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Bar | Alberghi | Ristoranti
COVER STORY Filippo Sisti, bartender, con la squadra del Talea L’INTERVISTA Stefano Baiocco, chef audace e determinato
GRANDI CHEF Niko Romito approda al milanese Bulgari L’OPINIONE Stefano Bonini su TripAdvisor Ottobre 2018
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Editoriale
Passione fa rima con motivazione Si avvicina l’appuntamento milanese dedicato alla PASSIONE, che vedrà riunti professionisti del B.A.R. (chef, bartender, uomini e donne di sala, formatori, direttori di albergo ecc.) impegnati nell’affermazione di questo valore fondamentale. In tanti hanno già aderito alla nostra proposta, che ha innanzitutto l’obiettivo di contribuire alla crescita e all’innalzamento qualitativo del comparto della ristorazione, dei bar e degli hotel, in tutte le loro espressioni. Impresa ardua, dirà qualcuno… La passione, come spesso ci fanno notare, è figlia della motivazione e, quando questa manca, è difficile che possano esistere coinvolgimento, audacia, senso di appartenenza, desiderio, insomma, in una parola passione. Questa osservazione, però, è vera soltanto in parte. E cerco di spiegarvi il perché: anni di giustifi-
Villa d’Este, Cernobbio. Un esempio di professionalità
cazionismo e di appiattimento ci hanno allontanato progressivamente dal concetto di meritocrazia, dalla possibilità di esprimere il proprio talento e di vederne apprezzato e valutato il valore, l’unicità e l’importanza, nella vita e nella professione. Un certo egualitarismo astratto e inconcludente ha spesso nascosto i meriti di alcuni in nome dei limiti di tanti: un adagio consolatorio, fatalistico, del tipo: “siamo tutti nella stessa barca”, “tanto non cambia nulla” e via dicendo. Fatalismo e spirito di resa, insomma. Ma non è così, non deve essere così. Se così fosse, il mondo si fermerebbe e, al massimo, esprimerebbe un grande lamento collettivo, un boato triste, dannatamente sterile. Noi, lo abbiamo sempre detto, siamo dalla parte di chi lavora bene. Non di chi lavora così così. Il mio amico Gualtiero Marchesi diceva che “non è buono ciò che non è cattivo, è buono ciò che è buono”. Lo stesso vale per le persone. Sappiamo che dalla qualità dell’impegno individuale e dalla sommatoria dei singoli slanci, sforzi, impegni può nascere quel sistema, tanto agognato, di cui l’Italia ha molto bisogno. Ma attenzione, fare sistema non significa appiattirsi sulla mediocrità generale, bensì esaltare al massimo le proprie capacità e, soprattutto, vederle riconosciute. Qui subentra la motivazione, che nasce dalla capacità di riconoscere il talento altrui. Certo, cultura, impegno, esperienza, educazione contano parecchio. Ma senza la molla della passione, sarebbero doti ovviamente positive ma, allo stesso tempo, immobili e
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passive, esentate dalla possibilità di concorrere a un effettivo miglioramento. E’, questa, la differenza che c’è fra i “bravini” e gli “eccellenti”. Ecco il motivo per cui il tema del convegno di novembre è la Passione: valorizzare questo aspetto, questa caratteristica dell’animo umano (certo bisognosa di allenamento, esercizio, fiducia in se stessi e, ovviamente, della accettazione motivante da parte di chi ha in mano le redini delle imprese e la gestione delle risorse umane, qualora non siano nelle salde mani degli “appassionati”), è fondamentale per l’evoluzione qualitativa del settore, nonché per le proprie gratificazioni, oltre che per la soddisfazione finale del cliente. Che, fino a prova contraria, è il vero focus sul quale concentrarsi. Domandina: e se chi “comanda” non ha passione? Come fa a riconoscere la passione nei suoi collaboratori, supposto che gli interessi? Come può farlo diventare un vero plus? Non so dare una risposta valida per ogni situazione. Ma un suggerimento sì, mi sento di darlo. Non perdete tempo per dimostrare il vostro valore a chi non lo sa comprendere, ma utilizzate la vostra passione (e il vostro tempo) nella vita di ogni giorno, nella attività professionale, interagite con i vostri clienti, rendeteli felici. Senza preoccuparvi troppo di chi, anche se ha il potere, sarà solo un ostacolo alla vostra passione. •
Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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A un anno dal successo di Follow Artù, Edifis Eventi promuove BARtù 2018: due giorni di incontri, due convegni plenari, tavole rotonde, decine di relatori, sponsor d’eccezione, le associazioni più rappresentative del settore, un prestigioso Gala Dinner… Un grande evento dedicato al tema della PASSIONE, valore fondamentale per ogni performance positiva e vincente, declinato attraverso le diverse tipologie di offerta del B A R ovvero Bar, Alberghi, Ristoranti. B A R: l’HoReCa italiano di cui BARtù è l’autorevole e indiscusso portavoce.
BARtù2018 lo stato dell’arte di Bar, Alberghi e Ristoranti, attraverso le testimonianze dei PROTAGONISTI del settore HANNO GIÀ ADERITO:
IN COLLABORAZIONE CON
20 e 21 Novembre 2018
HOTEL MELIÀ - Via Masaccio, 19 - Milano
la passione
MARTEDÌ, 20 NOVEMBRE
BAR, ALBERGHI, RISTORANTI: DIVERSIFICARE CHE PASSIONE LE MILLE FORME DEL BAR RISTORANTE IN ALBERGO, LA PASSIONE INDISPENSABILE HOTEL, QUANDO LA PASSIONE CREA DESTINAZIONE CONFERENZA SUL NEUROMARKETING, RICONOSCERE IL CLIENTE DALLA PASSIONE
MERCOLEDÌ, 21 NOVEMBRE BAR, ALBERGHI, RISTORANTI: SERVICE, FACCIAMOLO DIVENTARE SAPIENS MATERIE PRIME, PASSIONE, COSTI, FATTIBILITÀ MIXOLOGY: MODA, TENDENZA O DOMANDA DEL MERCATO? CAFFÈ, PASSIONE PER L’ESPRESSO, E POI? VINO, QUALE FUTURO NEI BAR, ALBERGHI, RISTORANTI GALA DINNER E PREMI ALLA PASSIONE (su invito)
Per informazioni: bartu@edifis.it bartumagazine.it
Sommario
Editoriale 1 Passione fa rima con motivazione 6 B.A.R News Cover Story 24 Navigli milanesi La Talea del bartender Focus Bar 28 E Veuve Clicquot inventò l’assemblaggio 30 Morgana di Taormina. La passione abita qui 32 Food pairing, se il drink regge 34 Il Bartender? Fra classici e signature 38 A Roma l’aperitivo “si scatena” così 40 E sbicchieriamolo, ‘sto Bianchello 42 Besuschio, dolci iconici nella boutique golosa 44 HelloITA è su Alibaba L’intervista 46 “Le cose in cui credo” Protagonisti Food 50 Niko Romito, il Grand Tour approda al Bulgari 52 Crippa: istinto straordinario. E collaboratori affidabili 56 Giacomo Bulleri, re del format Focus Food 58 Praia Art Resort. Così si fa ospitalità L’opinione 62 TripAdvisor, diavolo o acquasanta? Focus Alberghi 64 Bella Sky a Copenaghen 68 La famiglia Nardi guarda sempre avanti 70 Al Relais San Lorenzo chef del mondo 74 Villa del Quar, cuore goloso della Valpolicella Protagonisti Equipment 78 Leonardi: “Stem Zero”, sempre più resistente La foto di BARtù 80 Eugenio Trascurato, patron della Trattoria del Vapore di Cernobbio La ricetta di BARtù 82 Alberto Riboldi. Maestria nel gusto 84 Pillole Alberto’s choice 86 All’Antica: trattoria sì, ma c’è anche il bar
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In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi
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In copertina: Filippo Sisti, bartender al Talea di Milano, con la sua squadra. Con grandi esperienze di mixology, Filippo ha lavorato, fra l’altro, da Carlo e Camilla in Segheria, uno dei locali milanesi di Carlo Cracco.
COVER STORY Filippo Sisti, bartender, con la squadra del Talea
BR L’INTERVISTA Stefano Baiocco, chef audace e determinato
GRANDI CHEF Niko Romito approda al milanese Bulgari L’OPINIONE Stefano Bonini su TripAdvisor Ottobre 2018
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Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro. seguici:
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B.A.R. News
Bottega appassiona gli orientali
I ristoranti del Buon Ricordo con due nuove insegne In tanti, sono ancorati alle tradizioni gastronomiche del nostro paese. Per salvaguardare questa importante funzione, è nata, nel 1964, l’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, un sodalizio che si pone, come obiettivo, quello di preservare la cultura dei nostri piatti, a fronte della moda che predilige la cucina internazionale. Al centinaio di ristoranti associati a questo fondamentale scopo, si sono aggiunte, nel 2018, due nuove insegne: Amerigo dal 1934 Trattoria e Locanda di Savigno (Bologna) e la Trattoria alla Luna di Gorizia. Entrambi, forti delle loro specialità: Ravioli di friggione (sostanziosa salsa a base di cipolle e pomodori pelati) con burro e Parmigiano Reggiano 36 mesi di Bianca Modenese per l’Amerigo dal 1934 Trattoria e Locanda di Savigno e Gnocchi dolci (tipici della tradizione goriziana, con ripieno di susine oppure di albicocche, fichi, uva o ciliegie) per la Trattoria alla Luna di Gorizia. Due, poi, nel 2018, i ristoranti del Buon Ricordo che hanno deciso di cambiare la loro specialità e quindi hanno un nuovo piatto a rappresentarli: il Mori Venice di Parigi proporrà Cicchetti della laguna e il Ristorante Salice Blu di Bellagio (CO) la Trilogia di pesce pescato nel lago di Como.
Chi ha avuto la fortuna di sbarcare a Tokyo, avrà, magari, assaggiato la cucina del ristorante AWkitchen, nel centro pulsante della metropoli giapponese, gestito da Akira Watanabe, considerato, in Oriente, lo chef più trendy e influente del momento. Proprio qui, ha avuto luogo, a settembre la Bottega Gold Night. Protagonisti dell’evento, che ha richiamato l’attenzione di oltre 400 persone tra esperti di comunicazione, business partners, modelli, attrici e vip della capitale, sono stati Bottega Gold e altri spumanti della cantina trevigiana, che hanno ricevuto grandi apprezzamenti da tutti gli ospiti, intrattenuti anche dall’artista Keeda Oikawa che ha completato un dipinto a tema, realizzato con tecnica acrilico e caratterizzato da bottiglie e bicchieri stilizzati in primo piano. Non è un caso che la Bottega Gold Night sia stata organizzata in Giappone. Da oltre 25 anni, infatti, Bottega Spa, cantina e distilleria con sede a Bibano di Godega, a nord di Venezia, e con altre due realtà produttive a Valpolicella e a Montalcino, fondata da Aldo Bottega nel 1977, rifornisce il Paese del Sol Levante dei propri vini, come il Prosecco e altri spumanti, l’Amarone e il Brunello di Montalcino, senza trascurare i suoi distillati e le pregiate grappe di monovitigno.
Enologica, tra vini e prodotti tipici dell’Emilia Romagna L’Emilia Romagna è terra di cibo, vino e cultura. Si è pensati di farli incontrare insieme, sotto l’egida di Enologica 2018, il salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna, organizzato nello splendido Palazzo Re Enzo, nel cuore di Bologna. Una tre giorni (dal 6 all’8/10), anticipata rispetto al solito, come spiega Ambrogio Manzi, Direttore di Enoteca Regionale Emilia Romagna: «Da sempre a Enologica portiamo anche molti buyer e giornalisti stranieri. Abbiamo ritenuto necessario mostrare loro il nostro territorio in un momento in cui le campagne sono ancora ricche di vegetazione, i cui i primi colori autunnali donano un fascino indimenticabile alle colline, in cui è ancora possibile vedere anche le aziende vinicole all’opera. Tutti elementi che rappresentano un plus per un visitatore straniero che in ottobre può ancora godere appieno di tutte le attività all’aperto e delle splendide ricchezze anche culturali della regione. Da qui la scelta di anticipare l’evento». Con un programma arricchito da master class sui vini regionali, eventi food, cooking show e approfondimenti, incontri e confronti: tutti accomunati dal mettere nel piatto o nel bicchiere, opinioni, sensazioni, emozioni.
Daniele Reponi
ERRATA CORRIGE Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente richiesta di rettifica da parte dell’architetto Roberto Bramati: “Con la presente comunico che quanto pubblicato sulla rivista Artù, nell’articolo “Izu, dalla Cina al Giappone”, sul n. 91, del Giugno 2018, non corrisponde al vero, per quanto riguarda la realizzazione del ristorante Izu da parte mia. Il fraintendimento è probabilmente nato dal fatto che io ho presentato il bel locale, realizzato dall’amico e collega Architetto Simone Nisi Magnoni”. Da qui la richiesta di rettifica, che per correttezza pubblichiamo, scusandoci con gli interessati e con i lettori per l’imprecisione.
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B.A.R. News
Krug, una sinfonia di emozioni e gusto Una giornata particolare, anche se qui i protagonisti non sono stati Mastroianni e la Loren, come nel famoso film diretto da Scola. Al centro della scena dell’enoteca Vinodromo, di via Salasco 21, infatti, ci sono stati i nuovi millesimati de La Maison Krug, per una degustazione dal sapore stellato. Krug Clos Du Mesnil 2004 e Krug Clos D’Ambonnay 2002 sono stati presentati da Olivier Krug, Direttore della Maison e sesta generazione della Famiglia Krug, che ha svelato la grande purezza ed intensità di questi preziosi Champagne. Una musica per chi ha avuto il privilegio di assaggiarli e il paragone non è casuale in quanto Il Krug Clos Du Mesnil 2004 rappresenta, per la Maison, un solista virtuoso, mentre Krug 2004 è considerato come l’insieme dei musicisti che eseguono la sinfonia di un’unica annata. Senza trascurare Krug Grande Cuvée 160ème Édition, assemblato durante la vendemmia del 2004 con vini di 12 annate diverse, che rappresenta l’intera orchestra capace di suonare la sinfonia più completa che uno Champagne possa eseguire. La giornata è poi proseguita da Potafiori, che ha riservato nuove sorprese per gli ospiti intervenuti: Harvest in the City, un allestimento pensato nel minimo dettaglio per ricreare e far rivivere la bellezza delle vigne all’interno dei Clos Du Mesnil e Clos D’Ambonnay a Reims. Un tappeto di terra, come quella presente nei vigneti, che si è trasformato in un’esperienza emozionale, grazie al contatto con la terra a piedi nudi, per assaporare fino in fondo le sensazioni che si vivono durante il periodo della vendemmia. Un aperitivo ispirato alla campagna e al periodo della Vendemmia creato da Potafiori per l’occasione e a seguire un pranzo placé con le creazioni dello chef 1 stella Michelin, Terry Giacomello del ristorante Krug Ambassade Inkiostro di Parma. Portate creative e d’avanguardia pensate per poter essere abbinate alle prestigiose Cuvée della Maison Krug. Ma per una giornata particolare, come quella che automaticamente battezza la preziosità di questi Champagne, le sorprese non potevano essere finite. Infatti, si è terminato con un momento speciale e inaspettato: gli ospiti hanno avuto il privilegio di poter degustare in anteprima uno dei gioielli più rari della Maison Krug: Krug Clos D’Ambonnay 2002, un virtuoso solista che proviene da un minuscolo vigneto di uve Pinot Noir cinto da mura, nel cuore del villaggio di Ambonnay.
Banfi celebra quarant’anni di storia I miei primi quarant’anni. Sono quelli che hanno segnato la storia di un marchio celebre come Banfi, legato indissolubilmente allo sviluppo di Montalcino e del suo territorio. Un cammino fatto attraverso quattro pilastri: pionierismo, ricerca, innovazione e sostenibilità. E‘ Cristina Mariani-May, terza generazione famigliare, a coordinare le attività dell’azienda con lo stesso amore, la stessa passione e dedizione, per produrre vini di qualità. Dopo la festa del 18/9, a Firenze, le celebrazioni proseguiranno a Zurigo, Berlino, Mosca, Milano, Napoli, Shanghai, Hong Kong, Londra e, per finire, New York. Da sinistra Remo Grassi e Enrico Viglierchio
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Pasabahce, sponsor dei Taste Festival d’Italia Per il terzo anno consecutivo Pasabahce si è confermato sponsor dei Taste Festival d’Italia, eventi dedicati all’eccellenza del gusto. E’ toccato a Roma, lo scorso settembre, creare una connessione tra chef e pubblico presente, nella location dei giardini pensili dell’Auditorium Parco della Musica. Allegra, l’iconico calice da degustazione firmato Pasabahce, un bestseller del mondo horeca, caratterizzato dalle sue linee essenziali, ideale per gustare al meglio ogni etichetta, è stato il bicchiere ufficiale della manifestazione, consegnato a tutti i food lovers partecipanti. Allegra, dal design moderno, attuale, rappresenta la soluzione perfetta per esaltare le proprietà organolettiche dei vini. Pasabahce, da sempre tra i preferiti degli italiani, che gli riconoscono l’importanza dell’arte del ricevimento e della convivialità, ha raccontato, al pubblico presente, l’importanza della ricerca di forme e materiali, offrendo bicchieri capaci di esaltare i profumi e i sapori dei vini proposti. Per un’esperienza ancora più immersiva sono state organizzate delle sessioni di live cooking in cui gli chef hanno abbinato piatti esclusivi a vini selezionati, serviti in bicchieri del premium brand Nude.
B.A.R. News Una guida per farsi amare dal vino Ognuno ha i suoi miti di riferimento. Quindi non c’è da meravigliarsi se i Sassicaia di Tenuta San Guido o il P2 di Dom Perignon stanno a una wine lover esattamente come la Bamboo di Gucci o le Blade di Casadei stanno a una fashion victim. Però, la maggioranza di noi, a tavola, davanti al sommelier che snocciola liste di vini e annate, guarda nel vuoto, senza sapere la differenza, ad esempio, tra un Prosecco e uno champagne, tra un Barolo e un Amarone. “Vino prêt-àporter” (Rizzoli), scritto da Francesca Negri, giornalista e Donna del Vino, ha come scopo proprio quello di guidare le lettrici nel mondo sconosciuto, ma affascinante, del “Nettare di Bacco”. Perché “il vino è simbolo di una nuova generazione di donne, le Millennials. Per loro il vino è come un uomo, come un vestito, un rossetto, un paio di scarpe. Lo vivono come farebbero con una storia d’amore, con la stessa curiosità e voglia di farsi conquistare, di sperimentare qualcosa di nuovo. Perché un sorso di vino può emozionare quasi quanto un primo bacio”. Una guida smart, facile e completa, dedicata a tutte le winelover (o aspiranti tali), condita con un pizzico di ironia e tante curiosità, consigli pratici e grafiche accattivanti.
La Robiola di Roccaverano racconta la tradizione piemontese Davvero un’altra categoria quella del Piemonte, dove la ricca tradizione contadina, sempre viva e brillante, offre il suo prezioso e fondamentale contributo anche per la produzione di formaggi raffinati e gustosi. Avete mai avuto il piacere di assaggiare la Robiola di Roccaverano DOP, lo storico formaggio caprino prodotto sulle colline della Langa astigiana e in provincia di Alessandria, che non ha nulla da invidiare ai celebri chèvres francesi? Perché la Robiola di Roccaverano piace davvero a tanti, se non a tutti. In occasione della XII edizione di “Terra Madre” Salone del Gusto a Torino, quest’anno dedicato al “Food for Change”, il formaggio Dop presidio Slow Food è stato uno dei protagonisti al Lingotto, a disposizione dei visitatori che hanno potuto conoscerne i segreti. Dop di classe, che con la sua sapidità e il suo sentore di nocciola mette d’accordo i palati più semplici, ma anche quelli più esigenti e raffinati dei gourmet, la Robiola è prodotta con latte crudo intero di capra delle razze Roccaverano e Camosciata Alpine e i loro incroci. A fare la differenza, percepibile anche dal sapore che può variare dal delicato al più deciso, a volte leggermente acidulo e saporito, è l’alimentazione del bestiame che, tenuto al pascolo da marzo, si nutre di mangimi non OGM. E’ di rigore che almeno per l’80%, l’alimentazione di tutti gli animali provenga dal territorio. Molta attenzione, dunque, per un formaggio che, sia fresco, sia stagionato, si distingue per la sua pasta bianca e morbida e per la sua forma tondeggiante, con un diametro compreso tra i 10 e i 13 cm. In pochi sanno che, oltre alla Robiola fresca, esiste anche la versione stagionata o affinata: dopo una maturazione di oltre 10 giorni, si ricopre con una crosta che vira dal colore paglierino al rossiccio, con muffe naturali e una consistenza morbida e leggermente compatta.
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Zumex in azione con Minex L’azienda Zumex, leader, da 30 anni, in soluzioni all’avanguardia per la spremitura di frutta e di verdura per il settore alberghiero e della ristorazione, ha lanciato sul mercato Minex, ideale per caffetterie, bar, pub, piccoli alberghi e riunioni di lavoro. Il rivoluzionario spremiagrumi, definito camaleontico per la sua adattabilità al locale, in termini di colori (12), spazio e stile, riesce a spremere 13 arance al minuto, grazie all’efficienza del sistema di erogazione unico e compatto di facile attivazione e disattivazione. Basta inserire le arance premere il bottone e il gioco è fatto. Grazie ad un contatore, è possibile gestire la quantità di agrumi spremuti da Minex, dotato, inoltre, di tecnologia antibatterica e un sistema di antigocciolamento tra una spremuta e l’altra. Lo spremiagrumi, Minex vanta due modalità di utilizzo: continuo, grazie al serbatoio di 750 ml e self service. In questo modo si può servire il succo usando la sua caraffa integrata o servirlo direttamente in bicchiere. Minex non necessita di nessun tipo di manutenzione: composto da pezzi smontabili e facili da pulire, è lo spremiagrumi ideale per rendere il lavoro quotidiano semplice e piacevole.
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B.A.R. News Canzian reinterpreta nei suoi piatti l’Amaro Montenegro Non c’è davvero limite alla fantasia di uno chef. Prendete Daniele Canzian, patron dell’omonimo ristorante milanese, uno diventato famoso per la sua filosofia, in cucina, di “sottrarre”, eliminare, cioè, il superfluo per non confondere il gusto del piatto, potendolo così valorizzare, attraverso un percorso di “purezza”, esaltando il territorio. Canzian ha deciso di interpretare le erbe aromatiche di un marchio conosciuto come Amaro Montenegro con alcune creazioni uniche. E’ il significato del concept “Cocktail Gourmet di Amaro Montenegro”, arricchito da nuove proposte dedicate alla contaminazione tra food e mixology. Per farlo, lo chef Daniel Canzian ha lavorato a fianco del cocktail innovator Daniele Gentili per raccontare e esaltare le caratteristiche di Amaro Montenegro in una chiave inedita. Accanto alla partecipazione dello chef stellato Marco Martini e dei Costardi Bros, si è così aggiunta anche la “sfida” di Canzian. Insieme a Gentili, e sotto la guida del Master Herbalist di Amaro Montenegro Matteo Bonoli, hanno così preso vita delle proposte uniche per esaltare l’inconfondibile profilo aromatico di questo amaro dalla lunga tradizione. Il menu, presentato, lo scorso 12 settembre, a Milano, è stato frutto di creazioni caratterizzate dall’utilizzo di sofisticate tecniche culinarie, applicate non solo al food ma anche al processo di creazione dei drink. La ceviche mediterranea, una personale interpretazione da parte dello chef della marinatura a base di leche de tigre peruviano, caratterizza ad esempio il celebre Cubo di Rubik di Daniel Canzian, piatto che ha inaugurato la serata. Così come si poteva bere “Dream in the afternoon”, ovvero Amaro Montenegro, sciroppo al basilico, Champagne. Non solo: lo shrub di aceto di lamponi, datteri, lavanda e cannella permette di ottenere uno sciroppo da cuocere poi a bassa temperatura sottovuoto. E ancora, la nitro infusione con gas è essenziale per realizzare un bitter di Amaro Montenegro. “Nel concepire le mie proposte culinarie ho scelto di non costruire un menù con una lista di piatti in sequenza, ma uno spartito musicale da leggere in orizzontale, dove l’ordine tradizionale di presentazione viene sovvertito per lasciare spazio ai gusti, che diventano i veri protagonisti in grado di raccontare la complessità aromatica di Amaro Montenegro”, ha dichiarato lo chef Daniel Canzian. “I piatti presentati da Daniel hanno un carattere molto definito per questo il food match è stato quasi un processo spontaneo”, ha sottolineato Gentili.
A Taormina Gourmet si brinda con Syramusa, il Limoncello Super Premium Stock A Taormina Gourmet, la kermesse che celebra l’enogastronomia mediterranea, in programma dal 27 al 29 ottobre all’Hotel Villa Diodoro, approda anche Stock Italia, attraverso il gusto intenso di Syramusa, il nuovo limoncello super premium che nasce proprio dalle meraviglie dell’isola siciliana, grazie alla collaborazione con il Consorzio di Tutela del Limone di Siracusa IGP. Nella tre giorni, dove si celebrerà l’eccellenza del made in Italy a tavola, con le migliori cantine, chef prestigiosi, le aziende agroalimentari, i birrifici artigianali, Syramusa sarà uno dei grandi protagonisti della VI edizione. Stock lo ha realizzato con il puro limone siracusano certificato, coltivato nella città siciliana che fu la perla della Magna Grecia e ne raccoglie tutta la magia. Syramusa contiene esclusivamente il Limone di Siracusa IGP, un agrume pregiato (varietà “Femminello”) che viene raccolto a mano, dalla polpa succosa e una buccia molto fine e ricca di oli essenziali, ideali per la produzione di un limoncello di altissima qualità: per ogni litro di prodotto, vengono utilizzati ben 900g di scorze di limone. La particolarità di questa tipologia di limone è inoltre la sua pianta per via della sua notevole fertilità, fiorente tutto l’anno.
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Al Santo di Padova, grazie a Milani riapre uno storico caffè Siete a Padova, visitate la basilica di Sant’Antonio e, all’uscita, vi viene voglia di un buon caffè. Non bisogna fare tanta strada, visto che nella Piazza del Santo, al civico 22, ha riaperto uno storico locale. Il Caffè&Caffè Al Santo di Caffè Milani è un ambiente giovane, accogliente, sotto la guida del gestore, Alberto Calore. Lo si intuisce già dalla parete di fondo, dove fan bella mostra di sé ben 11 diverse proposte di caf- Alberto Calore fè sormontate da un’insolita testata che chiede al cliente: “Qual è il tuo caffè?”. Ogni proposta è, infatti, caratterizzata dal nome del prodotto, alcune note sui sentori che offre in tazza e l’insolito accostamento con una personalità. Così, l’aroma equilibrato e il gusto morbido della classica miscela di Caffè Milani “Original Blend” è suggerito a chi ama la tradizione; i sentori floreali e il gusto gradevole di un Giamaica Blue Mountain sono consigliati ai pensatori; il gusto floreale di un Indonesia Kopi Luwak agli eccentrici, mentre un India dall’aroma deciso e persistente ai razionali. E le combinazioni sono ancora numerose. Le diverse provenienze della linea Puro (caffè di una particolare regione o Paese di produzione, 100% arabica) permettono di fare un viaggio nella fascia tropicale, tra i produttori di tutto il mondo. E se volete togliervi uno sfizio, potete bere un “caffè” realizzato con la french press. E’ una “caffettiera” ideata nel 1852 dalla francese madame Vassieux, che utilizza un sistema a stantuffo per ottenere quella che si potrebbe definire una “tisana al caffè”: è una bevanda più lunga e leggera dell’espresso, ma piacevolmente aromatica. “Desideriamo che il nostro locale diventi un riferimento per la città di Padova grazie alla bontà della sua offerta e alla cultura del mondo del caffè che ci impegniamo a diffondere ogni giorno”, auspica Alberto Calore. .
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B.A.R. News
Aceto balsamico, sapore di Modena
Semplicemente unico: il trionfo del Welsh Lamb Di grande qualità e tenerezza, la carne di Agnello Gallese Igp continua a trionfare con la sua succulenza e la peculiare delicatezza. Soprattutto, nel periodo autunnale, aumenta l’offerta della carne ovina che proviene dai pascoli gallesi, grazie ad un mercato che vuole rispondere alle esigenze di una clientela competente, sempre alla ricerca di alimenti leggeri, digeribili, che possano essere inseriti in una dieta sana e bilanciata. L’offerta di piccoli tagli sottovuoto e, su richiesta, anche le nuove confezioni skin-pack, non fanno concorrenza ai tagli più apprezzati dagli italiani: costolette, spalla (anche arrotolata), cosciotto. Ad incentivare il mercato, la campagna “Semplicemente Gallese”, che si avvale delle nuove tecnologie di comunicazione, Web e social network, punta a promuovere sempre di più le carni rosse gallesi. Come l’introduzione del QR code sulle nuove etichette che entreranno in commercio. Come spiega Jeff Martin, responsabile Italia di Hcc, l’Ente promotore delle carni rosse gallesi: “Il cliente sarà indirizzato dal QR code al sito internet italiano dove troverà, facilmente, informazioni sulla carne, l’origine, gli allevamenti e, soprattutto, tante ricette a cui ispirarsi in cucina”.
Il sapore della terra, esaltato dalla tradizione e dall’ingegno dell’uomo, quando sapientemente raccontato diventa un fattore di straordinario interesse, in grado di catalizzare flussi turistici provenienti da ogni parte d’Italia, d’Europa e del mondo. Ma solo se inserito in un contesto di efficienza di servizi e di molteplicità di offerte, in una logica di sistema territoriale. Il driver enogastronomico è quindi fondamentale, anche e soprattutto nell’era dei social network che se correttamente sfruttati possono amplificarne l’eco: motiva un turista su due (48%) a venire nel Belpaese (Ispos-Enit, 2017) ed è prioritario anche per i viaggiatori italiani, che in quasi due casi su tre (63%) ritengono importante la presenza di un’offerta legata al cibo per scegliere i propri viaggi (“Primo Rapporto sul Turismo Enogastronomico italiano 2018” dell’Università di Bergamo). E ancora, dall’indagine Qualivita, svolta presso i consorzi di tutela, emerge che l’Italia conta oltre 200 eventi incentrati sui prodotti a indicazione geografica, 150 itinerari e strade attive, più di 600 risorse culturali intimamente legate al patrimonio alimentare e 17 esperienze come nuove proposte di incontro interattivo con il mondo rurale. La tavola rotonda Turismo DOP, che si è tenuta a Modena nel nuovo museo Casa Mazzetti, è stata l’occasione in cui si sono espressi su questo tema i principali attori del settore DOP e IGP: Nicola Bertinelli, presidente Consorzio Parmigiano Reggiano; Stefano Zanette, vicepresidente FEDERDOC; Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio di Tutela Aceto Balsamico di Modena IGP, Giovanni Bastianelli, direttore esecutivo ENIT, e Mauro Rosati, direttore generale Fondazione Qualivita: «In tutta Italia i prodotti DOP IGP hanno assunto un ruolo strategico nel settore turistico sviluppando numerose attività – ha dichiarato Rosati – Le iniziative dedicate esclusivamente ai prodotti DOP IGP e promosse da consorzi di tutela ed enti di promozione raccontano di un legame forte dei territori con le produzioni tipiche di qualità e la capacità crescente di valorizzare questo elemento in chiave turistica. Le caratteristiche qualitative e quantitative di tale fenomeno ci aiutano a capire come sostenere a livello normativo le attività delle Indicazioni Geografiche significhi far crescere tutto il territorio e non solo le produzioni agroalimentari e vitivinicole». L’incontro è stato introdotto da Cesare Mazzetti, presidente Acetum, Enrico Corsini, presidente Consorzio Aceto Balsamico Tradizionale di Modena IGP e Sarah Arrowsmith, ceo della multinazionale inglese ABF Group che ha recentemente rilevato – con un investimento da 30 milioni di euro – l’azienda modenese fondata nel 1991 da Cesare Mazzetti e Marco Bombarda. La politica ha dimostrato la propria vicinanza con la partecipazione di Benedetta Fiorini, deputata Fi e segretaria commissione attività produttive della Camera, Simona Caselli, assessore all’agricoltura Regione Emilia-Romagna, e Paolo De Castro, parlamentare europeo. A.P.
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B.A.R. News
Con “Vuoto a buon rendere” Ichnusa investe nel futuro Vuoi essere di moda, all’avanguardia? Allora non sprecare e ricicla. Come ha fatto il birrificio Ichnusa di Assemini in provincia di Cagliari che, in segno di rispetto non solo per la sua Sardegna, ma per il pianeta, rilancia il formato del vuoto a rendere, o meglio ancora del “buon rendere”, investendo sulla sostenibilità. L’iniziativa, che per ora ha coinvolto i locali dell’isola, prevede un riutilizzo delle bottiglie da 66 cl della Birra di Sardegna, quella con il tappo verde, con l’etichetta che, con le tre parole chiave “riuso”, “impegno” e “rispetto”, riassume la volontà dell’azienda di salvaguardare la Terra. La Birra Ichnusa, con alle spalle oltre cent’anni di storia, simbolo di tutta la Regione sarda, guarda, così, avanti, investendo per il futuro. E a proposito di investimento, l’azienda, che si è sempre contraddistinta per gli standard qualitativi all’avanguardia e per l’attento occhio di riguardo verso l’innovazione, per sostenere il nobile impegno ha adattato il suo ciclo produttivo che fra qualche mese sarà implementato dall’avvio di una nuova linea di confezionamento, dedicata proprio al formato vuoto a rendere. Matteo Borocci, Direttore del Birrificio di Assemini, spiega che: “L’investimento con la nuova linea per rilanciare il vuoto a rendere, favorirà nuove assunzioni, registrando un incremento tra il 10 e il 15% dell’intera forza lavoro del birrificio. Il mercato sta cambiando: se riusciamo a rilanciare il vuoto a rendere contribuiremo a salvaguardare questa meravigliosa isola che è la nostra casa”. Nel rispetto della sostenibilità, inoltre il Birrificio Ichnusa, grazie ad un lavoro attento e mirato, negli ultimi 5 anni è riuscito a tagliare del 30% i consumi dell’energia elettrica, del 35% quelli dell’energia termica e del 20% i consumi dell’acqua. A “buon rendere”.
Una festa della cultura giapponese La cultura giapponese, declinata nei suoi vari aspetti, ha molti seguaci, in Italia. Il Japan Festival, organizzato dall’associazione culturale no-profit La Via del Sake e da Kathay (negozio punto di riferimento in città per chi desidera acquistare prodotti alimentari etnici), dal 5 all’8 ottobre, a Milano, manifestazione alla sua prima edizione, è occasione per celebrare la tradizione nipponica. Con un programma intenso che spazia tra cibo, sake, manga, sport, corsi è divertimento, si è pensato di raccogliere, in un unico luogo, la Fabbrica del Vapore, in via Procaccini 4, tutti coloro che amano il Giappone e il suo modo di vivere. Nei tre giorni, tanti gli appuntamenti fissati, come lezioni per adulti e bambini di arti marziali, corsi di lingue e calligrafia giapponese, sessioni dedicate al rituale della vestizione del kimono, tecniche degli origami e laboratori di disegno e manga. Interessanti anche i corsi di cucina per imparare a realizzare piatti tipici come sushi e bento o la scoperta delle tante varietà di sake. Una edizione allietata dalla presenza di ristoranti quali Zazà Ramen, Gastronomia Yamamoto, I love Poke, Macha, Maido, Mystic Burger, Sushita e da uno stand curato da Ajinomoto con S&B.
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Il minimalismo armonico a tavola con Elysia Si guarda, spesso, al passato con nostalgia, tanto che molte linee di prodotti hanno sposato il gusto retrò per reinterpretare vecchie mode e uno stile che si può definire “d’epoca”. La collezione Elysia, firmata Pasabahce, sposa in pieno questa prerogativa, aggiungendo brillantezza alla tavola grazie a un design elegantemente raffinato e alle sue linee retrò, interpretate, però, con uno twist contemporaneo. Una serie, dunque, capace di combinare, in un matrimonio riuscito, lo stile moderno ad un delizioso richiamo vintage, componendosi di tre differenti formati caratterizzati da scanalature verticali. Del resto, una buona tavola si apprezza già dallo stile con il quale viene apparecchiata e, indubbiamente, la serie Elysia di Pasabahce contribuisce a dare armonia e classe. Guardando la collezione, non si può non rimanere colpiti dalle sue linee, semplici e minimali, che rappresentano perfettamente il riflesso dello spirito contemporaneo del marchio, pur in armonia simbiotica con gli elementi dal sapore retrò chic. La collezione Elysia è ideale non solo per esaltare le migliori apparecchiature a casa, ma anche in hotel, ristoranti, cafè e bar. Pasabahce, parte del gruppo Şişecam, attore globale nel settore del vetro, è il secondo produttore in Europa e il terzo in ordine di grandezza nel mondo. E’ una delle aziende più affermate in Turchia e possiede anche “Pasabahce Stores”, il principale rivenditore del paese nel suo settore con un esclusivo concetto di vendita al dettaglio specializzato (in Italia, a Milano, in Corso Matteotti 3). Offrendo oltre ventimila prodotti – realizzati a macchina ed hand-made - ad un vasto pubblico in tutto il mondo, Pasabahce esporta in 140 paesi e ha stabilimenti produttivi a Kırklareli, Eskişehir e Denizli in Turchia, e in Bulgaria, Russia ed Egitto.
La guida Michelin “sposa” i Soneva Resorts alle Maldive Un matrimonio da favola, sia per la cucina, sia per la location che accoglierà i vari eventi. Per vedere l’incanto, alle Maldive, dei Soneva Resorts, basta dare un occhio alle suggestive foto che immortalano questi lussuosi luoghi, da mille e una notte. Ebbene, Soneva ha stretto una partnership con la Guida Michelin per ospitare 20 dinner events che saranno dislocati tra Maldive e Thailandia, nell’ambito del Soneva’s Festival of Colour, iniziativa pensata per offrire esperienze uniche agli ospiti. Momenti esclusivi, visto che, al massimo, solo 8 clienti alla volta potranno assaporare la cucina stellata. Del resto, è la prima volta che la Guida Michelin è coinvolta in questo tipo di eventi nelle Maldive. Un accordo che è anche un modo per far crescere l’appeal verso la scena internazionale culinaria. Il primo appuntamento si è tenuto lo scorso 26 agosto, quando il Soneva Fushi ha ospitato Kiko Moya, del ristorante spagnolo due stelle L’Escaletta. Dal 7 al 12 ottobre, invece, il protagonista è Gert de Mangeleer, del tre stelle belga Hertog Jan. Saranno altri due, gli chef impegnati entro la fine del 2018. Pere Planaguma, del ristorante due stelle spagnolo Les Cols, cucinerà al Soneva Fushidal 25/11 al 2/12. Tim Raue, invece, dell’omonimo ristorante due stelle, sarà il protagonista, al Soneva Fushi, dal 5 al 14 dicembre. Per il nuovo anno, sono previsti Ronan Kevarrec, Tom Aikens, Guillaume Bracaval, Maxime Meilleur, Yoann Conte. “La partnership è una straordinaria opportunità, per gli ospiti Soneva, di celebrare l’eccellenza culinaria,
in un incredibile paesaggio. Una collaborazione, totale, in linea con il desiderio Michelin di offrire, ai viaggiatori, esperienze uniche di cucina in tutto il mondo” ha spiegato Alexandre Taisne, Michelin Group Food & Beverage Director.
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B.A.R. News Lagrein Experience: protagonista l’autoctono altoatesino Una giornata all’insegna del Lagrein. Il 18 ottobre, nei padiglioni di Fiera Bolzano, si terrà la prima edizione di un evento interamente dedicato all’antico vitigno autoctono altoatesino. Lo scorso mese, a Milano, un panel di esperti del settore ha decretato i 4 vini finalisti per ciascuna delle tre categorie in gara: “Lagrein”, “Lagrein Riserva” e “Lagrein Rosato”. Per sapere il vincitore, però, occorrerà aspettare la Lagrein Experience, del 18/10, che arriva dopo Autochtona (15-16 ottobre) e Vinea Tirolensis (17 ottobre). Un’intera giornata, con un programma ricco di momenti di approfondimento e degustazioni. Tra questi, un focus dedicato al Lagrein con la possibilità di assaporare i 12 vini finalisti e parlare con i premiati; interventi di qualificati relatori che offriranno una fotografia puntuale del vitigno altoatesino; uno showcooking a cura di tre grandi chef del territorio: Marc Bernardi (Piz Seteur), Mattia Baroni (Haselburg), Danilo D’Ambra (Johnson & Dipoli). A loro il compito di preparare in diretta, e offrire ai presenti, tre piatti in grado di valorizzare i Lagrein premiati. All’interno della Lagrein Experience sarà anche possibile scoprire i prodotti tipici del Gallo Rosso.
Il sapore digitale del mondo De Cecco
Anche la pasta De Cecco diventa social. La tradizione e la semplicità della buona pasta hanno incontrato l’innovazione del progetto sviluppato dalla digital company Websolute, visibile su www.dececco.com. Basta mettere l’hashtag #alladececco per scoprire, anche attraverso i social network del brand, lo storytelling di una ricetta che è eccellenza. Una strategia comunicativa finalizzata a coinvolgere il consumatore nella condivisione dei veri valori del marchio, attraverso racconti trasversali. Occorre conoscere il mondo che genera l’ottima pasta: materie prime selezionate, rispetto per la tradizione, attenzione e cura nel processo di produzione, senza tradire la filosofia della trasparenza. «Il prodotto è la prima cosa che l’utente raggiunge ed è fondamentale crearvi intorno quanti più punti di contatto, grazie ad un racconto multiforme di valori autentici, come quelli di De Cecco, in cui ci si possa riconoscere», spiega Claudio Tonti direttore creativo e responsabile digital strategy. Ecco perché, tra gli ingredienti delle ricette “alla De Cecco” momenti di vita, citazioni di chef e contenuti generali dagli utenti sui social, condiscono un mondo gustoso, prima di sedersi a tavola.
“Sweet Meet”: il cocktail dolce amaro per la Quadra agrumata Cosa bere per accompagnare e valorizzare la creazione del mastro pasticciere Nicolò Moschella che si è divertito a creare una mousse al cioccolato al latte con un cuore di marmellata Da sinistra Cristian Lodi e Nicolò Moschella all’arancia e una base di pan di spagna bagnato al Grand Marnier? Per la Quadra Agrumata del pasticciere di Cornaredo, allievo di Iginio Massari e Davide Comaschi, il grande bartender resident del Milord di Milano, Christian Lodi, ha offerto e deliziato il pubblico di Sweety of Milano con un cocktail peculiare, nato come connubio perfetto tra alta pasticceria e mixology. Il “pastry pairing” di Lodi, oltre a valorizzare il dolce, ha reso omaggio alla tradizione del beverage italiano utilizzando Limoncetta di Sorrento, il liquore 100% naturale, realizzato con soli acqua, zucchero e Limone di Sorrento IGP, senza coloranti, aromi e conservanti e Amaro Lucano. Battezzato come Sweet Meet, il delizioso cocktail, capace di restituire la freschezza e il sapore degli agrumi, può diventare l’accompagnamento ideale per incontri speciali. Per chi fosse interessato a replicarlo e a scoprirne la magia, la Limoncetta e l’Amaro Lucano sono stati mixati a Whisky, a Lime, all’albume, e alla Polvere di Agrumi.
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Wega a MilanoCaffè e nella ristorazione top
Andrea Berton Carlo Cracco Wega, azienda leader nella produzione di macchine per caffè espresso, ha partecipato a MilanoCaffè, l’evento tenutosi, ad inizio ottobre, a Milano, dedicato al mondo del caffè e della caffetteria italiana. Una presenza significativa, se si pensa che Wega è presente anche nel ristorante di Carlo Cracco, dove, fin dall'apertura del suo nuovo locale, è stata installata una Wega MyConcept, macchina per caffè espresso hi-tech personalizzabile al 100% e capace di garantire una resa in tazza sempre costante, anche nei momenti di maggiore lavoro. MilanoCaffè ha raccolto, nei tre giorni di programmazione, molte importanti realtà che hanno promosso la cultura del buon caffè rivolgendosi a stakeholder, operatori del settore, coffee lover e consumatori attraverso degustazioni, conferenze, dimostrazioni e competizioni che si sono svolte nel capoluogo lombardo.
La sfida all’ultimo chicco di Riso Gallo La versatilità del riso si presta a nuove interpretazioni gastronomiche. “Non solo risotti”, ma tutta “la grande tradizione della cucina italiana in un piatto a base di riso” è il tema della nuova edizione del “Premio Gallo-Specialista del Riso 2019”; è il concorso organizzato da Riso Gallo, in collaborazione con Ristoranti e Bargiornale, che vedrà giovani chef impegnati ad elaborare piatti originali a base di riso. Fino al 15 febbraio 2019, i cuochi di età compresa fra i 18 e i 28 anni e gli allievi maggiorenni del quinto anno degli Istituti alberghieri, chiamati a sfidarsi in cucina, firmeranno un trittico di proposte, ciascuno a base di prodotti Gallo (Carnaroli Riserva, Venere, Originario, 3 Cereali, Aroma) candidandolo sull’apposito form online con ricette complete, sia salate, sia dolci. Sarà uno staff di esperti a selezionare le migliori idee, scegliendo i 10 piatti degli chef che si incontreranno a Milano per contendersi la finale, preparando dal vivo la ricetta di fronte alla giuria. Il vincitore potrà vedere pubblicata la foto del proprio piatto sulla copertina dell’undicesima edizione della Guida Gallo e proporre la ricetta in occasione della serata di gala per la presentazione del Volume 2019.
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A Andrea Berton il premio Pommery “Piatto dell’anno 2019” In occasione della presentazione della Guida “I Ristoranti d’Italia de l’Espresso 2019”, la Maison Vranken-Pommery ha consegnato, anche quest’anno, il prestigioso premio “Il Piatto dell’Anno”, ideato con il Direttore Enzo Vizzari. Al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, per questa edizione, Mimma Posca, AD VrankenPommery Italia, ha consegnato ad Andrea Berton un simbolo della prestigiosa produzione della Maison di Reims: un Jeroboam di Cuvée Louise Grand Cru 1995, con etichetta speciale dedicata al famoso Chef. Per celebrare la vittoria dell’allievo di Gualtiero Marchesi, all’hotel Four Seasons di Firenze, è stato servito un menù iniziato con la creatività di Vito Mollica, Chef Executive Four Seasons, per continuare con “Il Risotto dell’anno 2019” dello Chef Antonio Guida- Ristorante Seta (un felice accordo con Riso Scotti) e, infine, trovare la sua apoteosi nella Lasagna di piccione di Andrea Berton. Per concludere, lo straordinario dessert dello Chef Pâtissier Domenico Di Clemente del Ristorante Il Palagio di casa Four Seasons. In abbinamento, Pommery ha proposto una serie di sue “opere” che a loro volta raccontano l’impegno e i valori di una produzione famosa in tutto il mondo.
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B.A.R. News Monitor sul vino by Sopexa
Qubi la dispensa virtuale che “mette mano al portafoglio” Arcangelo Gioia, giovane food &beverage manager e chef di cucina, ha iniziato a lavorare con un gruppo di professionisti all’innovativo progetto Qubi, una sorta di dispensa virtuale a supporto dell’economia dei locali che somministrano cibo e bevande. Grazie a questo software, dall’autunno, tutti saranno in grado di rivedere l’organizzazione delle dispense dei ristoranti, dei bar e, perché no, delle famiglie. “Non una semplice applicazione per caricare o scaricare la spesa, - spiega Arcangelo Gioia - ma uno strumento che ragiona insieme allo chef quando deve organizzare gli acquisti, raccogliere le ricette, scaricare le provviste, creare un ricettario e raccontare ai suoi collaboratori quali ingredienti utilizzare al posto di altri. Si possono effettuare delle interrogazioni più mirate quali il conteggio delle calorie, la preparazione di menù per coloro che hanno difficoltà di digestione o di intolleranze alimentari. O anche solo per seguire diete alimentari legate al credo religioso. Se utilizzato bene, in termini economici il risparmio nell’acquisto delle materie prime potrebbe aggirarsi intorno al 10-15%. Si eviteranno anche gli sprechi grazie agli “alert” di scadenza della merce”.
WINE TRADE MONITOR 2018 ha pubblicato l’indagine internazionale sul mercato vinicolo, condotta dal Gruppo Sopexa, con buone notizie per il nostro Paese. L’Italia, secondo questo studio, è tra i paesi d’origine le cui vendite progrediranno di più nei prossimi due anni, secondo il 41% degli intervistati. Detto dei nostri cugini francesi, i cui vini restano imprescindibili per 9 professionisti su 10, le produzioni italiane si prendono la rivincita in prospettiva futura. Ciononostante, per un operatore su due, nel 2017 e per i prossimi due anni, la Francia mantiene ancora il suo vantaggio in particolare negli Stati Uniti, Hong-Kong e Belgio. L’indagine mostra però anche una relativa fragilità dei vini francesi sui mercati cinesi e canadesi dove saranno sempre più messi in difficoltà dai vini italiani. Qualche curiosità: i vini bio salgono tra le categorie più promettenti; la «denominazione regionale» fa vendere e resta globalmente il criterio di valorizzazione maggiore previsto da oggi al 2020; Prosecco e Cava sono i vini frizzanti più attesi su tutti i mercati; tra i vitigni, lo Chenin Blanc negli Stati Uniti potrebbe essere l’elemento di punta di una nuova tendenza da monitorare.
Joselito festeggia il 150° compleanno
Josè Gomez
Joselito, la più antica azienda produttrice di jamòn iberico, in Spagna, ha trasformato Madrid nella capitale mondiale del prosciutto, in occasione del suo 150° anniversario di fondazione. Una storia che risale al lontano 1868 e che in quindici decenni ha coinvolto ben sei generazioni della stessa famiglia con un unico obiettivo, rimasto immutato: eccellenza nel prodotto, produzione naturale al 100%, senza conservanti, né coloranti, né glutine, né lattosio, Un momento né metalli pesanti. Inoltre, grazie del servizio alla sua esclusività, la produzione è limitata alla Montanera. Nel corso della serata, che ha riunito ben 1.500 personalità provenienti da tutto il mondo, è stata servita una cena curata dal team di Álbora e A’barra, le due stelle Michelin che brillano nella capitale spagnola, mentre Paco Torreblanca, uno dei pasticceri più importanti del mondo, ha realizzato una torta alta tre metri, con centocinquanta candele. Naturalmente, i protagonisti assoluti della serata sono stati i prosciutti Joselito, con il magnifico Vintage del 2011 (oltre 84 mesi di stagionatura naturale), affidati alle mani sapienti di diciotto “Maestros Cortadores”. ProdottI ineguagliabilI, che hanno celebrato i valori di Joselito in uno scenario da favola, affascinando con i loro aromi e sapori.
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Cover Story
Navigli milanesi La Talea del bartender di Maurizio Bertera
L’incontro con Carlo Cracco nel 2012 fu fondamentale per la sua carriera professionale Premessa: il 35 enne Filippo Sisti ci sta molto simpatico. Perché in un’epoca dove è facile imbattersi nel compitino e persino nei posti stellati, a volte, si avverte la sensazione di una (grandissima) routine, rende di buon umore trovare qualcuno che apre il ‘suo’ locale in una zona milanese in piena gentrification e sostiene serenamente che il “food pairing con i drink è concettualmente sbagliato e quello con i vini è spesso discutibile”. Al di là della provocazione che fa la gioia di ogni scriba a ogni latitudine, Sisti ha un merito: getta il sasso, spesso pesante, nello stagno ma non razzola male. Potrebbe essere il fenoFilippo Sisti, meno in qualsiasi posto esperienze la mia compagna mi annunin Italia e invece porta internazionali, cia che sarei diventato padre avanti la sua battaglia, e sono tornato logicamente con ferrea convinzione e crede nel legame in patria. il giusto ego. Siamo anbar/cucina L’incrocio con Cracco data dati a trovarlo, ci siamo del 2012, corretto? divertiti come sempre. Sì, nei tre anni precedenti ho Filippo, per chi non vive lavorato al Four Seasons e al di mixology, facciamo Grand Hotel de Milan per poi mollare gli una breve biografia. alberghi e spostarmi al Rita. E’ qui che ho Sono di Stradella, in provincia di Pavia, conosciuto Carlo. Prima mi ha convinto classe ‘73. Ho iniziato a lavorare presto, a seguirlo nella brevissima avventura di per necessità, così a 15 anni ero già al VilPalazzo Parigi. Nel novembre 2013 – era il la d’Este dietro il bancone. Poi ho girato 15, me lo ricordo benissimo – mi ha fatto come una trottola per hotel tra Svizzera, vedere lo spazio della Segheria e a quel Germania, Francia, Inghilterra e Stati punto non ho avuto dubbi. Uniti. Nel 2009, quando ero a New York,
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Cracco si è fidato di un pazzo pericoloso, se ci passi la battuta. Carlo mi ha salvato la vita, in un momento non facile. Mi ha detto “Fa come vuoi nel tuo spazio. Se ce la fai bene, se non ce la fai troverò un altro”. Non è stato facile, soprattutto all’inizio. Tanto più che le mie idee facevano un po’ paura a lui, ma si è sempre fidato perché sono una persona diretta, che non fa il paraculo e preferisce litigare dicendosi le cose in faccia. Carlo e Camilla in Segheria è stato il primo esempio di un ristorante dove i cocktail avevano pari dignità dei piattiDiciamo che per la prima volta si è cercato di limitare il gap tra il bar e la cucina
Filippo Sisti
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Cover Story non hanno la nostra cultura del vino. E in ogni caso anche sul vino, mi chiedo se abbia sempre senso in tavola. Io adoro Scabin perché nei suoi degustazione ha sempre previsto di abbinare ai piatti tutto quanto è bevibile: vermouth, birre, mini gin tonic, distillati e vino Approfondiamo sull’abbinamento. Siamo sicuri che una Fiorentina sia adatta a un grande vino rosso? Io dico di no, perché carica eccessivamente il palato. Si può escludere che un infuso a base di
“Drink - piatti” La domanda viene spontanea: cosa si assaggia a Talea? Giusto lasciare (in parte) la sorpresa. Ma per i lettori di Bartù, Sisti racconta alcuni drink-piatti. Il Good Morning Earth è un estratto di barbabietola e caffè Mezcal, con infuso alla verbena e al tè Earl Grey, vermouth di datteri rossi (frutto simile alla giuggiola), vino alle foglie di ravanello. Viene presentato all’interno di una barbabietola congelata, le cui pareti sono state trattate con olio di cocco. Il Ghost of Classic prevede Aceto Balsamico di rabarbaro (filtrato e cotto con il caramello), Wild Turkey infuso con noci pecan affumicate, amaro Farmily alla melassa di carrube, sour cherry egg (uovo di quaglia dolce, cotto nel succo di ciliegie e acido citrico). Portato in uno scenografico calice in alabastro, è una visione dell’Old Fashion, che manca della parte citrica. Colazione al Fäviken viene realizzato con kefir di sedano, dove lo scarto viene filtrato, congelato e poi grattugiato sul cocktail (in nome del no waste…) insieme a succo di uva spina (bacche di bosco, incrocio tra uva e ribes), liquore di monarda (fiore di bergamotto), crema di cocco bruciata e vodka Ketel One. Arriva al tavolo in una tazza di .legno che i contadini nordici usano per assaggiare il latte, e tengono agganciata in vita con un moschettone. Per la cronaca, Fäviken è il ristorante svedese stellato di Magnus Nilsson, di soli 16 posti, che si raggiunge solo dopo quattro ore di gatto delle nevi e la cui cucina si fonda sugli ingredienti del territorio. E ancora il ll Tiki Gladis, composto da latte di cocco infuso alle foglie di lime, Relish tropicale, rum Plantation bianco infuso alle more di gelso, crispy flavoured crusta, e orzata di durian che è un frutto del Sud Est asiatico.. Sicuramente non il solito gin tonic…
ma non c’è mai stato un vero studio. E’ stata la mia passione per il cibo a creare le situazioni inedite, per esempio scoprendo la caramellizzazione degli zuccheri nella cottura del pesce, ho provato a usare la stessa tecnica con il mango e ne è uscito un cocktail interessante. Non mi vergogno a dire che tutto è nato dalla mia ‘ignoranza’ che diventa un vantaggio nell’inventare, senza paletti. Quindi possiamo sfatare un tabù. In Segheria non si faceva food pairing ma una cosa ben diversa. Esattamente. Io e i ragazzi del bar abbiamo semplicemente utilizzato prodotti acquistati per i piatti e tecniche di cucina nella preparazione dei cocktail. E non si faceva la cosiddetta mixology, visto che arrivavo dal mondo dei Negroni e dei Moscow Mule e quindi per me era invenzione. Era avanguardia. Frullando il riso con ingredienti apparentemente strani per renderlo protagonista di un cocktail dolce, venivo naturalmente considerato montato, pazzo, incapace… Cosa intendi per food pairing, in definitiva? La capacità di trovare qualcosa da bere che si leghi meglio possibile a un cibo e in questo caso penso che i cocktail non vadano bene. Quando citano il cliente di un ristorante americano come esempio in materia, non sanno che per loro non è un abbinamento studiato. Mangiano un piatto di pasta bevendo Martini perché lo hanno visto fare al padre e soprattutto
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tè, studiato per la carne alla griglia, sia inferiore? Tutto qui, e torniamo ai famosi paletti. Che riguardano in primis le materie prime. In una preparazione, lampone e rapanello sono così lontani? Posso usare in un cocktail la costa di sedano e il passion fruit con la stessa dignità? A Talea però state facendo un lavoro ancora più complesso. La definisco ‘miscelazione innovativa’. Creiamo piatti-drink o drink-piatti, non cambia la sostanza: li preparano bartender che hanno imparato a cucinare ma sono’ ignoranti’ come ho detto prima. Se dietro le quinte ci fosse uno chef, per forza ci sarebbero della basi, dei limiti,
dei paletti. E allora salta il gioco. Solo qui si possono creare dei ravioli di pasta di zucchero con un ripieno di marmellata al lime, in un estratto di rabarbaro e lavanda. Il cliente mangia i ravioli e poi beve il brodo prima sorpreso e poi felice. Un cuoco classico non lo farebbe mai. Viene il sospetto che non ami gli chef. Al contrario, da quando ho aperto Talea vengono in tanti a trovarmi e poi mi chiamano per combinare qualcosa insieme. Dico solo che quasi tutti insistono nella separazione dei due mondi quando per esempio la partita degli antipasti potrebbe serenamente essere preparata al bancone del bar, in modo originale. In questo senso, chi si è spinto più avanti di tutti è stato Redzepi. Quanto lavorate per mixare elementi così diversi? Il giusto, qui non si fanno esperimenti per buttare via la roba. Garantisco che è la logica gustativa a guidarci, esattamente come succede in cucina. Potrei dire che siamo matematici del gusto, non c’è improvvisazione. Siamo ben lontani dal concetto del twist personale. Per me il twist è semplicemente prendere quello che ha fatto un altro mettendo qualcosa di tuo. Non dico che ne escano cocktail cattivi, ma non è il mio lavoro. Al Talea si sperimenta e quindi si rischia. I migliori locali – penso al Rita, al Mag, al Jerry Thomas e via dicendo – esprimono benissimo la contemporaneità. Ossia smontano e rimontano, utilizzando prodotti diversi dal classico. E’ quello che in cucina si chiama rivisitazione e va per la maggiore.
Dietro il bancone del bar... In natura, per talea si intende un taglio, un intervento manuale per staccare una parte della pianta originaria e metterla altrove a radicare. Bravo Sisti a scegliere per il suo cocktail bar ‘sperimentale’ un nome del genere, tanto più che si trova in una collocazione defilata – in via Argelati 35, cinque minuti a piedi da Ripa di Porta Ticinese – e ha una parvenza da club inglese. Filippo lo ha aperto insieme al gruppo di Pinch, locale tra i più quotati a Milano per la mixology. La peculiarità è che i cocktail (meglio i piatti-cocktail) prevedono un grande lavoro a monte con ore e ore di preparazione: macerazioni, fermentazioni, infusioni e profumi che vengono realizzati con strumenti da cucina quali forni, fornelli, affumicatori e abbattitori. Dietro il bancone bar, si vedono solo una decina di spirit classici e un mare di barattoli e bottiglie con le preparazioni homemade: ben 192 nel giorno dell’intervista per realizzare 14 cocktail. Punta di diamante è Vivarium, la zona “privata” dove, su prenotazione per un massimo di sei persone alla volta, è possibile vivere, in un’oretta abbondante, la degustazione di cinque cocktail con annessi assaggi culinari, realizzati da un cuoco. L’ospite è immerso in una suggestiva ambientazione dove tutti i sensi sono coinvolti grazie alle luci, ai suoni e alle proiezioni sul bancone e soprattutto al fatto che non si è solo spettatori, ma ‘parte’ dell’evento. “Il mio obiettivo, in questo caso, è che il bartender e lo chef lavorino in diretta, ciascuno per il suo ambito, in modo da creare qualcosa di straordinario” spiega Sisti.
Il classico, ovviamente, per te è da buttare. Ho una visione diversa. Adoro il Campari shakerato, penso che lo berremo pure nel 2050 ma solo perché è tradizione, per il gusto entrato in testa. Un Americano è concettualmente sbagliato: tre amari – Campari, Vermouth e la soda - di intensità diversa ma amari restano. Un piatto concepito così sarebbe un delirio. Eppure si fa da una vita e piace. Però bisogna evolversi, perché dei famosi ‘codificati’ IBA ormai molti non esistono più sul mercato e un bartender di 20 anni per me non dovrebbe manco impararli, a meno che non consacri la sua vita a un hotel in una località frequentata da gente senza curiiosità. Immaginiamo che Talea sia un posto che non lasci indifferente il pubblico Su 100 clienti, ne rivedo 10 ma il loro
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passaparola conta più di tutto. Quando ho aperto, sapevo benissimo a cosa andavo incontro. Paradossalmente, se tutte le mie creazioni piacessero a chi le prova sarei perplesso. E’ esattamente come in cucina: impossibile che un gourmet resti entusiasta per tutti i piatti del menu di Romito, facile che esca da Cannavacciuolo con una sensazione di piacere totale. Se uno va al Pinch, stai sicuro che su dieci cocktail diversi, non ce ne sarà uno fatto male o che non ti soddisfi. Filippo, dai veramente la sensazione di divertirti un sacco. Sì, lavoro 18 ore al giorno insieme ai ragazzi ma sono contento. Mi piace vedere il sorriso delle persone o sentire quelle che dicono “Ma voi siete come un locale stellato”. E poi faccio innovazione, senza non posso vivere. •
Focus Bar
E Veuve Clicquot inventò l’assemblaggio
Duecento anni fa, Madame Clicquot rivoluzionò con audacia il processo produttivo dello Champagne Rosè.
Uno Champagne dai toni ramati, una vera esplosione di aromi di frutti rossi… Veuve Clicquot Rosé è la vivace punta di diamante della gamma degli Champagne Veuve Clicquot. Sapevate, che esattamente 200 anni fa, Madame Clicquot innovò e ri-creò completamente lo Champagne Rosé? Più di due secoli fa, gli Champagne Rosé venivano prodotti usando come colorante una miscela composta da bacche di sambuco. Tuttavia, quel metodo di colorazione non convinceva Madame Clicquot, brillante donna Una intuizione che una volta scrisse: “I nostri vini devono esstraordinaria, sere lusinghieri, sia per combinata ad il palato che per l’ocuna visione che chio”. Aveva un’audace visione innovativa in privilegiava stile, cui il colore, il gusto e carattere, eleganza l’aroma rappresentavano aspetti cruciali della qualità. Infranse quindi le convenzioni dell’epoca e ricreò il processo produttivo dello Champagne Rosé. Madame Clicquot amava molto gli appezzamenti di uva rossa della regione di Bouzy, nella Champagne, e procedette così a elaborare il proprio vino rosso della zona. L’ispirazione arrivò nel 1818, quando decise di miscelare le uve rosse con i suoi vini bianchi fermi. Il risultato fu uno Champagne Rosé più forte, con un carattere ben definito. Il talento di
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Ogni anniversario merita una torta Due secoli fa Madame Clicquot inventò il primo Champagne Rosé per assemblaggio della storia e noi crediamo che ogni anniversario meriti una torta. Veuve Clicquot Anniversary Cake si presenta come uno squisito dessert gourmet. In realtà, è un delizioso cofanetto realizzato con “barattoli di vernice”; quando si apre si trasforma in un secchiello per il ghiaccio che contiene una bottiglia di Veuve Clicquot Rosé, completa di manico per facilitare il trasporto. La stravagante torta rende omaggio alla famosa ri-creazione di Madame Clicquot. I barattoli di vernice simboleggiano la grande importanza del colore nell’arte dell’assemblaggio e nella degustazione di Veuve Clicquot Rosé. Veuve Clicquot Anniversary Cake è il regalo ideale, nonché un modo elegante e gioioso di celebrare un compleanno o un anniversario. Non dimenticare di personalizzarla con gli stickers adesivi presenti all’interno.
Madame Clicquot (1777-1866)
Madame Clicquot nella rielaborazione produsse il primo Champagne Rosé per assemblaggio della storia: Veuve Clicquot Rosé! Il segreto era ed è tuttora nell’assemblaggio! Madame Clicquot desiderava che il suo Champagne Rosé fosse un vino dotato di carattere, nel gusto, nell’aroma e nel colore. Per ottenerlo, l’assemblaggio costituiva un elemento essenziale, un vero atto cre-
ativo. Oggi, come nel 1818, Veuve Clicquot Rosé è un raffinato esempio del savoir-faire nell’arte dell’assemblaggio, tipico della nostra Maison. Lo Chef de Caves, Dominique Demarville, e il suo team di esperti, selezionano vini rossi e vini fermi di qualità eccellente in alcuni fra i più ambiti vigneti della Champagne, per trovare gli aromi e le caratteristiche che esprimono alla perfezione lo stile di Veuve Clicquot Rosé.“Noi di Veuve Clicquot continuiamo a elaborare il nostro Champagne Rosé assemblandolo con il vino rosso, proprio come fece Madame Clicquot quando creò questo metodo 200 anni fa. Questo savoir- faire tradizionale ci permette di creare Champagne”, ha recentemente affermato Dominique Demarville, chef de Cave della maison Veuve Clicquot, una vera istituzione in materia di Champagne. Creato con l’utilizzo di 50-60 Cru diversi, Veuve Clicquot Rosé si basa sullo stile tradizionale del Brut Yellow Label, con il 50–55% di Pinot Noir, il 15-20% di Pinot Meunier e il 28-33% di Chardonnay. L’assemblaggio comprende una percentuale di vini di riserva (30-45%) derivanti da più vendemmie (solitamente 5 o 6), che garantiscono la coerenza di
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stile della Maison. Questi vini più vecchi vengono conservati separatamente, per preservare le qualità esclusive dei loro vigneti e della vendemmia. L’assemblaggio viene quindi completato con un 12–13% di vino rosso fermo, prodotto da uva rossa. Poi il vino viene imbottigliato e lasciato invecchiare per tre anni nelle cantine, prima di essere immesso sul mercato. Veuve Clicquot Rosé ha un luminoso colore rosato, con affascinanti bagliori ramati. Al naso è generoso ed elegante, con aromi iniziali di frutti rossi freschi (lamponi, fragoline di bosco, ciliegie e more), che cedono il passo a note biscottate (mandorle, albicocche e brioche). L’attacco fresco è seguito da un’armoniosa sensazione fruttata al palato. Il vino è perfettamente equilibrato, nel più puro stile della Maison e abbina eleganza e fascino. Questo Champagne deliziosamente ricco si può degustare come una vera prelibatezza. Molto corposo e piacevolmente fruttato, con intensi aromi di succose fragole e ciliegie mature, Veuve Clicquot Rosé è un’esplosione di aromi di frutti rossi e l’espressione dello spirito creativo e audace di Madame Clicquot. •
Focus Bar
Morgana di Taormina La passione abita qui di Giovanni Ponzoni
Cocktail innovativi, ricette segrete, il tutto condito da sicilianità autentica. Chi transita da Taormina ed è appassionato di miscelazione non può non conoscere il Morgana, e di conseguenza passare al banco di una vera e propria istituzione per chi vuole vivere la notte siciliana tra signature e sparkling cocktails di ottima fattura. Il locale, di grande fascino e ormai di caratura internazionale, un po’ per le frequentazioni della località turistica e un po’ per le continue trasformazioni a scadenza annuale che lo rendono sempre diverso e originale, nasce nel 2001 dall’idea di Guido Spinello, che, con l’amico Christian Sciglio, decide (invece di muovere verso gli States in cerca di avventure professionali) di aprire nella sua Taormina un luogo per gli amici, dove trascorrere le serate e ritrovarsi insieme. Il successo è immediato e dirompente, e il Morgana, da bar per pochi, diventa il locale più gettonato tra i tanti che animano le viuzze che partono in ogni direzione dal centralissimo Corso Umberto. Guido Spinello diventa l’anfitrione che gestisce la sala e cura ogni dettaglio accogliendo gli ospiti, mentre Christian lavora al bar componendo il puzzle di cocktail che vanno a formare un vero e proprio book con tanto di schizzi in bianco e nero del locale e rappresentazioni artistiche dei cocktail stessi. La meticolosità e la passione che i due mettono nel Morgana è tale che il locale cambia spesso
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“Sicily my love”
Christian Sciglio
“Mr Roberts”
pelle e ogni anno viene rivestito di un nuovo concept che lo trasforma sia negli ambienti delle due sale interne sia nella freschezza del patio esterno. Cambiano gli arredi e i colori, perfino il bar e le luci, ma quasi sempre il filo conduttore è la sicilianità, così nei materiali usati l’artigianato dell’isola esce sempre con
grande forza. Poi la novità di quest’anno al Morgana è stata la grande vetrata all’ingresso del locale, con una parata di etichette di champagne che in qualche modo dice molto delle diverse esigenze di una clientela di alto profilo, la quale oltre al bere miscelato di qualità ricerca sempre bottiglie di pregio, nella fattispecie con la firma di Moet Hennessy, e Dom Perignon in bella evidenza. Tra i cocktail invece spiccano il rinfrescante Von Gloeden, che mette insieme Hendrick’s Gin, lime, sciroppo di agave, ginger beer e cetriolo, ma anche il Sicily my love, che esplora i Caraibi con il rum Flor del Cana, passa dal moscato Kabir di Donnafugata e arriva alle classiche espressioni citriche dell’isola con lo sciroppo di fiori d’arancia e l’acqua tonica. Più intrigante è forse il Mr Roberts, con un pizzico di esotismo tra lime e passion fruit stemperato dalla vodka Stolichnaya e qualche ingrediente che Christian Sciglio preferisce mantenere segreto. La grande maggioranza dei si-
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gnature presenta una forte e indiscussa identità sicula, ma all’occorrenza si può puntare anche su classici internazionali, con ampia selezione di virgin cocktails e sparkling. Magari divertendosi tra un Manhattan e un Old Fashioned. Ne hanno approfittato anche gli strumentisti della London Simphonic Orchestra che, in una calda serata di settembre, dopo aver deliziato gli ospiti del vicino Grand Hotel Timeo con un concerto, si sono concessi, in libera uscita, qualche cocktail proprio al Morgana. •
Focus Bar
Food pairing, se il drink regge Prima, comfort bar & food, alla conquista della Milano più esigente.
Maialino marinato alla soia, zucca, friarielli e alici di Prima
a cura di Giorgio Ascorti Un barman di talento e un manager amante del buon cibo e del buon bere. Rudy Corpetti e Gianluca Proietti stanno portando il loro bel mattone nel restyling del Naviglio Grande. Il loro nuovo locale – Prima, in via Casale 7 dove c’era l’Indiana Post – è di gran classe, definito da loro come un ‘comfort food & bar’. In effetti, la location è suggestiva, curata, moderna con più tocchi di design. La cucina? “Semplice, che poggia le proprie basi sulla volontà di far emergere attraverso il cibo, profumi e sapori rimasti sospesi nel tempo di ‘prima’ che non a caso è pure l’insegna del locale” rispondono i due. Ed ecco spiegata la presenza in carta di una sezione dedicata alla ‘pinsa’, l’antenata della pizza napoletana: ben lievitata, trova un topping fatto di grandi materie prime. E’ un menu agile
Da sinistra, Rudy Corpetti e Gianluca Proietti
Ingredienti per una persona 2 alici marinate 100 gr friarielli 200 gr purea di zucca 250 gr filetto di maiale
Procedimento
Soldato Ryan 40 ml Michters Rye Whisky 20 ml Bitter del Professore 15 ml Aperitivo rosato 15 ml Infuso di camomilla e frutti rossi 10 ml sherbet di agrumi 7,5 ml lime fresco
e vivace, con pasta e main courses come la giusta attenzione al vegetale. A curarlo è Stefano Crea, giovane di buona mano, che si avvale della consulenza di Raffaele Lenzi (la cui sorella, Martina, è operativa nel locale), che lo scorso anno ha conquistato la stella Michelin con Berton al Lago. Per i lettori di Bartù ha pensato a una ricetta italiana - a cavallo tra Nord e Sud – da abbinare a un eccellente cocktail. Perché a Prima, il pairing è cosa sacra, sia per le tapas all’ora dell’aperitivo sia per l’esperienza
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Pulire leggermente il filetto di maiale e lasciarlo riposare per 15 minuti nella soia pura. Disporlo in un sacchetto sottovuoto e cuocere per un’ora e mezza a 57°. Successivamente raffreddare il filetto in acqua e ghiaccio. Saltare i friarielli con olio, aglio e peperoncino. Marinare le alici precedentemente pulite e abbattute in un composto di sale grosso, sale fine e pepe nero di Sarawak. Privare la zucca dei semi e tagliarla in quattro parti. Cuocerla con la buccia in forno con timo, oglio e aglio - avvolgendola nella stagnola – a 175° per circa due ore e mezza. Una volta cotta, privarla della buccia e passarla per avere la purea. Impiattare mettendo sopra il filetto un’alice, dei friarelli e una piccola striscia di zucca, con le gocce di purea a ‘macchiare’ il piatto.
culinaria: non mancano buoni vini e birre artigianali, ma qui si preferisce la mixology. Una quindicina di proposte – dai nomi divertenti e originali – come appunto Soldato Ryan che il bancone di Prima ci regala insieme al piatto. •
admp.it | foto piai
COLTIVARE LA VITE SUL PUNTO PIÙ ELEVATO DEL CARTIZZE PER NOI È UN ONORE.
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DA SEMPRE, RISPET TIAMO LE ARMONIE E I RITMI DI UNA NATURA UNICA E GENEROSA.
Le colline del Cartizze del Valdobbiadene DOCG, tra le più ardue da coltivare, sanno donare vini di straordinario equilibrio e seduzione. Con una passione e un’attenzione minuziosa nel preservare l’integrità espressiva del frutto originario, ci impegniamo ogni giorno per esprimere il meglio di questo ambiente ineguagliabile, alle più alte vette della qualità.
Col Vetoraz Spumanti Srl - Strada delle Treziese, 1 - Santo Stefano di Valdobbiadene (TV) - Tel. (+39) 0423.975291
Focus Bar
Il bartender? Fra classici e signature di Gigi Pavesi
I fondamentali del professionista, le nuove mode, le tendenze e il resto. Un grande bar manager si confessa a BARtù E’ l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. Non potevamo lasciare tranquillo Oscar Cavallera, uno dei punti di riferimento del food & beverage con tante medaglie sulla divisa, nel passaggio da Artù a Bartù. Non citiamo neppure le tante esperienze da bar manager, per noi è il fondatore di MK Consulting, azienda che dall’85 segue il food & beverage per grandi gruppi del settore specifico,
dell’hotellerie, del lusso in genere. Scrive bene e insegna ancora meglio come possono testimoniare i ragazzi di Alma e gli universitari di Cà Foscari a Venezia. E ha il tocco magico: uno dei suoi ultimi colpi fu la conquista della Stella Michelin nel 2012 per Venissa: il bellissimo resort dell’isola di Mazzorbo, con la sua consulenza, portò al massimo riconoscimento una brigata di ventenni. Per la cronaca, uno di loro, il romano Andrea Asoli ha contribuito non poco alla recente scalata di Pisacco – il bistrot milanese di Berton – alle Tre Cocotte del Gambero Rosso. Oscar è appena tornato da uno dei suoi
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Oscar Cavallera
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tour internazionali, facile chiedere cosa ha visto di interessante. “E’ evidente che i bartender, in tutto il mondo, puntano sempre di più sui signature cocktail – racconta Cavallera - ma poi la gente vuole il Negroni come il Mojito che non tramonteranno mai. Certo, i tempi sono cambiati e quindi se una volta i classici erano una cinquantina, oggi sono diventati una quindicina. Ma vedo questo contrasto, che per fortuna i più bravi bar manager sanno gestire. Io sono cresciuto con la cultura del cliente, ora si viaggia tanto sulla fantasia di chi sta dietro il banco ma non sempre funziona”. Approfondiamo? “La mixology ha mutato la storicità: per me chi la pratica fa anche racconto, il bar tender svolge il suo lavoro. Non lo dico con negatività. Però è evidente la tendenza a far apparire più il prodotto e la tecnica personale e a valutare meno la capacità della persona di interagire con il pubblico. La ‘vendita’ è importante, parlando con la clientela esperta o meno esperta invece mi pare che si faccia tanto esercizio di stile, magari di alto livello ma per me non basta.
mixology. Qualcuno è perplesso o magari ha una visione diversa: Oscar si iscrive al secondo partito. “In partenza è una buona idea servire un cocktail insieme a un piatto, in base a un abbinamento corretto – sottolinea – ma credo appartenga a una nicchia e ancora di più è per la nicchia della nicchia giocare a trasformare il cocktail in una parte liquida del piatto. In definitiva, ritengo che il bar debba riappropriarsi definitivamente del compito per cui è nato. Vedo che l’happy hour sta uscendo di scena e ne sono contento: al bar si va per bere e tutto deve essere coordinato per rendere positiva questa esperienza e non per altre: dalle luci ai bagni, dalla musica alle divise di chi Verso la fine lavora. E mai dimenticare che dell’happy hour. a un bancone passa il mondo, E come sarà il diversamente da quanto succede in un ristorante”. nuovo mondo del Cavallera sorride quando dibere? Soprattutto in Italia è il ciamo che è più influencer di momento del personagquelli che si definiscono ingio bar tender, che confluencer (e non lo sono lontata più del brand: esattanamente) e insistendo, ci inmente all’estero, dove in tantissimi posti dica tre locali dove si reca con piacere, di successo, in pochissimi sanno il nome escludendo le due città – Londra e New di chi prepara i cocktail”. York – dove ce ne sono troppi sopra la Nel Nuovo Mondo del Bere, è cambiata media. “Il primo è Outrage of Modesty: anche l’educazione ‘sentimentale’ dell’aun posticino a Cape Town che ogni tre spirante bartender? E comunque diamo mesi cambia totalmente la carta e perun buon viatico. “Anche adesso ci vogliomette di scegliere un cocktail partendo no assolutamente le basi della professiodalle erbe contenute in cari sacchettine: meglio impararle in un albergo ovviani presentati sul vassoio. Il secondo è il mente ma puoi farlo pure in un buon bar Bar du Plaza Athenée a Parigi dove si fa di provincia. Poi un paio di stagioni all’inda sempre una ricerca formidabile_ mi segna dei grandi numeri, va benissimo ricordo che si assaggiavano spettacolaper capirci anche un locale della Riviera ri drink ‘floreali’ quindici anni fa… Il terRomagnola. A questo punto è il momenzo è Ceresio 7 a Milano: locale gestito to dei grandi locali, all’estero o in Italia o con grande professionaità: i bartender meglio ancora in entrambe le situazioni: sono silenziosi e rapidi, capaci di creaper me come dicevo in precedenza, conre cocktail originali come di portarti un tano più i posti delle persone ma incroAmericano rivisitato in modo esemplare”. ciando i maestri si impara tanto, sia chiaVi assicuriamo che Cavallera non sapeva ro”. Soprattutto nell’Europa Continentadel pezzo in apertura che abbiamo dele, la più attenta al tema food & beverage, dicato al Pools & Restaurant più famoso è evidente la contaminazione (o meglio il d’Italia: quindi, siamo ancora più convinti tentativo di) tra la proposta culinaria e la della scelta fatta.•
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A Roma l’aperitivo “si scatena” così di Viviana Persiani
Professionisti in gara per offrire ai consumatori drink sempre più accattivanti. L’aperitivo è, ormai, entrato a far parte stabilmente delle abitudini degli italiani. E pazienza se dobbiamo storpiarne il nome, per seguire le mode, come il classico “Happy Hour”, o l’invito “ci vediamo per un ape”. Quel che conta è che ciò che, fino a qualche anno fa, era un rito episodico, sia diventato, ora, un appuntamento quasi giornaliero, indipendentemente dall’età di
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Vista esterna del Palazzo Montemartini Rome e la suggestiva terrazza.
dersi accanto alle Terme di Diocleziano e alla Basilica di Santa Maria degli Angeli progettata da Michelangelo. Del resto, Radisson Collection™ è, come fa La Rustica San intuire lo stesso nome, Carlo protagonista una collezione premium di hotel caratterizzati dell’evento. In dall’unicità della loro giuria anche lo posizione, oltre che da chef Valbuzzi un’offerta stellata, unita a un design moderno e a esperienze eccezionali quanto a ristoranti, fitness, benessere e sostenibilità. A proposito di buona tavola, il Palazzo Montemartini Rome ospita il ristorante Senses, e già l’ambiente è di quelli “magici”, con una grande fontana centrale con cascata di acqua dall’alto, e una vista privilegiata sulle Terme di DioAl centro, Riccardo Di Dio Masa, barman di Palazzo Montemartini Rome mentre riceve il premio per il concorso cleziano e le antica Mura Serviane. Qui, “Scatena il Tuo Aperitivo con Rustica” vengono servite le creazioni dell’executive chef Simone Strano, siciliano DOC. Ed è chi consuma. Aperitivi mai banali, che stiCampari 40 ml di Carpano antica formula questo stesso connubio tra sapori classici molano la fantasia dei barman per offrire, e 4 dash di rabarbaro zucca all’interno e incursioni sperimentali che rende la cuai clienti, proposte innovative, ricercate, del mix-in Glass, ghiaccio, raffreddare, cina dello chef Simone Strano accogliente che fanno impallidire il ricordo del cecreare un’aria di rabarbaro e arancia con e originale allo stesso tempo, invitando i leberrimo e vecchio “bianchino spruzlecitina di soia e frullare per poi colmare commensali a un’esperienza di gusto e zato” che tanto piaceva ai nostri nonni. il drink con la stessa. Ovviamente, non raffinatezza che mette insieme con maeProfessionisti che si mettono in gioco, c’è aperitivo senza accompagnamento. stria le tradizioni del territorio e le nuove gareggiando a concorsi come il recente I clienti si sono abituati a veder arrivare esplorazioni di gusto internazionali. Visto “Scatena il Tuo Aperitivo con Rustica” di al tavolo, insieme alla bevanda richiesta, il tipo di clientela che frequenta la strutSan Carlo, che si è tenuto, lo scorso 25 anche piattini fantasiosi che, spesso, fitura, la cucina di Strano abbina le migliori settembre, nell’accogliente Palacongressi niscono per sostituire la cena. Ebbene, ricette della tradizione italiana con i piatti di Rimini, in occasione di Baritalia Hub. anche in questo caso, è toccato a Martina della cucina internazionale, privilegiando Ebbene, la vittoria è andata a Riccardo Di Parlato, capo partita al ristorante Senses ingredienti di qualità, legati alla migliore Dio Masa, barman di Palazzo Montemardi Palazzo Montemartini Rome, A Radisproduzione del territorio. Naturalmente, tini Rome, A Radisson Collection Hotel. son Collection Hotel, il meritato tributo la sua origine siciliana e il suo approdo Lo ha fatto, trionfando con il suo drink per la sua creazione del piatto Rustica® nella Capitale, confluiscono in piatti che Americanruba, creato per l’occasione, che che accompagna il drink, con ricotta di amalgamano perfettamente le due traha sedotto giudici di fama mondiale come bufala, jelly di menta, gambero rosso di dizioni, combinando ingredienti che riBruno Vanzan e l’executive chef Roberto Mazara crudo e arancia candita. Occorre spettino sapori e tradizione. Tra l’altro, lo Valbuzzi. Cosa si è inventato il vincitore? preparare la ricotta di bufala con sifone, chef Simone Strano è membro orgoglioso Una bevanda dal sapore deciso e originale. la jelly di menta creata con colla di pesce, degli “Chef con la coppola”, espressione Il cocktail trionfatore è a base di Campari aggiungendo il gambero rosso di Mazara della sicilianità. Il Ristorante & Lounge bitter, Carpano antica formula, Rabarbacrudo e l’arancia candita. Insomma, una Bar Senses e Palazzo Montemartini sono ro zucca, Aria di rabarbaro e arancia. La bella soddisfazione per la struttura di parte di Ragosta Hotels Collection per repreparazione? Tecnica mix-in Glass. In charme, situata a Largo Giovanni Mongalare agli ospiti esperienze che riflettano sequenza, occorre versare 40 ml di bitter, temartini, nel centro di Roma, per intenil loro stile di vita. •
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E sbicchieriamolo, ‘sto Bianchello di Viviana Persiani
Nove cantine si alleano per fare sistema e rilanciare un bianco semplice e versatile. Se è vero, come racconta Tacito nella Battaglia del Metauro del 207 a.C., che la delizia del Bianchello del Metauro determinò la sconfitta di Asdrubale e dell’esercito cartaginese, ebbri e appagati da quella che oggi è definita una Doc fresca, beverina e “luminosa”, allora val davvero la pena renderle omaggio e rivalorizzare il suo potenziale. Non a caso, un gruppo di nove cantine della Valle del Metauro, nel ter<ritorio delle province di Pesaro e Urbino, Dalle Marche ha abbracciato la sfida di rilanciare l’autenticità un prodotto del vino marchigiano, riespressione del Tra le cantine, sono presenti scattandolo e sdogananterritorio l’Azienda Agraria dell’enodolo dalla definizione di loga Carla Fiorini, l’azienda “mero vino della tavola Mariotti Cesare (dal 1930 contadina”. Il progetemblema della località to “Bianchello d’Autore”, Sant’Antonio, nel comune inaugurato per nobilitare di Montemaggiore) Terracruda di Fratte il valore della Doc, sostenuto dal IMT Rosa, la Fattoria Villa Ligi; piccole e anche (Istituto Marchigiano di Tutela Vini), grandi famiglie di produttori storici che, coinvolge l’Azienda Bruscia, conosciuta ricchi della loro tradizione di vignaioli, come produttrice di vini biologici, ma accudiscono il buon Bianchello, seguenanche Cignano, la cantina che prende il do l’intero processo produttivo, fin dalla nome dal territorio in cui sorgono le sue vigna. Il tutto, si traduce in un’attenzione coltivazioni, tra le quali 120.000 viti di particolare alla vendemmia lungo i filari Bianchello. Ci sono anche Claudio Morelli dei vigneti di “Biancame“ che verdege la sua passione per i vini autoctoni, così giano nell’intera vallata, toccando anche come Il Conventino di Monteciccardo, Pergola e Fossombrone, per la promol’azienda agraria di Sante con una storia zione di quella che viene considerata che risale alla fine del 1800.
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un’eccellenza. Sono quasi 40 le diverse etichette che, tra vino fermo, passito e spumante, con il 95% di Biancame e un massimo del 5% da “Malvasia Bianca Lunga”, nel rispetto dei dettami della Doc, verranno proposte dalle 9 cantine che, senza tradire la tradizione, hanno spalancato le porte all’innovazione, alle nuove conoscenze dell’enologia, strizzando l’occhio anche all’internazionalità. “Abbiamo preso il retaggio degli avi arricchendolo di esperienza, innovazioni tecnologiche e metodologiche, del confronto con realtà nazionali e internazionali del mondo del vino. Siamo pronti a dare prestigio e a far conoscere nel mondo il nostro ‘Bianchello d’Autore’”. •
Approved Event
Focus Bar
Besuschio, dolci iconici nella boutique golosa di Viviana Persiani
Una famiglia il cui nome si associa a passione e qualità. Il ponte tra passato e futuro è, spesso, costruito su generazioni di famiglie che si passano il testimone, di padre in figlio. Perché se è vero che i giovani hanno voglia di innovare, di guardare avanti, non si può rischiare di disperdere il tesoro prezioso costituito dalla tradizione, dall’esperienza, dalla saggezza, di chi li ha preceduti. Insomma, è difficile immaginare il proprio futuro, prescindendo dal passato. Lo sa molto bene la famiglia Besuschio, la cui Pasticceria omonima ha, alle spalle, la bellezza di 173 anni di storia. Ben sei generazioni si sono alternate a Una nuova capo di un’insegna storecente rica, che ha attraversato un locale sempre più all’adue secoli, fino ad arriapertura nel vanguardia, grazie anche ai vare a Andrea Besuschio milanese numerosi viaggi lui svolti. che è affiancato dal figlio “La tradizione è la base della Giacomo. E’ lui l’ultimo pasticceria, fa parte della esponente della famiglia nostra famiglia, permette di di Abbiategrasso, da anni raccontare chi sei e da dove accanto al padre in labovieni” ha dichiarato Giacomo, dimoratorio e a settembre 2018 al suo fianco strando di avere le idee ben chiare, ma nella guida del locale di Piazza Marconi. con lo sguardo in avanti. Il nuovo volto Venticinque anni e una laurea in Scienze della Pasticceria Besuschio sa bene che dell’Alimentazione presso l’Università la tradizione è un punto di partenza imdegli Studi di Milano, con una tesi sulle prescindibile per la sua attività, ma non nuove coperture di cioccolato, Giacorinuncia ad esplorare nuove tecniche e mo condivide la passione paterna per il preparazioni. “L’innovazione è un tema cioccolato e porta avanti la visione che che mi sta molto a cuore. Sono naturalvuole fare della Pasticceria Besuschio
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mente portato a ricercare la novità, ciò che è insolito o diverso, perché è fonte di adrenalina costante”, ha confessato Giacomo, uno forte anche dall’aver vinto, lo scorso anno, il primo premio al contest Il dolce del futuro award, tra le giovani promesse della pasticceria con meno di 35 anni. A convincere la giuria è stato il valore innovativo contenuto nella ricetta presentata da Giacomo, Slim Sweetness (dolcezza sottile), che ripropone il concetto di barretta energetica in versione gourmet, con una base di meringa morbida, farina di grillo e polvere di caffè sormontata da uno strato di composta di cipolla bianca e succo di
Andrea Besuschio
Giacomo Besuschio
zenzero e una mousse di cocco e lime. Un dolce monoporzione di 30 grammi adatto anche a chi è a dieta, grazie al ridotto apporto di grassi, e arricchito dalla farina di grillo, molto proteica e indicata come ingrediente del futuro. L’ingresso di Giacomo Besuschio alla guida della Pasticceria di famiglia è stato accompagnato anche dal completo rinnovamento degli interni del locale, trasformatosi così in una boutique gourmet, raffinata e dal taglio decisamente più contemporaneo, con le creazioni illuminate come in una gioielleria, grazie al progetto curato dall’architetto Simone Colombo. Sono tanti i prodotti iconici sfornati dalla Pasticceria Besuschio, a cominciare dal panettone. Andrea Besuschio ha avuto la geniale idea, in tempi non sospetti, di vendere tutto l’anno questo prodotto tipicamente natalizio, adattandolo in base a varianti originali come il Fior di Gianduia, (2007) con albicocche, noci pecan e cremosi cubotti di gianduia fondente, o il Crakelè (2010), a base di fave di Tonka e vaniglia Burbon, cui sono aggiunti pezzi di marroni della Val di Susa e scorza candita
di limoni della Costiera Amalfitana. Che dire poi del Besuschino, l’omaggio di Andrea Besuschio al caffè, una delle bevande più consumate in italia. Un prodotto a base di crema di caffè e schiuma di latte servita con un cucchiaino di cioccolato al 73%. E se vogliamo parlare di cioccolato che si fa arte ecco il Biegrasòt, la pralineria e i dragée. Un cioccolatino “formato maxi” dedicato ad Abbiategrasso, ripieno di cremoso al gianduia, un croccante biscotto di frolla e un’infusione al pepe di Giamaica. Senza dimenticare “La pagnotta di Fraa”, nata da una vecchia ricetta dei frati dell’Annunciata che donavano ai poveri della città nei giorni di festa - “Questa ricetta è stata rivisitata da mio padre nel 1970 ed è un marchio registrato come la “Tegola per San Bernardino” creata a due mani con mio padre nel 1987”, afferma con orgoglio Andrea Besuschio. “Questi due prodotti con il “pan meino” sono i dolci che più ci identificano, legati alla storia e alla tradizione pasticcera lombarda.” Passato e futuro. •
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Focus Bar
HelloITA è su Alibaba
di Andrea Penazzi
L’agenzia ICE e il colosso asiatico dell’eCommerce hanno presentato il primo progetto-paese sul marketplace Le società italiane di moda (compresi accessori, calzature e pelletteria), cosmesi, home&design, lifestyle, agroalimentare e vini, se portatrici delle caratteristiche e dei valori di italianità a partire dalla produzione entro i confini nazionali, dallo
Oltre 80 aziende di
scorso 5 settembre posuna grafica che richiama cui più del 50% PMI. la tradizione e il lifestyle sono sbarcare o consolidare la propria presenza tipicamente nostrani. OlObiettivo: favorire sul mercato cinese adetre a essere una vetrina l’export e la cultura rendo a helloITA: progetper i prodotti di qualità, del Made in Italy to promosso dall’Agenzia helloITA funzionerà dunICE, con un investimento que come vero e proprio da 2,5 milioni di euro, e aggregatore di contenuda Alibaba Group per fati curati e personalizzati, vorire l’export attraverso volti a educare gli interla diffusione dei prodotti e della cultura nauti cinesi sul valore e l’unicità del Madel Made in Italy. Questo nuovo hub virde in Italy. Ad oggi le aziende che hanno tuale è accessibile agli oltre 570 milioni aderito sono oltre 80, di cui la metà PMI. di consumatori attivi delle piattaforme In occasione della presentazione alla B2C di Alibaba, Tmall e Tmall Global, con stampa e agli operatori, la reason why
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dell’iniziativa avviata circa un anno e mezzo fa è stata illustrata in primis da Michele Scannavini, presidente dell’Agenzia ICE, che ha premesso come il mercato italiano stia accumulando forti ritardi rispetto alla crescita del commercio digitale a livello mondiale, il quale registra un trend annuo del +33% nel periodo 2014-2021 ed è ormai prossimo a superare la soglia dei duemila miliardi di dollari. Con la Cina che detiene una quota del mercato eCommerce pari al 35% – numero destinato ad aumentare grazie alla parallela crescita della middle class composta da circa 250 milioni di persone – seguita dagli Stati Uniti, insieme ai quali supera il 50% del giro d’affari mondiale delle vendite online. «Questo ritardo deve essere colmato, è un percorso obbligato, altrimenti le aziende italiane rischiano di perdere posizioni importanti. E per provare a raggiungere tale obiettivo abbiamo puntato sulla Ci-
na che è il mercato dominante – ha dichiarato Michele Scannavini – La partnership con Alibaba rientra appieno nel nuovo percorso omnichannel intrapreso dall’ICE. Negli investimenti delle aziende per l’eCommerce la quota necessaria a generare traffico e visibilità per il proprio e-store è quella più onerosa sia in termini finanziari che di specifiche competenze. helloITA è quindi l’occasione per le aziende e PMI italiane di beneficiare del traffico generato dalle economie di scala di un piano trasversale che, oltre a portare traffico, punta a colmare il gap di conoscenza sull’Italia e le sue eccellenze, spesso rilevato in alcune fasce cruciali d’acquisto dai consumatori cinesi». Scannavini ha inoltre sottolineato come l’ICE punti sul concetto di multicanalià per presidiare canali commerciali più evoluti, affiancando alle normali attività per la promozione del Made in Italy nel mondo il presidio della sfera digitale. Tra
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i target privilegiati i mercati USA e UK, che hanno visto accordi rispettivamente con Yoox, firmato a dicembre 2017, e con Ocado. «helloITA è il primo progetto di questo tipo realizzato in collaborazione con un partner governativo ed è pertanto una grande soddisfazione vederlo prendere vita sulla piattaforma Tmall di Alibaba – ha commentato invece Rodrigo Cipriani Foresio, managing director Italy, Spain, Portugal and Greece & General Manager of Europe, Tmall Business Development – La valorizzazione del Made in Italy non solo come eccellenze di prodotto ma anche come diffusione di cultura, tradizioni e artigianalità è da sempre una priorità nel nostro lavoro e siamo orgogliosi di essere il partner di fiducia di ICE e delle tante aziende italiane, tra cui molte PMI, lungo il loro percorso di digitalizzazione, internazionalizzazione e apertura al mercato cinese».•
L’intervista
“Le cose in cui credo” di Maurizio Bertera
Due stelle Michelin per il talentuoso cuoco di Villa Feltrinelli
La grandezza dello chef Stefano Baiocco non è mai esibita e rispecchia la profondità del suo carattere Troppo facile restare incantati dal giardino, dalla terrazza del ristorante, dal dehors, dalle sale interne. E da un Garda che in settembre probabilmente regala il massimo per clima e colori. A noi ha colpito lo stemma dei Feltrinelli ben impresso sulla nuovissima cucina di Marrone – c’è anche un germogliatore – che si trova al piano inferiore della villa che ospita l’hotel cinque stelle e il locale bistellato. E’ suggestivo vedere la storia – e qui ne è passata tanta – anche nel luogo sicuramente più ‘avanti’ della struttura, quello dove opera Stefano Baiocco. Marchigiano di Ancona, non ha perso la verve adriatica e l’ inflessione di casa dopo 15 anni a Gargnano. Cresciuto in maison prestigiose (i Pinchiorri, Pierre Gagnaire, Alain Ducasse…) è un perfetto esempio di come un ragazzo di provincia possa arrivare a grandi risultati girando il mondo - dal Giappone alla Spagna sino a New York e Hong Kong, -prima di tornare in patria. Ed è qui che è diventato il cuoco che conosciamo, forse non ancora come merita. Ci proviamo. Caro Baiocco, prima di arrivare a Gargnano nel 2004, era stato per tre anni sous chef al Rossellinis di Palazzo Sasso in quel di Ravello. Sembra che abbia l’innata capacità di lavorare in posti tra i più affascinanti della penisola. Non credo sia destino. E’ che quando mi decisi a tentare il salto, inviai il
curriculum sperando che mi scegliesse una struttura piccola come Villa Feltrinelli, non per snobismo ma per la mia convinzione di poter dare il meglio servendo una quarantina di persone. Mi ricordo che l’F&B manager pensava avessi esagerato nelle referenze, tanto che le controllò una a una: a quel punto mi chiesero di iniziare già nella stagione 2003 ma aveva dato la parola ai titolari di Palazzo Sasso. Quindi finì il servizio a Ravello, feci uno stage da Ferran Adrià e in primavera entrai in questo posto, innamorandomene immediatamente. E’ probabilmente il solo cuoco bistellato Michelin che a ogni chiusura invernale
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Animella di vitello al tandori; sotto: Una creazione dello chef denominata “Tutto pomodoro”.
prende lo zainetto e si fa stage importanti. Una vera passione, più che una
necessità? Da un lato mi fa tornare giovane, appena uscito dall’alberghiero. Perché non chiedo di stare al pass o essere trattato come un fenomeno, anzi. Mi diverto un sacco a cucinare insieme a tutti, li frequento dopo il lavoro, andiamo al mercato insieme…Non è sempre una passeggiata, per esempio a Tokyo – dove ero andato per uno stage al RyuGin - dormivo in una mezza topaia come l’ultimo dei commis. Ma sono esperienze utilissime: ho lavorato con i fratelli Roca, Dani Garcia, Quique Dacosta, Pascal Barbot… Quest’anno la meta è… Penso una vacanza con la famiglia. Il figlio è cresciuto e credo sia giusto stare con lui più di quanto ho fatto sinora. Ma invito i giovani che stanno leggendo a girare, a imparare dai più bravi, ad aprire il cervello e non fermarsi a guardare le ricette su internet. Bisogna scegliere i posti e i cuochi giusti, ovviamente, perché – come dico sempre io – molti curriculum non sono precisi per usare una metafora. Un conto è lavorare in un locale del gruppo di Ducasse, un altro è lavorare in un tre stelle di Ducasse. E comunque, invidio i ragazzi di oggi che possono andare dove vogliono e non per forza in Francia. All’epoca, andare a Parigi
Lo chef Stefano Baiocco
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L’intervista per un marchigiano come me era come partire per la Luna Oltre a essere considerato un eterno stagista, è probabilmente l’ultimo interprete del ruolo di ‘cuoco di casa’ o di corte se preferisce, fondamentale nella storia della cucina italiana. Qui si fanno piatti quasi esclusivamente per gli ospiti ricchissimi dell’hotel. Quando me lo dicono, sorrido. In parte è vero: il 70% dei coperti in una stagione arriva dagli ospiti, praticamente tutti stranieri, dell’hotel. Mi ritengo più fortunato di tanti colleghi perché mi posso concedere una grande libertà creativa e acquistare qualsiasi prodotto. L’altra faccia della medaglia è che devo cercare di assecondare molte richieste fuori carta, ma con il tempo ho imparato a dire “oggi non è possibile, ci proviamo domani” e se il giorno dopo non si può fare rimando ancora. Da noi non esistono follie in cucina come avvengono – lo sento dire
Una cucina personalissima Il bello di Baiocco è che non deflette da una idea personalissima di cucina, tanto da sorprendere chi si aspetterebbe un menu ben diverso, in un contesto quale Villa Feltrinelli. Ovvio che si possono scegliere alla carta i piatti più rassicuranti ma il vero piacere (e il tocco di Stefano) si scopre nei degustazione 100% Green – dove viene utilizzato al meglio il giardino interno, curato personalmente dallo chef marchigiano - a 150 euro e 100% Baiocco (con cinque portate a 180 euro e completo a 250 euro). Sono fuochi d’artificio, di sapore persino nelle proposte verdi, scientificamente portate – per pulire il palato - tra l’ultimo secondo e i dessert: la famosa insalata con oltre 100 elementi tra fiori ed erbe, il consommè caldo di agrumi e il pinzimonio con una fantastica ciotola di cioccolato bianco e olio extravergine del Garda. Ci sono echi lacustri nei piatti con la trota salmonata e il salmerino (ottimo) come richiami degli stages in Oriente vedi il sandwich di waygu e shiso e ancora piacevoli ‘giochini’ di stile come la burrata affumicata servita al tavolo, a base di melanzane. Cotture perfette e ricerca esasperata del colore denotano la tecnicità di Baiocco che non delude neppure in chiusura: la piccola pasticceria è da applausi come il ‘dischetto’ a base di cappero, caffè e maggiorana lascia il segno. Il servizio è impeccabile, con ampia (ed elegante) presenza femminile, ben capitanato da Alessandro Bosco. La cantina da 650 etichette, è gestita da Tiziano Ghitti, con ricarichi in linea con l’ambiente: a parte l’obbligatoria sezione di Champagne, non si esce dai patri confini e si guarda tanto alla Lombardia. E pure questo se vogliamo, conferma che Villa Feltrinelli è molto meno ingessata di quanto pensino in molti.
- in strutture simili, ma probabilmente la nostra clientela è stata ben educata negli anni. A proposito, lei ha vissuto le due epoche di Villa Feltrinelli. Cosa è cambiato? E’ stato realmente un passaggio indolore tra Bob Burns e Viktor Vekselberg, due personaggi di grande spessore. La differenza è che mentre il primo è uno straordinario albergatore, meno sensibile alla ristorazione, il secondo è un grande appassionato e quindi ci ha concesso una
Minestrone di frutta e verdura alle 10 spezie
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maggiore libertà sul tema. Il risultato è che siamo diventati più bravi. E’ quasi un peccato, viste le stagioni più miti di una volta, che Villa Feltrinelli prosegua nel suo trend con apertura di sei mesi e una pausa temporale identica Avere una chiusura così lunga è un rischio per lo chef, in quanto perdi la brigata a lungo e in teoria puoi restare da solo. Non succede in realtà, ma spesso devi fare cambiamenti. Vero che quando non devi cucinare, hai tempo per ristrutturare senza fretta, correggere gli errori o pensare tanto, fare stages come riposarti veramente. Ci sono pro e contro, insomma. Un pensiero sulla cucina italiana. Lei come la interpreta a Villa Feltrinelli? Nel gourmet, aperto solo alla sera, c’è la mia cucina. Non per presunzione, ma per il fatto che quel 30% che viene solo per mangiare è composto per metà da italiani che se ne intendono e non vogliono cucina globalizzata ma di forte personalità. E’ diverso al lunch, più semplice. In realtà, io preparo piatti veramente italiani solo quando facciamo promozione all’estero. Cucina italiana codificata? Mah, non saprei. A me pare che si parli già troppo di cucina e pure questo argomento non mi appassiona più di tanto. Sarà che non sono mai stato uno attento
Un cinque stelle fascinoso Mai come in questo caso è giusto dedicare spazio al meraviglioso ‘contenitore’ che ospita il bistellato Michelin. La villa, in stile neo-romantico, venne costruita nel 1892 dai figli di Faustino Feltrinelli (originario di Gargnano e magnate dei legnami) e divenne la residenza estiva per una delle famiglie più famose e ricche d’Italia. Un posto importante nella storia lo ebbe naturalmente tra l’ottobre del 1943 e l’aprile del 1945, come dimora di Benito Mussolini nel periodo della RSI. Andata inesorabilmente in declino a partire dagli anni ’70, Villa Feltrinelli è stata ‘salvata’ nel 1997 da Bob Burns – fondatore della Regent International Hotels che a fronte di un colossale investimento economico la riportò alla sua forma migliore, con quattro anni di ristrutturazione (in alcuni casi ricostruzione). Ne è uscito un cinque stelle di fascino unico e immerso in uno dei parchi privati più suggestivi d’Italia, caratterizzato da alberi rari ed esotici mentre quanto resta della spettacolare limonaia gardesana è occupato dal curatissimo giardino dove Baiocco segue personalmente le erbe e i fiori che finiranno in cucina. Le suites sono collocate nel corpo centrale dove si trovano l’ingresso, varie sale e salette affrescate e arredate in modo perfetto, il ristorante. Con la ridestinazione, le case di chi lavorava per i Feltrinelli sono diventate villette a disposizione di clienti alla ricerca di qualcosa di ancora più esclusivo e personale delle suites. Nel 2006, Burns ha ceduto l’hotel al Renova Group, holding del russo Viktor Vekselberg, amico di Putin e tra i 50 uomini più ricchi al mondo per Forbes.
a convegni, appuntamenti e raduni di cuochi vari. Faccio le cose in cui credo. Quanto alla codifica, ovvio che avrebbe un senso ma secondo me dipende su che mercato operi, quali prodotti trovi lì, su quali cuochi puoi contare. Poi, so-
Il tartufo
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stanzialmente noi italiani siamo bravissimi artigiani. Nei migliori hotel del mondo, trovi sicuramente il cuoco italiano o il maitre italiano ma guarda caso, l’executive chef o il direttore è un tedesco, uno svizzero, un americano… Baiocco, una provocazione in chiusura. Un cuoco deve avere un’enorme motivazione per andarsene da Villa Feltrinelli, a meno che non venga licenziato. In effetti, si sta proprio bene. C’è una costante ricerca dell’eccellenza, a ritmi corretti e il lago aiuta molto. Non penso ad altre avventure per il momento né sono tentato da un mio locale, fermo restando che posso capire chi se lo apre dove è nato o dove abita. E se proprio dovessi fare qualcosa, non mi vedo sicuramente nella mia Ancona. Al massimo in un altro Paese, da noi lo chef-patron quando si sveglia, più facilmente ha l’incubo di chiamare il commercialista e non ha il tempo per pensare ai nuovi piatti. Non è la mia vita. •
Protagonisti Food
Niko Romito, il Grand Tour approda al Bulgari di Gigi Pavesi
Il format dello chef, collaudato nel mondo prova una sponda illustre nel luxury hotel milanese
Niko Romito
Se quella di Carlo Cracco in Galleria è stata l’apertura milanese del primo semestre, quella di Niko Romito nel Bulgari Hotel è stata sicuramente la più importante della seconda parte dell’anno. Concetti diversi, obiettivi diversi, personaggi diversi. Da una parte uno chef-patron di scuola classica che gestisce un complesso barbistrot-ristorante per chi vuole un caffè come una cena da 300 euro, dall’altro un cuoco di grande tecnica che gestisce il ristorante interno a uno dei boutique hotel più amati in città, con il giardino per antonomasia sotto la Madonnina. Il debutto del Ristorante Niko Romito nella raffinata struttura di via Fratelli Gabba – tra via Manzoni e Brera – segue quelli dei locali di Pechino, Dubai e Shangai per la maison italiana, che fa parte del gruppo LVMH. Nel luglio 2017, lo chef di Castel di Sangro aveva siglato un accordo che prevede appunto la gestione di un ristorante di cucina italiana, all’interno dei nuovi hotel della catena. Quello di Milano – aperto nel 2004 – rappresenta l’eccezione che Romito e Bulgari Hotels non potevano lasciarsi scappare. La notizia è che – intelligentemente – Niko Romito non serve nessun piatto in carta al Reale – il tre stelle Michelin (36° per la The World’s 50 Best Restaurants 2018) ma propone il format collaudato nelle precedenti aperture nel mondo, studiato nei minimi dettagli nel suo laboratorio di Casadonna dove ha sede anche una delle
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cipolle e origano; La Lasagna; Spaghetti e pomodoro; Ravioli di patate con gamberi rossi e calamari; Pollo alla diavola, olive e capperi; Maialino croccante con salsa all’arancia; Cotoletta di vitello alla milanese che ha il coraggio di servire già tagliata a fette, con la carne morbidissima e una panatura da sballo. E’ grande cucina, complessa ma non complicata come insegue da sempre Romito. Un esempio? Gli Spaghetti e Pomodoro, non al pomodoro. Rossi a differenza di quelli serviti al Reale dove il pomodoro viene ridotto in acqua di pomodoro e la pasta cuoce lì. Il gusto è esplosivo, ma non poteva andare bene per la clientela tipica (in gran parte, internazionale) del Bulgari milanese ed ecco la genialata:
Spaghetti e pomodoro
Ventresca di tonno arrostita con insalata di fagioli cipolla e origano
Il ristorante del Bulgari Hotel
più famose scuola di cucina. Lo illustra Romito: “Abbiamo lavorato a un’antologia di standard: grandi classici – non solo ingredienti e ricette, ma anche concetti legati alla presentazione e al servizio – della nostra tradizione, che abbiamo cercato di interpretare in modo filologicamente corretto e insieme aggiornato, conciso e necessario. Va considerato come un grand tour gastronomico del meglio della cucina italiana e la mia interpretazione di quello che rappresenta oggi. Quindi a Milano come in Cina o a Dubai si inizia con un brodo di cipolla, sedano e carota senza aggiunta di acqua e solo un’idea di olio. Poi si può optare per un
menù degustazione (guarda caso chiamato Condivisione) a 110 euro – 160 con il pairing di livello – e che comprende l’Antipasto all’Italiana a base di ‘assaggini’ regionali e appunto da condividere; Tortello di pomodoro con burrata e basilico, Baccalà, maionese di patate e peperoni; Manzo al pepe nero e Pane e cioccolata. Curiosità: ,quest’ultima è servita nella versione ‘stellata’ del Reale e non come fettona di pane spalmata con una crema di nocciole e cioccolato, che è invece in carta nel neonato ALT a Castel di Sangro. La carta è ricca di piatti sorprendenti, precisi e che riescono nell’obiettivo di Niko: italianità e tradizione in una chiave unica: Vitello tonnato; Ventresca di tonno con insalata di fagioli,
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pomodoro in purezza concentrato nel forno senza aggiunta di liquidi, quindi abbattuto e in seguito frullato. In più, giusto una punta di peperoncino e al momento del servizio polvere di pomodoro sul piatto. In pratica due soli elementi - pasta e pomodoro -per un piatto formidabile. Non stupisce che grazie a un menu – in buona parte simile a questo – il ristorante del Bulgari Hotel di Shanghai, guidato da Davide Capucchio, abbia conquistato la stella Michelin a soli tre mesi dall’apertura. Ci sbilanciamo: quello di Milano ha tutte le carte in regola per bissare. La location resta di fascino, La brigata guidata dall’esperto Claudio Catino è già a punto, c’è una valida mixology che si affianca alla cantina, un grande servizio (storico punto di forza) e un management esperto. Ne riparliamo sicuramente il prossimo anno. •
Protagonisti Food
Crippa: istinto straordinario. E collaboratori affidabili di Maurizio Bertera
Lo chef Enrico Crippa con il capo sommelier Vincenzo Donatiello
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Totale libertà creativa, ricerca approfondita per un impegno clamoroso Sono in molti a chiedersi quando Enrico Crippa si dedicherà ‘solo’ alla cucina vegetale. Per ora a Piazza Duomo il più bravo allievo di Marchesi – almeno per le classifiche italiane e mondiali – amplia, un passo alla volta, la proposta ‘verde’, potendosi servire di un talento formidabile e di un complesso serra-appezzamento per un totale di 4.500 mq dove lo chef di Carate si reca personalmente ogni giorno per selezionare e raccogliere prodotti. Oltre agli ortaggi più comuni (ma sempre selezionati, tra varietà antiche e particolari), vengono coltivate all’incirca 400 specie tra botaniche e orticole. Quelle che compongono il signature dish per eccellenza di Piazza Duomo: l’Insalata 21-31- 41-51. E adesso con il nuovo degustazione Mo(vi)menti – vedi box – Crippa si è superato. E una volta di più si propone il (piacevole) problema di abbinare il vino a una prevalenza di vegetale. Per fortuna, nel tristellato di Alba, c’è un campione che risponde al nome di Vincenzo Donatiello: 33 anni, lucano di Lavello, arrivato cinque anni fa ad Alba dopo importanti esperienze
in Italia. Un maitre e sommelier che si è trovato subito bene con Crippa e ha organizzato la cantina su quattro linee: 100% Piemonte - il Piemonte in lungo e in largo; Organic Way! - Rendez-vous con i vini naturali 1100 Km - Alba-Beaune, andata e ritorno, alla scoperta di Piemonte e Borgogna; Grand Cru - viaggio nella Francia dei miti. Detto questo, il giochino non è facile. “Le verdure non nascono per
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un vino qualsiasi, mi ricordo Marchesi che ne consigliava l’abbinamento con l’acqua, più o meno minerale a seconda del piatto – spiega lo chef - la mia idea è che bisogna ragionare volta per volta. L’elemento liquido in abbinamento può essere una tisana o una centrifuga, un brodo o un dashi, un succo o un vino. Da bere prima o dopo, ma anche versato nel piatto. Non ci sono regole generali,
Protagonisti Food ma tante interpretazioni”. Donatiello concorda, difendendo ovviamente la cantina. “Ci sono vegetali più facili da abbinare e altri più difficili, per esempio se c’è prevalenza di asparagi o carciofi le possibilità sono limitate: vendemmie tardive oppure aromatici molto ‘morbidi’. In generale, bisogna giocare sui vini bianchi: un buon Riesling per il radicchio, un eiswine per l’insalata. Eviterei sia le bollicine – salvo un Prosecco extra-dry o uno Champagne demi-sec - sia i rossi mentre invece sono sottovalutati i vini dolci, molto versatili. Per esempio un Sauternes a 4° lo servi con le ostriche, tra 6° e 8° va bene con il foie gras e a 16° con un dessert. Ma a 12° è perfetto su un piatto dove prevale lo zafferano”. Donatiello si è conquistato la piena fiducia dello chef, pensa ai vini ‘giusti’ durante la creazione di un nuovo piatto o dopo il
via libera di Crippa. Conosce a menadito l’ABC del pairing ma lascia ampio spazio all’immaginazione, tanto più in un posto come Piazza Duomo dove la clientela sa di poter contare sul meglio del meglio per la classicità (Piemonte e Francia in primis) ma ha anche il piacere di essere sorpresa, magari con un vino servito in un bicchiere nero, per suscitare la curiosità, davanti a uno straordinario Risotto al limone bruciato. Al primo piano del palazzo di Piazza Risorgimento 4 ci si diverte molto, ma non aspettatevi mixology. “In questo non seguiamo la tendenza, ma non per snobismo bensì per un’effettiva difficoltà nel trovare il cocktail giusto per piatti molto complessi – spiega il maitre lucano – mentre non ne discuto la validità con ricette più basiche. Poi c’è un problema tecnico: ho calcolato che per seguire le sfumature di un degustazione
Mo(vi)menti, il Crippa migliore di sempre Enrico Crippa ama citare una frase. “I miei sono piatti istintivi non c’è nulla da capire ma solo da esperire”. Non ne dubitiamo conoscendolo da tanti anni. Però evidentemente il suo istinto è straordinario perché a Piazza Duomo non si è mai mangiato così bene e soprattutto così tanti piatti. Detto che la carta è sempre presente – con una ventina di proposte più una decina di dessert spaziali – ai due noti degustazione (Langhe Oggi e quello dello chef a nove o undici proposte) si è aggiunto l’inedito Mo(vi)menti a 270 euro. Possiamo serenamente definirlo l’omakase di un cuoco che a 47 anni sta esprimendo una visione completa della cucina, in totale libertà creativa. Campione di tecnica e di gusto lo era sempre stato, né va dimenticato che fu lui con Paolo Lopriore a realizare l’epocale Menu Oggi che Marchesi presentava all’Albereta. Mo(vi)menti più che un menu è una sequenza di ingredienti; attualmente sono: riccio di mare, barbabietola, cetriolo, radicchio, merluzzo, riso, piccione, pane e frutta. A ogni portata, arrivano in tavola quattro-cinque creazioni basate sull’ingrediente e servite (giustamente) in mini porzioni. Un impegno clamoroso non solo mentale ma anche pratico – alla fine siamo sulla quarantina di assaggi diversi – che la genialità dello chef, il lavoro della brigata e del servizio in sala rendono un’Esperienza ad altissimo livello. E non ci stupisce che in un degustazione così particolare, Donatiello si superi nel pairing. A solo esempio, visto che le scelte potrebbero essere diverse (la cantina di Piazza Duomo vanta 1.800 etichette), citiamo quello che ha aperto per il nostro pranzo: Champagne Blanc de blancs, Delamotte: Langhe bianco 2017 Monsordo, Ceretto; Sancerre 2016 Chavignol, Delaporte; Palagrello bianco 2013 Privo B.O.P, Alepa; Coteaux du Layon 2015 Les Brouandieres, Domaine Patrick Baudoin; Iugum 2010, Peter Dipoli. Grande Vincenzo.
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quale Mo(vi)menti ci vorrebbero 300400 prodotti. Praticamente una seconda cantina con un esperto in materia a gestirla. Magari arriveremo a fare un ‘one shot’ su un piatto dove la nota alcolica sia mitigata perché sul vegetale vince sempre la leggerezza”. Ci piace la chiusura di Enrico. “La verdura è come il vino, contano il terroir e la voglia di aprire nuovi orizzonti. E qui in Langa li ho esplorati e li sto esplorando come non ho mai fatto nella mia vita. Bellissimo” •
Protagonisti Food
Giacomo Bulleri, re del format di Gigi Pavesi
Tabaccheria, Bàcaro, Caffè, Bistrò: ecco cosa significa polifunzionalità.
Se un regista anglosassone girasse una serie sulla vita di Giacomo Bulleri – e ci starebbe, serenamente – il nuovo capitolo si dovrebbe chiamare ‘Homecoming’, ossia ritorno a casa. Perché il mitico 93enne di Collodi (“Sono nato nel paese di Pinocchio, quindi è normale che sia specializzato in bugie. Ma bianche sia chiaro” ripete nelle interviste), ha creato un impero a Milano ma ha aspettato il 2018 per aprire un ristorante nella sua Toscana. Si chiama ovviamente Giacomo e si trova a Pietrasanta, in via del Marzocco 19: sottolineiamo che siamo nel centro della bella località in provincia di Lucca non a Marina di Pietrasanta: posizione scelta che lo differenzia dai ristoranti ‘al mare’, mantenendo il mood che caratterizza i locali milanesi, e che ne ha decretato il successo costante. Il posto nasce sulle ceneri del ristorante Salani: conta una settantina di coperti tra interni ed esterni, ed è stato
disegnato seguendo lo stesso stile del primo Giacomo, classico, elegante, e riconoscibile. Per quei pochi a non conoscerlo, giusto sintetizzare chi è Bulleri: ragazzo di campagna che giovanissimo va a studiare a Torino, finendo per imparare il mestiere di cuoco durante la guerra. Nel ‘56 approda a Milano: il tempo di conoscere la città, capire le sue dinamiche e sperimentare le teorie in un paio di locali. Poi nel 1958 inaugura la prima trattoria –
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‘Giacomo’ – in piazza Donizetti. Un successo epocale, grazie a una visione ‘milanese’ dei piatti tipici toscani che conquista la città e apre la strada a tanti altri osti della regione di origine. Nel ’91 il trasferimento in via Sottocorno al numero 6, primo passo del personalissimo ‘food district’ in questa via tranquilla, a pochi metri da Piazza Cinque Giornate. Oltre al Ristorante (bellissimo in vecchio stile, firmato dal duo Peregalli-Mongiardino), ci sono il raffinato Bistrot, la Pasticceria (quotata), la Tabaccheria – via di mezzo tra una drogheria e un bacaro – e la Rosticceria con il suo delizioso giardinetto interno. Non basta perché nel salotto di Milano, ci sono Giacomo Arengario, il locale interno al Museo del Novecento con una terrazza da urlo davanti al Duomo, e Giacomo Caffè Letterario di Palazzo Reale. Ora è tempo di Pietrasanta. “È la prima volta che apriamo un ristorante con la griffe Giacomo fuori da Milano e abbiamo deciso di puntare sulla Versilia, e più in particolare su questa cittadina, perché parliamo di una realtà, culinaria e turisti-
Giacomo Bulleri
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ca, di altissimo livello. Realtà che ben conosciamo” spiega Marco Monti, originario di Lucca e genero di Bulleri, che con la moglie Tiziana cura e gestisce le diverse attività del gruppo. Le armi per conquistare i residenti e i turisti ci sono, al di là del brand. C’è tanto mare nel menu, presentato in un grande bancone a vista: lì si possono ammirare crostacei e pesci(oni) chiedendo una ricetta ad hoc, valutata ‘a peso’ nel conto finale. La carta non può che essere nello stile di Giacomo: semplicità, cura, tocco d’autore. Citiamo gli scampi crudi, maionese al mango, mentuccia e mandorle; uovo poché, spuma di Parmigiano Reggiano, cicoria e lamelle di tartufo di stagione; risotto alla milanese, cappesante scottate, lattuga di mare e polvere di nero di seppia; ravioli cacio e pepe, lime, bottarga e tartare Genio di gamberi; tagliatelle di grano arso e talento con funghi poralla base cini; tonno rosso del suo essere scottato, riso rosso, salsa al miso e imprenditore croccante di pistacchio; pancia di maiale laccata cotta a bassa temperatura 24 ore, funghi porcini e purea di albicocca; Bomba di Giacomo ossia sfoglia ricoperta con crema chantilly al mascarpone e fragoline di bosco. Ma abbiamo raccontato il dieci per cento della carta. Curiosità: il locale è stato inaugurato proprio in occasione del 93° compleanno di Giacomo. “Amo Pietrasanta per la sua identità elegante, colta, raffinata. La città e la popolazione hanno un’anima profondamente radicata nel territorio e al contempo capace di proiettarsi e di interagire con il mondo intero, come sono io – ha detto un emozionatissimo Bulleri ai tanti amici - ritorno nella mia amata Toscana e sono felice di condividere la nuova avventura con tutti voi”. La sua terra ringrazia. •
Focus Food
Praia Art Resort Così si fa ospitalità di Alberto P. Schieppati
Raffaele Vrenna, patron del Praia Art Resort, racconta cosa significa fare impresa in Calabria. Incontriamo Raffaele Vrenna sulla pedana da cui si domina un panorama mozzafiato su uno dei golfi più belli della Calabria ionica. Siamo a Praialonga, piccolo villaggio vicino a Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Un pugno di case nel cuore di quella Calabria felix, capace di richiamare turismo internazionale di alto livello grazie a un’offerta fatta di: natura, paesaggio, acque marine cristalline, cucina di territorio, alta professionalità, ospitalità. Ma anche e soprattutto grazie anche alla lungimiranza di imprenditori del calibro di Vrenna che, spesLa cucina del so ostacolati da pastoie burocratiche che fanno ristorante gourmet, a botte con innovazione Pietramare, nelle e visioni a lungo termisolide mani di ne, riescono a condurre in porto i propri sogni, Ciro Sicignano nonostante tutto. Con coraggio, caparbietà, investimenti. Il Praia Art Resort è sicuramente uno di questi sogni realizzati. Un polo di ospitalità di alto profilo, un resort cinque stelle in uno dei punti più suggestivi della costa calabra, caratterizzato da un’atmosfera fascinosa, resa ancora più intrigante dalla presenza di un ristorante di livello superiore, il Pietramare, una stella Michelin, dove la cucina è “governata” da un giovane e ottimo chef cam-
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Raffaele Vrenna patron del Praia Art Resort; due visuali della piscina all’aperto del resort; un’elegante suite.
pano, Ciro Sicignano (arriva dallo stellato Quattro Passi di Nerano, frazione di Massa Lubrense), il quale ha raccolto il testimone da un altro bravissimo professionista, lo chef Alfonso Crescenzo, ora a Zermatt (CH) a fare l’executive in un esclusivo chalet alpino. Abbiamo chiesto a Raffaele Vrenna che cosa significhi per lui essere imprenditore dell’ospitalità in una regione certo non semplice come la Calabria: “Il grande vantaggio di operare in una regione come la nostra è sostanzialmente legato a un dato di fatto: la Calabria è una regione bella e ospitale, indipendentemente dalla tipologia degli apporti imprenditoriali. Ovviamente, io godo di questo vantaggio: la bellezza del territorio è un dato di fatto, un punto di partenza che mi aiuta non poco. Certamente, a questa condizione favorevole si devono abbinare visioni strategiche, in
ficazione legislativa sarebbe doverosa e necessaria… Tanti imprenditori hanno bisogno di risposte immediate…” Il Praia Art Resort, con il suo ristorante Pietramare, ci pare una risposta, per certi versi audace, alla generale acquiescenza di parte delle istituzioni… “Certamente, continua Raffaele Vrenna, alla base del successo ci sono investimenti onerosi: per quanto riguarda l’offerta di ospita-
grado di saper valorizzare, salvaguardare e promuovere adeguatamente il territorio calabro, in tutte le sue declinazioni. E qui ci si trova di fronte, spesso, a un eccesso di burocrazia di fronte al quale noi uomini di impresa non dobbiamo scoraggiarci. Senza dubbio, una sempli-
lità, camere e ristorazione, la qualità del personale ha un valore molto importante: per garantire un livello di accoglienza superiore agli ospiti, è necessario puntare, come abbiamo fatto fin dall’inizio (la struttura ha appena compiuto i sei anni di vita e ogni anno vede miglioramenti e
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Focus Food innovazioni, dagli appartamenti fino alla spa di prossima apertura) su grandi professionisti”. “Per non dire del costo della materia prima”, aggiunge Vrenna. Il quale conosce molto bene il valore del Food cost della ristorazione, visto che il menù stellato propone piatti di grande valenza,
in cui le materie prime di eccellenza la fanno da padrone. Figure-chiave del Praia Art Resort: qualche nome? “Non vorrei dimenticare nessuno, dice Vrenna ma citerei Giancarlo Marena, bar e restaurant manager, un professionista solido, versatile e ricco di cultura professionale, fino a Salvatore Iembo e Mimma Gagliardi, che rispettivamente coordinano la gestione generale e l’accueil degli ospiti,
Ciro Sicignano, chef del ristorante gourmet del Praia Art Resort; a fianco, Intreccio di seppia; sotto, Cappelletti di pasta bianca, ripieni di mozzarella fumè, pomodorino e friggitello; Giancarlo Marena, bar & restaurant manager al Pietramare.
fino allo Chef Ciro Sicignano e alla sua brigata, fino ai sommelier e ai camerieri, ai manutentori, alle governanti, ecc… ma tutti, qui al Praia Art Resort, concorrono al raggiungimento delle performance e, in modo ineccepibile, sono gli artefici del successo della struttura. Tutti, nessuno escluso. Imprenditore molto attivo nel mondo dell’ospitalità, già presidente di Confindustria e del Crotone Calcio, Vrenna ha al suo attivo altre aperture, come il Blu 70, di Copanello (Cz), uno storico locale della notte (qui venne concepita la canzone “Una rotonda sul mare”, icona degli anni Settanta), recuperato recentemente e riportato a nuova vita: un riferimento importante per i catanzaresi e, grazie anche alla volontà di trasformare il luogo in una “trattoria di mare superesclusiva”, destinato a essere una stella nel firmamento gastronomico della Calabria Ionica. “Le linee di ristorazione del Praia Art Resort ovvero il Pietramare, il ristorante stellato con Ciro Sicignano chef, il Bistrò fronte piscina, con un’offerta più semplice ma di alta qualità, la Pedana, dove brace e griglia la fanno da padrone, pur nella
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evidente diversificazione d’offerta, sono tutte sinonimo di eccellenza qualitativa. E confermano, con il gradimento della clientela, che Praia Art Resort è anche destinazione gourmet”. “Espressione, aggiunge Raffaele Vrenna, di un nuovo lifestyle che mette sullo stesso piano di gradimento l’esperienza gourmet e il relax assoluto. Perciò mi piace dire che qui al Praia Art Resort, in un certo
senso, si perde il concetto di tempo”. E bene lo sanno la nostra clientela italiana (il 20%) e quella internazionale (l’altro 80%, fatta da americani, canadesi, australiani ed europei, ndr). La nuova spa, che sarà pronta entro il 2019, punterà su trattamenti esclusivi per il corpo ma non disdegnerà l’offerta di alimentazione naturale e bio, che diventerà uno dei prossimi cavalli di battaglia del resort: “Con la nuova spa penso di prolungare
la stagione fino a 10 mesi all’anno, aggiunge Vrenna: visto che ne abbiamo tutte le possibilità, sarebbe un peccato non sfruttare questa grande opportunità affiancando una forma di ristorazione salutistica a quella del Pietramare, il ristorante gourmet”. A questo proposito, va detto che la cucina di Ciro Sicignano (di cui Artù anticipò la notizia dell’ingresso al Pietramare lo scorso maggio, n.90) rappresenta un vertice della ristorazione del sud. La sua mano è precisa e attenta, le selezione delle materie prime meticolosa, le tecniche di cottura avanzatissime (grazie anche alla presenza in cucina di una Molteni superprofessionale). Il suo è un talento che non vuole esibire o stupire, ma più semplicemente rappresentare ai clienti le infinite possibilitù espressive di gusto e sapori. Con un grande alleato: la freschezza della materia calabra, dal pesce alle verdure alle carni ai formaggi e a quant’altro offra questa terra straordinaria. L’esperienza di Ciro Sicignano, originario di Gragnano, il paese della pasta di grano duro, fra Napoli e Agerola, è vasta e diversificata: Piazza Duomo con Enrico Crippa, Villa Crespi con Tonino Cannavacciuolo, da Vissani a Baschi, solo per citarne alcuni. All’esprerienza Ciro abbina il suo talento, che lo porta a creare piatti davvero indimenticabili, come i Cappelletti di pasta bianca, ripieni di mozzarella, pomodorino e friggitello, i Tagliolini di grano duro Senatore Cappelli, insalata cotta, infuso di mela verde. Mitici anche i secondi di pesce, proposti in diverse versioni. Ovviamente, la carta comprende anche tre menù degustazione, a Mano Libera (dieci portate per capire fino in fondo la linea di cucina), Pietramare, sei portate che cominciano con Intreccio di seppia, insalata tiepida di mare e fagiolini e si chiudono con il Limone Fenniniello (capolavoro!) e il menù Calabria Pura, espressione autentica di territorio, in cui spicca Melanzane, provola affumicata, spuma di nduja e basilico. Semplicemente straordinario. •
Ricciola in croccante di nocciola e lampone
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L’opinione
TripAdvisor, diavolo o acquasanta? di Stefano Bonini
Guardato, consultato, letto, talvolta osannato. Ma spesso temuto o ignorato...
Si definisce il sito di viaggi più grande del mondo con più di 500 milioni di recensioni imparziali dei viaggiatori. Hotel, ristoranti, località turistiche, musei, sottoposti all’insindacabile giudizio del tribunale popolare di TripAdvisor. Dove uno vale sempre uno, si stroncano locali, si critica con recensioni che rovinano reputazioni e angosciano gli esercenti. TA più che un sito di recensioni sembra un’arena dove la spunta chi fa la voce più grossa ovvero il più aggressivo e guarda caso sono coloro che hanno espresso un giudizio negativo che è poi quello che resta più impresso. Viene da chiedersi quindi come mai per un giudizio sul prossimo film in uscita leggiamo la recensione dello stimato critico. E per il prossimo libro che vorremmo leggere ci affidiamo al più illustre dei giudizi, e così per una mostra d’arte che desideriamo visitare ci rivolgiamo a fonti autorevoli. Invece per il sacrosanto compiacimento del palato che ci regala
il cibo accettiamo superficialità, qualunquismo e recensioni anonime da parte di persone che più che critici gastronomici sembrano dei leoni da tastiera. Fidarsi di TripAdvisor risulta dunque complicato e i motivi sono facilmente individuabili:
1. TA non garantisce l’identità di chi recensisce, facilitando fake e polemiche. Critiche scritte da ristoratori concorrenti, pacchetti di false recensioni acquistate da apposite agenzie sono pratiche diffuse sul sito del “gufo”; 2. la stragrande maggioranza dei giudizi non riguarda la qualità del cibo ma piuttosto la quantità, il servizio e, sopra ogni altra cosa, i prezzi. Proprio l’aspetto economico è il fattore più valutato e giudicato dei ristoranti, a dimostrazione dell’inconsistenza di chi recensisce e della spasmodica attenzione al prezzo di questi “censori”; 3. TA ha dimostrato la propria fragilità con vari casi di ristoranti inesistenti o chiusi da tempo comunque recensiti e posizionati ai piani alti delle classifiche locali; 4. la stragrande maggioranza dei “critici” di TA non ha alcuna competenza, conoscenza o visione del mondo ristorativo o gastronomico per poter raccontare in maniera vagamente attendibile un’esperienza culinaria; 5. l’incoerenza della classifica di TA, che mette sullo stesso piano i locali più disparati, dai chioschi di street food alle pizzerie, dai ristoranti etnici di bassa lega agli stellati fino alle gelaterie. Un potpourri che quasi mai premia la vera qualità. Nonostante tutto questo, la forza pro-
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mozionale del portale di recensioni per eccellenza per gli addetti ai lavori non è assolutamente in discussione. Del resto con 456 milioni di visitatori unici al mese come potrebbe esserlo. Certo è perfettibile, andrebbe gestito con maggior cura ed oculatezza, tanto dai suoi gestori che devono avvertire la priorità di dotarlo dei necessari filtri e controlli; quanto dagli utenti i quali, con maggiore consapevolezza, dovrebbero incrociare le migliaia di giudizi presenti sul portale con le valutazioni ben più autorevoli e sensate, delle varie guide ristorative presenti sul mercato. Trovare un ristorante, o altra tipologia di locale che sia, al primo posto nella classifica di TA non sempre è garanzia di qualità. E il ranking, idolatrato dai più fanatici e obnubilati sostenitori del giudizio popolare contro le valutazioni dei “prezzolati” (secondo loro) commissari della varie guide enogastronomiche, più volte è stato criticato proprio dai ristoratori, soprattutto i migliori, che di rado sono adeguatamente valorizzati dalle classifiche del “gufo”. Tra hamburgherie e piadinerie, pizzerie e kebabbari per i paladini della buona ristorazione, soprattutto se alta e stellata, non è facile emergere negli indistinti ranking di TA. Nella società virtuale della condivisione a tutti i costi, delle giurie in servizio permanente effettivo, soprattutto online, TripAdvisor ha però un grande potere promozionale, nel bene e nel male. Auguriamoci tutti che in breve tempo il portale riesca a tutelare i suoi contenuti (verifica sulla veridicità dei commenti e delle visite, omissione dei ristoranti chiusi, etc.) e diventare davvero un riferimento per addetti ai lavori e pubblico. •
Focus Alberghi
Bella Sky a Copenaghen
esempio, è la nascita del nuovo ristorante ospitato all’interno dell’AC Marriott Bella Sky, un hotel non proprio nel centro citSul rooftop, nella capitale tadino, ma che si raggiunge facilmente danese, cocktail coraggiosi e con la metropolitana leggera nella zona linea di cucina stellare fieristica (fermata Bella Center) e il cui profilo troneggia non appena ci si avvicina vista l’imponenza della struttura, il La capitale danese non finisce mai di colore bianco abbagliante che la distinstupire. Tra nuove aperture, indirizzi gue da altri edifici e la particolarità delle consolidati e cuochi emergenti è davvero sue linee caratterizzate da tagli obliqui difficile resistere alla tene spigoli azzardati. Un altazione di fermarsi più di bergo nato con la funzione qualche giorno, anche per di attirare l’attenzione dei Scrupoloso e capire meglio il mood norfrequentatori della vicina dico che ormai da tempo fa fiera, ma anche per offriperfezionista, proselitismi in giro per il re un’occasione di “stacco” lo chef Martin mondo. O magari solo per dalla città godendo di una Nilsson-Møller frequentare una serie di visuale privilegiata, quella bar, gastropub, ristoranti che si vive dal rooftop, e al non delude e banchi dello street food tempo stesso quella di acdestinati a determinare i cogliere un visitatore che nuovi trend da esportaziosi trova a metà strada tra ne. Al punto che anche gli il businessman e il turista, hotel di Copenhagen si stanno muovendo approfittando anche della vicinanza con sulla stessa strada, traendo ispirazione l’aeroporto. In pratica si tratta di un grosper le nuove aperture. Di quest’anno, ad so diamante bianco catapultato in un’area in grande espansione, dove si percepisce, osservando dalle finestre delle stanze, l’avanzare di villette a schiera, di palazzi destinati a ospitare nuovi uffici e appartamenti e il progressivo allargamento della città verso sud. Il Bella Sky però non offre solo una sosta di stile, da boutique hotel atipico e con molte camere rispetto ai canoni della categoria, ma sa anche soddisfare le esigenze, e qui in Danimarca non mancano certo, dell’ospite che vuole accomodarsi a un tavolo del ristorante raccogliendo una manciata di emozioni e respirando il grande Nord. Così dopo l’avviato Basalt, ristorante posizionato di Gualtiero Spotti
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Focus Alberghi
Lo chef Martin Nilsson-Møller
al piano rialzato dell’hotel e dal concept molto nordico tra elementi naturali che si rincorrono, il fuoco e la natura a dettare i ritmi del menu, le fermentazioni e i prodotti dell’orto che la fanno da padrone (da provare le Cozze con il sidro alle mele fatto in casa e l’olio all’aneto affumicato, oppure le verdure passate sulla brace), è arrivato il nuovissimo Sukaiba, inaugurato da pochi mesi e subito capace di far parlare di se. Si trova all’ultimo piano dell’hotel, e gode di una magnifica vista (grazie alla lunga vetrata che circonda l’intero piano) su Copenhagen, ma anche sul mare e le campagne vicine e come è facile capire dal nome ha scelto di proporre una cucina d’impronta asiatica e nello specifico giapponese. Una decisione tutto sommato in linea con quelle che sono le passate esperienze del cuoco che si prende cura di entrambi i ristoranti, il dinamico Martin Nilsson-Møller già visto all’opera al Kiin Kiin, indirizzo stellato di Copenhagen. Scrupoloso e perfezionista, Martin in realtà ha creato dal nulla uno spazio che offre diverse possibilità agli avventori, ben oltre la classica proposta di sushi e sashimi o da tradizionale raw bar. Il Sukaiba parte subito forte con una selezione di ottimi cocktail e con un approccio da lounge bar fascinoso, ma il grande open space poi permette
di spostarsi agevolmente al tavolo per osservare la cucina in sala e magari approfittare dell’immancabile Robata dove transitano carni, pesci e verdure grigliate e in alcuni casi anche affumicature. Non è però finita qui, perché il menù offre una serie di tempure e di piatti dall’impronta vegetariana (l’orto di casa che già rifornisce il Basalt viene sicuramente utile…) tra un ceviche e qualche marinatura. C’è, se vogliamo, una visione di cucina gioiosamente globale, con molti spunti esotici anche quando si passa ai dolci, dove spiccano il Sorbetto di shiso con
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mousse al bergamotto e il Sorbetto allo zenzero con foglie di lime e crema pasticcera alla vaniglia. La carta dei vini prevede anche la possibilità di pasteggiare a sake (con etichette quali Dassai, Masumi, Daissekei, provenienti da diverse prefetture nipponiche), ma vale la pena dare un’occhiata alla lista di champagne, che fa la voce grossa con Dom Perignon, Feuillatte e Ruinart in prima fila. Se poi figurate tra i consumatori incalliti di sigari, sappiate che il ventitreesimo piano del Bella Sky oltre a incuriosire per il ristorante Sukaiba ha uno spazio chiuso dedicato agli amanti del fumo. Una Cigar Room davvero esclusiva raccolta in un angolo finemente arredato e con poltrone dalle quali si scruta l’orizzonte. Nella selezione dell’humidor figurano Davidoff, Mananudo e Montecristo per intenditori. Il Bella Sky Hotel è una bella ed elegante alternativa alle molte tentazioni di Copenhagen, in un ambiente rilassato e confortevole, dalla spiccata vocazione urban e internazionale. •
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Focus Alberghi
La famiglia Nardi guarda sempre avanti di Theo Smith
All’Hotel de la Ville di Monza, tante novità: dalla ristorazione, nelle solide mani di Fabio Silva, fino al lounge bar Di padre, in figlio, anche se nel caso della famiglia Nardi il cambio di testimone generazionale ha già toccato quota quattro. Era il 1958 e Bartolomeo Nardi rilevò la gestione dell’Hotel de la Ville, la prestigiosa residenza che sorge di fronte alla maestosa Villa Reale del Piermarini, voluta da Maria Teresa d’Austria nel fine 1700 e scelta poi dai Savoia come residenza estiva, a pochi passi dal centro storico di Monza. Un cammino che ha portato all’hotel raffinatezza e eccellenza nello stile, tanto da entrare, nel 2014, nell’ambita catena degli Châteaux&Hôtels, oggi Les Collectioneurs, presieduta da Alain Ducasse, pluripremiato chef con molte stelle Michelin in Francia e non solo. Francesco Nardi, rappresentante della quarta generazione, guarda al futuro con un obiettivo: la ricerca di modernità. In questa prospettiva si colloca la creazione de La Veranda, uno spazio outdoor, idealmente diviso in due, che diventa il
L’esterno dell’Hotel de la Ville
Il Derby Bar
La famiglia Nardi
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Lo chef Fabio Silva La veranda
prosieguo del ristorante Derby Grill e del Derby Bar. La Veranda del Derby Grill può contare su un design degli arredi raffinato e moderno, mentre il pavimento
la cucina dello Chef Fabio Silva, che gioca La creatività sull’equilibrio tra le di Fabio Silva radici enogastronomiche del territorio è proverbiale e monzese e lombardo raccoglie molti e le sue origini camconsensi pane. Le sue creazioni culinarie sono frutto della selezione, lavorazione e interpretazione dei singoli ingredienti, in modo da renderli protagonisti dei suoi piatti. Per esempio, se optate per il suo “percorso creativo” (di 6 portate) potrete gustare, tra gli altri, Storione al vapore di the “Mariage Frères”, indivia belga e pomodoro; Risotto Carnaroli “Riserva San Massimo” mantecato al Salva Cremasco, crescione e polvere di lampone; PiccioLa sala del Derby Grill ne in tre consistenze: con barbabietole, topinambur e kefir al cardamomo. Il tutto, impreziosito da una carta vini con oltre 300 etichette in continua crescita. La Veranda ha portato in dote un’altra novità: dallo scorso 16 settembre, alla domenica, si potrà assaggiare il Brunch, con un’ampia selezione di piatti dolci e salati che varia in base alla stagionalità delle materie prime. Nella nuova Veranda, tre eleganti librerie orientali separano idealmente la zona Ristorante dall’area Bar. Lo stile british, marchio del bar all’interno dell’albergo, si fonde con gli arredi esterni, come le poltrone in rattan dell’azienda spagnola Becara e in pelle del brand Baxter, designer Paola Navone. L’ambiente è impreziosito da originali pale vietnamite a soffitto e da affreschi alle pareti raffiguranti foglie e piante rigogliose, inoltre all’ingresso della Veranda sono state poste due palme di lago, proprio della varietà Chamaerops Excelsa, per rievocare i sofisticati toni Vista esterna della veranda esotici delle antiche ville patrizie. Con l’apertura della Veranda, la carta cocktail ha accolto 8 nuovi “signature cocktails”, in bamboo indonesiano x-treme si sposa 12 gin di pregio che completano i classici perfettamente con le comode ed eleganti drink e l’ampia proposta di distillati e sedute della prestigiosa azienda francese liquori provenienti da tutto il mondo. • Henryot & Cie. A farla da mattatrice è
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Focus Alberghi
Al Relais San Lorenzo gli chef del mondo
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Thibaut Gamba
di Gualtiero Spotti
Edwin Vinke Kromme
Cuochi stellati di diverse nazioni si sono incontrati per una kermesse gourmet dai toni emozionanti Da tre anni a questa parte il Relais San Lorenzo di Bergamo, unico cinque stelle cittadino e boutique hotel di grande fascino posizionato nel cuore della Città Alta, ha saputo diventare un punto di riferimento per la buona cucina del suo ristorante Hostaria, curata dal cuoco Antonio Cuomo, ma anche per la vocazione internazionale di alcuni eventi che riescono ad animare la stagione meno calda con incontri di primissimo piano in Bergen, alla corte di Christopher Haatuft. compagnia di cuochi stellati provenienti La sua è una cucina di grande personalità da diverse nazioni. Un interessante moe di piacevoli sensazioni al palato, capace mento di scambio culturale, di piacevole di raccontare indistintamente i prodotti scoperta di stili e prodotti poco conodella terra e quelli del mare, e regalando sciuti e di personalità ai fornelli che non le diverse suggestioni raccolte nei passempre capita di incrociare in Italia. Anzi, saggi tra Francia, Stati Uniti e Norvegia. per alcuni di questi è in assoluto una priMa non c’è neanche il tempo di ricordare ma volta, e si presentano quindi nel Bel l’evento appena svoltosi che si giunge alla Paese per raccontarsi attraverso i propri serata del 20 novembre con la presenza piatti. La stagione in corso ha già visto un di Edwin Vinke, cuoco olanprimo appuntamento, podese bistellato del ristorante chi giorni fa, il 16 ottobre, De Kromme Watergang, e in compagnia del franceLa struttura tra i migliori rappresentanti se (ma di chiare origini bergamasca della cucina della Zeelandia, orobiche come si evinla regione più a ovest dei ce dal cognome) Thibaut è destinazione Paesi Bassi. Qui ci si nutre Gamba, neo stellato de La enogastronomica delle prelibatezze del Mare Table, il ristorante all’indi alto profilo del Nord, dalle ostriche ai terno del Relais & Chafrutti di mare fino ai croteaux Clarance Hotel di stacei, che spesso vengono Lilla. Trentaduenne oriinterpretate utilizzando le ginario dei Vosgi, Thibaut erbe e le verdure provenienGamba ha dimostrato di ti dal grande orto che si trova proprio di avere tutte le carte in regola per divenfronte al ristorante e che il cuoco cura tare uno dei cuochi di maggior spessore scrupolosamente in prima persona. I suoi in Francia nei prossimi anni. Dopo aver piatti mettono in luce uno spirito antico girovagato in cucine del calibro di Lasma anche una energia molto moderna, serre e Gagnaire a Parigi, il cuoco ha come per alcune passioni dell’interprete, frequentato la Grande Mela, New York (e che spazia dalla musica all’arte, rivelando passando da Thomas Keller al Per Se), per appieno l’anima di un personaggio molto poi spostarsi in Norvegia al Lysverket di
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“rock” e alternativo nel panorama dei cuochi pluristellati. Il 29 gennaio è poi la volta di Eric Vildgaard, ultimo in ordine di tempo ad aver raggiunto l’ambita stella Michelin a Copenhagen, in Danimarca, lo scorso anno, a soli otto mesi dall’apertura del suo ristorante Jordnær a Gentofte, in un piccolo borgo periferico della capitale danese. Il trentacinquenne Vildgaard è un significativo esempio del percorso intrapreso di questi tempi dalla cucina nordica. Ormai sempre più influenzata da prodotti e idee globali, pur continuando a mantenere un forte legame con le proprie radici, e, quindi, con la natura scandinava. Un ristorante ambizioso a dispetto del nome che si è dato: Jordnær, infatti, in lingua danese si traduce più o meno “con i piedi per terra”. Ma nel suo recente passato professionale vale la Eric Vildgaard
Focus Alberghi Henrique Sa Pessoa
pena ricordare che ci sono significativi passaggi al celebre Noma di Rene Redzepi e da Almanak, sempre a Copenhagen. Infine a chiudere il cerchio si rimane in Europa ma si torna a sud, o meglio a sud ovest, con l’appuntamento del 5 marzo in compagnia di Henrique Sa Pessoa. uno dei campioni della cucina lusitana. Cuoco mediatico e star nel proprio Paese, tra li-
bri di cucina e partecipazioni a programmi televisivi, Sa Pessoa negli ultimi anni ha saputo, insieme ad alcuni suoi colleghi, reinventare il mondo dell’alta cucina portoghese. Prima facendosi notare al ristorante Panorama dell’Hotel Sheraton, e poi muovendosi in proprio con Alma, il suo indirizzo di maggior pregio nel quartiere raffinato di Chiado, a Lisbona,
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dove scoprire piatti di gusto e di grande creatività. La sua cucina d’autore mette in fila molta della tradizione portoghese, ma anche influenze asiatiche e internazionali qui non mancano. Le cene al ristorante Hostaria del Relais San Lorenzo come sempre saranno accompagnate da una selezione di vini in abbinamento e a dalle incursioni nei piatti del Caviale di Ars Italica, partner della rassegna. In più ci saranno le intuizioni e la creatività, come detto, di Antonio Cuomo, impegnato a fare gli onori di casa e a raccontarsi attraverso gli amuse bouche e i dessert che apriranno e chiuderanno le preparazioni studiate dei cuochi ospiti. Le cene avranno un costo di 100 euro a persona, ad eccezione di quella del bistellato olandese del 20 novembre, proposta a 120 euro. Occasioni stimolanti e da cogliere per accrescere le proprie conoscenze gastronomiche in un momento storico in cui il cibo è davvero sulla bocca di tutti. •
Focus Alberghi
Villa del Quar, cuore goloso della Valpolicella di Gualtiero Spotti
Al ristorante Arquade di Leopoldo Montresor approda lo chef sardo Alessio Cera Chi segue con attenzione l’ormai rutilante mondo della gastronomia, soprattutto quella mediatica, conosce sicuramente l’Hotel Villa del Quar a Pedemonte, in provincia di Verona. Anche solo per essere stato in tempi passati il vero e pro-
prio trampolino di lancio per la carriera (già iniziata con successo al Trigabolo qualche anno prima) di Bruno Barbieri, cuoco bolognese ormai star televisiva conclamata dopo anni di Masterchef, ma, un tempo, protagonista tra fuochi e pentole e capace di raggiungere nella campagna a pochi chilometri dal lago di Garda la seconda stella Michelin, proprio al ristorante Arquade di Villa del Quar. Un luogo, questo, che ancora oggi, rappresenta una delle eccellenze dell’hotellerie italiana capace di unire in un sol colpo il piacere della residenza ricca di storia,
Vista dal viale che porta alla sontuosa villa
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con evidenti richiami del Rinascimento, l’accoglienza un po’ aristocratica e d’antan, tra rifiniture di lusso, parate di tessuti veneziani, mura di epoca romana, oggetti d’arte, una cucina di spessore e un racconto filologico che parte dai primi decenni dopo Cristo e arriva ai giorni nostri. Per l’esattezza al 1992, l’anno in cui la villa veneta diventa albergo. La proprietà è ancora oggi privata e dell’architetto Leopoldo Montresor, (amante del bello e appassionato di storia, arte e cultura), che in prima persona si aggira tra gli spazi comuni della villa, abitandola
Da sinistra a destra: la veranda che ospita la zona
e raccontandola agli ospiti nei ricordi colazione; uno dei piatti offerti dal ristorante; di personaggi che vi sono transitati (tra il giardino dove ci si può intrattenere per un i quali perfino un rocker come Vasco aperitivo e una delle camere dell’albergo. Rossi, qui alla ricerca di pace e tranquillità) o nelle pieghe di un territorio ricco, che vede le vigne della Valpolicella o orizzonti della sua cucina e perfezionare gli alberi da frutta del giardino sempre una filosofia che lo vede impegnato tra a portata di mano. Non c’è da stupirsi sapori genuini e un’idea innovativa di che il luogo sia da sempre uno indirizzi piatti che portano alla realizzazione di di riferimento della provincia veronese un benessere psicofisico a tavola. Scelte quando si parla di eventi e matrimoni, ambiziose, certo, ma che dicono di una visto che può contare su una quarantina buona mano dove la concretezza va di di stanze, una magnifica piscina all’aperto pari paso con una spiccata sensibilità, e un ampio giardino che confina con un entrambe mediate dalla necessità di sodvigneto di proprietà. Con la possibilità di disfare una clientela che, spesso stranieprenotare la villa in esclusiva per uno o ra, in albergo, non sempre è alla ricerca più giorni. L’altro punto di forza è, come di stimoli nuovi, ma certamente ricerca detto, il ristorante Arquade, dove oltre la continuità e vuole assaporare il gusto a Barbieri sono transitati, tra gli altri italiano. E in questo Alesanche cuochi del calibro di sio ha centrato l’obbiettivo Raffaele Liuzzi e Giuseppe con la giusta sensibilità. Il Sestito. Oggi a occuparmenu racconta così dello si della cucina di Villa del Molti gli chef Sgombro in olio cottura Quar, e da qualche mese a illustri transitati con sedano, zenzero in gel questa parte, è il talentuoso dalla struttura di e polvere di fegato grasAlessio Cera, origini sarde so d’oca, del Riso Vialone ma un’anima gastronomica Pedemonte Nano alle rape rosse, con piuttosto esterofila, visto olio di cocco, mandorle, che nel suo passato profesrobiola passita e agnello in sionale spiccano esperiensalsa Teriyaki, dei Taglioze in diversi hotel in giro lini alla liquerizia con verper il mondo, in catene di dure croccanti e del Polpo scottato con primissimo piano come Four Seasons sedano rapa, datterini confit e aria di mae Kempinski oppure in case private e racuja e lime. Una serie di preparazioni nelle cucine di yacht. Prima di arrivare azzeccate, che, quando non raccontano in provincia di Verona alla corte della il territorio veneto attraverso la materia famiglia Montresor però si è anche conprima (vedi i bigoli, l’anguria di Negrar cesso un tour asiatico, per ampliare gli
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o i peperoni di Pescantina), si divertono a stuzzicare il palato in un viaggio che raccoglie sensazioni speziate dal gusto un po’ esotico, spunti amari e spigolature interpretative mai banali. Oggi che le sobrie stanze interne del ristorante sono state brillantemente rimpiazzate dalla ampia terrazza con vista sul giardino (ed è attrezzata anche per la stagione invernale) il piacere della tavola si associa alla leggerezza del panorama rilassante e discreto che si apre agli occhi, con il giardino e le vigne a vista. E a fine pasto, ma anche prima per un aperitivo, è d’obbligo una sosta al piccolo bar ad angolo che in una delle stanze che fanno da raccordo tra l’edificio principale e la dependance esterna offre liquori antichi, distillati di pregio e qualche bottiglia di gin per chi ama seguire i trend della miscelazione moderna. Villa del Quar è un albergo dove i tempi inevitabilmente si dilatano e il dolce far niente la fa da padrone, anche se non ci stupiremmo di vedere tra i suoi ospiti qualche scrittore o artista che trova fonte di ispirazione in queste stanze, appagato dalla bellezza che manifesta ogni angolo e ammaliato dal panorama circostante. •
Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: BARtù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Napoli, Firenze, Verona, Venezia; nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera e nelle edicole Hudson News degli aeroporti di Malpensa, Linate e Stazione Centrale di Milano.
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Protagonisti Equipment
Leonardi: “Stem Zero” sempre più resistente di Theo Smith
La linea di calici, già apprezzata per la propria originalità, si arricchisce di nuova tecnologia e diventa Ion Shielding Massimo Leonardi è uno che di vetro (e non solo) se ne intende. In questo settore, l’amministratore delegato di Pasabahce opera da quasi vent’anni e, nonostante la giovane età, ha accumulato un’esperienza formidabile in materia di calici, bicchieri, contenitori di alta qualità. Grazie all’affermazione dei prodotti dell’azienda turca Pasabahce in Italia, Leonardi ha contribuito decisamente ad innalzare la sensibilità verso la forma e la materia dei calici utilizzati, contribuendo altresì a qualificare il livello di dotazione di calici e bicchieri nella ristorazione italiana di qualità; inoltre, l’affermazione del brand ha riguardato anche il canale privato, portando nelle case di migliaia di europei, desiderosi di utilizzare prodotti dalle forme armoniche e dai materiali resistenti, nuove linee di prodotto. Con Nude, il marchio
di design globale con base ad Istanbul, Pasabahce realizza soluzioni glassware e home decor dal carattere contemporaneo, dedicate ad un vivere moderno, esteticamente innovativo, in alcuni casi rivoluzionario. “Vogliamo entrare con l’eccellenza dei nostri prodotti nel mondo del lifestyle contemporaneo: prodotti che facciano parlare di sè per la loro originalità, per la loro caratterizzazione, ma che sappiano anche presentarsi al mercato con i prezzi giusti”. Non a caso, in questa strategia innovativa, Nude ha recente-
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Bicchieri di razza: con il marchio di design globale Nude, la tecnologia si rinnova con calici sempre più forti mente lanciato la nuova collezione Stem Zero, già conosciuta per i suoi calici di altissima qualità, che ora si arricchiscono
Massimo Leonardi
di una tecnologia innovativa, definita Ion Shielding. “Grazie a questa novità, la collezione di calici è stata resa due volte più resistente rispetto ai modelli realizzati artigianalmente attualmente in commercio, ed è finalmente in grado di offrire ai palati più esigenti i calici più sottili ed al contempo più resistenti al mondo”, sottolinea Leonardi. Sten Zero Ion Shielding ha brillantemente superato numerosi test di resistenza e forza, con l’introduzione di questa nuovissima tecnologia, ogni calice della linea Stem Zero rivela una incredibile resistenza agli urti e ai lavaggi in lavastoviglie. “La
nuova linea –aggiunge Leonardi, va nella direzione di aiutare il comparto dell’HoReCa a crescere e professionalizzarsi sempre più. A fronte di locali che non danno la minima attenzione alla forma, ve ne sono altri con una spiccata sensibilità verso forme e materiali. E’ anche per questo motivo che abbiamo scelto un grande professionista dell’alta ristorazione del calibro di Andrea Berton (v. scorso numero di Bartù) per stilare un accordo di collaborazione tendente ad esaltare le caratteristiche di eccellenza del nostro marchio Nude)”. E aggiunge, a proposito di Ion Shielding: “ Il vetro, per
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sua costituzione, possiede caratteristiche tecniche tali per cui il suo comportamento sotto stress e gli eventuali difetti superficiali ne determinano utilizzo e durevolezza. Studi specifici sul rinforzo del materiale, hanno dimostrato che l’eliminazione di microfessure può essere ottenuta introducendo una compressione sulla superficie del vetro stesso”. E’ proprio sfruttando questa conoscenza che la collezione hand-made Stem Zero è stata resa più forte grazie a l l ’a p p l i ca z i o ne di una speciale tecnologia basata sullo scambio ionico al livello della superficie. Ioni di grandi dimensioni sino incorporati alla struttura e si sostituiscono agli ioni più piccoli e fragili, allo scopo di aumentare la resistenza del prodotto ed offrire il cristallo privo di piombo più resistente al mondo, perfetto anche per un uso quotidiano. “Abbiamo obiettivi sempre più ambiziosi, aggiunge Leonardi, Vogliamo essere sempre più capillari, con la nostra presenza qualificata e raggiungere i posti che contano, dove la professionalità è elevata. Certo, il mercato italiano non è semplice, ma siamo convinti di avere messo a punto una ottima ‘mappatura’ dell’universo di riferimento, che è nata sulla base di una selezione molto accurata e precisa. Puntare sui nomi che contano, presidiando la parte alta del mercato: quella che sa fare i numeri, grazie alla qualità del proprio lavoro e alla cultura professionale insita in quelle conduzioni”. Chapeau, signor Leonardi! •
La foto di BARtù
LA TRATTORIA DEL VAPORE
Patischie
Eugenio Trascurato, patron della Trattoria del Vapore di Cernobbio, sul lago di Como. Con il suo socio Silvano Gazzola, chef, propone una cucina di territorio lariano, con molto pesce di lago, pur senza disdegnare proposte più “nazionali”, con importante presenza di pescato di mare. I plus? Ambiente storico, atmosfera autentica e cucina schietta, senza inutili voli pindarici.
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NON PERDERTI UN NUMERO! Da settembre 2018 Artù si arricchisce di nuovi contenuti e diventa BARtù, accanto ai consueti contenuti legati alla Ristorazione di qualità e al mondo degli Alberghi, con le figure professionali correlate, che hanno fatto di Artù lo strumento fondamentale per comprendere i cambiamenti in atto nel Ho.Re.Ca., il magazine introdurrà nuovi contenuti dedicati specificamente al canale Bar. L’evoluzione del bar italiano in tutti i suoi segmenti verrà monitorata in ogni numero della rivista, attraverso una sezione interamente dedicata al canale, inchieste su consumi e tendenze. Interviste ai protagonisti/professionisti dell’offerta. Incontri con le aziende/Focus imprenditori. Focus sui prodotti (food, vino, equipment). Direttore editoriale di BARtù sarà sempre Alberto P. Schieppati, già direttore di testate di successo specializzate nel canale fuoricasa.
10 numeri all’anno, ad un prezzo promozionale per chi si abbona subito. Desidero abbonarmi per un anno (10 numeri) al prezzo promozionale di € 25,00 se ti abboni subito (sconto 50 %) Bonifico bancario IBAN IT 11 W 01030 01613 000000108033 a favore di Edifis S.p.A. Verso l’importo direttamente sul c/c postale n. 36640209 intestato a EDIFIS S.p.A. - Viale Coni Zugna 71 - 20144 Milano (allego bollettino) Carta di credito:
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La ricetta di BARtù
Alberto Riboldi Maestria nel gusto
Uovo pochè fritto con fonduta al Fatulì, lingotto di Caviar Calvisius Ingredienti per quattro persone
a cura di Giorgio Ascorti
Per l’uovo poché
Alberto Riboldi è sinonimo di Castello Malvezzi: 44enne bresciano doc, ha legato 15 anni della carriera ai fornelli del locale. “Quando studiavo all’alberghiero in città, era l’obiettivo da raggiungere – racconta – il locale top di cui parlavano tutti, il Ristorante di Brescia. Ho iniziato nel ’92 e alternando altri impegni alla fine ho passato dieci anni da dipendente”. Riboldi ha vissuto l’epoca d’oro quando il gestore era Dario Dattoli, scomparso tragicamente nel ’98. Da quel giorno si è passati a una buona routine che è sicuramente finita nel 2012 quando l’attuale chef ha deciso di prendere in mano il meccanismo. Il posto è meraviglioso (e ha appena festeggiato i 40
4 uova pan grattato secco tuorlo d’uovo
Alberto Riboldi
Per la fonduta al Fatulì 400 g latte 100 g panna 75 g burro 40 g maizena 150 g Fatulì Per il pan brioche
Impiattamento Tagliare il pan brioche a fette di un centimetro e con il coppa pasta tagliare i 4 dischetti e adagiare sul piatto (fondina), panare l’uovo prima nel tuorlo sbattuto e poi nel pan grattato in maniera delicatissima e friggere a 175°, asciugare su carta assorbente e adagiare sul disco di pan brioches, deporre la fonduta nella fondina, appoggiare il pan brioche e uovo e grattugiare il lingotto , guarnire con germogli a piacere.
anni di attività), la cantina sempre valida: mancava solo la buona cucina per tornare a grandi livelli. Ed è quella che Riboldi sa fare con maestria: la carta – ricca sopra la media - è composta da piatti non banali, eleganti e sostanzialmente golosi come richiede il territorio. Per Bartù, Riboldi ha scelto un signature dish che resta nel palato e nel cuore: se andate a trovarlo, chiedete un tavolo nella galleria centrale, con volte a botte e pareti ricoperte da pitture e stucchi rinascimentali. Vi sentirete signori del ‘500. •
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1000 g di farina di forza 500 g burro 550 g uova 120 g zucchero 23 g sale 23 g lievito di birra 100 g latte Lingotto Caviar Calvisius a piacere
Procedimento Cuocere l’uovo nel roner a 63° per 35 minuti e raffreddare in acqua e ghiaccio. Preparare la fonduta nella versione calssica. Per il pan brioche Procedere in planetaria con farina, zucchero e lievito, a impasto sgranato inserire le uova e il latte e far assorbire, il sale e dopo 4 minuti il burro freddo a pezzettini, far lavorare per altri 5 minuti, mettere l’impasto sul tavolo e formare le classiche palline da 40 g. e mettere in terrina ovalizzando la pallina, far triplicare il volume, spennellare con uovo e cuocere a 200° per 10 minuti e i restanti 15 a 165°
Il nuovo libro di
Michelangelo Citino
Lo chef si racconta Michelangelo Citino, lo chef aeroportuale, come molti lo definiscono, essendo executive del ristorante gourmet all’interno dell’aerostazione di Linate, si racconta, in lungo e in largo. Dalla gavetta al successo, attraverso incontri con chef famosi, bravi e meno bravi, passando per momenti di gioia e di tensioni, vittorie e delusioni, esperienze memorabili o, spesso, da dimenticare: la storia di una carriera importante, culminata con la grande responsabilità di condurre il suo “Michelangelo”, è racchiusa in poco più di cento pagine, ricche di episodi toccanti ma anche di ricette degnamente illustrate. Un libro che non può mancare nella biblioteca di professionisti e gourmet, destinato a far riflettere e, ancora di più, discutere sul presente e futuro dell’alta ristorazione in Italia e nel mondo.
In vendita presso il Ristorante Michelangelo di Linate e presto disponibile nei maggiori bookshop, duty free e piattaforme e-commerce. Per info rivolgersi a: Mychef Ristorazione Commerciale SpA | Viale Caldera 21 Milano | info.it@areas.com
Pillole
Una festa per la tradizione valdostana Un evento per celebrare le eccellenze gastronomiche valdostane. E’ Marché au Fort, la manifestazione giunta alla sua quattordicesima edizione, in programma domenica 14 ottobre, dalle ore 9.30 alle 18, tra le mura del borgo medievale e del Forte di Bard. Una kermesse che permetterà ai visitatori non solo di acquistare le gustose specialità del territorio, ma anche di partecipare ad una giornata ricca di appuntamenti, degustazioni, attività didattiche, spettacoli musicali e animazioni itineranti. Si potrà visitare il Forte di Bard e sarà garantito un servizio navetta per i parcheggi periferici.
Sciocolà invade Modena di buon cioccolato Cioccolato, che passione. E non solo se si è bimbi. Per celebrarlo, ecco Sciocolà, la neonata rassegna che dall’1 al 4 novembre, nel centro storico di Modena, renderà omaggio al “cibo degli dei”. Saranno una cinquantina i maestri artigiani che parteciperanno a un evento animato da un ricco calendario di eventi collaterali tra cui spiccano il Louvre di cioccolato (straordinaria collezione di sculture al cacao), la dama vivente (vera partita a dama con pedine umane) e il processo al cioccolato (dolce vizio o alleato della salute?), oltre a tour guidati alla scoperta della Modena cioccolatiera.
La festea dei cuochi spegne le 40 candeline
Acqua Norda e il Modena Volley
Letteratura e cibo, con rum guatemalteco
Il 13 e 14 ottobre, a Villa Santa Maria, in provincia di Chieti, si festeggiano i 40 anni della Festa dei Cuochi, con spettacoli, incontri, show cooking e volti noti della tv. A partire dalla presenza dell’ultimo vincitore di Masterchef, Simone Scipioni. In programma anche un Salotto del Gusto con il nutrizionista Corrado Pierantoni e i profumi invitanti della cucina di Sabatino Lattanzi, executive chef di Zunica 1880 Ristorante & Hotel. Alla domenica, incontro sulla storia e sulla preparazione delle ricette tradizionali che vedono, tra gli ingredienti principali, i vini autoctoni della regione.
Carlo Pessina, Consigliere Delegato di Acque Minerali d’Italia spa, per la prossima stagione, annuncia il rinnovo della collaborazione tra Norda e il Modena Volley. L’acqua oligominerale di alta montagna che nasce dalla Valsassina, grazie alla sua purezza e alle sue caratteristiche organolettiche, offre proprio agli sportivi la giusta fonte di benessere e di idratazione per conservare il corretto equilibrio di Sali minerali. Brand strategico, Norda è una realtà aziendale che si distingue con i suoi 8 stabilimenti distribuiti sul territorio nazionale e le ben 27 linee di produzione per l’imbottigliamento in Vetro e in Pet.
Scrittori famosi e il celebre rum Zacapa per gustare ancora meglio le pagine dei loro romanzi. E’ la formula vincente del Zacapa calibro noir, rassegna letteraria che ha preso il via, lo scorso 4 ottobre, all’Osteria del Biliardo, di Milano, con un ciclo di nove cene mensili aperte al pubblico. Dopo Massimo Carlotto, sarà Qiu Xiaolong, il prossimo 13 novembre, l’ospite principale al quale lettori e appassionati, dopo aver ascoltato alcuni brani dell’autore declamati da Gigio Alberti e Raffaella Boscolo potranno fare domande, grazie alla moderazione del giornalista Luca Covi. Un’occasione per approfondire il legame tra cibo e letteratura, che gli scrittori di Zacapa calibro noir hanno fatto incontrare tra le pagine delle loro opere.
Giancarlo Perbellini alla conquista del Medio Oriente
Ora, la nuova generazione è al completo. Helena Lageder, bolzanina del 1992, figlia minore di Alois e Veronika Lageder, lavoHelena Lageder rerà al fianco dei suoi due fratelli Anna e Clemens in qualità di Brand Ambassador della Tenuta Alois Lageder, per rappresentare la cantina nei diversi mercati internazionali. “Fin dall’infanzia ho seguito con entusiasmo, interesse e partecipazione tutto ciò che succedeva in Tenuta – dalla produzione, agli eventi, ai progetti speciali - e sono felice di essere da oggi in prima linea per trasmettere le nostre idee e la nostra filosofia all’estero”, ha dichiarato Helena Lageder.
La Molisana viaggia in treno La pasta La Molisana, da settembre, è arrivata sugli scaffali con una ricetta completamente nuova, fatta di solo grano 100% italiano. Per celebrare questo importante traguardo, lo storico pastificio di Campobasso ha aperto due Temporary Store a Milano (Stazione Centrale, fino al 10 ottobre) e Roma (Stazione Termini, dal 12/10 al 29/11) dove i visitatori potranno acquistare i formati di pasta La Molisana con la nuova scritta “SOLO GRANO ITALIANO decorticato a pietra”. Disponibile anche il kit box limited edition Disney•Pixar Gli Incredibili 2, contenente 2Kg di pasta e una sorpresa all’interno.
“La Pergola”, del pluristellato Giancarlo Perbellini, apre i battenti a Manama, capitale del Bahrain. A sei mesi dall’apertura del bistrot milanese “Locanda Perbellini”, lo chef è pronto per questa nuova impresa personale e professionale: “Abbiniamo, spiega Perbellini - la semplicità e la genuinità dei piatti classici, alla massima attenzione per la qualità delle materie prime, puntando sulla freschezza degli ingredienti e sulla rivisitazione contemporanea che vale anche nell’impiattamento e nel servizio; in questo caso, ulteriormente raffinati e in linea con una struttura a cinque stelle”.
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Tenuta Lageder: arriva Helena, Brand Ambassador
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dal 1946 un universo di capolavori di gusto
Alberto’s choice
All’Antica: trattoria sì, ma c’è anche il bar UN LUOGO SEMPLICE DOVE RIVIVE IL PASSATO TRATTORIA ALL’ANTICA
Via Montevideo 4 20144 Milano 02 8372849 Sito web: no
Finalmente un luogo in cui gustare i mondeghili, le tradizionali polpettine di Milano, eseguite più che discretamente e comunque sempre emozionanti al loro arrivo in tavola. Eviteremmo quell’accenno di colorata misticanza nel piatto (ma è un fatto soggettivo, io preferisco il cicorino, tagliato sottilissimo). Ma le polpettine, tanto care alla vecchia guardia dei cuochi milanesi (chi si ricorda la mitica Brasera Meneghina di via Circo?) hanno sempre il loro perché. Qui alla Trattoria All’Antica di via Montevideo, zona Tortona che più non si può, le ambizioni della gestione si vedono, eccome. Il locale, passato di mano più volte negli ultimi vent’anni, diventerà un riferimento per la autentica cucina milanese? Speriamo o, meglio, ce lo auguriamo. La città, in cui come è noto è letteralmente esplosa la ristorazione “d’autore” (creativa talentuosa stellata gourmand trendy creativa luxury eccetera eccetera) ha bisogno anche di luoghi semplici, di offerta tradizionale perfettamente eseguita (bravo il giovane chef), dal servizio impeccabile, certo, ma anche umano, senza troppe liturgie: posti normali, per intenderci. La Trattoria All’Antica sembra (sottoli-
neo sembra, perché bisogna ritornarci più volte, nei ristoranti, prima di arrivare a una valutazione oggettiva) essere uno di questi luoghi. Pur nel servizio da perfezionare, l’accoglienza iniziale è degna di una trattoria di tempi andati, priva di quello smalto “costruito”, figlio dello pseudo marketing dell’accoglienza, di cui tutto sommato possiamo fare a meno. Diremmo: accoglienza cordiale ed Federico Pinasco, il giovane Chef della Trattoria All’Antica: entusiasmo e volontà.
LEGENDA
Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e stile dell’offerta
Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Due corone = Linea di cucina corretta
Una corona = Dignitoso e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
Tre cervelli = Un vertice nel suo genere
essenziale, e questo non guasta. Il banco del bar, frontale all’ingresso, è rassicurante. E la sala, a destra, opposta alle cucine, sembra ordinata e, per fortuna, sufficientemente insonorizzata. Un luogo nel quale si può parlare senza urlare, insomma. Ma veniamo alla carta, orientata su una doppia linea, diciamo da una parte un Menù del mezzogiorno, in cui sono presenti anche alcuni piatti serali. E poi la Carta esclusivamente dedicata
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Due cervelli = Qualità e attenzione al cliente
Un cervello = Bravi, ma non basta
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
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CoMPosIzIone: 10% 80% 10%
Acciaio ferritico per InduzIone
Cuore d'alluminio per una perfetta trasmissione del calore
Acciaio inox 18/10 per una facile pulizia
CoLLezIone PentoLe AgneLLI 1907: ACCIAIo CoL Cuore d’ALLuMInIo.
Baldassare Agnelli, la storica fabbrica del “Made in Italy” in cucina, ha ideato 1907, una linea di pentole molto speciali. 1907, associa l’eccezionale conduttività termica e la leggerezza dell’alluminio con la lucentezza dell’acciaio inossidabile. Le pentole della collezione 1907, dal cuore spesso in alluminio, rivestite internamente ed esternamente dall’acciaio, offrono così uno straordinario risultato nella distribuzione uniforme del calore, migliorandone le prestazioni, riducendo i tempi di cottura e permettendo un notevole risparmio energetico. Le pentole 1907, adatte anche per la cottura ad induzione, con il loro rivestimento esterno in acciaio inox lucido amano mostrarsi nelle cucine a vista, seducendo e incantando chiunque le veda.
www.pentoleagnelli.it
Colophon
Alberto’s choice
BARtù N° 94 ottobre 2018
alla cena. Che dire? I piatti sono, in alcuni casi ortodossi, nei sapori e nell’estetica (e questo ci piace). In altri casi, rivelano quella attenzione un po’ modaiola verso le nuove tendenze del gusto. I risultati, però, sono buoni, in alcuni casi ottimi. I Fiori di zucca fritti, ripieni di ricotta, mozzarella, alici, basilico sono un piatto goloso. Le Orecchiette con broccoli, acciughe, pangrattato (v. foto) saporite al punto giusto (anche se nel piatto pare eccessiva la presenza dei gambi dei broccoli), la Brandade di baccalà con patate schiacciate e catalogna saltata un piatto furbo, il Risotto con topi- Orecchiette con broccoli, acciughe e pangrattato nambur e porcini freschi davvero interessante nella sua semplicità assoluta. E’ forse con la Cotoletta di vitello alla milanese, servita con patate tagliate grossolanamente, però, che la cucina della brigata dell’Antica supera se stessa: cotta a dovere, con burro chiarificato, del giusto spessore, panatura compatta. Un piacere che recentemente ho provato solo al Nuovo Macello di Milano e all’Osteria Magenes, a Barate di Gaggiano, membro dei Jeunes Restaurateurs d’Europe (e, strano ma vero, nella più bella pasticceria di Milano, al Sant’Ambroeus, v. Artù n. 89). Ottima anche la Coscia di faraona con erbette fresche e zucca, evocativa di climi più freddi. In attesa della proposta del grande repertorio milanese, dalla Trippa alla Cassoeula, ai Bolliti misti, teniamola d’occhio, questa Trattoria All’Antica: apprezziamone la presenza del bar e della mescita (vini in lista interessanti), il “parziale” orientamento ai piatti milanesi della tradizione, la pulizia del locale e gli arredi dal design semplice ma accattivante, che mette a proprio agio. Auspichiamo un rafforzamento delle proposte milanesi e lombarde (il repertorio è ricchissimo): il format Milano al 100% non è certo semplice ma, credetemi, non è affatto riduttivo. E configurarsi come il miglior ristorante di cucina di tradizione, perfettamente eseguita, sarebbe molto, molto positivo. Visto anche che la concorrenza di qualità, in questo segmento, è tutto sommato esigua.
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello Contatti bartu@edifis.it - www.bartumagazine.it Collaboratori Giorgio Ascorti, Fiorenza Auriemma, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Maurizio Di Dio, Angelo Foresti, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Aldo Nenzi, Gigi Pavesi, Viviana Persiani, Michele Maria Pizzillo, Giovanna Moldenhauer, Giovanni Ponzoni, Mauro Remondino, Vincenzo Russo, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Claudio Zeni, Stefania Zolotti Grafica e impaginazione Daniele Scozzari Pubblicità Piera Pisati, Project Leader - piera.pisati@edifis.it Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it Iniziative speciali Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it Amministrazione amministrazione@edifis.it Foto Archivio BARtù; Alvise Barsanti; Marcello Bocchieri; M. Borchi; Stefano Borghesi; Claudia Calegari; Gaetano Del Mauro; Pieter D’Hoop; Villagra Lopez; Martina Mambriani; Mauro Montana; Patischie; Barbara Santoro; Roberto Savio; Renato Vettorato Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (Mi) Prezzo per una copia E 5,00 - Arretrati E 10,00 Abbonamento Italia: E 50,00 - Europa: E 80,00 - Resto del mondo: E 100,00 abbonamenti@edifis.it
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