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Bar | Alberghi | Ristoranti
COVER STORY Guglielmo Miriello La forza del mix TOKYO Heinz Beck Il talento di Molaro L’INTERVISTA Scarello, rispetto per il cliente LISBONA Red Frog Bar Drink memorabili
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Editoriale
B.A.R. il piacere è trasversale I più grandi consensi alla linea editoriale di BARtù arrivano (guarda un po’) dagli chef. Noi, un po’ timorosi che allargare i contenuti del nostro magazine al canale Bar suscitasse qualche seppur lieve mal di pancia all’esercito dei cuochi, ci siamo dovuti ricredere. In realtà, il nuovo magazine, che dal vecchio Artù ha preso tutta la linfa necessaria per diventare BARtù, è già percepito come espressione editoriale di tutto il variegato comparto del pubblico esercizio italiano: dal Bar all’Albergo ai Ristoranti. Il B.A.R. ovvero la definizione italiana per Ho.Re.Ca. , un’espressione che non mi ha mai fatto impazzire, non fosse per la musicalità della dizione, che lo fa assomigliare al ciangottare ripetitivo del pappagallo. BARtù non ha pretese, non essendo presuntuoso: ha solo la volontà di raccontare, nel miglior modo possibile, il grande cambiamento in atto nel nostro settore, un settore fatto da uomini e donne, in cui la passione deve prevalere su ogni altro valore. Se così non fosse, ci chiediamo, l’impegno professionale sarebbe ripetitivo e insulso, quasi una condanna.. La storia di copertina di questo numero, dedicata a Guglielmo Miriello, restaurant manager (lo avevamo conosciuto al milanese Dry di Andrea Berton) ma anche bartender (la sua cultura professionale, approdata al Ceresio7, ne fa un professionista di valore anche nel settore del bar) è emblematica di questo “cammino in divenire” che avvicinerà sempre pià mondi apparentemente diversi, come quello del bar e quello della ristorazione, ma in realtà assolutamente sinergici. Già nei grand hotel (la A del B.A.R.) la cultura del bere miscelato (oggi mixology) aveva aperto una breccia di alta professionalità e immagine… Erano gli anni Settanta
e Ottanta dei mitici barmen, dell’Aibes di Umberto Caselli, della figura del bartender “aperto al mondo”, quasi un confessore, un professionista che sapeva cogliere nel profondo le aspettative di un cliente esigente e di fascia alta. Franco Zingales, dal canto suo, aveva dato un grande impulso alla valorizzazione del bar e delle sue figure di riferimento. Bei tempi, quelli. Poi, per anni, il nulla. Se non un interesse molto “interessato” (perdonate il bisticcio) da parte di pubblicazioni più marchettare che realmente prese dal cogliere (e dal raccontare) cosa c’è dietro alle apparenze, dietro alla proposta di un drink, o di un piatto particolare, o di un soggiorno in un certo hotel con una certa SPA. Molto “copia e incolla”, molta aria fritta, tanti “redazionali” più ossequiosi che altro. Beh, noi siamo diversi. Crediamo nell’informazione. Crediamo nei contenuti. E siamo certi che le aziende del nostro settore preferiscano essere protagoniste del cambiamento che soggetti di citazioni pseudogiornalistiche fine a se stesse. Comparire non sempre equivale ad esserci. Per questo BARtù è vicino alla business community: non per esserne l’house organ, o per offrire visibilità fittizia, passeggera e omologata. Ma, semmai, per raccontare storie vere, fatte da rapporti diretti con il mondo imprenditoriale, frutto di relazioni autentiche, di partnership e di progetti e interessi comuni. Detto questo, voglio dare una spiegazione a quanto scritto in apertura sul gradimento e l’attenzione da parte dei nostri amici chef: credo che tale benevolenza derivi, oltre che dalla serietà con cui da anni scriviamo di loro, dal percorso professionale che molti di loro stanno compiendo. Carlo Cracco ne è esempio eclatante. E con lui la famiglia Cerea,
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Heinz Beck, Davide Oldani e tanti altri grandi professionisti dell’alta ristorazione, che sanno guardare oltre. Mi spiego: la ristorazione di eccellenza ha bisogno di semplificarsi, di rendersi comprensibile ed immediata (come ama ripetere fra gli altri Paolo Borzatta, fan della nostra “ristorazione ragionevole”). E’ tempo di sancire lo sdoganamento del gusto da logiche liturgiche e inaccessibili verso formule di più rapida ricezione (street food, taste, food on the go) di un sapere e di un’estetica del cibo da godersi serenamente, senza dover aver studiato l’abaco prima di assaggiare un piatto e riconoscerne i singoli ingredienti. Come per il vino, aldilà del sapere le percentuali dei vitigni che lo compongono, conta la gradevolezza del prodotto (e non devi essere enologo per apprezzarlo), così c’è un bisogno diffuso di percezione/comunicazione semplificata. Il monde del bar di livello piace ai ristoratori e persino ai direttori d’albergo perché lì è il gusto a vincere (ed il business che nasce in questa equazione). La gradevolezza di un drink, accompagnato da un food indimenticabile, è l’arma segreta del successo, insieme al massaggio e all’armonia che ti dà una struttura alberghiera di prim’ordine. E il piacere arriva prima, molto prima, di ogni lezioso, supponente tecnicismo. La comunità del B.A.R. –in questo senso- è molto più trasversale, ed unita, di quanto molti credano. E faremo di tutto per dimostrarlo. • Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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Sommario
Editoriale 2 B.A.R. il piacere è trasversale 6 B.A.R News L’intervista 28 Guglielmo Miriello, il mitico Bartender L’opinione 32 Oggetto: stop alle rivisitazioni? 34 Filiera corta, siamo primi in Europa Focus Bar 36 Red Frog a Lisbona il drink evoluto 38 Rum, spazio al Bartending 40 Succhi Del Monte. Frutta al 100% 42 Aqua Crua scopre la Mixology 44 Anche Dianella punta sui cocktail 46 Partesa in prima linea sul fronte del Bio Protagonisti food 49 Gestire la sala. Affare delicato L’intervista 50 Scarello & co. La dedizione totale Focus Food 54 Heinz Beck Tokyo. Il talento di Molaro Focus Giappone 58 Miso Hanamaruki. Texture dal volto umano Focus Food 64 Misaki, Sushi a Napoli Accueil 68 Salute Palace. Alcova di classe 72 Convento di Amalfi mitica Costiera 78 Ana Roš, anche l’alpeggio è stellare Equipment Wine 82 Andrea Berton e l’eleganza di Nude Equipment Food 84 Servizio, stile, dettagli. La passione secondo ROS Gusto e mercati 86 Effetto Chateau Lafite e l’inconsapevole potenza dell’udito La ricetta di BARtù 88 La classe di Oreste, lo stile di Annamaria La foto di BARtù 90 Grand Hotel Villa Serbelloni, a Bellagio 92 Pillole 94 Alberto’s Choice Gattullo, il mito vive e resiste
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In copertina: Guglielmo Miriello, bartender a Ceresio 7, a Milano, ben rappresenta il momento di “fusione” fra offerta di drink e food pairing di livello. Grazie anche a uno chef del calibro di Elio Sironi (foto di Villagra Lopez)
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direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it
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B.A.R. News Il piacere di un buon e bravo Pepe
Il perlage di Krug e la cucina di Buonocore
Il pepe non è solo uno degli ingredienti più versatili in cucina, ma rappresenta anche l’eccellenza in un cognome. Nello spazio di 24 ore, due maestri dell’arte culinaria hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti in campi particolari come quelli della pizza e della pasticceria. Il primo è stato, lo scorso 24 luglio, Franco Pepe (a giugno, già insignito del titolo di
L’Italia è una cartolina perfetta dove ambientare l’eccellenza. La Maison Krug ha pensato alla Liguria per presentare la prima tappa dei Krug Encounter, appuntamenti che si svolgeranno in tutto il mondo, fino a novembre, per celebrare la ricreazione di Krug Grande Cuvée e Krug Rosé. Una due giorni, tenutasi il 24 e 25 giugno, che ha immerso gli ospiti nel mondo Krug e che è servita anche per presentare il libro Krug x Fish “Un mare di racconti”, il quarto della serie, dedicato, come i precedenti, all’esaltazione di un singolo ingrediente, il pesce, in abbinamento agli Champagne Krug. Il volume racconta l’esperienza di 12 chef delle Krug Ambassade del mondo che, a Maiorca, si sono imbarcati su un peschereccio, per partecipare a una battuta di pesca. Al rientro, hanno creato dei deliziosi piatti con il pescato, da abbinare allo Champagne Krug. Suggestiva è stata la cena sul mare, tenutasi presso Il Ristorante Langosteria Paraggi. Qui, è stato presentato il piatto a base di pesce dello chef Domenico Soranno, del ristorante Langosteria, Krug Ambassade, scelto dalla Maison per rappresentare l’Italia nel libro Krug x Fish, in abbinamento a Krug Grande Cuvée 166ème Édition e Krug Rosé 21ème Édition. Tra le varie creazioni pensate dallo chef Domenico Soranno, da evidenziare il piatto “Dentice con patate alla camomilla, pomodoro candito e chips di porro”, ideato durante l’esperienza a Maiorca, mentre lo chef degustava un calice di Krug Grande Cuvée. Appuntamenti che hanno visto la partecipazione di Olivier Krug, Direttore della Maison e sesta generazione della Famiglia Krug. “Il golfo del Tigullio è un posto magnifico e ben si sposa ad una Krug Experience inaspettata e particolare da vivere tra allestimenti marittimi e suoni anni ‘40”, ha spiegato Silvia Rossetto, Brand Manager Krug.
Ken, la panna per i professionisti MAM, Maestro d’Arti e Mestieri, conferito da ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana), creatore della Pepe in Grani, struttura-concept di Caiazzo che, per il secondo anno consecutivo, ha vinto il prestigioso premio di migliore pizzeria d’Italia e del mondo, seconda la guida 50 Top Pizza. A distanza di un giorno, a Brusaporto, in occasione della quinta edizione del rinomato “Gli Artisti dello Streetfood”, evento gourmet promosso dalla famiglia Cerea, quella del tristellato “Da Vittorio”, è stato premiato il maestro pasticcere Alfonso Pepe che ha così ringraziato, sul palco, per il riconoscimento ottenuto: “Sono onorato di ricevere questo premio, ma stasera non sono l’unico Pepe ad aver vinto. Qui è arrivato anche Franco, che si è riconfermato miglior pizzaiolo al mondo. Portiamo lo stesso cognome, una garanzia di qualità”.
KEN è il marchio della società spagnola LIASA, Lacteos Industriales Agrupados specializzata nella produzione di panna da montare e da cucina, per uso professionale nei settori food-service, pasticceria e ristorazione. LIASA dal 2013 si avvale della certificazione IFS (International Food Standard), e BRC (British Retail Consortium), lo standard globale specifico per la sicurezza dei prodotti agroalimentari. Tutte e due le certificazioni hanno lo scopo di favorire l’efficace selezione dei fornitori sulla base della loro capacità di procurare prodotti sicuri, conformi alle specifiche contrattuali e ai requisiti di legge, per migliorare costantemente il prodotto finale, fresco, che richiede rigorose condizioni di conservazione e che deve essere sottoposto a continui controlli di qualità. Le proposte faro per il mercato italiano sono centrate sulla panna che si caratterizza per una diversa percentuale di materia grassa, a seconda dell’utilizzo nel settore di competenza. La panna KEN viene trattata attraverso il processo termico UHT, utilizzato per la sterilizzazione di alimenti a bassa acidità e quindi in grado di distruggere tutti i microorganismi e rendere il prodotto idoneo per la distribuzione. Questo procedimento permette di conservare integre tutte le qualità organolettiche, senza l’aggiunta di ulteriori ingredienti, garantendo la totale assenza di contaminazione microbiologica. Inoltre, KEN elabora anche una panna specifica per la ristorazione con maggiori prestazioni rispetto ad un prodotto standard. La lunga durata, sino a 180 giorni, caratterizza tutte le proposte del marchio.
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B ar | A lbe r g hi | R i stor an ti
Dopo il successo di Follow Artù 2017, Edifis Eventi promuove BARtù 2018: due giorni di incontri, una conferenza plenaria, dodici convegni, decine di relatori, Sponsor d’eccezione, le Associazioni più rappresentative, un prestigioso Gala Dinner… un grande evento per affrontare “il tema dei temi”: la Passione. Il valore fondamentale per ogni performance positiva e vincente nel mondo B A R ovvero Bar, Alberghi, Ristoranti. B A R: l’HoReCa italiano di cui BARtù è l’autorevole e indiscusso portavoce. HANNO GIÀ ADERITO:
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la passione BARtù2018 lo stato dell’arte di Bar, Alberghi e Ristoranti, attraverso le testimonianze dei PROTAGONISTI del settore
Per informazioni: bartu@edifis.it bartumagazine.it
B.A.R. News
Il buonumore nei piatti di chef Romanelli
Al bar con Lady Amarena
Al centro lo chef Davide Romanelli “Sai di aver fatto un buon lavoro quando il cliente che assaggia…prima di tutto, sorride”. Parola di Davide Romanelli, nuovo chef dell’Hotel Royal Victoria Varenna, dimora storica incastonata in un affascinante paesaggio, tra le montagne lecchesi e una vista mozzafiato sul lago di Como, nel cuore del centro storico di Varenna. Dopo aver frequentato il corso per chef d’hotel, all’Accademia Nazionale Professioni Alberghiere, Romanelli ha affiancato lo chef Benjamin Hirst al ristorante “Da Necci” a Roma. Poi, un curriculum importante nelle principali catene alberghiere della capitale: Marriott Hotel, Gruppo Loan e Hotusa Eurostars. Vincitore del concorso “Spaghettitaliani”, ha approfondito la conoscenza delle tradizioni gastronomiche locali, nazionali e internazionali con Maestri come Mario Romani. Ora, la nuova avventura sul Lago di Como, in una struttura nella quale il pranzo e la cena sono vissuti come momenti unici della giornata. L’’hotel, infatti, propone due idee di food experience: il ristorante Victoria Grill, brasserie che dà sulla piazza del borgo e il Royal Gourmet, con proposte di cucina moderna e alternativa, attraverso un viaggio nel quale profumi e idee vogliono rendere unico ogni pasto.
“Che Macello” con chef Paolo Barrale Non solo Hamburger, ma anche i migliori tagli di carne e una serie di polpette a cui è difficile resistere: Che Macello è un indirizzo con la vocazione per la buona carne e la cucina napoletana. Un progetto nato a Frattamaggiore, in provincia di Napoli dall’idea di tre amici nel 2015. Che Macello oggi si presenta con un menu rinnovato basato su panini speciali e comfort food napoletani, birre artigianali e vini di alta qualità per pasti informali ma ad alto tasso di gusto. Un team giovane e affiatato che è stato coadiuvato dallo chef Paolo Barrale, executive chef Stella Michelin di Marennà, il ristorante della cantina Feudi di San Gregorio di Sorbo Serpico. Lo chef ha dedicato a Che Macello una rivisitazione dei piatti più rappresentativi della cucina napoletana (genovese, salsicce e friarielli, ragù) presentati come polpette. Un’autentica sorpresa per i golosi. Tutte le carni di Che Macello provengono da filiera corta, sono certificate e garantite. Tra i panini dello chef da segnalare quello con avocado e guacamole handmade, quello con carne cotta a bassa temperatura e l’immancabile proposta vegetariana. Attenta e particolarmente curata la mise en place con piatti, tegami, salsiere e taglieri che accompagnano e valorizzano ogni pietanza.
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Chi sarà incoronata nuova Lady Amarena, di questo 2018? Bisognerà aspettare il prossimo 24 settembre, sulla riviera romagnola, a Rimini, per scoprire la barlady italiana che avrà saputo stupire, con il suo cocktail inedito, l’apposita giuria di una competizione, nata nel 2015, per celebrare il primo centenario di Amarena Fabbri; contest giunto alla quarta edizione, nella sua doppia veste, italiana e internazionale. Dal 1° giugno, Fabbri 1905 ha aperto le porte alle donne che hanno fatto della mixology la loro professione, in un ambiente dominato dalle personalità maschili. Le barlady gareggeranno ideando un cocktail preparato con Amarena Fabbri e Mixybar Amarena Fabbri o con Marendry Bitter Fabbri. Per le concorrenti, tecnica libera e nessuna preferenza fra alcolici o analcolici. Il giorno successivo, invece, sette barlady straniere, che hanno partecipato al concorso nei loro paesi d’origine, secondo gli stessi criteri di gara, voleranno verso Rimini per sfidare, oltre alla campionessa italiana, anche Lady Amarena China e Lady Amarena Singapore, elette nei loro paesi durante l’estate attraverso concorsi nazionali. Dieci super-finaliste per assegnare la fascia mondiale di Lady Amarena.
B.A.R. News Il gusto e l’emozione a 360° Nuova apertura a Battipaglia, in provincia di Salerno: si chiama Olì 360 ed è ristorante, cocktail bar e pizzeria. Un progetto che punta a leggerezza dei piatti, alta qualità delle materie prime e design emozionale, firmato da Afa Arredamenti. Cucina e forni per la pizza sono al centro del locale: un’isola operosa con mani in pasta, fornelli accesi e chef al lavoro. Tutto a vista a 360 gradi. La filosofia è quella di coniugare il meglio in un’unica offerta gastronomica che punta alla semplicità e alla qualità delle materie prime. Battipaglia è a pochi chilometri dalla piana di Paestum, porta del Parco Nazionale del Cilento. Da qui la scelta di tanti prodotti e la definizione di un menu che racconta il territorio: la famosa mozzarella di bufala Dop, le marmellate artigianali a base di frutti come il fico dottato bianco del Cilento, le carni da allevamenti cilentani, il celebre carciofo di Paestum, la cipolla di Vatolla. La cucina può contare su un orto di proprietà e su prodotti Presidi Slow Food.
Tendenze: la salsa di soia diventa bio Kikkoman, il gruppo che affonda le sue radici nella produzione e nel commercio di salsa di soia, oggi propone la referenza Organic. Prima però di entrare nel vivo del nuovo prodotto, è doverosa una breve presentazione dell’azienda. Come molti già sanno, si tratta di una realtà giapponese che conta circa 6.500 dipendenti; le sedi sono in Giappone, Singapore, Taiwan, Cina, Australia, Canada, Stati Uniti ed Europa. I prodotti Kikkoman provengono dai 9 siti produttivi in Giappone, Stati Uniti, Singapore, Taiwan, Cina e Olanda (aperto nel 1997 per rispondere alla domanda crescente di salsa di soia in Europa) e sono circa 400 milioni i litri di salsa di soia a fermentazione naturale che lasciano ogni anno gli stabilimenti, tanto che sono milioni le persone in tutto il mondo che conoscono e utilizzano la salsa di soia a fermentazione naturale. In Giappone e oltreoceano, Kikkoman è attiva anche in altre aree commerciali affini, dirigendo società affiliate nei settori di articoli farmaceutici, vini, liquori, succhi di frutta, prodotti a base di pomodoro e prodotti alimentari, o detenendo quote di aziende già esistenti nei settori citati. Kikkoman vanta inoltre società dipendenti nel settore commerciale e della ristorazione. Ristoranti di cucina giapponese di spicco, come Daitokai a Berlino e a Colonia, appartengono al gruppo Kikkoman. Il gruppo JFC International, uno dei maggiori commercianti all’ingrosso di autentici prodotti alimentari asiatici, è una società affiliata al 100% del gruppo Kikkoman. Tornando alla nuova referenza, la salsa di soia biologica conta pochi ingredienti sapientemente miscelati, ed è prodotta solo con la soia “qualità premium” OGM free, grano OGM-free biologico e sale. Dunque, essendo priva di conservanti e derivati animali, si propone come prodotto ideale per coloro che seguono una dieta vegetariana e per tutti quelli che vogliono arricchire di un nuovo sapore i piatti della tradizione orientale e occidentale. Prodotta in una fabbrica speciale e con materie prime dedicate, la salsa di soia Kikkoman Organic è certificata secondo le leggi Europee. Anche il processo di produzione è attentamente monitorato per garantire la consistenza della salsa di soia tradizionale. La Salsa di Soia Biologica Kikkoman, come tutta la gamma di prodotti a marchio Kikkoman, è importata e distribuita da Eurofood.
Evviva ‘A Pizza senza lattosio L’intolleranza al lattosio è quel complesso dei sintomi dovuti all’incapacità di digerire il lattosio, il principale zucchero del latte. Questa è causata da una carenza di lattasi, l’enzima che scinde il lattosio in zuccheri semplici che vengono poi assorbiti dal tratto gastrointestinale. L’aumento costante di intolleranti spinge le aziende attente alle esigenze di tutti i consumatori a brevettare prodotti privi di lattosio. È quanto realizzato con successo da ‘A Pizza, il brand made in Napoli che distribuisce pizze artigianali fatte a mano, cotte nel forno a legna e subito abbattute grazie ad un sofisticato processo di criogenesi. Dopo la gamma senza glutine ‘A Pizza lancia una Pizza margherita senza lattosio, preparata con mozzarella delattosata, con lattosio inferiore allo 0.01%, e una Pizza rossa, ovvero olio e pomodoro. Ogni pizza ha un impasto a lunga lievitazione preparato dalle sapienti mani dei maestri pizzaiuoli.. Si ordina al numero 3668997779 e anche on line sul sito www. apizza.it. Viene distribuita in un’elegante Frozen-pack a domicilio e, tramite corriere espresso diretto, arriva in 24-48 ore dalla sua spedizione in tutta Italia. Si conserva nel freezer di casa, è sempre a portata di mano e pronta in pochi minuti.
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B.A.R. News
Dining with the Stars a Lugano apre con Aprea Dopo il successo della rassegna primaverile che ha avuto per protagonisti Antonio Guida e Andrea Berton, Dining with the Stars ritorna, a Lugano, con tre nuovi appuntamenti per un autunno a tutto gusto. THE VIEW Lugano, con la regia di Martino Crespi Events, è a location che ospita tre cene d’autore firmate da Chef 2 stelle Michelin. L’11 settembre, è toccato ad Andrea Aprea, alla guida del milanese “VUN Andrea Aprea”, ad inaugurare la stagione autunnale, mentre il 15 ottobre sarà la volta di Alberto Faccani del “Magnolia” di Cesenatico (Fc) e infine il 26 novembre toccherà a Emanuele Scarello del ristorante “Agli Amici” di Godia (Ud) essere ospite della cucina del boutique hotel. Un menu suggestivo quello proposto da Aprea. Dopo l’aperitivo anni ’80, viene servito Caprese… Dolce Salato e, a seguire, Scampo, Porcini, Acetosella, Malto D’Orzo. Primo piatto a base di Riso, Limone,
Andrea Aprea Gamberi Rossi, Capperi, Rosmarino, mentre il secondo è Baccalà, Pizzaiola Disidratata. Conclusione con Fragole al Maraschino, Cioccolato Bianco, Meringa, Nepetella. La cucina dello Chef Andrea Aprea si distingue per una decisa contemporaneità e uno slancio verso il futuro pur mantenendo un piacevole dialogo con la tradizione. I suoi piatti sono il connubio perfetto tra i sapori mutuati dalle sue origini napoletane e le tecniche apprese durante i suoi trascorsi cosmopoliti: sapori fedeli alla cultura gastronomica italiana che incontrano i nostri sensi in modo inatteso. “La mia cucina contemporanea guarda al futuro senza mai dimenticarsi delle sue origini.” Dining with the Stars è un’iniziativa che nasce dalla filosofia di Planhotel Hospitality Group, volta a rendere l’esperienza dei propri ospiti unica e memorabile. Oltre a coinvolgere Chef italiani, l’iniziativa ha interessato nelle scorse edizioni anche gli Star Chef europei di Jeunes Restaurateurs.
Sigep, il chicco di caffè diventa un mondiale Per la prima volta arriverà a SIGEP (Rimini, 19-23 gennaio 2019) il World Coffee Roasting Championship, competizione mondiale che premia l’eccellenza nella torrefazione del caffè. Il Salone internazionale del dolciario artigianale accoglierà i migliori professionisti internazionali di un settore che stima in oltre 1 miliardo il valore del commercio mondiale dell’esportazione del caffè torrefatto. I concorrenti saranno valutati in base alle loro prestazioni valutando la qualità del caffè verde, sviluppando un profilo di tostatura che accentua al meglio le caratteristiche desiderabili di quel caffè e sull’ultima tazza di caffè tostato.
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L’acqua Norda seduce a tavola E diventa “Sinuosa” La seduzione, si sa, passa anche attraverso le curve. Lo sa bene Acque Minerali d’Italia che ha lanciato sul mercato dell’alta ristorazione la nuova bottiglia in vetro a rendere, dal design innovativo e distintivo. Nata da un Master in packaging design con lo IED, “Sinuosa”, nome evocativo, racchiude le qualità dell’acqua Norda, uno dei Masterbrand che compongono l’offerta di AMI. Una forma “ad anfora” seducente e accattivante, dalle linee morbide e dalle spalle arrotondate; ha il collo leggermente allungato che contribuisce a dare slancio alla bottiglia stessa. L’originale profilo de “La Sinuosa 75” viene valorizzato e salvaguardato con scelte tecniche che permettono al ristoratore di portare in tavola sempre una bottiglia con un’immagine di alta qualità. Inoltre, sulle spalle della bottiglia sono presenti due loghi Norda in rilievo, come firma a garanzia della qualità del prodotto e del packaging. Le etichette, create specificatamente per “La Sinuosa 75”, metallizzate, sono su fondo oro per la versione Mossa (Frizzante) e argento per la versione Ferma (Naturale) e riportano una montagna stilizzata (in laminato), a sottolineare la provenienza e l’origine di un’acqua minerale naturale “microbiologicamente pura”.
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B.A.R. News Con Illy, gusto e sostenibilità Illycaffè, leader nel segmento del caffè di alta qualità, ha annunciato i 9 Paesi i cui migliori lotti di Arabica sono stati scelti per il terzo Ernesto Illy International Coffee Award (a New York, il 4 ottobre). Il riconoscimento, in memoria di Ernesto Illy, figlio del fondatore di illycaffè, celebra i quasi tre decenni di collaborazione tra l’azienda e i produttori, per realizzare il sogno di offrire il miglior caffè al mondo. I selezionati sono Brasile, Colombia, Costa Rica, El Salvador, Etiopia, Guatemala, India, Nicaragua e Ruanda. Illycaffè porterà 27 coltivatori (3 per Paese) a New York per onorarli nel corso di una cerimonia alle Nazioni Unite. Al contempo, una giuria indipendente di esperti internazionali valuterà i 9 caffè finalisti in tre diverse preparazioni (espresso, caffè filtro e cold brew) decretando il “Best of the Best” 2018 . “Dal seme di un’idea che mio padre ha piantato in Brasile quasi 30 anni fa, è germogliato un movimento che punta a diffondere nel mondo il caffè di alta qualità sostenibile e che, allo stesso tempo, mira a garantire condivisione di conoscenza, riconoscimento economico e sociale ai coltivatori del caffè”, ha dichiarato Andrea Illy, Presidente di illycaffè.
Andrea Illy
A Monteverro, arte protagonista Elena Saracino, artista poliedrica, torna a Monteverro nell’ambito della sesta edizione della kermesse Arte&Vino - un percorso eno-artistico che tocca arte, cultura, cibo, vino e ambiente - e firma l’opera Hic et Nunc, “Qui e ora”, ossia vivere l’istante come un eterno presente. Un’opera in marmo dalle due anime: una trottola – più piccola e dalle forme morbide – e una clessidra che si sviluppa in altezza. I due elementi possono essere ammirati fino al 30 settembre all’ingresso della tenuta Monteverro, la cantina gioiello adagiata sulle colline a metà strada tra il mare e Capalbio, in Costa d’Argento.
Winelivery e l’App per il b2b Winelivery, startup del drink delivery, ha deciso di volgere il suo sguardo verso il B2B, sfruttando la propria infrastruttura logistica e tecnologica e rivisitando il classico modello di distribuzione. L’avventura di Winelivery inizia nel 2016, con l’avvio dell’attività nella città di Milano, a cui seguono Bologna e Torino e Bergamo. Nel 2018 nasce Winelivery ho.re.ca. che si propone di offrire il servizio di Winelivery a un pubblico business, mettendo a Francesco Magro e Andrea Antinori, disposizione una vasta gamma di etichette prove- i titolari di Winelivery.com nienti da tutta Italia e Francia, attraverso un servizio di consegna express dove gli ordini vengono effettuati via app. Il funzionamento è semplice: il responsabile di Winelivery provvede alla creazione dell’account ho.re.ca al nuovo ristorante/bar; questi avrà poi la possibilità, dopo aver scaricato l’app di Winelivery, di accedere a una sezione dedicata ai partner business in cui troverà tutte le bottiglie con il prezzo per la distribuzione. Una volta inserito l’ordine il vino sarà consegnato in 30 minuti. Al momento il servizio è attivo su Milano.
A Taste of Rome, gli chef ispirati dalle opere d’arte Un’edizione incentrata sull’arte e tutte le sue declinazioni quella che avrà luogo a Roma dal 20 al 23 settembre presso i Giardini Pensili dell’Auditorium Parco della Musica. Per raccontare questo VII appuntamento si parte dal concetto di “evoluzione del gusto” che caratterizza la storia del Festival. A “Taste of Roma 2018” si scoprirà quale opera artistica italiana ispiri maggiormente la cucina degli chef protagonisti. Quest’anno il IV piatto del menu di ogni ristorante sarà il #piattodautore, ovvero la rappresentazione della loro evoluzione culinaria. «Lavoriamo con e per il cibo da anni, per noi rappresenta una delle massime espressioni artistiche che coinvolge i cinque sensi. In un’epoca come questa di grandi evoluzioni, torniamo all’origine, e la raccontiamo con innovazione, cercando anche quest’anno di regalare un’esperienza irripetibile» ha commentato Mauro Dorigo, General Manager di BE.IT. events. In scena oltre 20 fuoriclasse della cucina italiana e 72 portate realizzate live dalle cucine dell’evento. I visitatori potranno scegliere tra le diverse creazioni, componendo il proprio menu, già online sul sito tasteofroma. it. Numerosi anche le attività a margine che arricchiranno la manifestazione.
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A lezione da Milani, per preparare un buon caffè Il sapore di un buon caffè passa anche dalla mano di chi lo prepara. Un’arte che non si impara solo sul campo, ma che va raffinata seguendo delle apposite lezioni. L’Altascuola Coffee Training di Caffè Milani, da questo punto di vista, offre, a baristi e coffee lovers, dei corsi ad hoc, garantendo conoscenze approfondite sul mondo di questa bevanda. Sono numerosi gli appuntamenti presso la moderna aula corsi della Torrefazione Caffè Milani a Lipomo (Como): le lezioni affrontano aspetti sia teorici sia pratici, grazie a due postazioni bar complete dove gli alunni potranno esercitarsi. In particolare, il 18 settembre, per l’intera giornata, il tema sarà: Patente Assaggiatori caffè – IIAC. Successivamente, corso Espresso Italiano Specialist – INEI (25/9), Latte Art - 1° livello (9/10), Introduzione al mondo Brewing (22/10, al mattino), Latte Art - 2° livello (22/10, nel pomeriggio), Viaggio nel mondo del caffè – introduzione (6/11), Espresso e cappuccino da Altascuola (13/11). “La visita all’Esposizione Caffè Milani, che da più di un anno accompagna gli ospiti lungo tutta la filiera del caffè, letteralmente dalla pianta alla tazzina, ha fatto nascere la voglia di saperne di più sia da parte del consumatore finale, sia del barista - afferma Pierluigi Milani, titolare di Caffè Milani -. Per chi muove i primi passi in questo mondo affascinante, all’interno della programmazione della nostra Altascuola Coffee Training sono state messe a punto delle lezioni introduttive, accessibili a tutti, al caffè o a particolari metodi di estrazione, come il
brewing, che incuriosisce e apre a un nuovo modo di gustare il caffè. Le iscrizioni si possono effettuare al numero 031 280778, tramite email a info@caffemilani.it o compilando l’apposita scheda al sito http:// www.caffemilani.it/mondo-milani/altascuola/
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HOTEL
FIERA INTERNAZIONALE PER HOTELLERIE E RISTORAZIONE 15 - 18 OTTOBRE 2018 / BOLZANO Lun-Mer: 9.30-18.00 Gio: 9.30-17.00
hotel.fierabolzano.it
AUTOCHTONA NAZIONALE 15° FORUM UTOCTONI A I DEI VIN BRE 15-16 OTTO
B.A.R. News
Un Giro d’Italia gustoso, per chef e ristoratori di hotel Il Giro d’Italia è una iniziativa itinerante che, fino alla fine dell’anno, percorrerà il Paese con l’obiettivo di far incontrare produttori, distributori, chef, gestori di locali con le aziende del Food Service, coinvolgendo tutti gli attori della filiera, incrociando domanda e offerta. così da favorire il networking e lo scambio di esperienze. La quarta tappa di questo interessante progetto era prevista, il 10 settembre, a Villa Quaranta Wine Hotel & Spa, ad Ospedaletto di Pescantina (Vr). Un vero e proprio Tour itinerante formativo, pensato per chef e ristoratori dei vari territori, che sono invitati ad assistere ad una serata evento con protagonista la Squadra Nazionale APCI Chef Italia e le principali aziende del settore Ho.Re.Ca., per un educational che va dalla creazione del prodotto alla sua realizzazione sulla tavola. A coordinare la serata, Davide Pini, esperto di Gastromarketing, che dà spunti di marketing, comunicazione, con approfondimenti sui temi di attualità nel settore della ristorazione. Ogni ospite riceve, durante l’incontro, uno speciale kit contenente diversi materiali che gli permettono di avere sempre a disposizione le ricette e le referenze utilizzate.
Un dopocena al sapore di anice verde Come dare più sapore al vostro dopocena? Provate con un bicchierino di Anisette di Marie Brizard, non a caso definita “la francese con classe”. Prodotto storico della maison d’oltralpe, fondata a Bordeaux nel 1755, con anice verde mediterranea, che da sempre appartiene all’aristocrazia liquoristica francese. Sarebbe errato, però, liquidarlo solo come anice. E’ molto di più. La sua ricetta (secondo la leggenda, dono di un marinaio alla ragazza Marie Brizard che lo aveva soccorso), unica, segreta e immutabile da oltre 250 anni, si avvale di un sottile assemblaggio di undici piante e spezie che dà, come risultato, un liquore elegante e che, anche grazie alla doppia distillazione, dona al prodotto un bouquet raffinato e complesso di aromi, morbido, con un delicato equilibrio fra zucchero e alcool. E poi è rinfrescante, per merito dell’anice verde del bacino mediterraneo, che predomina nell’assemblaggio. Marie Brizard, infatti, utilizza solo anice verde mediterranea. Come va gustata? Ad esempio, come ingrediente base per cocktail nuovi. Un esempio? Riempite ¾ di bicchiere con Anisette di Marie Brizard e unite succo di limone spremuto, mezza fetta di arancia, mezza fetta di limone e acqua tonica.
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Cous Cous, tra degustazioni e integrazione L’integrazione può passare anche da un piatto. E’ il tema di fondo della prossima edizione del Cous Cous Fest, il Festiva internazionale dell’integrazione culturale che, all’insegna dello slogan “Emozioni unite”, animerà, dal 21 al 30 settembre, la bella San Vito Lo Capo (Trapani). Prendendo spunto dal cous cous, piatto semplice, simbolo di meticciato e contaminazione, si alterneranno dieci giorni di appuntamenti tra sfide di cucina italiane e internazionali (il pubblico assaggia, vota ed elegge lo chef vincitore), cooking show con stelle della cucina italiana (presentati da Cinzia Gizzi e Andy Luotto), talk show, concerti e spettacoli con Le Vibrazioni, Carmen Ferreri, Beppe Grillo, Fanfara Station, Alsarah e the Nubatones, Gemitaiz,The Kolors, Ermal Meta, Camera a sud, Akua Naru e Matranga e Minafò. Piatto forte, è il caso di dirlo, le degustazioni, con ben quasi 40 ricette tra cui scegliere nei menu proposti dalle Case del cous cous. Quest’anno l’offerta si arricchisce con l’area Cous cous & friends che propone specialità mediterranee. Acquistando il ticket si può degustare anche un prodotto di caffetteria Lavazza. E’ dedicata ai più golosi, invece, Dolcemente Sicilia.
B.A.R. News
Rational racconta il segreto del successo negli hotel di vacanza
Al Gin Day 2018, le eccellenze di Mavi Drink Al “The Gin Day 2018” che si è tenuto, a Milano, il 9 e 10 settembre, al Megawatt Court, evento interamente dedicato alla Juniper Experience, dedicato alla (in) formazione, grazie a incontri, master e approfondimenti intorno ai metodi di lavorazione del distillato, ha partecipato anche Mavi Drink, una delle eccellenze italiane nella produzione di liquori e spirits. Lo ha fatto con i due Gin Jodhpur, le punte di diamante della premium collection Five Senses. Il London Dry classico, dal 2018 disponibile anche nella esclusiva bottiglia 100 cl., distillato sei volte, è caratterizzato dai delicati sentori agrumati. La versione Reserve, invece, in bottiglia da 50 cl., vede il distillato sottoposto a un processo di invecchiamento lungo due anni in barriques di Rovere bianco, che contenevano brandy, dove macerano vaniglia e cacao tostato. Della Catalogna, invece, è Gin Volcanic, a produzione limitata, frutto di un blend di tre distillati diversi, filtrati con pietre vulcaniche. Un primo distillato è alle noci verdi, il secondo è il tipico London Dry Gin con oltre 16 Botaniche e, il terzo, è frutto della macerazione delle botaniche utilizzate per la produzione della Ratafia dell’azienda Russet.
Qual è uno dei riscontri abituali che ci portiamo, nelle nostre abitazioni, di ritorno dalle vacanze, a testimonianza che tutto sia andato per il verso giusto? “Mi sono sentito come a casa”. Certo, più facile a dirsi che a farsi per chi, magari, albergatore, si trova a dover gestire, contemporaneamente, più di 800 persone nella propria struttura. Come nell’amore, anche in questo caso la strada maestra è il cibo. Con l’aiuto di tecnologia moderna in cucina come il SelfCookingCenter® di Rational, praticamente ogni Chef nel mondo può servire un piccolo pezzo di casa ad ogni pasto. Il buffet della colazione aperto, può includere sia specialità locali, sia internazionali, creando la perfetta combinazione tra casa e cultura straniera. Ma la colazione preferita, sia essa fatta ad Atene, a Edimburgo o a Cape Town dovrà essere esattamente come quella di casa. Come è possibile farlo? Rational, leader nella produzione di forni combinati, ha affrontato questo problema per anni. In azienda, 250 chef lavorano quotidianamente insieme ad ingegneri e specialisti del settore alimentare provenienti da tutto il mondo per continuare a sviluppare il SelfCookingCenter®. Gli chef devono solo caricare l’unità per avere pronto uno straordinario buffet per la colazione, al resto ci pensa il SelfCookingCenter®, adattando automaticamente il clima della camera di cottura, la temperatura e il tempo. Frutto di questa costante ricerca è anche ConnectedCooking, il più grande network per le cucine professionali. Gli chef Rational hanno arricchito il database con centinaia di ricette internazionali per i loro clienti. Questo facilita di molto la vita agli chef negli hotel. Una volta selezionata la ricetta desiderata dalla libreria di ConnectedCooking, è molto semplice mandarla alla propria unità attraverso la rete.
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B.A.R. News Schweppes sposa la nuova frontiera del food pairing
Seeds&Chips, una partnership nella lotta allo spreco alimentare Seeds&Chips, The Global Food Innovation Summit, evento di riferimento a livello mondiale per il settore dell’innovazione della filiera agroalimentare inaugura la sede di San Francisco, grazie alla partnership con Treasure8, player attivo nella sperimentazione di sistemi alimentari secondo il principio dell’economia circolare, per incoraggiare il consumo sostenibile di cibo, maggior tracciabilità e sicurezza alimentare. Le due realtà uniranno le forze e metteranno ciascuno la propria expertise con il comune intento di mettere in luce le enormi potenzialità del settore in termini di innovazione e sostenibilità, ma anche di guadagno attraverso nuove fonti di reddito. “La chiave per la sostenibilità risiede nell’intreccio di collaborazioni che danno vita a nuove idee. Noi di Seeds&Chips ci crediamo fortemente e da anni lavoriamo al fianco di tutti coloro che stanno contribuendo alla trasformazione del food system mondiale” - afferma Marco Gualtieri, Presidente e fondatore di Seeds&Chips - “La partnership con Treasure8 rappresenta una grande opportunità per entrambi. Insieme sarà possibile avviare una trasformazione della catena alimentare globale verso un sistema più efficiente e sostenibile.”
Norda rinnova la partnership con il Volley Bergamo Per la stagione di A1 2018/19, la plurititolata squadra del Volley Bergamo, che vanta i maggiori successi nella pallavolo femminile, sarà affiancata, ancora una volta, da Norda, brand appartenente al Gruppo Acque Minerali d’Italia spa con Sangemini e Gaudianello. Da molti anni il marchio Norda, fondato e gestito dalla famiglia Pessina, è molto vicino al volley bergamasco, grazie ad una vera e propria passione per lo sport insita nel DNA dell’azienda. Carlo Pessina (Consigliere Delegato di Acque Minerali d’Italia spa) ha dichiarato: “Il sostegno al Volley Bergamo è per noi motivo di grande soddisfazione sia per una questione territoriale e geografica, sia per la consolidata partnership costruita nel tempo con passione e tenacia che ha portato grandi successi e trofei e imbastito nuove sfide per nuovi traguardi. La nostra vicinanza alla squadra bergamasca è frutto della nostra passione per la pallavolo e per lo sport in generale che ha da sempre connotato la nostra storia sin dalle origini (1969). Siamo convinti che laddove le passioni si incontrano anche i progetti e i conseguenti obiettivi si consolidano e si realizzano. Il volley educa a curare il proprio benessere in modo sano e pulito, divertendosi.”
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Schweppes è divenuto un ingrediente fondamentale nelle ricette dei migliori drink. La riprova si è avuta a “The Gin Day”, l’evento internazionale dedicato al Gin, al Genever e a tutti i botanicals del mondo beverage, tenutosi a Milano. Schweppes era presente con un suo corner con Ginger Beer e la gamma di Toniche Schweppes Premium Mixer. Negli ultimi anni, il concetto di food pairing si è evoluto ed è passato dall’abbinamento fra due cibi alla sincronia perfetta tra food e drink. Schweppes ha “sposato” questa nuova frontiera con la sua scelta di utilizzare ingredienti diversi che si combinano in un mix ideale a provocare, nel consumatore, una nuova esperienza sensoriale. È il caso di Schweppes Premium Mixer, la linea creata col supporto di mixologists di fama internazionale, pensata per esaltare gli aromi e le sfumature dei diversi tipi di Spirits e per soddisfare le esigenze degli amanti più esigenti del cocktail. Schweppes Premium Mixer è caratterizzata da un design particolarmente ricercato, dagli aromi naturali al 100% e dall’inimitabile persistenza delle sue bollicine, presenti fino all’ultimo sorso. E’ disponibile nelle tre varietà Tonica Original, Tonica Pepe Rosa e Tonica Hibiscus.
B.A.R. News Taverna Moriggi, tra passato e innovazione La Taverna Moriggi, punto di riferimento della ristorazione meneghina dal 1900, apparecchia nuovamente i suoi tavoli optando per una mise en place essenziale e raffinata, al pian terreno di “Palazzo dei Morigi”. Chef Andrea Gurzi, calabrese di origine, classe 1990, cresciuto con Sergio Mei al Four Seasons e, al suo attivo varie esperienze significative nelle brigate di cucina di importanti ristoranti stellati italiani ed esteri, con creatività e personalità rilegge in chiave contemporanea le antiche ricette di grandi classici della cucina milanese e regionale italiana. “Vitello tonnato a mo’ di tartare, finferli sott’olio al ginepro e tartufo nero estivo” , il “Panettone arrostito al burro e salvia con cioccolato di Modica e gelato alla ricotta, mandorle, limone”: la tradizione si riveste di originale, presentata dal giovane Maitre Salvatore De Biase, alla guida di in servizio di sala di garbo e professionalità realizzato da un team di giovani under 30 che sfiderà la modernità rilanciando una location con 3 ambienti principali, che non tradisce il suo passato raccontato dai muri di mattoni rossi e il soffitto a cassettoni. Aperta tutti i giorni dalle 12.30 alle 15.00 e dalle 19.30 alle 23.30, tranne il lunedì nella stagione invernale e la domenica in quella estiva.
Mimma Posca, CEO di Pommery Italia con lo Chef de Cave della Maison Clément Pierlot
Un buon film accompagnato dalle bollicine di Maison Pommery Mastercard e la Maison Pommery di proprietà del Gruppo Vranken-Pommery Monopole, secondo produttore mondiale di Champagne a Reims, hanno regalato ad alcuni clienti top spender una esperienza a Venezia durante la settimana della 75^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. I fortunati, hanno beneficiato di un soggiorno di due notti nello storico hotel Danieli in Riva degli Schiavoni, di una visita guidata a Palazzo Ducale, del transfert fino al Lido, della passerella sul red carpet e del cocktail sulla terrazza della Biennale al Palazzo del Cinema. Ovviamente, non poteva mancare la proiezione in sala e il rientro nel bacino di San Marco per la cena di gala al Caffè Quadri. Il tutto è stato accompagnato - dal primo welcome drink all’ultimo brindisi - dal perlage degli Champagne della prestigiosa Maison Pommery, per una intensa celebrazione del buon gusto associato all’Arte de Bien Vivre.
Volano le vendite dei vini biologici Cantina Tollo Il biologico è in grande crescita. Ne sono una dimostrazione i numeri dei vini biologici Cantina Tollo che registrano una crescita a doppia cifra. Nei primi 8 mesi del 2018, infatti, la cantina abruzzese ha segnato sul mercato italiano un +74% di vendite, mentre su quello estero ha registrato una crescita pari al +54%. Tra le maggiori aziende produttrici di vini biologici che, pioniera in Italia, ha scelto di produrre dal 2015 vini certificati vegan, Cantina Tollo continua a sposare con convinzione una filosofia di produzione che valorizza il patrimonio enologico autoctono abruzzese, preservando e tutelando ambiente e territorio. «La scelta di produrre vini biologici certificati vegan – spiega Andrea Di Fabio, direttore commerciale e marketing di Cantina Tollo – è nata ormai diversi anni fa dalla profonda consapevolezza del valore del nostro territorio e dal rispetto per la terra in cui viviamo e produciamo i nostri vini. È per noi un grande orgoglio essere stati tra le prime realtà vitivinicole italiane a condividere con i propri consumatori l’attenzione per queste tematiche, puntando su prodotti in grado di coniugare qualità, cultura del vino e una visione ambientale consapevole».
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Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro.
Royale Srl
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Lomazzo (Como) www.royale.it
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T 0296779645
Cover Story
Guglielmo Miriello, il mitico Bartender di Maurizio Bertera
A Milano, Ceresio 7 dà lezioni di mixology. Con l’aiuto di Elio Sironi, chef di talento ed esperienza. ‘Siamo ciò che facciamo ripetutamente, perciò l’eccellenza non è un atto, ma un’abitudine’. Lo ripeteva il saggio Aristotele e lo dice – con l’immancabile sorriso sulle labbra, 24 secoli dopo - Guglielmo Miriello all’ultimo piano del Ceresio 7. Abbiamo scelto lui per inaugurare la serie di incontri con i maestri della mixology, al di là della sua bravura, perché il 39enne ragazzo di Crispiano (cittaLocation dina in provincia di Taranto) giovani si è concentrati sul esprime al meglio l’era in esclusiva, food e prodotto e l’ho fatto pure cui chi lavora dietro il bandrink inimitabili, io. Ma alla fine, noi siamo cone deve possedere una degli ‘osti’ che accolgono visione, oltre che shakerare. con grande regìa. il cliente più diverso e si E Miriello sicuramente l’ha interfacciano con lui ogni sempre avuta, spostandosi giorno, continuando a imtanto nel nostro Paese e parare da loro. facendo un’incursione fonMa il ‘barista’ non lo ha sempre fatto? damentale all’estero – è stato bar maIn un grand hotel come in un locale alla nager del Sugar Bar di Maison Pourcel a moda o in un posto di provincia. Shanghai – ma soprattutto interpretando E’ vero. E aggiungo che la vera profesMilano al meglio prima al Bulgari Bar poi sionalità è servire il pubblico in ogni sial Dry Cocktail e Pizza (aprendo un nuovo tuazione. La sola differenza sta nell’amfronte) e da aprile 2017 al Ceresio 7, da biente, che ovviamente comporta un apsempre fucina di tendenza. proccio diverso alla clientela. Ma vengo Miriello, come è cambiato il lavoro di anche io dalla provincia e so bene che chi sta dietro il bancone? esistono colleghi bravissimi che hanno Per me è racchiusa in una sola parola: fatto la scelta di non muoversi, di non ospitalità. Perché la preparazione e la cercare gli hotel o il lusso. Tanti di loro presentazione di un cocktail restano hanno il piacere di dare l’ospitalità. Al indispensabili, compongono un procesCeresio 7, non chiedo mai ai miei ospiti il so che ha come destinazione la gioia di drink preferito, ma come si sentono oggi quanti sono davanti a te. Soprattutto da
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e cosa desiderano per stare bene. Senza retorica, il mio lavoro consiste nella scoperta dei loro desideri e nella creazione. Al Ceresio 7 è arrivato dopo esperienze importanti. E’ stato il primo caso di ‘bartender mercato’ seguito dalla stampa di settore; visto che al Dry in via Solferino aveva fatto scuola. Una situazione del genere, qualche anno fa sarebbe stata impensabile. In effetti, è stato un passaggio fondamentale nella mia carriera. Tornavo da Shanghaidove avevo imparato molto e mi ero confrontato con il mondo: trovarmi al Dry , con un progetto inedito e nel momento di pieno sviluppo della città, mi ha coinvolto totalmente. E’ stato interessante fare un lavoro di abbinamento tra la pizza e la mixology, ho capito il pubblico locale e sono diventato sicuramente più bravo nella gestione di un sistema. Non è stato facile lasciare il Dry, anche perché siamo andati oltre le aspettative
Guglielmo Miriello, il bartender del Ceresio 7; nella pagina a fianco: Il roof garden del locale con la piscina che si affaccia sullo skyline milanese.
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Cover Story della vigilia. Perché ha scelto il Ceresio 7? E che cosa non abbiamo ancora compreso di questo posto celebratissimo? Ho avuto molte proposte per lavorare in strutture interne ad hotel ma alla fine
Romantici nel cuore Che il Ceresio 7 sia un posto ‘leggero’ nell’estrema professionalità lo dimostra la prima pagina della carta dei cocktail dove si legge “Siamo romantici nel cuore ...Questa carta è un intrepido intreccio di passioni, connessioni e ispirazioni. Al suo interno non scoprirete solo misture alcoliche, ma pillole di storia e di arte di fare cocktail”. In effetti, al di là dei ‘codificati’ (che non deludono mai) c’è una visione completa dell’arte del bere, con grande profondità. Fantasia sì ma dettata dalla conoscenza del passato e ovviamente si vive nell’assoluta stagionalità. Quindi, siamo ancora alla carta di un’estate che non vuole finire: The Untouchables (reiventati o co-
munque ispirati dai classici come il Negroni Vintage), The Memory of Senses (potremmo definirli all’insegna di profumi e sapori particolari); The Beauty of Season (con forte presenza di ingredienti stagionali come nell’ottimo Peach & Love Tanqueray Ten, Aperol, St. Germain, shrub alla pesca bianca, pompelmo rosa e lime, Dandelion bitter) e No Hangover Drinks che rende piacevole la sosta a chi non ama l’alcol con gioiellini come il Pimlico: limone di Amalfi, mirtillo rosso, sherbet al pompelmo rosa e cardamomo, ginger ale.
ho capito che solo questo locale poteva essere la tappa successiva della mia carriera per tante ragioni. Non ho sbagliato. Secondo me, non si è ancora compreso quanto siano solidi i contenuti sia per il food sia per il beverage: è un posto elegante, sempre attuale, con un panorama unico e via dicendo. Potrebbe bastare
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ma lavoriamo tantissimo, dai direttori alla receptionist, per venire incontro al cliente. Che diventa fedele anche e soprattutto per questo. Questo locale cerca sempre di essere un passo avanti e spesso lo è. Cosa ha in serbo per i mesi a venire? Un grande lavoro sulla ‘pulizia’ dei cocktail. Già adesso facciamo buonissime cose utilizzando le estrazioni, il sottovuoto, le centrifughe ma non siamo ancora soddisfatti. Ecco perché stiamo iniziando a lavorare con un chiarificato-
L’accoppiata Sironi-Miriello Lo abbiamo presentato in anteprima nel precedente numero: Hellfire, burrata e crostacei. Un piatto ‘finito’ da un cocktail a mò di salsa, frutto dell’accoppiata Elio Sironi-Guglielmo Miriello. Nuova frontiera di un rapporto non facile tra food & drink, nato ovviamente all’estero. “Mi ricordo benissimo dei locali negli anni ’80 dove gli stranieri pasteggiavano con whisky, vodka, rhum – spiega lo chef brianzolo – disinteressandosi totalmente dell’abbinaGuglielmo Miriello insieme a Elio Sironi mento. Era anche la stagione delle pennette alla vodka che piacevano agli italiani e chissà potrebbero tornare…In ogni caso, ha sempre senso non fermarsi e sperimentare strade inedite, a patto di pensare sempre al cliente”. Con il bar manager si è creata un’intesa perfetta. “Ci si vede pochissimo ma scocca sempre la scintilla quando viene in cucina a fare la spesa o a crearsi le basi per i cocktail d’avanguardia. Poi ci dà modo di assaggiare in anteprima la nuova carta, il che ci consente di ragionare sui piatti del menu che possano trovare un felice abbinamento o a cosa servirebbe per completarne uno”. Si perché, è evidente che non esiste la soluzione perfetta per tutto: per un antipasto di pesce o un primo non è un’impresa trovare il cocktail giusto, ma per un piatto di carne tradizionale ha più senso ragionare su ‘qualcosa’ preparato al bancone che diventa salsa da versare al tavolo (e parlando con Elio, ecco che nasce l’idea di un nuovo ponce al whisky per un filetto di manzo…). Per Edoardo Grassi, uno dei tre soci-direttori di Ceresio 7 - gli altri sono Luca Pardini e Marco Civitelli – si tratta di logica evoluzione. “Sono convinto che cucina e cantina vivano in mondi diversi, sempre più separati ideologicamente. Saltati gli stereotipi, si beve quello che si vuole e lo dimostra il calo generalizzato del pairing: sia chiaro questo non toglie importanza al vino: noi per primi abbiamo una bella cantina italiana e di Champagne che amiamo, ma oggi è difficile creare un legame profondo tra i due elementi. Invece, la mancanza di basi certe e la voglia di stupire fanno sì che il rapporto tra un bartender e uno chef, bravi come i nostri, possa portare a risultati di rilievo, apprezzati dal pubblico”. Va detto che sono sempre di più gli stellati italiani che introducono nella sequenza di degustazione qualche ‘idea’ diversa dal vino mentre sono pochissimi i posti dove a ogni piatto viene abbinato un cocktail. Funziona? “Bisogna pensarci attentamente - dice Grassi - da un lato c’è il rischio di arrivare troppo pesanti alla fine dell’esperienza e dall’altro vanno fatte le valutazioni sul costo. Per me, in una cena, ha più senso giocare su tre proposte: un ‘vero’ cocktail versato in diretta nel piatto, una salsa-cocktail ideata tra bar e cucina che completa la ricetta e un cocktail che viene preparato dal bartender su basi culinarie. Così si ottiene varietà dell’offerta, completezza del gusto e giusta dose di divertimento per il pubblico”.
re di origine statunitense che permette di separare le parti più spesse, grasse e pesanti di un prodotto esaltando quanto resta dopo la centrifuga ad alta velocità. Ci piace l’idea di giocare sulla texture del cocktail e persino sul colore. Faccio un esempio: nella Pina Colada insieme al rum bianco, entrano crema di cocco,
ananas e lime: se tolgo la cremosità al cocktail senza cambiarne il sapore, diventa più pulito e più elegante. Sia chiaro, non vale per tutte le preparazioni e siamo all’inizio del progetto ma lo trovo esaltante. Curiosità legittima: il cocktail preferito da sorseggiare?
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Non posso indicarne uno solo. Bere così come mangiare resta un’esperienza legata agli stati d’animo che cambiano durante la vita, durante la giornata. In generale non amo i cocktail dolci e preferisco i grandi classici. Come un Dry Martini servito piccolo, molto ghiacciato, da bere in tre sorsi con oli essenziali di limoni di Amalfi. Mi piace Il Negroni preparato esclusivamente con Tanqueray Gin, vermouth Cocchi, Bitter Campari e scorza di arancia. Dopo una bella cena, mi regalo invece un Le Vieux Carré o un Old Fashioned. Tre ingredienti fondamentali nella sua dispensa? Il bergamotto, con le sue note fresche e profumate: un agrume diverso da tutti gli altri. Il fiore di sambuco che tra i ‘floreali’ ha una versatilità notevole. E il peperone che con la sua dolcezza permette cocktail eccezionali a base di mezcal e di rhum. E’ cambiato il percorso di crescita di un bar tender? I ragazzi di oggi hanno qualche strumento in più rispetto a quando ho iniziato. L’importante è cercare di fare il maggior numero di passaggi nell’eccellenza, in questo senso un hotel resta superiore al resto, soprattutto all’estero. La ripetitività del gesto è fondamentale: preparare la frutta per ore vale per noi come per i giapponesi curare la pallina di riso per il sushi. A quel punto, si può decidere se lavorare bene nella classicità oppure crearsi un percorso alternativo, dove si fanno cose più complicate ma al tempo stesso più stimolanti. In ogni caso non ne faccio una questione di età per scegliere, tanto più che il bar tender è un eterno immaturo Domanda scontata ma obbligatoria: consiglio finale a un aspirante Miriello? Come un cocktail ha bisogno di più ingredienti, deve possedere testa, cuore, anima. Dedicarsi totalmente al lavoro, mantenersi umili anche quando si pensa di aver acquisito una buona esperienza e ogni tanto fermarsi dal fare monologhi ed ascoltare gli altri.•
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Oggetto: stop alle rivisitazioni? di Oscar Cavallera
Una voce fuori dal coro esprime dissappunto sulle terminologie dominanti. Cucina onirica, cucina di avanguardia , cucina ironica, cucina rock, cucina mediterranea rivisitata, cucina con-fusion. Molti Chef contemporanei cercano più le parole che non i sapori dentro il piatto... sotto il nome della ricerca ci sono spesso ricette improvvisate. Lo chef artista copia, lo chef artista cerca vie dove l’apparenza ed il racconto prendono il posto della sostanza. Si cerca di stupire in ogni modo. Con i piatti dalle forge e dai materiali più diversi. Tutto fa parte del racconto, tutto ha sicuramente un senso e sono disposto ad accettare tutto, ma ricordiamoci che stiamo parlando di
un ristorante... cari lettori, non vivete la frase in modo dispregiativo, anzi , quello che desidero comunicare è esattamente il contrario. La ristorazione è azione del ristoro e quindi lasciamo a quei pochi veri eletti geni della cucina il loro meritato successo e il loro saper fare, per gli altri forse sarebbe meglio ripensare ad una cucina che preferirei definire consapevole. Una cucina dove una foglia è una foglia con tutta la sua struttura ,ma nulla di più . Una cucina raccontata da una ricetta dentro un piatto, da una cucchiaiata, una forchettata. Una cucina dal profumo deciso che ti conquista l’olfatto o il sapore delicato che ti fa subito pensare al mare, se nel piatto hai un pesce. Parole, parole, parole come “ Esperienza”, con la quale alcuni Chef giustificano ogni intruglio che ti mettono nel piatto. Parole, parole, parole abusate, come gourmet. La pizza
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gourmet, il ristorante sulla spiaggia gourmet, il panino gourmet, la baita gourmet e altre mille proposte ristorative gourmet... mi chiedo ma cosa veramente si intende per gourmet? Se faccio una pizza margherita con della buona farina, una buona lievitazione e pomodoro e mozzarella di alta qualità posso dire gourmet oppure no? Forse ci devo mettere salmone selvaggio e caviale iraniano? Se compro il pesce fresco dai pescatori e lo cucino alla griglia, proponendolo ai clienti in modo saggio posso pretendere di essere definito un ristorante gourmet? Ho la sensazione che si stia perdendo il senso delle parole . E poi gourmet dovrebbe essere chi mangia non chi propone la cucina allora forse si dovrebbe dire ristorante per gourmet anche perché il termine tradotto dal francese significa “buongustaio” Così mi piace già di più. Parole, parole, parole. Una continua ricerca di parole per creare uno storytelling che il più delle volte non trovi nel piatto. Ho la sensazione che troppo spesso lo Chef non voglia ristorarmi ma impartirmi una lezione, come pure alcuni Sommelier e molti barman che si fanno chiamare mixologist e danno più attenzione ai loro attrezzi che alle persone che hanno davanti. Barman, anzi, bartender, che si fanno i loro sciroppini fatti in casa e se ne vantano pubblicamente, senza sapere che molte volte sono fuori legge. Esperienze culinarie su e giù dallo stivale alla ricerca dell’ospitalità e poi mi accorgo che spesso non la trovo in un piatto o in un bicchiere, ma nel sorriso di una fanciulla, nella frase di un barman, nel racconto di un cuoco dal fare gentile, di un direttore di albergo ancora attento ai suoi ospiti e non solo ai numeri... vero Daniele? •
L’opinione
Filiera corta, siamo primi in Europa di Stefano Bonini
Ogni anno 4.500 nuovi pubblici esercizi. Il B.A.R. italiano è in continua evoluzione e crescita. 334mila pubblici esercizi per un giro d’affari di 76 miliardi e 730mila dipendenti (il 78% dei quali con contratti a tempo indeterminato), sono i numeri che sanciscono la leadership europea del settore ristorativo italiano. E’ interessante quanto emerge dall’ultimo studio Fiepet – CST perché oltre a fotografare un settore in salute e in espansione, caratterizzato da un elevato dinamismo e da una spiccata attenzione ai nuovi trend (affermazione dei cibi da asporto) e ai bisogni degli italiani, al nostro culto per il “mangiar fuori”, smonta alcuni luoghi comuni che lo permeano, e che molti non addetti ai lavori contribuiscono ad alimentare. Si tratta di dati che, per quanto quantitativi e suscettibili di analisi e approfondimenti qualitativi, rendono l’idea della dimensione e dell’importanza economica della ristorazione e dei suoi protagonisti nel nostro Paese. Tra il 2012 e il 2017 le attività ristorative sono cresciute di 22mila unità (+7%), in media 4.500 imprese in più ogni anno, oltre 12 nuovi pubblici esercizi al giorno, ovvero un’attività di somministrazione ogni 180 persone, più della Francia (una attività ogni 300 persone) e della Germania (una ogni 450). L’espansione del settore negli ultimi cinque anni ha coinvolto tutto il Paese, ma è interessante notare come a tirare la crescita per una volta ci siano due regioni del sud come Sicilia (+16,1%) e Campania (+12,4%), seguite dal Lazio (+12,3%). E’ una bella notizia.
Oltre Bottura, Cracco e Cannavacciuolo, punte più avanzate del sistema (soprattutto mediaticamente), c’è dunque molto di più. Un tessuto imprenditoriale vivo, dinamico, innovativo che contribuisce quotidianamente in maniera determinante a diffondere e consolidare il valore di quel made in Italy tanto apprezzato in tutto il mondo … soprattutto a tavola. Non è dunque solo merito dei nostri moschettieri armati di stelle, cappelli e forchette che, d’altra parte, hanno avuto un ruolo primario nell’accendere i riflettori dell’interesse mediatico nazionale e internazionale, e nell’accrescere la passione e l’amore dei turisti stranieri per la cucina italiana. C’è piuttosto una crescita generale dell’offerta, con il 76% circa dei pubblici esercizi italiani che nell’ultimo anno ha effettuato almeno un investimento innovativo per nuovi strumenti di preparazione, conservazione e cottura degli alimenti (indicato da oltre il 55%). E poi ci sono quelli che hanno implementato l’utilizzo di filiere corte per avere ma-
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terie prime a km. 0 (41%) o quelli hanno introdotto nuovi software gestionali (22%) per essere presenti su piattaforme di prenotazione e delivery online come Foodora e The Fork. Certo, ai vertici del movimento c’è l’élite della nostra cucina: 356 aziende “stellate” (nel 2018) che sulla qualità hanno scommesso tutto e che, con grandi sforzi imprenditoriali e notevoli rischi, riescono a produrre un volume d’affari vicino ai 260 milioni di euro e ad ospitare quasi 2,3 milioni di commensali l’anno (per una spesa media pro-capite vicina ai 115 euro), la metà dei quali stranieri. Un attrattore e un volano importante però per i territori in cui si trovano, con un effetto moltiplicatore difficilmente calcolabile su pernottamenti, acquisti di prodotti enogastronomici collegati e attività varie. E non ho dubbi che questa filiera virtuosa possa rappresentare davvero una delle più efficaci direttrici di sviluppo economico, turistico e culturale high spending per il nostro Paese.•
Focus Bar
Red Frog a Lisbona, il drink evoluto di Theo Smith
Il locale è fra i cento migliori bar al mondo. Talento creatività al servizio della mixology. Lisbona, la capitale del Portogallo, sta vivendo un momento storico di grande vivacità culturale e artistica, che in qualche modo ha dato il via anche a un frizzante circuito di ristoranti e bar di ottimo livello, forse impensabili fino a qualche anno fa. Se il capostipite tra i cocktail bar cittadini più evoluti rimane il Cinco Lounge, tutt’ora sulla breccia, la grande novità dell’ultimo biennio è stato sicuramente il Red Frog Speakeasy, primo nella tipologia dei “bar nascosti” e indirizzo entrato prepotentemente nel-
la classifica dei migliori 100 Best Bar al Mondo nel 2017, alla novantaduesima posizione. Si trova in un locale sotterraneo situato al civico 5a di Rua do Salitre, nel cuore cittadino, e per accedere bisogna suonare un campanello con l’invitante scritta “Press for coktails”. Una volta osservata la grande rana rossa simbolo del bar che troneggia all’esterno dell’edificio, ci si avventura in un sotterraneo che è il regno del simpatico Paulo Gomes, il cui curriculum mescola diverse curiosità. Trentottenne con la passione per il basket e la musica rap, Paulo è cresciuto, allo scoccare della maggiore età, formandosi dietro il banco dell’Hotel Mundial di Lisbona, e si è affinato nell’arte della
A sinistra: Paulo Gomes
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mixologia moderna e classica arrivando ad aggiudicarsi nell’ultimo triennio le maggiori competizioni lusitane dedicate ai migliori bar, grazie proprio al Red Frog aperto insieme all’amico Emanuel Minez e inaugurato nel maggio 2015. Il locale nasce ispirandosi a un celebre bar londinese, il Nightjar e cresce velocemente intorno all’idea di voler rappresentare la filosofia dei grandi maestri barman, trasportando quei cocktail memorabili sino ai giorni nostri. Tutto questo però mantenendo una visione globale di fondo, dove la volontà di utilizzare tecniche raffinate e d’avanguardia (il Red Frog ha una piccola stanza laboratorio dove si sperimenta a lungo la magia che poi si avvera
“Gli incredibili cocktail preparati in uno scenario di forte suggestione”
al banco), si mixa, è il caso di dire, alla curiosità di utilizzare una materia prima che esce spesso dai confini europei (per fare un esempio,il cocktail Aloha, con base gin Monkey 47 vede la presenza di un frutto esotico come il durian). Se si capita al Red Frog, tra cocktail destrutturati e interpretazioni davvero personali, la scelta offre una gamma di piaceri liquidi per tutti i palati. Qualche consiglio? Il rinfre-
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scante e floreale Agent Provocateur, con Hendricks, rabarbaro, pepe rosa, kombucha e rosé; il forte e complesso Popcorn ‘n’ Oil, con rum El Dourado 12, popcron di ghee, olio di cocco e cordiale al lime, oppure l’intenso Say:Banana, con whiskey Monkey Shoulder, banana, speculoos e funghi shiitake affumicati. Per chi ama le sperimentazioni un po’ estreme il Red Frog è davvero un paradiso, se si pensa che alcuni dei cocktail prevedono anche il tartufo bianco, il raz el hanout, il grasso del bacon, la quinoa e il kefir, tra gli altri. Da degustare anche in una saletta segreta alla quale si accede dalla libreria in fondo alla sala. Sempre che riusciate a trovare l’ingresso… •
Focus Bar
Rum, spazio al Bartending di Giovanna Moldenhauer
Cocktail fascinosi per momenti raffinati. Tipologie e proposte originali. L a casa edi trice W hi te Star ha recentemente pubblicato il libro “Lo Spirito del Rum” che conduce il lettore alla scoperta di questo eccezionale distillato partendo dall’etimologia alla definizione e alle origini cupe – in quanto profondamente legate allo schiavismo – proseguendo con la produzione spiegata dagli ingredienti al processo produttivo, dalla fermentazione alla distillazione e invecchiamento, concludendo con il blend e l’imbottigliamento. Nel volume (def inito una “Guida irrinunciabile” da parte di Roberto Perrone sulla sua rubrica personale www.perrisbite.it) sono recensite 41
Anse la Cuve - Père Labat 59
diverse tipologie di rum scelte in base a un criterio soprattutto geografico per presentarne di differenti provenienze, seguite dagli stili produttivi dove il distillatore e il Master blender – determinante nell’unire annate, botti, gradazioni, tutte diverse per creare il Rum che vuole ottenere – partendo da materie prime spesso autoctone dall’indubbio valore, creano prodotti di alta qualità, spesso vere e proprie edizioni limitate. Gli scatti fotografici sono tutti realizzati da Fabio Petroni, come quelli del precedente libro dedicato al Gin, che ha curato anche gli scatti di quindici cocktail presenti dalla contro-copertina alle pagine finali. Attualmente il vasto mondo di questo distillato include i rhum agricole, gli unici realizzati secondo disciplinari, i Rum da distillerie di cui una parte è rappresentata da soli marchi, altri invecchiati in clima tropicale oppure continentale senza
Nahuatl Botran Reserva Blanca
alcuna chiara distinzione tra queste diverse sottocategorie. La selezione dell’autore, con la collaborazione della casa editrice, è orientata su produzioni, per lo più di distillerie ufficiali, tra i Rhum Agricole dei Caraibi, i Rum di provenienza delle Americhe con, a chiudere, una categoria di Rum di provenienza australe
Bocas del Toro - Ron Abuelo 7 Años
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Leopold Heritage Reimonenq - Cuvée Spéciale Blanc Centenaire 50°
e asiatica, dai climi esotici. Tutte le etichette proposte sono provenienti, per lo più, da distillerie ufficiali a garanzia della loro qualità. In ogni caso gli ingredienti per produrre il distillato sono succo o melassa da canna da zucchero, lieviti e acqua. La prima selezione propone i Rhum Agricole provenienti dai Caraibi tra cui tre differenti espressioni della Guadalupa, due da Haiti, tre da Marie-Galante, tre dalla Martinica. Qualunque sia il metodo di produzione, i Rhum Agricole hanno sempre un profilo olfattivo interessante, più ricco, non avendo subito alcuna alterazione delle sostanze aromatiche. La seconda sezione racconta i Rum provenienti dalle Americhe. I territori del centro e parte del Sudamerica danno alla canna da zucchero, nelle sue varietà,
Ichirouganaim - Mount Gay Black Barrel
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una materia prima di qualità interpretata per lo più da tradizioni centenarie. Da Barbados a Bermuda, alla Colombia, alla Costa Rica, per passare poi a Cuba con il Ron Ligero espressione della tradizione, a El Salvador, alla Gamaica, al Guatemala, al Messico. Proseguendo dopo Panama si passa al Perù, a Porto Rico, alla Repubblica Domenicana, a St. Lucia, a Trinidad & Tobago e per finire al Venezuela. La terza selezione suggerisce le scelte con i Rum esotici dal Madagascar alle Mauritius, dall’Île de la Réunion al Giappone. I quindici cocktail di nuova creazione, proposti a conclusione del volume, sono ispirati da grandi classici rivisitati in chiave attuale, partendo dal terroir di espressione di ogni singolo Rum, per un bere miscelato ricercato e di taglio internazionale. I cocktail spaziano nelle ricette da 5 con Rhum Agricole e i restanti 10 con altri Rum unendo poi altri ingredienti e indicazioni di preparazione nelle ricette di ognuno di essi che accompagnano le immagini. Il bartending team, composto da Fabio Bacchi bar manager, figura di riferimento del bartending italiano, da Carlo Simbula head bartender, da Vincenzio Losappio e da Alessandro Impagnatiello entrambi bartender, ha ideato, elaborato e realizzato i cocktail le cui riprese fotografiche sono avvenute presso The Spirit a Milano. Il supporto nella conoscenza del mondo del Rum è stato dato da grandi esperti come Giorgio Cotti, Pietro Pellegrini e Fiorenzo Detti. A consentire la realizzazione del libro è stata fondamentale la collaborazione di 14 importatori e distributori italiani che selezionano, importano e, talvolta, producono i Rum. Italesse ha collaborato con i calici della collezione Wormwood per gli scatti dei cocktail. Il volume pubblicato nei paesi esteri di Francia, Inghilterra, Spagna, Repubblica Ceca, Stati Uniti e Messico, è reperibile nelle librerie specializzate oppure su Amazon a 12,90 €. •
Focus Bar
Succhi Del Monte Frutta al 100% di Viviana Persiani
Gusti tradizionali ed esclusivi nelle nuove linee di succhi dedicate al canale B.A.R. Ha prodotto una delle campagne pubblicitarie più famose degli ultimi decenni. Vi ricordate la storica campagna degli anni ‘80 “L’uomo Del Monte ha detto sì”? Una frase che si è imposta a tal punto che, ancora adesso, viene utilizzata dalla gente come sinonimo di qualità. Del resto, stiamo parlando di un’eccellenza della frutta fresca. Ecco che Del Monte® ha esplorato nuovi mercati per offrire un’ampia gamma di prodotti, con più linee dedicate al canale Ho.Re.Ca. . Sono gusti tradizionali ed “esclusivi” per rispondere alle esigenze dei consumatori. La TopBar collection, senza glutine, è composta da 16 referenze per garantire, ai bar, assortimento completo, di alta qualità, distintivo nei sapori, caratterizzato da una bottiglia dalla forma identificativa e da una grafica impattante che mette al centro la frutta. Nei succhi 100%, si potrà scegliere tra Ananas, Arancia e Pompelmo, mentre gli agrumi si compongono delle varianti all’Arancia Rossa, Pompelmo Rosa e Limone & Bergamotto. Quattro i prodotti nettari, ovvero Pera, Pesca, Albicocca e Banana. Chi preferisce i gusti mediterranei potrà spaziare tra Mela Verde, Mango e Ace; invece, i Frutti Rossi sono disponibili nella versione Lampone Mix, Mirtillo, Melograno. Cresce, tra i clienti, la richiesta di bio e, per questo motivo, Del Monte® ha prodotto 4 eccezionali gusti bio che vanno a completare la ricca offerta Top Bar. Sono
certificati e garantiti e si possono trovare nelle varianti Pesca, Pera, Albicocca e Mirtillo bio. Benessere e leggerezza sono, invece, alla base della linea Frutta & Co. che propone 8 ricette “100% Frutta e Verdura”, composizioni innovative basate su un sapiente mix di frutta e verdura per mettere a disposizione gusti con sfumature inaspettate: peperone giallo, barbabietola, carota nera, cetriolo, menta. Chi vuole più energia potrà prendere quello al Cardamomo, solo 50Kcal per 100Ml, arricchito da Pera, Mela, Pastinaca (ricca di vitamine del gruppo B, di vitamine C e fibre, dalle proprietà antiossidanti), Zucchina, Limone, Cocco; mentre se avete una vita intensa ecco che Melissa (dalle proprietà calmanti e sedative, perfetta per rilassarsi) farà al caso vostro, proposta con Ananas, Mela, Finocchio, Cetrio-
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lo, Limone. Non solo: Menta, Curcuma, Zenzero, Peperoncino, Cannella e Coriandolo completano la simpatica proposta. E se non bastasse, ci sono anche 4 gusti “Frutta e Spezie”, per offrire un bere esotico e originale, davvero variegati, ovvero Ananas, Pompelmo, Anice; Mela, Zenzero; Arancia, Mela, Cannella; Mela, Melograno, Sambuco, Peperoncino. Per coloro che volessero iniziare la giornata in modo equilibrato ecco le due versioni di “Frutta & Cereali”, la prima composta da Guava, Banana, Uva Bianca, Pera, Riso e la seconda da Uva Rossa, Mirtillo, Sambuca e Avena. Per chi preferisce il succo in lattina, invece, Del Monte® propone la Lattine Collection, che racchiude tre proposte: Pineapple Crush (con pezzi di ananas), Arancia (con pezzi dentro) e Aloe Vera (anche in questo caso, con pezzi). •
Panna Ken nata con amore! Panna cotta ai fiori di ibisco, spuma ai pistacchi Ingredienti per 6 persone di panna Ken Nata 35% 1 dl di acqua 90 g di zucchero semolato 4 g di fiori di ibisco 15 g di colla di pesce 1 dl di latte 200 g di frutta mista 4 dl
Ken: ricerca, sviluppo, innovazione, ogni giorno! È così che il marchio KEN della società spagnola LIASA – LACTEOS INDUSTRIALES AGRUPADOS specializzata nella produzione di panna da montare e da cucina, mostra il ventaglio di proposte centrate sulla panna che si caratterizzano per una diversa percentuale di materia grassa, rispetto ai diversi tipi di utilizzo ed esigenze.
Per la spuma di panna Ken Lactea 35% 90 g di tuorli 60 g di zucchero semolato 40 g di pasta di pistacchio 2 dl di latte 3 dl
Per la spuma: lavorare i tuorli con lo zucchero, unire la pasta di pistacchi, il latte e la panna, versare in un sacchetto da cottura, cuocere nel bagno termostatato a 82°C per 20 minuti e raffreddare. Versare in un sifone, caricare con il gas e mantenere in fresco. Per la panna cotta: portare a bollore l’acqua con lo zucchero, togliere dal fuoco, aggiungere i fiori di ibisco e la colla di pesce precedentemente ammollata e lasciare raffreddare, aggiungere il latte e la panna semi montata, versare nei bicchieri e lasciare indurire in frigorifero. Lavorare la spuma con un sifone sulla panna cotta e servire con la frutta a fette.
Di panna non ce n’è una sola! Scegli KEN per le tue preparazioni. Visita il sito: www.skisa.com
LIASA – LACTEOS INDUSTRIALES AGRUPADOS KEN EUROPE S.R.L. M. Azzarita 206 – 00189 Roma | +39 06 33250200 | europe@ken-foods.com
Il Giappone (incontro tra Oriente e Occidente)
Focus Bar
Aqua Crua scopre la Mixology Non solo la grande esperienza dello stellato Baldessari ma anche la genialità di Paolo Rancati, bartender e sommelier.
Ingredienti per quattro persone PER IL BRODO DOPPIO RISTRETTO DI MANZO E GALLINA 500 gr gallina vecchia molto grassa 250 gr carote 250 gr sedano 250 gr cipolla 2 granelli pepe 1 chiodo di garofano 1 stecca di cannella 10 l di acqua 500 gr muscolo di manzo 2 carote 2 stecche di sedano
Procedimento Immergere la gallina e gli altri ingredienti nell’acqua fredda e far bollire per un giorno. Il giorno seguente prendere il manzo, tagliarlo a pezzi e rosolarlo leggermente. Immergerlo nel brodo di gallina filtrato freddo, aggiungere le carote e il sedano e far bollire per un altro giorno.Filtrare, ridurre fino ad arrivare a meno di un litro. Una volta ridotto, togliere dal fuoco e aggiungere un cucchiaino di katsuobushi in infusione nel brodo caldo. Regolare di sale affumicato. Poco prima di servire aggiungere tre pasticche di carbone. PER GLI GNOCCHI 500 gr gallina vecchia molto grassa 5 seppie 150 gr patate 100 gr panna 50 gr nocciole 1 limone Bitter al levistico
a cura di Giorgio Ascorti Aqua Crua – in veneto acqua cruda – è uno dei locali più interessanti del NordEst. Si trova a Barbarano Vicentino: originale per l’ambiente, particolare per la (grande) cucina di Giuliano Baldessari e divertente per il servizio in sala. Non stupisce che nel pairing con i menu dello chef trentino – stellato a pochi mesi dall’apertura nel 2014 – ci sia spazio per la mixology. Uno dei più interessanti (lo abbiamo scoperto nell’ultima visita) si chiama La Forma dell’Acqua, come lo splendido film di Peter Greenway. Non è un caso perché Paolo Rancati, sommelier di Aqua Crua – nato bartender per la cronaca – è
Procedimento Prendere le seppie, pulirle e privarle della pelle. Coppare i corpi in un coppapasta di diametro 6 cm e congelare. Affettare allo spessore di 1,5 e posizionare in uno stampino rotondo di diametro 2 cm, leggermente oleato. Cuocere le patate a cubetti per 25-30 minuti a fuoco basso con panna, sale e poca acqua. Frullare al bimby con olio, sale, un goccio di panna e qualche goccia di Bitter al levistico. Se necessario aggiungere un po’ di brodo. Attenzione: deve risultare una crema molto dura di patate.
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La Forma dell’Acqua
Paolo Rancati e Giuliano Baldessari
4,5 cl Pisco 1,5 cl succo lime 1 cl sciroppo salvia 1,5 cl vermouth lillet rose 1,5 cl sake 3 dash di amargo chuncho
Procedimento Shakerare il tutto. Aggiungere Fever Tree Mediterranean Tonic. Guarnire con semi di basilico, spuma di patata americana e limone, polvere di clorella. appassionato cinefilo. “Volevo creare un cocktail che fosse fusione di culture diverse ma anche di due mondi diversi, quello dei superalcolici e quello del vino – racconta Rancati - ecco perché ho usato il pisco, l’acquavite peruviana non invecchiata, l’ amargo chuncho che è un bitter prodotto esclusivamente in Perù da una complessa miscela di ingredienti locali, il vermouth rosè e il sakè. Il risultato è un long drink con una bella acidità: fresco, leggero, con un fil rouge tra i vari ingredienti giocando sull’equilibrio. Grazie al sakè si sposa perfettamente con la cucina ‘filo orientale’ di Giuliano e in particolare con un piatto”. Bersaglio centrato, ma non ne dubitavamo: siamo all’Aqua Crua! •
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Anche Dianella punta sui cocktail di Theo Smith
I vini della fattoria toscana diventano protagonisti di proposte miscelate. Veronica Passerin d’Entréves ha presentato a Milano, da Aimo e Nadia bistRo, i vini Dianella, la sua azienda di Vinci. Un’occasione per degustare le nuove annate, illustrare i molteplici progetti e soprattutto la filosofia alla base di ogni iniziativa che da 20 anni viene portata avanti in questo borgo nel cuore della Toscana. “Mi piace sempre affermare che ho ereditato non tanto la proprietà di Dianella quanto il suo imprinting” racconta Veronica Passerin d’Entréves “Il borgo infatti, fin dalla sua nascita circa 500 anni fa, è stata una realtà vivace e all’avanguardia, rinomata per i suoi prodotti, in primis i vini. La mia sfida quindi è stata fin da subito la qualità, il territorio e il piacere di trasmettere le tradizioni, la cultura e il sapere che mi erano stati tramandati.” Ed è proprio partendo da questa dottrina che Dianella sviluppa la sua produzione vinicola creando vini di forte personalità e identità con il territorio; oltre allo storico Chianti nascono altri vini quasi tutti a base Sangiovese, vitigno simbolo della toscanità e di questa terra. Poi il passaggio al biologico, ad un’agricoltura più consapevole, e, come ci tiene a precisare Veronica Passerin d’Entréves “Abbiamo guardato indietro per andare avanti. In ogni ambito operiamo nel rispetto delle stagioni, seguendo i ritmi della natura e reintroducendo, là dove necessario, lavorazioni manuali.” E’ in questa fase che nascono l’orto or-
namentale, la linea di cosmetici (a base di mosto ed olio) e le conserve e marmellate. Viene inoltre aperto al pubblico il Ristorante della Fattoria “Cantina con Cucina’ dove gli chef Dianella pro-
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pongono piatti realizzati con ingredienti dell’orto (o di selezionati produttori locali) nel rispetto delle stagioni e delle tradizioni di famiglia. Dianella è un’azienda sempre più dinamica. Nel borgo, oltre ai proprietari, vivono diverse famiglie tutte coinvolte a tempo pieno nel progetto Dianella che è quello di offrire una “esperienza di Toscana” a tutto tondo, attuale e moderna. “Sotto questo segno” continua Veronica Passerin d’Entréves “sono nati i cocktail realizzati con i nostri vini ed ingredienti rigorosamente toscani e il Wine Relais che contiamo di aprire – sovrintendenza permettendo- nella primavera 2019. Il Wine Relais sarà la sintesi ultima della nostra filosofia: un ambiente informale e vivace, ricco di sapori e profumi, dove vivere autentiche esperienze della nostra terra, perché a Dianella…. coltiviamo il buon vivere”.•
Focus Bar
Partesa in prima linea sul fronte del Bio di Theo Smith
Il network distributivo del Gruppo Heineken ha da sempre un occhio attento alle produzioni green. Tradizionalmente sensibile alla qualità del prodotto, oltre che garante della serietà e dello stile produttivo delle aziende rappresentate, nel proprio portfolio vino Partesa conta, fra le altre, molte aziende che producono vino biologico certificato sul totale delle loro referenze o su una parte di esse. Fra queste, Umani Ronchi. Azienda vitinicola marchigiana ben conosciuta dagli addetti ai lavori. Negli anni, Umani Ronchi ha costruito progressivamente, anche fuori dalle Marche, in questo caso in Abruzzo, una proposta di vini (Montepulciano Jorio - Montepulciano Podere – Montepulciano Montipagano – Pecorino Vellodoro) in grado di conquistare significative posizioni di mercato in molti paesi del mondo. Contestualmente, la tenuta a Roseto degli Abruzzi, 30 ettari con vista paradisiaca sul Gran Sasso d’Italia, vitati a Montepulciano in quota maggioritaria e a Pecorino, ha acquistato sempre più valore dal punto di vista agrono-
mico; l’età media delle viti ha iniziato a contribuire ad una maggiore complessità delle uve mentre i due metodi di allevamento, tendone con potatura lunga e controspalliera con potatura a cordone speronato, hanno supportato il diEtichette che si segno di un grande
fanno apprezzare per gli sforzi produttivi e imprenditoriali, con tanto di certificazione bio.
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The Green Experience Il disciplinare The Green Experience, il cui logo è contraddistinto dalla farfalla blu, si rivolge a produzioni integrate, attente alla sostenibilità ambientale e alla cura del paesaggio The Green Experience nasce sulle colline patrimonio dell’Unesco per conservare le risorse naturali del suolo e la biodiversità, per valorizzare la distintività dei metodi di produzione piemontesi, e per prendersi cura del paesaggio di Langhe, Roero e Monferrato. Grazie a soluzioni agronomiche innovative ed ecosostenibili – come la diffusione di insetti pronubi e di essenze erbacee e floreali e la collocazione di nidi per gli uccelli funzionali alla coltura – i produttori che aderiscono a The Green Experience si prendono cura sia del proprio vigneto che del paesaggio vitivinicolo Unesco e dell’ambiente naturale. Sono dieci le regole alla base di The Green Experience (progetto della Coldiretti di Cuneo: soluzioni ecosostenibili, riduzione nell’uso di prodotti chimici a favore di soluzioni agronomiche e naturali. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
Viticolture e produzioni eco-compatibili ed eco-sostenibili Tutela della biodiversità e dell’ambiente naturale Tutela estetica del paesaggio naturale e antropizzato Priorità alle soluzioni agronomiche e al rispetto del suolo Eliminazione del diserbo chimico nei filari Semina di essenze erbacee e floreali nel vigneto Diffusione di insetti pronubi utili Collocazione di nidi per uccelli funzionali alla coltura Rispetto e onestà nei confronti del consumatore Tracciabilità dei controlli e certificazione esterna
Le aziende che aderiscono al disciplinare sono: Ca’ del Baio, di Treiso (Cn); Gianni Doglia, di Castagnole Lanze (Cn).
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Nella pagina a fianco: da sinistra, Barbaresco Asili - Cà del Baio (Piemonte), Ikebana - Zélige-Caravent (Francia) e Colli Aprutini Pecorino Centovie Umani Ronchi (Abruzzo); in questa pagina: Dogliani Superiore Pirochetta Vecchie Vigne - Cascina Corte (Piemonte).
progetto enologico. Le uve provenienti dalla tenuta sono biologiche per volere della natura prima ancora che dell’uomo, in quanto la posizione soleggiata e ventosa allo stesso tempo e un sottosuolo equilibrato e autosufficiente, non richiedono alcun intervento ulteriore. Osservando i filari in posizione frontale durante una giornata particolarmente tersa e ispiratrice, ovvero dalla località Centovie, così come recita la toponomastica di quel luogo, contrassegnato dall’amata vecchia pianta di limoni presente a lato della casa colonica che caratterizza l’ingresso della tenuta, è nato il primo vino Centovie: un Pecorino con due anni di affinamento ed un ventaglio sensoriale che racchiude la sintesi del racconto di una terra unica. •
Protagonisti Food
Gestire la sala Affare delicato
di Carlo Pierato, Restaurant manager Villa Serbelloni, Bellagio
Noi facciamo ospitalità. E l’ospitalità non è determinata da quante stelle e riconoscimenti si hanno sulla porta. Quando qualcuno viene a conoscere la nostra cucina, si aspetta sempre un comportamento adeguato da parte di chi presenta i piatti. Ci sono certamente diverse chiavi di lettura: se vado in una trattoria mi posso aspettare un determinato comportamento. Più simpatico e alle volte insolente, se vogliamo; se vado in un grand hotel o in un ristorante stellato mi aspetto un’etichetta diversa. Sono tutte forme di cortesia che assumono delle tonalità differenti. C’è una crescente necessità di personalità più che di tecnica. Vedo che nelle scuole alberghiere, spesso gli insegnamenti sono quasi totalmente tecnici. Per garantire una reale crescita personale e professionale, bisognerebbe considerare non solo la tecnica ma anche il modo di esporla. Questo fa la differenza. L’accoglienza non si giudica solamente sulla base della conoscenza di un vino, ma anche dalla capacità e dalla sobrietà di
Un momento di Follow Artù 2017
trasmettere il proprio sapere al cliente. Ma come si può favorire lo sviluppo della personalità di chi si approccia al nostro lavoro? A tale scopo ci sono delle nuove competenze che diventano determinanti nella Sala e che si aggiungono alla conoscenza delle materie sinora studiate, come un eventuale corso sul vino, sugli oli o sul caffè, perché l’acquisizione di queste conoscenze dev’essere accompagnata anche dalla abilità di farsi ascoltare. È fondamentale imparare a parlare. Trentadue anni fa, quando feci la scuola alberghiera, mai avrei pensato che sarei arrivato a parlare a un pubblico, come accade oggi, e comunicare con la gente richiede delle competenze personali sempre più centrali nell’attività di Sala. Basti pensare che uno dei complimenti più grandi ricevuti dai clienti, è quando ti dicono: “Io sono venuto molte volte e conosco a memoria il vostro menù. Ma vengo soprattutto per il piacere di parlare con Lei”. Questo, per chi lavora in Sala, è un regalo enorme, che va al di là i altri gratificazioni quali lo stipendio e il giorno libero, ma è anche l’esempio di come la personalità riesca a fare la differenza. Sicuramente questi risultati non si raggiungono con il tecnicismo, con l‘arroganza o la voglia di apparire. Il nostro è un lavoro più da “dietro le quinte”, dove siamo ambasciatori tra la proprietà, la Cucina, il personale di Sala, la Direzione e i clienti. Noi siamo il filtro tra questi reparti: se non riusciamo a farli funzionare bene cominciano i disservizi. Tutti gli anni, quando apriamo ad aprile, ho un incontro con i trenta ragazzi che lavorano con noi, alcuni di loro, per for-
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Carlo Pierato
tuna non molti, cambiano in anno in anno. Come faccio a trasmettere loro questi valori? Come posso garantire che ci sia continuità per un cliente che ritorna da noi e si interfaccia con un nuovo cameriere? Quello di Sala è anche e soprattutto un lavoro di gestione del personale, del team. Tra le competenze necessarie ritengo, infatti, che si trovi un valido aiuto nell’utilizzo dell’intelligenza emotiva, della conoscenza e dell’assertività, perché un servizio non funzionerà mai bene se il team non va d’accordo. Se ho una squadra serena, il servizio è sereno. Io devo convincerli a fare quello che fanno nel modo più profondo, devo trasmettere valori soffermandomi sull’approccio del servizio. Chi è in Sala non si occupa solo di portare dei piatti al tavolo, ma di regalare delle emozioni. Gestiamo degli eventi a livello emotivo che richiedono molta delicatezza, nei quali dobbiamo lavorare affinché tutto vada nel migliore dei modi, senza, però, diventarne noi i protagonisti. Si impara con l’esperienza e l’ascolto, osservando la persona in tutti i suoi aspetti. Dall’espressione, dal tono di voce, dai movimenti, entra in campo, in tal modo, un’altra competenza, il linguaggio del corpo.•
L’intervista
Scarello & co. La dedizione totale
Michela, un grande cuoco Emanuele che alle soglie dei 50 anni, senza perdere Rispetto per il cliente e per il nulla in simpatia e disponibilità, si trova a guidare il ristorante top da Venezia territorio. E per gli ingredienti verso Oriente Nessuno può contestare il migliori. primato e la cosa più affascinante è che il Nomen omen. Raramente un’insegna ci è nostro non se la ‘tira’ minimamente, anzi sembrata più adatta a un ristorante quale ha una vocazione-dedizione alla condiAgli Amici 1887: non che negli altri locali visione dei valori comuni alla causa, cosa non ci si senta a casa, ovviamente dopo non facile da noi. Per tre anni ha guidato una breve (ma talvolta lunga) frequentai nostri Jeunes Restaurateurs d’Europe zione. Dalla famiglia Scarello – che guida e dal novembre 2017 è vice-presidente il posto da cinque generazioni – non si di Relais & Chateaux Italia con un ruolo perde minimamente tempo: importante nel comitato un assaggio di meraviglioso internazionale dei ristoSan Daniele DOP, un calice ranti. Non male per chi giusto di bianco ed ecco ha iniziato a spignattare “Qui si lavora che si inizia a parlare di vicino a mamma Ivonne sempre su concept e nel 1999 all’epoca della cibo, vino ma anche di Friuli, di mare, di calcio. Una prima Stella Michelin la fortemente perfetta padrona di casa affiancava da un anno . di Maurizio Bertera
innovativi”
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Emanuele Scarello con il suo staff; nella pagina a fianco: l’entrata del Ristorante Agli Amici 1887.
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L’intervista Scarello, da qualche anno lei è il numero uno del Nord-Est. Dorme ancora la notte o scherzi a parte, sente la responsabilità? La sento, la sento. Intanto verso il cliente che viene a trovarci, magari da lontano. E poi verso il territorio: sono passati 30 anni da quando un locale in Friuli – il Da Boschet –perse la doppia stella. Una regione importante come la nostra non può permettersi un buco temporale così lungo, anche se non va dimenticato che abbiamo la popolazione di Milano su 8mila kmq: se pensiamo a questo, la ristorazione non è messa male. Ma bisogna fare di più Funziona ancora il modello familiare, come in altre regioni?
Gallo ruspante e anguilla affumicata con salsa all’arancia e chiodi di garofano.
Gnocchi Kitchen Bar A dicembre festeggia (felicemente) i tre anni di vita: Gnocchi Kitchen Bar è un posto che mette di buon umore, già dall’insegna che gioca sul simbolo culinario della cittadina e sul format moderno, scelto dalla famiglia Scarello. A Godia spetta il primato per la patata, una varietà locale – la Kennebec, polpa bianca e farinosa - particolarmente adatta per la preparazione degli gnocchi, che ogni fine agosto, vengono celebrati da una sagra storica. Preparati a mano secondo la ricetta tradizionale dalle massaie locali, al Kitchen Bar che è attiguo al ristorante gli gnocchi diventano protagonisti Emanuele si diverte con tutti i sapori del territorio rivisitati senza snaturarli e serve oltre ai già citati gnocchi in più ricette, musetto e baccalà mantecato, pollo al vino e lasagne, millefoglie di bollito e piadine, il miglior prosciutto San Daniele e formaggi della zona, bruscandoli e composte fatte in casa. E tutte le pietanze arrivano in tavola in barattoli di vetro monoporzione, perhè la vasocottura si presta bene alle esigenze di una cucina che lavora in anticipo (per dedicarsi poi alla linea del ristorante), con prodotti cotti e conservati sottovuoto, e poi riscaldati al momento del servizio. Ma nulla è lasciato al caso, la qualità dev’essere una priorità. Ecco perché prima di intraprendere l’avventura, Scarello e il suo team hanno lavorato per due anni sul concept, codificando una quarantina di ricette; che sono quelle che i commensali si ritrovano nel “piatto” con una spesa media piuttosto contenuta di 25 euro. Ci si può accomodare anche al bancone per assistere al perfezionamento degli ultimi dettagli: a vista gli spazi di lavoro, forni, abbattitore, sistema per la vasocottura. Oppure scegliere un tavolo (una ventina di coperti in tutto) o acquistare i vasetti per il take away, da riscaldare in microonde o a bagnomaria.
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Assolutamente sì. E noi siamo il classico esempio con tutti i vantaggi che ne conseguono. Ma ora è tempo di creare un’impresa familiare, rendendosi conto che puoi diventare un punto di riferimento per il turismo: su otto tavoli, ne abbiamo regolarmente la metà dove si siedono ospiti stranieri che vengono apposta da noi. E si fermano a Godia, quindi fanno lavorare chi ha un bed & breakfast. Per non parlare del lavoro che si è creato intorno al nostro ristorante, a a partire da chi si occupa dell’orto: la ristorazione crea ricchezza. Facciamo un rimprovero a chi in Friuli è rimasto indietro negli anni del boom della cucina? Questa è una regione mediamente ricca, i locali erano pieni anche nel periodo complicato: viene naturale ai pigri di non fare ricerca, di non cambiare nulla. Invece mamma e papà erano spesso in giro, portavano me e Michela sino a Milano a vedere questo e ad assaggiare quello. Un metodo che è servito a loro e soprattutto a noi per creare la passione per il gusto.
Da provare il Menù Green Ivonne Scarello era sicuramente bravissima (“In nessun altro chef ho ritrovato la stessa sensibilità. I segreti, le tecniche e i procedimenti che mi ha insegnato” dice il figlio) ma non ci sono dubbi che Emanuele pian piano l’abbia raggiunta e superata nei riconoscimenti, al di là che non sia fondamentale. Ma avere due stelle Michelin, le Tre Forchette del Gambero Rosso e Tre Cappelli dell’Espresso non è casuale: qui si mangia benissimo, perché alla tecnica pura e alle materie prime d’eccellenza si unisce il piacere della sorpresa, Emanuele Scarello e sua sorella, Michela. dell’originalità (mai fine a se stessa) e della leggerezza delle preparazioni. Tre i menu degustazione: Go Green a 95 euro – per la critica tra i migliori vegetali in Italia – Storia e Cuore (100 euro per i colori della laguna e della campagna) e Quello che è nuovo è indimenticabile, a 120 euro, che personalmente ci ha esaltato per le idee e l’esecuzione. Ci riferiamo a proposte come Ostrica piccante, vodka e limone di Costiera; Musetto di mangalica, mazzancolle scottate e latte al kren; Tortelli al curry con scampi Istriani e loro ristretto al melone; Maialino, foie-gras d’oca e pesche di Fiumicello. Ai dolci (vedi l’ottimo cannolo di melanzana affumicata, pomodorini ricotta e gelato al basilico) provvede Leonardo Zanon. La cantina? Può sembrare banalità ma c’è l’enciclopedia del vino friulano e giuliano, con la possibilità – assistiti da Cesare Rosa – di fare grandi incursioni nella vicina Istria come nella Champagne e comunque in tutte le regioni italiane del vino. Dove si avventura spesso Michela, sorella di Emanuele: da venti anni cura l’accoglienza, il servizio in sala, il Relais & Chateau (di cui è maitre de maison) trovando il tempo di sfruttare l’antica conoscenza della sommèlerie.
Zuppa di Picolit e uva fragola con frutta, verdura e crema di fava tonka.
Lo Scarello di oggi in cosa è diverso da quello che a fine anni ‘90 lavorava con la madre? Sino a qualche anno fa ero sempre un po’ agitato, preoccupato di quanto facevo e di quanto riuscivo a comunicare con
i piatti. Ora sono tranquillo, ho capito cosa voglio fare e soprattutto mi ritaglio il tempo per ‘ascoltare’ le stagioni e il territorio. E’ importantissimo: lo dico sempre ai miei ragazzi che non bisogna perdere il legame con il posto dove vivi e con la memoria. A proposito di giovani, non le sembra che sia un momento di riflessione generale per la cucina italiana? Pochi stanno facendo cose originali. Non è facile rispondere. Diciamo che la mia generazione ha spinto molto negli anni in cui si poteva e ha cambiato la cucina italiana, chi rispettandone di più la regionalità chi meno. Oggi va detto che non è facile per un giovane trovare l’assetto giusto: un conto è farsi notare, un altro è trovare l’equilibrio nel tempo, anche economico. Cerco sempre di aiutare i colleghi più giovani, hanno ragione a seguire la loro visione ma onestamente non li capisco quando vedo che giocano
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alla ‘mensa mascherata’ come la chiamo io: un colpo qui, un colpo là… Citiamo da un nostro collega: “I suoi lavori sull’oliocottura, sulle basse temperature e sulle illusioni di pasta fatta senza farina potrebbero entrare tutti come appendice pratica nell’ipotetico manifesto della nuova cucina italiana”. Ma i suoi piatti uniscono tecnica di questo livello a un’evidente intensità di gusto: il segreto? Troppo buono il collega... La cucina è eleganza e la trovi solo con la maturità, oggi mi viene naturale fare piatti molto curati, anche cromaticamente, e che esaltano la materia prima. Ecco perché mi sono creato una rete di fornitori straordinari che mi assicurano la costanza dei prodotti e non mi obbligano a seguirli personalmente. Io rispetto assolutamente chi si alza all’alba e va nel suo orto, per carità, ma per me conta il controllo della filiera: ci mancherebbe che un locale di livello non servisse cibi salutari e buoni. Lei passa per un ‘impegnato’ nell’associazionismo, cosa meritoria in un settore dove l’individualismo è abbastanza normale Amo il confronto, la crescita collettiva. Non credo al singolo in se stesso e all’integralismo. E quindi come mi è piaciuto guidare i JRE, ora sono felice di lavorare per R&C: due mondi molto diversi che potrei semplificare come l’attenzione alla cucina nel primo caso e il lavoro su tutto il locale nel secondo, confrontandosi con realtà importanti e di grande tradizione. Stiamo facendo un salto di qualità che servirà a noi come ai gourmet, compresi quelli stranieri. Scarello, magari sono il millesimo che lo sottolinea ma lei e sua sorella date realmente la sensazione di vivere in funzione del cliente E’ una giusta osservazione, che mi fa molto piacere. Noi cuciniamo e serviamo davvero come se fossimo seduti al tavolo al posto dell’ospite. Agli Amici non è solo un ristorante, è un luogo dove si viene per stare bene. •
Focus Food
Heinz Beck Tokyo Il talento di Molaro di Alberto P. Schieppati
Lo chef tristellato ha scelto il giovane chef napoletano per la sua impresa nipponica. Qualcuno aveva dei dubbi? Heinz Beck, l’eclettico, instancabile chef tristellato della Pergola, il ristorante del Rome Cavalieri Waldorf Astoria di Roma, ci ha visto giusto. Anche questa volta, a capo di una delle sue strutture più prestigiose, ha messo un grande professionista. Giovane, certo, ma con quell’esperienza che tanto contribuisce a tenere alta l’immagine di Heinz, e giova non poco al successo della sua straordinaria linea di cucina, in tutte le sue declinazioni. D’altronde, lo chef è ormai un punto fermo della ristorazione alta, non solo in italia, ma in tutto il mondo. Capace, anche con i suoi format innovativi, di comunicare il gusto straordinario della sua cucina non solo a
pochi gourmet ma anche ai foodies più curiosi (v. Attimi, format vincnete a Roma Fiumicino e a Milano City Life), Heinz Beck riesce sempre a trasmettere la forza dei suoi piatti alla clientela più raffinata, alla ricerca di materia prima superlativa, ma anche del talento e dell’equilibrio creativo con cui la materia viene poi lavorata e servita al gourmet. La forza di Heinz la si percepisce anche in questo ristorante di rara eleganza, nel quartiere di Chiyoda, in piena downtown, all’interno dell’Hotel Imperial Palace: al vostro arrivo in sala, vi accoglierà l’executive chef, Giuseppe Molaro. Napoletano di Somma Vesuviana, classe 1986, Giuseppe è qui dal luglio del 2016, quando il ristorante aprì i battenti: iniziò le sue prime esperienze presso il locale di famiglia, proseguendo poi per vari ristoranti in Campania. Villa Smeraldo, il Chiostro, le Arcate, dove imparò a combinare classicità e innovazione, competenze che si portò dietro
Al centro lo chef Giuseppe Molaro, fra
anche in Irlanda, dove rimase quasi due anni a capo della brigata di un ristorante italiano. Ma la grande svolta arrivò nel 2008, quando ritroviamo Giuseppe come chef di partita al Racò de Can FaIl ristorante bes, tre stelle Michelin, dove della capitale il grande Santi Santimaria giapponese ha già (purtroppo scomparso) lo educò alle arti della granla prima stella de cucina. Superata la fase Michelin. spagnola, Molaro è già “alla corte” dello chef tedesco: alla Pergola di Roma, Heinz Beck coglie al volo le potenzialità di Giuseppe e ne delinea lo sviluppo professionale. Molaro rimane alla Pergola dal settembre 2009 fino a tutto il 2012, operando successivamente in molte location guidate da Heinz: Les Paillotte a Pescara, Gusto by Heinz Beck in Portogallo, Social by Heinz Beck a Dubai,Sensi by Heinz Beck come chef di cucina ed infine Heinz Beck Tokyo come
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Heinz Beck, tre stelle Michelin a Roma, una a Tokyo.
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Focus Food Creste di gallo ripiene di cappone con provola affumicata e crema di zucchine alla scapece.
Executive. Percorso di assoluto valore, che lo ha portato nel tempo a ricevere prestigiosi riconoscimenti, culminati con la prima stella Michelin lo scorso novembre 2017. Giuseppe è un grande profesionista che, in ossequio a quella “scuola campana” che si porta nel sangue, non ha mai perso affabilità, passione ed empatia. Doti che non sono sfuggite alla acuta capacità di Heinz Beck di scegliersi sempre i collaboratori migliori. Giuseppe Molaro è oggi alla guida di una splendida brigata, composta da Carmine Amarante, Domenico Zizzi, Francesco Taglialatela, Yoshihiro Kigawa, Akihiro Yokota, Norimitsu Takai. In sala, invece, i bravissimi Shun-Etsu Miura, Genta Sasao, Yohann Nivez, Sacamoto Shinichirou, Ito Youhei, mettono a proprio agio i clienti, senza inutili liturgie ma creando subito un rapporto cordiale, di assoluta sintonia con le aspettative (come è nello stile di tutti i ristoranti di Heinz). Tanti i particolari che vi colpiranno, una volta seduti al tavolo del ristorante, a cominciare dal pane, con farina di lievito madre, proposto in accompagnamento con quattro diversi tipi di sale, che farà da complemento agli amuse bouche di altissimo livello che vi
Agnello con pure di melanzane, senape, Grana Padano e salsa alla salvia.
Girella di olive e mousse di anguilla
verranno proposti. Fra tutti ricordo il Cocco emulsionato con olio extravergine di oliva e la Girella di olive verdi con mousse di anguilla. Giuseppe Molaro ha pensato per noi un menù che fosse l’espressione assoluta della sua linea di cucina, ma anche che comunicasse la filosofia culinaria di Heinz Beck. “La mano di Giuseppe è ricercata e raffinata, forte della sua napoletanità, adatta a una clientela gourmet internazionale”, ci aveva detto Heinz prima della nostra visita a Tokyo: e dobbiamo dargliene atto. Una cucina capace di stupire e di regalare emozioni anche nella “metallica” Tokyo, ha detto qualcuno, dove tutti lavorano in continuazione, senza sosta. Il menù Prestige, di 13 portate, è una vera apoteosi, un trionfo di talento creativo e di armo-
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nia gustativa. La sequenza: Pesce marinato con coriandolo, zuppa di pomodoro con sudachi e le sue perle, Tramonto di peperoni con tonno mandorle e mango, Verdure bio con consommé di anatra, Creste di gallo ripiene di cappone con provola affumicata e crema di zucchini alla scapece, Spaghetti al basilico con Ayoagi marinate, Botan-ebi con nespole al cardamomo bieta e ravanelli in carpione, Ricciola con crema di edamame affumicata e salsa di rucola selvatica, Piccione (MITICO) con marmellata di kinkan baby mais e salsa alla cannella, Agnello (MEMORABILE per tenerezza e delicatezza di gusto) con purea di melanzane, senape, grana padano e salsa alla salvia. Cioccolato, come predessert, seguito da Namelaka al cioccolato bianco con sorbetto di prugne gel di menta e roccia al pepe giamaicano e yogurt. Piccola pasticcceria inimitabile. Di tutto, di più. E oltre. La cucina di Giuseppe Molaro è al passo con la contemporaneità, capace di combinare sapientemente cultura mediterranea e materia prime orientale, in un gioco di sottili armonie che esaltano i gusti assoluti. In questo, la sua cucina è molto aiutata dalla smooth atmosphere che aleggia nelle sale del ristorante. Al resto contribuisce una squadra affiatata e professionale, destinata a far crescere l’immagine più positiva dell’Italia nel mondo. Grazie Heinz Beck! •
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Focus Giappone
Miso Hanamaruki Texture dal volto umano di Alberto P. Schieppati
Distribuito da JFC, il colosso giapponese del food, il prodotto vanta grandi qualità salutistiche Dopo due giorni nella iperattiva Tokyo, arrivare a Shinshu, quartier generale di Hanamaruki, nella prefettura di Nagano, è una bella emozione, resa ancora più suggestiva dalla presenza di una bandiera italiana issata a fianco della giapponese, a sottolineare l’importanza data dai responsabili dell’azienda all’incontro. Non credo sia un fatto di tutti i giorni di poter accogliere ospiti italiani in questa struttura, tecnologicamente avanzaLo chef Christian Le-Squer, executive al George V di Parigi.
tissima seppure immersa Non a caso, durante l’inAmato dagli nella armoniosa natura del contro, ci verrà presenGiappone centro-occidentato un Master of Miso, chef, grazie alla tale, a due ore di treno veche è segno di garanzia fermentazione delle produttiva e di rispetto loce da Tokyo. Hanamaruki produce miso da oltre un delle metodologie più materie prime, è secolo, in questo territorio artigianali. Il miso nasce protagonista di naturalisticamente perfetattraverso la fermentaottime ricette. to, dove molti occidentali zione di semi di soia con vorrebbero vivere. L’azien“muffe” di koji (possono da è un esempio di ordine, essere di riso, di orzo, o dedizione totale alla causa di semi di soia) e aggiunimprenditoriale, forte di un’efficienza e ta di sale e può essere classificato, sulla un rigore produttivo senza precedenti, base degli ingredienti che lo compongodominata da un senso di ospitalità unico no: miso di riso, o Kome miso, prodotto e, al tempo stesso, tenacemente ancoracon semi di soia, riso maltato e sale (il ta alle migliori tradizioni produttive, trapiù diffuso in Giappone, per consuetusmesse da generazione in generazione. dine di consumo e gusti predominanti dei consumatori ), il Mugi miso, a base di orzo fermentato, diffuso nel sud est dell’arcipelago nipponico ma con minore diffusione, il Mame miso, senza riso anch’esso, realizzato dalla maltazione di semi di soia e sale. Esiste una quarta tipologia di miso, chiamato Chogo miso, che è fondamentalmente un mix di due differenti tipi di Koji. Ovviamente non si può parlare di un solo tipo di miso, anche perché i consumi variano a seconda delle aree in cui viene prodotto e consumato. Clima, ingredienti e ricette giocano un ruolo importante nel determinare il gusto particolare di ogni singolo prodotto. Il miso più conosciuto e popolare, ovvero il Kome miso (o Shinshu Miso, dal nome dell’area in cui è prodotto, ha –non meno delle altre tipologie- importanti virtù salutistiche, oltre che essere scelto da chef e ristoratori come complemento essenziale di diete attente alla salute. Hanamaruki, dal canto suo, utilizza per produrre il suo
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Nobuyoshi Moteki, Executive Officer
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Focus Giappone
Master of Miso, una figura di riferimento nella produzione tradizionale.
Miso, ricco di ingredienti salutari Le zuppe di miso, oltre ad essere un alimento gradevole e portatore di umami, aiutano a evitare disordini gastrici, prevengono l’ipertensione e gli infarti, contribuiscono a contrastare i processi di invecchiamento, attraverso una riduzione di tossine… Sembrerebbe lo spot di un prodotto miracoloso, eppurequeste sono indicazioni veritiere e comprovate dai fatti e dalla ricerca scientifica. Il miso, infatti, è ricco di proteine, vitamina E, vitamina B12, lecitina, prostglandine E, isoflavonoidi, inibitore della tripsina, fibre e pigmenti naturali. Potenza della fermentazione e dell’ aged food! Se volete migliorare la digestione, prevenire certe tipologie di tumore, rafforzando il potere antiossidante, consumare miso abitualmente può essere la soluzione ottimale (Fonte: Hanamaruki Foods Inc. R&D Center).
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Una ristoratrice di un locale di cucina tradizionale giapponese.
miso solo ingredienti selezionati, come sottoliena orgogliosamente Nobuyoshi Moteki, che ha organizzato una vera e propria conferenza stampa, solo per noi. “La soia che utilizziamo non è geneticamente modificata e viene acquisita solo da agricoltori selezionatissimi, che operano esclusivamente per la nostra azienda: vantiamo questo rapporto privilegiato con i fornitori, che ci fa orgogliosamente affermare che la nostra produzione è totalmente organica””. Il miso può essere definito alimento fermentato tradizionale con una storia di oltre 1300 anni ed è uno
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dei condimenti più amati e fondamentali della nazione, noto sia a livello nazionale che internazionale come l’autentico e inimitabile Taste of Japan. Un vecchio detto in Giappone definisce il miso un alimento “sponsorizzato dai medici”, e in effetti il miso è stato un alimento essenziale per la salute, consumato in qualunque momento della giornata, anche fuori dai pasti principali. I semi di soia, l’ingrediente principale del miso, sono anche noti come “ la carne dei campi
Focus Giappone
Liquid Shio Koji Delizia per gli chef Shio Koji è la forma liquida del miso tradizionale, riso koji e sale che, dopo la fermentazione, subisce un processo di separazione dei liquidi dalla massa solida. L’effetto gustativo è simile a quello del miso lavorato tradizionalmente ma si aggiungono ulteriori risvolti salutistici, dovuti al mantenimento in vita di enzimi naturali (che non subiscono il processo di riscaldamento) che rappresentano un valore aggiunto, soprattutto dal punto di vista nutrizionale. Il Liquid Shio Koji (gluten free) è distribuito in due versioni, entrambe in contenitore da 500 ml., uno normale, l’altro low salt, con il 50% di sale in meno). Kyle Connaughton, consulente di Hanamaruki, è lo chef tre stelle Michelin che ha lavorato con Michel Bras (a Hokkaido) e con Eston Blumenthal , sia a Londra che al Fat Duck di Brey on Thames, vicino a Windsor). Kyle lo utilizza in molte ricette, che ha raccolto in un “Recipe Book” molto popolare in Giappone. “Attraverso il processo di fermentazione, umami, dolcezza e sapidità si trovano in perfetto equilibrio. Si viene a creare un aroma ricco e bilanciato, nel quale il taste dell’umami risulta più accentuato in virtù del contenuto di aminoacidi Hiroaki Naganuma, responsabile Italia contenuti nel prodotto”, sottolinea Kyle. Utilizzato sulle di JFC e, a destra: Hide Matsumoto, carni, il Shio Koji ne migliora la texture, inoltre previechef patron de Le Api, a Milano. ne l’ossidazione (e il conseguente cambiamento di colore della materia prima, in virtù del sale ivi contenuto. Christian le Squer, l’Executive Chef del George V, a Parigi, ne è un accanito sostenitore e lo utilizza nella sua linea di cucina per raffinate ricette: una per tutte, Drapé d’artichaut sur le grill arrosé d’une infusion thym/citron. Nella realizzazione del piatto, Le Squer usa Shio Koji per conferire un retrogusto e una cremosità particolare ai carciofi, il cui gusto rimane più a lungo in bocca. Anche Hide Matsumoto, chef patron dell’Osteria Le Api, a Milano (già secondo chef al D’ò, con Davide Oldani), un grande interprete di materie prime italiane, lavorate e proposte con tecnica orientale ed estetica giapponese, è un accanito sostenitore del miso, che è l’ingrediente principale di ricette straordinarie, come il Risotto al miso, entrato nel menù gourmet del suo ristorante (P.F.)
Akira Sekine, dirigente di Hanamaruki, durante una cena gourmet da Ikkon, a Tokyo.
“a causa del loro contenuto del tutto naturale, salutare e ricco di proteine. Facendo fermentare i semi di soia, la loro proteina si scompone negli aminoacidi che sono poi alla base del cosiddetto ‘”umami” (un sapore intenso e fortemente evocativo di gusti complessi, gradevoli al palato) e facilmente digeribili: in questo modo sì si creano gli amminoacidi e le vitamine che normalmente non si trovano (o solo in tracce) nei semi di soia e in altri alimenti derivati: è opinione comune in Giappone che nessun altro alimento possa sperare di eguagliare i valori nutrizionali del miso. •
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Focus Food
Misaki, Sushi a Napoli di Theo Smith
Il business della ristorazione etnica nel capoluogo partenopeo: fenomeno vincente. Amore, viaggi e passione per il cibo, questi gli ingredienti del successo di Misaki Japanese Restaurant la cui storia imprenditoriale è diventata una case history da studiare e da approfondire. Misaki è riuscito in poco tempo a portare al successo la cucina giapponese in Campania grazie alle sue tre sedi a Pompei, Sorrento e Salerno. Il brand è stato apripista di un nuovo settore del food, quello giapponese, sconosciuto nella provincia napoletana fino a quattro anni fa, fino al momento in cui Misaki ha aperto la sua prima sede a Pompei. Per saperne di più, abbiamo chiesto al giovane imprenditore e padre del brand, Lucio Giordano, da dove nasce l’idea e la voglia di diversificare le proprie attività di business puntando sul food giapponese. La risposta è stata l’a-
more. Nel 2001, per motivi personali, Lucio ha viaggiato molto tra New York e Los Angeles e qui ha avuto modo di scoprire e di innamorarsi della cucina giapponese. Una passione che lo ha spinto dieci anni dopo a trasformare un’idea in un vero e proprio progetto imprenditoriale che ha preso vita con il brand Misaki, “Bellezza che sboccia” nella lingua del Sol Levante. La scelta del nome non è casuale: «sintetizza la filosofia dei miei ristoranti dove mi piace coniugare estetica e gusto, ricercatezza e cura dei dettagli», spiega Lucio Giordano. Misaki è stata una scommessa e una bella sfida per “Un imprenditore l’imprenditoria della procampano vincia napoletana fortee la sua idea mente legata alla tradizione e poco incline alle innovadi cucina orientale” zioni gastronomiche. Ci sono voluti tre anni di ricerca per aprire il primo locale nel 2014 a Pompei, il primo ristorante nipponico in provincia di Napoli. Il successo è immediato, Misaki Pompei in poco tempo si posiziona tra i migliori ristoranti giapponesi della Campania, grazie all’ampia proposta di piatti e a un servizio impeccabile. Da qui nasce il desiderio di replicare la formula. Nel 2017 Misaki apre una seconda sede a Sorrento, nel centro della cittadina famosa per i Limoni e per una cucina schiettamente mediterranea. Il Lemon Roll in carta nasce proprio come omaggio alla Costiera sorrentina e al suo prodotto più emblematico: il limone di Sorrento Igp, ricco di oli essenziali e dall’aroma inconfondibile. Un piatto originale nel gusto, nella consistenza e nei profumi:
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Focus Food
la morbidezza pungente della salsa al limone, la croccantezza della tempura dei gamberi e la freschezza spinta del salmone fresco fanno del Lemon Roll un piatto decisamente fusion e glocal. Nel 2018 Misaki inaugura il suo terzo ristorante in Campania: a Salerno, nel cuore della zona residenziale, in via Gramsci, a due passi dal centro storico. Novità assoluta qui è il bar dove è possibile degustare cocktail e drink presenti nell’ampia carta beverage del ristorante, Un’area dallo stile contemporaneo che gioca sui contrasti di materia e colore. Il progetto del locale a Salerno è di Costa group leader nel settore progettazione e allestimen-
to di ristoranti negozi, bar e pizzerie. I progettisti hanno messo in evidenza la cucina, il banco di preparazione sushi e dato rilievo al bar: una zona dal visual minimale per valorizzare il prodotto esposto, esaltare la selezione di etichette in carta e comunicare l’alta qualità dei vini. Tre sedi per un format unico ed esclusivo grazie a cui comunicare e diffondere i valori e il gusto della cucina nipponica nel Sud Italia. Una sfida più che un progetto, quello di Misaki: avvicinare la cultura internazionale giapponese a quella italiana attraverso un menu unico per tutti e tre i ristoranti, ricco di creazioni tipiche e piatti originali in stile Misaki. Si comincia dagli antipasti: fagioli di soia, insalata di alghe con sesamo o tonno scottato. A sushi e sashimi è dedicata un’ampia sezione del menu, con oltre cin-
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quanta proposte classiche tra maki, nigiri, uramaki, temaki, futomaki assortiti. Sei pagine del menu presentano gli Specialityroll: proposte creative dello chef che combina tecniche di preparazione e cottura, ingredienti e sapori. Le proposte di cucina calda contemplano diverse combinazioni di Noodles e Rice, di Teppanyaki, di tonno e salmone alla piastra. L’astice è in tre varianti e cotture: polpa di astice in tempura; Lobsterroll con mango; astice e pinoli con salsa dello chef. Completano il menu i dolci, rigorosamente di tradizione giapponese, per un’esperienza gastronomica completa. La freschezza, l’alta qualità del cibo e l’atmosfera rilassata fanno di Misaki uno dei ristoranti più raffinati di Pompei, Sorrento e Salerno. L’amore per il design e la passione per il sushi è il fil rouge che unisce i tre ristoranti. Cosa riserva il futuro? Tante idee e alcuni progetti food, stavolta però il Giappone non c’entra. •
Approved Event
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Salute Palace Alcova di classe
XXX XXXXX XXXX XXXXX XXXXX
di Gualtiero Spotti
Tanto pesce nell’offerta dello chef Stefano Bison. Venezia è una città che negli ultimi anni ha saputo offrire nuove attrattive, sia per la riqualificazione di molte strutture alberghiere così come per una nuova attenzione verso la cucina di qualità, e di questi tempi la famosa località lagunare riserva alcuni indirizzi da appuntare sul taccuino anche per coloro che vogliono
uscire dalle trappole turistiche e vivere un esperienza più in linea con la magia e i sapori della gastronomia veneta. Il Salute Palace Hotel, che si trova nel quartiere Dorsoduro ed è vicino, come facile intuire dal nome, alla celebre Basilica della Salute, può rivelarsi una scelta azzeccata, soprattutto per vivere una Venezia meno caotica e avvicinarsi a ritmi più lenti godendo del relax delle calli, in particolare girando per il quartiere nelle ore della sera e magari spingendosi fino all’angolo privilegiato di osservazione della
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Punta della Dogana. L’hotel, un quattro stelle intimo e placidamente appoggiato su Rio della Fornace, un lungo corso d’acqua che taglia in due Dorsoduro e porta dal Canal Grande al Canale della Giudecca, ha da poco più di un anno visto una completa ristrutturazione e, con la riapertura dell’aprile 2017, oggi può contare su una cinquantina di camere (tra cui alcune suite e junior suite, con letti a baldacchino e lampadari di Murano) dove il gusto della dimora veneziana di un tempo sposa un design più moderno
Lo chef Stefano Bison
e pulito in un mix creativo elegante e allo stesso tempo funzionale, da vero e proprio boutique hotel. La recente affiliazione alla guida Les Colectionneurs, quella guidata da Alain Ducasse, fa poi il resto garantendo qualità e standard di ottimo livello, il che non è per nulla scontato trattandosi di Venezia. Senza dimenticare alcune peculiarità che distinguono il Salute Palace da molti dei piccoli hotel che si possono incontrare proprio in laguna e che nonostante il piacere della gestione familiare spesso non raggiungono standard accettabili. Qui invece si parte, e bene, dalla cucina di casa, che vede come protagonista l’esperto Stefano Bison, cuoco veneziano concreto e molto legato alle sue origini, rientrato a Venezia una decina di anni fa e con un precedente passaggio cittadino presso il ristorante l’Alcova dell’hotel Cà Sagredo. Il ristorante del Salute Palace, sua ultima destinazione, invece si chiama Bistrò da Cici, ed ha mantenuto anche dopo il rinnovamento il nome del patron della storica locanda dalla quale è nato l’albergo, mentre i piatti giocano senza esitazioni la carta della semplicità e dell’autenticità. Come dire, moeche e
schie fritte in stagione non mancano, così come tutto ciò che di buono e di stagione offrono i mercati di Venezia visto che il cuoco in mattinata si spinge fino a Campo Santa Margherita o in altri angoli di Venezia per scegliere il pesce e la materia prima migliore. Ma a queste si aggiungono preparazioni che dicono anche un po’ delle passate esperienze di Stefano Bison, soprattutto nell’alta cucina di albergo, visti i passaggi al Ritz di Londra e al Badrutt di Sankt Moritz, tra gli altri, e un po’ della volontà di incuriosire i clienti pescando anche in altre regioni. Una cucina italiana, dunque, a tutto tondo, se vogliamo, con riferimenti molto mediterranei e qualche piatto più muscolare, dove si passa dai Ravioli fatti in casa all’ossobuco, con fonduta di Castelmagno e spinaci, al Baccalà in olio cottura con topinambur e cavolo cappuccio viola, e dal Filetto di Dentice con coste ripassate alla Zuppa di ceci con scampi, guanciale e rosmarino. Sono sempre scelte concrete e di buon senso, capaci di soddisfare anche il palato dei vegetariani di passaggio e di incuriosire i turisti stranieri che si siedono al tavolo
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e vogliono mangiare pietanze che rimandano alla tradizione veneta. Il Bistrò poi offre un piacevole e intimo spazio esterno perfetto per la bella stagione e una saletta interna proprio adiacente al bar che, all’occorrenza, sforna cocktail e aperitivi come impone la moderna mixology. Se poi questo non bastasse, il Salute Palace può raccontare anche altre storie
capaci di incuriosire il viaggiatore alla ricerca del lato più intellettuale del luogo, perché proprio in queste stanze visse per un paio di anni il poeta Ezra Pound.
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Senza scordare poi che a tiro di schioppo si trovano il Peggy Guggenheim Museum, Palazzo Cini e le Gallerie dell’Accademia, per una full immersion di arte cui è difficile resistere se ci si ferma per un paio di notti nel quartiere. A rendere ancor più gradevole la sosta al Salute Palace ci pensano le amenities che spesso non è facile trovare nelle stanze di un quattro stelle, lo charme degli ambienti comuni, come la piccola sala che funge da angolo lettura e relax o nel salone dei Fenicotteri utilizzato per la colazione, la squisita disponibilità del personale e quei particolari o dettagli che, in molti casi fanno la differenza. Per una città che ancora oggi in moltissimi casi vive del mordi e fuggi quotidiano dei turisti e della conseguente poca voglia di investire in qualità, è un bel segnale da tenere a mente. •
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Convento di Amalfi mitica Costiera Ospitalità superlativa, ristorazione al top ma anche After dinner all’altezza.
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di Gualtiero Spotti La Costiera Amalfitana offre scorci e angoli mozzafiato lungo l’intera sua lunghezza. Sono diverse le località che raccolgono consensi da parte dei viaggiatori di mezzo mondo e alcune di queste vengono letteralmente prese d’assalto nel corso della stagione estiva. Basta pensare a Maiori, Amalfi o Positano, giusto per citarne qualcuna. Così il valore più inestimabile quando si capita in zona risulta esser quello di poter godere di relax pace e tranquillità pur avendo a portata di mano le bellezze paesaggistiche e le località rinomate che tutti vogliono visitare. Per questa ragione ci sono alcuni hotel che più di altri diventano appetibili, in quanto permettono di vivere la Costiera Amalfitana con le lentezze e l’attenzione che merita questa Terra. Uno degli alberghi che vale la pena prendere in considerazione si trova ad Amalfi ed è l’Nh Convento di Amalfi, posizionato poco fuori dal paese, in prossimità dell’imbocco di una delle gallerie che conducono verso Conca dei Marini. La comodità risiede nell’estrema vicinanza con il borgo marinaro e ciò permette di arrivare, con una breve passeggiata in costa, direttamente nel cuore di Amalfi. Ma questo è solo uno dei valori che caratterizzano una struttura carica di storia e di un passato molto importante per la cittadinanza locale. L’attuale albergo infatti, nasce come abbazia nel 1200, e la bellezza del luogo è stata raccontata sotto diverse forme da pittori, fotografi e artisti. Prima come luogo di culto appartenuto ai monaci cistercensi e ai frati cappuccini e, nei secoli più recenti, come locanda e perfino come scuola nautica, con l’idea di rinverdire i fasti dell’antica Repubblica marinara. Dai tempi dell’acquisizione della struttura da parte del Comune di Amalfi, il convento ha visto diverse destinazioni, diventando anche albergo, per esigenze turistiche sempre crescenti, ma mantenendo le caratteristiche di luogo di culto con la Chiesa e il Chiostro ancora
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Accueil oggi visibili (e visitabili) che sono state realizzate dai frati cappuccini. Nella lunga storia del monastero c’è anche un evento tragico, con la distruzione di parte della struttura avvenuta nel 1899 a causa di una frana i cui effetti son oggi ben visibili. Negli anni più recenti la catena alberghiera
terrazza con vista. Oppure si può passeggiare sui terrazzamenti che caratterizzano l’hotel, contemplando la natura mediterranea e la vegetazione rigogliosa e, ancora, camminare lungo percorso che consente di perdersi nella limonaia o più semplicemente riposare abbracciati
Lo chef Claudio Lanuto
ha preso possesso dell’antico convento e si è insediata facendolo diventare un hotel cinque stelle della sua Collection che firma le strutture di maggior prestigio. Così sul fianco della montagna che domina la Marina di Amalfi si può soggiornare godendo di una vista impareggiabile che abbraccia il golfo e approfittando di servizi di alto livello. A partire dalla Spa, che pur piccina, ha il valore di un servizio tailor made con qualche sala massaggio, un bagno turco e la possibilità di effettuare trattamenti open air su una bella
dalla leggera brezza che sfiora la montagna, magari dopo essersi tuffati nella piscina quasi nascosta nell’angolo più lontano delll’albergo. L’ospite qui ha anche l’opportunità di poter scegliere tra due diversi ristoranti. Quello più agile e informale, La Locanda, per un pasto a bordo piscina e con una carta di buon senso che permette di assaporare classici piatti locali con la giusta attenzione verso la clientela internazionale, e il ristorante gourmand Dei Cappuccini, con una ampia sala interna che durante la mattina
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ospita il breakfast, ma anche una lunga terrazza esterna per serate romantiche al chiar di luna. La cucina in entrambi i casi vede la consulenza di Natale Giunta, cuoco originario di Termini Imerese, diventato celebre con le sue partecipazioni a La Prova del Cuoco, ma che ha saputo diventare brillante imprenditore di se stesso inaugurando alcuni ristoranti, una società di catering e ristorazione collettiva e firmando una linea di prodotti che raccontano la sua sicilianità. Al Convento di Amalfi l’esecutore materiale è il solido Claudio Lanuto che, di concerto con Giunta, imbastisce un menu che gioca su diversi fronti. La classicità della cucina italiana e mediterranea con qualche twist e qualche idea più creativa per stuzzicare la clientela meno turistica che capita da queste parti. Anche se, è ben chiaro che chi arriva al Convento di Amalfi ricerca la freschezza e i colori della materia prima che la Costiera sa offrire. E il pesce in carta fa la parte del leone, poco importa che si tratti di un tonno, delle capesante o dei Ravioli ai gamberi con aragosta e zucchine. Particolare attenzione viene data anche ai momenti pre e post cena, con una selezione di cocktail non banali e serviti al bar dei Cappuccini, anche se qui sembra piuttosto naturale la decisione di affidarsi un un buon bicchiere di limoncello. Infine, durante il soggiorno, se riuscite a staccarvi dalla bellezza del luogo, concedetevi una camminata nel centro di Amalfi percorrendo la Salita di San Pietro della Canonica e raggiungete la pasticceria di Andrea Pansa, a fianco del Duomo. Dal 1830 una delle eccellenze della Costiera quando si parla di dolci. Tra una scorzetta di limone, un pasticciotto e una caprese c’è l’imbarazzo della scelta. •
400 mm
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450 mm
700 / 900 mm
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400 mm 800 mm
Eventi
COMITATO PROMOTORE Enzo Andreis • Presidente AIGRIM Pietro Auletta • Presidente e A.D. Dussmann Service Stefano Biaggi • Presidente e A.D. Sodexo Italia Cristian Biasoni • A.D. Chef Express Sergio Castelli • A.D. Areas Fabrizio de Fabritiis • A.D. Milano Ristorazione Antonio Giovanetti • Dir. Generale Camst Franco Manna • Presidente Gruppo Sebeto Chiara Nasi • Presidente CIRFOOD Ernesto Pellegrini • Presidente Gruppo Pellegrini Mario Putin • Presidente Serenissima Ristorazione Massimiliano Santoro • Group Public Affairs and Europe Business Development director Autogrill Antonio Savoia • Presidente Edifis Carlo Scarsciotti • Presidente Angem Portavoce Oricon Fabio Spaccasassi • A.D. Compass Group Italia Lino Stoppani • Presidente Fipe Lino Volpe • Presidente Elior Ristorazione
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Ana Roš, anche l’alpeggio è stellare
Miglior cuoca al mondo nel 2017, la chef di Hiša Franko offre anche alta ospitalità.
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per mangiare e bere bene, si può anche pernottare in alcune delle stanze che si trovano sopra al ristorante, come se si Hiša Franko è un nome che ormai gli fosse in un agriturismo. Ed è questa una appassionati di geopolitica mangerecdelle caratteristiche peculiari del locale, cia conoscono molto bene. Da diverse ovvero la profonda atmosfera familiare stagioni. Perché è il nome del ristorante e un po’ contadina che si respira, anche che ha visto l’ascesa inarrestabile di Ana oggi che il ristorante gode di una celeRoš verso il traguardo di migliore cuoca brità planetaria. Si arriva all’ingresso e si mondiale nel 2017 secondo la World’s 50 vedono scorrazzare in giardino il cane e Best ed ha portato la piccola frazione di il gatto di casa; nel corso della mattinata Staro Selo, che si trova alle porte di Cac’è il via vai frenetico che segue l’ora della poretto, in Slovenia, sulla bocca di tutti. colazione per gli ospiti doPerfino prima, verrebbe da ve ci si dedica alle faccende dire, già nel 2016 grazie alla domestiche, e dove i ritmi partecipazione a una ormai “Quando sono dettati spesso dalla celebre puntata della serie natura che decide quando tv Chef’s Table di Netflix. la Slovenia raccogliere la frutta o la Un successo crescente e è capace di verdura destinati alla cumeritatissimo, dettato da stupire, diventa cina. Un piccolo mondo una serie di fattori che rurale ben delimitato, visto hanno evidenziato il tacompetitiva” che la famiglia di Ana abita lento e la caparbietà della al secondo piano della cacuoca, già limpidi tornando sa, a stretto contatto con indietro di una decina di l’universo di Hiša Franko. anni abbondanti, quando Anche oggi, dopo l’ormai celebre rifiuto il nome di Ana era ricordato sopratdi Ana di partecipare, qualche tempo fa, tutto per le sue scorribande sciistiche in qualità di giudice all’edizione italiana giovanili nel giro della nazionale di sci slovena. Poi un infortunio ha deciso la strada nuova da intraprendere, con lo spinta dalla passione per la cucina a uscire prepotentemente e la curiosità di osservare ciò che il mondo proponeva, trasportando poi le idee tra le valli dell’Isonzo con la mediazione di una materia prima spesso locale. Con i formaggi dei vicini alpeggi, la selvaggina di stagione, la verdura e la frutta che arriva dagli orti vicini o da quello di casa, alle spalle del ristorante; senza dimenticare i vini, che raccolgono il meglio della produzione slovena, soprattutto quando si parla di naturali e biodinamici. Ma a questo ci pensa il compagno di Ana, Valter Kramar, padrone di casa e squisito intrattenitore capace di mettere a proprio agio l’ospite, magari davanti a un bicchiere di Sutor, di Organic Anarchy, di Tilia, di Simcic o di Burja. Poi non si può dimenticare che da Hiša Franko oltre a sedersi a tavola di Gualtiero Spotti
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Ana Roš
di Masterchef. Ben prima che venisse chiesto ad Antonia Klugmann, per una scelta che avrebbe aumentato la popolarità della cuoca slovena ma avrebbe anche portato orde di gastrocuriosi di nuova generazione a rovinare questo mondo perfetto. Ma qui, per fortuna, non si capita per caso. Il pellegrinaggio alla scoperta di una migliori cucine del pianeta vede sempre in sala commensali provenienti da tutte le parti del mondo. E tutti degustano con una curiosità che unisce il dovuto rispetto verso la natura un po’ selvaggia di queste valli al moto di esultanza contenuto di chi invece si stupisce di fronte a preparazioni sempre perfette ed equilibrate. Anche oggi che Ana, dopo un paio di anni trascorsi in giro per il mondo tra mille eventi, è tornata a casa con suggestioni nuove e interpre-
tazioni che spingono di tanto in tanto il menu verso gusti un po’ universali. Ma potrebbe forse essere diversamente dopo aver trascorso molte stagioni partecipando ai festival e agli eventi più frizzanti in circolazione, da Cook It Raw in poi? No di certo. Qui nei piatti si susseguono armonie di sapori, colori, fermentazioni, affumicature, tostature, marnature, tradizione e ribellione, piccoli mondi gustativi ed esaltanti esplosioni esterofile. Si va dal Centocchio con piselli, fragola e acqua di mandorle, passando per il Mazzo di piante selvatiche con emulsione di asparagi verdi, olio di semi di zucca (di quest’ultimo, il kurbiskernöl, in Slovenia e Austria ne fanno largo uso in cucina) e ciccioli di maiale caramellati, per arrivare al Cuore di cervo con riesling, ostrica e bergamotto. Con salinità
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A destra Valter Kramar
ed espressioni citriche molto evidenti, e tutt’altro che banali. Ma si continua suylle ali dell’entusiasmo con il divertente Drežnica-Idrsko-Mexico City, in un viaggio immaginifico capace di unire il Coniglio di montagna in viaggio verso il Messico con una bella scorta di salsa mole, fagioli, arachidi e aglio nero. Se poi volete estendere l’esperienza a qualcosa di più vicino alla tradizione slovena, ci si può spingere fino a Caporetto dove, nel centro del paese, Valter Kramar da poco ha aperto l’osteria tipica Hiša Polonka: due belle salette conviviali dove ci si immerge tra sapidità e sapori più locali, magari davanti a un buon bicchiere di birra ad accompagnare piatti sinceri e di una tradizione che abbraccia un’ampia area geografica, visto che si va dal frico alla polenta con ricotta e pancetta (Zabeljena p’lenta), dal cervo in salmi (Jelenov golaž) al Burger Polonka, con carne di manzo, cipolla, insalata di erbe e formaggio. Si beve la birra artigianale della casa, chiamata Feo in onore dell’artista Ivan Volarič Feo, nativo di un paesino vicino a Caporetto. •
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Andrea Berton e l’eleganza di Nude di Viviana Persiani
La forza del grande chef sposa la nuova linea di calici Pasabahce. Un matrimonio da favola. Quello tra Andrea Berton -chef stellato Michelin- e il marchio di design globale Nude, specialista nella produzione di glassware e home decor in cristallo senza piombo lavorato artigianalmente. Una partnership significativa che permetterà ad uno dei “Marchesi Boy” più talentuosi di utilizzare i modelli Vinifera e Finesse per abbellire la mise en place del suo Ristorante Berton della milanese via Mike Bongiorno. Perché se è vero che a far da protagonisti sono i suoi piatti stellati, moderni, frutto di una ricerca costante di qualità e semplicità delle materie prime utilizzate dallo chef, anche l’occhio vuole la sua parte. E, da questo punto di vista, la filosofia che caratterizza il brand Nude “Simple is beautiful”, che attraverso le lenti della semplicità coniuga la forma alla funzione, si sposa perfettamente con quella del friulano Berton, consentendo di esaltare, sulla tavola, essenzialità e purezza, con modelli che offrono un livello di trasparenza senza eguali. Bellezza e semplicità di linea che hanno colpito positivamente Andrea Berton: “Ogni piatto va accompagnato dal giusto vino. Ci vuole quindi un particolare bicchiere. Le collezioni Nude, eleganti e dalle linee pulite, sono in grado di valorizzare la mia cucina, in particolare il mio “Menu tutto brodo”, dove a ciascun piatto è accompagnato un brodo da bere o da versare nel piatto. Il tavolo risulta così un tutt’uno con la mia proposta gastronomica, of-
frendo all’ospite un’esperienza ancora più completa”, ha spiegato lo chef stellato. Un menu famoso, che offre, al palato degli avventori, piatti unici come il Brodo di cetriolo, lime e zenzero, Crudo di pomodoro e basilico o come il Brodo d’anatra alla “Grazie alle nuove verbena, Anatra nanforme, sulla tavola si taise, carota viola, esaltano essenzialità e corniole e nocciola; purezza” per non parlare del Brodo di cioccolato Sandwich di latte, kumquat e sesamo nero o del Brodo di cicale di mare, Ravioli, aglio, olio e peperoncino, solo per citare alcuni dei piatti proposti dallo chef in questo intrigante viaggio gastronomico e dei
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sensi. Del resto, versatilità, creatività, innovazione, costante ricerca, artigianalità e attenzione minuziosa nei dettagli, sono alla base del successo di un maestro tra i fornelli come Andrea Berton. La varietà di Nude ricalca in pieno questo suo modus operandi. Spazia da collezioni firmate dai maestri del design –come Decantering e Red Or White di Ron Arad – ad innovazioni frutto di un costante impegno in ricerca e sviluppo come Stem Zero Ion Shielding Technology, il calice più sottile e resistente al mondo. L’intera
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offerta del marchio Nude, con prodotti pensati per valorizzare le tavole più raffinate, è disponibile presso Pasabahce store, in Corso Matteotti 3 a Milano. Nude è rivenduto presso i negozi premium di tutto il mondo, tra cui Harrods, Fenwick, Wallpaper Store, La Rinascente, MoMa, Goop, Barneys, Printemps and Printemps. Nude è anche la scelta di ristoranti prestigiosi tra cui Soho House, Corbin & King e Drake & Morgan nel Regno Unito. Ai quali, si aggiunge ora il Ristorante Berton. •
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Servizio, stile, dettagli La passione secondo ROS I professionisti dell’HoReCa chiedono prodotti caratterizzati da estetica, funzionalità, coerenza con le tendenze contemporanee. di Theo Smith Quella di ROS è una bella storia di illuminata imprenditoria italiana. Una storia da raccontare, perché dalle parole di Sergio Pezzotta, amministratore delegato dell’azienda, e di Antonella Giupponi, responsabile della comunicazione, si comprende fin da subito l’elemento cardine del successo: la passione per il proprio lavoro. Passione che diventa il denominatore comune di tutte le scelte e di tutte le strategie imprenditoriali: fornitori, clienti, dipendenti di ROS sono tutti accomunati da questo elemento. Tanto che Antonella Giupponi ha sottolineato: “la passione è la nostra linea di condotta da oltre trent’anni. Senza, non saremmo quello che siaAntonella Giupponi con Sergio Pezzotta.
Un piatto firmato da Roberto Conti (chef del Trussardi alla Scala): Cetriolo, menta e yogurt.
mo”. Ma andiamo con ordine e partiamo dalle origini: ROS nasce nel 1984 con un obiettivo forte: specializzarsi nel settore HoReCa (quello che noi definiamo B.A.R., ovvero Bar, Alberghi, Ristorazione). L’idea è di Sergio Pezzotta, alla cui spalle c’è una famiglia impegnata nell’ingrosso dei casalinghi. Il progetto parte con il piede giusto, gli obiettivi vengono mano a mano raggiunti, tanto che oggi ROS è un punto di riferimento per l’universo delle attrezzature alberghiere, degli articoli per la ristorazione, in tutti i suoi segmenti e, più in generale, di tutti i pubblici esercizi di qualità. Per raccontare la storia di questa realtà bergamasca e per comprenderne la portata, bastano davvero pochi numeri: la prima sede prende vita a Bergamo, in centro città, con una superficie di mille metri quadrati e soli tre dipendenti: og-
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gi, nella sede di Zanica, a pochi chilometri dal capoluogo, la superficie supera i seimila metri quadrati, di cui ben mille di spazi espositivi. I dipendenti sono diventati diciotto, le referenze sono passate da duemila a tredicimila. Tra l’altro, è bene sottolinearlo, si tratta di un magazzino in continua evoluzione, che viene rinnovato in funzione delle tendenze in atto, delle richieste del mercato, delle esigenze dei professionisti e, ovviamente, delle intuizioni dei proprietari, sempre attenti a cogliere ogni cambiamento del settore. Come ha spiegato Sergio Pezzotta, gli articoli selezionati rispondono alle esigenze degli operatori, in sintonia con evoluzione e cambiamenti del mercato. Prodotti funzionali, certo, ma anche ricercati, di design, innovativi, capaci di arricchire e valorizzare la mise en place, con una at-
“Nel mondo della ristorazione di qualità, sempre più segmentato, le risposte devono essere trasversali a tutto il settore.”
Steelite e Revol, mentre i vini sono stati degustati in calici Rona. Il tutto fornito da ROS. Non stupisce, dunque, quanto dice Sergio Pezzotta a proposito dei fornitori: “Oggi sono loro a cercarci. Noi li selezioniamo sulla base di quanto sono in linea con la nostra filosofia, centrata innanzitutto sulla qualità del prodotto. Affidabilità, serietà, continuità, oltre a contenuto innovativo e linea estetica, sono per noi elementi fondamentali”. Non solo, Antonella Giupponi aggiunge: “anche la passione”. Quanto al prezzo dei prodotti, il
Un piatto dello chef Antonino Cannavacciuolo: Plin di anatra, zuppetta di fegato grasso e latte di bufala; vista esterna dello showroom di ROS.
tenzione trasversale alle esigenze di tutti i segmenti di offerta: dal ristorante di qualità fino alla location gourmet guidata da una brigata stellata. Da qui l’importanza di essere presenti a fiere internazionali altamente specializzate, come Ambiente, che si tiene annualmente a Francoforte. A muovere ROS è la ricerca di qualcosa di inedito, di diverso, che risponda alle esigenze, spesso complesse, dei clienti: “Oggi ci chiedono soprattutto estetica, attenzione alle tendenze contemporanee e alle novità; in alcuni casi è necessario effettuare delle ricerche molto meticolose. I colori, gli abbinamenti, le forme nuove sono aspetti imprescindibili, soprattutto per la ristorazione di eccellenza”. Ed ecco che torna alla mente un episodio non recente, ma che bene esemplifica il concetto. “Qualche anno fa –ricorda Pez-
zotta- lo chef tristellato Massimo Bottura ordinò 24 pezzi di un prodotto molto particolare, una posata personalizzata, decisamente tranchant, che venne messa in bacheca, a simboleggiare un piatto di grande successo”. Sono tanti i nomi di “celebrity chef” che affiorano durante la nostra conversazione, ma anche quelli di altrettanti professionisti dell’HoReCa che rappresentano un riferimento della ristorazione di qualità, di quel Fine dining che ci caratterizza nel mondo. Durante la conversazione con Pezzotta, di nomi di chef stellati se ne fanno parecchi. E due parole si spendono anche sull’evento della scorsa primavera, svoltosi al Trussardi Alla Scala, dove il Resident Chef Roberto Conti, insieme a Tonino Cannavacciuolo, hanno realizzato una cena a quattro mani, impiattando le loro creazioni su piatti
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discorso è chiaro: il prezzo, di per sé, non è mai l’unico parametro di scelta. A fare il vero differenziale sono la qualità e il servizio rapportati al prezzo: se l’equilibrio è corretto, tutto torna. In fatto di servizio, ROS sottolinea quanto sia fondamentale questo aspetto: “E’ sempre più importante dare al cliente un servizio di qualità: per noi, che siamo distributori, è l’aspetto prioritario”. E servizio significa soprattutto tempestività nell’evasione degli ordini, gestione degli imprevisti, anticipazione delle esigenze del cliente: anche questi elementi garantiscono le necessità di sicurezza del cliente. L’obbiettivo, poi, è di dedicare ancora più attenzione alla sala, anche strizzando l’occhio agli stimoli che provengono dall’estero. E, proprio in tal senso, potrebbero esserci interessanti novità in arrivo. •
Gusto e mercati
Effetto Chateau Lafite e l’inconsapevole potenza dell’udito di Vincenzo Russo*
L’esperienza sensoriale si nutre di stimoli ambientali sempre più forti.
* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano.
Nelle nostre interviste ai consumatori sempre più riscontriamo alcuni elementi ricorrenti in grado di caratterizzare in positivo l’esperienza enogastronomica, ovvero la polisensorialità, l’edonismo, la partecipazione, la personalizzazione, e la cosiddetta ludicizzazione, ovvero la possibilità di fare della esperienza enogastronomica un gioco, se non addirittura un intrattenimento. Ciò dovrebbe spingere il mercato ad una maggiore attenzione alla “shopping experience” e, di conseguenza, alle leve ambientali utilizzate per creare nuovo valore, tanto per la ristorazione che se ne serve per differenziarsi rispetto alla crescente standardizzazione dei format e al conseguente intensificarsi della pressione competitiva, quanto per le imprese industriali che le usano per fornire una rappresentazione efficace ed esperienziale della propria identità di marca. Non si tratta di una novità. Già negli anni Settanta Kotler definiva questi aspetti ambientali “atmospherics” ovvero «The effort to design buying environments to produce specific emotional effects in the buyer that enhance his purchase probability» (Kotler 1973, p. 50). Purtroppo rileviamo ancora troppo spesso come questi elementi più che essere considerati fondamentali, sono spesso relegati ad un ruolo secondario. Eppure sia le ricerche classiche che quelle neuroscientifiche hanno più volte evidenziato il ruolo
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Fig.1 - Il sistema dopaminergico (in blu) attivato dalla musica
che gli stimoli ambientali hanno sull’esperienza, sulla sua gradevolezza e quindi sulla sua memorabilità. Ciò significa che la visione di un prodotto alimentare, il colore del contesto o delle portate, il suono di sottofondo, possono contribuire a fare percepire i sapori in maniera diversa. Abbiamo già parlato in altri articoli in questa rivista di come la qualità percepita di un piatto possa essere profondamente alterata da elementi di contesto, dimostrandone i meccanismi cerebrali alla base del fenomeno. Il nostro cervello è stato programmato per riconoscere in maniera immediata la pericolosità o l’utilità degli elementi dell’ambiente. Per questo motivo dopo la vista, il senso che più ha la funzione di valutare inconsapevolmente il grado di attrazione o di pericolosità degli stimoli è l’udito. Non a caso la musica e i suoni hanno un ruolo fondamentale nella ristorazione e nei bar. La musica è in grado di stimolare ricordi ed emozioni del passato, influenzare l’umore e modificare la percezione della realtà stessa. Ecco perché il sottofondo di una musica ad alta frequenza (e quindi un po’ più “dolce”) fa percepire il prodotto degustato un po’ più dolce rispetto ad una musica a bassa frequenza (Spence, 2017).
Una musica gradevole, inoltre, è in grado di attivare l’area cerebrale deputata al piacere. Recenti studi neuroscientifici hanno dimostrato che una musica gradevole o coerente con il contesto o con il piatto ha un effetto importante sull’esperienza enogastronomica, facilitando il rilascio di dopamina nel cervello (vedi Fig. 2 in blu il sistema dopaminergico). La dopamina è un ormone che viene rilasciato in condizioni di piacevolezza o di benessere. Inoltre la musica è in graFig. 2 - Le aree del sistema dopaminergico rilevate do di attivare il Sistema Limbico (ovvero con fRMI ed attivate dalla musica l’area deputata alle emozioni) e il circuito della ricompensa, cosi come fanno il ve non consapevoli rende l’audio un veicibo, le droghe e il sesso. Addirittura il colo potente per la memorizzazione dei cervello comincia a produrre dopamina marchi nella mente del consumatore”. Ma prima dell’ascolto, proprio come quando quale tipo di musica? Molti studi si sono pregustiamo un gelato che ci piace tanto, concentrati sulle diverse tipologie. Fra coinvolgendo sia il sistema limbico e che i diversi fattori strutturali che giocano la corteccia prefrontale, forse per la preun ruolo nell’espressione visione della piacevolezdell’emozione in musica, il za dell’esperienza. Nello tempo e il ritmo sembraspecifico, il Nucleo Cauno avere un ruolo priviledato si accende per antigiato. Non a caso alcune cipare il piacere, mentre “La musica delle indicazioni usate dai il Nucleus Accumbens è un motore compositori per segnalare (NAcc) si attiva durante emozionale che a che tempo una determil’ascolto. Come si evince nata opera debba essere dall’immagine (Fig. 2) la svolge un ruolo eseguita, hanno una conmusica attiva le aree colprivilegiato” notazione emozionale (ad legate ai processi emoesempio allegro, vivace). tivi: i punti colorati soUn ritmo temporale veno le secrezioni di doloce di una musica fa vapamina durante e prima riare considerevolmente dell’ascolto di una specila dimensione dell’arousal, ovvero l’attifica musica (Salimpoor et al. 2011). Quevazione fisiologica. sti risultati indicano che il piacere intenUna ricerca condotta nel 2003 da Adrian so in risposta alla musica può portare al North dell’Università di Leicester, in Inrilascio di dopamina nel Sistema dello ghilterra, ha dimostrato che i clienti di Striato ovvero quella parte del cervello un ristorante di lusso scelgono i piatti più che numerose ricerche hanno dimostracostosi del menù se nella sala viene difto essere un indicatore di predisposiziofusa musica ricercata e classica. Per dine all’acquisto. mostrarlo, i ricercatori hanno svolto per Come dice Bradley Vines, direttore del diciotto giorni una ricerca in un ristoranNielsen Consumer Neuroscience, Europa te, confrontando gli incassi di sere in cui “il suono e l’audio possono influenzare i si cenava a ritmo di musica classica, di consumatori anche senza richiedere la pop o senza musica. Il risultato non lascia loro attenzione. Il collegamento tra lo stispazio ai dubbi: Mozart può convincere molo radiofonico e le associazioni emoti-
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gli avventori a comprare una bottiglia di vino più caro o a scegliere di non risparmiare su dessert da intenditore. Secondo North, ciò avviene perché i clienti, ascoltando musica classica, si percepiscono come persone più raffinate; così per restare in sintonia con questa loro immagine di sé, davanti alla carta dei vini non badavano a spese. Gli stessi ricercatori si sono dedicati anche al cliente di supermercati, per osservare che la musica tedesca li indirizza verso gli scaffali di vini del Reno, mentre la musica francese li indirizza verso il Beaujolais. Prima del gruppo di North, Areni e Kim (1993) avevano osservato la stessa propensione verso i vini costosi, dimostrando che chi entra in un’enoteca, dove si diffonde la musica di Mozart, spende il 250% in più rispetto a ciò che accade con una musica meno “ricercata”. Comunque vanno bene anche Beethoven, Brahms e Chopin. Si tratta di un meccanismo chiamato “effetto Chateau Lafite” ed è facile comprenderne il motivo. •
Riferimenti Areni, C. S. and Kim, D. (1993). The influence of background music on shopping behavior: classical versus top-forty music in a wine store. Advances in Consumer Research, 20, 336-340 North, A. C., Shilcock, A., & Hargreaves, D. J. (2003). The effect of musical style on restaurant consumers’ spending. Environment and Behavior, 35, 712–718. Salimpoor, Valorie N, Mitchel Benovoy, Kevin Larcher, Alain Dagher, and Robert J Zatorre. (2011) “Anatomically Distinct Dopamine Release During Anticipation and Experience of Peak Emotion to Music.” Nature neuroscience 14, no. 2: 257-262. Spence C. (2017) Gastrophysics. The New Science of Eating.
La ricetta di BARtù
La classe di Oreste, lo stile di Annamaria a cura di Giorgio Ascorti Si sta proprio bene alla ‘Vecchia Pavia’ come la chiamano tutti, dimenticandosi della Locanda e del Mulino, che risale al ‘400: poco importa. Inserito nel complesso della Certosa, circondato dal verde, questo ristorante continua il suo pregevole lavoro di cucina classica, d’impronta transalpina. Un posto romantico, accogliente, con i tavoli apparecchiati di tutto punto come capita sempre più di rado ai tempi dell’informalità. Non deve stupire considerando la classe di Oreste Corradi, patron e sommelier di lunga militanza ed enorme passione. Se le tre sale restano il suo regno, ai fornelli è la moglie Annamaria Leone a dettare il ritmo tra piatti intramontabili e visioni
Oreste Corradi
Risotto con peperoni alla Vogherese a modo nostro Ingredienti per quattro persone PER IL PIATTO
più moderne, ma sempre impostate all’eleganza e realizzate con le migliori materie prime: una di queste ci ha conquistato nell’ultima visita: Risotto con peperoni alla Vogherese a modo nostro che spiega più di mille discorsi la filosofia del locale. Mentre si ragiona su una delle grandi bottiglie di una cantina clamorosa, Corradi legge un pensiero di grande intensità. “Amo pensare alla nostra cucina come un’officina del gusto, dove i profumi che escono dalle pentole e gli aromi utilizzati riempiano di emozioni così grandi da far trasportare i nostri clienti in un viaggio inebriante tra i sapori della nostra tradizione”. Giusto.•
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280 gr Riso Carnaroli del Pavese 150 gr peperoni tagliati a listarelle 70 gr di burro 1 cucchiaio di scalogno tritato 80 gr parmigiano grattuggiato 1 litro di brodo vegetale 1 cucchiaino di erbe tritate (maggiorana, prezzemolo, origano fresco) 70 gr lattuga fresca a striscioline 1 bicchiere di vino bianco secco 50 gr di mascarpone germogli di rucola
Procedimento Con il burro rosolare lo scalogno, il trito di erbe e i peperoni. Aggiungere poi il riso e farlo tostare leggermente con il vino, facendolo evaporare. Aggiungere piano e mescolando il brodo, continuando la cottura per 12/14 minuti facendo attenzione alla qualità del Carnaroli. Terminata la cottura, mantecare con il formaggio, la lattuga e il mascarpone. Decorare il piatto con il ciuffetto di germogli di rucola e servire.
NON PERDERTI UN NUMERO! Da settembre 2018 Artù si arricchisce di nuovi contenuti e diventa BARtù, accanto ai consueti contenuti legati alla Ristorazione di qualità e al mondo degli Alberghi, con le figure professionali correlate, che hanno fatto di Artù lo strumento fondamentale per comprendere i cambiamenti in atto nel Ho.Re.Ca., il magazine introdurrà nuovi contenuti dedicati specificamente al canale Bar. L’evoluzione del bar italiano in tutti i suoi segmenti verrà monitorata in ogni numero della rivista, attraverso una sezione interamente dedicata al canale, inchieste su consumi e tendenze. Interviste ai protagonisti/professionisti dell’offerta. Incontri con le aziende/Focus imprenditori. Focus sui prodotti (food, vino, equipment). Direttore editoriale di BARtù sarà sempre Alberto P. Schieppati, già direttore di testate di successo specializzate nel canale fuoricasa.
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Patischie
La foto di BARtù
Preparativi per il dinner: i ragazzi di sala sono pronti a ricevere gli ospiti. Siamo al Grand Hotel Villa Serbelloni, a Bellagio. La squadra è guidata da Carlo Pierato, restaurant manager, la cucina da Ettore Bocchia, una stella Michelin. Entrambi sono una bella garanzia per Gianfranco Bucher, patron dell’hotel 5 stelle lusso.
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Pillole L’erogatore tecnologico
Metro e l’impegno per l’ho.re.ca
A Milano, l’aroma della vodka Grey Goose
Home Festival dal sapore inconfondibile
InSinkErator, multinazionale americana inventrice del dissipatore alimentare, ha presentato l’erogatore d’ultima generazione 4N1 Touch, il quale emette un flusso d’acqua filtrata fredda da 30 secondi con il solo tocco di un tasto. Se si vuole bloccare il flusso prima dei 30 secondi, è sufficiente toccare nuovamente il pulsante. Stesso discorso per l’acqua bollente, che ha in più una leva di sicurezza che ferma immediatamente l’erogazione quando rilasciata. La nuova gamma 4N1 Touch è disponibile in tre differenti forme: la minimalista L Shape, la morbida J Shape e la geometrica U Shape. Tutte le forme del 4N1 Touch sono disponibili con le tradizionali finiture in acciaio spazzolato o cromo verniciato.
In qualità di partner dell’ho. re.ca e con il claim “Il vostro successo è il nostro impegno” Metro, con i suoi 21 milioni di clienti, vuole sottolineare il coinvolgimento quotidiano nel supportarli. La nuova campagna racconta infatti storie vere di successo, una per ciascun Paese in cui l’azienda opera. Sono tutte storie vere: i clienti si sono prestati per raccontare le proprie avventure imprenditoriali, le sfide affrontate, i successi raggiunti e gli obiettivi prefissati.
Grey Goose, marca francese di vodka, creata nel 1997 a Cognac e, dal 2004, facente parte del gruppo Bacardi, sarà il main sponsor del Fashion Film Festival, manifestazione che si terrà, a Milano, dal 20 al 25 settembre, presso Anteo Palazzo del Cinema. In ogni bottiglia della vodka GREY GOOSE®, dal delicato aroma floreale, trovate l’essenza delle migliori materie prime francesi, il grano tenero invernale della Piccardia e dintorni oltre all’acqua sorgiva di Gensac, nella regione del Cognac. Il tutto assemblato da un esclusivo processo di produzione, garantito dal maître de chai, François Thibault.
Jack Daniel’s è tornato a Treviso, dal 29/8 al 2/9, in occasione della nona edizione di Home Festival, il più importante festival musicale italiano. L’experience Jack @ Home si è confermata ricca di appuntamenti e attività speciali, caratterizzata dalla presenza del maestoso truck Jack Daniel’s. Al suo interno, il bar, dove si sono potuti assaporare il classico Jack Daniel’s Old No. 7 Tennessee Whiskey, il Lynchburg Lemonade - cocktail fresco, ottimo per accompagnare tutte le proposte del menu offerto nell’area BBQ made by Jack - e Jack Daniel’s Tennessee Honey, perfetto da gustare ghiacciato nel dopocena.
Moser, lo specialista dello Speck A Naturno, un comune della Val Venosta situato in provincia di Bolzano, si trova il Moser Speckworld, uno spazio completamente dedicato allo Speck, dove è possibile conoscere la storia, scoprire i segreti della lavorazione, degustare e acquistare l’originale Speck dell’Alto Adige e altre specialità. Inserito nel suggestivo ambiente di una tradizionale baita di montagna, il Moser Speckworld è un universo tutto da esplorare, che ogni anno attrae oltre 100.000 visitatori. Il museo, composto da tavole informative e stazioni interattive, illustra fedelmente la produzione artigianale dello Speck, offrendo al visitatore anche preziosi consigli di utilizzo. La versatilità è infatti il punto di forza del Moser Speck Alto Adige.
Summer Chen trionfa con le suggestioni di Gin Mare
Vranken-Pommery cresce nei mercati
Summer Chen è la vincitrice della Mediterranean Inspirations 2018, la competizione internazionale di bartending firmata Gin Mare, iconico brand iberico. La barmaid di Singapore ha conquistato il premio dopo una tre giorni di sfide all’ultimo cocktail, che ha visto i 7 finalisti vincitori delle fasi nazionali impegnati a creare signature cocktail, capace di esprimere l’essenza mediterranea di cui Gin Mare è intrisa. Summer si è distinta per l’equilibrio del suo “Amigos Para Siempre”, il migliore tra i cocktail dei concorrentidella prova Gastrobartender Drink: ingrediente obbligatorio, il Parmigiano Reggiano. La giuria era composta da Jorge Balbontin, Brand Development Manager di Gin Mare & Vantguard, Julian Deferal, esperto direttore creativo delle drink strategies al Gorgeous Group London, Diego Olmedilla, Presidente della Federazione degli Chef e Pastry Chef di Spagna, Marc Alvarez, Bar Manager dell’“El Barri” group e Cherry Wan, Operation Manager di Jia group international.
esteri
Orogel, la salute anche in viaggio
Il Gruppo Vranken-Pommery Monopole ha diffuso i numeri del primo semestre 2018, con una cifra d’affari di 94,8 M di euro e una crescita dell’attività del 6,3%. Il peso delle filiali, situate nelle aree strategiche per la distribuzione di champagne e vini, ha permesso, per la prima volta, di invertire le vendite a favore dell’attività internazionale rispetto al mercato domestico; l’export di Champagne ha superato le vendite in Francia, raggiungendo il 51,2%. I nuovi prodotti “Brut Nature” di Vranken, “Royal Blue Sky – on ice” e “Blanc de Blancs” di Pommery hanno contribuito a questo dinamismo.
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BARtù settmbre 2018
Continua il rinnovo dell’offerta food, intrapreso da Autogrill che, in collaborazione con Orogel, ha lanciato, per l’estate 2018, le nuove insalate di pasta integrale firmate da Marco Bianchi. Si tratta delle Casarecce Integrali e delle Mafaldine Integrali, disponibili, fino a metà settembre, in tutti i Ciao d’Italia. Le prime, pensate anche per i vegetariani, sono composte da casarecce integrali, melanzane grigliate, pomodorini semidry, feta, capperi e origano. Le Mafaldine Integrali, ideali per i gusti dei vegani, propongono la pasta integrale con polpettine di ortaggi e legumi, soia edamame , pomodorini semidry e mandorle.
Alberto’s choice
Gattullo, il mito vive e resiste IL BAR PASTICCERIA È UN RIFERIMENTO PER MILANO
LEGENDA
BAR GATTULLO
P.le Porta Lodovica, 2 20136 Milano Tel 02 58310497 www.gattullo.it
Da cosa cominciamo? Da Cochi e Renato? O da Enzo Jannacci? O da Beppe Viola? O da Gianna Nannini? O da Franco Battiato? O dalla Milano da bere? Ah, Gattullo, un nome, un melting pot di ricordi… Ma anche di realtà che continuano a vivere grazie all’impegno di una famiglia che, dominata da una passione senza precedenti, tramandata di padre (Domenico detto Mimmo) il figlio (Giuseppe detto Beppe), è arrivata oggi a rappresentare l’icona del Bar pasticceria di livello, dove la qualità dell’offerta fa la differenza, lo staff è elemento determinante del successo, la cura della materia prima è ossessiva: questo è una sorta di tempio del buono nel cuore di Milano. Il Bar Pasticceria Gattullo si avvia ai sessant’anni di attività: antesignano degli aperitivi a base di caviale ostriche e salmone (quando quest’ultimo non era ancora un prodotto di massa), pioniere della “paninomania” di altissima qualità, garante di una pasticceria finissima, dolce e salata, protagonista del rilancio del panettone a lievitazione naturale, Gattullo è capace al tempo stesso di non darsi troppe arie e di accogliere tutti, dal cliente di rango fino al meccanico dell’officina di fronte. Eppure sono nati qui, già dall’apertura nel 1961, i panini più à la page di Milano, già allora un bene prezioso, decantato dai più grandi cantautori italiani di passaggio da Porta Lodovica: dal già citato Enzo Jannacci fino a Giorgio Gaber, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Piero Focaccia. Che tempi! Domenico Gattullo detto Mimmo, da Ruvo di Puglia, era il vero obiettivo delle loro visite al locale: incontrarlo, conoscerlo, scambiare due chiacchiere, fare due risate, parlare del Milan e, soprattutto, assaggiare
Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e stile dell’offerta
Domenico Gattullo, dal 1961, è il patron dell’omonimo bar pasticceria di Milano
un Triplo Special o un Capriccio o un Gattullino era un vanto per tutti. L’umanità di Domenico trasmetteva e trasmette una carica positiva, insieme a una fiducia che è stata capace, nel tempo, di costruire una clientela appassionata e fedele, che per nessun motivo al mondo cambierebbe bar. Definito da Enzo Jannacci uno dei punti di incontro più chic del mondo, famoso per le “interpretazioni del panino” in tempi non sospetti (e ben prima che diventasse una moda e che venissero aperti decine di locali ispirati al sandwich ma di impronta standardizzata, in cui i panini sono esattamente uguali in ogni punto vendita), Gattullo ha costruito nel tempo una solida immagine che punta su quattro punti-cardine: 1) Le prime colazioni: le brioches e i croissant, dolcemente appoggiati sul bancone del bar, a sinistra, coperti da un sottile, discreto film che le ponga al riparo da batteri e contatto umano, sono una tentazione da visio capitale. La brioche ripiena di marmellata al miirtillo è una autentica leccornia. Il caffè espresso, per qualità ed estrazione, è il miglior accompagnamento alla linea dolce. 2) Il pranzo: e qui viene fuori tutta la verve di Domenico e dei suoi collaboratori. Aldilà dei panini, delle tartine, della pizza e delle mitiche focacce rettangolari, prosciutto cotto insalata tonno maionese, Mimmo è riuscito a creare una linea di piatti caldi e freddi, con menù ad hoc, da fare invidia a uno stellato Michelin per scelta
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Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Due corone = Linea di cucina corretta
Una corona = Dignitoso e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
Tre cervelli = Un vertice nel suo genere
Due cervelli = Qualità e attenzione al cliente
Un cervello = Bravi, ma non basta
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
Il nuovo libro di
Michelangelo Citino
Lo chef si racconta Michelangelo Citino, lo chef aeroportuale, come molti lo definiscono, essendo executive del ristorante gourmet all’interno dell’aerostazione di Linate, si racconta, in lungo e in largo. Dalla gavetta al successo, attraverso incontri con chef famosi, bravi e meno bravi, passando per momenti di gioia e di tensioni, vittorie e delusioni, esperienze memorabili o, spesso, da dimenticare: la storia di una carriera importante, culminata con la grande responsabilità di condurre il suo “Michelangelo”, è racchiusa in poco più di cento pagine, ricche di episodi toccanti ma anche di ricette degnamente illustrate. Un libro che non può mancare nella biblioteca di professionisti e gourmet, destinato a far riflettere e, ancora di più, discutere sul presente e futuro dell’alta ristorazione in Italia e nel mondo.
In vendita presso il Ristorante Michelangelo di Linate e presto disponibile nei maggiori bookshop, duty free e piattaforme e-commerce. Per info rivolgersi a: Mychef Ristorazione Commerciale SpA | Viale Caldera 21 Milano | info.it@areas.com
BARtù Numero 93 settembre 2018
Alberto’s choice
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello Contatti bartu@edifis.it - www.bartumagazine.it
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Collaboratori Giorgio Ascorti, Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Foresti, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Viviana Persiani, Michele Maria Pizzillo, Giovanna Moldenhauer, Gio Pirovano, Mauro Remondino, Vincenzo Russo, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Claudio Zeni, Stefania Zolotti _______________________________________________________________ Grafica e impaginazione Daniele Scozzari _______________________________________________________________
Foto Archivio BARtù; Alvise Barsanti; Marcello Bocchieri; M. Borchi; Stefano Borghesi; Claudia Calegari; Villagra Lopez; Martina Mambriani; Mauro Montana; Patischie; Barbara Santoro; Roberto Savio; Renato Vettorato _______________________________________________________________
Pubblicità Piera Pisati, Project Leader - piera.pisati@edifis.it _______________________________________________________________
Iniziative speciali Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________
Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it
_______________________________________________________________ Contatti pubblicità dircom@edifis.it _______________________________________________________________
Lo staff di Gattullo: giovane ma con tanta esperienza
Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (Mi)
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degli ingredienti, tecniche di cottura, presentazione e succulenza. 3) Gli aperitivi: lisci o miscelati, Spritz o “Sbagliato”, Negroni, Bloody Mary o Milano Torino) i bartender di Gattullo (Eugenio in testa) sanno il fatto loro. E le proposte sfiziose dalla cucina,gli appetizer eccellenti (olive pugliesi, pizzette e salatini di sfoglia in servizio permanente effettivo, cui si aggiungono diversi tipi di panettone gastronomico e canapès vari) vi faranno solo pensare a quando organizzare il prossimo aperitivo. 4) La pasticceria: d’asporto o
Un articolo sarcastico, scritto da Enzo Jannacci, negli anni Settanta, per decantare la qualità dei panini di Gattullo
consumata in loco, è il vero fiore all’occhiello del locale, Che nasce, appunto come pasticceria con mescita quando, negli anni Sessanta, il take away “dolce” era una fortissima molla per i consumi familiari, le ricorrenze, le feste private. La pasticceria mignon creata dai pasticceri di Gattullo è di tipo classico, tradizionale, senza voli pindarici, paradigmatica e rispettosa della grande arte pasticcera italiana. Il panettone di Gattullo, così come la colomba, è diventato un must per molti milanesi, un po’ stanchi di acquistare altrove panettoni griffati per scoprire poi che vengono preparati da altri e che, di quel locale in cui vengono acquistati, portano soltanto il nome. Da Gattullo c’è sempre la certezza (sempre più rara) che le migliaia di panettoni che vengono realizzati è al 100% Made in Porta Lodovica. In cassa, un tempo presidiata dalla mitica Lella (che troppo presto ci ha lasciati), facilmente troverete Beppe, rampollo gourmet di Domenico, con il quale sarà piacevole intrattenersi a parlare delle ultime imprese del Milan o della migliore costoletta alla milanese reperibile in città. Appassionato di alta cucina, Beppe ha al suo attivo frequentazioni di grandi ristoranti stellati e conoscenza diretta di molti chef. Un amore, quello del Gattullino, che ha sicuramente condizionato, in positivo, la “piccola brigata” del bar pasticceria di famiglia, la cui linea di cucina (e l’offerta di vini), semplice ma ben strutturata, ha creato un polo di qualità gastronomica molto vivace.
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Prezzo per una copia E 5,00 - Arretrati E 10,00
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