ma esaltazioni di un elemento principale su cui costruire un piatto, che risulta spesso eccellente e in ogni caso mai banale. L’esempio migliore ci è parso Tamarindo: ricciola sarda, con paprika affumicata, pane fritto e appunto tamarindo. Consistenza e sapore da dieci. Il resto va lasciato alla scoperta ‘live’, ricordando comunque che – ferma restando la carta – il percorso segue due binari. Uno è il menu I Frattali (a 180 euro) che lo chef spiega così. “ Il frattale è un elemento geometrico che si ripete allo stesso modo anche su scale diverse: ingrandendo una parte di esso si otterrà sempre una figura simile all’originale. Questo è il percorso dei nostri frattali, dei piccoli segmenti che assieme hanno disegnato la geometria di Aqua Crua. Ognuno di essi custodisce una parte del nostro inizio”.Il secondo menu si chiama Iniziazione (a 130 euro) e anche in questo caso lasciamo la parola a Baldessari. “Il passaggio da uno status ad un altro, concepito come l’inizio di un nuovo cammino. Un percorso che nasce dai nostri frattali, che rappresenta una ricerca ed un’energia che si rinnova, che cresce assieme noi, essendo parte e stimolo del nostro stesso cammino”. Il vero problema è scegliere una delle due proposte.
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lassarmi in quella di mio padre. Altre passioni? Vado a correre ogni tanto e visitare ristoranti. Ne cita qualcuno? Solo due. Il Noma dove ho visto un cuoco ‘inventare’ letteralmente una cucina dal nulla, piena di idee e di sapori. E il Pescatore dove chiedo sempre gli stessi piatti e i Santini ti accolgono in modo stupendo. Lo so che sono due mondi opposti, ma ho mangiato benissimo in entrambi. A parte il sogno bucolico, come immagina i prossimi anni di Aqua Crua? Come un posto pieno di gente contenta. Con piatti non semplici - ‘petardate’ come mi piace definirli – frutto di grandi pensieri e tanto lavoro. Assistito ovviamente dai miei ragazzi a cui dò tanto, compensando la rottura di balle quotidiana che subiscono da me. Una curiosità per chiudere. Ma come ha convinto i responsabili del casting di Top Chef? Ci risulta abbia prevalso su oltre 200 colleghi. A me hanno detto 250, poco importa. Comunque, mi hanno chiesto ‘Ci parli di lei’. Ho risposto ‘Quanti giorni avete?’. Magari, sarà stato per questo. •
L’opinione
Pesce, luoghi (troppo) comuni di Mauro Remondino
Sul fatto che l’alimentazione ittica sia benefica per la salute, nessun dubbio. Ma è sufficiente decantarne le virtù? Ci siamo riempiti la testa di “omega 3”, poi anche di “omega 6”, prima ancora di sapere cosa ci capitava nel piatto assumendo pesce ricco di quella sostanza. Un blend di acidi grassi essenziali che dovrebbero agevolare la vita di cuore e cervello. Forti di una novità apparentemente comoda per la tavola di ogni giorno, il pesce è consigliato da nutrizionisti tre volte alla settimana, siamo invece regrediti dopo lo stupore iniziale. Appunto pensando alla comodità di quelle centinaia di capsule-integrativi che sono finite nelle dispense bypassando così il frigorifero e gabbando ancora una volta questo importante cibo. Favorendo così quella certa confusione alimentare nel nome della praticità e raramente fidandoci del pescato venduto in pescheria (luoghi ormai in disuso), oppure al banco refrigerato e non del mercato sotto casa. Accontentandoci anche di etichette sbrigative spesso prive di dati importanti: dove è stato pescato, quando, la conservazione, congelato o fresco (concetto su cui aprire un dibattito…), i tempi del consumo. Insomma una lunga teoria di nozioni necessarie a far sì che lo si imparasse davvero a conoscerlo prima di cucinarlo. Superficialità e fretta non hanno ancora permesso agli abitanti di un paese che dispone di circa ottomila chilometri di coste di apprendere correttamente la ricca disponibilità delle nostre acque e del variegato mondo delle carni marine che vi nuotano. Nonostante gli inviti degli esperti e di chi ha dato vita a consorzi del pescato etichettato e corretto, come accaduto lungo le rive dell’Adriatico, spesso risolviamo il rapporto pesce-tavola con una sogliola alla mugnaia o il salmone affumicato tanto abusato durante il periodo natalizio. Carne comunque difficile da lavorare per gli chef e da conservare. Figuriamoci per le cuoche di casa che preferiscono sbrigare la pratica rapidamente. Se con la frutta qual-
che passo è stato fatto imparando a riconoscerla, la conservazione e soprattutto a utilizzarla in stagione con il pesce siamo poco oltre il palo. Una generica conoscenza dell’abusato pesce azzurro non ci offre ancora la sicurezza dell’importanza di questo alimento. Sardina, aringa, alice-acciuga, sgombro e peggio ancora (come conoscenza) i meno noti aguglia, alaccia, lanzardo, dei quali i nostri mari sono ricchi, rappresentano il pescato più fornito di “omega 3”. L’idea di individuarli correttamente e
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ancor più una certa difficoltà nel pulirli e prepararli per un piatto appetitoso fanno sì che tutto s’inceppi di fronte a ormai noiosi appelli sul loro impiego. Basterebbe fare due passi nelle mense scolastiche per rendersi conto di quanto fritti e congelato hanno la meglio. Una chimera che non gode della volontà necessaria e del business, neppure così esoso in definitiva, affinchè questo gustoso alimento possa essere servito in tavola e apprezzato nei suoi autentici valori nutrizionali.•
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Protagonisti food
Marco Scarpa
In questa pagina: lo chef friulano Andrea Berton; nella pagina a fianco: Spalla di agnello da latte arrosto, porro, aglio nero.
Nella Milano che cresce, lo scatto di Berton 26
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di Alberto P. Schieppati
Nel menù Tutto Brodo emergono il talento di Andrea e la sua capacità di rispettare la materia. Quarantasettenni compiuti a maggio, la prima stella Michelin Andrea Berton la conquistò non ancora trentenne, nel suo Friuli, per tornare poi alla corte di Gualtiero Marchesi, dove nel 1989 era iniziata la sua carriera, successivamente costellata di esperienze “memorabili” presso celebri chef del calibro di Mosimann’s a Londra, Annie Feolde Pinchiorri a Firenze, Alain Ducasse al Louis XV di Montecarlo. Dopo l’esperienza friulana di Colloredo di Monte Albano (19972001) e la successiva ripresa di collaborazione con il Maestro, Andrea è sempre a Milano ma non certo in un posto qualunque: infatti , nel 2005, lo troviamo da Trussardi Alla Scala, nel cuore della città. Di nuovo, la prima stella nel 2008 e, l’anno dopo, la seconda, a ribadire il talento, il carisma e la tenacia dello chef friulano. Un’esperienza che si conclude nel 2012, quando Andrea decide di dedicarsi ad attività di consulenza, culminate con lo sviluppo di progetti imprenditoriali di profilo elevato. È di quell’anno l’apertura del Pisacco, in via Solferino a Milano e, a pochi metri, del Dry, un ristorante sottotitolato Cocktail & Pizza, divenuto in breve tempo un riferimento indiscusso della città. Chef, imprenditore, uomo caparbio e deciso, ma attento e sensibile ai movimenti e alle tendenze in atto nella società, nel dicembre 2014 Andrea Berton ha poi coronato il suo sogno (neanche troppo) segreto: dopo avere studiato a lungo location giusta e formula coerente, Andrea ha aperto il suo ristorante, con il suo nome, in una delle zone icona del rinnovamento metropolitano, in quell’area un tempo denominata “Ex Varesine”, recentemente trasformata in un simbolo della rivoluzione urbanistica di Milano, tra Piazza Repubblica e il cosiddetto Centro Direzionale. L’ampia sala del locale, in via Mike Bongiorno 13 (www.ristoranteberton.com), è governata da un professionista di razza, Lorenzo Sica, sommelier e restaurant manager, che la sa lunga su come accogliere il cliente. Un servizio di sala attento, non liturgico ma essenziale: quasi amichevole seppur non confidenziale (giammai). Di fronte, la grande cucina (volendo si può prenotare il Tavolo dello Chef), creata ad immagine e somiglianza di Andrea, un luogo in cui una brigata impegnata fino allo spasimo produce il meglio di quanto l’inventiva di un professionista come Andrea possa concepire. E qui si libera il suo genio, solido e strutturato, al riparo da voli pindarici, frutto
di una cultura profonda supportata da altrettanto italiana che fa scuola nel mondo. Chi mi legge sa rigore. In questo spazio nascono i grandi piatti che che non sono incline ai facili entusiasmi, ma che -vicaratterizzano in modo assoluto una linea di cucina ceersa- sono capace di infiammarmi quando trovo la senza uguali. Qual è l’aspetto fondamentale della tua consonanza totale fra le mie aspettative e il piatto che cucina, chiedo ad Andrea “In sintesi, la definirei IMho davanti. Nel caso di Berton questo accade, e lo MEDIATA, risponde senza esitazione, perché ritengo scrivo senza ingenua meraviglia ma con l’esperienza che i miei piatti non abbiano troppe sfaccettature, ma di chi prova centinaia di cucine ogni anno, da quelle siano diretti, chiari, appunto, immediati”. La definidi chef stellati a quelle di oneste trattorie o di ristozione mi piace e la trovo ben adeguata ai piatti che rantini sparsi (e talvolta spersi) sul territorio. Il menù ho degustato, in una “pausa pranzo” di grande vadel ristorante Berton è memorabile, a cominciare dallore, che ha avuto l’effetto di farla Patata con crescione e caviami innamorare nuovamente della le Calvisius Siberian Royal, fino cucina di Andrea, dopo essermi ai Gamberi rossi di Sicilia crudi “Sostanza nel un po’ -come dire- defilato, forse e cotti, amaranto croccante, olio attirato e incuriosito dalle tante di olive taggiasche e sorbetto alla piatto, insieme a novitá (Dry in primis) o riconferbarbabietola. Fra i primi, cito soesecuzioni perfette, me che interessano l’alta ristoralo i Rigatoni, ma ionese al prezzezione, di Milano e non solo. Pocozze e fasolari, e il Risotrendono l’esperienza molo, trei definire il mio “un ritorno sui to con gambero crudo e corallo straordinaria, miei passi” o, più elegantemente, di crostacei;fra i secondi la irriun desiderio di verificare un’evopetibile Spalla di agnello da latmemorabile” luzione di cui tanto si è parlato, te arrosto, porro e aglio nero, un ma forse non ancora abbastanpiatto che non si dimentica per za. Che dire dunque? La cucina la succulenza assoluta e l’equidi Andrea Berton è formidabile, per selezione delle librio fra gli ingredienti. Ma è nel Menù Tutto Brodo materie prime, per sedimentazione culturale di espeche si esprime l’evoluzione della cucina di Andrea: rienze e conoscenza, ma soprattutto per quella sua una serie di proposte (nove in carta) che esaltano le capacità di essere immediata, come dice lui, diretmaterie prime e ne mettono in risalto le grandi postamente percepibile nella pienezza dei sapori, nella sibilità oltre che la versatilità di utilizzo. Dal Brodo composizione del piatto, nella capacitá di trasportarti di grana Padano, spaghetti di patata e pepe, scalodentro al piatto e di farti comprendere il lavoro gno e scorzone, al Brodo di pomodoimmane che ci sta dietro. Qui sta la granro, melanzana alla brace, crema de marcia in più di Andrea, che non al basilico, fino allo straordiesito a definire uno degli chef più nario Brodo alla verbena, rappresentativi della new wave anatra di Nantes, caro-
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Protagonisti food In questa pagina a lato: Lorenzo Sica, sommelier e restaurant manager; sotto: Andrea Berton insieme alla sua brigata; le tipologie di pane: bianco di lievito madre, sfogliato con olive nere taggiasche, quadrati al mango e grissini.
mette Berton. Gli ingredienti e le materie prime devi possedere per utilizzare a meglio, senza ripetere in modo pedissequo piatti già visti e senza rischiare banalizzazioni”. Ci puoi spiegare meglio il senso di questa necessità di conoscenza che ritieni necessaria per l’evoluzione della cucina? “Direi che Massimo Bottura evidenzia molto bene questa capacità: nel caso specifico, ha raggiunto i vertici attuali grazie anche alla sua profonda conoscenza della materia, alla sua padronanza dei piatti della tradizione più autentica, nell’avere il domino assoluto delle tecniche. Qui sta la grandezza di Massimo e il suo ruolo di esempio per tanti giovani: per questo Massimo rappresenta un
ta viola, corniole e nocciola, è una sequenza unica di piatti di estrema raffinatezza, pur nella immediatezza gustativa e nella sostanziosa, non evanescente, concretezza. Una cucina, quella di Andrea, altissima e accessibile, personalissima e caratterizzata, grazie anche alla meticolosa e certosina scelta delle materie, certo, ma anche alle tecniche più evolute e, perché no, al rispetto del concetto di tradizione considerato nella sua diacronica evoluzione. Già, la tradizione... “Devi conoscerla bene per poterne fare un atout, am-
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esempio eccellente di alta cucina contemporanea: perché dietro alla sua modernità c’è l’assimilazione profonda dei valori che stanno alla base dell’evoluzione stessa della cucina”. Lascio Berton soddisfatto e mi riaffaccio sul flusso di manager e segretarie che camminano veloci, quasi distratti, fra i palazzi di Porta Nuova, quelli che hanno cambiato il volto della città. Un po’ come la cucina di Andrea che, impossibile negarlo, ha segnato una svolta nella ristorazione di questa città in eterno movimento.•
PURA LEGGERA
ACQUA
PLOSE Dalle Dolomiti dell’Alto Adige, Patrimonio Naturale dell’Umanità, nasce un vero gioiello della natura: Acqua Plose. Grazie al residuo fisso di soli 22 mg/l e al pH identico a quello dell’acqua intracellulare, Acqua Plose offre il gusto cristallino della leggerezza, abbinandosi perfettamente ai migliori piatti della cucina tradizionale e internazionale.
Fonte Plose spa via Julius Durst 12 39042 Bressanone (BZ)
www.acquaplose.it
Protagonisti food
Acanto, con Buffolino aria di innovazione di Maurizio Bertera
Bravo il nuovo chef Alessandro Buffolino, ricco di esperienze in Italia e Francia (Iaccarino, Guerard e altri). Ci sono monumenti e monumenti, in ogni settore. Quelli della ristorazione non di rado soffrono più di altri al passare del tempo e l’accelerazione degli ultimi anni – dove si aprono locali di ogni tipologia e in ogni angolo – ne ha messi in crisi parecchi. “C’è solo un modo per non diventare un monumento fine a se stesso, di cui si parla sempre al passato: non stare mai fermi, fare e disfare, cercando di migliorare ogni aspetto di una struttura” spiega Ezio indiani, general manager dell’Hotel Principe di Savoia e leggenda vivente per chi si occupa di hotellerie a cinque stelle. Nel perenne fare e disfare del ‘Principe’ – come lo chiamano con affetto i milanesi storici e acquisisti – un posto sempre più importante è rivestito dall’Acanto, il ristorante interno, che ha comunque un ingresso indipendente. Un ambiente di grande eleganza, in quello stile caldo e accogliente,
che conquista i neofiti – molti stranieri – e rasserena i tanti fedeli: a pranzo per uno-due piattini e a cena per un’esperienza completa, sfruttando anche l’ottima cantina con 600 referenze (“e 27 verticali di grandi vini’ sottolinea Mara Vicelli, sorridente head sommelier). Dallo scorso anno c’è stato un cambio in cucina: l’esperto Fabrizio Cadei rimane executive chef del Principe di Savoia mentre a guidare la brigata dell’Acanto è arrivato Alessandro Buffolino, giovane beneventano con indubbia esperienza visto che ha lavorato corte di grandi come Alfonso Iaccarino (al Baby dell’Aldrovandi), Pierre Orsi e Michel Guerard. presso Eugenie Les Bains nelle Landes: uno dei padri della cucina francese e della novelle cuisine che sicuramente ha insegnato non poco a Buffolino. Rientrato a Roma, alla Terrazza Eden, nel 2012 porta un mattone importante per la conquista della stella Michelin alla brigata guidata da Fabio Ciervo. Nel 2014 ha partecipato al concorso “Chef emergente”, in cui viene eletto miglior chef under 30 del centro Italia. Un giovane di indiscusso talento per una sfida non facile: Buffolino si sta cimentando nella capitale del food, dove si trova a confronto con tanti bravissimi colleghi. La sua è una cucina personale, incrocio delle diverse esperienze. “I prodotti sono tutti italiani, ma a parte alcuni piatti ri-
In questa pagina: l’ingresso del ristorante Acanto; l’affascinante veranda che permette la vista del giardino; nella pagina a fianco: lo chef Alessandro Buffolino; Crudo di gamberi di Mazara del Vallo cetriolo zenzero e chips nera.
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visitati come la Cacio e Pepe non mi sento molto legato alla tradizione – spiega Buffolino – perché mi piace esplorare nuove frontiere, servendomi della tecnica, soprattutto quella appresa in Francia”. Allo chef campano le idee non mancano, come si vede già nel lunch interpretato come La Tavolozza dello Chef: pri“Ezio Indiani, mo, secondo e contorgeneral manager del no in un’unica portata a scelta, a base di carprestigioso hotel ne o pesce. I fuochi di artificio sono riservati milanese, conferma alla cena, disponibiche la ristorazione le sette giorni su sette (encomio, anche se doè un punto fermo vrebbe essere scontato dell’offerta” in una grande città ma non lo è ancora). Tra gli antipasti spiccano l’uovo bio, stracciata di bufala, patata viola e tartufo nero estivo; il foie gras, mango e pepe verde; il tonno rosso, anguria, dragoncello e basilico. Nei primi piatti, la cucina si batte bene con la pasta secca (Spaghettone quadrato De Cecco, aglio, olio, peperoncino e lupini di mare) come con quella ripiena (ravioli, porcini, burrata, pomodoro giallo e asparagi di mare) e il risotto (con finferli, scampi e latte di cocco). Carni e pesciviaggiano a pari dignità nei secondi piatti: al diaframma di manzo, patate, terrina di verdure e jus all’aceto risponde l’astice al fumo, carota, frutta esotica e yuzu; all’ottimo agnello in crosta con vegetali baby, spinacini e jus alla liquirizia fa da contraltare la triglia, plancton marino, insalatina e cumino. Quanto ai dolci si spazia dai classici visti con un occhio innovativo come il Tiramisù con Bailey’s e fondente al 70% o pensati per un contrasto felice come lampone e
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Protagonisti food In questa pagina: la sala interna del ristorante; Paccheri cacio e pepe con ricordo dell’ossobuco; Tiramisù al Baileys con cioccolato 70%.
caffè Arabica. E la piccola pasticceria non delude le attese dei golosi. Come si vede siamo lontanissimi dal concetto di cucina internazionale che resta presente in alcuni hotel della Dorchester Collection. Alessandro Italiano, nuovo F&B manager approdato dopo varie esperienze per il mondo, non nasconde l’obiettivo. “Abbiamo già livelli di qualità elevati ma li vogliamo alzare ancora – spiega – l’Acanto del Principe di Savoia si deve aprire sempre di più a Milano, diventando il fiore all’occhiello della struttura e dell’intero gruppo”. Detto che il servizio è preciso senza essere pomposo o incombente – guidato dal restaurant manager Alessandra Veronesi – è giusto ricordare il tocco finale, a cena: chi si ‘compone’ il degustazione scegliendo le proposte dalla carta, riceve una pergamena siglata dallo chef con i piatti assaggiati. Anche questo è ‘Principe’.•
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Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Napoli, Firenze, Verona, Venezia; nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera e nelle edicole Hudson News degli aeroporti di Malpensa, Linate e Stazione Centrale di Milano.
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Cover Story
Maison Pommery arriva Clément Pierlot di Alberto P. Schieppati
Clément Pierlot è il nuovo Chef de Cave di Vranken-Pommery. Un professionista di grande valore ed esperienza, con un progetto ambizioso. Reims, inizio settembre. Oltre 100 giornalisti provenienti da tutto il mondo hanno letteralmente invaso Maison Pommery per accogliere una notizia molto importante, comunicata da Monsieur Paul-Francois Vranken e da sua moglie Madame Nathalie, che, dalle premesse, è destinata a rafforzare ulteriormente il posizionamento di Pommery nel mondo, a cominciare proprio dalla incessante evoluzione qualitativa che la Maison, fondata nel 1836 da Madame Pommery e guidata dalla straordinaria coppia Vranken, imprime con coraggio e audacia alla propria mission imprenditoriale. La notizia del giorno, ripresa da agenzie e mezzi di stampa, è che Vranken-Pommery ha un nuovo Chef de Cave, nella persona di Clément Pierlot, il decimo enologo che si sussegue
rector Sales Prestige, Direttore Commerciale della alla massima guida della Maison di Reims. Trentafiliale italiana della maison, di cui è anche Amminisettenne, figlio di agricoltori, Clément è da sempre stratore delegato e CEO, si prefigura come lo Chef appassionato di agronomia e di viticoltura. Carattede Cave della continuità ma anche del cambiamenrizzato da profonde conoscenze in materia e dotato to e dell’innovazione. Nel di un’attenzione estrema suo discorso di presentaverso l’ambiente, l’ecosizione, ha più volte sottotema che ruota intorno al lineato il valore del lavovino e ogni forma di bio“La visione, la passione, ro in vigna, elemento cadiversità, lo Chef de Cail savoir-faire di Madame talizzatore dell’attività del ve appena nominato sucteam che andrà a creare. cede a Thierry Gasco, in Pommery, che ha sempre “Sottolineare il valore dei Maison da oltre vent’anpuntato su grande qualità e terroir attraverso l’assemni e “chef” dal 1992 ad blaggio- ha più volte sooggi. A Gasco si deve, fra innovazione, rivivono nelle stenuto Clément. Lavoral’altro, il merito di avestrategie della Maison” re la vigna con l’obiettivo re sempre mantenuto ai di ottenere l’uva migliore, massimi livelli l’identità sottolinea Paul-Francois rispettandone la qualità e lo stile Pommery, increVranken, a capo del Gruppo attraverso tecniche enomentandone, se possibilogiche precise al fine di le, la qualità, grazie anche ottenere la massima puall’introduzione di nuove rezza del vino. Inoltre, laetichette come l’Apanavorare sul concetto di marca adattandola ai tempi ge Rosé, il raro e pregiato Clos Pompadour e il Brut senza necessariamente rivoluzionarla: semmai, la Apanage Prestige. Clément Pierlot, introdotto alla vera mission è di porre la propria sensibilità al serstampa italiana da Mimma Posca, International Divizio del savoir-faire secolare della Maison”. Dopo i saluti di Paul-Francois Vranken, che ha indicato la strada maestra della Maison di Reims e ne ha sottolineato la forza, Clément ha ribadito il valore della squadra, che è al centro del suo progetto: ‘Federér pour protéger’, ovvero consolidare un team di professionisti appassionati e determinati, capaci di mettere a frutto anni di esperienza e di conoscenze”. Dopo aver completato gli studi secondari in Sciences de la Vie et de la Terre a Reims, Clément Pierlot nel 1999 entra a SuperAgro di Montpelliér dove completa gli studi in Agronomia e Enologia per poi proseguire con esperienze professionali in Québec e in Italia. Nel 2002 consegue il Diploma nazionale in Enologia, dopo una straordinaria esperienza di ricerca sulla pressatura champenoise al Comitè Champagne. Qui lavora a uno studio di ricerca sul ruolo dell’ossigeno in enologia, diventando capoprogetto della ricerca. E’ proprio nel corso di questa attività che entra in contatto con le più prestigiose Maison di Champagne, tra cui Pommery, Maison della qua-
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In questa pagina: Mimma Posca con ClĂŠment Pierlot.
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Cover Story le si innamorerà, entrandovi a farne parte in seguito. Solo due anni dopo, nel 2004, troviamo infatti Pierlot nella carica di Directeur de Vignobles per il Gruppo Vranken-Pommery, all’età di soli 24 anni. Sino ad oggi, data del suo insediamento nella nuo-
In questa pagina: Mimma Posca con Heinz Beck a Roma Fiumicino; nella pagina a fianco: Mimma Posca e Thierry Gasco con gli chef Francesco Cerea, Carlo Cracco e Davide Oldani; infine, Julien Dumas e il responsabile eventi di Lucas Carton.
Tutti gli Chefs De Caves dal 1938 ad oggi 1. Damas Olivier: da 1838 a 1872 Inventore del Brut Nature 1874 2. Victor Lambert: da 1872 a 1892 3. Urbain Nourry: da 1892 a 1905 4. Henry Outin: da 1906 a 1929 5. Marius Poirier: da 1929 a 1950 6. Renaud Poirier: da 1950 a 1957 7. Paul Françot: da 1957 a 1971 8. Prince Alain de Polignac: da 1971 a 1992 Inventore della Cuvée Louise Brut e Rosé, Apanage 9. Thierry Gasco: da 1992 a 2017 Inventore de Les Clos Pompadour, Pop, Blue Sky, Seasonals, Cuvée Luise Nature 10. Clément Pierlot da 2017
va carica, Clément ha consentito ai 250 ettari della Maison di raggiungere risultati molto importanti, grazie alla sua guida appassionata e alla sua capacità nel motivare un team agronomico formato da 43 persone. Nel 2010 entra fattivamente a far parte del team di degustazione degli Champagne Vranken e tre anni fa, nel 2014, comincia a lavorare al pro-
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getto di sviluppo enologico sia in Champagne che in Inghilterra. Infatti, ai vigneti sotto la sua supervisione bisogna aggiungere anche i 40 ettari delle prime parcelle di Pinglestone, in Hampshire. La passione e la tenacia di Clément Pierlot sono del tutto in linea con il coraggio e la vision complessiva del Gruppo Vranken-Pommery Monopole, secondo produtto-
re mondiale di Champagne, con un portafoglio che comprende i brand Vranken, Diamant, Demoiselle, Charles Lafitte, Monopole Heidsieck & Co. Inoltre, il Gruppo vanta proprietà nel sud della Francia, in Provenza e Camargue, dove è leader nella produzione di Rosé con i marchi Chateau La Gordonne e Domaine de Jarras ed anche in Portogallo, nella zona del Douro Superiore, con i prestigiosi marchi Rozés, Terras do Grifo e San Pedro des Aguias. L’evento di Reims ha visto la attiva partecipazione e presenza di chi, in Italia, lavora con tenacia al corretto posizionamento dei marchi del Gruppo Vranken-Pommery: Mimma Posca, International Director Sales Prestige, Amministratore delegato e CEO Pommery Italia, nonché Direttore commerciale della filiale italiana, ha sottolineato con la sua presenza il ruolo fondamentale del nostro Paese nelle strategie internazionali del Gruppo. Mimma Posca ha sempre lavorato per rafforzare il legame fra lo Champagne e il mondo dell’ospitalità e della ristorazione di qualità, operando sul fronte di una nuova percezione di prodotto. “Lo Champagne porta con sé l’unicità di trasformare qualsiasi momento, sia ludico, gastronomico o conviviale, in vera e propria esperienza sensoriale, perché nel proprio dna contiene il potere seducente della gioia, che lo ha reso mito prima che vino di eccellenza. Nessuna bevanda al mondo porta con sé un potere evocativo così forte”. “Il nostro presidente Paul Francois Vranken, ama ripetere che lo Champagne è uno stile di vita: questa frase, apparentemente banale, racchiude un siginficato verissimo. Chi beve Champagne rivolge attenzione ai dettagli, alla cultura del bien vivre, alla ricercatezza”. Non a caso, Mimma Posca sottolinea concretamente, con la sua attività quotidiana, la necessità di rafforzare i legami con i professionisti della migliore offerta di ristorazione. La collaborazione con Davide Oldani, con Carlo Cracco, con Heinz Beck, solo per citare
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alcuni degli Chef più celebrati, ha proprio la funzione di rafforzare il legame fra Pommery e la ristorazione, in consonanza con la mission della Maison, che “ha sempre considerato lo Chef del ristorante allo stesso livello dello Chef de Cave: entrambi sono promotori di esperienze e educatori del palato dei consumatori”, sottolinea Mimma Posca. La recente acquisizione del ristorante stellato parigino Lucas Carton, un tempio dell’alta cucina, guidato per anni dal mitico Alain Senderens, tristellato Michelin, è la conferma di questa attenzione superlativa all’universo gourmet. Non a caso, il Buffet Vendange durante la giornata di fine vendemmia in cui è stato presentato Clément Pierlot, è stato magistralmente curato dalla brigata del Lucas Carton. •
Protagonisti food
La trota interpretata da Marco Sacco Lo chef del Piccolo Lago di Mergozzo, due stelle Michelin, continua nella sua ricerca sulle materie prime.
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di Giovanna Moldenhauer Un incontro con Marco Sacco a Identità Golose è stata l’occasione per chiedergli di trasmetterci il suo concetto del Piccolo Lago, ristorante dal contesto estremamente scenografico nel suo affacciarsi sul lago di Mergozzo, dove il gioco di luci, nel suo cambiare durante il giorno, pone in risalto l’ambientazione elegante che mette a proprio agio gli ospiti. “Il Piccolo Lago – ci racconta Marco dopo lo show cooking – è casa mia e quindi c’è sentimento, amore, è un po’ un luogo dove accogliere l’amico che ti viene a trovare. La sua “Il pesce di lago al struttura è uno chalet mansardani, 10 Piatti” da la possibilità di to, su una palafitta – pensata e centro di un recupero assaggiare hit come “l’Anguilla”, fatta realizzare da un architetto la “Pasta e Fagioli a modo mio”, e di una proposta di Milano negli anni sessanta – e il “Flan di Bettelmatt”, la “Tartada subito diventata un ristoranche vuole superare i re in Brodo”, la Griglia dello chef, te. Ricorda le case in Vietnam l’immancabile “Carbonara au koluoghi comuni” e penso che sia attuale ancora que” e tante altre opere culinarie adesso ! Lì i miei genitori sono che hanno fatto storia. Non manarrivati nel 1974, 43 anni fa, e cano dessert iconici come “Tiranel corso del tempo hanno fatto misù Presente, Passato, Futuro” le loro modifiche e restauri. Poi sono arrivato io e ho e il cult del 2016 “Fieno”, dolce al cucchiaio che cambiato ancora tutto, volendo fare un po’ il figo in imprigiona in bocconi perfetti l’essenza dell’estacucina ! In seguito ho inserito la mia navicella spate e i suoi profumi. “E’ un racconto – ribatte Marco ziale, giocata sulle trasparenze, schermata da grandi – di questi 10 anni della mia vita professionale. In vetrate che pare inserita come una costola nel Piccoognuno dei piatti che compongono il menu si trovalo Lago. Quello è il mio regno, il mio laboratorio dove no tanto territorio, tanto pesce di lago protagonista passo praticamente giorno e notte a sperimentare”. nel piatto “Trota” che ho presentato in abbinamento La riapertura del ristorante, avvenuta il 1 marzo, ha allo champagne Ruinart Rosé a Identità di Chamvisto la conferma dei piatti più importanti basati sulla pagne e che mi ha valso il soprannome di Chef di stagionalità e il reperimento degli ingredienti. Marco acqua dolce”! Lo champagne con un dosaggio di sottolinea “La mia filosofia è dire alle persone che 8 grammi litro è ottenuto da Pinot Noir Premier Cru vengono al mio ristorante di fidarsi di me, chiedendel 2014 al 55%, da Chardonnay Premier Cru della dogli semplicemente quanti piatti vogliono mangiare. vendemmia 2013 per la restante parte di cui il 20% Poi comincia il viaggio, e non è la meta che conta, per comporre la cuvée ideale è costituito da vini di ma le emozioni che si provano durante il percorso”. riserva del 2011 e 2012. Essendo poi un Rosé d’asInfatti le proposte del Piccolo Lago sono composte semblage ha nella composizione dell’assemblaggio dai menu creativi “Curioso ma…non troppo, 5 storie” un 18-19% di Pinot Noir vinificato in rosso in modo accompagnato da 5 cose da bere, “Già che ci siatale da non essere tannico, ma leggero ed eleganmo, 8 uscite” con 6 cose da bere, “Mi tuffo dentro, te. La tonalità corallo brillante è ottenuta in parte 11 opere” con 8 cose da bere che rappresentano la da una macerazione di cinque-sei giorni durante la formula codificata del Piccolo Lago. Già al momenvinificazione che dona una bella pulizia e sapore al to della prenotazione lo staff ascolta i desideri degli tempo stesso. Il naso sfaccettato passa da profumi ospiti così da creare per loro un percorso su misura di piccoli frutti rossi, agrumi, poi spezie orientali e nell’alta gastronomia. Inoltre per festeggiare il trazenzero. In bocca ha un palato ricco, polposo, ma guardo significativo dei 10 anni, sotto il segno della anche piacevolmente acido, leggermente tannico, doppia stella Michelin e per venire incontro a tutti persistente, con un finale di ciliegia. Elegante è percoloro che amano la cucina come momento di emofetto con il piatto di Marco Sacco. zione e sorpresa, lo chef del Piccolo Lago ha pensaRaccontando dello suo show cooking lo chef afferma to a un nuovo menu capace di ripercorrere le tappe “La trota è la regina del lago. Ne amo la consistenza più significative. La nuova proposta in carta “10 Andella carne e il suo sapore morbido e dolce. E’ un
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Nella pagina a fianco: lo chef Marco Sacco; in questa pagina: il piatto da lui creato, ovvero Trota cotta su prato di crescione con ribes, piselli e asparagi crudi.
pesce della famiglia dei salmonidi che ha bisogno di estrema cautela nella cottura e che se preparato nella giusta maniera, non ha nulla da invidiare alle specie ittiche marine, anzi. Le sue molecole nel caso di temperature troppo alte si restringono dando poi nell’assaggio una sensazione stopposa. Riprendendo la metafora del viaggio, tema quest’anno del congresso, mi sono appassionato a ciò che mi circonda, all’acqua del lago. Ho studiato e approfondito gli elementi di questo meraviglioso microcosmo, fino a farli diventare protagonisti dei miei piatti. Per il piatto l’abbiamo abbinata al fresco vegetale dato dalle fave appena sbollentate, al germoglio di pisello e al crescione frullato con il pane. Poi ho aggiunto una nota dolce acida data dal burro e dalla panna di montagna sfumati con lo champagne, del ribes acidulato con aceto di mele. La trota essendo un pesce d’acqua dolce non ha iodio e quindi ha bisogno di essere sostenuta da una nota acida”. Concludiamo la nostra chiacchierata con Marco parlando dei suoi frequenti viaggi in Oriente e non solo che immaginiamo hanno influenzato tuoi piatti. “Dopo 40 anni ho fatto un percorso e ho conosciuto, oserei dire tutto, della cucina italiana compreso le mode, le trasformazioni. Per questo mi sento un po’ allenatore di giovani talenti e cuochi che spesso fanno parte della mia brigata. Dai viaggi mi faccio ben volentieri contaminare, per impossessarmi di tecniche e metodi di cottura che mi danno e mi hanno dato spunto per creare, nel tempo, nuovi piatti per il Piccolo Lago”. Concludendo poi “Seguo Artù da tanti anni. E’ cambiata e la trovo ancora più bella. Senza dubbio è una rivista tra le più rispettate e rispettabili nel nostro mondo”. Il Piccolo Lago è aperto a pranzo e a cena da giovedì a domenica, mercoledì solo a cena, lunedì e martedì giorni di riposo. Una buona notizia per gourmet seriali e buongustai occasionali che vogliano concedersi i percorsi culinari dello chef anche nei giorni infrasettimanali.•
Protagonisti food
Il metodo è tutto Parola di Camanini di Maurizio Bertera
Lido 84 rappresenta un vero e proprio sistema di lavoro, acuminato e preciso: talento al primo posto, ma anche attenzione ai dettagli e report precisi sulla soddisfazione di ogni tavolo. Non esistono regole universali per un locale, soprattutto in un Paese come il nostro dove solo pensare a dei codici scritti o a delle norme precise, fa sorgere la voglia prepotente di anarchia, talvolta non condannabile vedendo chi decide. Tornando alla ristorazione, dietro il successo c’è un metodo che può essere classicissimo o rivoluzionario, tutto in mano a un front-man o frutto di un gruppo monolitico. In questo senso, una delle storie più interessanti degli ultimi anni è rappresentata da Lido 84, il locale di Riccardo Camanini, che in tre anni ha conquistato i vertici delle guide specializzate e il favore del pubblico, non solo quello gourmet, che si mette pazientemente in lista d’attesa per sedersi nelle sale – o nello stupendo dehor ‘nel Garda’ - del ristorante a Gardone Riviera. Non ci dilunghiamo sul curriculum di Ricky – due anni e mezzo all’Albereta, tanta Francia, 16 anni di Villa Fiordaliso alternati a stage di altissimo livello – né parliamo dei piatti che hanno colpito pure illustri colleghi, fra tutti Ducasse rimasto incantato dallo Spaghettone burro e lievito. Molti non hanno capito che tra le mura e il lago, è nato un Sistema, non facilmente replicabile (in qualche elemento, diremmo impossibile) ma con tanti valori degni di riflessione ed encomiabili. Dire che tutto parte da Camanini suona banale ma è evidente che al pari di Oldani – diverso nel carattere, più ‘milanese’ e imprenditore, ma con la stessa fissazione del gruppo – si parte dal leader, talentuoso ma umile al punto di ammettere come premessa che “il nostro metodo non funzionerebbe con più coperti” . Ci piace citare un giudizio di Andrea Petrini, scritto su Identità Golose, ai tempi
il cui il ragazzo di Lovere gestiva un meccanismo complicato (ristorante gourmet, banchetti interni e servizi esterni) come Villa Fiordaliso. “Discreto. Erudito. Incompreso. Tre aggettivi che vanno a pennello a Riccardo Camanini. E che spiegano forse perché, di tutti i Marchesi Boys, è il solo a occupare poco o mai le luci della ribalta. Eppure c’è del poeta nel Camanini, nel suo sapiente rispetto dei prodotti, nel mai saccente dispiegamento della tecnica che, oltre a far faville, rispetta la parte di mistero di ogni piatto. E che freschezza, che nitore del gusto nei suoi piatti”. Bersaglio centrato, con largo anticipo sulla primavera 2014, stagione di apertura di Lido 84. E lo diciamo a Ricky. “In verità, il vero bersaglio era aumentare la forza lavoro – spiega, sorridendo - dai sette ragazzi del primo servizio siamo passati a diciotto, di cui sedici assunti. E i due stagisti, che restano da quattro a sei mesi, sono pagati oltre ad avere vitto e alloggio a nostro carico. L’altro aspetto per me fondamentale è che siamo arrivati a questo risultato, meglio ancora al metodo, facendo un passo alla volta, rispondendo alle necessità del locale. Nessun salto nel buio”. In questo, il contributo dell’efficiente e solare fratello Giancarlo, strappato al lavoro in una multinazionale, è stato fondamentale. Da socio e braccio destro – per la cronaca – è diventato anche un bravo direttore di sala. Al Lido 84, il concetto di squadra passa attraverso il sorriso e canoni ferrei. Per esempio tre briefing al giorno: alle 12.20, alle 19.20 e dopo cena. “A fine servizio, voglio sapere tutto quello che è successo, tavolo per tavolo. Come succedeva al Bulli, ogni cliente ha il suo mini-dossier: cosa ha mangiato, i giudizi e eventuali idiosincrasie. È un passo importante nella fidelizzazione dei clienti, un concetto vitale per un piccolo ristorante come il nostro. E dalle 10.30 alle 11.30 facciamo una riunione di formazione per controllare la giornata” spiega Camanini. Poi la totale intercambiabilità: ognuno passa un mese e mezzo in ogni partita, dagli anti-
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Nella pagina a fianco: lo chef bergamasco Riccardo Camanini; Anguilla alla brace con sidro, mela e finocchietto; in questa pagina: la brigata al lavoro in cucina; Spaghettone burro e lievito di birra.
pasti alla pasticceria. Così, in caso di emergenza, nessuno è impreparato e l’equilibrio rimane stabile, anche perché il nucleo è abbastanza fisso.“ Noi assumiamo ma chiediamo una ferma minima di due anni. Perché a me, per capire bene Marchesi, ne sono occorsi tre. Le permanenze lunghe danno più regolarità alla cucina e ai cuochi la possibilità di intendere a fondo tutto quello che facciamo” Non bastasse ai ragazzi, è chiesta una presenza saltuaria in sala, tendenza sempre più presente a livello internazionale. “Lo ammetto: è stata una scelta figlia della necessità visto che iniziammo “Il leader con due soli camerieri e 40
è importante ma il gioco di squadra deve essere dominato da rigore, stile ed obiettivi condivisi. Solo così si raggiunge il top”
coperti. Non bastavano. Il vantaggio è che, in questo modo, il cuoco può vedere come il cliente si relaziona a un piatto che lui stesso ha cucinato: un passo avanti dallo schema classico, una scelta che a mio avviso rende più liberi e completi. Quest’intercambiabilità mi piace così tanto che vorrei che ogni ragazzo di sala stesse una settimana al mese in cucina. E, nello stesso periodo, che il cuoco si occupasse unicamente della sala, dal cambio dei fiori allo stiramento della tovaglia”. E poi si studia, nel senso che l’immancabile cahier – dove c’è scritto tutto ma proprio tutto di quanto bisogna fare al Lido 84 – non è un volumetto di rito (“Come succede in tanti altri ristoranti” sottolinea Camanini) ma la base per i costanti workshop di controllo dove ci si interroga ad alta voce sul timing o sugli errori tecnici. Un continuo, serio scambio di opinioni a cui non ci si può sottrarre: è il momento in cui si vede la preparazione del singolo e si migliora insieme. “Ma soprattutto si diventa più responsabili: il Lido 84, oltre ai ruoli classici come il controllo dei fornitori o il coordinamento in cucina, ne ha uno anche per le scadenze del magazzino e gli stracci. Ordine e pulizia fanno risparmiare del tempo: sembra una sciocchezza
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ma in una cucina come la nostra, è fondamentale non perderlo”. Il metodo Camanini all’inizio sconvolge i neofiti, tra l’altro nessuno arriva (è una scelta precisa) con esperienze di stellati. “Fanno fatica soprattutto a studiare, in Italia manca l’attitudine a imparare. Ma poi nel 99% dei casi, entrano a pieno regime in squadra, si sentono coinvolti nel progetto”. Coinvolgimento: altra parola sacra per il cuoco lacustre. “Se così non fosse, sarebbe impossibile mantenere la qualità e far quadrare i conti, perché li invito a far da mangiare bene ma anche a tenere sotto controllo i costi. Ci fissiamo un obiettivo concreto alla volta, l’ultimo è stato utilizzare in modo più lucido il detersivo per pulire la cucina: con il risparmio, ci siamo comprati un bimby”. C’è passione ed etica: tutti i ragazzi sanno quanto guadagna lo chef e quanto incassa il ristorante “Perché, se sono
Protagonisti food In questa pagina: Cacio e pepe cotta in vescica; la concentrazione della brigata; il torchio che troneggia in sala.
corretto coi miei dipendenti, diventa alta la possibilità che loro facciano lo stesso con me. E poi se da un lato pretendo tanto da loro, sono sempre qui: apro il locale all’alba preparando il pane e pulendo il pesce. Attività che mi rilassano e fanno pensare”. Non ci sono segreti, insomma. Anche nelle ricette: ogni stuzzichino o piatto servito al Lido 84 è archiviato in un grande database con foto, dosi esatte e procedimento. Le ricette sono tutte spedite man
mano via email a cuochi e camerieri. “In questi anni ho imparato che bisogna condividere sempre, mai custodire tecniche o idee”. La domanda finale è scontata, ma bisogna farla: lei si sente il maestro di una classe? “Non saprei o meglio potrò saperlo se qualcuno di loro, tra dieci anni, diventerà bravo e penserà a quanto ha imparato al Lido 84. Lavoro perché portino a casa un’esperienza utile per la loro professione. E poi sono sempre stato convinto che i giovani debbano avere solo delle linee guida, poi uscirà la loro libertà espressiva e la loro natura che può essere diversa da quella che si pensi: faccio l’esempio della mia segretaria, era in cucina e quindi è perfetta per capire le mie esigenze e quelle di un locale che conosce benissimo”. •
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Protagonisti food
Titti Qvarnstrom, la svedese stellata di Gualtiero Spotti
In Svezia è l’unica chef ad aver conquistato la prestigiosa stella. Un riconoscimento al suo stile di buon senso. Bionda, alta, occhi limpidi e qualche tatuaggio sparso sul corpo, Titti Qvarnstrom è l’unica cuoca svedese, e una delle pochissime se ci si spinge verso il Nord dell’Europa, ad avere stampato sulla sua giacca la prestigiosa stella Michelin. Un riconoscimento più che meritato e acquisito nel corso degli anni trascorsi a lavorare al Bloom In The Park a Malmoe, in un ristorante piuttosto curioso, localizzato all’interno di un parco cittadino e visivamente simile a una baita, almeno dall’esterno, perché poi, entrando si aprono due stanze lineari
e moderne con elementi di arredo quasi minimal. Qui Titti ha trascorso le stagioni recenti (dopo aver girato in lungo e in largo per l’Europa tra Repubblica Ceca, Danimarca e Germania), lavorando in una grande cucina nella quale ha mostrato le sue qualità muovendosi soprattutto dalle parti di uno stile di buon senso internazionale e con basi classiche, sia nell’uso della materia prima che nella scelta di tecniche e presentazioni al tavolo. Qualche francesismo certo non è mancato, e accade spesso quando si è a queste latitudini, in un menù dove figuravano poco un libro intitolato Malmoe puntualmente caviale, capesanCooking, dove va alla scoperta te, foie gras, ma anche Pata nedella cucina di questo impor“Titti si è messa gra e altri prodotti riconoscibili tante città della Scania svedecome di qualità superiore. se) sono un po’ cambiati e i in proprio e la sua Quei tempi però sono sempre piatti si sono progressivamencucina è cambiata: più legati al passato. Perché dal te spinti verso un approccio più 3 agosto Titti ha lasciato Bloom legato alla scelta di prodotti di ora predilige la In The Park e si è messa in prodel territorio, e a un materia prima locale” eccellenza prio, con l’ambizione di aprire legame sempre più stretto con a breve un ristorante (il nome la materia prima locale, da vadovrebbe essere Allium, ovvero lorizzare e da portare in tavola. aglio in latino) dalle parti dei Soprattutto per quanto riguardocks che si trovano alle spalle della stazione da le erbe, le verdure e i prodotti del bosco, che qui dei treni di Malmoe, non troppo lontano da certo non mancano. Sarà che da qualche tempo, un altro ristorante interessante, il Saltiminsieme a un gruppo di amiche, Titti ha pensato porten di Ola Rudin e Sebastian Persdi impegnarsi nella realizzazione di alcuni “food son. Così la cucina e lo stile della camp” nelle foreste svedesi: vere e proprie giorcuoca (che ha anche realizzato da nate di “sopravvivenza” (noi ne sappiamo qualco-
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In questa pagina: la chef svedese Titti Qvarnstrom; nella pagina a fianco: 3 opere culinarie che si possono degustare nel suo ristorante.
sa…) da trascorrere in yurte mongole disseminate nei boschi cucinando i propri pasti e vivendo un’esperienza a stretto contatto con la natura, con Titti che aiuta a cucinare quando sopraggiungono le maggiori difficoltà (info alla pagina facebook Swedish Food Camp). Si tratta di giornate, e nottate, “Into the Wild”, che prevedono anche visite a farmers locali, alla scoperta di come si realizzano, ad esempio, il succo di rabarbaro e il pesto all’aneto, ma anche lunghe sessions ai fornelli cucinando meatballs o flatbread su fuochi all’aperto. Fortunatamente la mano allenata di Titti Qvarnstrom permette di superare le incognite poste in essere da partecipanti che spesso non sono abituati a muoversi tra i disagi inevitabili di una cucina improvvisata all’aperto o semplicemente non hanno mai vissuto l’esperienza da campeggiatori. Tornando invece alla giovane cuoca svedese, e in attesa di vederla all’opera nel nuovo ristorante, si presenta nei prossimi giorni l’opportunità di incontrare Titti Qvarnstrom per la prima volta in Italia, per una serata speciale prevista per martedì 3 ottobre, all’Hostaria del Relais San Lorenzo a Bergamo. Titti sarà ospite di Antonio Cuoco, il cuoco dell’Hostaria, che da un paio di anni organizza serate con stellati Michelin italiani e non (tra marzo e aprile del prossimo anno sarà la volta di altri due cuochi del Nord Europa, Michael Vrijmoed e di Sven Erik Renaa, rispettivamente dal Belgio e dalla Norvegia) con partner importanti come Norge (distributori in Italia di salmone, merluzzo e prodotti ittici norvegesi) e lo champagne Dampierre. Nel corso della serata Titti Qvarnstrom preparerà cinque piatti forse meno legati forse ai sapori della sua terra, ma certamente eleganti e di grande raffinatezza, con qualche tocco esotico e molto mare (Ostriche, soia e cocco; Capesante, cavolfiore, yuzu e dragoncello) oltre alla Carne di cervo con porcini, gnocchi di patate e noci. Una scelta di menu che permetterà di percepire in qualche modo la cucina appena lasciata a Bloom In The Park e di gettare qualche suggestione su come potrà forse essere quella di Allium, il prossimo ristorante di Titti Qvarnstrom. Come sempre in queste occasione Antonio Cuomo, il cuoco di casa, inizierà la cena con alcuni snack e la chiuderà con il dolce.•
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Protagonisti food
Massimo Moroni, la cucina urbana di Luisa Contri
Piatti della cucina lombarda e internazionale reinterpretati in modo originale Sono queste le principali novità che hanno consentito allo chef Massimo Moroni di rilanciare il ristorante di via dell’Orso 2 a Milano, locale che, negli ultimi cinque anni, aveva operato sotto il nome di Refettorio Simplicitas (si veda Artù 52). A fine dicembre scorso, dopo una breve chiusura per ristrutturazione, ha riaperto col nuovo nome Sette Cucina Urbana e con una nuova impostazione, concepita insieme al socio Clemente Tassello, che sembra proprio funzio-
nare. A nove mesi dalla riapertura, infatti, a pranzo, il ristorante viaggiava già sui 170-180 coperti al dì e a cena sui 40-70. E i prezzi sono più che abbordabili: mediamente 20 euro il business lunch e 4045 euro la cena, vini esclusi. «Sette Cucina Urbana», dichiara ad Artù Moroni, «si rivolge a una clientela che in parte conoscevo già. Alcuni nostri habitué sono miei ex clienti dei tempi del Don Lisander, il vicinissimo ristorante specializzato in cucina milanese di cui sono stato chef per 20 anni, prima di spostarmi per circa 24 mesi al Sei di corso Italia. Altri sono clienti nuovi. Ma sostanzialmente la gente che bazzica la zona è sempre la stessa: manager dei numerosi istituti bancari di questa parte del centro di Milano e agenti di Borsa. Diciamo che l’esperienza maturata al Don Lisander e anche al Sei ci ha aiutato a mettere a
punto una proposta rispondente alle esigenze del nostro target primario. Una proposta che comunque è gradita anche alla clientela straniera, che ci frequenta a margine di una visita alla Pinacoteca di Brera o perché viene ad assistere agli spettacoli del Teatro alla Scala». Rispetto alla gestione precedente, come anticipato, il Sette apre alle 7,00 del mattino quando serve colazioni all’italiana e internazionali presso il corner caffetteria all’ingresso del locale – regina del servizio è l’ampia scelta prodotti di pasticceria preparati giornalmente nel laboratorio sottostante dal pasticcere Ming Wang – e resta aperto fino alle 23,00. «Il servizio bar e l’annessa rivendita di pasticceria», spiega Moroni, «oltre a generare ricavi aggiuntivi, sono funzionali a far conoscere il ristorante a persone che non sarebbero diversamente venute a conoscenza della sua esistenza e che, soddisfatte, tornano poi anche per il pranzo o per la cena o anche solo per un aperitivo». Il Sette è aperto anche il sabato mentre normalmente è chiuso la domenica. «A dicembre», anticipa Moroni, «come già abbiamo fatto a maggio e giugno, terremo però aperto anche la domenica, così
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te, nella quale figurano anche piatti presenti nella gran car“Orario d’apertura te della sera, ma in versione lungo, dalla semplificata. Nell’ora di punta, quando nel locale arrivacolazione alla no contemporaneamente 70cena, servizio 80 persone, siamo in grado di servirle nel giro di 5-10 minuti rapido a pranzo e dal momento in cui ordinano, cucina aperta al sempre che non chiedano la pasta o il riso, che hanno i lopomeriggio” ro tempi di cottura». Anche le proposte di più veloce preparazione del business lunch non sono mai banali, si rinnovano con molta frequenza per non risultare ripetitive, neppure ai manager che pranzano al Sette 3-4 volte la settimana, e sono presentate con una certa cura. L’insalata di polipo, per esempio, è impiattata a tortino, a strati: patate, olive taggiasche, broccoletti per dar colore
da intercettare chi si dedica allo shopping natalizio e chi va alla Scala. Pensiamo di chiudere soltanto la settimana fra Natale e capodanno, oltre ai 15 giorni centrali d’agosto». Plus del Sette Cucina Urbana è il fatto che la cucina resti aperta ininterrottamente dalle 12,00 alle 22,30, forte di una brigata di 8-9 persone, contando anche il sous chef Bryan Estrella e il pasticcere. Dieci sono invece le persone in sala, incluso il barista e l’addetto alla rivendita di pasticceria. «Pochi ristoranti italiani danno la possibilità di pran-
zare o cenare al di fuori degli orari canonici», sottolinea Moroni. «Mentre all’estero è quasi la norma. E la clientela apprezza. Ne approfittano sia i manager trattenuti in riunione e che vengono a pranzare tardi sia i turisti arrivati in città solo a metà pomeriggio o che decidono di cenare presto prima di recarsi a teatro». il servizio è poi diversificato a pranzo e a cena. «I manager che ci frequentano per pranzo», specifica Moroni, «hanno poco tempo a disposizione. Offriamo quindi loro una carta business lunch con 18 porta-
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Nella pagina a fianco: lo chef Massimo Moroni; l’entrata del ristorante: Sette Cucina Urbana; Riso Carnaroli al plancton di mare con regina di Capasanta; Sfera fondente con tiramisù e ciccolato fondente.
al piatto, polipo ed è condita con un dressing particolare con lime e zenzero. «Cambiamo il menu del business lunch tutti i mesi e la gran carte ogni 2-3 mesi», evidenza Moroni.
Protagonisti food In questa pagina dall’alto: la sala ristorante con la mise en place minimale; Cipolla dorata tartufina; la vista dall’ingresso; Massimo Moroni con il socio Clemente Tassello.
«E non ci limitiamo a ingredienti tradizionali. Nella linea cereali, oltre alle paste fresche, abbiamo quinoa, farro e riso venere. Proponiamo piatti vegani e vegetariani. Ogni giorno, poi, inseriamo portate nuove. Sono 4-6 piatti del giorno nella lista settimanale del business lunch: una pasta, un riso, un secondo di carne, uno di pesce, un’insalatona. Ci tengo a seguire la stagionalità. A lavorare solo con materie prime fresche. A variare il menu in funzione del pescato del giorno. E ad avere quelle due o tre chicche per le quali vale la pena venirci a trovare: per esempio, l’agnello avvolto in un involucro di pollo macinato e lime, cotto nella retina di maiale
e glassato al cioccolato. O il lingotto di tonno con anguria e finocchio croccante. O il riso al plancton con tartare di ricciola. E classici della tradizione come il risotto alla milanese e la cotoletta di vitello alla milanese». Nella carta autunnale del Sette faranno la loro comparsa il risotto alla zucca, quello ai funghi porcini, il petto d’anatra laccato con funghi e castagne, lo storione, il tamburello di tonno, il salmone marinato agli agrumi, la fregola con le lumache, la bavarese di castagne con mosto d’uva, il cappone, il cotechino… Quanto ai vini, Moroni ha optato per una scelta molto ristretta: 45-50 etichette, che quando si esauriscono non vengono automaticamente riordinate, bensì sostituite da proposte nuove. Poche e selezionate le bottiglie importanti. Il grosso sono vini di qualità ma poco costosi, serviti a pranzo prevalentemente al calice. E le birre sono tutte artigianali. •
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Protagonisti food
Arrosticini e paste fresche la tipicità del Capestrano di Alberto P. Schieppati
Ristorazione autenticamente di territorio, interpretata da una coppia abruzzese che ha fatto della passione il proprio credo. Se non è tipica, non è ristorazione. Per molti, questa deve essere una regola, “la” regola. Ma non basta: “tipicità” non deve essere un termine generico, dietro al quale si celano poche ricette della pseudo-tradizione, spesso eseguite distrattamente e senza particolare impegno, destinate ad incuriosire il cliente e ad attirarlo nel locale. Troppe volte, infatti, la cosiddetta ristorazione tipica (tanto amata dalla clientela turistica), si rivela un bluff, caratterizzato da un’offerta standardizzata, nella quale i gusti dei piatti hanno un solo comun denominatore: la sapidità esagerata, di quelle che mettono soltanto sete ma non soddisfano il gusto. Anche in virtù di questa considerazione, ci ha fatto davvero piacere la riscoperta (eravamo stati all’inaugurazione, qualche anno fa) del ristorante Capestrano, a Milano (www. ilcapestrano.it), zona Ripamonti, ovvero nell’area sud della città. Un locale di impronta abruzzese, i cui piatti si caratterizzano per la selezione accurata delle materie prime, scelte personalmente dai proprietari presso fornitori rigidamente abruzzesi (con i quali vi è un contatto quotidiano), per la corretta esecuzione, secondo i canoni della tradizione, e per la gradevolezza dell’ambiente: il tutto sorretto da una passione straordinaria, quella dei coniugi Roberto e Cersidia Babbo, di Avezzano, in provincia dell’Aquila. Una coppia straordinaria, mossa da amore sincero per la propria terra e orgogliosa delle proprie origini, al punto di avere scelto Milano come platea privilegiata per la propria attività di ristoratori. Il locale, su due livelli, si presta per incontri conviviali, pranzi o cene di lavoro ma anche, e soprattutto, per un’esperienza gourmet senza uguali, nella quale vengono proposti i veri piatti della tradizione, senza rivisitazioni o reinterpretazioni, ma –semmai- con qualche alleggerimenti nei condimenti, dettato soprattutto dalla consapevolezza che il pubblico cittadino bru-
In questa pagina: la coppia Roberto e Cersidia Babbo; nella pagina a fianco: l’interno e l’esterno del ristorante Capestrano; Zuppa di farro con porcini.
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cia molte meno calorie di quante abitualmente se grandi priimi piatti di Roberto, dove trionfano Zuppe ne sprechino nella campagna d’Abruzzo. E qui sta la (straordinaria quella di farro o quella di lenticchie vera bravura dei Babbo: quella di rendere l’Abruzzo di Santo Stefano di Sessanio con crostini di pane il vero protagonista dell’esperienza culinaria, con i di Avezzano) e Paste fresche: e qui c’è solo l’imbasuoi piatti gustosi, proposti in un ampio menù con i loro nomi originali. Fra le prelibatezze da non perdere, abbiamo memoria –negli antipasti- di Pallotte “cacio e ova”, ovverio pallottine di pane raffer“Prodotti di qualità, mo, uovo e formaggio servite con salsa al pomodoro, Je sformat’ de selezionati da melanzana c’la mozzarella, cioè Roberto Babbo, chef lo sformatino di melanzane con mozzarella su crema al Parmipatron, per una linea giano, guarnita con mandorle, La di cucina all’insegna ventricina c’la bruschetta, vale a dire ventricina del vastese –il tidella vera tradizione” pico insaccato di maialino nero tagliato a punta di coltello- , con peperone rosso dolce e piccante di Altino e bruschetta. Molte anche le proposte di salumi di alta qualità, come la Mortadella di Campotosto, la Salsiccia di Paganica, il Salsicciotto Frentano, o di formaggi tipici fra cui il mitico Canestrato. razzo della scelta, dettata dalla presenza in menù Ma sarebbe riduttivo soffermarsi su salumi e formagdi piatti che mettono fame solo a leggerne i nomi. gi, proposti su tagliere (tajer’), senza avere citato i L’sagne c’j fascioli, ovvero tagliatelle acqua a fari-
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na, spesse e corte, servite in zuppetta con i fagioli di Paganica, o I ravioli d’ricott’ c’ji spinaci, carciofi e caprin’, o gli Spaghetti alla chitarra con ragù di castrato e pecorino, intensi e deliziosi. Nella carta del Capestrano i primi non sono pochi, ma l’ampiezza e l’organizzazione della cucina consentono un’ottima gestione delle comande. Anche se, va detto, ulteriore forza al carattere del ristorante è data dalla griglia, anche in questo caso “la” griglia: gli amanti della carne di alta qualità trovano qui uno spazio privilegiato, interamente dedicato alle loro aspettative. Le suggestioni più intriganti arrivano da: Salsicce di maiale con cicoria, Costine di pecora alla griglia con laccatura all’aneto, miele ed erbe del parco nazionale, Arrosticini di carne di pecora fatti
a mano con bruschette al pomodoro ed olio extravergine abruzzese (un vero must del Capestrano), Agnello del parco della Majella cotto alla griglia, Filetto di Pezzata rossa italiana con patate, Costate e, per gli appassionati, Fiorentine, sempre di Pezzata rossa, peso fra il chilo e i due chili, a seconda delle richieste del cliente. Anche i dolci sono realizzati nel rispetto della tradizione: da provare fra gli altri il Tiramisù con cantucci abruzzesi fatti in casa, caffè, crema al mascarpone e cacao. Ovvio sottolineare che, nel rispetto del territorio, anche i vini sono (quasi tutti) regionali: e, anche in questo settore, va detto che l’Abruzzo vanta etichette strepitose. Una nota di cronaca: il Capestrano aderisce all’Alleanza fra i Cuochi italiani e i Presidi Slow Food, vale a dire che ha sottoscritto l’impegno ad utilizzare solo materie prime dei produttori dei Presidi Slow Food, nel rispetto dei territorio e di chi produce in modo naturale. L’esperienza gastrononica del Capestrano conferma la validità di questo impegno della famiglia Babbo. Solo il territorio, solo il meglio: bravi!•
Accueil
Borgobrufa SPA e Resort Il gusto del massaggio di Theo Smith
Una posizione formidabile per questo albergo di Torgiano, Umbria. Un centro benessere di prim’ordine coccola gli ospiti e li prepara a cene memorabili. Venirci per un periodo di relax totale, confortati da massaggi superlativi? O per provare la cucina di un grande chef, Ciro D’Amico, che propone piatti capaci di coniugare gusto e benessere? O per una vacanza nella natura, nel cuore verde d’Italia, come le campagne promozionali definivano l’Umbria nei decenni scorsi? Difficile rispondere, perché l’offerta di Borgobrufa SPA Resort (www.borgobrufa.it) è varia e differenziata. Il sogno di Andrea Sfascia, l’imprenditore che con la moglie Ivana guida il Resort da inizio 2000, era proprio quello di realizzare un albergo in un ambiente incontaminato, in mezzo al verde, “nel pieno rispetto dell’ambiente e della tranquillità”. E così è stato: nel tempo gli Sfascia hanno
torta: apre la più grande SPA dell’Umbria:, progetmesso a punto il loro ambizioso progetto, creando tata da professionisti del benessere, costruita sceprima un’azienda agricola di oltre dieci ettari, poi gliendo il meglio dell’impiantistica d’avanguardia ristrutturando quattro casolari destinati ad ospitae dotata di ampi spazi relax, inusuali per l’offerta re nelle loro 10 camere, creando nella suggestiva di questo tipo. Ad avvalocampagna di Torgiano (un rare questo segmento di tempo famosa per il Banofferta, gli Sfascia punco d’ assaggio enologico, “Ciro D’Amico, lo chef, è tano su un team giovane, oltre ad essere sede delle stato scoperto da Enrico professionale ed affiataprestigiose Cantine Lunto, dotato esattamente garotti) il Country House Derflingher, che ci aveva di tutti i requisiti che la Borgo Brufa. Ma lo spirito visto lungo. I suoi piatti, clientela del benessere imprenditoriale degli Sfacerca in una SPA. Mascia non ha militi e, pasispirati al territorio, vi gistralmente diretto da so dopo passo, l’attività accompagnano dentro a un Annamaria Palomba, geprosegue incessantemenneral manager di Borgote (la nascita del ristoranvero percorso del gusto” brufa, il resort può vante, la realizzazione della tare, oltre alla posizione piscina, la ristrutturazione superba con panorama di una residenza del ‘700 esclusivo su Assisi proprio di fronte, appartamene la creazione di 6 suite) con la nascita del Borghetti dotati di ogni comfort ( compreso il bagno con to: 28 ulteriori camere eleganti e raffinate, nuove vasca idromassaggio), una grande piscina riscalsale in grado di ospitare fino a 250 persone, sale data in perfetta simbiosi con il verde circostante, congressi destinate a rispondere alle esigenze muluna presenza efficace ma discreta del personale, tiformi degli ospiti. E poi, nel 2012, la ciliegina sulla
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Nella pagina a fianco: vista dell’esterno del borgo; in questa pagina: lo chef Ciro D’amico; due sue creazioni: a lato, Coniglio in porchetta con baccelli di piselli e fave; sotto, Capasanta cruda e cotta con mousse di barbabietola, sorbetto all’arancia; infine D’amico circondato dalla sua brigata.
sempre pronto a recepire le esigenze degli ospiti (che, va detto, sono solo dai 15 anni in su, al fine di garantire ulteriore tranquillità a chi è alla ricerca di vero relax). Un altro punto di forza del luogo è dato dal ristorante “Quattro Sensi”, guidato dallo Chef Ciro D’Amico, campano, trentasette anni, esperienze presso locali prestigiosi guidati da chef altrettanto bravi: la sua prima esperienza fu al Capo d’orso, una stella Michelin on Costiera Amalfitana, poi Londra e Francia, Villa d’Este a Cernobbio con Luciano Parolari, poi al Badrutt’s Palace di St. Mo-
ritz, dove conosce Enrico Derflingher, il grande chef che lo coinvolge nella realizzazione di importanti serate a livello internazionale. Nel 2014 entra in EuroToques, e nel 2015 diventa docente dell’Università dei sapori di Perugia. Da quasi tre anni è al Borgobrufa, con una brigata composta da Andrea Angeleri, Mauro di Nanna, Giuliano Bricca, Marta Righetti e Caterina Floridi. La linea di cucina di Ciro è molto interessante, perché sa fare uso di materie prime locali, di qualità incredibile (carni, tartufo, olio, verdure), adattandole alle necessità di una clientela in gran parte attirata dall’offerta benessere. La sua grande capacità consiste proprio nel saper presentare una serie di piatti di sapori netti e caratterizzati ma proposti con grande eleganza
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e senza eccessi. Un’esperienza gastronomica davvero meritevole, impreziosita dal fatto di cenare su una terrazza ineguagliabile per bellezza e posizione. Tornando quindi al quesito iniziale, ovvero “perché scegliere Borgobrufa?”, la risposta sta nel formidabile mix fra offerta SPA, centro benessere, dotazioni delle camere e una cucina come quella di Ciro D’Amico: autentica, senza troppi voli pindarici ma fortemente ancorata alla realtà e al proprio territorio: che è quello che i gourmet più attenti desiderano trovare. •
Accueil
Metropol di Mosca, icona eclettica
di Gualtiero Spotti
Gusto momumentale e tendenze moderniste connotano questo luogo di ospitalità moscovita, con 400 camere. La capitale russa è una città in continua evoluzione e crescita. Lo si avverte ispezionando il centro e osservando il carattere molto occidentale dei negozi, ma qui si apprezza anche il gusto cosmopolita di molti ristoranti, il crescente numero di turisti e curiosi che, oltre a visitare il Cremlino, si muovono sempre più spesso nelle aree meno centrali alla ricerca di spunti e curiosità e, infine, lo si vede nel mood degli abitanti, ormai consci di vivere in una città dove i fantasmi del passato sono presenti ormai solo sulle facciate dei palazzi e nei ricordi delle persone di una certa età. Testimone di questo epocale passaggio storico che ha visto protagonista tutto il secolo scorso, ma che alla fine è in qualche modo ancora in corso, è stato senza ombra di dubbio l’Hotel Metropol, http://metropol-moscow. ru/ l’iconico albergo moscovita che riunisce gusto monumentale (tra fontane e imponenti marmi), architetture art nouveau e moderniste e pregevoli og-
getti di antiquariato nelle sue stanze. Entrare nella hall e visitare gli spazi comuni o il grande salone per la colazione che vede sempre esibirsi nel corso della mattinata una brava arpista, rappresenta un legame indissolubile con la storia e la tradizione dei primi anni del secolo scorso, quando il Metropol è nato grazie all’intuizione dell’industriale e mercante Savva Mamontov. La posizione, poi, è sempre stata invidiabile, con la vista della maggior parte delle camere sulla piazza Teatralnaya, dove spicca la figura maestosa del Teatro Bolshoi, e con il Cremlino e tutta l’area centrale della città sempre a portata di mano e accessibile con una passeggiata di soli cinque minuti. Se la Storia parla da sola e dice che nelle stanze del Metropol sono transitati Capi di Stato, attori famosi, cantanti di grido e varie celebrità, quasi tutti rappresentati nei quadri che tappezzano i diversi piani dell’albergo, piace osservare il percorso intrapreso negli ultimi anni che ha portato a mantenere il gusto antico della struttura, ma al tempo stesso a iniziare una opera di rinnovamento (distribuita nel corso negli anni vista la difficoltà di portare nel futuro un hotel che conta quasi quattrocento stanze), attraverso un restyling capace di unire comfort ed esigenze di una clientela moderna a uno stile in linea con la classicità del luogo. Un mix riuscito che si evidenzia soprattutto nelle ventotto nuove stanze e suite appena riconsegnate nel mese di giugno di quest’anno, dove si mantiene lo spirito di un art nouveau eclettica unita alle funzioni moderne degli standard presenti negli alberghi internazionali di lusso. Così sono arrivati i cosmetici Asprey da Londra, i marchi Nespresso, Apple, KitchenAid e Samsung e una serie di nuovi servizi “perfetti per l’ospite sofisticato che necessita di attenzioni su misura”, come ricorda bene il direttore del Metropol, Dominique Godat, già alla guida del Kulm di Sankt-Moritz qualche anno addietro. Quindi si approfitta del servizio di in-suite check in, c’è il massaggio “An Ideal Sleep”, previsto prima di addormentarsi nel proprio letto e uno speciale menu notturno, ma Il passo diverso lo si avverte anche quando ci si siede alla tavola del ristorante principale, il Savva, dove
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In questa pagina: vista dell’Hotel Metropol; la sala del ristorante sita all’interno dell’hotel; nella pagina a fianco: Orzotto di barbabietola con dragoncello e semi di zucca.
“Due menù al ristorante gourmet: uno tradizionale russo e l’altro, più creativo e di taglio internazionale”
il cuoco executive, l’esperto e concreto Andrey Shmakov (con esperienze in ristoranti stellati in giro per l’Europa), ha saputo allestire un brillante menu su due livelli. Quello più classico e inevitabile, dove si va alla scoperta delle tradizione russa, con il Borsch e l’Anguilla con patate, formaggio e cetrioli, oppure l’Okroshka, la zuppa estiva con yogurt e aneto, e quello più internazionale figlio delle esperienze maturate curiosan-
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do anche nelle cucine italiane o francesi. Ecco dunque arrivare in tavola l’Orzotto di barbabietola con dragoncello e semi di zucca, l’Anatra con carote glassate e salsa al vino rosso, le grandi carni e i pesci del Nord, dalle capesante di Sakhalin al granchio al gratin. In un bel percorso dove non può mancare un assaggio di caviale con blinis, magari da consumarsi nella terrazza aperta del ristorante, e la degustazione di qualche interes-
Accueil
Sopra: il sommelier Vitaliy Muzychenko; a lato: la meravigliosa “Boyarsky Hall” costituita da due ampie sale, che possono ospitare fino a 44 ospiti; sotto: l’interno di una camera dell’albergo.
sante vino russo, proveniente dalla regione di Rostov. Da parte del cuoco Andrey c’è anche la giusta attenzione per le preparazioni vegetariane e il menu indica sempre quali sono i piatti nati con la filosofia “farm-to-table”, del contatto diretto con il produttore. Infine, per chi vuole sentirsi ulteriormente coccolato, non si può tralasciare l’esperienza della Cerimonia del te pomeridiano al bar Chaliapin, che in realtà, all’occorrenza, si amplia con la degustazione di vodka e polugar. Quest’ultimo è il progenitore della vodka e, preparato con il pane di segale, sta vivendo una riscoperta anche da parte delle nuove generazioni di russi, che lo ritrovano proposto anche dai moderni ixologist della capitale. Magari come alternativa alla vodka nella preparazione di cocktail classici come il Cosmopolitan o il Moscow Mule. Vale davvero la pena sostare in queste stanze per respirare la Storia, ma anche per concedersi un interessante visita alla scoperta di una città in fase di grandi trasformazioni, che nel futuro a breve attirerà l’attenzione planetaria con l’organizzazione dei Mondiali di Calcio, nel 2018, e forse anche per questo motivo si sta organizzando per vestire il suo abito migliore. •
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La qualità del gelato Sammontana da oggi in versione cremosa. Fresca, vellutata, sfiziosa: queste sono le caratteristiche di Nettare di Gelato. Un modo diverso per degustare un ottimo gelato che ha tutta la qualità Sammontana. Un’occasione in più per sollecitare i desideri dei vostri clienti. Disponibile in quattro gusti: Caffè Ecuador, Limone di Sicilia, Cacao e Yogurt. Semplice da preparare grazie all’esclusiva ed elegante sorbettiera.
Per informazioni chiama il numero verde 800 230340 o visita il sito internet: www.sammontanaprofessional.it
Focus food
Alla Rocca di Castelfalfi di Gualtiero Spotti
Lusso sostenibile? Nella Spa di questo borgo medievale persino l’offerta di ristorazione punta su questo concetto di grande attualità. La Toscana come ci piace immaginarla solitamente unisce in un sol colpo un panorama mozzafiato, un borgo medievale, casali, uliveti millenari, vigneti, tocchi rinascimentali e gusto per quell’ospitalità un po’ rurale e genuina che ha portato in giro per il Mondo il nome di questo angolo di Italia. Tutto questo lo si incontra spesso in giro per la regione, ma difficilmente si riesce a manifestare in una struttura che ha l’ambizione di posizionarsi al livello di un resort cinque stelle, e al tempo stesso è capace di giocare con numeri importanti in termini di ospitalità. Si perché qui si parla di una tenuta di 1000 ettari, che comprende un golf, ville e due hotel e un castello, oltre a varie attività e diverse tipologie di ristorazione. Si tratta di Castelfalfi, un antico borgo ristrutturato recentemente e riconsegnato nel corso degli ultimi mesi con l’apertura dell’hotel di maggior prestigio chiamato, appunto, Il Castelfalfi. Il progetto, ambizioso, è quello di lavorare sul lusso sostenibile dove il benessere passa attraverso il relax di una Spa,
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le basse emissioni di una struttura certificata come Clima Hotel, la costruzione dell’edificio creato rispettando i criteri della bioedilizia e la giusta attenzione per la natura circostante. “Sono tutti particolari cui abbiamo dato grandissimo valore”, rivela l’AD Stefan Neuhaus che gestisce tramite TUI (il più grande tour operator al mondo) l’intero resort entrato a far parte della collezione Blue Selection “e per noi è stata una sfida rivolta anche alla riqualificazione e al ripopolamento di questo angolo di Toscana”. San Gimignano e Volterra non sono troppo distanti e meritano una gita, ma l’idea è quella di vivere un’esperienza completa all’interno del borgo. Dove si può sfruttare l’area wellness e beauty, sostare in “Gli Chef Michele piscina, fare una gita a cavallo o bicicletta, partecipare a una Rinaldi e Francesco inlezione di cucina, oppure punFerretti riescono, il tare l’attenzione sui diversi ristoranti. Quello forse di maggior faprimo a ingentilire scino, soprattutto nella stagione i piatti della estiva, si chiama La Rocca ed è ospitato nel Castello del bortradizione, l’altro go. Qui il giovane e talentuoso a esaltare la cucina cuoco Michele Rinaldi cerca di stuzzicare l’appetito degli ospiti contemporanea” proponendo una cucina toscana un po’ ingentilita, pur rispettando i canoni della tradizione. Si passa così dalla Battuta di Chianina al coltello (che però viene accompagnata alla clorofilla e a una spugna di cavolo toscano e tartufo locale) alla Ribollita in duplice versione, di ieri e di oggi. Oppure dall’immancabile Piccione novello ai Ravioli ripieni di lepre. Il tutto approfittando della terrazza che si affaccia dal bastione del castello su un panorama mozzafiato che abbraccia tutte le vallate circostanti. Leggermente diversa è invece la proposta de La Via del Sale, il ristorante guidato dall’Executive Chef Francesco Ferretti all’interno de Il Castelfalfi. Qui l’approccio è più vicino al fine dining, e l’ambizione dichiarata è quella di voler rappresentare una
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Nella pagina a fianco: una vista dall’alto del borgo di Castelfalfi; una delle camere e la taverna del TUI Blue Selection di Castelfalfi; sopra: la sala del ristorante La Rocca.
cucina italiana contemporanea a tutto tondo, senza paletti legati alla tradizione locale, ma sfruttando bene la reperibilità della migliore materia prima su tutto il territorio nazionale. Così si passa con notevole agilità dal Maialino nero Casertano sotto sale con pasta di acciughe e salsa d’arancia e zenzero al Risotto con gamberi di Mazara, barbabietola e burro aromatizzato ai fiori. E’ una cucina meno immediata e più cerebrale forse, ma pur sempre giocata tra sapori e profumi che giocano la carta dell’intensità e dei gusti decisi. Del resort fanno parte anche un albergo quattro stelle, che si chiama La Tabaccaia, in quanto realizzato in una ex fabbrica che essiccava il tabacco, e una cantina chiamata Tenuta di Castelfalfi, che produce Chianti Docg (Cerchiaia), alcuni Igt rossi (San piero, Poggionero e Poggio alla Fame) e un Vermentino di pronta beva (Poggio i Soli), oltre a qualche bottiglia di olio. Il tutto seguendo rigorosamente i criteri dell’agricoltura biologica. Infine una attenzione particolare va posta ai diversi percorsi per gli amanti del golf. Il Castelfalfi è uno dei campi più spettacolari d’Italia, con tre diverse opzioni (da 27, 18 e 9 buche), ed è immerso nella natura. Al punto che non troppo distante da dove cade la pallina a volte non è difficile scorgere qualche cinghiale, soprattutto nelle ore più tranquille del tardo pomeriggio. Un resort dal gusto inequivocabilmente toscano, dunque, ma capace di uno spirito di accoglienza moderno e versatile, in linea con i nostri tempi: una scelta oculata che saprà attirare l’attenzione soprattutto di una clientela straniera che, pur definendo ogni angolo del mondo “una piccola Toskana”, poi deve ritornare dalle parti di queste colline per vivere delle emozioni forti. A riprova che lo stile, la storia e il fascino non sono certo facilmente replicabili. •
Accueil
In questa pagina: una delle camere dell’hotel; nella pagina a fianco: il meraviglioso camino di Giò Pomodoro; una delle opere di un giovane artista.
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Hotel Spadari, immergersi nell’arte di Emanuela Stìfano
Stile italiano e sguardo internazionale connotano l’albergo vista Duomo di proprietà della famiglia Marzot, già proprietaria dell’Hotel Duca di York Milano e del Turin Palace di Torino. Una sorta di “Galleria contemporanea”. È questo, in sintesi, l’Hotel Spadari a Milano, un quattro stelle a due passi dal Duomo dove tutto parla di Arte. Gli spazi comuni e le 40 camere - recentemente oggetto di un soft restyling che non ne ha però stravolto il progetto iniziale – sono infatti realizzazioni di giovani artisti contemporanei; opere di firme di riconosciuto valore - tra gli altri Mimmo Paladino, Sandro Chia, Giò Pomodoro, Velentino Vago, Martin Disler, Mario Schifano, Katharina Grosse, Salvatore Fiume, Herbert Brandl, Marcello Pietrantoni e Giu-
“Baricentrico rispetto agli spazi culturali della città e alle vie dello shopping, Hotel Spadari nasce dalla passione per l’arte contemporanea.”
seppe Maraniello – sono disseminate un po’ ovunque, a creare percorsi culturali inediti. Basti pensare alla sala colazioni in cui spicca un ampio affresco di Valentino Vago, o alla sala lettura dominata dal maestoso camino di Giò Pomodoro. La realizzazione e progettazione dell’Hotel e di tutti i suoi arredi e complementi è opera di Ugo La Pietra, architetto e designer. La modernità e la contemporaneità dell’Hotel Spadari si ritrova anche negli accorgimenti green friendly: oggi l’Hotel lavora per
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Accueil il 90 per cento a “zero emissioni di riscaldamento” e a “zero consumi di acqua per il condizionamento” grazie alla sostituzione dell’impianto di riscaldamento delle camere a gasolio con un sistema interamente elettrico a gas ecologico. L’attenzione per l’environment riguarda anche i prodotti proposti ai propri ospiti: ne è un esempio la linea di bio-cosmesi certificata offerta come kit di cortesia in ogni camera. A proposito di camere, il fil rouge che le
In questa pagina: vari ambienti dell’hotel con altre istallazioni di artisti contemporanei e la hall.
connota è la singolarità. Distribuite su sette piani, che si tratti di una “Classic”, “Superior” o “Deluxe” ciascuna appare diversa dall’altra, pur conformandosi nello stile contraddistinto da forme leggere, da colori rilassanti - spiccata la predilezione per la gamma dei blu e degli azzurro - e dei materiali – legno su tutti - che si prestano a lavorazioni inattese. Come si diceva, a farne degli spazi unici sono sia le realizzazioni di Ugo La Pietra, cui si deve il disegno in esclusiva per l’Hotel di letti e tavolini, di poltrone, scrivanie e di particolari armadiature, sia quadri di artisti contemporanei che conferiscono a ciascuna stanza una allure personale. Infine la proposta gourmet. Comode sedute imbottite in nuance nocciola e tavolini in legno con grafiche design accolgono nella sala colazioni. Un sistema di nicchie si rincorre su due lati divenendo scrigno per ceramiche di Ugo La Pietra, mentre un piccolo bancone con sgabelli a corollario dà vita a un funzionale American Bar. A chiusura dell’area riservata al food è un secondo spazio in cui quadri di piccole dimensioni realizzati da giovani artisti italiani ed europei creano una dimensione sospesa tra museo e bistrot. La cura riservata agli ambienti va di pari passo con quella della proposta gourmet, che offre una breakfast dalla vocazione internazionale ma dall’imprinting italiano. Nel segno dell’italianità anche il soft menu lunch/dinner affidato a piatti semplici ma non scontati. •
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Amici del Trivulzio Onlus Martinitt e Stelline
COLORE DI SUPPORTO 50C + 100M + 100Y
30C + 30M + 100Y
50C + 50K
100C + 70K
30C + 70K
20Y + 80K
DA 250 ANNI IL PIO ALBERGO TRIVULZIO È AL SERVIZIO DELLA CITTÀ. Un ricco calendario di eventi invita a ripercorrere l’eredità materiale e culturale del Principe Tolomeo Trivulzio, tra i primi grandi filantropi milanesi, per guardare insieme ai bisogni della società di oggi. 6 ottobre 2017 - Conservatorio di Milano
4 novembre 2017 - Archivio di Stato
‘AIDA dall’idea al capolavoro’, di G.Verdi orchestra Banda de’ I Martinitt
Convegno ‘Il Principe e la Sovrana: i luoghi, gli affetti, la corte’
13 ottobre 2017 - Pio Albergo Trivulzio
23 febbraio 2018 - Teatro Martinitt
Convegno nazionale ‘Confronto tra Regioni e tra Città metropolitane sulle ASP: Lombardia, Emilia Romagna e Toscana’
Convegno ‘I bisogni della città e l’impegno del Pio Albergo Trivulzio. 250 anni di assistenza e cura’
3 novembre 2017 - Archivio di Stato Inaugurazione della Mostra documentaria con Concerto della Banda de’ I Martinitt
Programma completo delle iniziative su www.aragorn.it/ne Con il patrocinio di
Grazie al sostegno di
ws
Coordinamento generale
PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: TEL 02 465 467 467 (da lunedì a venerdì, ore 10-13 e 14-17)
Accueil
Monferrato astigiano, il Relais fra le colline di Mauro Remondino
A Grazzano Badoglio una famiglia di professionisti fa rivivere i fasti dell’antica tenuta. C’è sempre un’aria svagata nell’ambiente di chi vive le colline del Monferrato. Probabilmente per questo l’Unesco ci ha messo tanto tempo per acquisirlo a patrimonio dell’Umanità. Tanta bellezza, tanta Storia, tanta gente errante con il proprio fardello da raccontare, è probabile che abbia spaventato. Un colle per l’altro. Come a Grazzano Badoglio (At) dove un luogotenente di Giulio Cesare, Gratius, si insediò dopo aver ricevuto in premio il luogo per i servigi resi appunto all’Imperatore. Dove riposa anche il marchese Aleramo. Dove si è insediata Giulia Alleva, figlia dell’avvocato Guido Carlo, grande appassionato di vino e di sogni infantili come il magico cavallo alato, tutto d’oro, che gli serviva a fantasticare quando da bambino veniva in vacanza con sua madre in Monferrato. Oggi quel cavallo è
simbolo della Tenuta Santa Caterina ripresa dopo secoli di abbandono e tornata a vivere grazie alla passione di una famiglia determinatissima nel far rivivere tutto quanto si era inceppato malauguratamente alla fine del Settecento. Anche il cibo, anche il vino e le sue vigne, come quella chiamata “I Rombi”, proprio perché disegnata e rigenerata con quella singolare e piacevole forma. Di fronte all’ultimo nato il Relais che porta lo stesso nome della tenuta, condotto da Giulia, scudiera fedele di suo padre, ma oggi avviata a diventarne la condottiera. “Mi considero di casa qui, su queste colline, ho vissuto tutta la rinascita del mondo del vino ne sono stata ammaliata, mi sono appassionata e mi sono presa il titolo di sommelier la sera prima di laurearmi in Legge”. Quasi un proclama, una decisione seduta stante di quanto stava per accadere: “24 ore di svolta”, sottolinea sorridendo. Il Relais vive di sei magnifiche stan-
In questa pagina: Giulia Alleva che dirige l’azienda vitiviniola di famiglia; l’esterno della tenuta Santa Caterina; nella pagina a fianco: il giardino che affaccia sui vigneti; una delle camera della tenuta.
ze da appena due stagioni, mentre la Tenuta, con i suoi settanta ettari di terra, venti di vigna, ha ripreso vita dall’avvio degli anni Duemila: sembra facile, da schiocco di dita, ma Giulia non ha perso un passo. Dal restauro conservativo e ambientale alla ricerca dei mobili: il palazzo settecentesco, i giardini all’italiana, gli stucchi, i mattoni a vista, i camini, il magnifico infernotto nella cantina storica
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dove soltanto le bottiglie migliori trovano posto. Il luogo giusto, secondo Giulia, per assecondare l’idea che lei ha del Relais, d’accordo per riposare, ma “approdo ideale e temporale per vivere il mondo del vino”. Suo padre, il penalista, ma in cuor suo signore di campagna, ha dedicato subito a sua figlia, un vino: “Sorì di Giul”. Giul è lei Giulia appunto, il Sorì su queste colline è un luogo eletto, dove trova posto il cru, il più apprezzato dei vini realizzati in purezza. Per questo caso il vitigno è la Freisa, bistratta nel tempo dai viticoltori e bizzarra quanto basta per nascondere le sue vere caratteristiche tanto che ne hanno straziato il concetto facendola diventare anche “vino delle bollicine”. L’avvocato no, ha deciso che quel vino doveva essere il principe della sua cantina a maggior ragione con il nome di sua figlia in etichetta. Così oggi la Freisa “Santa Caterina è Asti Superiore della Tenuta Santa Caterina è il fiore all’occhielun relais avvolto lo di una seguenza di ottimi vini dai vigneti storici, tornati a respirare il clima che gli compete. Poche bottiglie apa conferma di una pena quattromila, su un totale un vino, mutuato dalla frase che vocazione vinicola di 40 mila, che da quell’ettaro un agricoltore ripeteva ossessimagico riescono a tirar fuori l’evamente durante il lavoro, c’è di rispetto” nologo Mario Ronco e l’agronouna Spa personale, esclusiva, mo Sergio Carpignano sposanmentre lo sguardo rivolto all’edo i concetti dell’agricoltura simsterno, si perde nell’altalena di biotica. Il vino denuncia pulizia, colline. Che sia ventiquattro ore carattere, eleganza, note di balsamico e un colore o una settimana, il costo oscilla tra 140-160 euro pieno di luce. Un ottimo biglietto da visita per chi a notte. Sono arrivati anche gli stranieri: tedeschi, svizzeri, americani, giapponesi, australiani, russi. arriva qui e si vuole riposare in una delle sei camere Questi ultimi decisi a trovare il salmone affumicato dove nella suite Setecàpita, nome dell’etichetta di
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al breakfast. “Abbiamo impostato la colazione sulle ricchezze gastronomiche del posto – dice Giulia – a cominciare da salumi e formaggi, ma non abbiamo insistito e siamo riusciti ad accontentare gli ospiti russi facendo arrivare il salmone desiderato”. Qui oltre alle degustazioni si offrono passeggiate, piscina, tennis, ricerca del tartufo in stagione, maneggio e per gli appassionati di golf c’è il vicino impianto di Margara. La quiete concilia con l’armonia dei colori con i quali sono state dipinte le camere. I cromatismi aiutano le ore del riposo, come i toni del blu navy, dell’oro e del bordeaux della camera chiamata Navlè, Nebbiolo, a significare un’altra sfida della famiglia Alleva che produce anche mille bottiglie di questo importante vino dimostrando che il Monferrato può dire la sua verso il più celebrato rosso della Langa albese. Insieme a Silente, Salidoro, Vignalina si trova anche Arlandino, nome per l’etichetta del Grignolino, vino da sempre di casa sulle colline monferrine, croce e delizia di molte cantine, tuttavia ancora alla ricerca di se stesso. L’ultimo azzardo della famiglia Alleva, dell’avvocato Guido Carlo che ha dato vita a una associazione di undici soci con vigneti iscritti all’albo pronti a sfatare le Cassandre e far decollare questo vino che ha chiamato troppe voci negative su di se. “Il Monferace”, affinato in legno, si potrà chiamare così soltanto in seguito a un attento esame organolettico. Intanto, Arlandino, crea solidarietà tra gli ospiti del Relais: armonico, colore tenue, note di petalo di rosa bulgara e pepe bianco, un ottimo rosso per non dimenticare il Monferrato. •
Accueil
Riviera Golf, non solo sport di Emanuela Stìfano
Una struttura multifunzionale a pochi passi dal mare. In cucina chef Massimiliano Poletti, che propone la sua cucina wellness. A pochi chilometri dalle spiagge, un angolo di pace. È Riviera Golf, il campo di San Giovanni in Marignano situato all’interno dell’oasi faunistica del Conca, che si estende su una superficie di 72 ettari. Ridisegnato seguendo un progetto che ne ha preservato le favorevoli caratteristiche naturali, il percorso, con i suoi morbidi saliscendi, è in grado di soddisfare le esigenze di un ampio e diversificato target di appassionati, dai professionisti, ai junior. Il campo (18 buche e par 70) è costituito da zone di gioco molto differenziate: le prime 9 buche, disegnate dal noto architetto Luigi Rota Caremoli, si sviluppano lungo il paesaggio collinare all’interno del Parco naturale della Valle del Fiume Conca
che, a ridosso del campo, forma un vasto specchio d’acqua animato da una grande varietà di specie volatili che contribuiscono a rendere l’oasi un luogo di elevato pregio ambientale e naturalistico; le seconde 9 buche, invece, sono state realizzate dal canadese Graham Cook – noto progettista di tante altre strutture golfistiche – che nel suo progetto ha valorizzato i naturali profili collinari del luogo, creando un tracciato dai lunghi fairway di ispirazione americana, contornati da ostacoli, specchi d’acqua e ampi spazi. Ma al Riviera non si gioca solo a golf: è possibile giocare a tennis, oppure rilassarsi nella piscina di 82 metri realizzata in pietra di Noto. Il centro offre anche la possibilità di praticare il footgolf, sport nato nel 2009 nei Paesi Bassi, che si caratterizza come una disciplina “ibrida” in quanto mescola il golf e il calcio: a dover andare in buca non è la pallina, bensì il pallone da calcio che va colpito direttamente con i piedi senza l’ausilio di alcuna attrezzatura. All’interno del campo si inserisce il Riviera Golf Resort, con le sue 32 suite. Il complesso multifunzionale offre anche la possibilità di
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In questa pagina: il Wellness Restaurant; una delle zone del campo da golf; nella pagina a fianco: la suggestiva piscina e l’area della spa.
Chef Poletti, in forma… con gusto Al Wellness Restaurant la sala conta 150 posti e si affaccia sulla splendida piscina che al tramonto si tinge di rosa e regala magiche atmosfere. Alla guida chef Massimiliano Poletti. Poletti inizia il suo percorso professionale negli alberghi della costa romagnola, per poi andare alla ricerca di nuove esperienze, giungendo così al prestigioso Savoy Hotel di Londra e al ristorante Valentino di Santa Monica. Dopo aver altresì lavorato presso La Grotta di Nerio Raccagni e La Frasca di Gianfranco Bolognesi – locali stellati della Romagna – nel 2000 arriva a Parigi per collaborare con il famoso chef Alain Ducasse che gli insegnerà il rispetto per la materia prima e che nel 2005 lo sceglierà come responsabile della gestione della cucina in occasione dell’apertura del suo ristorante in Toscana. Nel 2006 Poletti, dopo aver trascorso circa venti anni all’estero, ritorna alle origini romagnole e lavora presso Palazzo Guidi, per poi approdare al Riviera Golf, dove gestisce il ristorante e mette in pratica la sua idea di cucina “wellness”. Convinto che “un ristorante sia molto di più di un luogo dove si mangia” e deciso a proporre una cucina in grado di recuperare le giuste abitudini nell’alimentazione, chef Poletti ha creato, insieme ad un team di nutrizionisti e di esperti di alimentazione sportiva, un menù che, valorizzando le materie prime del nostro territorio, propone una cucina bilanciata senza però dimenticare il gusto: lontano dai ristoranti che mirano “solo” al mangiar sano lasciando però poco spazio al gusto, e distante altresì dai ristoranti tipici e più classici che offrono cibo appagante ma decisamente poco in linea con il benessere, la cucina di Poletti promette un’esperienza capace di coniugare piacere e salute.
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usufruire della SPA, con i suoi trattamenti olistici ed estetici all’interno di una attrezzatissima area, dotata di piscina interna, idromassaggio, sauna, bagno turco, cromoterapia, massofisioterapia, palestra con personal trainer. Fiore all’occhiello della struttura è il Wellness Restaurant, diretto dal celebre chef Massimiliano Poletti, che qui propone una cucina capace di coniugare le esigenze che lo sport impone, con le esigenze del palato. Al Riviera è possibile organizzare eventi, teambuilding e incontri; la struttura dispone infatti di aree diversificate: il Riviera Buca 19 Bistrot, area bar posizionata a bordo piscina, di sera ospita aperitivi ed eventi, ed è uno spazio social che in estate offre la possibilità di godere di meravigliosi tramonti; il Riviera Garden – una terrazza di 250 metri quadrati collocata a bordo piscina – è il luogo ideale per matrimoni, convention, presentazioni aziendali, shootings, celebrazioni private; infine, la luminosissima sala meeting offre la possibilità di organizzare incontri aziendali, usufruendo del piacevole contesto di una zona panoramica dotata delle più recenti attrezzature funzionali ai meeting. •
Equipment
Mise en place in chiave glam di Emanuela Stìfano
Dudson, marchio inglese distribuito da Royale, presenta Floral e Luna. E la tavola si arricchisce di gusto e di personalità. L’una informale, estiva e floreale, l’altra elegante, misteriosa e un po’ lunare. Sono le nuove collezioni per il canale ho.re.ca. lanciate sul mercato da Dudson, l’azienda inglese di Stoke-on-Trent, distribuita in Italia in esclusiva da Royale Porcellana. Ma prima di addentrarci nelle caratteristiche distintive di queste nuove linee, è doveroso sottolineare il miracolo compiuto da Dudson: in solo sei mesi, l’azienda è riuscita a presentare prima Harvest, la linea rustica e country, ma al contempo chic, che ha avuto la sua prémiere a Chicago – dove è stata particolarmente
apprezzata dalla critica del settore ristorazione e hotellerie -, e ora altre due linee, pronte a soddisfare gusti differenti e trasversali, ma accomunati da un sapore casual, che piacerà senz’altro alle persone più estroverse e vivaci. Un risultato che ha lasciato quasi incredulo anche Angelo Fanfarillo, Direttore generale di Royale, che si è detto sorpreso, stupito, della velocità creativa della squadra di sviluppo di Dudson: sapeva che in Inghilterra si stesse lavorando a qualcosa di inedito, ma mai avrebbe immaginato un risultato così innovativo. Ma per che cosa si distinguono e si fanno notare le due nuove collezioni? Senza voler porre inutili paletti, si potrebbe dire che Floral è una collezione pensata più per la primavera-estate, mentre Luna, con la sua evocazione dello spazio e con l’utilizzo dei colori bronzei, dorati, argentati, meglio si adatta a una tavola autunno-invernale. Ma poiché la mise en place è un fatto non per forza stagionale, ma tutto al più personale, inutile, appunto, porre limiti. Quanto ai dettagli, va detto che Floral
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è caratterizzata da rilievi in oro zecchino, mentre per Luna è stato utilizzato il preziosissimo platino. Per entrambe il disegno è stato applicato sulla forma neutra della linea Precision, la collezione caratterizzata da forme particolari e dal caratteristico scalino, diventata di fatto un’icona della mise en place: apprezzatissima e utilizzatissima da numerosi chef internazionali, ha reso uniche le tavole di numerosi locali, rendendole prestigiose e ricercate. E proprio coloro che hanno scelto Precision, saranno i primi a cui saranno presentate e raccomandate le due nuove linee, che in Italia faranno il loro esordio nel mese di settembre. Angelo Fanfarillo, pur consapevole del duro lavoro che attende la squadra di Royale, è fiducioso e ottimista: sa di avere in mano dei prodotti destinati a piacere. Le risposte da parte del mercato, siamo pronti a scommetterci, non mancheranno. •
Equipment
Più che un’affettatrice, un mito di Virginia Zacchetti
Icona dal fascino intramontabile, la volano-rossa di Berkel promette altissime prestazioni, design d’altri tempi e tagli impeccabili. La “volano rossa” nasce nel 1898, quando Wilhelmus Van Berkel unì ingegnosità e funzionalità, metodo e dedizione, riuscendo a riprodurre meccanicamente il taglio perfetto che solo la mano di un professionista è in grado di ottenere. Un’intuizione che nel tempo ha assunto i contorni del mito, rendendo la Volano Berkel oggetto del desiderio di appassionati e intenditori. In effetti alle affettatrici a volano Berkel è universalmente riconosciuta un’efficienza e una bellezza senza tempo: icone dal fascino d’antan, sono capaci di coniugare ottime prestazioni, design ricercato, affidabilità e durata. Oggi la collezione delle Volano Storiche è composta da tre modelli, fedeli riproduzioni dei gioielli del passato: con la Volano Tribute Berkel celebra la tradizione e l’eleganza. Questa macchina riproduce infatti uno dei più famosi modelli del passato, la storica “Indianina” degli anni ‘20. Il volano fiorato, le decorazioni dorate e il design ricercato: caratteristiche che la rendono un prezioso elemento di arredo, mentre l’importante capacità di taglio la rende ideale per gli amanti del gusto e della buona cucina. La Volano P15 è realizzata rispettando il design e le tecniche di un tempo, sfruttando però la tecnologia odierna. Di piccole dimensioni, riproduce lo storico modello P degli anni ’40 ed è l’ideale per il contesto domestico. Con la nuova L16, invece, Berkel celebra il mitico modello L, in produzione fino al 1916. Elegante e maestosa nelle linee, preziosa nei dettagli, innovativa nelle prestazioni, L16 rispetta perfettamente lo storico disegno, dal volano fiorato alle decorazioni dorate, e aggiunge significative soluzioni all’avanguardia per sicurezza e funzionalità. Dotata di una lama importante in acciaio cromato
grazie al suo sapore retrò, si inserisce perfettamente in ogni ambiente che celebri la convivialità. La linea delle Volano Tradizionali prevede sei modelli, di cui cinque manuali – la B2, la B3, la B300, la B114 e la B116 - e uno automatico – la B116A – pensati per adattarsi alle diverse esigenze di spazio e utilizzo, tutti disponibili nei tre colori della tradizione rosso, nero e crema La Volano B3 si ispira ai modelli d’un tempo, garantendo un taglio perfetto e un design vintage con finiture di alta classe. La Volano B2, la piccola volano, è un gioiello dalle dimensioni contenute, adatto a tutti gli spazi e realizzato con cura artigianale. Ideale anche per un taglio professionale, ma non intensivo, la B2 è un elemento d’arredo prezioso ed elegante, un vero gioiello del passato che esalta gli ambienti e celebra i sapori. Realizzate specialmente per il taglio dei prosciutti crudi e dei salumi più pregiati,
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le affettatrici Berkel promettono di esaltare il gusto e i profumi degli alimenti, mentre la bassissima velocità della lama e la sua caratteristica forma concava limitano l’attrito, evitando il surriscaldamento dei grassi della carne. Costruite in alluminio verniciato con parti in acciaio inox, sono progettate per un utilizzo professionale intensivo: robuste e funzionali, garantiscono un taglio perfetto, senza scarti né sfrido. Sinuose ed eleganti, sono un complemento d’arredo unico e raffinato per un punto vendita o un ristorante. Un fascino d’altri tempi, un tocco di classe in più. •
Focus food
#gallesdagustare a Milano L’evento ha segnato il debutto italiano di alcune aziende dell’agroalimentare gallese.
di Sebastiano Graziani
mato diversi investimenti indirizzati all’industria alimentare. I nuovi brand, sorti da tale impegno economico, insieme ai prodotti tipici hanno suscitato l’attenzione dei professionisti internazionali. È proprio sulla base di queste premesse che “Food and Drink Wales”, l’Ente gallese per la promozione dell’industria del Food&Beverage nazionale, ha predisposto un piano pluriennale di manifestazioni volte ad agevolarne l’incontro e a favorire un export già in rapida crescita, incrementandone il volume del 30% entro il 2020. Secondo i dati forniti dall’Ente, l’esportazione dei prodotti alimentari gallesi è passata dalle 67.000 tonnellate del 2005 alle 115.464 nel 2015, con un incremento del 72%. Destinazione primaria dell’export è l’Unione Europea, verso i cui mercati
Lo scorso giugno presso l’Hotel Diana Majestic di Milano si è svolto l’incontro #gallesdagustare, un appuntamento che ha segnato il debutto di alcune aziende dell’eccellenza del settore agro-alimentare gallese. Realtà rappresentative dell’attuale situazione del settore e della loro naturale propensione verso il consumatore gourmet e la fascia alta della ristorazione. Un comparto che ha visto un profondo rinnovamento in Galles, paese che condivide un’estensione territoriale di poco maggiore rispetto alla Lombardia e ha da sempre mostrato una profonda vocazione per l’agroalimentare. Negli ultimi anni quest’attitudine ha, infatti, richia-
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viene destinato l’87% dell’intero volume. Tra i Pae2013, è stato possibile esportare questa visione in si comunitari la Francia assorbe il 20% mentre nel tutto il mondo, grazie a un export facilitato dalla posnostro paese solo il 5%. “Ma è proprio nei confronsibilità di conservare fino a 9 mesi i prodotti Daioni, ti dell’Italia che si stanno concentrando gli investie che ha portato a rilevanti risultati; Daioni Organic menti maggiori” afferma Jeff Martin, rappresentante è, infatti, la prima azienda britannica ad ottenere la nel nostro Paese di Food and Drink Wales “Questo certificazione CQC rilasciata dall’organismo cinese mercato è molto interessante per i prodotti proveper i prodotti biologici. Un’affermazione che vornienti dal Galles perché si tratta rebbe rafforzarsi in altri mercati di una gamma di alto livello che stranieri, come quello italiano. solo i consumatori italiani, per la L’azienda offre una varietà com“Interessanti gli loro cultura alimentare, possono pleta di prodotti lattiero caseaapprezzare”. ri biologici che vanno dal latte sviluppi potenziali Nonostante alcune delle aziende fresco, alla panna, al burro e al anche per il canale presentate durante la manifestalatte UHT nonché bevande arozione si rivolgano alla GDO, altre, matizzate a base di latte e basho.re.ca”. per profilo aziendale e prodotti so livello di zucchero e grassi. proposti, ben si sposano con l’iLe caratteristiche delle birre ardea di una ristorazione di livello tigianali Evan Evans sono già sempre più dinamica e attenta al valore aggiunto ben conosciute ed apprezzate in Europa, in estreche nuovi interlocutori potrebbero apportare alla mo Oriente e in Scandinavia. Anche in tal caso è loro attività. un’azienda che sa agire con un misto di tradizione Uno dei prodotti che più caratterizza il Galles sono e innovazione. Il birrificio ha una storia lunga 250 certamente il tè e #gallesdagustare è stata l’occaanni ed è strettamente legato al territorio che fornisione per conoscere l’azienda Welsh Brew Tea, una sce l’acqua sorgiva utilizzata nel processo produttirealtà artigianale che con i suoi 30 anni di storia vo e che contribuisce alle caratteristiche del risulrappresenta un brand molto legato all’immagine tato finale, ma è anche un’azienda pronta a trovare nazionale. Il suo prodotto principale è una partinuove soluzioni di gusto e packaging. Evan Evans colare miscela di tè africano e indiano, ma l’intepropone al mercato birre di qualità, ma differenziate ra gamma include infusi, chai speziato, tè verde e a seconda della tipologia del consumatore che si caffè macinati. vuole raggiungere. Si va dalle birre premium a quelWelsh Brew Tea ha, nel Regno Unito, una presenza le a bassa gradazione alcolica o Gluten free, senza sia in GDO che nell’ho.re.ca, la quale, potrebbe esdimenticare anche le tradizionali britanniche. Sono sere ampliata anche alla nostra ristorazione. Imporquattro, infatti le linee finora commercializzate: l’Artante parametro di valutazione di tisan, la Fire Island, la Celt e la un’attività di hotellerie è, difatti, tradizionale Evan-Evans. l’andamento del breakfast e della Ultimo tra i brand interessanti prima colazione. Proporre in tali per il comparto ho.re.ca è quelmomenti una miscela di tè adatlo Radnor Preserves, le cui marta a un consumatore attento e mellate e confetture sono celeconsapevole potrebbe rapprebri in tutto il mondo. sentare una risposta alle creNon può essere che diversascenti esigenze degli ospiti. mente per un’azienda che Daioni Organic nacque dalla nel 2013 ha deciso, per vosensibilità di Lauren Harris, lontà del proprio fondatore produttore di latticini da oltre Joanna Morgan, di basare la 40 anni, che nel 1999 cominpropria immagine sulle maciò a preoccuparsi degli effetterie prime utilizzate, sceti che le coltivazioni intensive gliendo ingredienti naturapotessero avere sui consumali e possibilmente nativi del tori di latticini e derivati. Galles. Obiettivo raggiunto Fu la molla che lo portò a riconpienamente grazie a una savertire la sua storica attività nel Pembroke in una piente lavorazione volta a mantenerne gli aromi e fattoria biologica, da qui la denominazione “orgai profumi naturali che in queste confetture e marnic”, che s’inserisse nel mercato dei prodotti lattiemellate fanno la differenza. Un processo produttiro-caseari di alta qualità. Quattordici anni dopo, nel vo tanto ottimizzato consente di ottenere confetture
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capaci di mantnersi senza l’utilizzo di conservanti, che ne andrebbero a comprometterne l’equilibrio e la naturalezza dei sapori. Qualità che hanno certamente contribuito all’ottenimento di importanti riconoscimenti, quale la “Champion of Champion’s Double Gold Prize” al World Marmalade Awards del 2015. L’azienda, inoltre, mette al servizio l‘esperienza maturata nella creazione di “private label”, ovvero confetture concepite nella struttura del gusto e nel packaging per un determinato cliente, come è avvenuto al Diamond Jubilee della Regina Elisabetta II. Un servizio particolarmente interessante per la ristorazione, poiché permetterebbe una completa personalizzazione da poter sfruttare per un miglior abbinamento ai propri menù proposti o per un perfezionamento della propria identità di brand. Radnor Preserves si rivolge sia alla Grande distribuzione organizzata, sia al canale ristorativo e le proprie marmellate, chutney e confetture sono particolarmente favorite nell’export, avendo una ragguardevole shelf-life che, a temperatura ambiente, va dai 12 e 24 gradi. •
Focus beverage
Trasparenza in tavola di Virginia Zacchetti
Caratteristiche organolettiche e bottiglia ricercata, fanno di Valverde l’acqua ideale per valorizzare la mise en place. È perfetta per il canale ho.re.ca. Anche un’acqua e la sua bottiglia possono determinare la riuscita di una mise en place e di un’esperienza gastronomica. Soprattutto se la bottiglia dell’acqua è firmata da un noto architetto. Soprattutto se l’acqua in questione ha un bassissimo contenuto di sodio e un moderatamente basso residuo fisso, utile per la digestione. Su questi aspetti sta puntando Valverde, acqua che nasce alle pendici del Monte Rosa e prodotta da Spumador Spa
che, da aprile 2011, fa parte che racchiude Acqua Valverde è del Gruppo Refresco. Acqua Valuna bottiglia in vetro dalle linee “A dicembre verde, infatti, oltre al bassissimo sinuose e dal carattere deciso, 2016 Valverde residuo fisso (38,8 mg/l) che le che riassume in sé funzionalipermette di aggiudicarsi la detà e creatività e che soprattutha inaugurato il nominazione di “minimamente to veicola al consumatore l’alta progetto La tavola mineralizzata”, è racchiusa in qualità di quest’acqua, scelta un’elegante e stilosa bottiglia dall’alta ristorazione per le sue delle meraviglie, disegnata da Matteo Thun, nocaratteristiche e proprietà uniin cui l’acqua è un to architetto altoatesino. Il che che, come il suo delicato sapore contribuisce in maniera deterelemento essenziale capace di far risaltare il gusto di minante a conferire eleganza e ogni piatto. Considerata una tra delle tavole più raffinatezza alla tavola. Per sotle acque più leggere del mondo, tolineare maggiormente questo il suo colore limpido e cristallino raffinate.” aspetto, Valverde ha dedicato al evidenzia la purezza di un’acqua 2017 il progetto “La Tavola delle rinfrescante ed equilibrata. ValMeraviglie”, inaugurato lo scorverde, dunque, si pone al pubso dicembre durante le feste natalizie, quando le blico e ai ristoratori come acqua speciale, pronta a vie del Quadrilatero della moda milanese sono stasoddisfare tutti e cinque i sensi, e pertanto ideale te imbandite da una fiabesca tavola che, protetta per allestire le mise en place più ricercate. In alda una teca di vetro e allestita, metteva in motre parole, perfetta per completare la “Tavola delle stra le preziose bottiglie. Per la cronaca, la bottiglia Meraviglie”. •
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Focus Beverage
Mezzacorona, innovazione e sostenibilità Il Gruppo trentino continua a crescere in termini di offerta e di fatturato. Rispetto per l’ambiente e qualità dei vini sono elementi irrinunciabili e certificati.
il 20%. Il patrimonio netto è aumentato – attestandosi a oltre 92 milioni – e sono aumentati anche i collaboratori del Gruppo, che salgono di 7 unità rispetto al 2015, raggiungendo quota 441. Si tratta di risultati importanti, che vanno ad arricchire un intenso cammino lungo 113 anni e contraddistinto dalla continua volontà di investire nell’innovazione, nella sostenibilità, nella promozione internazionale dei vini trentini, nello sviluppo di nuovi mercati, nella visione aperta dell’impresa agli altri soggetti del territorio. Non solo dichiarazioni di intenti, ma fatti concreti: In particolare, negli ultimi anni gli sforzi aziendali si sono concentrati sullo sviluppo commerciale e i frutti di questo impegno non hanno tardato ad arrivare: oggi Mezzacorona esporta i propri
Periodo di grandi soddisfazioni per il Gruppo Mezzacorona, a cominciare dai risultati economici. Il bilancio 2016 - che, peraltro, visti i notevoli cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni nelle epoche di conferimento delle uve, è stato chiuso il 31 luglio, dunque con un mese di anticipo rispetto ai canonici 12 mesi – ha avuto un esito senz’altro positivo. Il Gruppo ha infatti sviluppato un fatturato che supera i 163 milioni di euro e un utile che sfiora i 2 milioni di euro, con una crescita di circa
In questa pagina: ai piedi delle Dolomiti la Cantina Rotari a Mezzacorona (Tn); Luca Rigotti presidente di Mezzacorona; nella pagina a fianco: l’interno della cantina.
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prodotti in oltre 60 Paesi del mondo valorizzando la notorietà e l’immagine del Trentino. L’export infatti costituisce l’80% del volume di affari, con una forte presenza negli Stati Uniti, in tutta l’area tedesca (Germania, Austria, Svizzera), nella Scandinavia, nel Regno Unito, nel Canada, nell’Europa dell’Est ed in Russia, nell’Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina). Ma c’è un altro risultato che vale la pena sottolineare: nell’annata agraria 2015-2016 il Gruppo ha raggiunto un nuovo record: quasi 54 milioni di liquidato totale per i soci. Mezzacorona – i cui marchi di proprietà sono Mezzacorona, Rotari, Tolloy, Feudo Arancio- gestisce circa 3500 ettari di vigneti, concentrati sia in Trentino Alto Adige (tra questi la maggioranza dei pregiati vigneti di Teroldego Rotaliano Doc) sia in Sicilia, tutti curati con sistemi di produzione integrata e con la massima attenzione alla sostenibilità. E quello del rispetto del principio di sostenibilità ambientale è un impegno costante perseguito dall’azienda: Mezzacorona è la prima azienda del settore vitivinicolo italiano a pubblicare il Bilancio di Sostenibilità secondo lo standard GRI, così come ha ottenuto, nel 2016, la Certificazione delle uve prodotte secondo il Sistema di Qualità Nazionale per la Produzione Integrata (S.Q.N.P.I.), tappa fondamentale e necessaria per poi giungere alla Certificazione del vino. Va anche sottolineato, proprio nell’ottica della sostenibilità ambientale e sociale, il grande recupero urbanistico e territoriale dell’area ex-Samatec, che oggi è diventata la Cittadella del Vino di Mezzocorona, un punto di riferimento anche per l’offerta turistica del Trentino con quasi 40.000 ospiti e visitatori all’anno. Recentemente è stato inaugurato anche il nuovo percorso storico, frutto della pubblicazione “Cultura e tradizione della vite a Mezzocorona” e di un impegnativo lavoro di valorizzazione culturale della millenaria realtà vitivinicola della Piana Rota-
La Cantina e i suoi vini top Cogliendo l’occasione dell’ultima edizione di Vinitaly, Mezzacorona nel 2017 ha presentato due novità. La prima è “Rotari 40 anni”, una Riserva di Rotari Trentodoc realizzata secondo l’Antica Ricetta della Cantina, in edizione limitata e con una raffinata veste dorata. La seconda è lo spumante extra dry “Accussì” Feudo Arancio, uno charmat dai profumi intensi della Sicilia, a base Grillo. Tra gli altri pilastri enologici e qualitativi della produzione del Gruppo, il Teroldego Rotaliano “Nos” 2009, la linea competa di varietà per la ristorazione “Castel Firmian”, la linea completa degli spumanti Rotari Trentodoc (ed in particolare il Rotari Flavio 2008), il ricco ventaglio dei vini siciliani di Feudo Arancio e i vini a marchio Tolloy (Alto Adige Doc). Dalla Sicilia anche il Tinchitè Rosè Feudo Arancio a base Frappato, affiancato al gemello Tinchitè Bianco a base Grillo.
liana e di Mezzocorona in particolare. Accanto al percorso vi è anche la suggestiva barricaia storica con il caveau delle migliori annate dei vini Mezzacorona che si affianca al prezioso caveau della Cantina Rotari con le bottiglie più pregiate delle annate di Rotari Trentodoc. A chiudere la carrellata di successi inanellati negli ultimi tempi, anche un importante riconoscimento professionale. Allo scorso Vinitaly, Mauro Varner, che dal 2000 lavora come responsabile degli agronomi del Gruppo Mezzacorona è stato insignito del “Premio Angelo Betti-Benemerito della Vitivinicoltura 2017”, prestigioso riconoscimento alle personalità di spicco della vitienologia nazionale che si sono distinte nella loro carriera professionale per competenze e capacità universalmente riconosciute. •
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Focus Wine
Cantina Tramin un vigneto Epokale di Giovanna Moldenhauer
Un Gewürztraminer abboccato, che nasce da vigneti con quasi trent’anni di vita. Si chiama Epokale il nuovo Gewürztraminer di Cantina Tramin. Un vino che affonda le proprie radici nella storia altoatesina, frutto della ricerca dell’azienda cooperativa di Termeno che ha fatto del Gewürztraminer la propria missione con etichette davvero rinomate come Nussbaumer e Terminum, ogni anno premiate con i massimi punteggi delle guide. “Ormai da parecchi anni - spiega Wolfgang Klotz, direttore commerciale di Cantina Tramin - ci stiamo impegnando nella valorizzazione di questo vitigno e la nostra azienda è ormai riconosciuta da tutti come la Casa del Gewürztraminer. Ora abbiamo
“Continua la strada della valorizzazione di questo vitigno, sottolinea Wolfgang Klotz, responsabile della Cantina”
voluto realizzare un vino che ne esplorasse il potenziale di longevità e per farlo siamo andati indietro nel tempo, di almeno due secoli, quando nel Sudtirolo il Gewürztraminer veniva spesso proposto con un generoso residuo zuccherino”. Per ottenere Epokale, che si pone già come fra le punte di diamante della produzione, sono stati scelti due tra i vigneti più vecchi dai 20 ai 30 anni, nei dintorni del maso Nussbaumer, sulla fascia collinare ai piedi del massiccio della Mendola, con esposizione a sud-est che beneficiano di forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Fattori che uniti all’insolazione della zona, alle caratteristiche del vitigno ne evidenziano i precursori aromatici. La prima annata è frutto della vendemmia 2009,
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con raccolta a fine ottobre e una resa in vigneto di 45 quintali per ettaro. Dopo la vinificazione con pressatura soffice, il vino ha sostato per 8 mesi sui lieviti prima di essere imbottigliato ed essere portato, ad agosto 2010, nella miniera di Monteneve, in Val Ridanna, ad oltre 2000 metri di quota. Si tratta di una miniera dismessa di metalli preziosi, oggi sede del Museo Provinciale delle Miniere. Qui è stato stoccato al buio, a 4 chilometri dall’imbocco della galleria e ad una profondità di 450 metri sotto la montagna. La temperatura di 11° e l’umidità del 90% sono costanti per tutto l’anno, la pressione atmosferica pari a quella esterna. “Sappiamo da sempre – spiega Willi Stürz, direttore tecnico di Cantina Tramin – che i vini conser-
Nella pagina a fianco: veduta sul vigneto nei dintorni del maso Nussbaumer, a Sella, piccola frazione di Termeno (Bz) dove nasce Epokale; in questa pagina: l’enologo Willi Stürz (a sinistra) con il direttore della Cantina Tramin Wolfgang Klotz; una bottiglia di Epokale.
vati in alta quota sono migliori di quelli del fondo valle: temperatura e pressione atmosferica influiscono positivamente. Non disponendo di uno spazio adeguato per uno stoccaggio di lungo periodo in cantina, abbiamo scelto di portare le bottiglie nel luogo dove potessero avere le condizioni migliori possibili. In una miniera di alta quota sono praticamente perfette”. Il risultato dell’affinamento in miniera ha risposto alle aspettative “Siamo particolarmente orgogliosi - commenta il direttore del Museo Provinciale di Ridanna, Andreas Rainer - per questa nuova funzione della nostra miniera. Un luogo perfetto a questo scopo, tanto che dopo l’arrivo delle bottiglie di Cantina Tramin, ci sono giunte da altri produttori richieste simili”. Ne è risultato un vino potente, con un residuo zuccherino ben percepibile, ma perfettamente bilanciato da una nota di freschezza. Il colore è indubbiamente giallo dorato brillante. Lo spettro olfattivo è particolarmente ricco ed esalta il concetto di suadenza olfattiva di cui Cantina Tramin si è fatta interprete nel territorio. Una complessità che spazia dalle note floreali e fruttate tipiche della varietà e
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ancora ben percepibili (dal litchi ai petali di rosa, dai fiori bianchi ai frutti esotici) a un ampio spettro di sentori speziati dolci (chiodi di garofano, cannella, noce moscata, zenzero) e gradevolissime note minerali che si accentuano con il tempo rendendo Epokale sempre più corposo, profondo e succoso. All’assaggio è potente, ma al tempo stesso elegante, con una decisa mineralità e freschezza, con un contenuto zuccherino evidente che trova bilanciamento con la speziatura tipica, regalando un sorso armonico e persistente. Si abbina a piatti salati dominati da una componente speziata, formaggi a crosta lavata oppure ai classici dolci della montagna altoatesina come la Kaiserschmarrn, lo strudel di mele o di albicocca. Cantina Tramin ha proposto alla stampa, intervenuta alla presentazione del nuovo vino, un confronto alla cieca con cinque noti Gewürztraminer alsaziani in parte da vendemmia tardiva, uno tedesco della zona di Pfalz e la sua vendemmia tardiva Terminum. Il giudizio complessivo dei partecipanti sulle caratteristiche di Epokale è stato di grande equilibrio tra la profondità e la struttura, la mineralità e la speziatura, sostenuti da una lunga persistenza. Possiamo affermare con certezza che questo vino, lontano dai canoni oggi considerati tradizionali per il Gewürztraminer altoatesino, è pronto a ridefinirne i confini e a spostare l’orizzonte di quanto si può ottenere da questa varietà. •
Libri
Il capolavoro di Berton, la collana di Pollenzo e le foto di Cioffi
Titolo: Non è il solito brodo Autore: Andrea Berton Editore: Mondadori Pagine: Prezzo: 35,00 €
Titolo: Popoli senza frontiere Autore: AA.VV Editore: Slow Food Pagine: 286 Prezzo: 16,50 €
Titolo: Cultura e tradizione della vite a Mezzocorona Autore: Leone Melchiori Editore: Centro di studi rotaniani Mezzacorona Pagine: 114 Prezzo: -
Titolo: Excellence Autore: Ferdinando Cioffi Editore: La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori Pagine: 316 Prezzo: 120 €
Berton, un libro a due facce Venticinque anni di cucina, raccontati dal protagonista attraverso esperienze, ricette, aneddoti. Il libro dello chef Andrea Berton, con illustri prefazioni di Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse, è un capolavoro editoriale, ricco di testimonianze che mettono in evidenza la grande passione del cuoco ma anche l’attenzione estrema ai dettagli del suo lavoro, la cura certosina nel selezionare la materia prima e nel trasformarla in piatti che siano memorabili. Il libro ha due facce, l’una dedicata alle ricette tradizionali di Andrea, l’altra alla loro “replicabilità”, proposta in chiave semplificata e dedicata agli appassionati e ai gourmet. Un libro da leggere e utilizzare.
Le tradizioni delle minoranze Con questo volume di apre la collana di “Pollentia University”, volta a pubblicare studi e ricerche sviluppate e condotte dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. Una nuova serie editoriale che vuole essere un ponte ideale tra il passato e il presente, e che vuole esprimere i risultati accademici dell’Ateneo. Il primo libro analizza i cibi e i riti delle minoranze linguistiche storiche d’Italia, indagandoli e interpretandoli in funzione del nesso che li unisce al tempo di feste e ai riti. I saggi sono opera di antropologi e studiosi delle tradizioni gastronomiche italiane, i protagonisti sono gli Occitani, i Friulani, gli Sloveni del Friuli, i Croati del Molise i Griki del Salento, e gli Arbereshe della Calabria.
Vitivinicoltura millenaria a Mezzacorona In occasione dei 110 anni di fondazione della Cantina Mezzacorona, celebrati nel 2014, il Consiglio di amministrazione ha voluto donare alla comunità locale una ricerca storica sul ruolo della vitivinicoltura nella realtà di Mezzocorona e del suo territorio. A Leone Melchiori il compito di studiare le origini e lo sviluppo della cultura della vite, del vino, e del lavoro di campagna nel corso dei secoli nella realtà di Mezzocorona, intrecciando queste vicende con quelle storiche e sociali che hanno accompagnato la comunità in un lungo arco di tempo. Il libro, ripercorrendo mille anni di storia, narra l’affermazione della vitivinicoltura in terra rotaliana, raccontando il rapporto strettissimo tra territorio, valori dell’attività agricoltura e tessuto sociale.
Il fotografo artista Excellence è l’opera di Ferdinando Cioffi dedicata alle eccellenze italiane e internazionali. Nella prefazione del libro, Alberto Schieppati, il direttore di Artù descrive Cioffi come ritrattista nato, professionista che ha seguito in prima persona lo scenario evolutivo dell’alta ristorazione, ma in generale di tutto quello che riguarda “il bello e buono”. Dall’opera emerge il suo amore incondizionato per tutto ciò che è “unconventional”, nonché la sua capacità di sintonizzarsi con l’espressione dei personaggi che ritrae. Un libro da sfogliare e da conservare gelosamente, un’opera d’arte che sottolinea come, nel caso di Ferdinando Cioffi, il confine tra fotografo e artista sia inesistente.
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La Ricetta di Artù
Esco alla ricerca dell’anatra perfetta a cura di Maurizio Bertera
Anatra laccata, crostino con il suo fegato grasso e frutta spadellata Ingredienti per quattro persone 2 petti d’anatra da circa 400/500 grammi
Francesco Passalacqua, nel ristorante in zona Tortona, a Milano, propone un grande piatto.
per la marinatura: 200 gr di miso scuro 40 gr di mirin 40 ml Moscato d’Asti 10 gr di soia
Ci sono posti che mettono immediatamente a proprio agio: Esco è uno di questi e giustifica la sua insegna con il piacere di non cenare a casa – peraltro è aperto pure a pranzo – ma senza cercare l’Esperienza. La bravura di Francesco Passalacqua, cuoco che serenamente potrebbe guidare uno stellato o la cucina di un cinque stelle, è quella di aver creato e sapere gestire un ambiente ‘leggero’, informale ma non
per la frutta: 1/2 mela golden 1 pesca 4 albicocche 1/4 di melone 80 gr di zucchero 1 pizzico di sale Pane brioche e terrina di fegato grasso d’anatra
Procedimento
banale (la sala principale è davvero piacevole), con un servizio efficiente e sorridente. Il tutto in via Tortona, zona cool della Nuova Milano. Per Artù, Francesco ha scelto un piatto di carne, utilizzando l’anatra (“Per me sottovalutata, la trovo una carne raffinata e buonissima” sottolinea) con fantasia, tecnica e un pizzico di contaminazione come vuole la tendenza: la marinatura unisce il piemontesissimo Moscato – in omaggio alle origini di Passalacqua – a elementi giapponesi, anche se la laccatura da sempre è vanto dei cuochi cinesi. La frutta spadellata, tipicamente
padana, contrasta perfettamente con la carne che in definitiva è l’unico ingrediente a richiedere estrema attenzione nella ricetta. “Al di là che bisogna chiedere a un fornitore di fiducia o a un macellaio esperto, la cottura va tenuta sotto controllo in modo costante perché la carne deve restare tenera al punto giusto” spiega. Cosa berci insieme? “E’ un piatto che si abbina bene sia a un bianco sia a un rosso, quindi mi piace sia il Derthona 2015 di Walter Massa o il Barbera superiore 2014 di Vajra. Grandi vini piemontesi”. Chissà perché, ce lo aspettavamo.•
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In una ciotola miscelare bene il miso con i liquidi. Posizionare i petti in un contenitore, coprire con la marinatura e successivamente con la pellicola a contatto. Tappare il contenitore e lasciare riposare in frigo per 24h. Il giorno seguente scolare e trasferire in una placca da forno i petti, senza sciacquarli o tamponarli con carta. Aggiungere un mestolo di acqua nella placca, coprire con alluminio e cuocere in forno a 120 gradi per circa 35/40 min. A cottura ultimata lasciare riposare per 20 minuti circa. Tagliare la frutta a cubetti. Spadellarla con lo zucchero e un mestolino di acqua a fuoco vivace per 5 minuti circa. Tostare i crostini di pan brioche. Al momento del servizio scaldare l’anatra in padella antiaderente con un goccio di olio evo e rosolare bene sia dalla parte della pelle che quella della della carne. Una volta scaloppata, adagiate il petto nel piatto, insieme alla frutta spadellata e al crostino di foie gras. M.B.
Gusto e mercati
Non basta un buon prodotto, occorre saperlo “condire” di Vincenzo Russo*
L’esperienza gustativa può essere modificata da elementi apparentemente collaterali. Lo dimostra uno studio condotto da un gruppo di neuroscienziati. Le neuroscienze hanno ormai dimostrato che “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”. Secondo il noto neurobiologo LeDoux (2014), la prima reazione cerebrale alle stimolazioni sensoriali coinvolge immediatamente il Sistema Limbico. Un’area in cui è presente sia il sistema delle emozioni che della memorizzazione (l’ippocampo). Solo in un secondo istante viene attivata la parte più razionale del nostro cervello, ovvero la “nobile” corteccia cerebrale. Secondo queste teorie, corroborate dalla nostra esperienza sul campo, l’emozione non solo contribuisce in maniera de-
terminante nelle decisioni, ma modifica la percezione del mondo. Ciò vale soprattutto nel campo dell’enogastronomia, dove l’esperienza gustativa può essere modificata da elementi apparentemente collaterali, ma che contribuiscono a rendere l’esperienza più gradevole e a farla memorizzare come tale. Si pensi, per esempio, alla scelta dei colori degli ambienti: un colore caldo e accogliente, tendente al giallo carico, facilita la percezione di calore di un ambiente; un colore violetto scarico delle pareti rende l’esperienza più “grigia”, facendo percepire i sapori in maniera diversa. La presenza di piante finte o di una luce bianca rende meno gradevole l’assaggio di certi prodotti. Lo stesso vale per le musiche di sottofondo. In una ricerca condotta da North e colleghi è stato dimostrato che la presenza di musica francese in un’enoteca fa aumentare la vendita di vini francesi, l’uso di una musica tedesca di quelli tedeschi, cosi come una musica classica di sottofondo spinge i consumatori a spendere un po’ di più rispetto ad un sottofondo con musica pop (North et al. 1999). L’effetto si può avere anche sul modo di presentare i piatti in un menù. In
Attivazione della Corteccia Orbito-Frontale in blind e della Corteccia Prefrontale Dorso-Laterale e dell’Ippocampo quando si riconosce il brand.
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un esperimento condotto in una caffetteria si è studiato l’effetto differenziato che possono avere etichette descrittive ricche di riferimenti e le etichette neutre. Anche in questo caso la reazione dei consumatori è stata completamente diversa, facendo percepire diversamente i prodotti e modificando la percentuale di vendita. Per sei settimane, sei prodotti alimentari sono stati etichettati in maniera diversa, ovvero con etichette più descrittive o con etichette neutre (standard): per esempio, “New York Style Cheesecake con salsa di cioccolato Godiva”, oppure semplicemente “Cheesecake”. Analizzando l’effetto sui consumatori i risultati dimostrarono che le etichette descrittive vennero scelte nel 27% dei casi in più rispetto alle altre e che l’effetto sula percezione del gusto fu notevole. I prodotti vennero graditi di più. Inoltre i consumatori dichiararono non solo di essere disponibili a pagare quasi il 10% in più per ogni voce di menu descrittivo, ma si è rilevato un effetto positivo anche sulla percezione della caffetteria che è stata percepita di migliore qualità. L’effetto si è generalizzato anche al luogo di vendita. La domanda che sorge spontanea è com’è possibile che si possa modificare la percezione del gusto e degli ambienti grazie agli effetti collaterali della comunicazione? In realtà gli studi sull’effetto della buona comunicazione sulle aspettative e sulla percezione dell’esperienza sono numerosi. Uno di questi, che ci permette di capire l’effetto sul cervello, è stato condotto da un gruppo di neuroscienziati guidati da MacClure nel 2004. L’esperimento è nato dal confronto tra le due note bevande, Coca Cola e Pepsi. La finalità della ricerca era quella di valutare in due diverse fasi, assaggio in blind (alla cieca) e in situazione informata (conoscendo i brand delle due bevande) la preferenza del campione, misurando non solo la gradevolezza dell’esperienza degustativa ma anche quelle zone del cervello vengono attivate durante la sperimentazione. Durante la sperimentazione in fase di assaggio in blind i consumatori dichiararono di preferire la Pepsi o Coca Cola in maniera non particolarmente differenziata. Dall’analisi dei dati rilevati con la risonanza magnetica si è rilevato che l’attivazione cerebrale principale, in questa fase in blind si è rilevata nella Corteccia Prefrontale Ventromediale (VMPFC), in genere correlata all’attivazione determi-
“E’ dimostrato: non
quella avuta dalla semplice atnata da ricompense in condizioni siamo macchine tivazione sensoriale. Un ulteriodi appetito, un’area che si attiva re dimostrazione che la comuquando si degustano cibi che si pensanti che si nicazione e la costruzione di un preferiscono. La parte più interemozionano, ma mondo di significazione a essa essante della ricerca è la regisassociata contribuisce a fare trazione dell’attivazione cerebrale macchine emotive percepire i prodotti in maniera nel caso in cui i soggetti erano in che pensano” diversa, anche grazie a una dicondizione di assaggio delle bevversa attivazione cerebrale. L’atande avendo le informazioni del tivazione della regione dorsolatbrand. In questo caso gli autori erale della Corteccia Prefrontale registrarono una maggiore prefè, infatti, condizionabile dalla comunicazione e conerenza dichiarata per la Coca Cola e l’attivazione di tribuisce alla costruzione delle preferenze come la un’altra area cerebrale. Sapendo di assaggiare Coca zona ventromediale con la differenza che questa si Cola si è registrata l’attivazione della zona del cerattiva con le stimolazioni sensoriali e l’altra si attiva vello correlata con la memoria (l’ippocampo) e con grazie alle aspettative condizionate dalla comunicale emozioni piacevoli ovvero la Corteccia Prefrontale zione. Per questo non si può lasciare all’arbitrarietà Dorsolaterale, il talamo e la corteccia visiva. D’altra o all’improvvisazione la scelta delle stimolazioni amparte la visione del brand Pepsi non ha generato bientali o la descrizione dei prodotti nei menù, nel la stessa attivazione escludendo che questa pospackaging e nelle etichette, senza saperli “condire” sa essere determinata dalla vista del brand. Sapere adeguatamente. Oggi con il neuromarketing è posdi assaggiare la Coca Cola aveva attivato nel camsibile misurare l’effetto di questi processi, rendendo pione un’area del cervello connessa alla memoria più efficace non solo la comunicazione, ma anche il e alle emozioni, permettendo di avere un’esperienprodotto e il suo di vendita. • za sensoriale percepita diversa e migliore rispetto a
* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano
Bibliografia • LeDoux J.E. (2014), Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Baldini e Castoldi, Milano. • McClure S.M., Li J., Tomlin D., Cypert K.S., Montague L.M., Montague P.R. (2004), «Neural correlates of behavioral reference for culturally familiar drinks», Neuron, 44, pp. 379-387. • North, A, C., Hargreaves, D, J., & McKendrick, J. (1999). The Influence of In-Store Music on Wine Selections. Journal of Applied Psychology, 84(2), 271-276. • Wansink, Brian, James Painter, and Koert van Ittersum (2001), “Descriptive Menu Labels’ Effect on Sales,” Cornell hotel and Restaurant Administration Quarterly, December 42:4,68-72.
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Pillole Le Soste, largo ai giovani Dalla collaborazione tra l’Associazione Le Soste è tre noti Istituti Professionali – il Carlo Porta di Milano, l’Istituto Alberghiero Mellerio Rosmini di Domodossola e l’IPSSAR di San Pellegrino Terme – è stato finalizzato un percorso di apprendistato per 55 studenti. I Soci delle Soste hanno ospitato gli studenti presso i loro locali; particolare interesse da parte dei Soci è stato riscontrato per gli stagisti di Sala, tanto che l’Associazione si ripromette di creare un numero maggiore di posti per il prossimo anno.
Pasticceria Knam compie 25 anni
Caffè Vergnano arriva in Giappone
Nasce Spumante Garda DOC
Venticinque anni intensi, sempre a Milano, sempre in via Anfossi 10, dove i locali si sono rinnovati ma non hanno perso lo spirito e l’ispirazione dello Chef e Mâitre Chocolatier Ernst Knam. Una posizione “strategica”, ma anche affettiva: Knam arriva infatti in Italia nel 1989, alla corte di Gualtiero Marchesi, in Bonvesin de la Riva, a due passi da via Anfossi. E lì trova la sua di-
Novità per Caffè Vergnano 1882, che ha recentemente aperto una caffetteria all’interno di Eataly Tokyo, situato all’interno della Tokyo Station. Lo spazio riprende il concept consolidato del format Caffè Vergnano 1882, la catena che conta oltre 130 negozi in tutto il mondo: sul bancone centrale l’iconica macchina Belle Epoque di Elettra per l’espresso italiano; a scaffale la gamma di lattine e grani da 250 grammi per degustare il prodotto anche a casa. La mission è di esportare l’autentico espresso italiano in tutto il mondo, mission che si consolida grazie alla crescita dell’export che registra un + 5%.
Nasce da un confronto costruttivo tra 10 denominazioni riunite in un unico brand, il nuovo progetto del Consorzio Garda Doc. Si tratta dello Spumante Garda Doc, non una semplice bollicina, ma un programma di valorizzazione, una sfida che il Consorzio di Tutela ha portato a termine attraverso la modifica del disciplinare di produzione con l’inserimento della tipologia spumante bianco che, per decreto, deve riportare in etichetta il solo nome della denominazione Garda. Gli obiettivi sono chiari: toccare, in breve tempo, i 20 milioni di bottiglie, tante quante sono all’incirca le presenze turistiche nel bacino gardesano.
Grandi chef all’NH torinese Ottimo riscontro per la serata organizzata lo scorso luglio all’NH Collection Torino di piazza Carlina. Una cena a sei mani che ha visto protagoniste le creazioni dello chef residente Vasyl Andrusyshyn, quelle di Stefano Sforza del Ristorante Les Petites Madeleines, e quelle di Salvatore e Piero Sanna, di Gigi Cucina Urbana. Merito della creatività degli chef, ma merito anche delle materie prime fornite da Gran Chef, noto fornitore di prodotti alimentari freschi provenienti da tutto il mondo, che genera un fatturato di 75 milioni di euro.
Cinquanta anni di Lugana DOC Da oltre 50 anni l’azienda vitivinicola Zenato ha saputo interpretare le potenzialità di un vitigno autoctono, rendendolo un grande bianco e contribuendo alla creazione della DOC (tra le prime in Italia) che quest’anno festeggia i suoi primi 50 anni. In particolare, Zenato Lugana DOC Metodo Classico Pas Dosé è l’interpretazione del vitigno Trebbiano di Lugana lasciato pas dosé, il che ha consentito di esaltare al massimo il terroir da cui proviene.
Restyling per i decanter Riedel mensione perfetta, oltre che una filosofia di vita e di lavoro trasmessagli dal Maestro dei Maestri. La celebrazione dei 25 anni non è solamente un momento di festa, ma anche l’occasione per lanciare tre nuove linee di prodotti, che caratterizzeranno la prossima produzione. Tra cui spicca la linea salata.
Riedel Crystal presenta le nuove edizioni di Mamba, Amadeo e Cornetto, storici decanter del marchio austriaco, che vanno a completare la collezione di calici dallo stelo colorato Fatto a Mano. Realizzati a mano in fine cristallo nella vetreria di Kufstein, Austria, questi decanter hanno subito un’elegante metamorfosi: la loro silhouette è impreziosita da una striscia di cristallo bianco rac-
Un piano per la Franciacorta
Broggi, Villeroy e la tavola professionale Le posate Broggi e i piatti Villeroy & Boch sono stati protagonisti di OFF – Ottaviano Food Festival -, l’evento che ogni anno promuove e valorizza le eccellenze enogastronomiche del territorio vesuviano e regionale, e di Versilia Gourmet, la cena esclusiva che si svolge all’intero del luxury hotel Principe di Forte dei Marmi. I due marchi hanno dunque accompagnato le creazioni di numerosi chef stellati, valorizzando la tavola e i piatti.
Alto Adige in festa
È stato approvato lo scorso luglio il Piano Territoriale Regionale d’Area (PTRA) della Franciacorta, il primo piano di governo territoriale dedicato ad una Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Uno strumento teso a valorizzare le potenzialità ambientali e culturali di questo territorio che, nonostante l’antropizzazione, resta molto sensibile ai beni naturalistici esistenti, al valore paesaggistico e alla sostenibilità, nonché convinta che l’organizzazione delle risorse locali possa proiettare le enormi potenzialità dell’area su scenari nazionali e internazionali.
chiusa tra due linee di cristallo nero, che ne esaltano il design dinamico. Praticità e dettagli di stile si fondono al meglio per dare vita a oggetti unici che permettono di ossigenare ogni vino ed esaltarne la degustazione.
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Artù agosto/settembre 2017
Dal 30 settembre al primo di ottobre, a Santa Maddalena, Val di Funes, va in scena la quindicesima edizione della Festa dello Speck Alto Adige. Ad allietare gli ospiti, oltre a un mercato di specialità regionali in cui lo speck sarà il grande protagonista e ai forni pronti a servire il fragrante pane tipico dell’Alto Adige, ci saranno anche canti e danze folcloristiche. L’iniziativa è voluta dall’Associazione Turistica Val di Funes, dal Consorzio tutela Speck Alto Adige e da IDM Alto Adige. Nelle stesse giornate si terrà anche, a Bressanone, il Mercato del pane e dello strudel.
La foto di Artù
Vito De Feudis (a destra), sommelier e barman, con un suo collaboratore. L’altro bar, a Milano, è stato recentemente ristrutturato all’insegna di un’offerta di caffè espresso che punta sulla valorizzazione di sei nuove “monorigine” della linea Puro.
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Artù agosto/settembre 2017
Alberto’s choice
Ho Tuan Minh, Paolo Longoni Due giovani talenti scelgono strade coraggiose VERI PIATTI VIETNAMITI IN PIENA REGOLA
LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta
HA LONG BAY STAZIONE CENTRALE Piazza IV Novembre 1 02 66703875 20124 Milano Sempre aperto
Ho Tuan Minh è un ragazzo sveglio. Vietnamita del nord, quando ha capito che Milano poteva essere la piazza giusta per trasmettere il valore della cucina del suo Paese, ha lavorato per realizzare il suo sogno. La cucina vietnamita, troppo spesso sottovalutata in Europa o, spesso, non eseguita correttamente, ha dunque trovato sbocchi nuovi, risorse inedite. Gli sforzi di Minh, che ha avuto la fortuna di incontrare un personaggio del calibro di Giuseppe Vaccarini (insieme nella foto sotto), già presidente dell’Associazione italiana Sommelier e uomo di grande esperienza, il quale gli sono sicuramente stati di aiuto per trovare la sua strada professionale. Ora Minh è responsabile, con un socio, del ristorante Ha
Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Long Bay, il cui nome si ispira alla omonima baia nel golfo del Tonchino, in Vietnam, di fronte a un arcipelago di ben duemila isolette. Un posto incantevole, il cui nome è stato ripreso per dare l’insegna a un locale di cucina di schiettamente vietnamita, senza troppe velleità modaiole, ma autenticamente riproposta senza rivisitazioni da due cuochi, ovviamente, vietnamiti e osservanti della tradizione. Una volta entrati nell’unica, ampia sala, di Ha Long Bay, in Piazza IV Novembre a Milano, ovvero sul lato ovest della Stazione centrale, non esitate a farvi consigliare da Minh: vi proporrà un percorso attraverso piatti-icona della cucina del Vietnam del Nord, tanto gustosi quanto leggeri nella propria dimensione calorica. Da provare, fra le entrate, i Ravioli fritti con gamberi o la Gòi Gà, ovvero l’insalata di pollo che può risultare un ottimo apriprista perla cena. Non male anche Nem Nuong, ovvero Carne di maiale macinata alla griglia con lemon grass. Fra i primi, Eccellente il Pho (foto sopra), un piatto ricco, nella versione a base di Brodo di carne con noodles e carne di manzo e di pollo. Notevoli anche gli Spaghettini di riso al vapore con manzo e germogli di soja, o gli Involtini di riso al vapore con prosciutto cotto, o il Riso saltato alla vietnamita. Molti i piatti a base di carne, manzo, pollo o maiale, tipici della cucina vietnamita: Manzo saltato con porro e sedano, Manzo arrotolato con verdure asiatiche, Manzo saltato con curry, Pollo fritto, con il sale speciale di Ha Long (ricorda quello di Cervia), Pollo saltato con curry. Il capitolo del menù dedicato ai frutti di
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Artù agosto/settembre 2017
Due corone = Linea di cucina corretta
Una corona = Cucina dignitosa e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza
Due cervelli = Ragionevole
Un cervello = Abbastanza ragionevole
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
A
Artù Numero 84 agosto/settembre 2017
Alberto’s choice
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello
mare è ampio e direi smisurato: Calamari, Gamberi, Gamberoni, Pesce al vapore, Seppie alla griglia o anche al vapore. I dessert tipici vietnamiti sono molto interessanti e destinati a chi il dolce lo ama proprio, fino in fondo. Dalla carta, Zuppa dolce con soia rosa e gelatina, Torta di Manioca, Zuppa di Tapioca con latte di cocco. Bevande? Una ottima carta dei vini vi accompagnerà nell’esperienza gastronomica. Ma se vorrete, e lo suggerisco, la cucina vietnamita ben si abbina al Trà Xanh, il tè verde vietnamita , a Suà Dau Nanh, l’acqua di cocco, e alla Chanh Bac Ha Tuoi, la limonata fresca con foglie di menta.
GRANDE CUCINA NEL PIANETA POLENTA RISTORANTE ALBERGO BELLA VISTA
Via Adeletto Zerboni, 6 22020 Veleso (Co) Tel. 031 918932 www.bellavistacomo.com
panorama sul lago) e per la presenza di un giovane chef appassionato e tecnicamente preparato, Paolo Longoni con coraggio e abnegazione- propone la sua cucina di ricerca e di sapori. In una terra dominata dalla tradizione (spesso ripetitiva e talvolta un po’ becera, penso alla “cultura della polenta uncia”). Le proposte di Longoni sembrano più rivolte a un pubblico di appassionati gourmet che alla solita clientela che frequenta queste valli, che fatica ad andare oltre i soliti piatti. Nulla si vuole qui togliere alla tipicità (purché correttamente eseguita, lo stesso Longoni ha in carta Missoltitt, polenta e selvaggina) ma la storia dell’uomo e della società è fatta di crescita ed evoluzione, e non solo di nidi rassicuranti, o di “piatti-rifugio” che mettono al riparo dall’eventualità di dover azionare il cervello, oltre alle mandibole. Il Menù gourmet di Paolo Longoni è una specie di transatlantico, circondato, in carta, da altri piatti più easy, destinati alla clientela alla ricerca di qualità ma che “non vuole uscire dal seminato”. Ma, dicevo, il Menù 2017 è quello che ci ha colpito, per la ricchezza di proposte, per la loro bontà, per
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Difficile arrivare fin qui, certo. Ma la (relativa) lontananza dai grandi centri urbani non può essere una scusa, o un alibi, per chi esercita la professione di critico gastronomico o di giornalista specializzato. Dopo averlo visitato, questo Bella Vista di Veleso, fra il Piano del Tivano e il ramo occidentale del lago di Como, sorge spontanea la domanda: possibile che nessuno (o pochi, troppo pochi) si accorga dei gioielli gastronomici nascosti di cui l’Italia è costellata? Ne parlavo con un giornalista televisivo parigino, incontrato a Roma durante la presentazione di Attimi, il format aeroportuale di cui Heinz Beck è illustre testimonial operativo, che mi confermava la sua impressione su questa incredibile virtù italiana, ovvero di possedere vere e proprie risorse nascoste, magari non facilmente raggiungibili ma che, una volta raggiunte, rivelano la loro forza. Il Bella Vista è uno di questi luoghi, non tanto per la costruzione, tipicamente ispirata all’architettura alberghiera prealpina della metà del secolo scorso, quanto per la posizione (splendido
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le materie prime utilizzate. Certamente la scuola di Georges Blanc e di Gordon Ramsay, che Paolo ha frequentato durante i primi anni del duro mestiere di cuoco, hanno lasciato il segno, contribuendo a una formazione rigorosa. E aiutando il talento di Paolo a rivelarsi nella sua pienezza. Tanti i piatti da non perdere: fra gli antipasti, la Terrina di pollo con insalata novella, coulis di peperoni rossi sale e zenzero, il Carpaccio di manzo marinato con senape in grani, aceto balsamico, insalata e parmigiano: fra i primi, gli Gnocchi di patate, burro, salvia, capocollo dolce, pomodori confit e mandorle, i Tortelli ripieni di coda alla vaccinara (sopra), cioccolato amaro e zeste di arancia: un piatto, questo, che vale il viaggio e che è paradigmatico del percorso professionale di Paolo; fra i secondi, la Quaglia disossata ripiena di salsiccia, patate al timo e briciole di pepe nero, il Trancio di salmone al forno con caponata di melanzane, salsa allo zenzero e peperoncini dolci, il Maialino da latte con purè di patate e porri, cipolle caramellate e mele. Carta dei vini molto semplice, con valide etichette, ma si può fare di più.
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Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro
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