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BEST 50 Il miglior bar è a Londra

COPENHAGEN Il talento di Ramsus Munk

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Editoriale

Matita rossa per la “rossa” Talvolta, per non fare inutile polemica, si lascia vincere il silenzio. Mi spiego meglio: siccome dire ciò che si pensa non paga quasi mai, spesso si preferisce aderire agli osanna generali o alle indignazioni corali e omologate, uniformandosi a pensieri già espressi da altri. E accettati dalla massa. In politica, si chiama codismo. A me, invece, piace sfuggire a queste logiche e altrettanto mi piace scrivere quel che penso. Senza offendere né danneggiare nessuno, ovviamente. Il piccolo preambolo introduce a un dato di fatto: l’ultima edizione della guida Michelin, presentata a Parma lo scorso novembre, offre parecchi punti di riflessione. Il primo, positivo: fa piacere vedere

tante nuove “prime stelle” (29 se non ricordo male). E’ un segnale, come ha sottolineato Gwendal Poullennec, direttore internazionale delle guide Michelin, che la ristorazione italiana è sempre tesa verso l’alta qualità. Molto bene. Al tempo stesso, però (secondo punto) stupisce la totale assenza di novità per quanto ri-

guarda i “due stelle”. Ma come? Fra loro nessun ristorante, nessun cuoco meritevole di un upgrade (a parte Uliassi, che ha preso la terza stella)? Giro la domanda ai responsabili della guida, augurandomi una loro risposta. Terzo aspetto: se guida Michelin, come hanno più volte detto i responsabili della stessa, vuole essere una guida (anche) di servizio per il viaggiatore, credo che debba prestare più attenzione a locali che, pur non essendo ritenuti dei vertici meritevoli di stelle (non importa quante), svolgono sul territorio una funzione di altissimo valore: quella di consentire un’esperienza gastronomica di qualità, talora anche di elevata qualità, a chi si trova da quelle parti ed è in cerca di un riferimento affidabile. In questo segmento di ristoranti e trattorie “di gusto e di servizio”, come amo definirle, particolarmente cospicuo in Italia, sono ancora tante le strutture che non vengono neppure prese in considerazione dalla Rossa. Nemmeno per una segnalazione, una citazione, una indicazione. Eppure sono mete sicure, condotte con cura e professionalità, in molti casi le uniche possibilità per chi viaggia di godere di un’esperienza enogastronomica ragguardevole, o semplicemente positiva. Visto che nessun giornalista, per pudore o per evitare di complicare la situazione (magari irritando qualcuno, o imbarazzando gli interessati), fa i nomi dei grandi assenti, provo a sciorinarne alcuni io, i primi che mi vengono

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in mente, secondo il mio modesto punto di vista. Chi intravvede in queste segnalazioni una velleità di cortesie “promozionali” se ne stia tranquillo: si tratta di locali in cui il conto viene sempre pagato, come è sacrosanto che sia. Si tratta di “cucine di qualità” o, in altri casi, di luoghi “di comfort semplice”, per usare alcune classificazioni della Rossa. Penso all’Osteria di Fornio, a Fidenza, Parma (mai citato in guida), chef Cristina Cerbi, attenta e infaticabile. O al Casale del Mare a Castiglioncello, Livorno, chef Marco Parillo, giovane e talentuoso, mai citato in guida. O la Lanterna Verde a Asso, Como, una cucina affidabile e ricercata, la Trattoria Due Mori, Asolo, Treviso, grande attenzione al territorio. Ancora, Muscoli a Genova, con un format innovativo e tanti altri ancora. Anche se volessimo parlare di stelle, però, ci sarebbe qualcosina da dire: ma qui il terreno è minato e, forse, meglio non approfondire. Mi limito a sottolineare che, fra i tanti ristoranti “destellati” nel tempo, ve ne sono alcuni che, non fosse che per la gioia che offrono al palato, almeno una stellina se la meriterebbero. Penso, per esempio, a Paolo Teverini o a Clemy e Gianni Bolzoni, o a Ilario Vinciguerra o all’eccelente Fabio Silva del Derby Grill, che peraltro la prima non l’ha mai avuta. Luoghi in cui il talento e la passione si respirano nell’aria… Ma quanti e quanti altri mi vengono alla mente…•

Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it


Sommario

Editoriale 1 Matita rossa per la “rossa” 4 B.A.R News Focus Bar 14 Best 50, il bar migliore è il Dandelyan di Londra 16 Sete di Vincere Partesa. Primo premio al Bar Pasi di Trento 18 Bistrot con pizza, anche gluten free 20 Il mix esotico del best bar di Bangkok 22 Ginger Fizz: e il Poke decolla 24 Host 2019. Sarà un altro record 26 Minerali d’Italia, la carta delle acque 28 Kegkevich, rinascita della vodka 30 La bottiglia in vetro impreziosisce l’offerta L’opinione 32 Nuovi segnali dalla rossa Cover Story 34 Antonia Klugmann, serietà e disciplina Protagonisti Food 38 Enrico Croatti, stella anche in Spagna 42 Carbone: il Buon Ricordo riparte all’attacco 44 The Alchemist, il talento di Rasmus Munk 48 Convegno BARtù 2018 Focus Alberghi 62 Lo charme dell’Orfila attira e conquista Focus Food 66 Fine dining nel cuore di Bangkok 70 La nuova edizione di Olio Officina Focus Wine 72 Genagricola, forza della tradizione vitivinicola 74 E Appius raggiunge il quinto traguardo Equipment 76 Tirreno C.T. per bar e alberghi 78 Forma e contenuto: Art Menù docet La foto di BARtù 80 Il grande Paolo Teverini con la moglie Giordana La ricetta di BARtù 82 Domà Nüm, “illusione ostrica” 84 Pillole Alberto’s choice 86 Alta cucina locale, da Abbruzzino non sbagli

copertina di questo numero è dedicata ad Antonia Klugmann, la chef patronne dell’Argine a Vencò che ha rilasciato un’intervista in esclusiva al nostro Bertera. Fra i temi affrontati, il valore della creatività, la curiosità verso le materie prime non convenzionali, la ristorazione “vegetale”, la presenza mediatica degli chef vissuta in prima persona, e molto altro ancora. Una testimonianza sincera e appassionata, la cui lettura farà decisamente riflettere.

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In copertina: La storia di

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LIVE HAPPILLY

Ri st o r a n ti PERFEZIONARE CIÒ CHE SIAMO È UNA STORIA SENZA FINE. Nereo Ballestriero, un’intera vita dedicata a perfezionare la selezione degli ingredienti e la ricerca di accostamenti inediti, per offrire al mondo la sua idea di bar. illy, più di 80 anni dedicati a perfezionare un unico blend di 9 origini di Arabica, per offrire al mondo il suo miglior caffè. Una condivisione di valori volta al continuo miglioramento per offrire ai propri clienti un’esperienza indimenticabile. #LIVEHAPPilly

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B.A.R. News Harpers premia, con Cinque Stelle, la cantina Gerardo Cesari Nell'edizione 2018 dell'Harpers Wine Stars Italy, la cantina veronese Gerardo Cesari ha visto concorrere cinque dei suoi principali vini. Ebbene, tutti hanno ottenuto 5 stelle, il massimo del punteggio. L’Harpers è un servizio di informazione britannico per l'industria del vino e degli spiriti. e viene letto in tutti i settori dell'industria delle bevande, compresi produttori, distributori, ristoranti, alberghi, pub e rivenditori. L’annuale Harpers Wine Stars è un concorso di degustazione internazionale, promosso dalla rivista stessa e dedicato alla valutazione di vini eccezionali, capaci di offrire agli acquirenti del Regno Unito un portafoglio bilanciato, accattivante e di successo commerciale. Si tratta dell’unica competizione che giudica la qualità, il prezzo e la presentazione di ogni vino con un giudizio completo e rigoroso. In aggiunta a questo ottimo risultato, il Jema Corvina Veronese IGT 2013 si è aggiudicato tre onorificenze: “Star of Italy”, “Star of taste" e “Star of North East”. Questi risultati vengono accolti con grande soddisfazione e orgoglio dalla Cantina Gerardo Cesari, confermando ancora una volta la dedizione dedicata alla produzione di vini qualificati fra i migliori della Valpolicella..

IGP di Gragnano, cresce la filiera della pasta La pasta certificata italiana ha finalmente la dimensione che si merita, dopo i grandi formaggi, i salumi e i vini DOP IGP, grazie alla crescita della Pasta di Gragnano IGP prende corpo una vera filiera garantita per uno dei grandi simboli del made in Italy nel mondo. Sono infatti eccezionali i risultati per la Pasta di Gragnano IGP entrato nel registro delle Indicazioni Geografiche europee poco più di cinque anni fa. Grazie alle 21 aziende ad oggi riconosciute per la produzione IGP, la quantità di produzione annua certificata supera i 300.000 quintali nel 2017, con un andamento in crescendo per il 2018. Ma il dato più positivo lo fa segnare senza dubbio il valore alla produzione che nel periodo 2016-2017 ha visto un balzo del +7,2%. Notevole l’impatto dell’export che pesa sulle vendite per il 75% della produzione certificata. Grazie a questi risultati la Pasta di Gragnano IGP è l’undicesimo prodotto assoluto per valore tra le DOP IGP italiane e il terzo tra quelli del Mezzogiorno (Fonte: Rapporto Ismea-Qualivita).A garantire una crescita in linea con la storica qualità dei pastai di Gragnano c’è CSQA Certificazioni che, a novembre 2018, ha ottenuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, l'Autorizzazione ad esercitare i controlli di conformità. Tra le novità del nuovo piano di controllo, già predisposto da CSQA e approvato dal Mipaaft, un incremento delle sia attività ispettive che di controllo qualità, a garanzia delle produzioni certificate IGP.“Il valore aggiunto dato dall'IGP e dall'imminente costituzione del Consorzio di Tutela - ha dichiarato il Presidente dello stesso Consorzio Massimo Menna - hanno già prodotto e produrranno effetti sempre più positivi per la pasta di Gragnano. La recente collaborazione nata con l'ente certificatore CSQA va proprio nella direzione di garantire sempre di più il nostro prodotto a tutela del consumatore, nostro prioritario obiettivo finale”.

Ecco le tendenze dei drink nel 2019 Durante la Diageo Reserve World Class, la gara di bartending internazionale istituita da Diageo, che, a Berlino, ha visto trionfare l’italiano Orlando Marzo, in forze al Lûmé di Melbourne, si è parlato del futuro dei drink nel 2019. Dal quale, sono emersi tre grandi trend per il prossimo anno. Data l’attenzione sempre maggiore al benessere, nei menu e nelle liste dei drink compariranno, sempre più frequentemente, bevande a basso contenuto alcolico o analcoliche. In più, con l’ascesa dei digital drink influencer, i cocktail non dovranno puntare solo su gusto e equilibrio, ma conquistare anche gli occhi. Infine, ogni esperienza legata al mondo dei drink verrà ridefinita con una particolare attenzione alla sostenibilità: il settore delle bevande punta a sbarazzarsi di cannucce di plastica e tovagliolini, alla ricerca di nuovi metodi per ridurre gli sprechi. Emily Wheldon, Global Head di World Class, ha aggiunto: “Sarà un grande anno per gli amanti dei drink! Che si tratti di un Johnnie Walker highball o di uno Zacapa Old Fashioned, i drink dall’aspetto gradevole e dal gusto inarrivabile, e che contribuiscono in qualche modo a rendere noi o il mondo un luogo migliore, saranno i veri protagonisti”.

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B.A.R. News

Illy apre a Tel Aviv una nuova filiale dell’Università del Caffè Diversificare è fondamentale, soprattutto se vuoi rimanere un’azienda leader globale nel segmento del caffè di alta qualità come lo è illy. Che, infatti, ha rafforzato la sua presenza in Medio Oriente con l’apertura, a Tel Aviv, di una nuova filiale dell’Università del Caffè, interessante polo di formazione che fin dal 1999 si è prefisso non solo di promuovere, ma anche diffondere, nel mondo, la cultura di una bevanda universale come il caffè di qualità. Quella di Tel Aviv è la ventottesima sede mondiale (la terza in Medio Oriente, dopo quelle di Dubai e Riad aperte nel 2015) che si occuperà della formazione continua delle strutture d’alta hotellerie proponendo, nel contempo, un’offerta didattica pensata sia per i professionisti del settore, sia per i consumatori. Ai primi, infatti, sono riservati circa 24 corsi in aula dedicati alla conoscenza dell’unico blend illy, ai processi di lavorazione e trasformazione della materia prima e alla degustazione sensoriale, oltre a momenti di formazione ad hoc svolte direttamente presso i clienti. Ai consumatori, invece, verranno dedicati percorsi specifici per conoscere più da vicino il mondo del caffè con dimostrazioni pratiche e degustazioni. “L’apertura di Tel Aviv – commenta Moreno Faina, Direttore dell’Università del Caffè – segna una nuova tappa del nostro percorso di divulgazione e formazione. Con oltre 200mila partecipanti tra addetti del settore, produttori e consumatori, formati dal 2000 a oggi, illy testimonia concretamente attraverso la sua Università come il caffè possa favorire la condivisione dei saperi e l’incontro tra i popoli e le loro diverse culture”. Del resto, illycaffè, fondata a Trieste nel 1933, è il brand di caffè più diffuso a livello globale e produce un unico blend 100% Arabica, combinando 9 delle migliori qualità al mondo.

A Sirha, gli “Stati Generali” del mondo Ho.Re.Ca. Si terrà a Lione, dal 26 al 30 gennaio 2019, Sirha che, ogni due anni, rappresenta il punto di raduno di tutte le famiglie della ristorazione e dell'industria alberghiera. Con numeri impressionanti, considerando i 208.000 professionisti ospitati nel 2017. Ecco, dunque, che l'edizione 2019 si preannuncia portatrice di migliaia di opportunità per trovare nuovi partner e conquistare nuovi mercati. Con 3000 espositori e marchi internazionali, 12 settori di prodotti alimentari (come, ad esempio, Prodotti agroalimentari e bevande, panetteria-pasticceria, industria dolciaria e del cioccolato, attrezzature e apparecchiature per cucina e relativi annessi, filiera trasporti, spazio vini, negozio di prodotti gastronomici, per citarne alcuni), attrezzature o servizi per i professionisti del Food Service e dell'ospitalità, Sirha rappresenta il mercato mondiale della ristorazione, dell'industria alberghiera e dell'alimentazione. È l'unico salone in grado di riunire un'offerta completissima che risponda a tutti bisogni di tutte le ristorazioni: rapida, gastronomica, collettiva, ospedaliera o scolastica, alberghiera, retail. Insomma, tutto il mondo Ho.Re.Ca. si raduna qui, in una sorta di “Stati Generali” del settore. Sirha è un salone fervido d'ispirazioni e d'innovazione, che presenta centinaia di novità, delle scene esclusive che materializzano le tendenze del mercato, decine di concorsi per individuare le nuove tecniche e le nuove idee. Tra questi, si possono citare le finali del Bocuse d'Or e della Coppa del Mondo di Pasticceria, due tra gli esempi più spettacolari, dove l’eccellenza tecnica spiega tutto il proprio genio per dare vita ai sogni più pazzi dei cuochi o dei pasticcieri. Così come l’International Catering Cup, concorso a tre fasi, con 12 paesi partecipanti, che riunisce i ristoratori di tutto il mondo di questo particolare settore. Per maggiori informazioni, consultare il sito www.sirha.com

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A Bologna, un corso per essere vincenti con la ristorazione Si terrà a Bologna, dal 4 al 5 febbraio, all’Hotel I Portici, una due giorni dal titolo “Risto Boom”. Si tratta di un corso, riservato agli imprenditori della Ristorazione, con una finalità ben precisa: dare consigli su come fare soldi in questo particolare settore. Organizzato da Gp.Studios, con numero chiuso (massimo 30 persone con posto pre-assegnato) e riservato unicamente a titolari d’impresa, gestori e imprenditori della ristorazione, il corso tratterà 4 macroaree fondamentali per la buona riuscita di un business: Ingegneria del menù (come si costruisce un menù in ottica marketing), Standardizzazione (strumenti operativi, modelli e processi di lavoro che fanno crescere l'azienda), Controllo di gestione (indicatori e indici da monitorare per capire il corretto andamento dell'azienda), Food cost area (conoscere e ottimizzare i costi garantendo una qualità costante del prodotto). I relatori saranno Giacomo Pini (esperto Marketing Turistico e Ristorazione), Giacomo Belotti (Esperto in F&B Management e Restaurant Start Up) e Gianni Vitale (Commercialista esperto in controllo di gestione). Per info e iscrizioni: Tel. 0543 84099 e Cell. 393 9079824, sito: www.ristoboom.com e email: commerciale@gpstudios.it


VOCE DEL VERBO AMORIM

A m o l a p r e c i s i o n e i n t e s a c o m e i n s i e m e d i t a n t e p i c c o l e o p e r e d ’a r t e . Immerso in una poesia di numeri, il mio lavoro col sughero è ispirato dalla volontà di donare armonia a tutti i processi, per assicurare la migliore esperienza ai clienti.

ethicagency.de

Dennis Tonon: Assistente di Produzione Amorim

www.amorimcorkitalia.com


B.A.R. News L’indicazione geografica poteva salvare la Pernigotti E’ risaputo che con i “se” e con i “ma” non si fa la storia. Però, questo non impedisce di riflettere su quello che poteva essere e che, invece, non è stato. Per esempio, che la registrazione IGP del Gianduiotto Piemontese avrebbe potuto frenare la delocalizzazione e salvare la Pernigotti di Novi Ligure. Il fatto che il gianduiotto sia incluso tra i prodotti agroalimentari tradizionali (P.A.T.) piemontesi non è sufficiente a garantire il mantenimento della produzione sul territorio, come invece sarebbe stato con le registrazioni DOP e IGP, che vincolano rigidamente la produzione all’area indicata nel disciplinare. Lo afferma la Fondazione Qualivita, nata a Siena nel 2002, sensibile alla difesa e alla diffusione della cultura rurale, che si occupa della protezione e la valorizzazione dei prodotti DOP IGP STG. E lo fa per bocca del suo direttore generale Mauro Rosati. “Penso come esempio a Modica, dove da tempo avevano capito l’importanza della registrazione – afferma Rosati –. I produttori e le istituzioni locali si sono battuti per anni per ottenere l’IGP del Cioccolato e finalmente l’hanno ottenuta. Adesso il Cioccolato di Modica è IGP e potrà essere prodotto solo nel comune di Modica, in provincia di Ragusa. Questo sottolinea quanto le indicazioni geografiche siano un forte motore di sviluppo territoriale e di tutela delle tradizioni locali. Se anche una produzione di eccellenza, simbolo della tradizione dolciaria piemontese, come sono i gianduiotti, fosse stata registrata come indicazione geografica, oggi non ci sarebbe il rischio di vedere la produzione delocalizzata rispetto all’area di produzione. Le registrazioni oggi sono l’unico freno alla delocalizzazione delle produzioni. – ha concluso Rosati – uno strumento unico per mantenere i prodotti legati ai territori ”.

Mauro Rosati, direttore generale Qualivita

Una collaborazione per salvaguardare, a tavola, stili di vita più salutari Una collaborazione importante quella tra Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi – e il Ministero della Salute per portare avanti una serie di iniziative finalizzate alla promozione di una cultura di una sana e corretta alimentazione, a casa e nei luoghi pubblici. ''Le persone mangiano sempre più spesso fuori casa, per lavoro e per svago, ed è essenziale promuovere attivamente l'educazione alimentare e i corretti stili di vita in tutte le età”, ha sottolineato il Ministro della Salute Giulia Grillo. Il presidente di Fipe, Stoppani, ha invece commentato: “È nei pubblici esercizi che spesso si definiscono molte delle abitudini e dei comportamenti alimentari dei cittadini, tenendo conto del fatto che milioni di persone nel nostro Paese consumano almeno un pasto della loro giornata al di fuori delle mura domestiche. L'intesa con il Ministero della Salute sarà importante per mettere a punto strumenti specifici per promuovere e salvaguardare ulteriormente valori quali la sicurezza alimentare all'interno delle nostre imprese, contribuendo nello stesso tempo ad accrescere le competenze in materia degli operatori, con un occhio anche alla sicurezza alimentare ed alla lotta agli sprechi''.

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Metro inaugura la Casa dell’Ho.Re.Ca. A servizio dei professionisti della ristorazione e dell’ospitalità da oltre un ventennio, il punto vendita Metro di Modena ha cambiato look proponendosi nella veste di store progettato e pensato per offrire un servizio ancora più mirato e completo. Metro punta a soddisfare le esigenze e le richieste di un settore in continua evoluzione attraverso il connubio tra la qualità indiscussa di Metro e l’attenzione tipica per i prodotti del territorio, garantendone un’offerta di 207 referenze, proposte grazie alla collaborazione di Metro con fornitori della zona modenese. Tra i punti di forza spiccano, ad esempio, il reparto pescheria e quello dedicato alla carne, ma anche le varietà di formaggi, di salumi e la cantina, con un’ampia scelta di etichette d’élite e regionali. Del resto, come non farsi attirare dalla potenzialità del mercato del mondo Horeca, in continua evoluzione e anche espansione che solo nel territorio emiliano è alimentato da ben 3600 attività? Antonio Caruso, Direttore Vendite di Metro Italia afferma: “Rinnovare il punto vendita di Modena nel concept Metro La Casa dell’Ho.Re.Ca. è un segnale tangibile che vogliamo essere ancora di più al fianco dei nostri clienti”.


Fabio Barbaglini premiato per la sua cucina naturale La cucina naturale interpretata in chiave di alta ristorazione. Lo ha fatto, in modo eccellente, Fabio Barbaglini, chef di Florence Out Of Ordinary – FOOO, ristorante recentemente aperto all’interno del complesso di The Student Hotel (viale Lavagnini 70). Tanto da essere selezionato nell’ambito de La Liste 2019, la classifica dei mille migliori ristoranti al mondo stilata da un panel di esperti incrociando i dati delle più autorevoli guide internazionali e dei più importanti recensori. La cerimonia di premiazione è avvenuta a Parigi lo scorso 3 dicembre, alla presenza delle autorità francesi. Ad assicurare il titolo Nature allo chef di Florence Out Of Ordinary, Fabio Barbaglini la personale interpretazione di Barbaglini della cucina, tesa alla ricerca di una proposta il più possibile naturale, ovvero non unicamente improntata a una materia prima di alta qualità e di filiera corta, ma anche lavorata con meno grassi e sale, nonché con processi di trasformazione che non ne intacchino le caratteristiche gustative e nutritive. Con piatti come Riso con cavolo nero, polvere di alghe, agrumi e crostacei o la Sogliola allo champagne con purea di sedano rapa e vongole, cavoletti e lardo arrostiti, carciofi glassati al sugo e aneto.

Pane&Caffè, l’accoppiata vincente per Davide Longoni La vista ordinata di pani di grande formato subito cattura l’attenzione e fa capire che nel Panificio Davide Longoni di via Tiraboschi 19, in zona Porta Romana, a Milano, il pane è un prodotto trattato con grande attenzione e passione. Per quest’ultima è stato premiato da BARtù, che ha riconosciuto il suo ruolo nell’evoluzione del settore. Qui si può effettuare un viaggio attraverso i sapori autentici di pane e dolci, accompagnati da una buona tazzina di espresso o un cappuccino realizzati con la Davide Longoni miscela Gran Espresso di Caffè Milani, il caffè dedicato ai baristi più esigenti che racchiude oltre 80 anni di esperienza nella selezione, tostatura e creazione dei migliori blend della Torrefazione di Lipomo (Como). C’è chi lo consuma al banco rapidamente e chi raccoglie in un ampio vassoio le tazze dei cappuccini (magari, con una buona fetta di panettone sfornato da poco) e li porta al tavolo. Caffè e pane si “chiamano” a vicenda; entrambi esigono rispetto e attenzione per la materia prima, oltre che una lavorazione sapiente. “Se nel pane ho una grande esperienza e conoscenza -afferma Davide Longoni-, nel caffè vorrei approfondire le mie competenze più di quanto abbia già fatto fino a oggi, rivolgendomi ai corsi di Caffè Milani che da sempre è presente e mi supporta”.

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Le stelle di Bartolini spiccano tra le vette de La Thuile Questione di stelle. Dopo che Michelin gli ha assegnato, lo scorso 16 novembre, a Parma, la sesta meritata étoile in cinque ristoranti, Enrico Bartolini, classe 1979 (unico nella storia della guida ad aver conquistato quattro Stelle in un colpo solo), porta la sua cucina vicino agli astri, fra le vette de La Thuile, l’esclusiva località sciistica della Valle d’Aosta. Sarà infatti sua l’impostazione del ristorante del Montana Lodge, boutique resort di lusso con Spa situato a pochi minuti dal comprensorio di Courmayeur Mont Blanc e recentemente dichiarato Miglior Hotel Ski in Italia e fra i tre migliori al mondo dall’autorevole "World Ski Awards". Una nuova collaborazione, dunque, per Bartolini, uno dei più importanti chef a livello internazionale, che per la prestigiosa struttura coordinerà l’impostazione della proposta gastronomica, ma non l’ope- Enrico Bartolini ratività che resta in capo allo staff già presente. A Marco Locatelli (che continuerà comunque a dirigere lo stellato Casual a Bergamo in Città Alta) la supervisione del servizio e della gestione. “Abbiamo condiviso con la proprietà – spiega Bartolini – un’idea di ristorazione e di servizio pensata ad hoc per una location particolare ed esclusiva come il Montana Lodge. In questo senso, il progetto nasce sì dal nostro modo di intendere la ristorazione e la cucina, ma è anche molto legato al contesto e non può non tenere conto del luogo e delle persone. Questo accade in tutti i territori in cui portiamo la nostra cucina: ogni città, ogni destinazione ha una propria storia, delle tradizioni, un mercato con cui ci si deve relazionare ogni giorno per poter offrire una cucina che sia non solo la più buona possibile, ma la più buona per quel posto”. La consulenza di Bartolini ha preso formalmente avvio con l’apertura della stagione sciistica.


B.A.R. News La bontà dei prodotti d’alpeggio del Friuli Venezia Giulia È stata la giuria della seconda edizione di “Formandi-sapori e formaggi di montagna”, l’evento organizzato alla Cjase dal Len, di Sutrio, per la valorizzazione del formaggio di malga del Friuli Venezia Giulia e anche di altri prodotti agroalimentari, a decretare il Malga Montasio come miglior formaggio di malga della montagna friulana. La rassegna, che ha mostrato il meglio della produzione 2018, ma anche una selezione di forme di alta stagionatura di 24 malghe della Carnia, del Canal del Ferro-Val Canale e del Pordenonese, si è conclusa con un argento al formaggio di Malga Lavareit, mentre il Malga Promosio si è posizionato sul gradino più basso del podio. Anche i visitatori hanno voluto dire la loro, dopo assaggi e degustazioni, premiando il Malga Zoufplan. Il successo della “due giorni” di Formandi è proseguito con la prima asta dei formaggi di malga del Friuli Venezia Giulia che ha offerto ai partecipanti, tra ristoratori, produttori di vino, esperti del gusto e anche appassionati, l’opportunità di aggiudicarsi i prodotti nella monticazione 2018 e alcune forme particolarmente pregiate e solitamente irreperibili. L’evento è stato realizzato nell’ambito del progetto “MO.MA, una montagna di Malghe” in collaborazione con Ersa e il sostegno di PromoturismoFVG.

A Birmingham, il fascino del bacaro veneziano

Se transitate dall’aeroporto internazionale di Birmingham, val la pena fare una sosta al Prosecco Bar, nel segno della migliore enogastronomia italiana. Nello specifico, “Prosecco Bar” è un concept ideato da Bottega, che rafforza la propria presenza in Europa e nel mondo, con la finalità di esaltare le eccellenze del nostro paese e gratificare il palato del consumatore tipo. Viene, infatti, riproposta la filosofia del bacaro veneziano, ovvero di un’osteria informale, dove i cibi vengono presentati sia come “cicheti”, ovvero stuzzichini da consumare al bancone, sia come piatti più strutturati da servire ai tavoli. L’abbinamento con il Prosecco, privilegiato per la sua versatilità, e con altri vini italiani chiude il cerchio e contribuisce a rendere ogni momento breve o lungo, trascorso in un bacaro, un’esperienza piacevole. L’asse portante del progetto è il “Perfect Match”, ovvero l’abbinamento ideale tra i cibi tipici delle cucine regionali italiane e i diversi vini proposti da Bottega. Non si tratta quindi di una selezione di ricette stellate difficilmente riproponibili, ma di un omogeneo ensemble di piatti della tradizione, in grado di regalare grande soddisfazione ai palati di ogni latitudine.

La carta invernale del Casino di Montecarlo è finalmente pronta Rispetto all’Italia, l’inverno monegasco è certamente più mite, ma nel caso di giornate fredde, i giocatori del Casino di Montecarlo potranno gustarsi una variazione di Irish Coffee. E’ pronta, infatti, la carta invernale dove si passa dal classico ad una versione francese, con Cointreau, fino ad arrivare quello italiano a base di Disaronno o alla versione del più esotico hot cocktail con il rum Sailor Jerry. Non possono mancare alcuni “Martini’s”, con qualche sorpresa, come il “for me...dable” che unisce la grappa Nonnino al miele ed allo Chambord francese. Qualche twist sui classici va a rivisitare alcuni cocktail famosi come l’Americano ed il Cosmopolitan. La tradizione, invece, è assicurata dalla sezione “Oldies but Goldies” che prevede alcuni tra i cocktail più datati come il Boulevardier del 1927, l’Hemingway Special, anch’esso degli anni ‘20 e il “Ward Eight del 1898. Non mancano i cocktail “signature”, diversi tra loro, come sono differenti le personalità e la presenza dei vari bartender. Troverete anche cocktail a base di Champagne e qualche Mocktail per chi deve guidare o non beve alcool. La carta è stata curata da Luca Coslovich, barman del casino e creatore del sito www.cybartender.it.

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Granfocaccia sale e olio

TUTTO IL GUSTO DELLA TRADIZIONE ITALIANA

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B.A.R. News

Natavota Red è la nuova birra rossa di Kbirr #drinkneapolitan

Qualivita e McDonald’s 10 anni di collaborazione per valorizzare il Made in Italy Dal 2008, McDonald’s Italia, con il supporto della Fondazione Qualivita, porta avanti un progetto di valorizzazione delle produzioni italiane di qualità DOP IGP. Qualità e origine delle materie prime sono diventate un punto cardine dell’offerta, in particolare introducendo nei propri menu i prodotti DOP IGP nazionali. McDonald’s ha scelto come partner Fondazione Qualivita, affinché fossero sviluppate progettualità per favorire l’utilizzo dei prodotti DOP IGP nelle diverse tipologie di menu e per valorizzare queste eccellenze italiane presso i consumatori, con adeguate attività di informazione e formazione. Così, a partire da fine dicembre, sono iniziate le promozioni con i nuovi prodotti selezionati da Joe Bastianich per la linea My Selection 2019: dalla Valle d’Aosta verranno acquistate circa 80 tonnellate di Fontina DOP e dal Trentino Alto Adige altrettante di Speck Alto Adige IGP; dall’Emilia Romagna arriveranno 7,7 tonnellate di Aceto Balsamico di Modena IGP e 7,5 tonnellate di Scamorza Affumicata prodotta con 100% latte italiano, mentre dalla Calabria tornerà la Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP, per un totale di quasi 27 tonnellate. Infine, 41 tonnellate di Asiago DOP verranno acquistate dal Veneto e dalla provincia di Trento per degli innovativi finger food.

Il birrificio 100% napoletano Kbirr lancia sul mercato la Natavota Red, versione rossa della Natavota bionda. E’ una Strong Ale prodotta con metodo artigianale, non filtrata e non pastorizzata dal colore ramato intenso e dal retrogusto armonioso e speziato. La sagoma stilizzata in etichetta è quella di San Gennaro e il nome evoca l’espressione tipica napoletana natavota “un’altra volta” e che si riferisce al miracolo del Santo patrono che si attende e si ripete ogni anno. Fabio Ditto, general manager di Kbirr, amplia così la gamma di etichette Kbirr con la Natavota Red che si aggiunge alla Lager Natavota, la Scotch ale Jattura, l’Imperial Stout Paliat e la American Pale Ale #Cuoredinapoli. #drinkneapolitan è il progetto Kbirr di Fabio Ditto che porta in bottiglia il gusto della buona birra artigianale e lo spirito partenopeo più verace e scaramantico, è risultato di ricerche e sperimentazioni che danno vita ad una birra moderna e ben equilibrata.

Lo chef Bruno Barbieri promuove Sky Business Missione intrattenimento. Ecco perché Sky, l’azienda che fornisce su abbonamento l’omonima piattaforma televisiva, offre allo spettatore un palinsesto televisivo ricco e interessante, soddisfacendo, sia milioni di famiglie, sia migliaia di clienti business tra bar, ristoranti, hotel e aziende. Non a caso, proprio per i frequentatori di queste location, Sky ha studiato l’offerta Sky Business, indicando Bruno Barbieri come testimonial d’eccezione per la campagna di promozione dedicata al mondo dell’hospitality in Italia. Mai scelta fu più opportuna, vista la passione e la preparazione in tema di accoglienza e ospitalità dello Chef pluristellato, giudice di Masterchef, molto attento ai dettagli e conduttore della trasmissione “4 Hotel”, amante dei viaggi e di tutto ciò che è tecnologia e intrattenimento. “Siamo felicissimi di poter collaborare con uno Chef pluristellato e un grande esperto di hospitality come Bruno Barbieri - commenta Matteo Arpini, Sky Business Director -. Il nostro obiettivo è parlare in modo semplice e diretto ai nostri clienti, valorizzando i punti di forza dell’offerta dedicata al mondo alberghiero”. E’ lo stesso Barbieri a sostenere che “L’hôtellerie nel mondo si è evoluta parecchio: servono investimenti anche da parte dello Stato e agevolazioni per gli albergatori; non va mai dimenticato che gli hotel sono il biglietto da visita del nostro Paese”.

Nasce il laboratorio di pasta fresca “Albagnulot & Co srl” Walter e Roberto Ferretto, del ristorante “Il Cascinale Nuovo”, locale che quest’anno festeggia i suoi primi 50 anni unitamente ai 28 anni ininterrotti di Stella Michelin ed i 31 anni del suo famoso piatto “Mille foglie di lingua di vitello e foie gras”, hanno dato vita, con altri colleghi, al nuovo laboratorio di pasta fresca “ALBAGNULOT & CO SRL”. ad Isola d’Asti. I prodotti a marchio “I TRE CHEF” si rivolgono alla fascia alta dell’Ho. Re.Ca, con ripieni attentamente studiati e calibrati che ripropongono classiche ricette regionali italiane. La pasta dopo un brevissimo processo di “gelificazione” viene abbattuta di temperatura e conservata a -18°.

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Giorgio Vismara è il nuovo Direttore Generale di Holy Industries Una nomina significativa quella di Giorgio Vismara, il 53enne milanese, nuovo Direttore Generale di Holy Industries, il primo Wellness drink italiano. Con un curriculum importante, vista la specializzazione in Marketing e gli oltre 20 anni di attività nel mondo del largo consumo dove ha lavorato in Coca Cola per approdare poi alla start up Red Bull, in Italia, nel 1997, con il ruolo di General Manager. Vismara ha sposato il progetto Holy, ritenendo possa avere un posizionamento innovativo, in sintonia con il trend dei consumi attuali e dei prossimi anni. “La sfida - dice Vismara - oltre l’organizzazione di un motore aziendale che possa affrontare il dinamismo dei mercati del largo consumo, è instaurare con il consumatore una forte riconoscibilità della propria promessa, in particolare a divenire il principale Driver nelle bevande in area wellness”. Il primo passo è verso il mercato italiano, per poi allargare lo sguardo anche allo sviluppo internazionale. “HOLY® è la prima bevanda Wellness completamente made in Italy, nata dalla mente di tre giovani imprenditori italiani e si rivolge ad un pubblico attento alla salute e al benessere fisico e psichico; una bevanda gassata ma non troppo, ricca di vitamine (le principali del gruppo B e C per proteggere l’organismo) ed estratti minerali (per reintegrare e supportare il corpo), senza zuccheri aggiunti, senza grassi, con solo 3 calorie, disintossicante e anti-stress”. La si può trovare nelle quattro versioni Originale, Matcha Tea, Melograno, Lime e Zenzero. Con queste caratteristiche, la bevanda può competere sull’attuale mercato delle “soda” nelle aree del mondo dove il consumo è più alto: gli Stati Uniti, California in testa, e subito dopo il Sudamerica, a partire da Brasile, Colombia e Peru, e la Gran Bretagna, primo mercato europeo.

Il birrificio Diciottozerouno conquista il Belgio Un piccolo birrificio artigianale, Diciottozerouno, di Oleggio Castello (No), porta sul podio la penisola vincendo la medaglia d’oro alla prestigiosa manifestazione belga “Brussels Beer Challenge 2018” con la sua birra “OCRA”, premiata nella categoria “Modern Saison”. Non solo: ha ottenuto il premio "Rivelazione Internazionale”, che viene assegnato alla birra giudicata “la migliore della gara”. "E' un onore per noi aver ricevuto questo riconoscimento e una grandissima soddisfazione aver vinto proprio con uno degli stili più rappresentativi del Belgio, lo stile Saison", ha dichiarato Marco Bonfà, socio del birrificio.

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Focus Bar

Best 50, il bar migliore è il Dandelyan di Londra di Maurizio Bertera

Gli altissimi standard del locale inglese all’interno del Mondrian Hotel hanno conquistato la giuria mondiale

Il Dandelyan del Mondrian Hotel a Londra

Chiudere in bellezza, tra le ovazioni: lo ha fatto il miglior bar del pianeta – secondo la World’s 50 Best Bars 2018 – ossia il Dandelyan del Mondrian Hotel a Londra. A qualche ora dal trionfo, Il deus ex machina Ryan Chetiyawardana, alias Mr. Lyan, ha annunciato felice che “io e la crew vogliamo cambiare, nonostante la vittoria ci sarà rivoluzione totale all’interno del locale. Perché il cambiamento e la capacità di rimettersi in discussione sono la vera chiave del successo”. Da applausi, considerando quanto recita la scheda valutativa del locale. “Non solo eguaglia i più alti standard, ma li supera”. Il bar all’interno del Mondrian London Hotel, a pochi passi dalla St Paul’s Cathedral è gestito da leggende vivanti quali il già citato Chetiyawardana e Iain Griffiths. Qui, in un ambiente chic dominato da colori tenui e dall’oro scintillante, “si esplora il rapporto umano con la presenza della vita vegetale e animale nel sistema-cibo”. Al secondo

posto – era stato il n.1 nel 2017 – l’American Bar del Savoy, sempre a Londra. Nella scheda è definito, ancora una volta “un monumento della mixology”, status conquistato con oltre 130 anni di lavoro sul campo e una serie di generazioni che, pur cambiando, sono riuscite a non far calare mai di una virgola gli altissimi standard. Oggi capo barman è Maxime Schulte, una new entry dal momento che il primo barman aveva lasciato il locale subito dopo la vittoria dello scorso anno. Sul gradino più basso del podio, c’è il primo bar asiatico: il Manhattan di Singapore, “uno dei più eleganti, con i suoi arredi sobri e le morbide poltrone Chesterfield”. Il valore risiede nel perfetto equilibrio tra il servizio dell’American bar, a impostazione classica e il desiderio di innovazione vedi la rickhouse, che contiene oltre 100 botti, piccole, ognuna con un cocktail all’interno a invecchiare. La classifica mondiale – che viene compilata in base alle valutazioni di 505

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tra bartender, giornalisti specializzati in drink e cocktail lovers provenienti da 55 paesi- non lascia spazio a dubbi sul predominio anglosassone. Il Regno Unito e gli Stati Uniti contano, ciascuno, 10 locali in lista, con Londra (quattro new entry!) e New York protagoniste. Singapore guida il gruppo dell’Asia con cinque bar nell’elenco. Dodici i nuovi posti rispetto alla scorsa edizione. dieci al debutto e due rientri. Si è issato direttamente al decimo posto The Old Man di Hong Kong che ha vinto il premio come migliore nuova entrata. L’Himkok di Oslo, in Norvegia (19°), si è aggiudicato il nuovo premio dedicato al bar più sostenibile del pianeta mentre il Carnaval di Lima in Perù (68°) ha ricevuto il “the one to watch” (il locale che vale la pena tenere sotto osservazione) e il londinese Connaught Club è stato scelto come Heering Legend of the List, ovvero il bar attualmente in classifica che ha avuto, negli anni, la migliore performance. Infine i due premi personali


sono andati a Joe Schofield, di recente approdato al Tippling Club di Singapore (58°) come ‘Bartender’s bartender’ e John Lermayer – confondatore dello Sweet Liberty a Miami (21°) che ha ricevuto l’Industry Icon Award. E l’Italia? Malino: per la prima volta, in dieci edizioni, tra i World’s 50 Best Bars non si trova più un locale tricolore Sono scivolati verso il fondo due baluardi della mixology na-

2018- e con una squadra di bartender tutta tricolore, Proseguendo con Enrico Gonzato, Alfonso Califfano e Veronica Di Pietrantonio (Dandelyan); Luca Cinalli (ex Oriole); Stefano Filardi, Ciprian Ronaldo Angelo Sparvoli, Nicolas Medicamento (American Bar del Savoy); Pietro Collina del NoMad di New York; Giacomo Giannotti e gran parte dello staff del Paradiso di Barcellona. E aggiungiamo

prova il clamoroso sesto posto di The Clumsies ad Atene che è nato in piena recessione dall’idea di Nikos Bakoulis e Vasilis Kyritsis. All’interno di un palazzo fatiscente che i due hanno ristrutturato, è cresciuto ’ un vero e proprio ‘tempio’ della socializzazione, con i suoi tre piani che contengono tutto quello che si può immaginare, dalla cucina greca casalinga - di qualità -, fino ai cocktail

BEST BAR: LA TOP TEN 1. Dandelyan – Londra 2. American Bar – Londra 3. Manhattan – Singapore 4. The NoMad – New York 5. Connaught Bar – Londra 6. Bar Termini – Londra 7. The Clumsies – Atene 8. Atlas – Singapore 9. Dante – New York 10. The Old Man – Hong Kong

zionale: il Nottingham Forest di Milano (attualmente 99°) e il Jerry Thomas, 33° nel 2017 e oggi 52°. C’è stata la grande soddisfazione di una new entry come il 1930 di Milano – lo speakeasy del Mag - entrato direttamente all’80° posto, ma non è sufficiente a compensare la delusione. Se i bar d’Italia sono fuorigioco, nella classifica, ancora una volta c’è tantissima Italia sparsa nel mondo. A cominciare dal Connaught Bar di Londra (5°), guidato da Ago Perrone - che è stato nominato tra le ‘leggende’ della lista

che al sesto posto assoluto c’è il londinese Bar Termini, ispirato chiaramente alla stazione ferroviaria della Capitale… Evidentemente qualcosa non funziona tra le mura di casa, lo si è detto anche al recente convegno di Bartù dove sono intervenuti specialisti quali Filippo Sisti, Guglielmo Miriello, Fabio Bacchi, Mirko Gheza e Alberto Tasinato. C’è la sensazione di un ‘sistema’ giovane rispetto al celebrato mondo anglosassone ma con notevoli potenzialità e tanto talento. Ci vogliono idee e quelle non costano: lo

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all’ultimo grido. Poi è necessario lavorare maggiormente insieme, facendo sistema, non fosse che per guadagnare le piazze alte della classifica, tanto più che dallo scorso anno è stata chiamata a gestirla William Reed Business Media. E’ l’agenzia che organizza da sempre la World’s 50 Best Restaurants dove gli italiani – con tanta bravura ma anche il giusto impegno ‘politico’ continuano a portare a casa un ottimo risultato di squadra, al di là del vertice assoluto di Massimo Bottura. E’ il caso di pensarci, prima possibile. •


Focus Bar

Sete di Vincere Partesa Primo premio al Bar Pasi di Trento Continua con successo il progetto di valorizzazione messo in atto da Horeca Street Club per i propri associati È stato il Bar Pasi di Trento ad aggiudicarsi una Volkswagen Polo, primo premio del concorso Sete di Vincere, Edizione Estate. Sete di Vincere è il concorso legato ad Horeca Street Club, il club dedicato ai clienti Partesa, il progetto di fidelizzazione di Partesa che propone esclusive opportunità ai propri iscritti. Mercoledì 14 novembre, nella sede di Partesa Trentino a Lavis (TN), è avvenuta la consegna del premio ai titolari del Bar Pasi, Walter e Marco Botto. Gli altri premi sono stati: 5 Apple iPhone X da 64GB andati a ASD Asinalonga di Sinalunga (SI), La Nuova Smeralda di Villadose (RO), Cafè Matisse di Omegna (VB), Mimosa Cafè di Nebbiuno (NO) e Mako Bar di Ventimiglia (IM). Infine, 40 Amazon Card Digitale da 500€ consegnate a: Bar Ronca di Acquapendente (VT), MV s.r.l. di Latina

I numeri di Partesa Partesa è una società specializzata nei servizi di vendita, distribuzione, consulenza e formazione per il canale Ho.Re.Ca.Con 29 anni d’esperienza e 45.000 clienti, Partesa ha raggiunto la massima capillarità distributiva, un attento portfolio di prodotti di qualità, servizi personalizzati e una grande solidità logistica. Un’azienda che cresce con le esigenze del mercato, in grado di offrire un’innovativa politica commerciale. La struttura, che impiega circa 1.150 persone, conta 46 depositi, 9 unità territoriali e un’ampia flotta di veicoli. Si posiziona come un business partner in grado di fornire consulenza e formazione e sviluppare proficue sinergie tra i player della filiera. Per ulteriori informazioni: www.partesa.it

(LT), Inside Out Cafè di Roma, My Way di Arezzo, Chantilly s.r.l. di Limana (BL), Bar di Memo Davide di Venezia, Laguna Bar di Venezia, Ottica Lobis di Feltre (BL), Spiga d’Oro di Tombelle di Vigonovo (VE), Bar Forum di Chioggia (VE), Bar 2000 di Santo Stefano di Cadore (BL), Gelateria Dolomiti di Feltre (BL), La Piadina Romagnola di Meldola (FC), Disco Club di Cervia (RA), Caffè Anna di Casalecchio di Reno (BO), Bar ti porto al mare di Comacchio (FE), Bar Turismo di Ravenna (RA), Centro Novecento di Pesaro (PS), Break Bar di Savignano sul Rubicone (FC), FRC s.n.c. Giangrandi di Ravenna (RA),

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Gusto di Palena di Monte Sant’Angelo (FG), Chalet Sirenetta di Tortoreto Lido (TE), Supermarket d’Apolito di Mattinata (FG), Setemania di Foggia, Bowling Park di Barletta, Sherwood di Foggia, Santamaria Libera di Mattinata (FG), Bar Berti di Ville d’Anaunia (TN), Bar Mirtillo di Mezzolombardo (TN), Cafè de Guide di Gressoney St. Jean (AO), La vecchia cuccagna di Graglia (BI), Rinald Bar di Mongrando (BI), Art Cafè di Novara, Blu Bar di Pavone Canavese (TO), Casa del Kebap di Torino, Albergo Sud America di Paesana (CN), La Stella di Pieve del Cairo (PV), Enoteca Spirito Libero di Milano, Ladybug di Braone (BS). Non è finita qui: a gennaio ci sarà l’estrazione del concorso Sete di Vincere - Edizione Inverno. «Lavorare in sinergia con i nostri clienti e creare valore grazie a un servizio accurato, puntuale ma anche attraverso consulenze personalizzate. Questo è il motore del nostro modello di business che i clienti ci riconoscono negli anni e uno dei motivi del successo di Horeca Street Club» - commenta Riccardo Giuliani, Amministratore Delegato di Partesa. I numeri parlano di un programma in costante crescita: ad oggi il 15,5% dei 45mila clienti Partesa sono iscritti al Club. •



Focus Bar

Bistrò con pizza, anche gluten free di Viviana Persiani

A Napoli, un padre con i suoi figli guida un locale innovativo che unisce pizza e proposte tipiche di un bar moderno Sciuè pizzainteglia è il nuovo locale che porta a Napoli, a Pomigliano d’Arco, la pizza in teglia alla romana di alta qualità. Inaugurato a settembre 2018 dai fratelli Giuseppe e Marco De Luca nasce come vera e propria sfida: portare nella terra indiscussa della verace pizza tonda o pizza a pala, la pizza quadrata gourmand,

quella della migliore scuola romana. Ma Sciuè Pizzainteglia è anche un nuovo progetto di impresa nato dopo oltre un anno di studio e ricerca: Giuseppe De Luca si è formato presso la scuola dell’API sotto la guida di Angelo Iezzi, il pioniere della pizza in teglia di alta qualità. Ha appreso i segreti delle farine macinate a pietra, l’idratazione ideale e la lunga lievitazione con lo scopo di coniugare la scuola romana con i buoni sapori della Campania. Sciuè pizzainteglia è un locale di circa 100mq con 25 sedute interne e dal design minimal e spazio monocromatico in grigio che lascia parlare i colori dei topping delle pizze. Oltre ai grandi

Al centro: papà Mauro De Luca insieme ai figli, Giuseppe (a sinistra) e Marco (a destra)

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classici napoletani come la Marinara e la Margherita si gioca con abbinamenti insoliti e sapori forti in direzione di una pizza gastronomica crunch per palati curiosi e raffinati: tartufo, salmone affumicato e menta bergamotta, polvere di caffè, scarole napoletane condite con


olive capperi, noci e alici di Cetara, polpo e friarielli. Con Sciuè Pizzainteglia i fratelli De Luca bissano a Pomigliano d’Arco: il loro primo locale, che è poi a meno di cento metri dal nuovo, è ormai un successo. Si chiama Sciuè, ilpaninovesuviano ed è stato aperto nel 2015 con la stessa attenzione al territorio e ricerca di alta qualità. Un burger loft con cucina a vista incapsulata in una scatola di vetro; la brigata è

composta da 7 ragazzi e capitanata da Giuseppe in cucina e Marco in sala. In carta tante proposte che, con la stagione invernale, portano in tavola funghi biologici, tartufo e ricette più succulente come la Genovese proposta in panino e in versione focaccia. La creatività dello chef dà vita a panini sempre nuovi: le new entry 2019 sono il panino Polpo con Polpo fritto, friarielli e stracciatella di bufala e Ursula con patata viola, porchetta

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artigianale, provola affumicata, conserva di melanzane a filetto. La ricerca dei prodotti privilegia presidi Slow Food, produzioni tipiche e di piccoli contadini artigiani come Manuel Lombardi per il Conciato romano, Bruno Sodano per l’Antico Pomodoro di Napoli e le papaccelle, le cipolle di Alife di Antonietta Melillo altro presidio. Il pane è una ricetta esclusiva di Giuseppe. Particolare attenzione anche alla carta dei vini e delle birre. •


Focus Bar

Il mix esotico del best bar di Bangkok di Gualtiero Spotti

Al Find The Photo Booth nulla è scontato, a cominciare dai cocktail classici reinterpretati Uno speakeasy, per definizione, non è facile da trovare e spesso l’agognata meta la si raggiunge attraverso tentativi o vere e proprie “soffiate” di chi ha già visitato il bar nascosto. Ed è esattamente quello che succede per chi si ritrova a Bangkok alla ricerca di Find The Photo Booth, un nome che è già una caccia al tesoro. Ad aver ideato questo locale, inaugurato nel quartiere di Sukhumvit lo scorso aprile, sono gli stessi che avevano stupito un paio di anni fa con il primo speakeasy

chiamato Find The Locker Room, ovvero l’iperpremiato mixologist thailandese Ronnaporn Kanivichaporn insieme ad altri suoi colleghi di fama internazionale come Hidetsugo Ueno del Bar High Five di Tokyo, Colin Chia di Nutmeg & Clove a Singapore e il taiwanese Nick Wu. Nel dedalo di vie di Bangkok e in un’area iperfrequentata come Sukhumvit il divertimento

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nel trovare l’ingresso del bar è parte dell’esperienza. Come dice bene il nome, va cercata una cabina fotografica, come quelle, per intenderci, dove si sviluppano all’istante le foto tessera. Per prima cosa si imbocca la via Soi 11 e si cerca un lo Score Bar, poi si sale al secondo piano e in un angolo della stanza si scorge la cabina. Questa è l’entrata dello speakeasy e, tra lo smarrimento di capire come si accede al bar e il divertimento di scattare qualche

foto tessera (si, funziona regolarmente…), scatta il meccanismo che permette di entrare in un confortevole spazio dominato da un bancone al quale sostare, oppure ci si siede comodamente su uno dei sofà. E qui va in scena la parte dedicata al bere miscelato, che, come nello stile dell’esperto Ronnaporn, vede in primo piano diversi classici reinterpretati con un twist molto thai, dal Bond Love Jasmine al Cheese Platter, fino al Manhattan e al

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20th Century. Dove i gin botanici incontrano le erbe locali, oppure il vermouth la crema di cacao e il cocco in un mix di sapori molto esotici ma anche “adulti”. Seduti comodamente in un ambiente posh davanti a un Vesper Martini rivisitato ci si sente quasi protagonisti di un film e il divertimento è assicurato, anche grazie al sottofondo piacevole di musica jazzy e a una sala che invoglia ad alzarsi per muovere le gambe. Se poi avete nostalgia dell’Italia, quello che andrete a bere avrà quasi sempre riferimenti inequivocabili con il Bel paese. E allora il cocktail giusto è il Red Hook, che insieme al rye whisky vede come protagonisti il mitico Punt e Mes e il liquore al maraschino. Find The Photo Booth è la grande novità del 2018 per la capitale thailandese e il luogo giusto che mette d’accordo chi ricerca la tradizione, ma di tanto in tanto si lascia andare a calibrate sperimentazioni, e sempre guidato dalla mano esperta del barman che interagisce con l’ospite. In una zona di Bangkok conosciuta per i dance club non troppo raccomandabili si apre uno spiraglio di eleganza per chi ama la miscelazione di qualità e per chi vuole trascorrere una serata piacevole a tutto tondo, con un contorno di divertimento e di buona musica assicurati. Aperto ogni giorno dalle 18 alle 2. •


Focus Bar

Ginger Fizz: e il Poke decolla di Giorgio Ascorti

La mano di Enrico Bartolini e del mixologist Alessandro Melis dietro al successo del Pandenus

Poke di salmone Riso basmati Salmone crudo Edamame Fettine di avocado Fettine di mango Salsa di zenzero e lime

Ginger Sage Fizz Gin Succo di lime Sciroppo di salvia Ginger beer Foglie di salvia Lamponi Polvere di zucchero Il poke è la moda del momento, che ha Milano come capitale: succede sempre quando si parla di cucina etnica e quindi il piatto unico tipico delle isole Hawaii – espressione di una fusion tra America e Giappone – si è diffuso nel giro di un paio di anni. Lo si trova in locali di tendenza o in vere e proprie catene, che in alcuni casi lo propongono anche come bowl. Il vero poke? E’ un’insalata di pesce crudo tagliato a cubetti, arricchita con ingredienti e salse chiaramente esotiche. La base è generalmente riso ma ne esistono anche con la quinoa. Uno dei più buoni

sotto la Madonnina è quello preparato al Pandenus in piazza Gae Aulenti, sesto e bellissimo locale di una catena nota ai foodies: 220 mq all’interno più 150 mq di dehor con vista sulla Nuova Milano. Subito un grande successo. Da sottolineare che solo in questo Pandenus vengono serviti i poke, preparati dalla brigata di Enrico Bartolini che è consulente del gruppo. Sarà un caso ma il Re Mida della nostra ristorazione – sei stelle Michelin su cinque locali – lo ha messo a punto in maniera perfetta: il basmati è cotto a puntino, il salmone (o comunque il pe-

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sce scelto) ha un sapore intenso, salse e topping si integrano come si deve e non creano quell’effetto-pastone che si ritrova in molti altri poke. Felice abbinamento quello scelto dal mixologist Alessandro Melis: un long drink a base di gin con la salvia – coltivata nel locale, tra l’altro – che diventa protagonista nello sciroppo e come guarnizione. Da provare. •


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Focus Bar

Host 2019 Sarà un altro record A un anno dall’inizio della 5 giorni che si svolgerà a FieraMilano, il prossimo Host si annuncia un successo senza precedenti

Con quasi 1.300 gli espositori già confermati a un anno dall’evento, dei quali il 44,7% internazionali provenienti da 45 Paesi, Host Milano 2019 conferma e rafforza il proprio ruolo di hub globale dell’innovazione declinata in tutti i suoi aspetti, dall’innovazione di prodotto e processo alle tendenze e agli stili di consumo, passando per layout e format. Leader mondiale dedicata al mondo della ristorazione e dell’accoglienza, punto di riferimento per gli operatori professionali del fuori casa e marketplace privilegiato per fare business di qualità, la kermesse meneghina, giunta alla 41esima edizione, presenterà ancora una volta tutto ciò che serve per un locale di successo, in un solo luogo: dal 18 al 22 ottobre 2019 dunque, gli operatori professionali di tutto il globo troveranno uno spaccato completo del meglio dell’ospitalità e dell’hotellerie mondiale, con le ultime novità del settore in termini di equipment, materie prime, attrezzature e semilavorati. Il tutto completato da un palinsesto di appuntamenti in cui esperti e top player condivideranno case history e know-how, tra show-cooking, competizioni e conferenze. Grazie al continuo scouting in collaborazione con ICE Agenzia, saranno oltre 1.500 gli hosted buyer da 80 Paesi, con l’80% di turnover e con un focus su USA, Canada, Medio Oriente, UAE, Cina e Russia. Notevole anche la copertura media

con almeno 100 giornalisti invitati e una pianificazione su oltre 75 realtà editoriali internazionali in particolare da Europa, Asia, America, Medio Oriente. La manifestazione può contare inoltre su accordi istituzionali con importanti associazioni internazionali quali FCSI – Foodservice Consultants Society International, Restaurants Canada, CEDA (UK) e AFEHC (Spagna), oltre che con autorevoli associazioni italiane. Si affina ed evolve il layout in tre macro-aree, valorizzando le contaminazioni di settore e presentando le tendenze più interessanti in fatto di layout e format: cresce l’importanza della progettazione e dell’hi-tech fra le tendenze vincenti. E ancora, sono oltre 500 gli appuntamenti in calendario e, per la terza volta, HostMilano ospiterà le finali del Cake De-

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signers World Championship e del World Trophy of Pastry, Ice Cream and Chocolate. In primo piano anche il Campionato Europeo della Pizza, gli show-cooking in collaborazione con APCI e il Gran Premio della Caffetteria con ACAF e ALTOGA. A sottolineare gli aspetti d’avanguardia nell’innovazione del settore, si rafforza il riconoscimento Smart Label che viene affiancato dai workshop Design Talks, sempre in collaborazione con POLI.design. Sullo sfondo, la forza del fuoricasa in tutto il mondo. In Italia, in particolare, secondo Censis-Coldiretti questo mercato vale oltre 78 miliardi di euro e cresce dell’8% l’anno. Al mangiar fuori si destina il 35% della spesa turistica (oltre 30 miliardi) e 4,1 milioni di italiani si avvalgono anche del food delivery. •



Focus Bar

Minerali d’Italia, la carta delle acque di Viviana Persiani

Una nuova forma, la “sinuosa”, per nuove performance destinate ai segmenti alti A ciascuno la sua, perché non tutte le acque sono uguali. Lo sa bene anche la famiglia Pessina che ha costituito il Gruppo Acque Minerali d’Italia inserendo aziende come Norda, Sangemini e Gaudianello, proponendo al mondo Horeca un’offerta varia di acque diverse per caratteristiche, per formati e provenienza, ma unite dal comune denominatore della qualità. Dal Nord al Sud dell’Italia, Acque Minerali d’Italia Spa, presente sul territorio nazionale con otto stabilimenti e 27 linee di imbottigliamento dedicate a formati in vetro e PET, attraverso la sua

proposta articolata anche nelle etichette, si riconferma come punto di riferimento completo e qualificato per il canale della ristorazione. Il Gruppo, proprio per completare e perfezionare l’offerta, propone ai suoi clienti anche la “carta delle acque” per rispondere alle domande del consumatore più esigente. Senza dimenticare di soddisfare le numerose e varie richieste anche delle famiglie attraverso l’ampia gamma di bevande analcoliche, delle bibite gassate, oltre a quelle a base di frutta, degli integratori, le tisane fino al tè freddo e alle acque aromatizzate. Un portfolio prodotti importante per il Gruppo che si distingue sul mercato per la sua capacità di diversificare l’offerta, pur nel medesimo segmento. Il continuo dialogo tra Acque Minerali d’Italia e la distribuzione è codificato attraverso il lancio di nuovi formati. Non ultimo,

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“La Sinuosa 75” un’esclusiva forma tutta curve, brandizzata Norda: un nome non casuale, visto la linea ad anfora dal profilo accattivante che ricorda le forme anni ’50 della “dolce vita”. Elaborato da un Master in packaging design con lo IED di Milano, L’Istituto Europeo di Design S.p.A., il progetto di design moderno, morbido ed originale della bottiglia di vetro dell’acqua Norda, simbolo di qualità e di stile, valorizza il servizio in tavola senza prescindere dai due loghi del brand, posti in rilievo. Anche le etichette per La Sinuosa 75 hanno il loro perché visto che, in coordinamento con le altre componenti estetiche, si presentano metallizzate, su fondo oro per la versione Mossa (Frizzante) e argento per la versione Ferma (Naturale), facendo pendant con i tappi oro/ argento in cromia e personalizzati Norda. E la montagna stilizzata in laminato, riportata sull’immagine, testimonia la provenienza d’alta quota di un’acqua “microbiologicamente pura” e leggera, che sgorga dalla sorgente Acquachiara, presente in una zona idrotermale protetta delle Piccole Dolomiti. Acque Minerali d’Italia ha potuto così arricchire la sua “Carta delle acque” con una referenza inconfondibile, sia per il sapore, sia per la bottiglia sensuale tutta curve. •



Focus Bar

Keglevich, rinascita della vodka di Viviana Persiani

Il celebre cocktail Moscow Mule riproposto in chiave contemporanea con protagonista il prodotto della Stock La nuova drinking proposition di Keglevich nasce dalla rivisitazione di un drink attuale, di tendenza e alla portata di tutti come il Moscow Mule, che la leggenda fa nascere, nel 1941, in un bar di New York, il Chatham, e che conquistò non solo per il particolare sapore, ma anche per quell’asprino che, in gola, “scalciava come un mulo”. La sua versatilità, già positivamente interpretata nella variante London Mule, quella con il gin in sostituzione della vodka, incontra, ora, la voglia di sperimentazione di Keglevich che ne propone una versione fruttata, di alta qualità, capace di esaltare l’equilibrio dei sapori e sorprendere con il gusto. Come

risultato di una collaborazione con un pool di bartender di rilievo, sono nati i K-Fruit Mule, una parade di Mule nei quali sono stati introdotti ingredienti nuovi e distintivi capaci di bilanciare sapientemente i sapori primari e donare unicità ai drink. Keglevich si propone come il primo brand a far conoscere la vodka alla frutta nel Mule, novità capace di sorprende il palato con una nota delicatamente dolce che si sposa perfettamente con ingredienti botanici solidi come la menta, il rosmarino e la salvia, abili nell’esaltare i sapori classici del Mule in maniera unica e innovativa. La facilità di preparazione, la velocità di esecuzione e l’istantaneità del gusto non lasciano spazio a riflessioni. Completano il K-Fruit Mule una ginger beer poco dolce e molto speziata, il succo di lime, il ghiaccio a cubetti, tritato o spezzettato e naturalmente la copper mug firmata Keglevich. La vodka alla frutta rinnova le sue abitudini di consumo grazie ad un drink versa-

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tile che si adatta facilmente dall’aperitivo lungo tutta la notte. La nuova drinking proposition di Keglevich è stata sostenuta da una campagna di comunicazione nazionale dedicata al consumatore, andata in onda a dicembre, momento di alta stagionalità per la vodka e da iniziative studiate ad hoc per gli operatori di settore. Volete riproporre queste gustose ricette nel vostro locale? Per il K-FRUIT MULE Pesca occorrono 2 cl Keglevich Pesca, 2 cl Keglevich Dry, 1 cl succo di lime e menta pestata, Top di ginger beer, guarnizione di menta e ribes rosso. Volete sperimentarvi nel K-FRUIT MULE Mela Verde? Vi serviranno 4 cl Keglevich Mela Verde, 1 cl succo di lime, Polvere di cannella qb, Top di ginger beer, guarnizione di cannella e mela. Infine, per servire il K-FRUIT MULE Fragola, avrete bisogno di 2 cl Keglevich Fragola, 2 cl Keglevich Dry, 1 cl succo di lime e basilico pestato, Top di ginger beer, Guarnizione di basilico.•



Focus Bar

La bottiglia in vetro impreziosisce l’offerta di Viviana Persiani

MonteNapoleone District offre a Valverde l’opportunità di raccontare la propria idea di mise en place Milano con le sue vetrine, le sue luci e quelle strade che pullulano di gente, a Natale, ancora una volta, è diventata più grande e più elegante. A partire dal quadrilatero della Moda milanese dove, in occasione dell’ottava edizione del “Christmas Shopping Experience 2018”, l’annuale manifestazione promossa e organizzata da MonteNapoleone District, Valverde, ha reso ancora più brillante e lucente l’attesa del Natale con un’installazione di grande stile. Del resto, l’acqua Valverde è preziosa per definizione: sgorga cristallina e pura dalla roccia della Valsesia sul Monte Rosa ed è considerata tra le acque più leggere al mondo per essere “minimamente mineralizzata”. Ecco perché l’acqua Valverde, servita nei migliori ristoranti, sia in Italia, sia all’estero, troneggia sulle tavole apparecchiate con gran stile e buon gusto, nella sua bottiglia di vetro chiaro, trasparente con l’etichetta colorata con riflessi argentati. Proprio la luce di questo autentico gioiello, famoso non per il peso, bensì per la sua leggerezza, ha impreziosito l’incantevole tavola total white, allestita all’interno di una teca di vetro, grazie alla collaborazione del designer e scenografo Piero Figura, artista di fama internazionale che tiene a sottolineare nuovamente la missione “Dress the table “di Valverde, in linea con le nuove tendenze di table design dell’alta ristorazione. “L’idea è stata quella di cre-

are un mood natalizio un po’ insolito, in cui oggetti cult del design contemporaneo vintage, come le celebri Mackintosh di Cassina, hanno vissuto insieme a pezzi tutt’ora in produzione come quelli di Alessi e Kartell. Il clima invernale è stato creato dai vasi effetto ghiaccio di Rosenthal , dal pavimento rivestito di candida eco-pelliccia e dai luminosi cerchi bianchi delle lampade di Artemide. La magia e la festa sono stati offerti dal tocco d’oro delle posate Sambonet e da un treno che, senza sosta, trasportava le piccole bottiglie di acqua Valverde”. La struttura, avvolta da un coreografico fiocco tipica-

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mente natalizio si è presentata ai passanti vestita a festa in tutto il suo garbo. Del resto, Valverde che d’abitudine si ritaglia un posto in prima linea all’interno di occasioni di eccellenza, ancora una volta ha contribuito a rendere il Natale milanese ancora più chic donando a tutti gli operatori del settore che scelgono Valverde per le loro attività, la nuova edizione di Valverde Reservation Book, lo strumento divenuto un vero e proprio oggetto da collezione incentrato proprio sul table design creativo ed elegante che, sottoforma di calendario, presenta sei mise en place creative. •



L’opinione

Nuovi segnali dalla rossa di Maurizio Bertera

Considerazioni e/o provocazioni su quello che sembra essere il “nuovo corso” della Guida Michelin. Con pro e contro E se l’immutabile e temuta Michelin, il Monumento Rosso, avesse preso la strada del rinnovamento? Non si tratta di giudicare ma di capire se la guida delle guide abbia aperto una nuova era. Ci sono parecchi segnali interessanti e non è difficile pensare che qualcuno si debba già al nuovo direttore internazionale che è un 38enne francese: Gwendal Poullennec, che per i dodici anni precedenti era responsabile dello sviluppo delle Guide Michelin negli Stati Uniti e in Asia. Due grandi regioni dove il livello medio della ristorazione è inferiore a quello europeo ma sui ‘vertici’ e sulle tendenze c’è spesso da imparare. Aggiungiamo che è stato l’ideatore di nuove interfacce digitali per il settore food di Michelin: niente di rivoluzionario in generale, ma pochi anni fa pensare a una Rossa in versione digitale… Secondo elemento. Per la prima volta, in assoluto, è stata diffusa la lista dei 257 Bib Gourmand con una settimana di anticipo sulla presentazione di Parma. Vero che ci sono ombre nel sistema: molti posti sono ‘decotti’ e tanti altri validissimi non vengono considerati; spesso risulta difficile stare sotto la mitica soglia dei 32-35 euro a testa per un pasto completo che è l’elemento discriminante e ancora ci sono sensibili differenza da regione a regione. Ma è altrettanto vero che c’è la netta sensazione che d’ora in poi questa sezione, peraltro alla base stessa della filosofia originaria della guida, verrà resa più importante. Magari regalando più attenzione alle pizzerie che forse non ha senso inseguano la stella ma

sono molto importanti nella ristorazione italiana. Tra l’altro, non avere manco citato Pepe in Grani a Caiazzo – considerata la miglior pizzeria del mondo – è stato un discreto autogol. C’è chi si azzarda a pensare che il prossimo prodotto editoriale annunciato da Michelin – lo si vedrà nel 2019 a Piacenza – sia appunto ‘qualcosa’ pensato per chi ha meno soldi da spendere, cerca l’informalità ed è sostanzialmente più giovane. L’aver consacrato nuovo Tre Stelle un 60enne come Mauro Uliassi può sembrare la negazione del rinnovamento. In realtà, erano anni che il cuoco di Senigallia era in attesa del massimo riconoscimento – ricordiamo che il locale è aperto dal ’90 – e in un certo senso, in questo modo la Rossa ha chiuso il cerchio. Vuoi perché dieci è un numero centrato, perfetto anche dal punto di vista comunicativo, vuoi perché la compagine molto articolata dei Due Stelle – 39 – al momento non fa intravedere salti. Semmai è da vedere se il mancato ingresso di nuovi Due Stelle va considerato più reale o più mediatico. Al di là che le attese di parecchi big sono andate deluse (Berton, Camanini, Baronetto, Cracco, Oldani…), secondo noi non si è voluta mettere troppa carne al fuoco oltre alla prima pagina di Uliassi e a ben 29 nuove Stelle singole, giovani, guardacaso. Mai successo che metà dei neo-stellati abbia meno di 35 anni di età. E tanti sono chef-patron, ossia il ruolo per cui è stata sostanzialmente creata la Rossa: invece nelle ultime tre edizioni, si era data un’attenzione enorme ai ristoranti interni ad hotel e relais & chateaux, che peraltro sono ancora numerosissi-

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mi. Ma non in questa tornata. La Michelin sembra voler scommettere su giovani talenti, mentre – lo ripetiamo – pare voler dire ai quaranta-cinquantenni più bravi e famosi che bisogna avere pazienza e non dare tutto per scontato. E invita chiaramente i big a dare spazio ai ragazzi formati in casa: premiare entrambi i bistrot di Antonino Cannavacciuolo è riconoscere il merito di un sistema basato su Villa Crespi che ha reso bravi i due resident-chef. Assegnare la sesta Stella al network creato da Enrico Bartolini è confermare l’abilità dello chef pistoiese nel trovare (o far rientrare) i talenti e farli renderli al meglio, magari in pochi mesi, come è il caso di Gabriele Boffa, per la Locanda del Sant’Uffizio a Cioccaro di Penango, Asti. Questa Michelin, insomma, ha dato la sensazione di inseguire i talenti un po’ dappertutto, nella cara vecchia provincia italiana, dove facilmente ci si brucia meno rispetto a Milano o Roma, anche qui uscite non a caso con pochissime soddisfazioni. Come se la Rossa ci dicesse ‘Lo so quello che succede, preferisco cercare nuovi luoghi, nuove strade”. Ed ecco che si spiegano sul palco di Parma i 28enni Floriano Pellegrino del Bros a Lecce, Davide Caranchini del Materia a Cernobbio e Matteo Grandi del Degusto a San Bonifacio, il 33enne Simone Breda del Sedicesimo Secolo a Orzinuovi o ancora i tre ‘ragazzini’ del Giglio a Lucca. Tutti autori di una cucina attenta al territorio, con il tocco d’autore. Li seguiremo ma ancora più importante è che la Michelin prosegua nell’opera di rinnovamento, perché i Monumenti quando invecchiano male si sfaldano. •


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Cover Story

Antonia Klugmann, serietà e disciplina di Maurizio Bertera

La fatica degli chef è un valore da comunicare con maggior forza Come trasformare un momento triste della propria vita nel passaggio decisivo per la carriera? Ci si imbatte spesso in ‘lezioni’ motivazionali noiosissime o senza senso, mentre bisognerebbe ascoltare Antonia Klugmann, classe 1979, raccontare il suo 2005, quando per un incidente automobilistico, fu costretta a fermare per un anno la crescita che era già passata per maestri quali Bruno Barbieri e Riccardo De Prà. Una vita fa, ma Klughy – copyright di Joe Bastianich,

all’inizio non molto gradito ma ormai nickname ufficiale – non se ne dimentica. “Sono rimasta a casa per un anno: la mia attività era coltivare, raccogliere, fare passeggiate, e studiare la botanica – ricorda – ma in quel periodo ho trovato la chiave e subito dopo mi sono buttata con cuore e coraggio, come racconto nel mio libro, nell’avventura della mia vita”. Da qui in poi, è una storia nota ai gourmet: nel 2006, insieme al compagno Romano De Feo, apre l’Antico Foledor Conte Lovaria a Pavia di Udine. Ci resta quattro anni, poi sbarca in Laguna: buone esperienza al Ridotto e al Venissa dove succede a Paola Budel. “Ho ereditato un ristorante che aveva ottenuto una stella Michelin grazie al lavoro di una grande chef donna. Quando l’abbiamo confermata è stato incredibile” sottolinea. Ma prevale

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Insalata di erbe di bosco

la voglia di tornare nella sua regione, non per nascondersi ma per trovare il miglior habitat mentale e naturale per diventare ancora più brava. Non le diamo torto, perché realizzare un’intervista seduti all’aperto – tra il verde e il silenzio – non capita di frequente. Antonia, cominciamo con una puntualizzazione. Tu sei triestina, qui siamo nel Collio… La scelta ha avuto a che fare proprio con il mio essere triestina: provengo da una città di confine, aperta, in cui influenze e culture diverse si incontrano e si incrociano. A scuola non esistevano cognomi italiani e io era convinta che questa fosse la norma…La scelta di stare in campagna invece è tutta mia: nella mia famiglia non ci sono storie contadine, sono stata io da adulta a desiderarla a e oggi cerco di sfruttare al massimo le potenzialità di questa scelta. Poi, mi sono convinta con il tempo che ha molto senso gestire un locale ‘vicino al vino’. Hai impiegato tantissimo per aprire L’Argine. Come mai? Non è stato semplice, anche e soprattutto per motivi economici: non ero una cuoca ricca o famosa. Quando ho visto questo rustico e comprato il terreno a 31 anni mi davano della matta ma ero convinta. Se avessi un ristorante in città dovrei impazzire per trovare la materia prima giusta, qui passo senza problemi


Antonia Klugmann

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Cover Story dai fiori di sambuco all’edera terrestre. E poi ricevere la stella nel mio locale di proprietà, a soli 10 mesi dall’apertura, dopo aver investito cinque anni della mia vita per costruirlo, è stato ancora più straordinario. Qui il foraging non è marketing, ma pratica quotidiana. Abbiamo un ettaro di terra nostro ma i ragazzi vanno anche nel bosco, sul greto del fiume, nei prati selvatici: imparano a riconoscere le erbe e i fiori, a coltivarle, a raccoglierle e a reciderle: sono gesti che cambiano il sapore del prodotto e quindi del piatto. In pratica, è un corso di botanica applicato alla cucina. Tutti lo fanno per due ore al giorno, per sei mesi di fila, così capiscono quanto sia dura la vita del contadino. Ed è anche un impegno che rende umili e disciplinati i miei collaboratori. Un concetto quasi militaresco. Non è che la Klugmann di un tempo è entrata in modalità Cracco, quello di Hell’s Kitchen? Sarebbe un complimento detto da Carlo

Pelle di maiale

(e ride di gusto, ndr) ma non è un mio copyright. E’ un passo in avanti nella cultura di un cuoco, perché in quelle

Casa di campagna Perché L’Argine come insegna? E’ quello del torrente Judrio, 25 km di lunghezza ‘carichi’ di storia italiana ed europea, che scorre a poche decine di metri dal ristorante di ‘Klughy’ e del compagno Romano De Feo, E’ una ‘casa di campagna’ ben ristrutturata e aperta nel dicembre 2014 dopo oltre quattro anni di studio: si trova nella frazione di Vencò: 15 anime in tutto, che fanno parte del comune di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia, che ne vanta ben 387… Si arriva viaggiando tra il verde di boschi e vigneti, accolti dal sorriso della bella Vittoria – sorella di Antonia - e si mangia in un naturale silenzio, guardando il panorama bucolico da ampie vetrate. Un ambiente moderno e caldo, per una quindicina di coperti, ideato da De Feo che è anche maitre e (bravo) sommelier di una cantina che esalta i produttori locali – e per ‘locali’ intendiamo solo quelli della Venezia-Giulia e della Slovenia – fermo restando che non manca una selezione dei classici italiani e transalpini. Comunque si beve benissimo, spaziando di qua e di là dal torrente, come prova la nostra esperienza: Bjana Brut; Collio Bianco Edy Keber; Brda Kristina Keber: Sauvignon 2013 Kabaj (Brda): Vitovska 2015 MM15 Vodopivez; Schioppettino 2015 Petrussa; Prelit 2014 Damjian Pdversic, Ramandolo 2005 Feudo dei Gelsi. Il servizio è cordiale, preciso. Un orgoglio per la Klugmann . “La cosa importante è la coerenza tra il servizio di sala e il gusto del cuoco – sottolinea - per questo sono grata al mio compagno Romano che è in sala perché, non solo mi ha lasciata libera di migliorarmi e mettermi in gioco ma ha dato un servizio ai miei clienti coerente con quello che io realizzo in cucina. Siamo come due compagni che si tendono la mano e vanno avanti”.

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due ore – se hai voglia – ti poni un sacco di domande e trovi l’ispirazione giusta. Il problema è che non tutti i cuochi si fanno le domande e tanti copiano. Esattamente l’opposto di Redzepi che per me resta l’idolo assoluto, fermo restando che ultimamente i piatti di Crippa e Romito mi hanno conquistato. Perché l’idolo? Un macedone che inventa la cucina nordica: già questo fa capire quanto siano importanti le contaminazioni sociali che si ripercuotono anche sul cibo. Poi ho letto dei suoi ragionamenti sulla felicità del cuoco che si rispecchia nei piatti e mi sono ritrovata perfettamente. E non va dimenticato del luogo dove è diventato uno dei migliori al mondo, senza storia culinaria e con una materia prima incomparabile rispetto all’Italia o alla Francia. Io capisco il suo incredibile sforzo, perché l’ingrediente che mi piace crea una relazione con me. È un amante. In questo sei cambiata rispetto alla giovane cuoca dei primi articoli? No, i concetti base li ho in mente da una dozzina di anni. Semmai sto facendo


Magiche sequenze in menù Leggendo ‘Di cuore e di coraggio’ – il primo libro di Antonia Klugmann, al di là delle vicende personali non comuni per una cuoca, si evince quanto rigore, attenzione, studio, ricerca e inquietudine ci siano dietro ogni singola ricetta. “L’ho scritto per raccontare quello che per me è importante – spiega – comprese le sessanta ricette che rappresentano dodici anni della mia vita: la coerenza di un percorso che non è nato ieri ma che mi ha portato a essere quella che sono oggi. Sono lo specchio più sincero che io ho per rappresentarmi, non esiste una fotografia migliore di me rispetto alle ricette. Perchè sono figlie mie, rivelano le culture contenute dentro di me”. In effetti, quella della Klugmann è una cucina di grandissima personalità, troppo facilmente etichettata come vegetale. In realtà c’è tutto, fermo restando la mano felice della cuoca su quanto arriva dall’orto e dal bosco. L’Argine propone tre menu degustazione, volendo con abbinamento dei vini che consigliamo sempre per la qualità della cantina. La Piccola Carta è con cinque portate (70 euro), Il Nostro Menù con sei (85 euro) e Territorio: Vita in Movimento con dieci (110 euro). La versione autunnale offre questa (magica) sequenza di piatti: Cicala di mare, rucola;- Testa di calamaro, castagna e crescione; Semi amaranto e girasole, Millefoglie di zucchine fritta, tapioca, aglio, olio, peperoncino; Bottarga salsa di acciughe, liquirizia, uova di pesce e lupini; Gnocchi di rapa rossa prugna e rosa; Frolla integrale montata, paté di fegato di vitello e caco; Ravioli alle mandorle, cotogna e cicoria dal nostro orto; Lumache brasate, frittata alle erbe e maionese; Gelato di pane di pasta madre e sorbetto all’uva fragola. “Credo che la mia cucina sia tecnicamente semplice, non è solo per gourmet preparati. Io cucino per come mi piace mangiare. Essendo io il mio peggior cliente sono sempre in continua discussione rispetto a quello che faccio” è la chiosa della Klugmann, come sempre sensibile e profonda. passi in avanti importanti, grazie a una brigata più ampia e preparata. Sono sempre in linea ma non lavoro più in emergenza e questo cambia davvero il modo di cucinare: sei meno stressata, hai tempo per provare nuovi piatti, ragioni sui menu. Camanini, che è bravissimo, me lo ha sempre detto: ‘Quando potrai assumere dei ragazzi e avere un ritmo costante, cambierai il ristorante’. Vero, verissimo. Sei considerata la maestra della cucina vegetariana, naturale allargando il campo. A che punto siamo in Italia sul tema? Siamo più fortunati di gran parte degli altri Paesi, pensando a quanto offre il nostro territorio come varietà, stagionalità, microclimi. Eppure a livello internazionale, non viene capito come meriterebbe il nostro approccio al vegetale. C’è maggiore attenzione su altri filoni, per quanto rispettabili. Noi abbiamo uno stile che fa del vegetale un asse portante, un filo conduttore del gusto nel rispetto totale di una filosofia in cui ogni spreco è bandito.

A proposito del ruolo di cuoco moderno, abbiamo letto sul sito di Identità Golose che hai un cruccio sull’argomento E’ vero. Sono convinta che i cuochi in questi anni non siano riusciti a comunicare in modo efficace, forte, quale sia lo sforzo - mentale, fisico, di ore di lavoro - che si richiede a chi vuole interpretare la cucina come proviamo a fare noi. Non siamo riusciti a spiegare perché sia necessaria una tale fatica, né come questo impegno poi impatti sul costo finale del piatto. Ci si interroga sempre sulla provenienza delle materie prime, sul costo degli ingredienti. E invece? Credo che si pensi troppo poco al valore aggiunto rappresentato dalla conoscenza del cuoco e dal lavoro manuale di tutta l’equipe di una cucina. Sia chiaro, è molto difficile perché mi sembra sempre che i giovani non studino abbastanza, siano un po’ fuori dal mondo in cui vivono. E obiettivamente non mi sento in grado di indicare a loro la rotta. Vuoi perché non

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esiste una regola universale e magari chi si trova male da me lavorerà benissimo con un altro chef e viceversa. Vuoi perché il nostro è un lavoro durissimo in città, figuriamoci a Vencò: in estate ci è capitato di cucinare a 45° e in inverno – a causa di un meno 15° - a volte si portava il piumino sotto la giubba da cuoco. Parliamo di donne in cucina? Esserlo rappresenta un fattore di selezione. Come donna ci tengo a sottolineare come le ore di lavoro necessarie per essere competitivi a certi livelli siano uno dei motivi per cui risulta più difficile per noi eccellere in questo contesto. Soprattutto dopo una certa età, il fatto che a una donna venga chiesto di stare 12 o 14 ore al giorno in una struttura, magari non di proprietà, diventa un vincolo per la carriera. Ma vale per molti altri lavori, sia chiaro. Domanda scontata, impossibile da evitare: quali considerazioni fai sulla tua esperienza a Masterchef a un anno di distanza? E’ stata importante: intanto perché mi ha permesso di mettermi nuovamente in discussione, mi sono connessa con una realtà nuova e più ampia e non mi sono assolutamente pentita della scelta. Poi perché uscire per due mesi da quel mondo molto concentrato in cui noi cuochi ci troviamo a vivere, per fare qualcosa di completamente diverso è stato davvero arricchente. Infine Masterchef mi ha fatto anche prendere coscienza della mia anima femminile. Messaggio finale, Antonia? Lanciamolo ai giovani cuochi, quelli che come te al terzo anno di Statale a Milano, pensavano a un altro lavoro, non erano figli d’arte e per un corso di cucina hanno avuto la folgorazione. Devi rimanere curioso, non devi accontentarti del primo successo. A me non piace vedere un giovane che si ‘siede’. Il bravo cuoco deve mettersi continuamente in discussione, essere sempre alla ricerca di qualcosa. •


Protagonisti Food

Enrico Croatti, stella anche in Spagna di Luisa Contri

Riconoscimento Michelin al ristorante italiano Orobianco, a Calpe: una soddisfazione per il giovane chef riminese “Aver conquistato insieme alla mia squadra la stella all’estero, con una cucina italiana al 100%, anche se originale, unica, mia, è un risultato che mi inorgoglisce”, dichiara a Bartù Enrico Croatti. “Salire sul palco del padiglione Carlos Lopez, a Lisbona, per il galà della Guida Michelin 2019 il 21 novembre scorso, è stato forse ancor più emozionante della prima volta, nel 2013, quando lo feci per la stella al Dolomieu di Madonna di Campiglio, il ristorante del DV Boutique Hotel, a cui la rossa ha confermato anche nel 2019 la stella. Rappresentare l’Italia in un paese fantastico come la Spagna, che a livello gastronomico è stato avanguardista nel rompere gli schemi, per un cuoco come me, che ama fare una cucina italiana contemporanea, diversa, è veramente un grande onore”. Conversando con lo chef, in effetti, risulta evidente che per lui la stella Michelin non era e non è “l’obiettivo da raggiungere”. Non lo è stato al tempo del Dolomieu e non lo è col nuovo ristorante gastronomico Orobianco, che ha aperto il 5 giugno 2015 sulla collina alle spalle di Calpe, di fronte al mare e alla rocca d’Ifach. È piuttosto il riconoscimento del gran lavoro fatto, e che continua a fare, di studio delle tradizioni gastronomiche italiane (e non solo di quelle), del perché un piatto era fatto in un certo modo in

Enrico Croatti

passato e di come lo si fa ora, dei singoli ingredienti. La stella Michelin, insomma, la vive come lo sprone a fare tanto altro. E a farlo ancora meglio. Non per niente, la stella coglie Croatti impegnato a progettare il suo nuovo ristorante di Milano, che aprirà a primavera prossima. Su questo nuovo progetto non vuole sbilanciarsi molto. È ancora

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presto per parlarne, si schernisce Croatti. Quello che è certo è che, accanto a lui, anche nella nuova avventura, ci sarà un altro romagnolo, Ferdinando Bernardi, lo chef di cucina di Orobianco che è stato complice di Croatti nell’apertura del ristorante spagnolo, ma già nell’ottenere la stella al Dolomieu. “A noi”, spiega lo chef, “non interessa fare troppe cose.


La terrazza e la sala del ristorante Orobianco

Avere due ristoranti sarà un grande impegno, una grossa responsabilità. Ma in questi anni siamo riusciti a costruire degli equilibri, un team affiatato che sarà fondamentale per aprire a Milano e, al contempo, per mantenere una costanza e una disciplina nel quotidiano all’Orobianco. La mia fortuna è che avrò degli chef di cucina che saranno dento

i progetti con me e che mi aiuteranno a mantenere la perfezione di quello che è la nostra idea di cucina”. Altra anticipazione che Artù riesce a strappare a Croatti è che il nuovo ristorante milanese non sarà un clone dell’Orobianco. “Non m’interessa fare una catena, un copia incolla”, afferma. “I due ristoranti avranno menù diversi,

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non saranno dei vasi comunicanti. Certo, anche a Milano, proporremo alcuni piatti icona della mia cucina, come per esempio il Tiramisù di Mamma Franca, che i miei ospiti si aspettano di trovare. Per il resto i due locali saranno contenitori totalmente differenti, con contenuti differenti, seppure saranno fedeli alla medesima filosofia di cucina. A Milano


Protagonisti Food

la carta celebrerà il ritorno alla mia terra, alla mia cultura gastronomica. Si noterà un’influenza romagnola, in una modalità però molto futuristica. Sarà un esperimento interessante, in cui metteremo anima e cuore e ore e ore di studio, come è già stato per Orobianco e per il Dolomieu”. Di più del nuovo locale per ora non è dato sapere, anche perché il menù Croatti comincerà a studiarlo

dopo Natale. Tornando all’oggi e alla stella Michelin, Croatti, sempre pronto alla battuta, scherzosamente dice che gliel’hanno data per Orobianco forse perché alla Rossa gliene avanzava una. Una sola, comunque, non gli basta. La sua ambizione, ma anche quella del suo team, è tanta. Di stelle quindi vorrebbero arrivare ad averne quattro, se si potesse. Tornando serio, Croatti si spiega il riconoscimento della Guida Michelin col fatto che gli ispettori, nel suo progetto di cucina e, più complessivamente, nel servizio che offre il suo ristorante, hanno constatato la sussistenza d’una logica ben precisa, di fondamenta solide, di concretezza e costanza. Hanno riconosciuto il suo impegno nel valorizzare la cucina italiana fuori dall’Italia. “Di ristoranti italiani è pieno il mondo”, chiosa Croatti. “Troppe volte, però, sono percepiti come locali che propongono soltanto pasta e pizza. Il mio obiettivo e quello della mia squadra a Orobianco è far capire che la cucina italiana è molto altro. Che da Nord a Sud ha una gran-

Filetto alla Rossini

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Agnolotti neri ripieni di triglie della costa mantecate crude, salsa di scorfano, crostacei e frutti di mare al nero di seppia

dissima varietà da offrire. Che non è per nulla banale”. Valorizzare la cucina italiana all’estero non è proprio semplice. “Per fortuna”, dice Croatti, “operando sulla Costa Blanca, il mercato locale mi mette a disposizione prodotti fantastici, a partire dai quali posso fare piatti dal dna al 100% italiano, anche se la materia prima è spagnola. Il segreto della mia cucina potrebbe sintetizzarsi nell’utilizzo di materie prime eccellenti, nel lavorarle con serietà e secondo logica. Nel partire sempre da quello che gli altri chef non possono copiarmi, così che la mia cucina sia diversa. Così da generare quello che chiamo effetto whow”. Nel concepire un piatto, Croatti s’ispira sempre alla tradizione, ai sapori della sua Romagna, anche se non solo a quelli. “Nella mia testa”, spiega lo chef, “ci sono le tagliatelle di mia mamma, i cappelletti in brodo, i passatelli, le lasagne. Sono quelli i ricordi da cui parto. Certo poi sono andato anche oltre. Grazie a una crescita, a una maturità professionale che penso d’aver raggiunto, avendo cominciato a lavorare giovanissimo, a 14 anni, sono riuscito a mettere a punto


una mia cucina, fatta con una logica, con lo studio, con un pizzico di creatività e anche, a volte, rompendo gli schemi”. Per far comprendere cosa intende per cucina italiana contemporanea diversa, che segue una logica e che a volte rompe gli schemi, Croatti porta il suo interlocutore a ripercorrere la sua esperienza professionale. “Nei miei piatti”, racconta lo chef, “ci sono io, non c’è il mio incontro con Paul Bocouse, con Gino Angelini, con la creatività spagnola. C’è quella prima tagliatella toccata a 12 anni, c’è il rispetto per il cibo che ho imparato a casa da piccolo. Quando un tre stelle spagnolo assaggia un mio piatto, mi fa i complimenti e pende spunto da me, un cuoco giovane, ne deduco che sono andato oltre l’esperienza francese, spagnola o americana perché ci ho messo qualcosa di mio. La mia tagliatella al ragù può essere più o meno buona di un’altra, ma è la mia. Dentro ci sono i valori che mi ha trasmesso la mia famiglia, ci sono le mie tradizioni, la mia terra. C’è lo studio della pasta, del ragù. Quando un ospite mi dice che la tagliatella ai funghi, il piatto che pensava più banale nel mio

menù degustazione, è quello che lo ha entusiasmato di più, che ha generato l’effetto whow, mi viene la pelle d’oca. Capisco che tutto il lavoro che c’è dietro quel piatto, di pensiero, di perfezionamento nell’esecuzione, si è tradotto in un risultato finale che fa la differenza”. Quella tagliatella, lascia intendere Croatti, è tutto meno che banale. E tanto meno sarà facile da copiare. Per far sì che abbia il sapore e la consistenza che lo chef ha in mente, è realizzata utilizzando tre grani diversi, è lavorata a mano, è fatta asciugare in modo che assuma una certa rugosità in superficie. È cotta in un’acqua di parmigiano perché prenda l’aroma del parmigiano stagionato e mantecata con sugo di pollo arrosto per prendere quel gradevole sapore di tostato del pollo arrosto quando s’è un po’ bruciacchiato negli angoli del tegame. Neppure il sugo di funghi è banale. Per farlo Croatti ne impiega ben sette tipi diversi, non soltanto i porcini, insomma, ma anche funghi giapponesi e spagnoli, e li lavora con una tecnica

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orientale, ossia li scotta appena in un olio profumato con erbe. Quando Coratti parla di rottura schemi sottolinea che nel suo menu ci possono essere piatti classici come gli agnolotti piemontesi, che di classico hanno però soltanto la forma, perché al loro interno può esserci il mondo, la stagionalità. E ci sono anche piatti di sua concezione come l’Involtino di calamaro e lepre, frutto della sua personale passione sia per il calamaro, che mangerebbe in tutte le salse e che ha studiato in ogni suo aspetto, sia per la cacciagione, che ha portato nel menù di Orobianco quando è stagione. Entrambi i piatti sono il risultato di uno studio sui sapori, sulle consistenze. “Il Bis di agnolotti, che propongo dal 2015”, spiega Croatti, “è costituito da due varietà d’agnolotti: uno con ripieno vegetale e uno con ripieno di carne, i cui sapori si sposano perfettamente, tanto che molti chef spagnoli hanno cercato di riprodurlo. L’involtino di calamaro e lepre è invece un carpaccio di calamaro, dalla consistenza burrosa grazie alla tecnica di taglio giapponese che ho fatto mia, che avvolge come in un involtino un filettino di lepre, lavorato come se fosse una carne salada trentina. Il tutto servito su una soupe d’oignon”. Nonostante l’indubbia capacità, Croatti confessa d’avere un ingrediente tabù, che non è ancora riuscito a dominare pur essendone profondamente affasciato: la melanzana. “Sono un onnivoro”, afferma lo chef. “Ritengo di avere un palato aperto a 360 gradi. Eppure fin da bambino non riesco a mangiare le melanzane. In tanti anni di cucina sono entrate nei miei menu al massimo tre volte e ci sono rimaste per poco tempo. Sarà per il fatto che il mio palato non riesce ad assorbirle, ma la mia vena creativa, il mio pensiero non riesce a sviluppare quest’ingrediente nella sua massima espressione. Chissà però che a Milano non riesca a portare una melanzana alla parmigiana di fattura romagnola!”. •


Protagonisti Food

Carbone: il Buon Ricordo riparte all’attacco

Artisti di Cappella de’ Picenardi (Cr), Domenico De Gregorio del Ristorante Lo Stuzzichino di Sant’Agata sui Due Golfi (Na), Genuino Del Duca del Ristorante Enoteca Del Duca di Volterra (Pi), Franco Marini del Ristorante Là di Moret di Udine (Ud) e Massimiliano Masuelli della Trattoria Masuelli S. Marco di Milano. Per la prima volta nella sua storia, il Buon Ricordo ha alla vicepresidenza una donna, Giovanna Guidetti dell’Osteria La Fefa di Finale Emilia (Mo). Come Segretario generale operativo è stato scelto, dal Presidente, Luciano Spigaroli del Ristorante Al Cavallino Bianco di Polesine Parmense (Pr). Con 54 anni d’età, un centinaio di insegne, di cui una decina all’estero, dal 1964 l’Unione Ristoranti del Buon Ricordo salvaguarda e valorizza le tante tradizioni e culture gastronomiche del nostro Paese, accomunando sotto l’egida della cucina del territorio (a quei tempi scarsamente considerata) ristoranti e trattorie di campagna e di città, dal Nord al Sud. Nel 1964 quella del Buon Ricordo è stata la prima associazione selettiva di imprenditori della ristorazione e ancor oggi è la più nota tra i consumatori. A caratterizzare ciascun ristorante, e a creare fra loro un trait d’union, è oggi come un tempo il piatto-simbolo dipinto

di Theo Smith

Nuova presidenza per la prestigiosa associazione, che compirà 55 anni di vita in questo 2019 Cesare Carbone, 43 anni, del Ristorante Manuelina di Recco (Ge) è il nuovo Presidente dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo. Ad affiancarlo, nei prossimi 3 anni, sarà il Consiglio direttivo composta da Vincenzo Barbieri del Ristorante Barbieri di Altomonte (Cs), Carlo Bianconi del Ristorante Granaro del Monte di Norcia (Pg), Giorgio Borin del Ristorante La Montanella di Arquà Petrarca (Pd), Sergio Carboni della Locanda Degli

Cesare Carbone

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a mano dagli artigiani della Ceramica Artistica Solimene di Vietri sul Mare su cui è effigiata la specialità del locale, che viene donato agli ospiti in memoria di una piacevole esperienza gastronomica da ricordare. Nel loro insieme, ristoranti e trattorie associati rappresentano, con la varietà straordinaria delle loro cucine, il ricchissimo mosaico della gastronomia italiana. “Siamo consapevoli dell’importanza dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo per la gastronomia italiana: è stata la prima associazione fra ristoratori nata in Italia, nel lontano 1964, e ha fatto veramente la storia della nostra ristorazione di qualità, difendendo e valorizzando - quando non era assolutamente di moda e non si aveva la consapevolezza del loro grande valore gastronomico e culturale - le peculiarità delle tante e diverse cucine della penisola, che rischiavano di diventare marginali, se non addirittura a volte scomparire” dice Cesare Carbone. “Siamo però anche consci che il mondo della ristorazione in questi anni è radicalmente cambiato, e sta cambiando significativamente anche ora – prosegue- stiamo perciò già lavorando at-

torno a nuovi spunti che ci permettano di intercettare tendenze e richieste del mercato, per continuare ad essere interpreti della migliore cucina di qualità e dell’accoglienza Made in Italy e dare al Buon Ricordo una veste contemporanea. Il tutto, rinsaldando sempre di più quel forte legame di amicizia che ci lega: siamo un gruppo di amici con lavorano insieme, con filosofia e obbiettivi comuni.” Fra i primi progetti, la presenza ad eventi, importanti partnership e il rilancio dell’associazione all’estero, proprio per valorizzare il meglio della più autentica

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e rigorosa cucina italiana oltre confine. E l’organizzazione di appuntamenti che, nel nome del Buon Ricordo, uniranno a tavola tutt’Italia, da Nord alle isole. “Come Un prodotto, 100 chef, un Buon Ricordo, la grande kermesse autunnale che abbiamo deciso di dedicare ogni anno ad uno dei prodotti dell’agricoltura italiana, in occasione della Settimana della Cucina Italiana nel mondo. Siamo partiti con la zucca, protagonista assoluta di uno speciale Menu degustazione che i nostri ristoranti hanno tenuto in carta dal 16 al 25 novembre. Ai commensali è stato regalato, come nostra tradizione, un piatto dipinto a mano dagli artigiani delle Ceramiche Solimene di Vietri sul mare, su cui campeggia una coloratissima. La serata d’apertura della rassegna è stata anche l’occasione per festeggiare il 124°compleanno del Touring Club Italiano (di cui siamo storicamente partner), con una simbolica tavolata da Nord a Sud della penisola.” “Abbiamo molte richieste da parte di nuovi ristoranti che vogliono entrare nel Buon Ricordo – continua il presidente- Ne siamo felici ed orgogliosi. In dicembre abbiamo presentato i nuovi associati nel corso di una serata di gala a Milano, in un grande loft di via Mecenate: presenti in massa, per festeggiare le new entry, ma anche per illustrare il nuovo corso della nostra associazione e il programma 2019.” “L’appuntamento di Milano – conclude – è stata l’occasione per presentare anche i nostri nuovi partner, importanti realtà nazionali ci affiancano aiutandoci nei nostri progetti futuri. Il loro nome è vicino al nostro per promuovere il meglio dell’enogastronomia italiana. Nomi altisonanti che ci rendono davvero orgogliosi. Ve li anticipo: Arte Olearia Coppini, Consorzio Franciacorta, Consorzio Parmigiano Reggiano, Ferrarelle, Illy Caffè, Nonino Distillatori in Friuli dal 1897, Zanussi. Per ora mi fermo qui, ma nei prossimi mesi vi saranno altre ghiotte sorprese.” •


Protagonisti Food Rasmus Munk

The Alchemist, il talento di Rasmus Munk 44

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Gioiello dell’offerta food&drink di Copenhagen, il locale è un’icona di eccellenza di Gualtiero Spotti Lo scorso anno, di questi tempi, l’intero mondo della gastronomia era concentrato sulla riapertura a Copenhagen del Noma di René Redzepi, con la curiosità di una nuova formula e della ripartenza dopo un anno sabbatico trascorso tra pop up restaurant e progetti paralleli. L’inizio del 2019 della capitale danese offre però ancora spunti e occasioni di discussione, legate questa volta alla nuova avventura di The Alchemist, il ristorante di Rasmus Munk, la cui inaugurazione della nuova sede, nel vivace quartiere di Refshalevej, è prevista tra gennaio e febbraio e ha i contorni dell’evento cui è impossibile mancare. Un po’ per le qualità indiscusse della cucina, provocatoria e moderna, con richiami considerevoli verso la “molecolare” d’avanguardia, e un po’ per l’idea di un luogo multifunzione davvero grandioso nelle dimensioni, che unisce arte ed entertainment quindi non indirizzato solo a una clientela di foodies, ma con una proposta molto più articolata. Per intenderci, il ristorante avrà una cucina a vista con un vetro coperto da un film che crea un ombra quando i cuochi si muovono (ispirato da un’opera dell’artista Olafur Eliasson intitolata Multiple Shadow House), ed è solo una delle tante curiosità del nuovo Alchemist, pronto a rivelare la sua anima legata a un esperienza sensoriale dell’ospite. E sin dall’ingresso, visto che la pesante porta in bronzo è stata disegnata da un altro artista nordico di fama, la danese Maria Rubinke. Poi, durante la cena, gli ospiti verranno accompagnati in un lungo e impegnativo percorso attraverso diverse stanze (tra le cinque e le sette in totale) che saranno caratterizzate da numerose installazioni, sino alla stanza conclusiva dedicata ai dessert. Senza contare i due

Una delle provocazioni dello chef: Posacenere con crema di porri, patata essiccata e cenere di porri

bar e lounge previsti, nei quali rilassarsi. Un’idea davvero originale, quella della cena itinerante, che in parte ha già sperimentato il ristorante Coque dei fratelli Sandoval a Madrid, ma solo per gli snack di inizio serata e prima di sedersi a un tavolo per la cena vera e propria. Senza però il grandioso corollario di arte e creatività che invece Rasmus Munk vuole mettere qui in campo. “E’ una visione che avevo già da tempo” ammette il cuoco” perché nel vecchio ristorante riuscivo a sviluppare solo il 10 per cento delle mie idee, e volevo fortemente uscire dai limiti fisici di un normale ristorante. Voglio abbracciare tutti i sensi con un

Tartare di cuore d’agnello

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concetto di cucina olistica che supera l’idea del pasto e riesce ad andare oltre il piatto”. Un progetto dunque ambizioso e impegnativo, forse anche per gli ospiti stessi, visto che il percorso gastronomico prevede nella nuova formula ben 50 assaggi (avete letto bene) durante la cena, prevista su una distanza complessiva tra le 3 e le 5 ore. “Si ma” dice Munk “un assaggio in realtà può anche essere un semplice boccone, o magari una semplice fragranza. Di sicuro il cliente rimarrà appagato dal cibo anche nelle quantità, ma senza risultare appesantito al momento di tornarsene a casa”. Il pairing delle 50 portate potrà essere di natura


Protagonisti Food alcolica (e la cantina presenterà circa 10mila bottiglie) oppure con classici juices e bevande ormai frequenti nei ristoranti non solo nordici, quali kombucha, kefir, te o sidro, tutti quanti fatti in casa. Se la ricerca della composizione dell’oro attraverso la tavola degli elementi era la fonte di ispirazione del vecchio Alchemist, che aveva aperto i battenti in Arhusgade nell’ottobre del 2015, oggi ci

si è mossi verso un approccio più contemporaneo e meno Nodic style, almeno nell’ambiente, con supporti tecnologici all’avanguardia e la creatività dei designer a farla da padrone. Per il 28enne astro emergente della cucina nordica cresciuto nello Jutland, che ha saputo

stupire e provocare (nonché far riflettere) portando in tavola un Posacenere che conteneva una crema di porri con patata essiccata e cenere di porri (ma preparata anche in altre versioni, con pomodori essiccati e granchio reale, ad esempio), vari tipi di insetti, i finti vermi in gelatina

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da pescare in una terra edibile, un piatto di Tartare di cuore di agnello posizionata all’interno di un altro cuore di agnello aperto in due e la Mammella di una mucca accompagnata ironicamente da una schiuma di latte, c’è ora da aspettarsi preparazioni altrettanto sorprendenti, se non di più. Rasmus Munk ha stilato, in previsione dell’apertura, una sua personale lista di punti cardine imprescindibili per presentare la sua nuova visione di cucina olistica, tra questi un approccio etico e sostenibile, l’attenzione verso la biodiversità, stimolare la conoscenza di società e culture diverse attraverso il cibo e al tempo stesso rompere gli schemi di un pasto attraverso l’interazione di diverse arti. Un alchimista ambizioso, dunque, che forse non a caso ha scelto Copenhagen come luogo d’elezione adatto per investire nelle proprie idee. Solo il tempo dirà se Rasmus Munk ha trovato sulla sua strada la mitica pietra filosofale, nel quartiere che più di ogni altro sta movimentando la scena gastronomica locale. E dove non certo a caso si è trasferito anche il Noma da un anno a questa parte. •



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BAR, ALBERGHI, RISTORANTI: DIVERSIFICARE CHE PASSIONE L’alto livello dei contenuti espressi lo scorso novembre, durante la nostra due giorni al Melià di Milano, con tema “La Passione”, ha suscitato un grande interesse, al punto da richiamare la curiosità dell’universo dei professional, ma anche da parte del cosiddetto “extrasettore”. La qualità dei relatori, insieme alla presenza di molte aziende che credono nel nostro progetto, ha trasformato l’appuntamento milanese in una tappa obbligata di aggiornamento, dibattito, approfondimento sui grandi temi dell’offerta di bar, alberghi, ristoranti, nei quali la passione è valore fondamentale. In questo numero di BARtù pubblichiamo una prima carrellata con nomi, volti e tematiche protagoniste della scena. Sul prossimo numero concluderemo la fotocronaca, dando spazio agli altri relatori. Intanto, pubblichiamo anche tutti i premiati durante la serata di gala (Premi alla Passione), con alcune immagini relative alle nostre aziende partner. Arrivederci al prossimo numero con le altre immagini!

Lino Stoppani, PRESIDENTE FIPE “DIVERSIFICARE IN UN MERCATO COMPLESSO”

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Elio Sironi, CHEF CERESIO 7 “LE MOLTE FACCE DI UN BRAND DI SUCCESSO COMPLESSO”

Sergio Mei, CHEF, CONSULENTE DI RISTORAZIONE, “ESPERIENZA E PASSIONE NEL SAPER DIVERSIFICARE L’OFFERTA”

Enrico Buonocore,

Cesare Carbone,

IMPRENDITORE DELLA RISTORAZIONE “UN MAESTRO DI DIVERSIFICAZIONI CHE METTE LA PASSIONE AL PRIMO POSTO”

IMPRENDITORE DELLA RISTORAZIONE “COME HO CREATO NUOVI FORMAT NEL B.A.R”

Alessandro Fadda, COORDINATORE CORSO MANAGER DELLA RISTORAZIONE ALMA, “FORMIAMO FIGURE PROFESSIONALI PER I MERCATI DI DOMANI”

Daniel Canzian, CHEF DANIEL “FOOD & DRINK: IL TALENTO È TRASVERSALE ALL’OFFERTA”

Luigi Taglienti,

Angelo Foresti,

CHEF LUME “HERITAGE MEETS EVOLUTION”

IMPRENDITORE DELL’OSPITALITÀ, “LA PRIORITÀ DEL TERRITORIO NEI VARI SEGMENTI DELL’OFFERTA”

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SERVICE, FACCIAMOLO DIVENTARE SAPIENS

Carlo Pierato, RESTAURANT MANAGER, “LE DISCIPLINE NECESSARIE ALL’ACCOGLIENZA”

Dominga Cotarella, PRESIDENTE E FONDATRICE DI “INTRECCI”, “PASSIONE E DISCIPLINA: IL TALENTO È TRASVERSALE”

Donatella Lessio, ARTISTA DI TEATRO, “IL SOTTILE GESTO DELL’IO, SAPERSI PORRE DI FRONTE ALL’ALTRO”

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Elena Colombo, CONSULENTE D’IMMAGINE, “COMUNICARE ANCHE ATTRAVERSO L’IMMAGINE”

Ciro Raineri, BUTLER AND HOUSEKEEPING SUPERVISOR, “I PROTOCOLLI DELL’ACCOGLIENZA”

Lorenzo Paoli, COACHING FOR PEAK PERFORMANCE HABITS “RENDERE EFFICACI LE ABITUDINI AIUTA A MIGLIORARE IL LAVORO”

LO STAFF EDIFIS AL RECEPTION DESK

Luca Brambilla, DOCENTE DI SOFT SKILLS NEUROSCIENTIFICHE “SOFT SKILLS: SCIENZA E MISTERO NELLE RELAZIONI FRA GLI INDIVIDUI”

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LE MILLE FORME DEL BAR

Barbara Rohner, GENERAL MANAGER MAGNA PARS SUITES, “LUOGO DI INCONTRO CONVIVIALE, NON SOLO DI MESCITA”

Giuseppe Dondoni,

Giancarlo Marena,

ARCHITETTO, “BAR, SAPERLO PROGETTARE IN FUNZIONE DI FORMAT E CONCEPT”

MAÌTRE PRAIA ART RESORT, “SUGGERIRE IL DRINK IDEALE PER LA CLIENTELA DEL RESORT”

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Domenico Gattullo, TITOLARE BAR PASTICCERIA GATTULLO “PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEL BAR TRADIZIONALE ITALIANO”

Nicola Ultimo, F&B MANAGER PARK HYATT, “BAR MODERNO: NON SOLO AMBIENTE, MA EMPATIA CON IL CLIENTE”

L’APERITIVO AL MELIÀ PRIMA DEL GALA DINNER

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CAFFÈ, PASSIONE PER L’ESPRESSO, E POI?

Oscar Cavallera, FO.BE.CO., “IL CAFFÈ AL RISTORANTE, ULTIMO SALUTO DELLA CUCINA”

Massimo Bonini, ARTIGIANO TORREFATTORE, “IL SENSO DEL CAFFÈ: UN ARTIGIANO-FORMATORE SI RACCONTA”

Renato Bossi, MARKET DEVELOPMENT MANAGER MILANI, “LO SVILUPPO DEI CONSUMI DI CAFFÈ NEL CANALE HO.RE.CA”

Elisabetta Paviglianiti, HEAD-BARISTA COFFICINA “L’ESPERIENZA DI COFFEE ROASTER NEL CUORE DI MILANO”

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MIXOLOGY: MODA, TENDENZA O DOMANDA DEL MERCATO Marco Gheza, BAR MANAGER IL SERENO, “L’ESPERIENZA DI BARTENDER NELLA LUXURY DESTINATION”

Filippo Sisti,

Carlo Romito,

BARTENDER, TITOLARE TALEA, “AL FOOD PAIRING PREFERISCO IL DRINK-PIATTO”

PRESIDENTE DI SOLIDUS “SINERGIA FRA TUTTE LE CATEGORIE PROFESSIONALI”

Fabio Bacchi, BAR MANAGER, BARTALES, “LA CULTURA DELLA MIXOLOGY: DA COSA NASCE LA PASSIONE”

Alberto Tasinato, Guglielmo Miriello, BAR MANAGER CERESIO 7, “IL BARTENDER CONTEMPORANEO GUARDA SEMPRE AVANTI”

MANAGING DIRECTOR L’ALCHIMIA, “DA RESTAURANT MANAGER A PATRON TRASVERSALE”

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HOTEL, QUANDO LA PASSIONE CREA DESTINAZIONE Andrea Luri, GENERAL MANAGER, “LA RIQUALIFICAZIONE IN CHIAVE DI EXIT STRATEGY”

Alessandro Misani, GENERAL MANAGER ME MILAN IL DUCA, “MELIÀ HOTELS, PERCHÉ NON BASTA DIRE CATENA”

Tany Nardi, GENERAL MANAGER HOTEL DE LA VILLE, SMALL LUXURY HOTELS OF THE WORLD, “UN ESEMPIO DI PASSIONE NELLA RISTORAZIONE ALBERGHIERA DI QUALITÀ”

Andrea Camesasca, GENERAL MANAGER IL CORAZZIERE, “IL RISULTATO FINALE NASCE DA QUANTA PASSIONE SI METTE NELL’IMPRESA”

Damiano De Crescenzo,

MANAGING DIRECTOR PLANETARIA HOTELS, “GLI ASPETTI UMANI NELLA GESTIONE MANAGERIALE DEL HOTEL”

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RISTORANTE IN ALBERGO, LA PASSIONE INDISPENSABILE Charlotte Droulers, RESTAURANT NETWORK MANAGER LES COLLECTIONNEURS, “ALBERGO O RISTORANTE? IL CLIENTE VUOLE VIVERE UN’ESPERIENZA TOTALE”

Carmine Buonanno, CHEF OSSIMORO, GRAN MELÌA ROME, “GUIDARE UNA BRIGATA DI CUCINA ALL’INTERNO DI UNA GRANDE STRUTTURA CAPITOLINA”

Piero Marzot, TITOLARE TURIN PALACE HOTEL, “L’OFFERTA DI RISTORAZIONE RAFFORZA LE PERFORMANCE DELL’HOTEL”

Emanuele Gnemmi, AMMINISTRATORE, RESTAURANT MANAGEMENT CONSULTING, “COLTIVARE LA PASSIONE NELLA FASE FORMATIVA DEL FUTURO PROFESSIONISTA”

Fabrizio Ferrari, CHEF, “ESPERIENZE STELLATE CON UN SOLO DENOMI NATORE, LA PASSIONE”

Nel prossimo numero di BARtù pubblicheremo la fotocronaca delle altre tavole rotonde svoltesi durante BARtù2018 - LA PASSIONE

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CENA DI GALA E PREMIAZIONE Damiano De Crescenzo, PLANETARIA HOTELS “La sua visione, sempre sorretta da passione, ha portato a risultati sorprendenti”

UN MOMENTO DELLA CONSEGNA DEI “PREMI ALLA PASSIONE”

Famiglia Gattullo, BAR PASTICCERIA GATTULLO ”Un riferimento storico, in cui il passaggio generazionale è sempre sinonimo di qualità”

Massimiliano Masuelli, TRATTORIA MASUELLI “Continuità, impegno e passione sono testimoni di una storia di successo

Alberto Tasinato, ALCHIMIA, RISTORANTE E LOUNGE BAR “Esperienza e passione intellettuale sono gli ingredienti di un successo duraturo”

Vìto De Feudis, L’ALTRO BAR “Selezionatore appassionato di vini, sa trasmettere il suo amore per la qualità”

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Charlotte Droulers,

L’AMMINISTRATORE DELEGATO DI EDIFIS, ANDREA AIELLO, INTRODUCE LA SERATA DI GALA

LES COLLECTIONEURS “Mette la passione e lo stile al servizio della migliore ospitalità internazionale”

Barbara Buonamici, RISTORANTE IL PORTO “Per il suo stile e per la raffinata attenzione ai dettagli nella sua attività di ristoratrice moderna”

Edi Bequia, PIER 52 Motivazione: “Passione e impegno alla base del successo di un ristorante fuori dagli schemi”

Daniel Facen, CHEF “Passione e talento: attenzione esasperata ai dettagli, selezione della migliore materia”

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Maida Mercuri,

Piero Marzot,

PONT DE FERR “Passione e entusiasmo caratterizzano la sua storica conduzione”

HOTEL SPADARI AL DUOMO, TURIN PALACE “Cultura e passione sono i valori che lo muovono nelle sue imprese di ospitalità”

Davide Longoni, IMPRENDITORE “Un professionista del pane e del caffè, la cui proverbiale passione contribuisce all’evoluzione del settore”

Marco Gheza SERENO, BERTON AL LAGO “Bartender coraggioso e audace nelle sue creazioni, ha fatto innamorare la clientela”

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Carlo Pierato, RESTAURANT MANAGER GRAND HOTEL VILLA SERBELLONI “Una dedizione rigorosa e scientifica verso la gestione del cliente”


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GLI SPONSOR DELL’EVENTO ROYALE

VEUVE CLICQUOT, LVMH

FONTE PLOSE

CAFFÈ MILANI

SKY

DÉLIFRANCE

MEZZACORONA

STOCK

WEGA VIA DELL’ABBONDANZA

LUCART

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Focus Alberghi

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Lo charme dell’Orfila attira e conquista di Gualtiero Spotti

Dalla cucina al cocktail bar, lo stile dell’hotel madrileno conquista la clientela luxury Pochi alberghi sanno trasportarci in un mondo lontano, fatto di stile ed eleganza un po’ retrò, e che, soprattutto, riescono a non cadere nell’eccessiva decadenza o nell’equivoco di dover a tutti i costi avvicinarsi alle esigenze di una clientela dai gusti che cambiano con una frequenza troppo rapida. Uno di questi, nato nel 1886 e arrivato ai giorni nostri praticamente intatto è l’Hotel Orfila di Madrid. Questo si trova in una via molto tranquilla e appartata che collega il trafficato Paseo de La Castellana alla fermata della me-

tropolitana Alonso Martinez, ma sembra catapultato nella capitale spagnola da un’altra era. Tra lucidi trompe l’oeil, tendaggi pregiati e un gusto discreto che si rivela nella scelta dei colori, sempre rassicuranti, dei mobili, del personale sempre presente e affabile, che sa incontrare le esigenze dell’ospite al minimo sguardo, l’Orfila è perfettamente inserito in un microquartiere che passa quasi inosservato a due passi dalla movimentata e un po’ chiassosa vita quotidiana della capitale. Non è forse un caso che di fronte all’ingresso si trovi una graziosa galleria d’arte moderna che vale una visita e che per certi versi crea un piacevole link culturale a disposizione della clientela raffinata che “scende” abitualmente all’Orfila. Anche solo per un tè da sorseggiare nel piccolo cortile dell’albergo, nascosto e delizioso, o nella sala interna, serviti di tutto punto

Lo chef Mario Sandoval

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come se ci si trovasse in una antica residenza inglese. Uno charme non a caso firmato da Relais & Chateau, la catena alla quale questa residenza aristocratica di pregio, diventata albergo negli anni Novanta del secolo scorso, è affiliata da diversi lustri. Chiaramente le esigenze del viaggiatore moderno hanno portato a offrire nuovi confort assolutamente necessari, come il wi-fi o la Televisione Led (così come l’area fitness e i trattamenti wellness), ma sempre mantenendo, soprattutto nelle trentadue stanze (e 12 di queste sono suite) lo spirito originario dell’edificio e dell’antica casa. L’unica grande deroga riguarda, se vogliamo, la cucina e l’approccio gastronomico del ristorante dell’albergo, El Jardin de Orfila, che è stato affidato a uno degli astri più luminosi della ristorazione spagnola, Mario Sandoval. Questo nonostante la casa madre della famiglia Sandoval non sia poi così distante, perché il ristorante Coque lo si raggiunge con un’agile passeggiata di dieci minuti. Il concept però in questo caso cambia e di molto. Se da Coque, locale bistellato Michelin ormai da più di un anno, va in scena un percorso degustativo molto moderno e “spinto”, con l’originale idea di un viaggio visitare lungo l’intero ristorante nelle sue diverse


Focus Alberghi

parti prima di sedersi al tavolo, passando prima per il cocktail bar, per la cantina e per la cucina, e assaggiando diversi snacks, all’Orfila si è scelta una strada più tradizionalista e comprensibile per la clientela classica che frequenta l’albergo, e inevitabilmente meno intraprendente al tavolo. Anche con gusti meno iberici e più internazionali (per non dire vicini alla cucina d’oltralpe), che esplorano con giudizio una materia prima ricono-

scibile senza troppe complicazioni da fini gourmand moderni o da foodies di ultima generazione che vogliono lasciarsi stupire ad ogni piatti. Pur distribuendo sempre grande finezza e precisione, che sono poi la cifra stilistica della cucina dei Sandoval la concretezza la fa da padrone. Così in carta si trovano gli avvolgenti Ravioli di funghi porcini con verdure e una salsa demi-glace, il corroborante Porridge con guancia di maiale e caviale,

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la Parpatana di tonno (è la parte di finale della ventresca) con una composta di pomodoro e il più classico dei dessert, la Torta di cioccolato con mandorle e pralina all’arancio. E in più le proposte da hotel con il Sunday brunch e un menu executive per un massimo di otto persone, perfetto per le colazioni di lavoro. Osservando i dipinti, a volte un po’ severi, che adornano le stanze, così come gli spazi comuni, ci si sente quasi parte di un museo e a ben pensarci il Prado non è poi così lontano, ma la sosta all’Orfila è davvero un tuffo in un passato che difficilmente si può osservare così ben mantenuto e curato in ogni suo dettaglio. L’aspetto più mirabolante rimane quella sensazione viva e persistente che il tempo si sia fermato all’improvviso, mentre stiamo facendo colazione o davanti a un bicchiere di sherry. Solo i rumori della città che ci raggiungono non appena superiamo la reception o la porta d’ingresso dell’albergo e ci riallacciamo alla vita reale cambiano la prospettiva. Ma è bello sapere che esistono luoghi nei quali si può ancora sognare, dove i gesti antichi e il gusto dell’accoglienza rimangono al centro dell’attenzione. Ancor più di certi confort moderni. •



Focus Food

Fine dining nel cuore di Bangkok di Gualtiero Spotti

Lo chef David Thompson ha passato il testimone a Pim Techamuanvivit, con esperienze negli States In una metropoli come Bangkok, caotica e dai contorni futuristici che si mescolano a tradizioni millenarie e a templi antichi, dove lo street food è ovunque ma dove si possono trovare anche le eccellenze di molti ristoranti che figurano nella lista dei 50 Best asiatici, non è certo facile orientarsi. I profumi e i sapori, soprattutto quelli delle erbe e delle spezie, arrivano al palato sferzanti e decisi, certo determinati a raccontare molto bene la gastronomia locale e la forza espressiva della materia prima. Da tempo l’indirizzo che meglio di altri è la somma dei molteplici componenti che contribuiscono a raccontare la cucina locale è il Nahm, il ristorante ospitato all’interno dell’hotel

COMO Metropolitan. Portato negli ultimi cinque anni alla celebrità internazionale dal cuoco David Thompson, di origini australiane e titolare del ristorante fino all’aprile di quest’anno, oggi Nahm è la creatura di Pim Techamuanvivit, quarantasettenne di Bangkok ma con un vissuto professionale sviluppatosi negli States, a San Francisco, dove ancora oggi gestisce un indirizzo thai stellato, il Kin Khao. Il percorso professionale e personale della cuoca in realtà è passato attraverso diverse fasi, tra cui gli studi in scienza cognitiva all’Università di San Diego, l’incontro con David Kinch di Manresa, il successo del suo blog (Chez Pim), ma soprattutto la decisione, verso il 2005, di focalizzare la sua attenzione sulla cucina per raccontare al meglio il complesso mondo del cibo thai, partendo dalle ricette di un tempo, quelle della sua famiglia. Il ritorno a Bangkok sembra così la chiusura naturale di un cerchio e al tempo stesso la grande scommessa di affidare a una donna nata a Bangkok il fine dining forse più esclusivo in città. A ben pensarci non è cosa da poco, visto che molte delle tavole della metropoli hanno fatto crescere negli anni cuochi “stranieri” (alcuni dei più celebrati sono indiani, turchi, olandesi o tedeschi) e, come detto, qui è difficile uscire dal cliché di una cucina pronto uso, che diverte quando la si incontra per strada, in un contatto diretto con la realtà quotidiana e il vissuto degli abitanti. Nahm però riesce oggi, grazie a un team affiatato dove spicca la serietà e la precisione di Suraja Ruangnukulkit, la chef de cuisine che lavora a stretto contatto con Pim, ad essere un brillante concentrato di sensazioni capace di spingere con forza

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Focus Food to dal coriandolo e dall’aglio in salamoia, cui fa seguito il miang (il nome indica la preparazione dove una foglia, come fosse un wrap, avvolge il cibo che si mangia in un sol boccone) di pollo, aragosta, mango, erbe e salak (o snake fruit). In questo caso le foglie utilizzate sono quelle di thong-lang che vengono dall’albero del corallo, ma più spesso il cibo thai prevede la presenza delle foglie del banano, per la cottura al vapore. Si passa poi al gustoso Larp di Chiang Mai, nel nord della Thailandia, una insalata che normalmente viene preparata con pollo,

Pim Techamuanvivit

l’idea dello “sharing” tra i commensali (la condivisione è parte della cultura del cibo da queste parti, visto che in famiglia si mangia sempre tutti insieme), ma anche il giusto focus su prodotti che sono a dir poco irrinunciabili, senza troppe concessioni al gusto internazionale. Si parte subito con il granchio blu arricchi-

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oppure con l’anatra, ma che la cuoca Pim qui da Namh propone con il piccione, in una versione più elegante e raffinata. Il percorso degustativo offre spunti che abbracciano l’intera gastronomia tailandese, delle varie regioni, ma c’è anche qualche variazione, quando si sceglie di utilizzare la pregiata wagyu nipponica per una zuppa saporita e ricca di verdure. E’ però solo la parentesi di un viaggio tra esotismi di grande fascino, che stimolano il palato attraverso il curry, il tamarindo, qualche accenno di fermentazione (i fagioli…), passano attraverso la curiosità di una sezione del menu dedicata alla frittura nel wok, e mettono in campo sempre una tecnica sopraffina al servizio della tradizione. Anche quando si raccolgono suggestioni asiatiche un po’ misteriose , come il frutto longan, chiamato occhio di drago, che viene inserito nella preparazione del classico Massaman di curry e agnello, piatto popolarissimo in tutto il sud-est asiatico, ma che in realtà ha origini mussulmane e persiane, come si evince anche dal nome. Nahm dimostra appieno di essere una cucina di sapori e di contenuti che lancia una sfida importante, quella di rendere più accessibili alla clientela internazionale le spigolature e le espressioni decise della cucina locale, raccontando la storia di piatti e prodotti con qualche opportuna rivisitazione. Il resto lo fa una sala ristorante che vive di discrezione e di orientalismi soffusi. Che è un po’ la cifra stilistica dell’intero albergo. Il Como Metropolitan è un indirizzo di stile, e di tranquillità, che rasenta l’approccio zen. Al punto che i rumori, il caos e la vivacità di Bangkok, appaiono quasi distanti non appena si supera la porta di ingresso che conduce alla reception. •


DARK

SOLO LE STELLE AL BUIO BRILLANO DI PIÙ

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FOTOGRAFIE DI MARCO GAROFALO A CURA DI PIPPO RANCI E MATTEO LEONARDI

BARtù con Amani per garantire casa, scuola e salute ai bambini e alle bambine di strada di Nairobi, Kenya e Lusaka, Zambia. I proventi saranno destinati all’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti del Kivuli Centre, casa di accoglienza per bambini di strada di Nairobi

Per acquistare questo calendario Amani Ong Onlus Via Tortona 86, 20144 Milano tel. +39 02 48951149 bottega@amaniforafrica.it www.amaniforafrica.it


Focus Food

La nuova edizione di Olio Officina di Beatrice Coppola

Luigi Caricato

Luigi Caricato persegue da anni con successo il proprio obiettivo: valorizzare l’EVO di alta qualità Sembra ieri che Luigi Caricato, scrittore e giornalista esperto, ma anche appassionato di olio, tanto da meritarsi la nomina di membro della prestigiosa Accademia dell’olio, tenne a battesimo la sua creazione: l’Olio Officina Festival si rinnova anche quest’anno, nella sua ottava edizione, parlando di “Nostra Signora Pubblicità”. In scena dal 31 gennaio al 2 febbraio al Palazzo delle Stelline, Oof, è l’occasione giusta per scoprire e fare scoprire sia a professionisti del settore, ma anche ai consumatori, i segreti di un prodotto antico, legato alla tradizione agricola di popoli e di intere regioni d’Italia e del mondo e che oggi merita di assurgere a livelli di prestigio e di essere riconosciuto come alimento a tutti gli effetti. “Se infatti, storicamente l’olio era considerato un condimento – spiega Caricato che dirigerà anche la prossima edizione - oggi è diventato un bene prezioso e deve essere considerato un alimento indispensabile grazie ai suoi noti effetti salutistici, ma anche per la soddisfazione del palato. Oggi, insomma, si ha una percezione diversa dell’olio. Come, dunque, valorizzare questa ricchezza?” Non a caso, il programma di questa edizione è stato elaborato per stimolare una riflessione importante attorno al tema dominante della pubblicità. “Come è possibile oggi– continua Caricato - comunicare e promuovere una materia prima nobile e preziosa come

l’olio extra vergine di oliva andando oltre i consueti messaggi, sviluppando nuove idee, nuove formulazioni, nuove narrazioni?”. Ecco perché Caricato, al quale si deve il conio della parola “oleologo”, punta a creare una nuova visione dell’olio, rinnovandosi e raccontandosi attraverso spot e messaggi promozionali con immagini futuristiche e innovative: “In occasione del Festival, aperto al pubblico sia amatoriale, sia professionale, durante il quale sarà possibile essere educati alla degustazione di oli, olive, finger food e blending di oli, abbiamo allestito anche mostre d’arte, inserendo nel programma spettacoli, conferenze, talk show e seminari di approfondimento”. Interverranno i grandi maestri, artefici della pubblicità, un nutrito gruppo di sociologi, antropologi, letterati, esperti di marketing sensoriale e nuovi media, ma anche artisti e visual designer, esperti di semiotica e teorici delle lingue e dei segni; e che dire

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degli oleologi, dei nutrizionisti, dei cuochi e dei sommelier che si confronteranno sul tema olio e sui molteplici e possibili impieghi. “Sorprenderà la mostra dei manifesti e delle stilizzazioni grafiche elaborate dai giovani allievi dell’Accademia di Comunicazione di via Savona a Milano e della Scuola internazionale di fumetto Comics di Torino, invece, per l’olio a fumetti: una dimostrazione di come l’olio possa essere visto attraverso lo sguardo di giovani privi di condizionamenti e in piena libertà di evocare l’olio, utilizzando la lente della contemporaneità. Io credo che l’immagine dell’olio debba essere svecchiata, rinnovando l’approccio e non solo del messaggio pubblicitario”. Avete mai pensato di declinare l’olio per l’intrattenimento? Caricato lancia l’idea innovativa: “Pensate a quando si va al ristorante e dopo le ordinazioni si attendono le pietanze. E se si presentasse sul tavolo un vassoio con piccole bottiglie di varie cultivar che i clienti, nell’attesa, possano degustare su quadrotti di pane? Nulla di impegnativo, ma sarebbe un metodo nuovo per scoprire col proprio palato le differenze tra un olio e l’altro”.Olio Officina Festival 2019 - Ottava edizione – 31 gennaio/2 febbraio 2019 •



Focus Wine

Genagricola, forza della tradizione vitivinicola Molte le novità presentate a Milano nel corso di una cena a guida Elio Sironi

Il lancio definitivo della cantina della Valpolicella Costa Arente con i primi vini 2016, importanti investimenti per promuovere l’adozione di tecniche di agricoltura 4.0 e di precisione nelle sue tenute e il grande progetto di Ca’ Corniani, in Veneto, che unisce arte, percorsi di visita, recupero di strutture e macchinari in una grande iniziativa culturale per celebrare le nostre tradizioni agricole. Sono questi i temi che Genagricola, la più estesa azienda agricola italiana con oltre 8.000 ettari coltivati, ha presentato alla stampa lo scorso 21 novembre, nella cornice di Ceresio 7, il ristorante milanese che si avvale della creatività dello chef Elio Sironi. Il menu elaborato da Sironi per l’occasione è stato pensato per valorizzare una selezione di vini di Genagricola, scelti tra i cavalli di battaglia delle sue tenute di più elevata qualità, Torre Rosazza in Friuli e Bricco dei Guazzi in Monferrato, e di Costa Arente, acquisita a fine 2015, di cui è stato presentato in anteprima il Valpolicella Ripasso vendemmia 2016. La selezione di finger food proposta come aperitivo ha visto quindi l’accompagnamento del Torre Rosazza Blanc di Neri, metodo classico a base di Schioppettino 100%, e del Prosecco Doc Millesimato 2017 di Tenuta Sant’Anna. Alla battuta di ricciola, puntarelle, alici e pepe rosa sono stati abbinati lo Chardonnay Piemonte Doc 2017 di Bricco dei Guazzi e della Ribolla Gialla Cof Doc 2017 di Torre Rosazza. Mentre il filetto di Sorana, spinaci e zuc-

ca è stato proposto proprio con il Ripasso di Costa Arente e con un’altra scommessa di Genagricola, l’Albarossa di Bricco dei Guazzi. Come ha infatti sottolineato Giovanni Casati, uovo responsabile della Funzione vigneti e cantina della Divisione Vinicola del gruppo, “l’Albarossa è un vitigno riscoperto in Piemonte, di cui siamo i più grandi produttori al mondo, pur con soli 6 ettari coltivati . Crediamo a tal punto nelle sue potenzialità da aver investito e provveduto all’impianto di ulteriori 2 ettari”. L’amministratore delegato di Genagricola, Alessandro Marchionne, ha poi illustrato i numerosi progetti del gruppo, che vede nell’attività vitivinicola la sua punta di diamante pur con soltanto il 5% della superficie coltivata dedicata a vigneto. In questo ambito l’acquisizione di Costa Arente rappresenta oggi il progetto più ambizioso, con l’obiettivo di realizzare uno dei migliori Amaroni del mondo, pronto in bottiglia non prima del 2020. Il Ripasso presentato all’evento milanese è un’anticipazione del livello qualitativo e della direzione scelta dalla cantina per dare un’impronta unica al suo prodotto, caratterizzato dalla ricerca di longevità e potenza, senza eccessivi ammiccamenti al vino frutto “sciropposo” in auge tra alcuni produttori della Valpolicella. Il 95% dell’attività di Genagricola è però dedicato alla produzione di “commodity” agricole secondo un’impostazione che intende valorizzare e rilanciare l’attività dei campi come fondamentale per produrre cibo e sfamare il pianeta. Ne è un esempio il grande progetto Ca’ Corniani, in Veneto, che punta a un mix di iniziative di recupero della tradizione, promozione del turismo attraverso itinerari ed

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Elio Sironi

eventi culturali per riavvicinare il pubblico all’autentico e fondamentale ruolo dell’agricoltura, al produzione di cibo di qualità e abbondante. A questo si aggiungono, ha spiegato Alessandro Marchionne, “gli investimenti compiuti nell’ultimo triennio per introdurre nuove tecnologie nelle tenute Genagricola, attraverso lo stanziamento di un milione di euro e l’erogazione di oltre 7.000 ore di formazione per la prevenzione dei rischi dei nostri operatori”. In seguito a questo impegno il gruppo ha raggiunto importanti risultati: il 100% della sua superficie coltivabile in Italia è coperto da stazioni Horta per il monitoraggio agrometeorologico e l’invio dei dati via internet; circa un terzo della superficie coltivabile utilizza sistemi predittivi a supporto delle decisioni per i trattamenti agricoli mentre per la metà della superficie sono state predisposte mappature delle colture con l’analisi chimica dei terreni, che consentono l’adozione di tecniche di agricoltura di precisione. •



Focus Wine

E Appius raggiunge il quinto traguardo di Giovanna Moldenhauer

Hans Terzer in barricaia

La creatura di Hans Terzer si presenta con il millesimo 2014: annata difficile, ma risultati eccellenti La quinta edizione di Appius è stata presentata in occasione del 27° Merano WineFestival. Anche per questa presentazione il progetto è rimasto fedele al concetto iniziale di realizzare, anno dopo anno, un vino capace di rappresentare fedelmente il millesimo, di esprimere la creatività e la sensibilità del suo autore, Hans Terzer e, visto le particolari condizioni climatiche dell’annata dai prolungati periodi di pioggia, ne esprime la maestria di avere saputo, con un lavoro in vigna sempre più attento e scrupoloso, scegliere solo le uve degne di potere comporre la cuvée, privilegiare i vitigni e le loro percentuali, dosare attentamente l’uso dei legni durante la vinificazione. Il risultato è stato quello di un ricco impatto sensoriale, con freschezza ed eleganza gustative per il millesimo 2014. “Il 2014 – commenta Hans Terzer a Bartù – mi ha creato non pochi problemi. Un´annata particolare e difficile, ma come i 40 anni di esperienza mi hanno insegnato, sono proprio talvolta queste annate a risultare alla fine le più interessanti. Sono orgoglioso di aver effettuato quest´accurata selezione e di essere riuscito a creare un vino d´eccellenza, che rispecchia a pieno il nostro lavoro compiuto in vigna ed in cantina. Si tratta di un bianco elegante e allo stesso tempo importante, con una grande mineralità. Secondo il mio gusto personale è proprio la piacevolezza a

sorprendere maggiormente fin dal primo sorso”. Anche il design della sua etichetta è reinterpretato a ogni edizione. Quest’anno la raffigurazione creativa di Appius, ideata e realizzata da Life Circus di Bolzano, raffigura la propagazione degli ipertoni, i suoni più nobili che uno strumento può produrre, la cui somma da luogo a un’armonia. Come ogni annata, la formula da cui nasce la cuvée è rimasta la stessa: basse rese di circa 35 quintali per ettaro, età dei ceppi con una media dai 25 ai 40 anni, selezione sceltissima dai vigneti, anche in base l’esposizione e alla composizione dei terreni, per il raggiungimento della massima qualità. Il winemaker Hans Terzer ha fatto di necessità virtù in un’annata difficile come poche altre, regalando un Appius brillante e vivo, dalle

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fondamenta comunque solide e stabili. Ancora una volta sono le uve bianche a essere protagoniste dell’esclusiva Cuvèe, con la netta predominanza dello Chardonnay al 65% a cui si aggiungono Pinot Grigio 15%, Sauvignon Blanc 12% e Pinot Bianco 8%. Nella vinificazione alla fermentazione alcolica e malolattica, all’affinamento per un anno in barrique / tonneaux, è seguito l’assemblaggio e un ulteriore affinamento di tre anni sui lieviti in tini d’acciaio inox prima dell’imbottigliamento. Esordisce nel calice con un colore giallo

Veduta dal vigneto Gfill

Salmerino marinato arancia finocchio

Risotto con variazione di verdura

Sogliola fritta alle erbe patate salsa ai capperi e limone

Zuppa alle castagne cavolini di Bruxelles formaggio di malga

paglierino, dai brillanti riflessi che riprendono la buccia del lime, seguito al naso da un impatto sensoriale ricco: dapprima colpiscono profumi di fienagione, miele d’acacia e di frutta a polpa bianca, come la pera Williams, poi in un secondo momento descrive tutta la sua grande fragranza con sentori resinati, seguiti da menta e ortica, una sensazione di vaniglia e a chiudere quasi un tocco alpino. Il sorso è avvolgente, profondo con grande bilanciamento tra la densità del frutto, la freschezza dalla decisa mineralità con, nel lungo finale, una decisa scia sapida. Gli appassionati, estimatori di Appius hanno potuto seguire la Masterclass al Merano WineFestival dove è stata proposta la verticale di tutte e cinque le annate con a chiudere il Sauvignon The Wine Collection Alto Adige DOC 2015. Inoltre il ricavato degli ingressi sarà devoluto, come tutti gli anni, al Gruppo Missionario di Merano per la realizzazione di un progetto specifico in Africa. Alla presentazione della quinta edizione di Appius è seguita la cena a cura di Herbert Hintner del restaurant Zur Rose. Ottimo l’antipasto con il “Salmerino marinato, arancia e finocchietto” che Terzer ha voluto abbinare alla sua prima cuvée

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“Vino del Centenario 1907 – 2007” Alto Adige bianco, composta da Pinot bianco, Pinot grigio, Chardonnay, vitigni tipici della cantina poco aromatici, vinificati in botte grande. E’ stato un esordio della cena di gala di grande equilibrio e piacevolezza. A seguire una “Zuppa di castagne, cavolini di Bruxelles, formaggio di malga” a cui Hans Terzer ha abbinato la prima versione di Appius 2010 in un risultato assolutamente centrato. Il “Risotto con variazione di verdura” invece è stato proposto con il Sauvignon The Wine Collection 2015 – frutto di un metodo di verso di vinificazione dove al contatto con le bucce per 3 giorni, pressatura soffice, 12 mesi in tonneaux e altri 12 in acciaio, seguito da un ulteriore affinamento in acciaio – in un elegante susseguirsi di sensazioni equilibrate. Per Appius 2014 Herbert ha realizzato una “Sogliola fritta alle erbe, patate, salsa ai capperi e limone”. Abbiamo descritto nelle righe precedenti il vino che per complessità e armonia ha retto l’abbinamento con un piatto non facile. Il rapporto di stima che lega Hans Terzer a Herbert Hintner si è espresso, a nostro avviso, in questo menu dove gli abbinamenti erano sempre perfetti. •


Equipment

Tirreno C.T. per bar e alberghi di Viviana Persiani

A fine febbraio la 39esima edizione di una manifestazione dedicata alle attrezzature che vanta numeri da record Tirreno C.T. è una delle più qualificate e significative fiere del settore dell’ospitalità. Le date da segnare, per il 2019, sono dal 24 al 27 febbraio, negli spazi di Carrara Fiere, quando andrà in scena la 39° edizione di una manifestazione che ormai, da quasi quarant’anni, rappresenta un riferimento per tutto il comparto italiano: dai ristoranti ai bar, poi alberghi, pizzerie, gelaterie, pasticcerie, e da qualche anno, la novità con il potenziamento del settore per le forniture per stabilimenti balneari. Con numeri davvero da record, se si pensa agli oltre 62.000 visitatori del 2018. Un evento che garantisce l’incontro qualificato fra domanda e offerta di un settore sempre più in divenire. Non mancheranno gli appuntamenti di formazione e informazione, grazie a un fitto programma di convegni, seminari, incontri, dimostrazioni professionali e concorsi organizzati dalle diverse Associazioni di categoria presenti direttamente in fiera: dai Barman, ai Gelatieri, Maitres, Panificatori, Pasticceri, Pizzaioli, Sommelier. Questa Manifestazione rappresenta, quindi, un momento irrinunciabile di informazione e aggiornamento per tutti i professionisti ed operatori economici che intendono essere sempre all’avanguardia nei rispettivi settori di attività. Dal pane alla pizza, dai prodotti lavorati e semilavorati per la cucina alle forniture alberghiere, passando per la

gelateria e la pasticceria: i grandi marchi del food&Beverage, italiano e estero, li trovate a Tirrenno C.T, con esposizioni e presentazioni dei loro prodotti di punta. Ma è presente anche un’intera area dedicata al caffè e alle innovazioni del settore grandi impianti. Inoltre, spazio a tutto ciò che riguarda le attrezzature per la tavola, bar, gelateria e pasticceria fino all’arredo contract per interni ed esterni, compresi tappezzerie e arredo bagno. Tra i settori che ospiteranno le firme dell’agroalimen-

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tare italiano, tanti prodotti, a partire dal caffè, the, infusi, acque minerali, succhi di frutta, bevande analcoliche, birre, vini, distillati, liquori. Saranno presenti anche i maggiori fornitori nell’ambito dell’arredo contract sia per gli interni (dall’apparecchiatura all’arredamento), sia per l’outdoor, con uno sguardo al settore SPA, fitness e wellness grazie alla collaborazione con Balnearia, il salone nel salone, dedicato agli stabilimenti balneari. Per il secondo anno consecutivo, un’intera area sarà dedicata a Bio, Vegan, Gluten Free. A Tirreno C.T. hanno preso sempre più piede operatori del comparto wine and beverage. A partire dai migliori prodotti per il lavoro dei mixology e dei barman, passando per tutto il settore emergente delle birre artigianali. Presente anche un’ampia selezione di aziende vitivinicole, ma anche distillerie, rappresentate direttamente dai produttori. •


IL 2019 APRE CON IL PIU’ GRANDE EVENTO DEDICATO AL MARKETING B2B

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Equipment

Forma e contenuto: Art Menù docet di Alberto P. Schieppati

Attenzione esasperata per i dettagli e l’estetica caratterizzano l’attività dell’azienda di Correggio A oltre un quarto di secolo dalla nascita (1983) , Art Menù può vantarsi, a testa alta, di essere un vero numero uno nel proprio settore, che definirei quello cella corretta comunicazione di immagine dell’horeca (o B.A.R. ovvero Bar, Alberghi, Ristoranti): oggi non c’è ristorante di qualità, o albergo di livello,o lounge bar contemporaneo che non pensi di rivolgersi all’azienda di Correggio (RE) per avere l’opportunità di comunicare al meglio le proprie proposte ai clienti: menù tradizionali o innovativi, carte

dei vini, proposte del giorno, ma anche suggestivi menù degustazione o carte dei distillati o degli oli di oliva, , tutto ciò che è necessario per trasmettere con efficacia il proprio stile e la propria linea di cucina o di cantina.”il nostro obiettivo, sottolinea Enrica Tirabassi, che con Mauro Fantini ha fondato Art Menù, è di realizzare concretamente le idee dei clienti, trasformandole con creatività, leggibilità e stile estetico in un messaggio che è insieme di immagine e di contenuto. E adeguandole alla tipologia del locale e alle aspettative della clientela di quel luogo”. Con una attenzione esasperata alle necessità estetiche e di forma, aggiungiamo noi. Lavorando con uno stile e una logica prettamente artigianali, dove la cura per i dettagli è l’imperativo quotidiano,i risultati delle produzioni di Art Menù sono sempre in

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Enrica Tirabassi e Mauro Fantini

linea con le aspettative e i desideri dei clienti. Perché ogni locale ha esigenze differenti. “Quanto noi produciamo, aggiunge Mauro Fantini, siano carte dei vini o menù gastronomici, è la prima cosa che il cliente prende in mano quando si siede al tavolo di un ristorante. E’ il biglietto da visita del ristorante, o del wine bar, o del lounge bar: si tratta di uno strumento di enorme importanza per l’immagine e il


Una fase della realizzazione di un menù

successo del locale”. Purtroppo a volte capita ancora di imbattersi in menù approssimativi e esteticamente inadeguati, che non svolgono una funzione positiva per le performance del locale. In molti casi, il gestore o il titolare dell’esercizio non dà la giusta importanza a questo strumento, anche se la nostra sensazione è che finalemnte si stia prendendo la direzione giusta. Grazie anche, è il caso di dirlo, ad aziende come Art Menù. Un aspetto, questo della valorizzazione estetico-funzionale dell’offerta, che sta decisamente a cuore a Enrica Tirabassi e Mauro Fantini, che annoverano fra i propri clienti nomi prestigiosi della migliore ristorazione italiana e internazionale. La loro attività, oltre che produttiva (all’insegna di una attenzione certosina ad ogni dettaglio) è soprattutto di tipo consulenziale, visto che –prima di ogni ordine- è fondamentale conoscere al meglio le aspirazioni del cliente, la

tipologia del locale, la linea di cucina, l’ambiente e l’atmosfera del locale, il posizionamento. Ma anche il bacino di territorio sul quale la struttura insiste. Ristorante trendy di città? Trattoria evoluta di campagna? Ristorante d’albergo in una vallata alpina? O resort con spa nel cuore del Mediterraneo? Ogni luogo ha le proprie esigenze e ben ne sono consapevoli i fondatori di Art Menù, che da sempre puntano sul binomio: “Funzione tecnica e Presentazione adeguata”. Due concetti che esprimono molto bene la linea di azione dell’azienda. “Per noi è fondamentale anche la semplicità della comunicazione, ovvero la necessità di indicare le voci in menù in modo graficamente e contenutisticamente adeguato: oltre alla chiarezza del messaggio, lavoriamo molto sui formati, sui materiali, tutti lavabili e trattati in modo da essere igienizzati, sullo stile complessivo dell’oggetto”. Fondata nel 1983, Art Menù

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ha una quota di mercato di oltre il 50% in Italia, mentre la percentuale restante è in Europa, dove lo sviluppo di una adeguata dotazione di carte, menù ecc. è in costante e progressivo aumento. Un laboratorio, quello di Correggio, nel quale la manualità ha ancora un posto importante: un luogo dove si respira una sana atmosfera di laboriosità tipografica, ma anche di ricerca estrema del bello, dai colori alle forme, ai materiali. Con un obiettivo principale, che viene prima di tutti gli altri: rispondere in modo completo e puntuale alla esigenza prioritaria di essere informati, in modo corretto e coerente. Necessità di informazione che riguarda sia i professionisti della ristorazione che i loro clienti finali. Per questo l’attività di Art Menù è ancora più meritoria, in quanto lavora su più fronti. E il “doppio” gradimento è la miglior risposta agli sforzi della coppia Tirabassi-Fantini e della loro affiatata squadra creativa.•


Patischie

La foto di BARtù

IL GRANDE PAOLO TEVERINI CON LA MOGLIE GIORDANA Una coppia di professionisti che tiene alto il nome e l’immagine dell’Italia enogastronomica, nel cuore dell’Appennino centrale. Albergo Tosco Romagnolo, Bagno di Romagna (FC)

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Il nuovo libro di

Michelangelo Citino

Lo chef si racconta Michelangelo Citino, lo chef aeroportuale, come molti lo definiscono, essendo executive del ristorante gourmet all’interno dell’aerostazione di Linate, si racconta, in lungo e in largo. Dalla gavetta al successo, attraverso incontri con chef famosi, bravi e meno bravi, passando per momenti di gioia e di tensioni, vittorie e delusioni, esperienze memorabili o, spesso, da dimenticare: la storia di una carriera importante, culminata con la grande responsabilità di condurre il suo “Michelangelo”, è racchiusa in poco più di cento pagine, ricche di episodi toccanti ma anche di ricette degnamente illustrate. Un libro che non può mancare nella biblioteca di professionisti e gourmet, destinato a far riflettere e, ancora di più, discutere sul presente e futuro dell’alta ristorazione in Italia e nel mondo.

In vendita presso il Ristorante Michelangelo di Linate e presto disponibile nei maggiori bookshop, duty free e piattaforme e-commerce. Per info rivolgersi a: Mychef Ristorazione Commerciale SpA | Viale Caldera 21 Milano | info.it@areas.com


La ricetta di BARtù

Domà Nüm, “Illusione ostrica” di Giorgio Ascorti

Procedimento Per gli stampi dei gusci: ritagliare 20 quadrati di stagnola 15 x 15, sovrapporre 2 pezzi alle volta e ripiegare i lati, schiacciandoli bene per rinforzare lo stampo. Una volta creati 10 quadrati ,dare la forma plasmandoli sul guscio pulito di ostrica dalla parte esterna. Avremo così lo stampo in negativo e metteremo il composto sulla parte curva e non nel suo interno ricordando di imburrare e infarinare. Per i gusci: montare gli albumi a neve insieme alla maizena e aggiungere il Grana Padano mescolando rapidamente. Versare in un sac-a-poche e mettere il composto in maniera irregolare sugli stampi cercando di ricreare l’effetto guscio. Spolverare con il sesamo nero e i semi di zucca precedentemente tritati finemente. Infornare a 100 gradi per circa mezz’ ora, evitando che si secchino troppo, una volta pronti tenerli a temperatura ambiente fino a raffreddamento completo.

Un locale brianzolo, condotto da giovani, si distingue per lo stile originale e il buon gusto

Per la crema di melanzane: tritare lo scalogno finemente, soffriggere in un tegame e aggiungere le melanzane precedentemente pulite e tagliate a cubi di circa 1 cm. Rosolarle salare e tirare a cottura con l’acqua finché non sono stracotte, ammollare la colla di pesce in acqua fredda, strizzarla e aggiungere alla purea. Frullare tutto con il frullatore ad immersione, mettere in una bacinella, lasciarla intiepidire e poi riporla in frigo per circa tre ore. Per la gelèe di Grana Padano: far bollire l’acqua con le croste per 8 minuti, filtrare con un colino fine, aggiungere l’ agar-agar e far riprendere il bollore. Stendere su una placca finché non si è solidificata poi riporre in frigo

Domà Nüm: solo noi, in dialetto brianzolo. Il nome di un’insegna di Carate – già seguita dalla principali guide – che non vuole esprimere la presunzione di essere “unici”, ma il fatto che i giovani che troverete tra fornelli e sala, ci mettono la faccia senza nessun fondo o finanziatore alle spalle e questo ci piace. Anima di questo locale è Luca Alfonso, chef-patron dalle idee chiare e autore di una proposta gastronomica che si muove tra la natia Lombardia e le origini siciliane, con piatti mai banali: c’è talento non fine a se stesso e un senso del gusto che non tradisce. Il suo braccio destro è il maitre Stefano Gigliotti, bravo nella gestione del servizio e della piccola cantina. Un locale da tenere d’occhio nelle stagioni a venire e che ha già frecce interessanti in faretra: una di queste è Illusione Ostrica – non vi diciamo cosa sia realmente - che Alfonso ci presenta. •

Per la salsa di pomodoro: tritare carote e cipolle, soffriggere, aggiungere i pomodori tagliati grossolanamente e lasciar cuocere per circa 1 ora. Frullare, filtrare e tenere a temperatura ambiente. Per la crema di basilico: frullare nel frullatore blender i pinoli e l’ olio, fino a farli diventare una crema, aggiungere il basilico, il ghiaccio e il sale. frullare bene il tutto, mettere in un contenitore e riporre in frigo. Per la crema di aglio nero fermentato: unire acqua e aglio, frullare e riporre in frigo. Per comporre l’ostrica: adagiare nel centro interno del guscio una goccia di crema di basilico, coprire con altrettanta salsa di pomodoro; viste le quantità minime aiutarsi con due cucchiaini da caffè. Mettere la purea di melanzane sopra queste due salse, riempendo completamente il guscio, con uno stuzzicadenti prendere un po’ di crema di aglio nero e passarlo sul lato sinistro della purea, ricreando cosi forma e colore dell’ostrica. Tagliare i fogli di gelée di Grana in forma ovale della grandezza del ripieno di melanzane e adagiarla delicatamente sulla purea Cosi facendo si darà la lucentezza dell’ostrica.

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B ar | Al berg hi | Ristoranti

NON PERDERTI UN NUMERO! Da settembre 2018 Artù si è arricchito di nuovi contenuti ed è diventato BARtù, accanto ai consueti contenuti legati alla Ristorazione di qualità e al mondo degli Alberghi, con le figure professionali correlate, che hanno fatto di Artù lo strumento fondamentale per comprendere i cambiamenti in atto nel Ho.Re.Ca., il magazine ha introdotto nuovi contenuti dedicati specificamente al canale Bar. L’evoluzione del bar italiano in tutti i suoi segmenti viene monitorato in ogni numero della rivista, attraverso una sezione interamente dedicata al canale, inchieste su consumi e tendenze. Interviste ai protagonisti/professionisti dell’offerta. Incontri con le aziende/Focus imprenditori. Focus sui prodotti (food, vino, equipment). Direttore editoriale di BARtù sarà sempre Alberto P. Schieppati, già direttore di testate di successo specializzate nel canale fuoricasa.

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Pillole Che brindisi con i bicchieri Bencini

Mimma Posca top manager 2018

I professionisti della ristorazione, del mondo Ho.Re.Ca., così come i clienti, conoscono l’importanza che ricoprono i bicchieri e non solo dal punto di vista estetico, ma anche di quello della sicurezza. Bencini Group lancia una nuova linea di bicchieri in tritan al 100%, priva di bisfenoli e, grazie al suo design moderno e elegante, adatta ad ogni occasione. Con “Bencini Threetan&Technology” l’azienda sfida il mercato con bicchieri brillanti, infrangibili e resistenti a oltre 500 lavaggi in lavastoviglie. Un premio anche per la praticità e per l’ecosostenibilità. Insomma, un cin cin sicuro.

Chi conosce la Maison Pommery, il brand che oggi si distingue per essere un chiaro riferimento alla cultura del lusso e del buon vivere, non può non sapere che il Deus ex Machina della Maison è il CEO Mimma Posca. Ecco perché la zurighese, per aver portato in un decennio il brand Pommery ai meritati fasti, con interventi mirati sull’immagine e sulla distribuzione, privilegiando il Travel Luxury e l’ospitalità d’eccellenza, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento come top manager 2018, dopo essere stata selezionata fra i 9 che Business Internationaldivisione di Fiera Milano Media in collaborazione con il mensile Forbes- aveva scelto in una rosa di 200 candidati.

Le tendenze della ristorazione 2019 TheFork e Doxa hanno individuato le tendenze della ristorazione 2019, attraverso lo studio “Mangiare fuori nel 2019”. Tra queste, ne sono state individuate 7 hot, ovvero le esperienze sensoriali che vanno oltre lo scatto da pubblicare sui social, il boom tecnologico per migliorare l’efficienza dei ristoranti, una nuova e più accentuata trasparenza, free-from extreme con influenza dei regimi alimentari basati sui soli vegetali, vere e proprie esperienze e non semplici pasti, miglioramenti naturali e ristoranti sani come dimostrano i superfood presenti nelle diete delle persone, crescente conoscenza del consumatore.

Grande successo al Milan Coffee Festival Al The Milan Coffee Festival non poteva mancare il Gruppo Cimbali con i suoi due brand, Faema e Cimbali che, con eleganza e prestazioni performanti, hanno offerto il loro contributo al successo del caffè artigianale italiano. I partecipanti, presso lo stand Faema, sponsor ufficiale della CMx™-Italia, la prima cmpetizione nazionale per baristi legata al rinomato format internazionale di Coffee Master, oltre a poter degustare, specialty coffee erogati da Faema E71E, la nuova versione di una delle macchine per espresso più famose dello storico marchio meneghino, sono stati coinvolti dai trainer di Mumac Academy nella realizzazione di alcune bevande utilizzando LaCimbali M100.

Restyling del website di Monteverro

Gli Allori e il piacere di produrre qualità

Il sito web della tenuta di Monteverro, la cantina che sorge tra Capalbio e il mare, ha cambiato look, sviluppando la nuova immagine che si sviluppa attorno all’essenza toscana di un marchio fresco di restyling. Di impatto visivo forte ed elegante, a partire dalla centralità del logo, passando attraverso le immagini e i contenuti, il sito di Monteverro, con i testi disponibili in 3 lingue e il menu diviso in poche etichette con uno sviluppo di lettura che procede in senso verticale, consente una navigazione user friendly. Un vero “viaggio” alla scoperta della filosofia e dei segreti di produzione dei vini della cantina, raffinati e sorprendenti.

Una sfida gustosa e aromatica quella di Giacomo, Giulio, Matilde e Leonardo, i giovani soci della società agricola Gli Allori, con sede legale a Conegliano, che si sono lanciati nella produzione di un olio extravergine di oliva di elevata qualità franto poche ore dopo la bacchiatura delle olive. L’olio de Gli Allori nasce con note fruttate di mela verde e olive fresche, mediamente amaro e piccante: una valorizzazione sicura della cucina trevigiana, anche grazie a quei sentori mediterranei, meglio esaltati sul pane abbrustolito oppure nella preparazione del famoso radicchio tardivo, sia cotto che crudo.

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Morellino di Scansano DOCG, pronta l’annata 2018 È stata approvata, con il decreto ministeriale del 5 dicembre, la possibilità di anticipare l’immissione sul mercato del Morellino di Scansano DOCG Annata 2018. Grazie a questa autorizzazione, i vini di questa tipologia si sono resi disponibili, a partire dall’1 gennaio, anziché, come di consueto, dall’1 marzo. Una importante novità, accolta con soddisfazione da parte del Consorzio e dei produttori. “Siamo molto felici che Ministero e Regione abbiano recepito quanto richiesto dal Consiglio di Amministrazione a supporto dei produttori locali” ha commentato Alessio Durazzi, direttore del Consorzio Tutela Morellino di Scansano.

Il nuovo corso del Rigoloccio “Vitigni internazionali, Dna maremmano” è il motto adottato dalla Cantina Rigoloccio, nella degustazione guidata al Westin Palace Hotel di Milano. Occasione per parlare del “nuovo corso” produttivo aziendale, con la scelta di impiantare varietà bordolesi, di respiro internazionale, ma con tutto il temperamento dei Supertuscan. La collezione del Rigoloccio comprende, tra gli altri, ABUNDANTIA, Maremma Toscana DOC, un Merlot in purezza affinato in barrique francesi per 18mesi dai profumi intensi e dalla grandiosa struttura. Senza dimenticare ELEGANTIA, Maremma Toscana DOC: taglio bordolese di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc che invecchia in barrique per almeno 18 mesi.


Equipment

Augusto Contract, un 2018 ricco di realizzazioni Augusto Contract, general contractor specializzato nella realizzazione “chiavi in mano” di locali di ristorazione commerciale, in particolare nel segmento fast casual, ha realizzato il nuovo locale della Antica Focacceria San Francesco nella nuova orangerie che arricchisce la piazza del centro del Mantova Outlet

Vuccirìa di Palermo all’interno del nuovo “giardino d’inverno” realizzato per la riqualificazione della piazza centrale dell’outlet mantovano. Con l’attenzione alla qualità che da oltre 180 anni contraddistingue il marchio, l’Antica Focacceria si presenta a Mantova con uno stile essenziale e contemporaneo, pur mantenendo richiami evidenti all’architettura liberty del negozio originale di Palermo, aperto fin dal 1834. Il punto vendita è stato realizzato da Augusto Contract che, come general contractor, ha curato

80 posti a sedere, e di un déhors con oltre 65 posti. AUGUSTO, foodservice general contractor, affianca i brand del settore food&beverage nella crescita ed espansione nazionale ed internazionale. Cura inoltre la realizzazione di food court e food hall. Nel 2018, ha realizzato, tra gli altri, anche i nuovi punti vendita di CioccolatItaliani a Civitanova Marche, a MilanoFiori (Assago) e a Prizren (Kosovo). Di quest’ultima collaborazione, Giacomo Racugno, AD di Augusto Contract ha dichiarato: “E’

Village. Qualche mese prima, aveva dato vita alla Antica Focacceria San Francesco all’interno della Terrazza della Stazione di Roma Termini. Al nuovo locale del Mantova Outlet Village, clienti e visitatori del fashion district possono gustare le ricette originali nate nel cuore della

le opere edili, impiantistiche e tutto l’arredamento, con particolare attenzione e cura nella riproduzione di tutti i dettagli e le finiture che contraddistinguono lo storico locale di Palermo. Lo spazio può accogliere la clientela in un’ampia e confortevole sala interna, fornita di oltre

motivo di orgoglio poter accompagnare anche nello sviluppo internazionale CioccolatItaliani. La nostra forza è essere sempre presenti sia in fase di realizzazione sia durante tutto il ciclo di vita del locale con un servizio di assistenza dedicato.”

La qualità contraddistingue l’azienda marchigiana, sempre più attenta ai nuovi format

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Alberto’s choice

Alta cucina di territorio, da Abbruzzino non sbagli UN LUOGO DI GUSTO E SAPORI RISTORANTE ABBRUZZINO

Via Fiume Savuto, Loc. Santo Janni - Catanzaro 0961 799008 - 333 3672207

Una famiglia votata alla causa della ristorazione di qualità: Antonio, Rosetta e il figlio Luca Abbruzzino hanno da sempre le idee chiare in materia di ristorazione di qualità. Rita Antonella, sorella di Luca, non fa parte del gruppo che conduce il locale, ma ne è appassionata frequentatrice, essendo una gourmand raffinata. Varcando la soglia del ristorante, si percepisce subito un grande amore per la qualità. Questa è la sensazione che abbiamo avuto approdando in questo piccolo locale

di Catanzaro, a un passo dal lido jonico. Per essere vincenti sul territorio ci vuole coraggio, con un pizzico di audacia. Ma ci vogliono anche umiltà e consapevolezza delle proprie possibilità. La lezione, qui, è stata ben compresa: quando hai la fortuna di vivere in un territorio straordinario dal punto di vista delle materie prime, non devi far altro che selezionarle, cercarle, individuare le migliori e proporle con talento e creatività. Qui da Abbruzzino cultura della materia, rispetto degli ingredienti, entusiasmo e passione sono la norma. E’ grazie a questi valori, espressi dalla famiglia Abbruzzino all’unisono, che l’esperienza gastronomica presso questo ristorante alle porte di Catanzaro si è rivelata più che positiva. L’impostazione data alla linea di cucina, l’attenzione ai dettagli, il servizio di sala coordinato egregiamente da mamma Rosetta, la giovane brigata e la professionalità di Luca ai fornelli sono una garanzia di successo. Se parliamo di ambiente,

LEGENDA

Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e stile dell’offerta

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Due corone = Linea di cucina corretta

Una corona = Dignitoso e affidabile

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Un vertice nel suo genere

Due cervelli = Qualità e attenzione al cliente

Un cervello = Bravi, ma non basta

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

Luca Abbruzzino circondato dalla sua brigata

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BARtù N° 96 dicembre 2018 - gennaio 2019 Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello Contatti bartu@edifis.it - www.bartumagazine.it Collaboratori Giorgio Ascorti, Fiorenza Auriemma, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Beatrice Coppola, Maurizio Di Dio, Angelo Foresti, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Aldo Nenzi, Gigi Pavesi, Viviana Persiani, Michele Maria Pizzillo, Giovanna Moldenhauer, Giovanni Ponzoni, Vincenzo Russo, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Claudio Zeni, Stefania Zolotti Grafica e impaginazione Daniele Scozzari

Seppia, pomodori secchi, pesca in carpione e alloro: un piatto fuori menù decisamente allettante

Pubblicità Piera Pisati, Project Leader - piera.pisati@edifis.it

poi, basta immaginarsi un unico spazio, con i pochi tavoli ben distanziati fra loro, una cucina a vista e una atmosfera quasi ovattata di grande piacevolezza. Come entrare nel salotto di una casa amica, insomma. Già la dichiarazione programmatica che sta alla base della filosofia del ristorante, la dice lunga: “L’Italia è rinomata nel mondo per arte, storia, cultura e bellezza paesaggistica. Il vero protagonista però, che ci viene maggiormente invidiato, è il vasto mondo culinario. Anche in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo la cucina continua ad essere una vera salvezza”. E noi confermiamo. Dai piatti assaggiati, infatti, abbiamo avuto grandi soddisfazioni: Tortelli, ricotta di mandorla melanzane e sgombro sono un piatto notevole, mentre il Riso con sugo di triglia, n’duja arancia e curcuma un mix di Mediterraneo e Oriente davvero memorabile, così come il tonno rosso in mozzarella, meringa e basilico particolarmente creativo. Fra i secondi, semplici definizoni in menù nascondono piatti ricchi di suggestione: Cernia, peperonata, pistacchio e menta, Spada alla Mediterranea, Manzo alla pizzaiola, Piccione e prugne. I dessert: Melone e mandorla, Pesca (la mitica merendella, piccolo frutto bianco) al vino rosso o con patata e vaniglia, Ananas glassata al caffè, salvia e latte di bufala, Pistacchio, ricotta e alloro. Volendo, si possono “costruire” tre Menù degustazione, dai nomi suggestivi: Felicità, di otto portate, Amore, di sei portate, Grazie, di quattro portate, che consentono, a seconda di fame e curiosità, di spaziare su diverse preparazioni. Un modo intelligente di consentire diverse esperienze culinarie. Abbruzzino, forte di una stella Michelin, è una meta gastronomica di livello, da non trascurare in una viaggio quaggiù. La Calabria gastronomica è ricca di destinazioni di valore, sia sul fronte della tipicità che su quello dell’impegno creativo e talentuoso. Ricordiamo qui le altre grandi location gourmet: Pietramare, a Praialonga, chef Ciro Sicignano, Dattilo, a Crotone, chef Caterina Ceraudo, Gambero Rosso, a Gioiosa Jonica, chef Riccardo Sculli.

Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it Iniziative speciali Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it Amministrazione amministrazione@edifis.it Foto Archivio BARtù; Alvise Barsanti; Marcello Bocchieri; M. Borchi; Stefano Borghesi; A. Carra; Armin Huber; Claudia Calegari; Gaetano Del Mauro; Pieter D’Hoop; Paco Lloret; Villagra Lopez; Martina Mambriani; Mauro Montana; Patischie; Barbara Santoro; Roberto Savio; Renato Vettorato Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (Mi) Prezzo per una copia E 5,00 - Arretrati E 10,00 Abbonamento Italia: E 50,00 - Europa: E 80,00 - Resto del mondo: E 100,00 abbonamenti@edifis.it

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