L'Industria della Gomma 06 2014

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SALA MESCOLE: IL LAYOUT SALA MESCOLE: LE NOVITà INTERVISTA: I GEMELLI RIPA

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SOMMARIO

Federazione Gomma Plastica

assogoMMa

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA ELASTICA

ELASTICA

6 ElASTICA: SOMMARIO

Redazione, amministrazione, pubblicità

L’INTERVISTA 16 La gomma si tinge di giallo

I gemelli Giorgio e Alberto Ripa sono entrambi tecnologi della gomma ma, insieme, coltivano anche un altro interesse in comune oltre a quelli del lavoro e della famiglia: scrivono thriller. La loro opera prima, “Melodia fatale”, sta riscuotendo un buon successo editoriale e già è in arrivo un sequel. Li abbiamo intervistati per capire come la passione per la scrittura si concilia con le loro mansioni nel settore della gomma.

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

MONDOGOMMA

20 Come progettare la sala mescole

L’esperto Bruno Milanese passa in rassegna le possibili impostazioni della sala mescole tradizionale, basata sull’impiego di mescolatore chiuso e aperto. Le opzioni sono molte, e cambiano se l’esigenza è quella di un’elevata produzione con un numero limitato di formulazioni (come, per esempio, per i pneumatici) oppure se si producono molti compound diversi con un gran numero di materie prime. Una ricognizione delle soluzioni più vantaggiose con particolare attenzione al mescolatore a rotori compenetranti.

FOCUS 35 INCHIESTA: LA SICUREZZA IN SALA MESCOLE

Tre compoundatori e sei produttori di macchine descrivono i passi avanti compiuti nella gestione della sicurezza all’interno della sala mescole grazie alle nuove normative e al progresso tecnologico. Un’attività che non sarà mai priva di rischi ma che, anche attraverso la formazione, sta raggiungendo livelli molto buoni di tutela degli operai.


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SOMMARIO

DALLE AZIENDE

46 La nuova sala mescole

Colmec presenta una sua nuova idea di configurazione della sala mescole basata su una serie di soluzioni innovative che ha sviluppato negli ultimi anni.

50 Nativi digitali

La crescita di Franciacorta Stampi, fondata 14 anni fa da tre soci giovanissimi che, grazie alla loro dimestichezza con i mezzi informatici, stanno affermando il loro modo di progettare e concepire gli stampi.

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54 Un microdurometro rivoluzionario L’ultima novità di Gibitre è uno strumento in grado di analizzare fino a 30 O-ring contemporaneamente e non uno alla volta, riducendo tempi di lavoro e impiego di personale.

58 una policy per la sicurezza

Ecco come Parker Hannifin, gruppo mondiale presente in tutto il mondo, gestisce il tema della sicurezza nel suo stabilimento di Siziano (Pavia) in linea con le direttive globali del marchio e in ossequio alla normativa.

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NEWS

61 taccuino

• tires & rubber 2014 a mosca. noi ci siamo stati, ecco com’è andata

• lanxess rinomina le sue gomme butiliche

• continental avvia impianto di produzione pneumatici radiali in india

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63 calendario 64 gli inserzionisti di questo numero

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014


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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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ELASTICA

Rassegna della stampa tecnica estera

Materie prime OSSIDO DI ZINCO E OSSIDO DI MAGNESIO COME ATTIVATORI DELLA VULCANIZZAZIONE

M. Guzman, B. Vega, N. Agullò, S.Borròs – e-mail: manolo.guzman@iqs.url.edu; (GAK); 66/09 – 604-611.

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iene riportata la seconda parte dell’articolo annunciata dagli stessi autori in GAK 66/08538-548. 2013. (Rif. Elastica E3216). L’argomento trattato riguarda la discussione sulla possibilità di impiegare come attivatore della vulcanizzazione l’ossido di magnesio (MgO) al posto dell’ossido di zinco (ZnO); tuttavia, seguendo una proposizione già riportata precedentemente nei commenti generali, viene evidentemente riconfermato che la sostituzione di ZnO con MgO non è mai senza danno. L’articolo qui recensito inizia considerando casi conclamati in cui lo ZnO gioca un ruolo fondamentale nelle attivazioni catalitiche: in un complesso contenente 2-metil-2-pentene insieme a MBTS e Zolfo (secondo Morrison), l’azione trasportatrice attivata dallo ZnO sullo Zolfo in presenza di MBT, MBTS, CBS, come pure il sinergismo dovuto allo Zn in presenza di altri ossidi metallici CdO, PbO, BiO sono casi citati. Vengono nominati peraltro anche altri tipi di sinergismo di ossidi metallici CdO, PbO, CaO, HgO, CuO, che insieme a ZnO danno luogo a più al10

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

ti livelli di modulo in sistemi vulcanizzanti EV. Gli autori considerano l’effetto di ZnO e di MgO in squalene (Fluka 97%) e in squalano (Fluka 95%). Nell’articolo sono riportati anche schemi di reazioni che mostrano la formazione di crescita delle catene di vulcanizzazione polisofuriche condizionate dallo MBTS.

Materie prime LA SOIA NELL’INDUSTRIA DELLA GOMMA PER IL SETTORE AUTO

L.D. Beyer, G. M. Flanigan, D. Klekamp, D.Rohweder – Ford Motor Company – e-mail: lbeyer4@ford.com; (GAK); Gummi Fasern Kunststoffe; 66/09, pp. 595-602.

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frutti della soia costituiscono una fonte di biomateriali per uso nelle materie plastiche e nella gomma nell‘industria automobilistica. Ciò consegue, oltre che dalle loro proprietà, anche dalla loro diffusa disponibilità e dal loro costo, più stabile di quello dei prodotti petroliferi. Uno dei campi di interesse industriale nel quale si è mostrata significativa la possibilità di crescita dei derivati vegetali è stato quello dei plastificanti, perché in essi il panorama chimico dei prodotti in uso si mostrava molto vario, comprendendo prodotti di polarità molto diversificata, da quelli apolari come gli oli paraffinici fino a prodotti polari come gli oli altamente aromatici, impiegati in ogni

caso per sopperire a necessità fisiche delle mescole di gomma, che di per sé nascerebbero con caratteristiche di viscosità poco congeniali, se non corrette da prodotti adeguatamente miscibili con gli elastomeri. I plastificanti, cioè, sono chiamati a rispettare la necessità di assecondare caratteristiche specifiche, che vanno al di là delle loro proprietà fisiche di costituzione, anche se richiedono modifiche chimiche, che portano ad instaurare nuove proprietà di compatibilità con un mondo di caratteristiche fisiche e chimiche nuove. Nel campo dei plastificanti ha avuto una notevole importanza, dal primo gennaio 2010, la proibizione dell’impiego di plastificanti aromatic, che contengano più di 10 mg/kg di policiclici aromatici (PAK), ufficializzando invece l’impiego di plastificanti TDAE (Treated Distillate Aromatic Extract) e di plastificanti MES (Mild Extraction Extratction Solvate), e l’impiego di trigliceridi alifatici come l’olio di soia, l’olio di palma, l’olio di ricino. Nel testo dell’articolo sono riportate le generalità delle formule di struttura di un trigliceride, di un olio di soia e di un olio di soia epossidato. Altri tipi di oli vegetali sono i talloli. Compaiono notizie sulla produzione di oli di origine vegetale, nonché sulle loro sigle indicative: PO (olio paraffinico per EPDM), NO (olio naftenico per SBR/BR). Inoltre SBO, ESBO, SP-


Abbiamo letto per voi

SO, SP167, SP350 relativi a diversi oli di soia. Viene infine riportato uno studio di laboratorio su mescole contenenti 23 phr di plastificante, con accelerazione TMTD/ZDBC/MBTS/S 1/1,8/3/0,8 phr. In EPDM le migliori caratteristiche meccaniche si notano con olio SP350 e SBO. Inoltre, viene riportato uno studio in mescola di SBR/BR 75/25 contenente 60 phr di silice precipitata. Nelle mescole di SBR le migliori caratteristiche meccaniche si notano con olio naftenico, con olio SP50, con olio ESBO. L’articolo si dilunga nel testo. Se ne consiglia vivamente la lettura per le note dettagliate riguardanti gli oli di origine vegetale in mescole di EPDM e di SBR.

Materie prime EPDM BIMODALI IN MESCOLE SPUGNOSE

S. Jacob, E. P. Jourdain – ExxonMobil – e-mail: sunny.jacob@exxonmobil.com; (GAK); 66/10-686-694.

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li elastomeri EPDM, per la loro resistenza al calore e alle intemperie sono molto adatti per ottenere articoli per l’impiego nell’industria automobilistica e soprattutto per i profilati delle portiere, realizzando articoli complessi a struttura multipla coestrusa comprendente parti di gomma solide e spugnose, parti metalliche per il fissaggio alle strutture della carrozzeria. La parte spugnosa ha subito molti sviluppi nel tempo per arrivare a rappresentare un baluardo permanente negli interstizi, risolvendo problemi di tenuta e di comfort soprattutto grazie a miglioramenti registrati nei riguardi della resistenza al compression set. Nel corso degl anni più recenti molti progressi sono stati poi osservati grazie allo sviluppo di EPDM bimodali nelle parti spugnose dei profilati. Nell’articolo compare una figura che illustra la sezione di una portiera, indicando la posizione delle parti metalliche della carrozzeria e della portiera stessa, e rappresentando anche quelle dei rivestimenti elastomerici. Dalla figura si può comprendere quali superfici siano a contatto fisso perché solidali con le lamiere della scocca e quali superfici realizzino il contatto quando la portiera è chiusa. L’EPDM, che costituisce le parti in gomma a contatto, ha una struttura bimodale, nel senso che è costituito da una miscela omogenea di diverse specie molecolari, ove la specie con peso molecolare medio più alto (106 g mol-1) è presente in quantità minore di quella con peso molecolare medio più basso (105 g mol-1).

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ELASTICA Tale situazione causa anche migliore lavorabilità. Il risultato di tale situazione, visto anche il comportamento in lavorazione del polimero bimodale Vistalon 8800 che mostra favorevole compression set, è anche che una distribuzione bimodale nell’EPDM assicura migliore lavorabilità con una stretta distribuzione dei pesi molecolari. Sulla tenuta, specie alle intemperie, realizzata tra i vari segmenti di profilati a contatto tra di loro giocano un ruolo determinante anche la ruvidità delle superfici e le caratteristiche intrinseche derivanti dalle condizioni di lavorazione delle mescolanze. L’articolo è molto interessante e ne è consigliabile la lettura a chi voglia approfondire gli aspetti, anche i più reconditi, delle caratteristiche di lavorabilità degli EPDM.

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L’

articolo è ricavato da notizie riguardanti la costituzione di un polimero stirenico a blocchi rigidi denominato HSBC (Highdurable Styrene Block Copolymer) e di un polimero dienico idrogenato costituito a blocchi soft. Il polimero a struttura HSBC presenta elasticità tipo gomma al di sotto della temperatura di transizione vetrosa del polistirene e agisce come un punto di reticolazione provvedendo la caratteristica elastica. Lo HSBC è un polimero termoplastico usato nel settore degli adesivi e dei modificanti polimerici per articoli di consumo, spesso anche per la sostituzione di articoli di gomma, e comunque anche per articoli in PVC, stampati a bassa durezza, per adesivi hot-melt, per articoli sanitari, per nastri o per correttori di durezza. Oltre a ciò, il polimero di cui si tratta è caratterizzato da eccellente durata, da resistenza alle intemperi e all’abrasione, da densità del 15% più bas12

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

sa di quella di un poliuretano TPU. Per tale ragione il polimero qui descritto, denominato Septon Q, viene preso in considerazione in particolar modo anche per produrre calzature sportive e, date le sue caratteristiche di leggerezza, per produrre film in competizione con quelli di TPU e con quelli di elastomeri TPE. I film di Septon Q risultano particolarmente favorevoli rispetto a quelli di TPE e di TPU per la resistenza al graffio e per la resistenza alla luce. Nell’articolo qui recensito appaiono anche dati dimostrativi nel campo isteretico e nel campo della resistenza alla deformazione permanente favorevoli al Septon Q rispetto ai poliuretani TPU.

Materie prime RESINE LIQUIDE TRASPARENTI E TRASLUCIDE PER LED A COLATA

F. Kampf, J. Bernhof – e-mail: f.kampf@sonderhoff.com; Gummi Fasern Kunststoffe – (GAK); 66/09-611-613. 2013.

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led che caratterizzano gli elementi luminosi delle resine sintetiche sensibili, dal punto di vista ottico, sono soggetti ad essere facilmente modificati nella loro costituzione fisica e chimica e pertanto per mantenere la loro funzionalità durante l’impiego devono essere adeguatamente protetti dal punto di vista meccanico per mantenere le loro proprietà caratteristiche. Pertanto il loro involucro deve garantire una protezione contro l’umidità e contro le intemperie. Perciò tale tipo di protezione deve essere sempre in accordo con le concrete necessità della parte protetta. I materiali che costituiscono il guscio protettivo devono essere sempre scelti in ordine al tipo di applicazione e alla possibilità di installare le caratteristiche opportune, specialmente riguardo alla durezza, alla viscosità, alla lavorabilità, e sopratutto alle concrete necessità della lavorazione, come ad esempio le richieste concernenti la viscosità, il tempo di lavorazione e il tempo di appiccicosità, che possono variare considerevolmente. Per i gusci di colore chiaro sono di-

sponibili due sistemi, il sistema Fermadur per i poliuretani e il sistema Fermasil per i siliconi, entrambi senza problemi sia con sistema a totale o a parziale automazione, anche per impiego in grande serie. Per una stabilità del sistema è tassativo che il materiale del guscio sia privo di bolle. L’impiego automatico delle resine per colata con equipaggiamenti di dosatura e di mescolazione è d’altra parte usuale nell’industria automobilistica, nell’industria elettronica, nell’industria dell’imballaggio e nell’industria dell’illuminazione.

Materie prime ANALISI DELLE INTERAZIONI GOMMA-RESINAIN ADESIVI POLICLOROPRENICI

Darina Zhelewa – Università di Sofia – e-mail: darinajeleva@abv.bg; (GAK); 66/09-614-618. 2013.

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egli adesivi policloroprenici si sfrutta la struttura polare degli atomi di cloro (Cl), che alle temperature correnti è caratterizzata dalla formazione di strati altamente elastici con caratteristiche di adesività. A ciò si aggiunge la capacità di formare legami di reticolazione per mezzo di ossidi metallici, e di rafforzare il potere adesivante per mezzo di un elemento molto importante quali sono le azioni fornite dalla presenza di resine fenolformaldeidiche, che compaiono in tutte le composizioni di adesivi policloroprenici. Nell’articolo qui recensito vengono considerate diverse tipologie di adesivi policloroprenici, che comprendono: 1) un adesivo policloroprenico al 25% in acetone/toluene/etere di petrolio; 2) idem additivato di Alresen 565R; 3) additivato di ulteriore Alresen 565; 4) idem additivato di ulteriore quantità di Alresen 565; 5) come in caso 1) ma prodotto dopo aver additivato al mescolatore aperto l’adesivo policloroprenico originario con ulteriore aggiunta di resina p-tert.fenolformaldeidica. Le varianti apportate evidenziano variazioni di viscosità che spesso si ripercuotono in abbassamenti di vi-


Abbiamo letto per voi scosità nel prodotto finale dovuti all’insorgere di fenomeni di plastificazione, che sovrastano gli effetti di interferenza attiva I risultati hanno in sostanza dimostrato che non è possibile pretendere un comportamento univoco degli effetti di plastificazione e degli effetti di interreazione, se non si individuano prima gli intervalli in cui tali effetti di dipendenza esistono e sono significativi. Darina Zehleva, l’autrice, puntualizza la situazione ricordando che nel campo dei fluidi polimerici l’andamento della viscosità delle composizioni polimeriche sussiste un andamento caratteristico, che evidenzia un andamento “sovramolecolare” denominato “non newtoniano”che concorre a instaurare comportamenti dell’andamento della viscosità e vanno al di là dell’azione pertinente con la mera azione del solvente, dando luogo a variazioni di viscosità addi-

dic-mezzpg-210x140_def_TR 17-06-2013 12:40 Pagina 1

zionali positive o negative dipendenti dal solvente, dalla sua concentrazione, dalla sua azione correlata con il mezzo, che non è fisicamente e direttamente dipendente soltanto da intervalli di concentrazione, ma che varia in funzione dell’azione qualitativa del solvente. Nell’articolo, tale comportamento non newtoniano viene descritto con diversi esempi che descrivono il fenomeno e l’influenza sul comportamento reologico del sistema. Nell’articolo sono evidenziati in diversi casi gli andamenti “non newtoniani” del sistema policloroprene/ solvente, interpretando anche l’influenza del comportamento fisico del fenomeno per l’influenza dovuta ai passaggi da resoli a novolacche per azioni termiche. L’articolo è molto interessante, perché non si limita a descrivere le caratteristiche trovate, ma induce il lettore a dischiudere le barriere concetC

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tuali tra i vari tipi di situazioni reologiche.

Prodotti e processi ORDINAMENTO DEI SEGNALI NMR DELLA GOMMA POLICLOROPRENICA CON SPETTROSCOPIA NMR

Takayuki Saita, Yashita Ohtake, Seiichi Kavahara – Chemical Evaluation Inst. Kitakatusika e Università di Nigata; Rubber Chemistry and Technology; (RCT); 86/2 (Aprile-Giugno2013)- 250-260.

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l policloroprene (CR) è un elastomero random che comprende unità trans e cis 1-4, 1-2, 3-4 con caratteristiche tecniche e fisiche e con comportamenti alla cristallizzazione suoi particolari. Secondo gli studi eseguiti con metodologie passate, le notizie ricavate non sono state sufficenti per caratterizzarne a pieno le proprietà. Peraltro le determinazioni più recenti eseguite con le nuove evoluzioni riguardo ai tipi di

CY CMY

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ELASTICA campi magnetici applicati e riguardo alla evoluzione nella valutazione delle analisi NMR (Nuclear Magnetic Resonance), nonché, soprattutto, a quelle di aver introdotto il sistema di applicazione dei campi magnetici per impulsi, hanno arricchito le conoscenze anche dal punto di vista nozionistico, perché hanno evidenziato le differenze tra segnali provenienti da atomi di Carbonio 13 (13C) di struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. Analogamente è stata oggetto di precisazioni anche l’influenza delle situazioni strutturistiche derivanti dalla presenza di protoni (1H -) e di ioni piuttosto che di radicali (13C -). Le correlazioni studiate o presunte sono oggi quindi anche anche quelle conseguenti alla presenza segnali 1 HNMR provenienti da spettri metilenici o metinici.

Prodotti e processi INCISIONE A RAGGI LASER SU MATERIE PLASTICHE

R. Klein, R. Wissenborski – e-mail: ruediger.wissenborski@budenheim-com; (GAK); 66/10, PP. 703-705-2013.

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l processo LIS (Laserinduzierter Schäumen) rende possibile salvare a raggi laser file dei quali siano disponibili dati. L’operazione, mediante l’introduzione di una immagine di una schiuma trasparente, produce una crescita del volume di vendite. Oltre a ciò il processo LIS dà luogo a nuovi sviluppi e migliora la gamma delle offerte. Il processo LIS originariamente è stato sviluppato dalla Chemische Fabrik Budenheim KG per presentare una insegna con il sistema laser, con lo scopo di creare immagini gradevoli su una superficie di materia plastica, ad esempio immagini anonime, ma belle. In collaborazione con Techno-Scriptum e con Fraunhofer, la ditta ILT ha reso alla fine possibile estendere e ottimizzare con questa tecnica il processo di applicazioni laser, permettendo quindi di introdurre un nuovo tipo di sviluppo. Ciò era stato il frutto della collaborazione con Techno-

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

Scriptum e con Fraunhofer, che aveva reso possibile a ILT estendere e ottimizzare l’introduzione della tecnologia. Nel file, per realizzare le parti di scrittura speciale (Blindenschrift), vengono generati punti speciali per rendere possibile la lettura, ad esempio, di contatti con le “porte”, le tavole, i placcati. Nel testo dell’articolo compaiono rappresentazioni grafiche di immagini “spugnose”, nonché quelle di figure che comprendono spazi trasparenti oppure opachi aventi lo scopo di visualizzare o coprire figure rappresentate sullo sfondo dell’immagine. L’articolo qui recensito viene presentato come pertinente al settore delle materie plastiche, ma esso può interessare anche i lettori orientati al settore elastomeri, perché quivi esistono casi importanti che riguardano materiali elastomerici, che in definitiva sono suscettibili di avere componenti viscose di tipo plastomerico: esempi sono i polyblend NBR/PVC per articoli resistenti ai carburanti, gli articoli di polietilene clorosolfonato (CSM), gli articoli a base di gomme termoplastiche.

Prodotti e processi UTILIZZO DI UNA SOLLECITAZIONE TERMICA SOTTO TRAZIONE E SOTTO TRAZIONE A TAGLIO

L. Perko, W. Friesenbichler, M.Fasching – e-mail: leonhard.perko@unileoben.ac.at; Gummi Fasern Kunststoffe - (GAK); 66/09622-624.

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ell’articolo ci si propone di commentare il riscaldamento di un materiale durante una azione di sollecitazione ad allungamento. Già in passato ci si è dedicati all’argomento e vengono citati riferimenti attribuiti a Cogswell, Binding, Obendrauf, secondo i quali sono apparse considerazioni sull’andamento della viscosità sotto allungamento, ove sono state notate differenze rispetto al modello. Nel programma di prove ci si è riferiti alla capacità termica specifica e alle possibilità di conducibilità

termica con l’aiuto del reometro capillare ad alta pressione (HKR) e si è trovato decisivo elaborare un sistema di prove appositamente concepito. Come già previsto la determinazione della viscosità del flusso caratterizzato da stiramento in ugelli conici gioca un ruolo fondamentale. Nel presente progetto si è quindi deciso di determinare la viscosità del flusso appunto in base alla perdita di pressione nel reometro capillare ad alta pressione HKR. Il classico sistema della misura della correzione di Bagley in questo caso non è praticabile, perché le viscosità sono troppo elevate. Queste difficoltà hanno potuto essere superate per mezzo di un filtro. Il volume specifico dei materiali alle varie pressioni, la capacità termica e la scorrevolezza a caldo delle varie mescole vengono misurate in funzione della temperatura e riferite al modello. Per eseguire le prove pratiche è stata apprestata una macchina per stampaggio a iniezione della Maplan, del tipo MTF 750/160, dotata di un dispositivo speciale per la misura della temperatura della massa. Nell’articolo viene riportato uno schema grafico dal quale si possono evincere le impostazioni degli ugelli di iniezione. Viene quindi deciso e studiato di regolare automaticamente l’apparato mediante i risultati di un rilevamento della temperatura della massa servendosi di un dispositivo atto a seguire e a registrare l’andamento della temperatura in funzione dei dati rilevati da determinazioni basate sull’impiego di una apparecchiatura a raggi infrarossi che permette di filmarne l’andamento. Sulla base dei dati rilevati viene permesso di arrivare al risultato in funzione in funzione della velocità di iniezione, dell’angolo che esprime la conicità degli ugelli di ‘iniezione, dell’apertura della luce degli ugelli. Nell’articolo viene presentata una fotografia di un intero reparto della Montan-Universität di Leoben, nella quale appare il project leader Leonard Perko, autore dell’articolo, con la macchina Maplan MTF 750/160.


Abbiamo letto per voi

Prodotti e processi NUOVI TPO NANOCOMPOSITI BASATI SU PP/EPDM/ NANODIAMANTE CON PROPRIETÀ TRIBOLOGICHE E MECCANICHE MIGLIORATE

F. Hejazi, A.A. Katbab, Università tecnologica Amirkabir, Dipartimento di ingegneria dei polimeri e di tecnologia del colore, Teheran, Iran – GAK, GummiFasern Kuntstoffe n. 3/2014, pp. 165-169

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l diamante a dimensioni nanometriche è un additivo di pregio che può essere usato nella formulazione di polimeri compositi multifunzionali, specialmente in applicazioni dove è richiesta una combinazione di proprietà meccaniche, termiche e tribologiche. Nel lavoro realizzato dai

due studiosi dell’università Abirkabir di Teheran si descrivono i risultati ottenuti dall’analisi e dall’osservazione delle proprietà di nanocompositi costituiti da un blend tra “nanodiamante” e PP/EPDM, ottenuti attraverso un processo di mescola per fusione. Immagini ottenute con tecniche di microscopia a scansione SEM mostrano che la presenza di nanopolveri di diamante nella mescola di TPO ha determinato una migliore dispersione e distribuzione di glomeruli di EPDM in una fase continua di Ppm, riducendo anche significativamente la dimensione dei glomeruli (o droplet) di EPDM. I risultati delle analisi della tensione mostrano che l’incorporazione di un 5% di nanodiamante accresce il carico di rottura e la resi-

stenza alla lacerazione del TPO corrispondente e insieme contribuisce ad accrescere il modulo. Inoltre, analisi termiche condotte sui compositi TPO/nanodiamante mostrano una resistività termica superiore quando esposti al calore. La caratterizzazione termogravimetrica dei composti ottenuti ha rilevato infine che l’incorporazione del 3% di polvere di nanodiamante nel blend di TPO determina un incremento della temperatura di decomposizione termica di circa 50 °C. Il test di nanoindentazione (test di durezza di indentazione) condotto sulla superficie dei nanocompositi preparati in laboratorio ha mostrato un incremento della durezza superficiale e del coefficiente di nanoindentazione.

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Desidero ricevere copia del testo in lingua originale.

Numero di riferimento e titolo_______________________________________________________

Segnalati nella sezione “Abbiamo letto per voi” apparsa nel numero.....................................................................di “L’industria della Gomma /Elastica”. Nome e Cognome.............................................................................................................................. Azienda.............................................................................................................................................. indirizzo.............................................................................................................................................. Cap.....................Città...............................................................................Prov.................................. Data.........................Firma..................................................................................................................

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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L’INTERVISTA

La gomma si tinge di giallo

di Gianpaolo Brembati

Che cosa ha spinto due persone, con solide basi di cultura scientifica e che svolgono un’attività molto tecnica, a scrivere un romanzo, un thriller per l’esattezza? La risposta è facile: la passione. La passione nata dal desiderio di dare sfogo alla fantasia e alla creatività. È stato un lungo percorso a farci diventare scrittori senza una preparazione specifica, ma partendo dalle situazioni, vissute quando eravamo ragazzi, in cui si inventavano parodie, si giravano filmini amatoriali, si inventava un cartone animato per la laurea, si scriveva una commedia musicale per un party originale con gli amici. Anche la nostra passione di lettori ha avuto la sua importanza: tra i nostri autori preferiti possiamo citare Agatha Christie per le tecniche investigative senza aiuti tecnologici, Ken Follett per i flashback storici, Jeffery Deaver per la psicologia dei serial killer, Giorgio Faletti per l’idea di creare qualcosa di nuovo come scrittore esordiente. Naturalmente non ci limitiamo ai thriller, ma leggiamo anche saggi scientifici, saggi storici, libri di avventura e di narrativa italiana, per conoscere i grandi scrittori, per imparare e per capire ciò che dobbiamo inventare di nuovo. Quali sono i tratti salienti di Melodia fatale? Si tratta di un libro giallo originale, la cui trama si svolge su un terreno interdisciplinare: si spazia infatti dal latino e dalla letteratura alla chimica e alla medicina, dalla storia alla geografia e all’archeologia, dalla filosofia alla musica 16

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

Giorgio (a sinistra) e Alberto Ripa, tecnologi della gomma e scrittori.

Alberto e Giorgio Ripa sono due gemelli milanesi, conosciuti nel mondo della gomma rispettivamente come direttore Ricerca e sviluppo e direttore Acquisti del Gruppo Reda, laureati in Chimica (Alberto) e Chimica Industriale (Giorgio) all’Università di Milano nel 1985, curiosamente – ma non troppo – nello stesso giorno e con lo stesso voto. L’11 settembre 2013 è la data ufficiale di pubblicazione del loro primo romanzo, il thriller Melodia fatale, con il quale il collaudato affiatamento dei due si trasferisce dal lavoro e dalla famiglia a un ambito letterario. Una testimonianza del fatto che lavorare in un settore complesso e tecnologico come quello della gomma possa diventare ispirazione e spinta per ottenere grosse soddisfazioni anche al di fuori di laboratori o sale mescole


Alberto e Giorgio Ripa classica, dall’astronomia alla mitologia. E si parla anche di sport, con riferimenti al golf e agli scacchi. Tutto questo suona molto impegnativo. Non dev’essere stato facile arrivare al risultato finale. No senz’altro, la stesura del romanzo ha richiesto un metodo rigoroso di studio e di lavoro. Siamo partiti da ampi spazi di ricerca e di osservazioni, che hanno fatto nascere idee che sono state messe insieme, confrontate e sviluppate con autocritica, umiltà e comunque fantasia. C’è voluto poi rigore nell’analisi del progetto, che è stato sorretto da un’attenta ricerca bibliografica. Possiamo dire che la creazione del romanzo è stata un po’ come la sintesi di una complessa molecola organica.

La creazione del nostro romanzo è stata un po’ come la sintesi di una complessa molecola organica. Per arrivare al traguardo abbiamo messo a frutto attitudini e conoscenze maturate lavorando in Italia e all’estero

Quindi la vostra realizzazione come scrittori ha comunque un aggancio con la vostra attività lavorativa? Senza dubbio, perché è in fondo il frutto dell’attitudine, maturata nelle nostre precedenti esperienze lavorative, all’estero e in Italia e in settori diversi, a scrivere rapporti tecnici, articoli scientifici e brevetti, nei quali la logica ferrea, la precisione e la chiarezza di esposizione sono i requisiti fondamentali.

Come sta andando il libro sul mercato? Bene, se consideriamo che siamo esordienti e che la casa editrice (Leone Editore) è nata solo nel 2009: vogliamo crescere con lei. Il libro è acquistabile o ordinabile nelle principali librerie e comunque sempre disponibile on line sul sito dell’editore, di IBS, di Amazon. Sarà presto tradotto in spagnolo per affacciarsi sui mercati di Spagna, Messico, Cile e Argentina. Ci siamo appassionati a questa nuova attività, di cui il divertimento è una componente essenziale. Tant’è vero che è già pronto un seguito, che dovrebbe vedere la luce il prossimo autunno, con la stessa squadra investigativa e con nuovi personaggi. Per concludere parliamo un po’ di lavoro: potete illustrarci l’odierna attività del Gruppo Reda per quanto riguarda eventuali innovazioni tecnologiche? La nostra filosofia è sempre stata quella di riservare massima attenzione alle innovazioni tecnologiche (materiali o processi). A gennaio 2012 Giorgio scopre la società Directa Plus di Lomazzo, primo produttore italiano ed europeo di grafene, in grado di garantire importanti volumi di questo nanomateriale. A luglio 2012 Alberto, in compagnia del dottor Lo Cicero, uno degli amministratori delegati del Gruppo Reda, è ricevuto dall’ingegner Cesareo, presidente e ceo di Directa Plus, e presenta alcune idee di applicazioni del grafene in elastomeri vulcanizzati. Con nostra soddisfazione, a settembre 2012 il Gruppo

Il libro, la trama Melodia fatale (Leone Editore, 480 pp, 14 euro) è un thriller interdisciplinare, nel quale si combinano nozioni umanistiche con competenze scientifiche. Per arrivare alla soluzione dell’enigma è necessario conoscere il preciso significato delle parole in ogni contesto. È stato così creato il ruolo speciale di “terminologa” nel personaggio di Domitilla, una giovane donna colta e affascinante che si unisce alla squadra investigativa guidata dall’ispettore italo-inglese Tobia Allievi. La sfida lanciata da un atipico serial killer, amante della cultura, è particolarmente ardua: tutto inizia con un cd musicale contenente poche note prese qua e là da una celebre melodia. Si aggiungono, come indizi, i frammenti di una vecchia fotografia, riportanti sul retro alcune lettere dell’alfabeto, e frasi enigmatiche in latino, che preannunciano ogni volta il successivo omicidio. Un quadruplice rompicapo per investigatori e lettori. Partendo da Ginevra si è trascinati verso luoghi spettacolari e famosi, attraverso frequenti colpi di scena, fino al sorprendente finale. È un romanzo che potrà incuriosire anche i non amanti del genere, se non altro perché fa riaffiorare i ricordi dei propri studi, con salti continui da una materia all’altra. Info su www.leoneeditore.it.

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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L’INTERVISTA La striscia Led che impiega il nuovo silicone contenente grafene, sviluppato dal Gruppo Reda anche con il contributo dei gemelli Ripa. A sinistra, i gemelli premiati per il loro romanzo in occasione del Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica.

Reda è scelto (sigliamo un NdA) per testare il grafene in mescole per articoli tecnici. Durante il convegno An Enabling Material for a Smart Future, svoltosi a Milano il 12 dicembre 2012, Alberto presenta un prodotto finito contenente grafene: una striscia di Led ricoperta con un nuovo silicone prodotto da Momentive Performance Materials, reticolabile con raggi

UV a temperatura ambiente. L’articolo ingloba una striscia di un nuovo silicone termo-dissipante contenente grafene, sviluppato dal laboratorio Reda. Il nuovo articolo, coperto da brevetto europeo, rientra nella gamma di prodotti di Luxall Srl (www.luxall.it), una società creata dal gruppo Reda insieme a un partner nel settore illuminotecnico: è una guarnizione flessibile che incorpora un elemento luminoso. La termo-dissipazione consente di abbassare la temperatura in prossimità dei Led e di aumentare la vita media di queste sorgenti luminose, specie quelle a medio-alta potenza. Dopo la racchetta da tennis Head, ampiamente pubblicizzata e già usata da alcuni campioni come Novak Djokovic, l’articolo Luxall può quindi considerarsi il secondo prodotto industriale al mondo contenente il grafene. Negli ultimi mesi sono continuate le prove di laboratorio verso lo sviluppo di nuovi materiali, non necessariamente a base di siliconi e non solo per la proprietà di termo-dissipazione. A breve contiamo di porre sul mercato alcune di queste novità. 

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MONDOGOMMA

Come progettare la sala mescole testo e illustrazioni di Bruno Milanese

Q

uali sono i criteri fondamentali da seguire nella configurazione di una sala per produzione mescole per gomma? Le impostazioni sono due, da applicare rispettivamente a una linea per produzione di grandi volumi, con limitata variabilità di formulazione (è il caso di una sala mescole per pneumatici) oppure a una linea per produzione di lotti di piccolo o medio volume con alta variabilità di formulazione (è il caso di una sala mescole per custom compounding). Definiamo quindi con “pneumatici” e “custom compounding” queste due situazioni, rappresentative di requisiti fortemente diversi e a volte antitetici. Da questa distinzione di base derivano poi altre scelte a cascata, che riguardano il lay-out generale, il sistema di alimentazione delle materie prime, al tipo di mescolatore chiuso, il tipo di macchina posta a valle del mescolatore chiuso. Quali sono quindi le caratteristiche diverse di una linea “pneumatici” rispetto a una “custom compounding”? Possiamo assumere che la prima lavori con un numero di formulazioni tra 20 e 100, non molto diverse tra loro, con quantità di prodotto nell’ordine delle decine o delle centinaia di tonnellate e con ridotti rischi di inquinamento tra mescole diverse o di scottatura delle mescole. Al contrario nella linea “custom compounding” queste problematiche sono molto presenti e si affiancano a un elevatissimo numero di formulazioni (anche un migliaio), molto differenti tra loro e prodotte in 20

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

Quale mescolatore scegliere? Che layout dare alla linea di produzione? Come impostare l’alimentazione del mescolatore, il passaggio tra mescolatore chiuso e aperto e la gestione del prodotto finito? Per prendere scelte corrette è fondamentale ragionare sulla quantità di mescola prodotta, sul numero delle formulazioni, sulla loro diversità e sul rischio di contaminazioni tra prodotti diversi. Un’azienda di produzione di mescole pneumatici, per esempio, dovrà darsi un’impostazione molto diversa rispetto a un “custom compounder”. Vediamo quali sono i ragionamenti da fare, guidati da un esperto del settore. quantitativi anche molto bassi. (vedi la tabella 1). Da questi requisiti di base discendono una serie di considerazioni che portano a diversificare notevolmente la configurazione delle sale mescole . Livelli di produzione, numero e diversità di formulazioni suggeriscono che per la linea “pneumatici” ci si debba orientare su un sistema ad alta produttività, che operi in maniera per quanto possibile continua, mentre per la linea “custom compounding” si debba privilegiare la flessibilità. Questo ha impatto sulla tipologia dei sistemi di alimentazione, sulla dimensione del mescolatore chiuso e delle apparecchiature a valle. Il rischio di “contaminazioni” tra produzioni diverse sottolinea l’importanza della facilità di pulizia per le macchine dedicate alla produzione di custom compound. Il rischio di scottature pone il problema del controllo della tempe-

ratura del prodotto durante il processo, non solo nella fase di mescolazione, ma anche nella fase di evacuazione a valle del mescolatore chiuso. Vediamo allora a grandi linee quali sono le conseguenze immediate sulla configurazione della linea di processo:

Alimentazione delle materie prime

Per la produzione di pneumatici abbiamo a che fare con una linea ad alta produttività e limitato numero di componenti: a parte la casistica dei piccoli ingredienti (anch’essa comunque relativamente limitata), tutte le formulazioni vengono prodotte a partire da un numero limitato di materie prime: tipicamente 3 o 4 tipi di carbon black sono sufficienti per la maggior parte delle formulazioni previste dal programma di produzione, e lo stesso si può dire per le cariche bianche e per gli oli. Tutto que-


Tecnologie Tabela 1 - Pneumatici contro Custom compounding PNEUMATICI 1 - numero di formulazioni diverse

da 20 a 100

2 - diversità tra una formulazione e l’altra bassa 3 - quantità di prodotto per lotto

CUSTOM COMPOUNDING da 100 a oltre 1000 elevata

decine o centinaia di tonnellate da poche centinaia di kg a poche tonnellate

4 - rischio di inquinamento tra mescole diverse a) per incompatibilità dei componenti b) per differenza di colore 5 - rischio di scottatura delle mescole

sto fa sì che sia conveniente installare a monte del mescolatore chiuso una batteria di silos e serbatoi oli a servizio di un sistema di pesatura e alimentazione automatica degli ingredienti. Installare 6 silos da 6/10 m3 (3 per i neri + 3 per i bianchi) ,che alimentano 2 sistemi di pesatura che a loro volta convergono sul mescolatore chiuso, è qualcosa di fisicamente fattibile in termini di spazio. Inoltre quei pochi ingredienti presenti nei silos vengono continuamente impiegati per la produzione di tutte le formulazioni, e non c’è quindi il rischio di ristagno degli ingredienti, il che porterebbe a impaccamenti e difficoltà di estrazione dai silos, di dosaggio alle bilance e alimentazione al mescolatore chiuso. D’altra parte, data l’alta produttività della linea, la dimensione del mescolatore chiuso è elevata - tipicamente 270 litri, a volte 400 litri e oltre - ed è evidente il vantaggio di una pesatura automatica per pesate dell’ordine dei 50/100 kg per ogni batch prodotto. Se poi si tiene conto che l’alta produttività della linea porta normalmente a cicli di mescolazione piuttosto brevi (3/4 minuti). allora si capisce che un impianto di caricamento automatico non è una semplice opzione ma una scelta irrinunciabile, perché in nessun modo è possibile pesare manualmente una quantità di 50/100 kg di Carbon Black con una procedura manuale - questo senza tener conto delle esigenze di igiene ambientale e di certificazione delle procedure di pesatura. Vediamo ora gli stessi aspetti in un ambiente dedicato al custom compounding: qui il numero dei componenti impiegati per la totalità delle mescole da produrre diventa estremamente elevato: è fisicamente impossibile installare un elevato numero di silos in prossimità del mescolatore chiuso per poter mettere a disposizione del sistema di pesa-

limitato

elevato

inesistente

elevato

basso

solitamente elevato

tura e alimentazione tutti gli ingredienti che vengono impiegati nella casistica di tutte le formulazioni: ma se anche fosse possibile, sarebbe comunque da evitare, perché ciascun silos verrebbe utilizzato solo saltuariamente e quindi il prodotto in esso contenuto tenderebbe a sedimentare, con tutte le difficoltà conseguenti per l’estrazione del prodotto. Per non parlare dell’elevato investimento, improduttivo per gran parte del tempo di esercizio dell’impianto. È evidente che per una linea di questo tipo si potrà, al massimo, prevedere dei silos analoghi a quanto previsto in una linea pneumatici solo se esiste una frazione importante delle produzione totale che sia assimilabile alla logica dei pneumatici - poche formulazioni con alta produttività; ma in generale si rinuncerà ad un sistema di silos dedicati, e ci si orienterà o su piccoli silos fissi da utilizzare di volta in volta con prodotti diversi, o su contenitori mobili da posizionare su sistemi di pesatura automatici: o addirittura, per impianti di dimensioni veramente piccole, si preferirà una pesatura sostanzialmente manuale (possibilmente guidata da un sistema di controllo automatico). Ovviamente a questa scelta partecipa anche il fatto che stiamo parlando di una linea a bassa produttività, perché (a) il mescolatore chiuso sarà di dimensione limitata (da 40 a 160 litri lordi) e (b) i tempi di ciclo sono relativamente lunghi (da 5 a 8 minuti): diventa quindi possibile una gestione manuale della pesatura degli ingredienti.

Mescolatore chiuso

Per la produzione di pneumatici: il requisito prioritario è l’elevata produttività, e quindi per una linea da pneumatici troveremo anche nel mescolatore chiuso tutte quelle caratteristiche che possano migliorare la produttivi-

tà. Come norma il mescolatore sarà di grande dimensione (camera di mescolazione da 270 o 400 litri, senza escludere situazioni particolari con volumi ancora maggiori); alta velocità dei rotori (normalmente 60 giri/1’, ma a volte anche oltre), forte pressione sul peso pressatore, motore di grande potenza, tutti questi sono fattori che contribuiscono ad una riduzione del tempo di ciclo, e quindi ad una produttività elevata. Per il custom compounding È evidente che per un mescolatore dedicato al custom compounding i requisiti principali sono altri: anzitutto la flessibilità della produzione consiglierà un mescolatore di dimensioni medio piccole; il volume di produzione sarà raggiunto con più mescolatori di medie o piccole dimensioni piuttosto che con un solo mescolatore di grandi dimensioni. La produttività dell’impianto si giocherà più sulla programmazione dei lotti in modo da minimizzare gli inquinamenti delle macchine e quindi tagliare i tempi morti per pulizia, piuttosto che con la velocità dei rotori e la potenza del motore. In ogni caso, sempre al fine di minimizzare i tempi di cambio mescola, si terrà conto di tutti quegli accorgimenti che consentono una facile pulizia ed ispezione della macchina: a questo riguardo è importante la facilità di accesso agli anelli di tenuta e alla zona di scarico, così come sarà opportuno che le pareti della zona di caricamento siano cromate

Tipologia dei rotori

Un discorso specifico merita la tipologia dei rotori. Tutti i costruttori di mescolatori dedicati alla produzione di pneumatici hanno profuso energie per la ricerca di forme di rotori sempre più efficienti dal punti di vista della riduzione del tempo di ciclo, ed è ragionevole che questi sforzi siano stati compiuti in questo settore - anche se a volte con riL’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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MONDOGOMMA fig. 01

ω1 = ω2 = ω R

r

ω1 ǂ ω2 R

R V1

V1

V2

V2

V1 = ω x R ǂ V2 = ω x r

V1 = ω1 x R ǂ V2 = ω2 x R

sultati non proprio così positivi quanto Una delle caratteristiche che maggior- prodotto all’interno della camera di mefig. 02nelle note tecniche edite dai mente è stata enfatizzata nel mescola- scolazione, dell’azione di shear tra l’uno indicato vari costruttori. E’ comunque ragione- tore compenetrante è l’azione di taglio e l’altro elemento della camera di mevole aspettarsi che per una gamma di che si genera tra un rotore e l’altro, in scolazione, non si riesce ad andare più Energia totale introdotta kWh T formulazioni piuttosto ristretta quale particolare tra la cresta di un rotore e in là di una generica spiegazione quaEnergia asportata come è quella del pneumatico, sia possibile il corpo del rotore adiacente. Secondo litativa del fenomeno, spesso basata su raffreddamento Evoluzione identificare una della formatemperatura del rotore capace la letteratura più diffusa, quest’azione un’intuizione molto personale dell’intemperatura di offrire una riduzione del tempo di ci- riprodurrebbe l’azione dilimite taglio che si terpretazione del fenomeno “mescolaclo significativa rapportata al tempo di genera tra i cilindri di un mescolatore zione” più che su un’analisi quantitativa cicloL’energia totale - adche es.,resta 10 secondi di ridu-come aperto: e poichè si dà per scontato che di fatti oggettivi. nel prodotto e quella zionedifferenza del tempotra diquella ciclo suintrodotta un ciclo toil mescolatore a cilindri sia la macchi- Più superficie, più raffreddamento asportata il raffreddamento, tale di 3 minuti,con significa una riduzioneè na capace di fornire il migliore grado di È piuttosto sorprendente quindi che responsabile della di oltre il 5%, che èdell’aumento qualcosa di signifimescolazione al compound,evoluzione ne deriva poca attenzione si a stata data storicatemperatura della temperatura cativo, soprattuttodella se si mescola. tiene conto del che questo meccanismo di shear tra i mente ad un altro aspetto del mescoraggiungimento della temperatura fattoAlche una linea per pneumatici la- rotori è la ragione principale delle mi- latore compenetrante, quello relativo il prodotto deve scaricato tempo voralimite, sostanzialmente a cicloessere continuo il raffredgliori prestazioni ottenibili su un com- alla superficie disponibile per scarico mescola forzato e quindi un 5% di guadagno sul ciclo penetrante rispetto ad un tangenziale . damento della mescola durante il prodalla temperatura si traduce in un 5% di guadagno sulla Tale convinzione è talmente cesso. Di fatto,la configurazione a rotori consolida- limite produttività su 24 ore. ta che, come è noto, un costruttore ha compenetranti porta necessariamenCompletamente diversa è la situazio- proposto e realizzato un mescolatore te ad una camera di mescolazione con ne nel caso di una linea dedicata alla compenetrante ad interasse variabile, un favorevole rapporto tra superfici e fig. 03 di mescole estremamente in modo da fornire al mescolatore chiu- volume. In particolare, se sullo stesso produzione diverse l’una dall’altra. Immaginare che so anche l’altra variabile fondamentale interasse di un mescolatore tangenziasia possibile identificare una forma di in un mescolatore aperto - la variazione le (distanza tra gli assi dei rotori) si coEnergia totale introdotta kWh T rotore che ottimizzi la qualità e il tem- del gioco tra le due superfici interessate struisce un mescolatore a rotori comEnergia asportata come po di mescolazione per tutta - o quan- all’azione di taglio. penetranti, si ottiene una macchina che raffreddamento to meno per una larga parte - di tutta la ha una maggiore superficie di contatto In realtà, che l’azione di mescolazione Evoluzione della temperatura gamma di formulazioni è quanto meno in un mescolatore compenetrante temperatura limite si svi- con il prodotto ma che anche un minoingenuo e velleitario; e d’altra parte siper luppi principalmente fra i rotori è que- re volume lordo disponibile per il batch. Aumentando l’energia asportata raffreddamento, diminuisce la quantità capisce che guadagnare 10 secondi per stione alquanto opinabile: basterebbe Se poi si aggiunge il fatto che il fattore energia che nella mescola, ciclodisu un lotto diresta produzione di una e immaginare cosa succederebbe dell’a- di riempimento di un compenetrante è quindi diminuisce la avere temperatura. decina di batches, e poi comun- La zione mescolante se - idealmente - po- decisamente più basso di quello di un quindidiessere mantenutatessimo eliminare i mantelli dal corpo quemescola un fermopuò impianto 30/60 minuti tangenziale si capisce che la superficie evoluzione nel mescolatore fino a quando la per provvedere alla pulizia della linea, del mescolatore: se fosse vero che la disponibile per lo scambio termico in richiesta non sia stata mescolazione avviene principalmente della temperatura alladispersione preparazione dei nuovi ingredienun compenetrante è molto superiore ottenuta, senza oltrepassare la ti, al settaggio delle nuove condizioni fra i rotori, poco dovrebbe cambiare per a quella disponibile in untempo tangenziale. temperatura limite del prodotto. operative, si risolve in definitiva in un quanto riguarda l’erogazione di poten- Fatti i conti, si può calcolare che - a pavantaggio meno che marginale. za: al contrario, risulta evidente che sen- rità di batch - nel caso di un compeneDiverso è il discorso di confronto tra il za l’azione dei mantelli - e quindi anche trante questa superficie risulta essere rotore tangenziale e il rotore compene- senza l’azione del peso pressatore - l’as- il 60% superiore a quella che si ottiene trante: qui non è in discussione la dif- sorbimento di potenza crollerebbe a va- in un tangenziale - altri autori indicano ferenza di forma del rotore, ma la con- lori estremamente bassi. D’altra parte, addirittura un 70% di aumento di tale cezione stessa del mescolatore nel suo quando si parla di forma dei rotori, del- superficie. complesso. la loro azione mescolante, del flusso del Come è noto, la capacità di scambio 22

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1 V2V= 2 ω2 x R V1 = ω1 x R Vǂ

V1 = ω x R ǂ V2 = ω x r V1 V2

V1 = ω1 x R ǂ V2 = ω2 x R

V1 = ω x R ǂ V2 = ω x r

Tecnologie

fig. 02 Energia totale introdotta fig. 02 Energia asportata come

raffreddamento Evoluzione della temperatura Energia totale introdotta Energia asportata come raffreddamento L’energia nel prodotto come Evoluzioneche dellaresta temperatura

differenza tra quella introdotta e quella asportata con il raffreddamento, è responsabile della come L’energia chedell’aumento resta nel prodotto temperatura mescola. differenza tradella quella introdotta e quella Al raggiungimento della temperatura asportata con il raffreddamento, è limite, il prodotto deve essere scaricato responsabile dell’aumento della temperatura della mescola. Al raggiungimento della temperatura limite, il prodotto deve essere scaricato

kWh

T

kWh temperatura limite

T

temperatura limite evoluzione della temperatura

Energia totale introdotta raffreddamento Evoluzione della temperatura Energia totale introdotta Energia asportata come Aumentando l’energia asportata per raffreddamento raffreddamento, diminuisce la quantità Evoluzione della temperatura

di energia che resta nella mescola, e quindi diminuisce la temperatura. La Aumentando l’energia asportata per mescola può quindi essere mantenuta raffreddamento, diminuisce la quantità nelenergia mescolatore fino nella a quando la e di che resta mescola, dispersione richiesta non sia stata La quindi diminuisce la temperatura. ottenuta, senza oltrepassare la mescola può quindi essere mantenuta temperatura limite prodotto. nel mescolatore finodel a quando la dispersione richiesta non sia stata ottenuta, senza oltrepassare la temperatura limite del prodotto.

tempo

scarico mescola forzato dalla temperatura limite

fig. 03 fig. 03 Energia asportata come

tempo

evoluzione

scarico forzato della mescola temperatura dalla temperatura limite

kWh

T

kWh temperatura limite

T

temperatura limite evoluzione della temperatura evoluzione della temperatura

tempo tempo

maggiore capacità di raffreddamento

A parità di temperatura massima: prolungare il tempo di ciclo fino ad ottenere la dispersione desiderata, senza superare la temperatura limite, quindi MAGGIORE QUALITA’

A parità di qualità di dispersione: fornire la stessa energia con potenza più elevata in minor tempo (maggiore velocità dei rotori e / o maggiore spinta sul peso), quindi MAGGIORE PRODUTTIVITA’

fig. 04

termico nel processo di mescolazione della gomma, è di fondamentale importanza. La capacità Q di scambio termico tra due fluidi - nel nostro caso il polimero da un lato, l’acqua di raffreddamento dall’altro - dipende sempre dai seguenti fattori: 1 - la differenza di temperatura tra i due fluidi Δ T = Tpolimero - Tacqua 2 - un coefficiente globale di scambio

termico K, che tiene conto sia della natura e della cinetica dei fluidi oggetto dello scambio termico, sia della natura e geometria della parete attraverso cui detto scambio termico avviene 3 - la superficie S della parete attraverso cui lo scambio termico avviene

Q = K xΔT x S

Confrontando come lo scambio termico avvenga in un mescolatore di tipo compenetrante rispetto ad un mesco-

fig. 05

latore di tipo tangenziale, ci si rende conto che: 1 - la differenza di temperatura tra polimero e acqua di raffreddamento evolve sostanzialmente in modo uguale, fermo restando che nelle due macchine si mescoli lo stesso compound e si voglia ottenere il medesimo risultato 2 - il coefficiente globale di scambio termico resta sostanzialmente lo stesso, visto che i due fluidi in gioco - acqua e poL’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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MONDOGOMMA

Lo schema di una sala di mescolazione per per pneumatici, con un impostazione “verticale” di caricamento del mescolatore.

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Sistema di alimentazione del mescolatore per un compounder ad alta diversificazione di mescole.

limero - sono gli stessi e che le loro condizioni cinetiche sono sostanzialmente uguali: lo stesso si dica della parete attraverso cui lo scanbio termico avviene. Si noti che le dichiarazioni spesso annunciate dai costruttori di macchine circa il miglioramento dell’efficienza di raffreddamento dei rotori o dei mantelli in realtà non portano ad alcun risultato pratico. Non è migliorando l’efficienza di raffreddamento dell’ogano meccanico che si ottiene un migliore raffreddamento della gomma perchè il punto critico per il trasferimento del calore dalla gomma all’acqua di raffreddamento sta nel trasferire quel calore dalla gomma all’organo meccanico, e, come è noto, la gomma è un pessimo conduttore di calore. Se il ca24

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lore non viene trasferito dalla gomma all’organo meccanico, non c’è calore da trasferire dall’organo meccanico all’acqua e quindi qu alunque miglioramento di questa fase risulta assolutamente inutile 3 - la superficie di scambio termico è invece sostanzialmente diversa, essendo nel mescolatore compenetrante molto maggiore rispetto ad un mescolatore tangenziale; come già detto si tratta infatti di un incremento di superficie dell’ordine del 60%, e quindi niente affatto marginale. È quindi chiaro che a parità di altre condizioni, il mescolatore di tipo compenetrante è in grado di trasferire al fluido di raffreddamento una quantità di energia (calore) sostanzialmente maggiore ri-

spetto ad un mescolatore tangenziale Assumendo l’energia trasferita dal motore alla mescola come un attendibile indicatore della qualità della mescolazione, si capisce che quanta più ener- 7 gia si riesce a sottrarre alla mescola sotto forma di raffreddamento, tanta più energia si riesce a fornire alla mescola senza che questa oltrepassi la temperatura limite del processo. Dimensioni e costi Sembrerebbe quindi che non ci sia possibilità di dubbio rispetto al noto dilemma su quale sia il mescolatore migliore - il tangenziale o il compenetrante. In realtà si deve tener conto che a parità di volume di mescolazione, un mescolatore compenetrante ha una camera di mescolazione molto più grande di


Tecnologie un corrispondente tangenziale; si tratta cioè di una macchina più grossa, più pesante e quindi decisamente più costosa. Nella decisione della scelta dell’uno o dell’altro tipo si dovrà tener conto quindi del fattore costo dell’investimento e valutare se i vantaggi di processo (maggiore produttività e/o migliore qualità) ripagano in tempi ragionevoli il maggior costo della macchina. Di fatto, nella maggior parte dei casi la somma degli innumerevoli vantaggi offerti da un mescolatore di tipo compenetrante (che non si limitano a quelli esposti in questa sede) ripagano ampiamente del maggior costo dell’investimento. Non è un caso che in un mercato di alto livello come il mercato Tedesco sia oggi praticamente impossibile vendere un mescolatore di tipo tangenziale. Abbiamo dedicato molto spazio al confronto tra tangenziale e compenetrante, e non è possibile, dato lo spazio limitato, addentrarci in ulteriori dettagli sulle tipologie dei mescolatori: comunque, tornando al riferimento iniziale relativo alle differenze tra una linea dedicata a produzioni poco diversificate di elevato volume (pneumatici) ed una dedicata a produzioni molto diversificate con lotti medio/piccoli (custom compound), vale la pena sottolineare come un mescolatore compenetrante, proprio in virtù del migliore controllo della temperatura della mescola, consenta spesso di eseguire la mescolazione completa di vulcanizzanti in un solo passaggio, laddove con un tangenziale

si deve molto spesso ricorrere a due o più passaggi o all’aggiunta dei vulcanizzanti sul mescolatore a cilindri a valle. Questo è un vantaggio particolarmente apprezzato nel custom compounding, ed è probabilmente una delle ragioni per cui il mescolatore a rotori compenetranti si è diffuso più rapidamente nell’ambiente della produzione di mescole diversificate.

Layout di linea

La configurazione di lay out di una linea di mescolazione è frutto di una innumerevole serie di considerazioni e vincoli, ivi compresI ovviamente i limiti imposti dalle normative locali sullo sviluppo in altezza del fabbricato civile. Ci si limiterà quindi a qualche considerazione specifica, lasciando eventualmente alla discussione lo sviluppo di altri temi. Un primo punto riguarda il sistema di caricamento del mescolatore: come già si è accennato, un impianto per la produzione di “pneumatici” potrà sfruttare utilmente un sistema di caricamento sviluppato in altezza, perché le materie prime potranno essere movimentate agevolmente con sistemi automatici o semiautomatici (trasporti pneumatici, nastri trasportatori, elevatori) che consentano la movimentazione di grandi volumi senza sostanziali problemi di inquinamento di un prodotto con l’altro (vedi gli schemi nella pagina a fianco). Il livello di installazione del mescolatore chiuso è di per sé argomento di discussione. Le soluzioni che classicamente si possono adottare sono le seguenti:

Mescoltatore chiuso installato su mezzanino e mescolatore aperto alimentato in caduta.

1 - mescolatore chiuso installato su mezzanino e mescolatore aperto alimentato in caduta: È la tipica installazione da impianto “pneumatici”: lo sviluppo in altezza del fabbricato viene già imposto dalla necessità di prevedere un impianto di caricamento altamente automatizzato. Inoltre i cicli di mescolazione si succedono a ritmi serrati, e a cadenze costanti: le formulazioni sono ampiamente sperimentate, i tempi per ogni singola operazione da svolgere sul mescolatore aperto sono noti e collaudati, non ci si aspettano incagli nello svolgimento del processo; è quindi utile che il prodotto cada direttamente dal mescolatore chiuso sul mescolatore aperto e vengano minimizzati i tempi di trasferimento 2 - mescolatore chiuso installato su plinti e mescolatore aperto alimentato per mezzo di un trasportatore L’installazione del mescolatore chiuso su plinti è lo schema di installazione classico per linee di produzione di mescole diversificate. Come si potrà notare, anche in questo caso le differenze peculiari tra una linea destinata a “pneumatici” ed una destinata a “custom compounding” dettano le soluzioni da adottare. Anzitutto, visto che in generale la linea non sarà dotata di un impianto di caricamento di grossa potenzialità, che tipicamente si sviluppa in altezza, si tenderà a sviluppare la linea in orizzontale, minimizzando le movimentazioni in verticale sia delle materie prime che del

Mescoltatore chiuso installato su plinti e mescolatore aperto alimentato con trasportatore.

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Il mescolatore chiuso posizionato a un’altezza di 1,3/1,5 m facilita le operazioni di ispezione e pulizia.

Il mescolatore su plinti consente di rimuovere facilmente una mescola sbagliata, per esempio utilizzando un cassone.

prodotto finito. Ma non si tratta solo di questo: installare il mescolatore chiuso a bassa quota offre una serie di risposte a problematiche tipiche del “custom compounding”. Vediamole. Come abbiamo detto, “custom compounding” rappresenta la situazione in cui sulla stessa linea deve essere processata un’ampia gamma formulazioni estremamente diverse l’una dall’altra, con lotti di produzione relativamente piccoli, a volte molto piccoli. Questo non solo significa flessibilità e facilità di pulizia, per evitare inquinamenti di una formulazione con l’altra, ma spesso anche produrre formulazioni che non si conoscono a fondo e che possono dare problemi: formulazioni che tendono ad appiccicare, a formare croste, e che 26

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quindi richiedono frequenti interventi manuali in zo na di scarico del mescolatore: formulazioni che (soprattutto in fase di messa a punto) vengono scaricate non ancora ben amalgamate, e quindi possono causare pesanti problemi di sporcamento di quanto sta a valle. Si capisce allora che avere un mescolatore chiuso installato su plinti di 1,3/1,5 metri di altezza consente di accedere facilmente (attraverso gli opportuni sistemi di sicurezza e relativi interblocchi) alla zona di scarico per le operazioni di pulizia ed eventuale ispezione, cosa che sarebbe difficile e pericolosa se il mescolatore fosse installato su impalcato. Ugualmente, una installazione di questo tipo consente di scaricare la mescola sbagliata non sulla macchina a valle, ma sul trasportatore o - come

vedremo - direttamente in un cassone per la raccolta degli scarti: soprattutto si potrà evitare la caduta del prodotto da grande altezza, minimizzando quindi la dispersione di polveri inquinanti nell’ambiente. Il fatto di installare il mescolatore chiuso a quota relativamente bassa impone che a valle sia disponibile un sistema di trasporto per trasferire il prodotto dal mescolatore chiuso al mescolatore aperto. Questa attrezzatura che a volte viene interpretata come un inutile costo aggiuntivo, in realtà è un elemento che aggiunge flessibilità alla linea: come si è detto, questa è una linea su cui si producono formulazioni molto diverse e a piccoli lotti. E’ frequente il caso in cui il comportamento del prodotto non sia ben noto, ovvero sia noto che si tratta


Tecnologie

Layout tipico di quando si usa una benna telescopica tra mescolatore chiuso e aperto.

di un prodotto difficile da gestire, il che significa che le operazioni da svolgere sul mescolatore a cilindri a valle possono avvenire con difficoltà e quindi con tempi non facilmente prevedibili. D’altra parte, mentre vengono svolte queste operazioni sul mescolatore a cilindri, il mescolatore chiuso sta preparando la mescola successiva, e arriverà il momento in cui questa mescola deve essere scaricata anche se il mescolatore aperto sottostante non è pronto a riceverla. È chiaro allora che il trasportatore installato tra il mescolatore chiuso e il mescolatore aperto svolge anche la funzione di polmone: la mescola può essere scaricata sul trasportatore - anche se il mescolatore aperto non è ancora stato scaricato - e lì posteggiata per un tempo ragionevole. L’uso della benna telescopica La funzionalità di un lay-out con mescolatore chiuso installato su plinti si gioca tutto sui criteri adottati per la scelta del trasportatore installato tra mescolatore chiuso e mescolatore aperto. È sconsigliabile utilizzare un nastro trasportatore, perché gli sfridi di prodotto si insinuano inevitabilmente tra il nastro e le sponde, arrivano sui rulli dove formano croste e alla fine danneggiano il nastro stesso; senza poi parlare della impossibilità di eseguire una pulizia accurata quando si debba evitare la contaminazione di un prodotto con l’altro. In ogni caso non è il costo del trasportatore un elemento decisionale nella scelta, tenuto conto che se il lay-out venisse sviluppato in altezza si avrebbe il costo della

struttura di supporto del mescolatore chiuso, che non è certamente inferiore a quello di un trasportatore a nastro o a benna. Una delle soluzioni che invece si è dimostrata efficace e quella che consiste in una benna di tipo telescopico a doppia slitta: il vantaggio di questa soluzione rispetto a soluzioni tradizionali è che la benna si estende, solo quando è necessario, nelle 2 direzioni: lato mescolatore chiuso e lato mescolatore aperto. Ciò significa che : a - Lato mescolatore chiuso: non ci sono organi meccanici della benna permanentemente sotto il mescolatore chiuso. Questo minimizza lo sporcamento della benna a causa di materiale che cade dal mescolatore. Inoltre rende agevole, quando necessario, l’ispezione per pulizia e manutenzione alla zona di scarico del mescolatore. La zona sotto il mescolatore chiuso è acessibile attraverso un cancello di sicurezza: il pavimento non è occupato da organi meccanici, e si trova alla stessa quota del pavimento della sala mescole; l’assenza di una buca evita l’accumularsi di sporco o, peggio ancora, di acqua. b - Lato mescolatore aperto: la zona tra il mescolatore aperto e la benna non resta permanentemente ostruita, ma resta un passaggio di circa 1,5 metri: ai fini della sicurezza, e a seconda delle necessità, questa zona potrà essere protetta o da un cancello con interblocco di sicurezza se la necessità di passaggio è saltuaria, oppure con fotocellule in-

terbloccate con il funzionamento della benna qualora la necessità di passaggio sia frequente. Questa zona di passaggio consente inoltre un accesso agevole al cilindro posteriore, particolarmente importante nei casi in cui la mescola si avvolga sul cilindro posteriore del mescolatore. Un ulteriore vantaggio è che in caso di mescole da scartare, è possibile eseguire il ribaltamento della vasca in un contenitore posto nella zona di passaggio - senza quindi dover svuotare a mano la benna o dover necessariamente scaricare il prodotto di scarto sul mescolatore aperto. Le diverse fasi di impiego della benna telescopica sono illustrate negli schemi seguenti: Fase 1 - attesa di ricevimento del batch dal Mescolatore chiuso La vasca di raccolta prodotto staziona al di fuori della zona di scarico, e con essa la struttura di supporto telescopica: eventuali perdite di prodotto (polveri, oli, ecc) che cadano dal mescolatore chiuso non vanno ad imbrattare gli organi meccanici del trasportatore a benna. La vasca di raccolta verrà spostata sotto il mescolatore solo poco prima del momento di scarico del batch. Una opportuna logica di interblocchi consente l’apertura della porta di scarico del mescolatore solo quando viene confermata la presenza della benna sotto il mescolatore. Fase 2 - scarico del batch dal Mescolatore chiuso Il prodotto viene scaricato. L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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Fase 3 - attesa di scarico del batch al Mescolatore aperto Il trasportatore inizia il trasferimento del batch nella vasca del trasportatore verso il mescolatore aperto, disimpegnando quindi subito la zona sotto il mescolatore chiuso, ma si ferma in una posizione intermedia: l’ulteriore trasferimento verso il mescolatore aperto avverrà solo su comando di consenso da parte dell’operatore del mescolatore aperto, che può giudicare se il processo può procedere. Fase 4 - scarico del batch al Mescolatore aperto Fase 5 - scarico del batch di scarto fuori linea Nel caso che il batch scaricato dal mescolatore chiuso risulti fuori specifica, è possibile limitare la corsa della benna e scaricare il prodotto nello spazio tra il mescolatore aperto e la benna stessa, evitando quindi di passare il prodotto fuori specifica attraverso il mescolatore a cilindri. Infine, parlando di lay-out della linea di mescolazione, merita un cenno anche la soluzione in cui il mescolatore chiuso viene installato in buca. Questa soluzione viene a volte preferita perché annulla la necessità di sollevare i prodotti grezzi a livello della bocca di caricamento del mescolatore chiuso. Per contro è evidente che diventa più oneroso il sollevamento del prodotto mescolato per trasferirlo al mescolatore aperto. Sembrerebbe quindi che un vantaggio compensi uno svantaggio, ma ci sono ulteriori svantaggi che in definitiva sconsigliano questa soluzione: ne elenchiamo alcuni: 1 ogni buca tende a diventare un deposito di sporco: la ventilazione è inevitabilmente scarsa, soprattutto se la buca ha dimensioni ridotte, e questo è negativo per il raffreddamento dei motori. Per lo stesso motivo, è un luogo in cui nessuno va volentieri a fare pulizia e manutenzione, il che favorisce un rapido degrado delle apparecchiature. 2 a seconda delle caratteristiche del terreno, si dovrà tener conto della possibilità di allagamenti: ma non è solo questione di falda. E’ esperienza vissuta che basta che un tubo dell’acqua abbia una perdita nell’arco di un week end e il Lunedì successivo ci si ritrova il mescolatore sott’acqua 28

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Fase 1: attesa di ricevimento del batch dal mescolatore chiuso.

9 Fase 2: scarico del batch dal mescolatore chiuso.

Fase 3: attesa di scarico del batch al mescolatore aperto.


Tecnologie

Fase 4: scarico del batch al mescolatore aperto.

Fase 5: scarico fuori linea del batch di scarto.

3 il costo di una buca adatta a contenere il mescolatore chiuso è tutt’altro che trascurabile, soprattutto se si realizza una buca di dimensioni ampie per garantire manutenzione e ventilazione. 4 anche il costo della benna necessaria a coprire il dislivello tra scarico del mescolatore chiuso e carico del mescolatore aperto è tutt’altro che trascurabile. 5 i tempi di trasferimento totali (avanti e indietro) della benna si allungano in relazione al percorso totale da coprire: con cicli di mescolazione relativamente brevi, rischiano di diventare il collo di bottiglia del processo Solitamente un trasportatore adatto ad una installazione in buca si sviluppa su un piano inclinato, il che rende la buca molto lunga e limita l’accesso al cilindro

posteriore del mescolatore aperto. Ma ci sono anche trasportatori con uno sviluppo in verticale, che risolvono tanto l’ingombro in orizzontale della buca, che il problema dell’accesso posteriore al mescolatore aperto (vedi la foto a pagina 31).

A valle del mescolatore chiuso

Vediamo ora quali siano le alternative possibili per le apparecchiature da installare a valle del mescolatore chiuso. Per rispondere correttamente a questa domanda ci si deve anzitutto chiedere che cosa si voglia ottenere da questa/e macchina/e. La prima esigenza che in ogni caso si deve essere soddisfatta è quella di trasformare un batch informe in una forma che sia gestibile e manipolabile per le operazioni successive: deve es-

sere anche una forma che consenta un rapido smaltimento del calore, soprattutto per evitare i problemi di scottature. In definitiva, bisogna trasformare il batch in una foglia, abbastanza sottile da consentire un efficace smaltimento del calore, e la cui larghezza dipende da ciò che se ne deve fare a valle. Se si dovrà alimentare una pressa ad iniezione la larghezza sarà relativamente piccola (da 40 a 100 mm in genere), e conseguentemente a parità di volume del batch la striscia sarà piuttosto lunga. Se invece si tratta semplicemente alimentare un Batch-off allo scopo di stoccare un semilavorato che dovrà essere successivamente ripreso, allora converrà che la foglia sia piuttosto larga (600/800 mm) perché in questo modo la striscia sarà molto più corta, e sarà più breve il tempo di svuotamento del mescolatore aperto. La seconda esigenza che di solito (ma non sempre) deve essere soddisfatta è quella di incorporare nella mescola ulteriori ingredienti che per qualche motivo non possono essere introdotti nel mescolatore chiuso. In questo caso la macchina a valle del mescolatore chiuso deve poter svolgere una efficace azione di mescolazione che non può essere disgiunta da una efficace capacità di raffreddamento, visto che tutta l’energia necessaria a mescolare il prodotto inevitabilmente si trasforma in calore. Spesso, anche in assenza di ulteriori ingredienti da incorporare, è comunque necessaria una efficace azione di mescolazione al puro scopo di omogeneizzare il batch scaricato dal mescolatore chiuso, esigenza questa tanto più presente nel caso di mescolatori chiusi di tipo tangenziale. La terza esigenza, critica nel caso di mescole finite, è quella di abbattere nel più breve tempo possibile la temperatura di tutto il batch anche solo di pochi gradi: è noto che il tempo di scottatura di una mescola varia in maniera esponenziale con la temperatura, per cui è sufficiente ridurre di pochi gradi da temperatura del prodotto per allungare il tempo di scottatura, il che si traduce nella disponibilità di un tempo più lungo a disposizione per il completamento delle operazioni di processo. Una quarta esigenza, che tuttavia si presenta piuttosto saltuariamente, è quella di filtrare il prodotto appena meL’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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scolato: si tratta di una esigenza che di solito si presenta nel caso di produzione di mescole per cavi, ed è piuttosto inusuale che venga svolta direttamente a valle del mescolatore chiuso, ma più frequentemente viene effettuata su una linea di filtrazione separata, riprendendo solo quella frazione di mescole che effettivamente necessitano di essere filtrate. Una quinta e ultima esigenza è quella di disporre di una macchina che sia compatibile con le capacità fisiche dell’operatore e la sua sicurezza: in altri termini, una macchina che non presenti rischi di danni fisici e che riduca, o addirittura elimini, la fatica fisica dell’operatore - fermo restando ovviamente il conseguimento dei target sopra citati, ove applicabili. Il mescolatore a cilindri La macchina universalmente adottata per soddisfare gran parte dei requisiti sopra indicati è il mescolatore a cilindri, che tutti conosciamo. Ci si potrebbe dilungare sui miglioramenti che negli ultimi anni sono stati introdotti su questa macchina (velocità e frizione variabile, cilindri a foratura periferica, stock blender, gruppi coltelli delle più diverse configurazioni, regolazione idraulica del gioco tra i cilindri), ma non è questo l’argomento che qui interessa dibattere. Vogliamo invece analizzare l’opportunità offerta dall’estrusore a doppia vite conica, in alternativa al mescolatore a cilindri: si tratta di una macchina che è andata affermandosi negli ultimi anni, soprattutto nel campo delle linee per pneumatici, e che quindi merita di essere valutata in questo contesto. 30

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L’estrusore bivite L’estrusore bivite (vedi gli schemi nella pagina successiva) è una macchina fisicamente costituita da due viti coniche, di grande diametro iniziale, compenetranti, controrotanti, installate con l’asse inclinato rispetto al piano orizzontale in maniera che la generatrice dei due coni risulti orizzontale. Le due viti ruotano lentamente all’interno di una camera - anch’essa conica - molto corta e dotata di un’ampia apertura di alimentazione all’estremità dove le viti hanno diametro maggiore. Il prodotto viene alimentato (solitamente per caduta) dal mescolatore chiuso attraverso questa apertura e viene gradualmente spinto dalle due viti verso l’uscita, dove normalmente alimenta una calandra a 2 cilindri che lo trasforma in una foglia continua. Il pregio principale di una macchina di questo tipo è che è in grado si smaltire portate molto elevate di prodotto in maniera totalmente automatica. È questa la ragione per cui si è notevolmente affermata degli impianti di produzione pneumatici, o comunque in quelle situazioni in cui esistono condizioni simili a quelle che si trovano nel campo della produzione di mescole per pneumatici, e cioè: - elevata produttività - campagne di produzione lunghe - scarsi o nulli i problemi di inquinamento di una ricetta con l’altra - nessuna necessità di incorporare ulteriori in gradienti o di omogeneizzare ulteriormente il prodotto - tempi di scottatura relativamente lunghi La produttività elevata è uno dei fattori determinanti, soprattutto in relazio-

ne alla attività che un operatore deve svolgere: se si pensa ad una linea con un mescolatore chiuso da 270 litri, che scarica ogni 3 minuti (ma spesso anche ogni 2 minuti) un batch da oltre 200 kg, ci si rende conto di quale impegno fisico sia richiesto a un operatore che debba trattare questa portata di mescola su un mescolatore a cilindri. L’elevata cadenza con cui i batch vengono scaricati in una linea ad alta produttività riduce inoltre il rischio di scottature: è chiaro infatti che per assicurare la produzione di una foglia continua, la velocità delle viti e della calandra vengono regolate in modo che ci sia continuità di prodotto. Ciò significa che quando un batch cade nella bocca di alimentazione dell’estrusore la prima parte viene presa dalle viti e convogliata rapidamente verso la calandra, trasformata in foglia e quindi raffreddata; l’ultima parte dello stesso batch permane sostanzialmente fermo nella bocca dell’estrusore, e verrà preso dalle viti solo quando il batch successivo viene scaricato nell’estrusore. Ne risulta che il tempo di permanenza di una parte del batch nella bocca dell’estrusore è sostanzialmente pari al tempo di ciclo del mescolatore chiuso; se tale tempo è lungo, come spesso succede nella produzione di articoli tecnici, c’è il serio rischio che una parte del batch risulti scottata, dato che fino a che il prodotto non viene preso dalle viti non c’è effetto raffreddante da parte della macchina sul prodotto stesso. In conclusione, l’estrusore bivite a val-


Tecnologie

Il mescolatore chiuso installato in una buca non è mai una soluzione sicura al 100%.

le del mescolatore chiuso può essere una soluzione interessante , a patto di non incorrere in una serie di controindicazioni, che risultano più evidenti quando si confrontino le sue prestazioni con le prestazioni di un mescolatore a cilindri. Estrusore e mescolatore a confronto I punti più evidenti di tale confronto sono: a) carenza di mescolazione: un estrusore è una macchina progettata per spingere il prodotto attraverso una testa e cambiarne la forma con il minor dispendio di energia: non è una macchina progettata per mescolare. Se ipotizziamo un tempo di ciclo di 3 minuti sul mescolatore chiuso, si può capire facilmente che l’estrusore usa questi 3 minuti per la sola trasformazione della forma - da batch informe a foglia - mentre un mescolatore a cilindri usa 2,5 minuti per mescolare, omogeneizzare e raffreddare il prodotto, e in soli 0,5 minuti trasforma il batch in una foglia. Un mescolatore a cilindri quindi svolge lo stesso lavoro svolto da un estrusore, ma in più aggiunge L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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MONDOGOMMA

3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11

lavoro e raffreddamento al prodotto. b) problemi di inquinamento: un estrusore è una macchina non agevole da pulire e quindi se il processo prevede frequenti cambi di colore o di tipologia di prodotti , è necessario mettere in conto lunghi tempi di pulizia oppure accettare un certo grado di inquinamento da un prodotto all’altro. Un mescolatore a cilindri è evidentemente perfettamente pulibile in tempi brevissimi. c) raffreddamento: un estrusore non solo genera nel prodotto una “storia termica” continuamente variabile tra l’inizio e la fine del batch (vedi quanto detto più sopra), ma sopratutto ha una scarsa capacità di raffreddamento rispetto ad un mescolatore a cilindri. Tutto questo diventa un limite importante quando si abbia a che fare con mescole sensibili alle scotta32

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

ture. Un mescolatore a cilindri riceve il batch ad alta temperatura dal mescolatore chiuso e nel giro di poche decine di secondi abbatte la temperatura di tutto il batch di quei pochi gradi sufficienti a portare il prodotto lontano dal punto di scottatura. d) elevate produttività: un estrusore sviluppa il meglio delle proprie prestazioni quando si abbia a che fare con elevate produttività. Alte produttività significa batch frequenti (tempi di ciclo da 1 a 2 minuti), per i quali è impensabile che un operatore al mescolatore a cilindri possa tenere questo ritmo con batch da 200/300 kg. Alte produttività significa anche tempi brevi di ristagno del batch nella tramoggia dell’estrusore, e quindi il problema delle scottature risulta ridotto. Ancor più risulta ridotto se si pensa che alte produttività significa gene-

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Extruder Calender Hopper section and measuring Lubricating aggregate Electric installation Locking wedges Hydraulic aggregate Electric drives of calender Power switchboard Electric drives of extruder Heating station

ralmente una produzione di pezzi di grosso spessore, accelerati quindi in maniera tale da ritardare il processo di vulcanizzazione - da cui a maggior ragione risulta ancor meno importante il rischio di scottature. Infine, alte produttività significa in genere lunghe campagne di produzione della stessa ricetta, o di ricette molto simili tra loro, per cui il problema dell’inquinamento risulta essere irrilevante. In definitiva, un e strusore a servizio di un mescolatore chiuso è la macchina ideale per chi produca pneumatici: al contrario, dovunque si abbia a che fare con tempi di ciclo medio-lunghi, basse produttività, mescole molto accelerate e quindi sensibili alle scottature, lotti di produzione brevi e molto diversi tra loro - per colore o per natura dei prodotti - la macchina ideale da installare sotto un mescolatore chiuso resta il mescolatore a cilindri. 


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H i g h Te c n o l o g y f o r P o l y m e r s


Focus

INCHIESTA La sicurezza in sala mescole

Le nostre domande Per tutti

1

Come valutate che si sia evoluta la sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni? Quali sono stati a vostro giudizio i motivi principali della riduzione dei rischi per i lavoratori? Il miglioramento delle normative, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per la sicurezza o la formazione del personale?

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Ritenete che al giorno d’oggi sussistano ancora dei rischi di infortunio per i lavoratori in sala mescole? Oppure l’insieme di procedure, tecnologie e norme ha virtualmente eliminato ogni fonte di pericolo? Per i compoundatori

3

Come giudicate le norme italiane a cui sono sottoposte le imprese come la vostra per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro? Le ritenete di facile applicazione oppure potrebbero essere più semplificate? Quali sono a vostro giudizio i pro e i contro di queste misure?

4

Avete avuto occasione di fare un confronto con altre aziende straniere che operano nel vostro settore? Trovate che anche le aziende straniere siano sottoposte allo stesso tipo di vincoli delle aziende italiane, in tema di sicurezza? Oppure che la situazione per loro sia diversa, più o meno complicata?

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Eliminare i rischi in sala mescole è un traguardo a cui puntano sia i compoundatori sia i produttori di macchinari. Ma la tecnologia da sola non basta: è fondamentale anche un’accurata formazione e preparazione del personale. Abbiamo interpellato alcuni esperti italiani che operano nella mescolazione e nella progettazione di impianti per capire la situazione attuale e che cosa aspettarci per il futuro. I pareri sono concordi: abbiamo leggi severe e tecnologie avanzate, oltre a un’altissima sensibilità sul tema sicurezza. Ci sono quindi tutti gli ingredienti per far sì che le aziende italiane rivestano un ruolo di leader anche sotto questo aspetto

Quali procedure avete adottato all’interno della vostra azienda per ridurre al minimi i rischi di incidenti nella sala mescole? Per i produttori di macchine

6

È possibile tecnicamente realizzare una macchina per la mescolazione virtualmente priva di rischi per il lavoratore oppure un minimo di rischio resta insito nell’attività e molto dipende anche dalla formazione del lavoratore? Sotto questo aspetto svolgete anche attività formative per i dipendenti delle aziende che acquistano le vostre macchine?

7

In quanto produttori e di conseguenza installatori di macchine per la mescolazione, in Italia e all’estero, avrete sicuramente il polso del livello di sicurezza all’interno delle aziende con cui lavorate? Come lo giudicate? Riscontrate differenze tra le aziende italiane e straniere?

8

Dal punto di vista delle tecnologie utili per migliorare la sicurezza quali sono, a vostro giudizio, quelle che hanno più contribuito a migliorare le macchine che producete? Sensoristica e automatizzazione, per esempio, hanno completamente trasformato il modo di progettare e produrre macchinari per l’industria. È stato così anche per il vostro settore?

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA GIUGNO 2014

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FOCUS

Le risposte degli esperti - I compoundatori

«Pensare a una sala mescole senza rischi è un nonsense. Le procedure li hanno ridotti molto, ma restano sempre i comportamenti individuali

Luca Tavernini Tovo Gomma

»

1

Un notevole miglioramento si è visto negli ultimi anni nella sala mescole in materia di sicurezza sul lavoro. Innanzitutto la sicurezza sul lavoro comincia ad essere recepita come da tempo avrebbe dovuto essere, non come un obbligo ma come un dovere del datore di lavoro e, soprattutto, come un valore aggiunto imprescindibile da qualunque attività venga svolta dall’operatore. Il processo di semplificazione normativa e rinnovamento culturale ha fatto emergere in tutti la consapevolezza che i luoghi di lavoro, nel nostro comparto la sala mescole in primis, hanno un’importante dimensione umana oltre che economica. Per questo motivo scelte e decisioni tecnicoorganizzative sono valutate e programmate con l’intento di indurre pratiche e comportamenti di lavoro sicuri, che minimizzino gli errori umani attraverso un lento ma continuo processo formativo Investire nella sicurezza è fondamentale per tutte le aziende, perché consente di prevenire i rischi di infortuni dei lavoratori, di incidenti sul posto di lavoro e di interruzioni dell’attività produttiva con notevoli vantaggi anche dal punto di vista economico. Bisogna anche tenere presente che gli interventi sulla prevenzione dovrebbero avere costi inferiori rispetto a quelli da sostenere per gestire le criticità emerse. Infine, non dimentichiamo che la sicurezza rappresenta un’opportunità per l’azienda per imporsi sul mercato con un’immagine di maggiore affidabilità ed eccellenza.

2

Sarebbe al quanto azzardato parlare di assenza di rischi. L’insieme delle procedure ha ridotto notevolmente sia la probabilità che gli eventi si possano verificare sia l’eventuale entità del danno conseguente, ma esiste un fattore ineliminabile, cioè il comportamento individuale. Parlare di “rischio zero” è un nonsense, ma per un lavoratore che rispetti le procedure e adotti comportamenti corretti, oggi questo è senz’altro ridotto ai minimi termini.

3

Le norme sono state notevolmente semplificate in seguito all’adozione del testo unico. Purtroppo, pur con la semplificazione ottenuta negli ultimi anni l’applicazione avviene senza comprenderne il reale significato. Ancora troppo poco spazio si dedica alla sensibilizzazione delle persone, alla costruzione di linee guida settoriali e soprattutto alla proposta di attività propedeutiche e preventive versus attività di controllo.

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Sì abbiamo avuto modo di visitare altre aziende straniere in Europa dotate di sala mescole. I vincoli in materia di sicurezza sono più o meno simili nei vari paesi. Le aziende italiane sono all’avanguardia in merito all’applicazione delle normative sulla sicurezza, mentre devono ancora migliorare per ciò che riguarda il rispetto dell’ambiente.

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Più che di singole procedure sarebbe corretto parlare di un Sistema di gestione integrato, che tiene in considerazione attività ordinarie, straordinarie e di emergenza nel corso delle attività aziendali. L’adozione del sistema di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro (SGSL) costituisce il nucleo centrale dell’impegno dell’azienda, consapevole che le politiche di prevenzione, oltre a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, riducono sensibilmente i costi economici e sociali derivanti dalla carenza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Nel nostro caso, oltre alle ormai assodate attività (istruzioni operative per la manutenzione, per gli addetti agli impianti, formazione di legge, ecc.), si organizzano gruppi di lavoro sul tema della sicurezza con l’obiettivo di aumentare, in ogni lavoratore, la consapevolezza di responsabilità nei confronti della propria ed altrui salute e sicurezza. Riteniamo quest’attività un tassello fondamentale per l’applicazione consapevole delle leggi e del regolamento aziendale. 

«

Le norme italiane sono in alcuni casi più restrittive di quelle europee. In generale sono molto dettagliate e, talvolta, di applicazione complessa

Oscar Furli TSF Gomma

»

1

Se per la sicurezza dei macchinari non ci sono state particolari evoluzioni, invece l’attenzione alla salubrità degli ambienti, i controlli ambientali, soprattutto per quanto riguarda le polveri disperse, e l’ergonomia hanno certamente contribuito a una positiva evoluzione della sicurezza delle sale mescole. In generale, come in tutti gli ambiti lavorativi, pensiamo che una migliore sicurezza si sia ottenuta lavorando su tutti i punti menzionati. Ma un particolare rilievo hanno gli aspetti di formazione e istruzione del personale. La certificazione, a cura della ASL, dei responsabili RSPP ed RSL è un chiaro esempio del maggior focus sulla corretta formazione del personale.

2

Certamente parliamo di un sistema in continuo miglioramento grazie alle tecnologie e all’istruzione del personale: comunque il fattore umano e il cosiddetto “imponderabile” sono sempre in agguato. Fare sicurezza passa per la riduzione ai minimi termini della probabilità di infortunio: eliminare completamente ogni rischio penso sia impossibile.


Sicurezza in sala mescole Le nostre domande

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Per tutti 1 Come valutate che si sia evoluta la sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni? Quali sono stati a vostro giudizio i motivi principali della riduzione dei rischi per i lavoratori? Il miglioramento delle normative, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per la sicurezza o la formazione del personale? 2 Ritenete che al giorno d’oggi sussistano ancora dei rischi di infortunio per i lavoratori in sala mescole? Oppure l’insieme di procedure, tecnologie e norme ha virtualmente eliminato ogni fonte di pericolo?

Le normative Italiane sono in alcuni casi più restrittive di quelle europee, per cui siamo tenuti ad usare le nostre normative. In generale siamo quindi di fronte a normative molto dettagliate, tanto che la loro applicazione può risultare laboriosa ed in alcuni casi macchinosa.

4

Non abbiamo avuto occasione di confronto con altre industrie che operano nel nostro settore.

Per i compoundatori 3 Come giudicate le norme italiane a cui sono sottoposte le imprese come la vostra per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro? Le ritenete di facile applicazione oppure potrebbero essere più semplificate? Quali sono a vostro giudizio i pro e i contro di queste misure? 4 Avete avuto occasione di fare un confronto con altre aziende straniere che operano nel vostro settore? Trovate che anche le aziende straniere siano sottoposte allo stesso tipo di vincoli delle aziende italiane, in tema di sicurezza? Oppure che la situazione per loro sia diversa, più o meno complicata? 5 Quali procedure avete adottato all’interno della vostra azienda per ridurre al minimi i rischi di incidenti nella sala mescole?

5

In TSF abbiamo implementato una serie di procedure che riguardano la produzione e i suoi aspetti secondari: manutenzione, pulizia e immagazzinamento. Non trascurerei un altro aspetto importante: gli spazi. Avere a disposizione spazi di manovra e movimentazione adeguati costituisce intrinsecamente un fattore positivo nella prevenzione. 

«

La normativa italiana è difficile e macchinosa, quando dovrebbe essere più snella anche nell’interesse dei lavoratori

Per i produttori di macchine 6 È possibile tecnicamente realizzare una macchina per la mescolazione virtualmente priva di rischi per il lavoratore oppure un minimo di rischio resta insito nell’attività e molto dipende anche dalla formazione del lavoratore? Sotto questo aspetto svolgete anche attività formative per i dipendenti delle aziende che acquistano le vostre macchine? 7 In quanto produttori e di conseguenza installatori di macchine per la mescolazione, in Italia e all’estero, avrete sicuramente il polso del livello di sicurezza all’interno delle aziende con cui lavorate? Come lo giudicate? Riscontrate differenze tra le aziende italiane e straniere? 8 Dal punto di vista delle tecnologie utili per migliorare la sicurezza quali sono, a vostro giudizio, quelle che hanno più contribuito a migliorare le macchine che producete? Sensoristica e automatizzazione, per esempio, hanno completamente trasformato il modo di progettare e produrre macchinari per l’industria. È stato così anche per il vostro settore?

»

Armando Pagani Elastomers Union 1

Le normative per la sicurezza hanno dato un notevole contributo alla riduzione dei rischi, imponendo ai costruttori di apparecchiature una particolare attenzione ai sistemi di sicurezza e protezione. Al tempo stesso, hanno sensibilizzato gli utilizzatori al costante controllo e manutenzione della strumentazione e, soprattutto, a un’attenta formazione del personale.

2

Il lavoro nella sala mescole può essere considerato intrinsecamente rischioso, proprio per il tipo di attività che esso comporta. Si può comunque affermare che gli sviluppi normativi e tecnologici hanno determinato una considerevole diminuzione del rischio, in termini sia di frequenza che di magnitudo.

procedure che risultano di applicazione più semplice e immediata.

3

5

La normativa italiana risulta, sfortunatamente, di difficile e non pronta attuazione, comportando non indifferenti difficoltà per una realtà produttiva che avrebbe invece bisogno di procedure più chiare e snelle, per un adeguamento rapido anche nell’interesse del lavoratore.

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La situazione all’estero appare essenzialmente meno complicata rispetto a quanto accade in Italia. L’attenzione alla sicurezza è sempre molto elevata, sono solo le

L’a t t i v i t à v i e n e s v o l t a s u u n d u p l i c e f r o n t e : macchine e personale. Le apparecchiature sono periodicamente controllate e ne viene attentamente curata la manutenzione, al fine di garantire il corretto funzionamento dell’impianto e dei suoi sistemi di sicurezza. Il personale viene addestrato secondo un ciclo di formazione progressivo, in modo da fornire non solo gli insegnamenti, ma anche il conseguimento di abilità e dimestichezza nella lavorazione dei compound. 

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA GIUGNO 2014

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FOCUS

I produttori di macchine

«Elettronica, computerizzazione, analisi istantanea evitano il

contatto diretto della macchina con l’operatore, che opera attraverso monitor e pannelli di controllo

Ubaldo Colombo Colmec

»

1

La sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni è migliorata principalmente per i seguenti motivi: • gli obblighi di legge imposti dalle nuove normative in materia di sicurezza sul lavoro; • il rispetto da parte dell’operatore delle procedure scritte che gli impongono un più attento e consapevole utilizzo del macchinario; • l’uso di nuove strumentazioni, quali sensori, visualizzatori e software dedicati al fine di segnalare od impedire manovre pericolose .

2

I fattori di rischio, per quanto detto sopra, sono diminuiti; tuttavia il macchinario tradizionale così come concepito – per esempio il mescolatore a cilindri – non può eliminare il rischio per l’operatore che è costretto ad agire sempre in prossimità dei cilindri in rotazione.

6

Il solo modo per poter evitare completamente il rischio di infortunio è eliminare la presenza dell’uomo sui macchinari ritenuti più pericolosi, ma per arrivare a ciò è necessario automatizzare completamente la sala mescole. Colmec ha risolto questo problema ideando il CTM™, un mescolatore brevettato di nuovo concetto tecnologico, chiuso e completamente automatico, che sostituisce il

mescolatore a cilindri tradizionale. Con l’introduzione del CTM™, la nuova sala mescole, a partire dal mescolatore interno fino all’ultimo componente della linea -in assenza del mescolatore a cilindri – risulta essere completamente automatizzata. L’operatore non deve più intervenire direttamente sul macchinario, così i rischi di infortunio vengono totalmente eliminati. La sostituzione progressiva dei mescolatori a cilindri, con i CTM™, non solo risolve il problema degli infortuni eliminando i rischi per l’operatore, ma migliora decisamente gli aspetti qualitativi e produttivi della mescola in gomma ottenuta.

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Certamente al di fuori dell’Europa i rischi per l’operatore aumentano sensibilmente. Le normative europee, alle quali anche l’Italia è allineata, sono decisamente a vantaggio della sicurezza sul lavoro se paragonate a quelle di altri paesi.

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Sicuramente l’elettronica, la computerizzazione, l’analisi istantanea di tutti i parametri del processo agevolano la realizzazione di macchinari più performanti e sicuri. È proprio grazie a queste tecnologie, che si evita di far intervenire l’operatore direttamente sul macchinario, facendolo operare solo attraverso monitor e pannelli di controllo. 

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La mescolazione è un processo che prevede l’uso di più strumenti. La sicurezza va quindi progettata non a livello di singola macchina, ma di impianto

»

Davide Farioli Comerio Ercole

Un comune impegno per il nostro e il vostro futuro

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Sicurezza in sala mescole Le nostre domande Per tutti 1 Come valutate che si sia evoluta la sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni? Quali sono stati a vostro giudizio i motivi principali della riduzione dei rischi per i lavoratori? Il miglioramento delle normative, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per la sicurezza o la formazione del personale? 2 Ritenete che al giorno d’oggi sussistano ancora dei rischi di infortunio per i lavoratori in sala mescole? Oppure l’insieme di procedure, tecnologie e norme ha virtualmente eliminato ogni fonte di pericolo? Per i compoundatori 3 Come giudicate le norme italiane a cui sono sottoposte le imprese come la vostra per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro? Le ritenete di facile applicazione oppure potrebbero essere più semplificate? Quali sono a vostro giudizio i pro e i contro di queste misure? 4 Avete avuto occasione di fare un confronto con altre aziende straniere che operano nel vostro settore? Trovate che anche le aziende straniere siano sottoposte allo stesso tipo di vincoli delle aziende italiane, in tema di sicurezza? Oppure che la situazione per loro sia diversa, più o meno complicata?

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Il processo di miglioramento della sicurezza in termini generali è in costante sviluppo e affinamento in tutti gli ambiti industriali. Nel caso specifico delle sale di mescolazione i contorni normativi si sono sempre meglio definiti con revisioni sempre più mirate dei principali macchinari utilizzati. L’evoluzione delle leggi (tra cui in particolare la Direttiva Macchine), ma soprattutto delle norme tecniche EN, è stata di fondamentale impatto per contribuire alla riduzione dell’esposizione a rischi meccanici ed elettrici da parte degli operatori-lavoratori. La sensibilizzazionea 360 gradi, in termini anche culturali, delle economie occidentali per sviluppare processi industriali sempre più affidabili e

5 Quali procedure avete adottato all’interno della vostra azienda per ridurre al minimi i rischi di incidenti nella sala mescole? Per i produttori di macchine 6 È possibile tecnicamente realizzare una macchina per la mescolazione virtualmente priva di rischi per il lavoratore oppure un minimo di rischio resta insito nell’attività e molto dipende anche dalla formazione del lavoratore? Sotto questo aspetto svolgete anche attività formative per i dipendenti delle aziende che acquistano le vostre macchine? 7 In quanto produttori e di conseguenza installatori di macchine per la mescolazione, in Italia e all’estero, avrete sicuramente il polso del livello di sicurezza all’interno delle aziende con cui lavorate? Come lo giudicate? Riscontrate differenze tra le aziende italiane e straniere? 8 Dal punto di vista delle tecnologie utili per migliorare la sicurezza quali sono, a vostro giudizio, quelle che hanno più contribuito a migliorare le macchine che producete? Sensoristica e automatizzazione, per esempio, hanno completamente trasformato il modo di progettare e produrre macchinari per l’industria. È stato così anche per il vostro settore?

sicuri è stata alla base di tutto questo processo, così come la maggiore attenzione alla formazione del personale e la predisposizione di documentazioni e manuali di utilizzo sempre più focalizzati problematiche della sicurezza. L’utilizzo di componenti, sia in campo elettrico che meccanico, dedicati alla sicurezza, e quindi appositamente concepiti, ha portato a un aumento notevole dell’affidabilità del “sistema sicurezza” nel suo insieme.

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Con il contesto di leggi e norme tecniche specifiche si può ritenere che il rischio di infortunio sia virtualmente eliminato, almeno per quanto concerne l’utilizzo della singola macchina.

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA GIUGNO 2014

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FOCUS Tuttavia, essendo la mescolazione un processo industriale correlato a più macchine e accessori, rimane la necessità di una valutazione globale del rischio del processo stesso e, quindi, di un’integrazione da parte dell’utilizzatore finale, come d’altronde previsto dalle normative vigenti. La macchina è oggi sicuramente “sicura”. Il possibile infortunio deriva spesso, se non unicamente, dal fatto che il processo è un’integrazione di più macchine e dispositivi con procedure adottate dal personale. Queste, a volte possono discostarsi da quanto previsto in fase di definizione e progetto, dovendosi adattare alle necessità operative non sempre completamente prevedibili e definibili in fase preliminare. Da qui la necessità di non vedere più la sicurezza come limitata alla singola macchina ma nell’insieme dell’impianto, analizzando in particolare tutte quelle aree di interfaccia fra le macchine. La sicurezza deve quindi essere progettata avendo come focus l’impianto nel suo insieme, comprensivo di tutte le macchine e di tutti i sistemi di alimentazione e prelievo del prodotto. Questa attività deve essere presa in carico dal costruttore delle macchine, ma necessariamente integrata con il knowhow dell’utilizzatore finale, soggetto in grado di definire le modalità per la conduzione dell’impianto in base alla propria tecnologia di prodotto.

praticamente completo, almeno per le aziende più strutturate per le quali l’ambito della sicurezza è particolarmente sentito. Probabilmente c’è ancora da fare del lavoro di sensibilizzazione per quanto riguarda le aziende di piccole dimensioni e livello artigianali. In ambito estero lo scenario è estremamente differenziato. Paesi come la Germania hanno un livello forse anche più restrittivo, in quanto ci sono diversi riferimenti emessi per esempio dalla BG Chemie che sono divenuti standard uniformati per differenti gruppi industriali. In Francia è presente uno scenario simile, con l’introduzione di società di riferimento come Apave. Negli Usa, invece, la normativa è molto frammentata e molto differente è il quadro normativo, soprattutto considerando uno scenario sanzionatorio particolarmente penalizzante per i costruttori dei macchinari a dispetto anche di possibili manomissioni o incurie operate dagli utilizzatori e datori di lavoro locali. In sintesi, per ogni paese esiste un contesto specifico da considerarsi. Le differenze sono quindi tante ed per questo motivo che la Comerio Ercole ha voluto definire un comparto “sicurezze”, specificatamente configurato per dare ai clienti il corretto supporto, sia interno sia in base alla destinazione finale del macchinario prodotto.

6

La richiesta di rendere le macchine e gli impianti nel loro complesso sicuri è stata aiutata dalla disponibilità di componentistica nata e progettata per questo scopo. La progettazione di una nuova macchina nasce già tenendo conto di tutta la gamma di componenti in grado di monitorare e intervenire sulle sequenze, per garantire un comportamento sicuro dell’apparecchiatura nel suo insieme. L’introduzione di PLC di sicurezza in grado di gestire software, mantenendo i parametri richiesti per la sicurezza, ha permesso di ridurre la necessità di logiche elettromeccaniche ridondanti, fino a qualche tempo fa unico modo per garantire una risposta sicura dei sistemi. L’introduzione di macchine sempre più performanti in termini di automazione e gestione del ciclo produttivo ha permesso altresì di ridurre la necessità di interventi diretti dell’operatore sulla macchina. Ove questo intervento sia tuttora necessario si può comunque intervenire con sistemi di protezione più affidabili di quanto disponibile in passato. 

In qualsiasi processo industriale, inevitabilmente un cosiddetto “rischio residuo” permane ed è tenuto in considerazione nel processo di analisi dei rischi e opportunamente evidenziato. Con l’adozione di tutto il complesso di normative vigenti, di cui in particolare le norme tecniche EN, l’ambito di “rischio residuo” si è fortemente ridotto. Il costante aggiornamento delle norme tecniche EN riferite alle specifiche macchine dimostra come il processo di miglioramento sia costantemente in atto e come l’ambito di rischio residuale si vada di volta in volta a ulteriormente ridurre. La formazione del lavoratore rimane comunque un aspetto di primaria importanza per la gestione in sicurezza delle macchine. Per tale ragione, la Comerio Ercole, con un impegnativo investimento in termini di risorse interne, ha anche istituito un modalità formativa specifica denominata programma Athena, con la quale sono previsti moduli standardizzati di training messi a disposizione del personale delle aziende nostre clienti per i vari ambiti di utilizzo delle macchine. Tali attività vanno a interessare il personale di manutenzione (modulo rescue), il personale operatore sulla macchina (modulo basic) ed il personale di controllo e processo (modulo advanced).

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In Italia la normativa TU81 (figlia della più conosciuta legge 626 del 1994) ha fortemente inciso sul rispetto del miglioramento del livello di sicurezza. Bisogna comunque considerare che nel nostro paese è dal 1955 (Dpr 547) che è in atto un processo di focalizzazione e miglioramento costante del livello di sicurezza negli ambienti di lavoro. In aggiunta, con l’adozione delle norme tecniche EN specifiche per diversi macchinari utilizzati nel processo di mescolazione (EN 1417 per i mescolatori aperti e EN 12013 per i mescolatori interni, per esempio) il livello di sicurezza si è ulteriormente definito e, oggettivamente, si è raggiunto un livello di rispetto

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La formazione da parte nostra non basta se manca uno sforzo quotidiano e coerente delle aziende che usano le nostre macchine

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Costantino Simonetti G3 1

La sala mescole può presentare dei pericoli non solo per i macchinari ma anche per le condizioni ambientali. L’evoluzione negli ultimi anni è soprattutto legata alle nuove installazioni nelle quali, a più sicuri macchinari, come quelli


Sicurezza in sala mescole Le nostre domande

forniti da G3, sia ricostruiti sia nuovi, si associa una cultura della sicurezza basata, da sempre, su miglioramento delle normative, sviluppo e applicazione di nuove tecnologie oltre che, aspetto non sempre applicato, formazione del personale. Il motivo principale della riduzione dei rischi dovrebbe essere la maggior attenzione ai lavoratori, ma in realtà, e purtroppo, si rivela più spesso la paura delle conseguenze legali e penali in caso di incidente.

Per tutti 1 Come valutate che si sia evoluta la sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni? Quali sono stati a vostro giudizio i motivi principali della riduzione dei rischi per i lavoratori? Il miglioramento delle normative, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per la sicurezza o la formazione del personale? 2 Ritenete che al giorno d’oggi sussistano ancora dei rischi di infortunio per i lavoratori in sala mescole? Oppure l’insieme di procedure, tecnologie e norme ha virtualmente eliminato ogni fonte di pericolo?

2. In tutte le sale mescole sussistono ancora rischi di infortunio per i lavoratori, con la differenza che nelle (poche) sale mescole di nuova concezione e gestione sono “virtualmente” molto ridotti, mentre nelle (molte) sale mescole più datate vengono raramente aggiornati macchinari e sicurezze e il rischio si evita basandosi principalmente sull’esperienza (e amor proprio) degli operatori.

Per i compoundatori 3 Come giudicate le norme italiane a cui sono sottoposte le imprese come la vostra per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro? Le ritenete di facile applicazione oppure potrebbero essere più semplificate? Quali sono a vostro giudizio i pro e i contro di queste misure? 4 Avete avuto occasione di fare un confronto con altre aziende straniere che operano nel vostro settore? Trovate che anche le aziende straniere siano sottoposte allo stesso tipo di vincoli delle aziende italiane, in tema di sicurezza? Oppure che la situazione per loro sia diversa, più o meno complicata? 5 Quali procedure avete adottato all’interno della vostra azienda per ridurre al minimi i rischi di incidenti nella sala mescole?

6. Virtualmente quasi tutto è possibile. In realtà tutto dipende non solo dalla formazione del lavoratore, ma anche da un continuo richiamo all’osservanza delle norme di sicurezza fino a farle diventare parte del Dna di ciascun operatore. G3 svolge attività formativa per i propri clienti ma, senza uno sforzo quotidiano e coerente da parte delle aziende che utilizzano le nostre macchine, qualsiasi attività viene ben presto vanificata dalla pratica giornaliera.

Per i produttori di macchine 6 È possibile tecnicamente realizzare una macchina per la mescolazione virtualmente priva di rischi per il lavoratore oppure un minimo di rischio resta insito nell’attività e molto dipende anche dalla formazione del lavoratore? Sotto questo aspetto svolgete anche attività formative per i dipendenti delle aziende che acquistano le vostre macchine? 7 In quanto produttori e di conseguenza installatori di macchine per la mescolazione, in Italia e all’estero, avrete sicuramente il polso del livello di sicurezza all’interno delle aziende con cui lavorate? Come lo giudicate? Riscontrate differenze tra le aziende italiane e straniere? 8 Dal punto di vista delle tecnologie utili per migliorare la sicurezza quali sono, a vostro giudizio, quelle che hanno più contribuito a migliorare le macchine che producete? Sensoristica e automatizzazione, per esempio, hanno completamente trasformato il modo di progettare e produrre macchinari per l’industria. È stato così anche per il vostro settore?

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Vi sono, senza grandi differenze tra Italia e estero: aziende che hanno la sicurezza nel proprio Dna e altre… molto meno. Il livello medio è certamente migliorato rispetto al passato, ma resta ancora molta strada da fare. Tutti i macchinari forniti da G3, sia ricostruiti sia nuovi, rispondono per qualsiasi cliente, italiano o straniero, a tutte le normative vigenti, indipendentemente dall’ambiente nel quale vengono installati.

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Anche per la sala mescole sensoristica e automatizzazione sono certamente un valido supporto per migliorare la sicurezza e hanno migliorato anche il modo di G3 di ricostruire macchinari che garantiscono le stesse caratteristiche di macchinari nuovi. Una corretta gestione di segnali e allarmi può, quando presente e applicata, aiutare a gestire meglio i macchinari e migliorare il loro livello di sicurezza. 

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I rischi in sala mescole ci sono sempre. Basti pensare al mescolatore aperto, macchina intrinsecamente pericolosa. Oltre alla tecnologia è quindi fondamentale la formazione

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Roberto Regalia Pomini Rubber & Plastics HF Mixing Group

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In generale, la consapevolezza – spontanea o indotta a tutti i livelli aziendali – che la cultura della sicurezza e della salute è un “investimento” e non un “costo” ha svolto e sta svolgendo un ruolo imprescindibile riguardo ambienti e processi di lavoro attenti al principio “safety first”. La normativa vigente (e in particolare il D. Lgs. 81/08) ha dato un impulso fondamentale all’individuazione, analisi, comprensione e riduzione del “rischio”. La sala mescole, in particolare, è un luogo in cui convivono molteplici situazioni di rischio potenziale (dallo “handling” delle materie prime e del prodotto lavorato alla mescolazione e successivo “post-mixing”). L’analisi congiunta tra produttori di macchinari-sistemi e utilizzatori ha reso e rende possibile introdurre tecnologie e dispositivi tali da

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA GIUGNO 2014

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FOCUS minimizzare i rischi con un impatto trascurabile (se non nullo) sull’efficienza del processo.

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Il “rischio” per salute e sicurezza nella sala mescole può ancora essere presente. Si pensi per esempio al “mescolatore a cilindri”: nonostante la presenza di numerosi “safety devices” il mescolatore aperto è intrinsecamente pericoloso. Da questo punto di vista, quindi, la formazione degli operatori è fondamentale e va di pari passo alla stesura ed osservanza di prescrizioni di lavoro precise e chiaramente recepibili dagli operatori stessi. La nostra azienda sta investendo molto in ricerca per sviluppare una tecnologia “post mixing” più sicura: il Convex, cioè il bivite conico controrotante compenetrante, con prestazioni tali da poter sostituire, in tutto o in parte, il mescolatore a cilindri.

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I mescolatori chiusi sono progettati con criteri tali da rendere minimi i rischi per la salute. L’analisi approfondita delle parti costituenti il “mixer” – gruppo di comando, caricamento, aspirazione fumi/polveri, parti mobili (porte di carico/scarico) ecc. – e del processo di mescolazione ha reso e rende possibile introdurre gli opportuni accorgimenti (per esempio: sensori di temperatura nelle parti soggette a forti attriti, cappe afone, interblocchi) tali da minimizzare il “rischio”. Non è altresì da trascurare la fase di “manutenzione” del mescolatore chiuso: accedere all’interno di quest’ultimo è operazione delicata che va compiuta da personale addestrato e che necessità di operazioni di messa in sicurezza ben precise. Il “processo discontinuo di mescolazione di mescole a base di elastomeri”, soprattutto nei settore articolo tecnico e mescole conto terzi, è ancora oggi una attività in cui devono essere presenti operazioni manuali: si pensi, per esempio, ad alcune operazioni di “handling” delle materie prime (pesatura, caricamento) e del materiale lavorato (lavorazione al mescolatore aperto). È fondamentale, quindi, che vi sia l’adeguata sensibilità aziendale a tutti i livelli, affinché l’adeguata formazione al personale sia presente e costante. In tale senso, la manualistica a corredo delle macchine da noi fornite include tutte le informazioni necessarie a un utilizzo corretto e “sicuro” di queste ultime, considerando che si tratta di macchine inserite in un “processo di lavorazione” e non di macchine “utensili”. Altresì, durante le fasi di messa in servizio effettuiamo delle sessioni di training dedicate a questi scopi.

7.

Volgendo lo sguardo a una ventina di anni fa è evidente come mediamente il livello di sicurezza delle aziende italiane, soprattutto quelle più “strutturate”, sia aumentato esponenzialmente con una decisa impennata nell’ultimo lustro. Rispetto al panorama europeo, gli sforzi compiuti da fornitori di macchinario e utilizzatori italiani si posizionano quantomeno allo stesso livello. È altresì innegabile come vi siano zone al di fuori dell’Europa dove permangono situazioni in cui la “pericolosità” intrinseca della mescolazione viene trascurata.

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA GIUGNO 2014

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Proprio per la specificità del processo di mescolazione (discontinuo, con grande variazione di materie prime, con varie soluzioni impiantistiche, ecc) la conoscenza, il controllo e la registrazione dei vari parametri di processo, meccanici, elettrici e fluidodinamici svolgono un ruolo indispensabile nella prevenzione e soluzione di eventuali problemi di sicurezza. 

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La tecnologia ha influito in maniera positiva nel migliorare la sicurezza, ma resta fondamentale la buona concezione della macchina in fase di progettazione

Alberto Ballabio Prodicon

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Il livello di sicurezza nelle sale mescole si è alzato negli ultimi anni, sia per effetto della normativa europea sia per una maggiore sensibilità sull’argomento da parte delle organizzazioni aziendali coinvolte. Le nuove tecnologie specificatamente sviluppate per la sicurezza e la formazione del personale hanno ridotto sensibilmente il rischio di infortuni sul lavoro.

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Il rischio residuo è molto basso. I maggiori possono arrivare da lavoratori non adeguatamente formati, da quelli che non seguono le procedure di lavoro, da dispositivi di sicurezza non adeguatamente controllati o mantenuti e funzionanti correttamente.

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Gli operatori che lavorano sui nostri impianti vengono formati anche sui dispositivi e sulle procedure di sicurezza, peraltro illustrate nella documentazione tecnica a corredo. La formazione è essenziale perché non si verifichino situazioni di pericolo in caso di ignoranza, inosservanza di regole o di by-pass dei dispositivi di sicurezza per ragioni di “praticità”. La totale assenza di rischi è comunque irraggiungibile nella pratica.

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In alcuni paesi, particolarmente dell’Europa Centrale, il tema di sicurezza è molto sentito e, spesso, alle ispezioni di nuovi impianti i tecnici si accompagnano con specialisti in materia. I controlli in quelle aree geografiche sono molto approfonditi e alla normativa vigente spesso si aggiungono prescrizioni aziendali particolari in termini di sicurezza e ergonomia. Le aree extra-europee sono invece di solito meno sensibili all’argomento, anche se riscontriamo una sempre maggiore sensibilità al tema anche in zone definite low-cost e che guardano alle normative di sicurezza con accresciuto interesse.


Sicurezza in sala mescole Le nostre domande Per tutti 1 Come valutate che si sia evoluta la sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni? Quali sono stati a vostro giudizio i motivi principali della riduzione dei rischi per i lavoratori? Il miglioramento delle normative, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per la sicurezza o la formazione del personale? 2 Ritenete che al giorno d’oggi sussistano ancora dei rischi di infortunio per i lavoratori in sala mescole? Oppure l’insieme di procedure, tecnologie e norme ha virtualmente eliminato ogni fonte di pericolo? Per i compoundatori 3 Come giudicate le norme italiane a cui sono sottoposte le imprese come la vostra per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro? Le ritenete di facile applicazione oppure potrebbero essere più semplificate? Quali sono a vostro giudizio i pro e i contro di queste misure? 4 Avete avuto occasione di fare un confronto con altre aziende straniere che operano nel vostro settore? Trovate che anche le aziende straniere siano sottoposte allo stesso tipo di vincoli delle aziende italiane, in tema di sicurezza? Oppure che la situazione per loro sia diversa, più o meno complicata?

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Senz’altro la tecnologia ha influito in maniera positiva nel migliorare il livello di sicurezza degli impianti, ma rimane essenziale l’impostazione della concezione della macchina già in fase di progettazione. I costruttori low-cost vedono

5 Quali procedure avete adottato all’interno della vostra azienda per ridurre al minimi i rischi di incidenti nella sala mescole? Per i produttori di macchine 6 È possibile tecnicamente realizzare una macchina per la mescolazione virtualmente priva di rischi per il lavoratore oppure un minimo di rischio resta insito nell’attività e molto dipende anche dalla formazione del lavoratore? Sotto questo aspetto svolgete anche attività formative per i dipendenti delle aziende che acquistano le vostre macchine? 7 In quanto produttori e di conseguenza installatori di macchine per la mescolazione, in Italia e all’estero, avrete sicuramente il polso del livello di sicurezza all’interno delle aziende con cui lavorate? Come lo giudicate? Riscontrate differenze tra le aziende italiane e straniere? 8 Dal punto di vista delle tecnologie utili per migliorare la sicurezza quali sono, a vostro giudizio, quelle che hanno più contribuito a migliorare le macchine che producete? Sensoristica e automatizzazione, per esempio, hanno completamente trasformato il modo di progettare e produrre macchinari per l’industria. È stato così anche per il vostro settore?

la realizzazione secondo le direttive di sicurezza CE come un aumento dei costi dei macchinari; i produttori europei possono invece vantare questo obbligo come ulteriore prova della qualità delle proprie produzioni. 

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FOCUS

«Sono sicuro che in futuro si troveranno soluzioni tecniche

per eliminare le fasi di lavorazione manuale sul mescolatore aperto, riducendo ulteriormente i rischi

Sergio Bracaletti Rubber Trade 1

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La sala mescole è sicuramente il reparto all’interno dell’azienda con un alto livello di rischio potenziale, sia per le caratteristiche dei macchinari impiegati sia per l’oggettiva pericolosità delle lavorazioni manuali richieste. La ricerca di soluzioni che possano limitare il più possibile questi rischi ha prodotto un costante aumento della sicurezza. Visti gli sforzi che sono stati fatti per costruire macchine sempre più sicure, oggi il fattore che più incide sul miglioramento della sicurezza è quello della formazione del personale. Per quanto ci si possa sforzare a rendere sicuro un determinato macchinario, questo non potrà mai essere utilizzato da un operatore che non ne conosce perfettamente i rischi inevitabilmente connessi al suo utilizzo.

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Purtroppo, come in tutti gli ambiti lavorativi, il fattore dell’imponderabile è sempre presente e non si può mai raggiungere un rischio pari a zero. Certamente l’insieme delle norme e lo scrupoloso rispetto delle procedure previste riduce tale rischio in maniera drastica. Sfortunatamente talvolta entrano in gioco fattori difficilmente controllabili, che inficiano gli sforzi fatti nella ricerca della massima sicurezza possibile, quali comportamenti non corretti e superficialità nel rispettare le norme di sicurezza.

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Analizzando una linea di confezionamento mescole, sarebbe sufficiente eliminare la fase di lavorazione manuale sul mescolatore a cilindri e, in questo senso, sono certo che in futuro si troveranno soluzioni tecniche che consentiranno di eliminare per buona parte la lavorazione su questa macchina. Noi non svolgiamo attività formative in quanto produci amo macchine per il fine linea di mescolazione considerate “non pericolose”. Ovviamente essendo per noi la sicurezza un punto imprescindibile, curiamo molto fin dalla progettazione l’analisi dei rischi connessi e in modo particolare la scolarizzazione degli addetti all’uso durante l’avviamento dei nostri impianti presso i nostri clienti.


Sicurezza in sala mescole Per tutti 1 Come valutate che si sia evoluta la sicurezza nella sala mescole negli ultimi anni? Quali sono stati a vostro giudizio i motivi principali della riduzione dei rischi per i lavoratori? Il miglioramento delle normative, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per la sicurezza o la formazione del personale? 2 Ritenete che al giorno d’oggi sussistano ancora dei rischi di infortunio per i lavoratori in sala mescole? Oppure l’insieme di procedure, tecnologie e norme ha virtualmente eliminato ogni fonte di pericolo?

Le nostre domande 5 Quali procedure avete adottato all’interno della vostra azienda per ridurre al minimi i rischi di incidenti nella sala mescole?

Per i compoundatori 3 Come giudicate le norme italiane a cui sono sottoposte le imprese come la vostra per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro? Le ritenete di facile applicazione oppure potrebbero essere più semplificate? Quali sono a vostro giudizio i pro e i contro di queste misure? 4 Avete avuto occasione di fare un confronto con altre aziende straniere che operano nel vostro settore? Trovate che anche le aziende straniere siano sottoposte allo stesso tipo di vincoli delle aziende italiane, in tema di sicurezza? Oppure che la situazione per loro sia diversa, più o meno complicata?

Per i produttori di macchine 6 È possibile tecnicamente realizzare una macchina per la mescolazione virtualmente priva di rischi per il lavoratore oppure un minimo di rischio resta insito nell’attività e molto dipende anche dalla formazione del lavoratore? Sotto questo aspetto svolgete anche attività formative per i dipendenti delle aziende che acquistano le vostre macchine? 7 In quanto produttori e di conseguenza installatori di macchine per la mescolazione, in Italia e all’estero, avrete sicuramente il polso del livello di sicurezza all’interno delle aziende con cui lavorate? Come lo giudicate? Riscontrate differenze tra le aziende italiane e straniere? 8 Dal punto di vista delle tecnologie utili per migliorare la sicurezza quali sono, a vostro giudizio, quelle che hanno più contribuito a migliorare le macchine che producete? Sensoristica e automatizzazione, per esempio, hanno completamente trasformato il modo di progettare e produrre macchinari per l’industria. È stato così anche per il vostro settore?

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Onestamente, riteniamo che sotto questo aspetto ci sia la stessa responsabilizzazione delle aziende nel campo sicurezza in Italia come all’estero. I nostri produttori di mescole conto terzi non sono inferiori ai concorrenti esteri per quanto riguarda il tema della sicurezza.

L’attuale sensoristica è in grado di permettere la soluzione di molti aspetti relativi alla sicurezza, abbassando drasticamente le probabilità di infortunio e facilitando la progettazione dei sistemi di sicurezza che equipaggiano i moderni macchinari. 

Associato ASSOCIAZIONE NAZIONALE COSTRUTTORI DI MACCHINE E STAMPI PER MATERIE PLASTICHE E GOMMA


Dalle Aziende

La nuova sala mescole di Giovanni Colombo - Project Manager, Colmec S.p.A.

L

a Colmec, da sempre impegnata nella ricerca di innovazioni tecnologiche mirate al miglioramento del processo della mescolazione della gomma, ha introdotto nella sala mescole una nuova tecnologia con la quale la compoundazione e la filtratura del compound sono diventate due fasi successive di un processo automatizzato e continuo, nel quale l’intervento umano è ridotto al minimo indispensabile. Ne conseguono, tra i principali benefici, un aumento della produttività, una qualità del prodotto non solo più elevata, ma anche più costante, e condizioni di lavoro più sicure.

La sala mescole tradizionale

La configurazione tipica di una sala mescole gomma tradizionale si presenta composta da un mescolatore interno, che può essere di tipo tangenziale o compenetrante, da uno o più mescolatori a cilindri e da un batch off (figura 1). Questa soluzione, però, oggi non riesce più a soddisfare le richieste di un mercato in continua evoluzione, quale

Più alta qualità della produzione, riduzione dei costi produttivi, maggiore sicurezza sul lavoro. Sono i principali vantaggi offerti da una nuova tecnologia Colmec con la quale la mescolazione e la filtratura delle mescole in gomma avvengono in un processo continuo e completamente automatizzato è quello della gomma, le cui principali esigenze si riassumono in una sola: il miglioramento della qualità del prodotto. Una esigenza che, a sua volta, richiede al compoundatore l’adozione di un processo produttivo rispettoso dell’ambiente, sicuro per gli operatori e con costi ridotti. Sono sfide non di poco conto alle quali Colmec, nella capacità innovativa che ha sempre contraddistinto la sua attività, ha risposto sviluppando un nuovo mescolatore bivite conico: il CTM, Conical Twin Mixer, brevettato (figura 2).

Il mescolatore Ctm

È un mescolatore con una camera troncoconica, al cui interno sono alloggiate due viti coniche controrotanti. In corrispondenza della bocca di uscita della

mill

Batch-off

Internal mixer

Figura 1 - La sala mescole tradizionale.

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L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

macchina è presente una testa, che rimane chiusa nella fase di omogeneizzazione e mescolazione e si apre automaticamente durante la fase di scarico. Come funziona Durante la fase di mescolazione e omogeneizzazione le viti ruotano avanti e indietro secondo un ciclo pre-impostato. In base alla velocità di rotazione delle viti ed alla frequenza delle inversioni, il CTM può lavorare come semplice omogeneizzatore e raffreddatore oppure come mescolatore vero e proprio. Infatti, la particolare geometria della camera e del filetto delle viti permette di trasferire alla mescola l’energia necessaria all’incorporamento ed alla dispersione degli agenti acceleranti (e/o altri ingredienti), che possono quindi essere aggiunti direttamente nel CTM. Ovviamente, anche sul mescolatore a cilindri tradizionale può essere completato il batch con l’aggiunta di acceleranti, ma in questo caso entra in gioco un’ulteriore variabile da non trascurare: l’operatore. Il CTM, invece, mescolando in modo automatico, non ha bisogno dell’intervento umano e quindi garantisce una costanza ed una ripetibilità nella mescolazione di ogni batch estremamente elevate. La curva reome-


Tecnologie trica di ogni batch risulta, infatti, perfettamente sovrapposta a quella del batch precedente. Ovvia la conclusione: tutto ciò si traduce nella possibilità di fornire al cliente finale un prodotto sempre costante e di qualità elevata. Shearing e pushing, effetti importanti Un ulteriore vantaggio del CTM rispetto al mescolatore a cilindri, oltre alla garanzia della ripetibilità del processo, è la maggiore velocità di mescolazione. Questo plus è dovuto al fatto che nella camera di mescolazione troncoconica si combinano due importanti effetti: lo shearing ed il pushing (figura 3). Lo shearing è l’effetto di laminazione Figura 2 - Il mescolatore bivite conico CTM. al quale è sottoposta la gomma durante la mescolazione. Avviene tra il filetto delle viti e la camera di mesco lazione. Per esemplificare, è l’effetto Figura 3 L’effetto che avviene anche nel mescolatore di shearing (a sinistra) a cilindri nella zona di tangenza dei e l’effetto di pushing due rulli, con la differenza che nel CTM (a destra). la velocità relativa tra vite e camera è molto maggiore rispetto a quella tra Shearing pushing i due rulli del mescolatore a cilindri. Shearing pushing L’effetto di pushing, invece, è dato dal Figura 4 - L’energia TOTAL ENERGY SUPPLIED TO THE BATCH la particolare geometria delle viti cototale fornita al batch niche che spingono la mescola verso dai diversi tipi l’uscita del mescolatore. La fuoriuscidi mescolatori. ta della mescola è impedita dalla flangia in posizione di chiusura e quindi il compound è continuamente sottopoβ sto a compressione. Questo fenomeno si basa sullo stesso principio del peso ϒ pressatore del mescolatore interno: aumentare la pressione di mescolazione per poter trasferire la stessa quanα tità di energia al batch in un tempo molto più breve. La figura 4 presenta le curve della quantità di energia trasferita in funzione del tempo dalle differenti tipologie di macchine: mescolatore interAngoli:  no, mescolatore a cilindri e CTM. Per energia trasferita si deve intendere il α Mill - Valore basso di mixing efficiency (usato come raffreddatore) lavoro nell’unità di tempo che il macchinario è in grado di trasferire a tutti gli ingredienti del batch per renderlo β Internal mixer – Valore molto alto di mixing efficiency uniforme e pronto per le successive fasi del processo. Inserito nella linea di compoundazione in sostituzione del mescolatore ϒ CTM™ - Valore variabile di mixing efficiency aperto posizionato sotto il mescolatore interno, il CTM modifica sostanAlto valore di Basso valore di zialmente, come vedremo, la configumixing efficiency mixing efficiency razione della sala mescole, rendenI valori di mixing efficiency del CTM™ sono variabili in funzione della velocità di rotazione delle viti L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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Dalle Aziende

mill Internal mixer

Batch-off

CTM

Linee di mescolazione a confronto

5 - La nuova sala mescole. Comparazione tra linea di mescolazione tradizionalefigura (INTERNAL MIXER + MILL) e la nuova linea di mescolazione (INTERNAL MIXER + CTM™) figura 6 - Confronto tra la linea di mescolazione tradizionale e la nuova.

INTERNAL MIXER + MILL E1 = Energy from internal mixer: 90%  mixing time 180 sec. Total Energy 100%

E2 = Energy from mill: 10%

INTERNAL MIXER + CTM™ E1’ = Energy from internal mixer: 70%  mixing time 150 sec. Total Energy 100%

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do l’impianto della compoundazione completamente automatizzato e consentendo di ottenere i maggiori risultati qualitativi richiesti dal mercato (figura 5).

E2 = Energy from CTM™ : 30%

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figura 7 - ll sistema CTE + GP.

La figura 6 mostra una comparazione tra la linea di mescolazione tradizionale (internal mixer + mill) e la nuova linea di mescolazione (internal mixer + CTM). Dai grafici delle figure 4 e 6 risulta subito chiaro come il CTM possa “copiare” il mescolatore a cilindri, ricalcandone in pieno la funzione di raffreddatore ed omogeneizzatore, con in più il grande vantaggio di operare in modo automatico. È fondamentale sottolineare, però, che il CTM non deve essere considerato un semplice sostituto del mescolatore a cilindri. Perché non lo è. Il nuovo mescolatore bivite conico è, a tutti gli effetti, un nuovo macchinario, fino ad oggi non presente nel mondo della mescolazione, che si colloca, per la sua capacità mescolante, tra un mescolatore interno ed un mescolatore a cilindri. L’energia che il CTM è in grado di trasferire alla mescola in un tempo stabilito può essere variata a piacimento (come si può vedere dall’angolo γ nella figura 4), in funzione della velocità di rotazione delle viti coniche e della temperatura del fluido raffreddante. Più precisamente: - ad alta velocità di rotazione delle viti coniche il risultato mescolante si avvicina ai valori dell’intermixer - a bassa velocità si avvicina a quelli del mescolatore a cilindri. Nel primo caso il CTM può essere utilizzato come un’estensione del mescolatore interno. Infatti, si riduce il tempo di permanenza del batch nell’internal mixer e si completa la mescolazione nel CTM alla temperatura desiderata. Nel secondo caso il CTM viene utilizzato come un raffreddatore posto sotto lo scarico del mescolatore interno, come un normale mescolatore a cilindri. Naturalmente, il CTM può lavorare in tutte le condizioni intermedie tra i due casi considerati, potendosi adattare senza alcun problema ad ogni tipo di compound in lavorazione. L’utilizzo appropriato del CTM sfrutta la maggiore velocità di mescolazione di cui, come abbiamo visto, questa macchina è capace. Scaricando, quindi, nel


Tecnologie

mill

CTE + GP

Batch-off

Internal mixer

figura 8 - La sala mescole con filtratura a caldo, con CTE + GP posizionati dopo il mescolatore a cilindri.

CTE + GP

Internal mixer

Batch-off

CTM

figura 9 - La sala mescole con filtratura a caldo, con CTE + GP posizionati dopo il CTM. mescolatore bivite direttamente dall’internal mixer situato a monte una mescola non ancora completata, si ha la possibilità di portarvi a termine la preparazione del compound stesso in un tempo minore, con la garanzia, per di più, della ripetibilità fornita da un processo completamente automatizzato. In questo modo, il tempo di permanenza della mescola nel mescolatore interno può ridursi anche del 20-30%, permettendo, altresì, di aumentare la produttività della linea di mescolazione. In altre parole, è come se il ciclo di mescolazione venisse diviso in due stadi: uno nel mescolatore interno e uno, in cascata, nel CTM. Se attualmente, per esempio, si tende a completare la preparazione della mescola al 95% nell’internal mixer, lasciando poi all’operatore il compito della omogeneizzazione

finale del compound sul mescolatore a cilindri, con l’utilizzo del CTM, invece, è possibile scaricare una mescola completa solo al 75%, ultimandola poi nel mescolatore bivite conico, con un processo automatico. Nell’ipotesi che il tempo di permanenza nel mescolatore interno si riduca da 4 a 3 minuti, l’impiego del CTM come “secondo mescolatore interno” posizionato a valle del primo permette di produrre 20 batch anziché 15.

Un’altra novità: CTE + GP

Un’altra tendenza che sempre più si sta imponendo nel settore della produzione degli articoli tecnici è l’esigenza del compoundatore di fornire al cliente finale una mescola già filtrata. Tradizionalmente, questo processo richiede una linea di filtratura a freddo: la stri-

figura 10 - La nuova linea di mescolazione e filtratura proposta da Colmec.

scia fredda, raccolta all’uscita dal batchoff della linea di mescolazione, viene introdotta in un estrusore filtro e dopo la filtratura viene di nuovo raffreddata e poi raccolta. Evidente lo svantaggio di questa procedura, che comporta la riestrusione di una mescola già finita per poi doverla raffreddare di nuovo e confezionarla. Il processo è dispendioso dal punto di vista energetico e, conseguentemente, è antieconomico. Filtratura in linea della mescola Colmec, invece, propone una soluzione che sfrutta la mescola già calda in uscita dal CTM (oppure, nel caso di linea tradizionale, dal mescolatore a cilindri) e la filtra direttamente in linea. L’operazione della filtratura, cioè, viene effettuata in un unico processo, al termine della preparazione della mescola, col risultato, indubbiamente vantaggioso, di una sensibile riduzione dei costi di produzione. Questo nuovo sistema, denominato CTE + GP (figura 7), è costituito da un estrusore bivite conico (Conical Twin Extruder) dotato di pompa a ingranaggi (Gear Pump). Nella configurazione tradizionale della sala mescole esso trova posto dopo il mescolatore a cilindri (figura 8); nella configurazione definitiva della nuova sala mescole, invece, è posizionato dopo il CTM (figura 9). Nel CTE la mescola viene mantenuta in movimento senza attriti a bassa pressione di trasporto, e le viti della macchina hanno il solo compito di trasferire il compound alla pompa a ingranaggi. Nella GP la mescola viene spinta contro la rete filtrante, ma l’alto rendimento di trasporto (superiore a 0,95), caratteristica primaria delle pompe ad ingranaggi, impedisce l’innalzamento termico della mescola. È così possibile mantenere il batch a una temperatura bassa (80° 90°C), evitandone la prevulcanizzazione. Importante sottolineare, a proposito del CTE, che, oltre ad alimentare la pompa ad ingranaggi, questo estrusore conico fa anche da buffer di linea, permettendo ai macchinari a monte di lavorare in un processo batch by batch ed al macchinario a valle di lavorare in modo continuo, dando così anche la possibilità di confezionare strisce compatte e continue, di lunghezza teoricamente illimitata. In figura 10 è presentata la configurazione completa della linea di mescolazione e filtratura proposta da Colmec. L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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Dalle Aziende

Nativi digitali

di Riccardo Oldani

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onducono con successo la loro azienda da ormai 14 anni, che è un periodo di tutto rispetto per acquisire un nome e un’esperienza da vendere sul mercato. Traguardo che Cristian Ferrari, Ezio Ghitti e Franco Cadei, i tre fondatori di Franciacorta Stampi hanno saputo raggiungere, conquistando la fiducia di numerosi clienti del Distretto del Sebino. Ciò non toglie che nello scenario in cui operano, come progettatori, sviluppatori e produttori di stampi per l’industria della gomma, i tre dinamici imprenditori possano ancora giocare la carta della gioventù. Quando fondarono la loro azienda, che ha sede a Corte Franca, nel cuore del distretto della gomma ma anche della Franciacorta, i tre erano poco più che ventenni e oggi, quindi, raggiungono a malapena la quarantina. La loro caratteristica è di essere nati, lavorativamente parlando, in un momento di transizione tra la meccanica classica e i sistemi di produzione consolidati per l’epoca, con i quali i tre si sono formati professionalmente, e l’avvento delle nuove tecnologie basate sull’informatica e sul controllo numerico. Fin da subito, quindi, i fon-

Da sinistra, Cristian Ferrari, Ezio Ghitti e Franco Cadei, i tre fondatori e titolari di Franciacorta Stampi. 50

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Attiva dal 2001 Franciacorta Stampi è la creatura di tre giovani imprenditori che, poco più che ventenni, ma già con una buona esperienza come tecnici di settore, si sono letteralmente tuffati nella produzione di stampi per la gomma, portando con sé tutto il background di chi ha iniziato a lavorare avvalendosi di computer e informatica. Oggi, dopo 14 anni, l’azienda è in crescita e con un approccio decisamente tecnologico, che si basa sulla progettazione in 3D degli stampi e sulla produzione in regime di qualità ISO 9001:2008, ottenuta usando macchinari di ultima generazione


Franciacorta stampi datori di Franciacorta Stampi hanno acquisito dimestichezza con i computer e con la loro applicazione in questo delicato settore dell’industria della gomma. E questa caratteristica di “nativi digitali” hanno poi portato in eredità alla loro azienda.

Un’azienda giovane

Quando siamo andati a visitare Franciacorta Stampi abbiamo trovato una realtà compatta, ma molto moderna, con uffici appena riorganizzati e riarredati e un sito produttivo ordinato, pulito, dotato di macchinari moderni e automatizzati e piacevole per il personale, per cui è

stato installato anche un potente impianto di climatizzazione, per mantenere una temperatura di lavoro ideale sia in estate che in inverno. In particolare parliamo con Cristian Ferrari, che si occupa di amministrazione e commerciale, e con Franco Cadei, responsabile dell’ufficio tecnico e della ricer-

Due particolari delle modellazioni in 3D con cui vengono progettati gli stampi avendo cura anche dei particolari più minuti.

ca e sviluppo, mentre Ezio Ghitti, che sovrintende alla produzione, non lascia il suo posto di combattimento. È Ferrari a spiegare che, proprio in ossequio alla dimestichezza con i computer, «l’azienda ha puntato fin da subito a fare dell’attenzione alla tecnologia e al digitale un punto di forza della propria proposta e del proprio modo di muoversi sul mercato. Questo si traduce nell’ampio ricorso di sistemi di progettazione Cad/Cam e 3D applicati allo sviluppo dei progetti di stampi, realizzati mediante l’impiego di modellatori matematici. Una progettazione minuziosa, in cui fin dalle prime fasi poniamo un’attenta cura ai particolari». Cadei, dal canto suo, specifica: «Quello che ci soddisfa di più, e che poi si traduce anche in un valore aggiunto per la nostra clientela, è riuscire a impostare il lavoro progettando lo stampo in modo molto dettagliato fin dall’inizio, magari impegnando un po’ di tempo in più per confrontarci con il committente, capire esattamente le sue esigenze di produzione, qualità, utilizzo di mescole, tiratura. Tutte informazioni che, ovviamente, vengono trattate con la massima discrezione e professionalità e che sono preziose per avere un risultato finale arricchite da tutte le soluzioni tecniche utili per migliorare la produzione, ridurre la manutenzione e semplificare il più possibile la vita al nostro committente».

Ingegnerizzazione del particolare

Sta insomma per finire, almeno secondo quanto si auspicano i giovani titolari di Franciacorta Stampi, quel sistema di lavoro in base al quale c’era pochissimo confronto tra il committente e il produttore di stampi, in quanto il primo si limitava a chiedere preventivi a tappeto per una determinata fornitura con l’intento quasi esclusivo di strappare il prezzo più basso, ma senza un reale confronto sulle necessità finali, che possono tradursi in risparmi ben più sostanziali di un ribasso di prezzo attraverso il risparmio di energia utilizzata o la riduzione dello spreco di mescole. «Noi – spiega ancora Cadei – siamo in grado di realizzare uno stampo per L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

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Dalle Aziende

un determinato utilizzo in molti modi diversi. Ma qual è quello più adatto per il nostro cliente? È per scoprirlo che cerchiamo sempre di approfondire il discorso nella fase iniziale. Una volta inquadrati tutti i punti e le specifiche procediamo, a questo punto, in modo molto più spedito definendo uno o più progetti che sottoponiamo al cliente. Siamo in grado di mostrarli con visualizzazioni tridimensionali, che consentono di esaminare ogni particolare, discuterlo e modificarlo quando lo si ritenga necessario». Giunti a un accordo totale sulle caratteristiche dello stampo da produrre si passa alla fase operativa, che prevede la realizzazione materiale dello stampo, una fase di test e la campionatura, se necessaria, sfruttando una pressa installata nella sede dell’azienda, condotta abitualmente insieme con la clientela per verificare gli ultimi particolari. In conclusione si passa alla messa a punto finale e alla consegna del prodotto .

Rapporto di fiducia

Ma è sui pregi del processo di sviluppo e progettazione insieme con il cliente che i giovani industriali di Corte Franca pongono l’accento. Spiega ancora Ferrari: «Ci piace molto lavorare insieme con il cliente allo sviluppo di un progetto nuovo, che abbia specifiche e richieste particolari su cui possiamo lavorare sul particolare. Ecco, è proprio l’ingegnerizzazione del particolare che rappresenta la parte più affascinante del nostro lavoro e su cui ci sentiamo particolarmente preparati. Con una serie di vantaggi a cascata: lavorare su questi aspetti ci consente di progredire continuamente, trovando sempre nuove soluzioni per migliorare l’estrazione e la resa e ridurre i consumi, creando un patrimonio di conoscenze che possiamo applicare a lavori successivi. Non soltanto. Si crea anche un rapporto di fiducia reciproca tra noi e il cliente, una fidelizzazione che si traduce in stima e in nuove commesse». Franciacorta Stampi attualmente conta su un organico appena inferiore alle venti persone, che impone per forza di cose un assommarsi di competenze, soprattutto per i tito52

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

lari. Ciò non toglie che l’azienda si sia già data una struttura per comparti di lavoro, che prevede un’amministrazione, un settore marketing, la parte produttiva e un forte impegno nella ricerca e sviluppo, condotto in prima persona confrontandosi con le problematiche del mercato, aggiornandosi sulle novità e seguendo da vicino l’evoluzione tecnica dalle aziende produttrici di presse, su cui gli stampi prodotti devono essere installati e devono funzionare nel migliore dei modi.

Livello tecnologico

Particolare attenzione è stata posta alla dotazione tecnologica dell’azienda, non soltanto per quanto riguarda i software di progettazione, ma anche per i macchinari utilizzati per la produzione, di elevata qualità a 3, 4 e 5 assi, oltre alla possibilità di effettuare ogni tipo di finitura superficiale. «L’obiettivo – spiega ancora Ferrari – è reinvestire continuamente gli utili nell’azienda per migliorare sempre di più il livello tecnologico. Inoltre, attualmente abbiamo raggiunto una solida organizzazione

figura 7 - ll sistema CTE + GP.

interna, supportata anche dalla certificazione di qualità ISO 9001:2008». Franciacorta Stampi lavora partendo dal grezzo ed effettua internamente tutte le lavorazioni necessarie alla produzione dello stampo. Su forniture particolarmente complesse viene ovviamente garantita un’assistenza tecnica condotta direttamente all’azienda cliente, per verificare il montaggio sulla pressa e le procedure di utilizzo da parte del personale interno. Questo soprattutto avviene per quegli stampi particolarmente complessi che necessitano di uno start-up assistito.

Programmi futuri

Acquisito un ottimo livello di notorietà e affidabilità nella zona in cui opera, quella del Distretto del Sebino, Franciacorta Stampi da anni sta lavorando per ampliare il proprio raggio d’azione. È in progetto un ampliamento dello stabilimento, che porterebbe a un miglioramento ulteriore dell’organizzazione del lavoro. Una difficoltà, condivisa con altre aziende della zona attive nel comparto, è il reperimento di per-


Franciacorta stampi

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sonale formato e specializzato. Tra Bresciano e Bergamasco ancora non c’è una percezione precisa, soprattutto nelle giovani generazioni, di quanto sia importante il Distretto della Gomma non soltanto a livello locale, ma anche nazionale e internazionale, in quanto depositario di un sapere e di un livello tecnologico unici al mondo. Questo fa sì che ancora relativamente pochi giovani optino per una preparazione consona con questo tipo di impiego. Per questo è ancora complicato trovare personale specializzato. «Siamo in costante ricerca di persone qualificate – dicono in azienda – anche perché è complicato prendere in casa dei giovani da formare completamente da zero, almeno per un’azienda con le nostre caratteristiche». Un altro ulteriore step in fase di studio riguarda una sempre più incisiva presenza sui mercati esteri. Tema su cui il management di Franciacorta Stampi è particolarmente attento. 

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Dalle Aziende

Un microdurometro rivoluzionario

G

ibitre Instruments ha sviluppato un nuovo strumento, denominato Micro IRHD Laser Revolution: durometro micro-IRHD con centratore laser per la misura in serie di O-ring e particolari di piccole dimensioni. Lo strumento è dotato di centratore laser che permette di identificare in modo automatico il punto ottimale per l’esecuzione della misura di durezza micro-IRHD e di un disco porta-provini che permette la movimentazione automatica dei pezzi da misurare. Il disco porta-provini sottopone ogni pezzo alla misura del centratore e lo posiziona nel punto ottimale per la misura della durezza micro-IRHD. Il processo automatico di misurazione viene ripetuto, senza intervento dell’operatore, per tutti i pezzi posizionati sulla linea di misura.

Conformità con le norme e taratura

Lo strumento è conforme alle norme ISO 48, ASTM D 1415 e viene fornito con certificato di taratura Accredia, emesso dal laboratorio accreditato di Gibitre Instruments.

Applicazioni dello strumento

Lo strumento permette di effettuare misure di durezza Micro-IRHD in serie, senza la necessità di assistenza continua da parte dell’operatore e di eliminare l’interferenza dell’errore umano 54

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

È il nuovo Micro-IRHD Laser Revolution di Gibitre, in grado di effettuare in serie la misura di durezza micro-IRHD sugli O-ring, senza più la necessità di caricare un pezzo alla volta e, quindi, di tenere impegnato un tecnico per questa operazione Il microdurometro Micro-IRHD Laser Revolution, ultima novità di Gibitre Instruments.


Strumenti li con picchi multipli, con superfici piane, ecc.). La funzione di “scansione pezzo” permette di memorizzare la forma del pezzo e di selezionare la posizione in cui deve essere effettuata la misura. La posizione di misura viene associata al codice del prodotto e successivamente riutilizzata quando lo stesso prodotto viene nuovamente misurato.

Misure, elaborazioni e salvataggio

nel posizionamento del pezzo. Per questo motivo lo strumento risulta di grande utilità per: • prove di omologazione di prodotto; • prove di controllo qualità per le quali è prevista l’esecuzione di prove su campioni statistici di pezzi; • prove di omologazione stampo; • analisi di capacità di processo; • misura di pezzi difficili da centrare manualmente. In aggiunta è possibile interrompere l’esecuzione automatica delle misure e utilizzare lo strumento per prove di durezza micro-IRHD su provini standard.

Come si utilizza

Per utilizzare lo strumento è sufficiente: • posizionare i particolari da misurare sulla linea di lettura del disco porta provini; • inserire l’identificazione del prodotto da misurare; • premere start; • quando il disco porta-provini ha effettuato un giro completo e misurato tutti i pezzi è possibile produrre il report di prova e salvare i risultati ottenuti.

Pezzi particolari e non simmetrici

Lo strumento permette di effettuare misure su pezzi non-standard (profi-

Lo strumento permette di calcolare: • durezza micro-IRHD; • spessore del provino nel punto di misura. Il programma di utilizzo dello strumento permette di definire limiti di tolleranza per ogni prodotto misurato e di evidenziare l’esito positivo o negativo di ogni singolo risultato ottenuto. I risultati ottenuti e i limiti di tolleranza vengono anche visualizzati su una CartaX che viene aggiornata al termine di ogni prova. Tutte le prove vengono salvate in un database con struttura SQL. Il programma per la gestione dei dati permette di filtrare, selezionare, confrontare ed esportare i risultati archiviati per preparare rapporti di prova personalizzati ed effettuare elaborazioni statistiche.

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

55


Strumenti

Dalle Aziende

Tecnologia dello strumento

Il nuovo strumento incorpora una serie di tecnologie che permettono di aumentare la ripetibilità e la riproducibilità dei risultati delle misure. Alcuni aspetti tecnologici che caratterizzano lo strumento sono: • misurazione della forza di precarico e di carico tramite cella di carico: questa tecnologia, largamente adottata per durometri per metalli, elimina l’influenza di attriti nell’applicazione del carico; • penetratore con sfera in rubino: garantisce nel lungo periodo il mantenimento dei limiti di tolleranza dimensionali; • piede anulare con tecnologia lowfriction: la nuova tecnologia utilizzata garantisce attriti minimi anche nel caso di applicazioni di carico non assiale durante la misura di pezzi piccoli ed asimmetrici; • sensore di misura laser con risoluzione 0,001 mm; • regolazione della rotazione del piat-

to di posizionamento pezzo con risoluzione 0,001 mm.

Ulteriori informazioni

All’interno del nuovo sito www.gibitre.it è possibile trovare maggiori informazioni sullo strumento tra cui: • ulteriori evoluzioni relative al software di controllo;

• esempio di certificato di taratura dello strumento; • analisi di ripetibilità e riproducibilità delle misure ottenute. Presso la sala demo di Gibitre Instruments sono disponibili vari durometri Micro IRHD Laser Revolution dedicati all’esecuzione di prove dimostrative su particolari inviati dai clienti. 

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Dalle Aziende

Una policy per la sicurezza

C

ome affronta il tema della sicurezza un player come Parker Hannifin, azienda globale da 13 miliardi di dollari attiva su molti fronti, compreso quello della gomma? I capisaldi dell’azione del gruppo sono due: da un lato, la sicurezza vera e propria, intesa, dicono in azienda, con la “S” maiuscola, come valore fondamentale da perseguire a ogni costo e con ogni mezzo; dall’altro il rispetto delle normative in materia di ambiente, salute e sicurezza, in vigore in ogni parte del mondo. Il loro rispetto si traduce in uno sforzo per migliorare costantemente le prestazioni ambientali, cercando tra l’altro di ridurre al minimo o eliminare la generazione di rifiuti. La scelta del gruppo è di essere “compliant”, cioè adeguarsi, alla normativa più severa tra la normativa nazionale in vigore nel paese in cui opera e la policy interna del gruppo Parker.

Ridefinizione dei layout

Su questa base Parker ha imposto nel 2006 una ridefinizione del layout di tutti i suoi stabilimenti produttivi nel mondo, per eliminare completamente qualsiasi tipo di interferenza tra gli operatori e i mezzi di movimentazione dei materiali con uomo a bordo. Anche lo stabilimento Tecno Compounds di Siziano, che produce mescole in gomma per varie applicazioni, oggi presenta un’interferenza nulla tra gli operatori che lavorano sui processi produttivi e i mezzi per la movimentazione dei materiali. Disposizioni molto chiare sono anche quelle che impon58

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

Lo stabilimento Tecno Compounds di Siziano, in provincia di Pavia, è un importante impianto produttivo di Parker Hannifin, gruppo globale con una policy molto rigorosa in fatto di sicurezza. Ecco come il sito italiano si è strutturato per ridurre i rischi per il personale e adeguarsi ai regolamenti REACH e CLP. Un percorso che ha portato, tra l’altro, a ottenere le certificazioni ISO 14001 per l’ambiente ed OHSAS18001 per la sicurezza


Rischi e sostanze gono a tutti gli stabilimenti nel mondo l’ottenimento delle certificazioni in accordo Iso 14001 e OHSAS 18001. Quando Tecno Compounds Siziano decise, nel gennaio 2012, di iniziare il percorso che l’avrebbe portata ad ottenere le certificazioni ISO14001 per l’ambiente ed OHSAS18001 per la sicurezza, il management aziendale riteneva di trovarsi a un buon punto di partenza, dal momento che l’impianto rispettava già tutte le prescrizioni basilari secondo la normativa Italiana e la policy di Parker in materia. Parker Tecno Compounds si trovava però a gestire tre sistemi separati fra loro: il sistema qualità, certificato nell’ormai remoto 2001, quello ambientale e quello riguardante la sicurezza.

Eliminare le ridondanze

Tutto questo però portava a complicazioni e ridondanze che, dopo una attenta analisi iniziale, sono emerse nella loro pienezza, evidenziando quanto i tre sistemi gestionali interagiscano fra loro e si sostengano l’un l’altro. Da qui la decisione di implementare un Sistema Integrato per la qualità, l’ambiente e la sicurezza che è stato certificato nel dicembre 2012, ben tre anni prima della deadline imposta da Parker! Oggi, una procedura di qualità evidenzia non solo attività rivolte al processo produttivo o al prodotto finito, ma anche azioni che portano ad agire in tutta sicurezza per l’uomo (Dpi, sicurezze macchina-rumore, ecc.) e a rispettare l’ambiente (gestione rifiuti prodotti nelle fasi di lavoro, sprechi di materiali, ecc.), sia all’interno dell’azienda che all’esterno.

I mancati infortuni

Fondamentali sono la partecipazione e il coinvolgimento di tutto il personale all’evoluzione della cultura sulla sicurezza, sia attiva che passiva, all’utilizzo dello strumento del problem solving, finalizzato non più ad analizzare l’evento dopo che lo stesso è avvenuto, ma a prevenire gli infortuni e gli incidenti, partendo da una solida raccolta dati sui “mancati infortuni” e, cioè, su quegli eventi accaduti che avrebbero potuto causare un infortunio.

Gli audit rappresentano uno strumento di lavoro che coinvolge tutti i dipendenti, e in particolare i preposti, attraverso verifiche quotidiane, settimanali e mensili, i cui risultati sono esposti in un’apposita area e discussi su base mensile, affinché rappresentino momento di crescita, coinvolgimento e miglioramento continuo. L’impegno di Parker Tecno Compounds su sicurezza e ambiente è importante anche nelle attività di ricerca e sviluppo: nella procedura di approvazione di un nuovo prodotto/fornitore è stata posta come condizione indispensabile la conformità al regolamento REACH e la registrazione della sostanza per l’uso secondo il processo produttivo interno.

gono, nel tempo, immesse sul mercato. Sono ormai trascorsi sei anni dall’entrata in vigore del regolamento REACH ed è ormai evidente il suo forte impatto sui prodotti e sulla catena di approvvigionamento. Nel ruolo di utilizzatore, Parker ha intrapreso numerose azioni per garantirsi la conformità al REACH, a partire dalla verifica dell’adeguatezza dell’inventario delle sostanze utilizzate, individuando quali sostanze presentassero criticità, per arrivare alla redazione di un elenco di usi delle sostanze acquistate, verificando che i fornitori provvedano alla pre-registrazione e registrazione della sostanza utilizzata.

L’impatto di REACH e CLP

Un altro punto critico riguarda l’inserimento di numerose materie prime, di normale utilizzo nel comparto gomma, nella “candidate list” delle SVHC, Substances of Very High Concern (sostanza a rischio molto elevato) che, dopo l’ultimo aggiornamento del 16 dicembre 2013, comprende 151 sostanze. Nell’esperienza di Parker, questo elenco si sta rapidamente trasformando in una sorta di “black list”, con la tendenza a sostituire queste sostanze con altre meno pericolose. L’idea che spinge l’innovazione tecnologica di Parker è di sviluppare soluzioni tecniche che tengano conto del rispetto del regolamento REACH e del fatto che tutte le sostanze oggi inserite nella “candidate list” domani saranno vietate, anticipando quindi l’evoluzione del mercato.

Negli ultimi anni, l’introduzione dei regolamenti REACH (Registration, evaluation, autorisation of chemicals) e CLP (Classification, labelling and packaging of substances and mixtures) ha avuto un grosso impatto sul settore della gomma, comportando un grande lavoro per la loro attuazione. Il REACH, regolamento europeo per la gestione delle sostanze chimiche utilizzate e importate nell’Unione, attribuisce una maggiore responsabilità alle aziende per quanto riguarda la gestione dei rischi riguardanti l’uso di sostanze chimiche, sia per l’ambiente sia per la salute, e prevede sia l’aggiornamento continuo delle informazioni per le sostanze già esistenti sia la creazione di un database d’informazioni riguardanti le nuove sostanze che ven-

Sostituire le sostanze a rischio

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

59


Rischi e sostanze

Dalle Aziende

Le schede di sicurezza

Ulteriore aspetto importante è la qualità delle Schede di sicurezza (SDS) che devono essere fornite in formato cartaceo o elettronico gratuitamente nella lingua ufficiale dello stato membro in cui è immessa sul mercato la sostanza o

la miscela. Nell’analizzare le Sds riguardanti sostanze o miscele contenenti sostanze già registrate secondo le disposizioni del REACH, Parker contempla l’inclusione dei codici di registrazione, se disponibili, degli usi identificati e di quelli sconsigliati, di informazioni sulla sostanza soggetta ad autorizzazione, di dettagli relativi a qualsiasi registrazione, di scenari di esposizione (ES) comprendenti le misure idonee di gestione dei rischi. Con la stessa logica, quando invece ricopre il ruolo di formulatore, l’azienda emette le Sds delle proprie mescole per fornire informazioni ai clienti sui pericoli e le condizioni sicure di utilizzo, insieme con idonei suggerimenti in merito alla gestione dei rischi derivanti dall’uso industriale dei preparati. Lo stabilimento Parker Tecno Compounds di Siziano svolge un ruolo attivo all’interno della Federazione Gomma Plastica, e di Assogomma in particolare, cercando di dare il proprio contributo attraverso risposte ai più diversi quesiti, promuovendo e richiedendo

incontri per la risoluzione dei problemi sorti in seguito all’applicazione della normativa vigente. Secondo i vertici di Parker Hannifin Italia è particolarmente utile e apprezzato, tra i servizi recentemente istituiti da Assogomma, quello di monitoraggio delle sostanze chimiche, in particolare quelle segnalate dalle varie aziende del comparto. Per ora il monitoraggio è ancora parziale, giacché la verifica dello stato normativo è stata possibile, fra le sostanze segnalate dalle aziende, solo per quelle già presenti nel database ETRMA (European tire and rubber manufacturers association). Le rimanenti sostanze sono in fase d’inserimento e saranno integrate nei prossimi rapporti. L’ultima tavola rotonda sul tema, tenutasi a Milano lo scorso febbraio, riguardava il tema dei numeri di emergenza e l’ADR, ossia l’accordo europeo relativo al trasporto internazionale delle merci pericolose su strada. Un’occasione, osservano in Parker, in cui è emerso quanto lavoro ci sia da intraprendere su questi temi per il settore della gomma. 


News Tires & Rubber 2014 a Mosca. Noi ci siamo stati, ecco com’è andata

S

i è svolta a Mosca dal 21 al 24 aprile Tires & Rubber 2014, la diciottesima fiera della gomma per pneumatici ed articoli tecnici. La manifestazione ha ospitato nel Padiglione 1 dell’Expocentre 200 espositori provenienti da 21 paesi: parallelamente all’esposizione, nei giorni 23 e 24 aprile si è svolta la Conferenza sulla Gomma, durante la quale si sono tenute 35 presentazioni. La fiera ha confermato una sostanziale vitalità del mercato russo, anche se a causa della presente crisi con l’Ucraina molto progetti sono stati sospesi in attesa di chiarimenti dei rapporti internazionali. Anche l’indebolimento del Rublo nei confronti di Euro e USD (circa il 20% nell’ultimo anno) non favorisce la conclusione positiva delle trattative in corso. D’altra parte si nota nul mercato Russo una forte penetrazione dei fornitori Cinesi, che per le tecnologie meno avanzate sono ormai in grado di fornire prodotti di buon livello a costi decisamente più competitivi di quelli Europei. A questo proposito vale la pena di sottolineare la distribuzione numerica dei 181 espositori privati e non istituzionali sui 200 totali (vedi la tabella). A parte la numerosa presenza di espositori locali, si nota la massiccia presenza di aziende cinesi, indice del volume di scambi tra i due paesi. Si può anche notare che tra gli espositori russi e cinesi si ha un’elevata percentuale di fornitori di prodotti finiti (pneumatici) e materie prime, mentre tra quelli occidentali prevalgono di gran lunga i fornitori di macchine, impianti e servizi, in particolare per le tecnologie di più elevato livello, non ancora accessibili ai paesi emergenti. È da sottolineare una totale assenza di espositori indiani, così come il fatto che alcuni operatori italiani erano presenti attraverso i loro rappresentanti locali, cosa probabilmente vera anche per operatori di altri paesi. Tendenza analoga si può notare nella partecipazione alla conferenza internazionale collegata all’esposizione, dove solo due interventi su 35 si sono occupati di macchine e impianti, mentre tutti gli altri interventi riguardavano i materiali (elasto-

Provenienza degli espositori CINA RUSSIA GERMANIA ITALIA BIELORUSSIA REPUBBLICA CECA AUSTRIA

89 58 19 7 3 3 2

meri, cariche, oli, C.B.) sia sotto l’aspetto tecnico, sia per i volumi prodotti ed esportati.

L’assenza di interesse per la tematica relativa a macchine e impianti conferma la caratteristica della struttura industriale russa, ancora sostanzialmente basata sugli impianti produttivi dell’epoca sovietica, che, pur passati in proprietà di soggetti privati, si limitano a rinnovare o al massimo ad ampliare gli impianti esistenti sulla base degli schemi produttivi consolidati. Manca tuttora un’imprenditoria nuova e vivace, che guardi e acquisisca concetti e tecnologie dall’estero con l’obiettivo di competere sul mercato mondiale. (b.m.)

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA maggio 2014

61


News

Lanxess rinomina le sue gomme butiliche

L

a Lanxess ha rinnovato completamente la presentazione della famiglia delle sue gomme butiliche. Dal nome al servizio on line per i clienti. I vari gradi si chiamano, ora, tutti X_Butyl. Per esempio, la Regular Butyl 301 ha preso il nome di Lanxess X_Butyl RB 301; la Bromobutyl 2030 è diventata Lanxess X_ Butyl BB 2030; la Chlorobutyl 1240 si chiama Lanxess X_Butyl CB 1240. Anche il sito web è stato rinnovato. Il design è stato reso più accattivante, e in un click la navigazione rende accessibili un portale del servizio clienti anch’esso migliorato e un’ampia gamma di informazioni sugli sviluppi e le applicazioni dei prodotti X_Butyl. La homepage riporta le ultime e più importanti news come, per esempio, l’avviamento del nuovo impianto di produzione di Singapore.

Nella sezione “About us” si trova la presentazione della business unit Butyl Rubber, con la sua storia e i suoi siti, e si può prendere visione di una tabella con le spiegazioni dei nuovi nomi dei prodotti. Vi si trovano, altresì, informazioni sul nuovo sito web. La sezione “Products & Applications” permette la ricerca dei prodotti con dettagliate informazioni sulle diverse famiglie e sui vari tipi di gomme e fornisce anche esempi di applicazioni delle X_Butyl. Il “Service Center” informa sulla catena aziendale di fornitura e dedica un’ampia sezione alle domande più frequenti. Vi si possono anche scaricare brochure e documentazioni sui prodotti. Infine, in “News & Events” sono riportate notizie e novità sulle gomme X_Butyl e i principali settori industriali nei quali trovano applicazione e si possono anche vedere gli ultimi video realizzati dalla società. Maggiori dettagli sono disponibili sul sito www.butyl.com. (g.c.)

Continental avvia impianto di produzione pneumatici radiali in India

C

ontinua l’espansione di Continental in India. Dopo l’acquisizione, nel 2011, del produttore di pneumatici indiano Modi, la casa tedesca ha annunciato la messa in marcia, sempre in India, di un impianto per la produzione di pneumatici radiali. La capacità produttiva iniziale sarà di 220.000 unità/anno e servirà i segmenti autocarri, pullman e cava/cantiere. Per il segmento autocarri verranno prodotti i pneumatici HSR2 per l’asse sterzante e HDR2 per l’asse trattivo per l’impiego Regional (trasporto polivalente). Sono pneumatici che offrono il vantaggio di una elevata affidabilità abbinata a un’alta resa chilometrica. La gamma destinata ai pullman comprende pneumatici appositamente studiati per garantire comfort di guida, elevata stabilità

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direzionale e alto chilometraggio. Al segmento cava/cantiere sono destinati l’HSX2 per l’asse direzionale e l’HDX2 per quello trattivo, ad alto contenuto tecnologico, capaci di ottime prestazioni nel fuoristrada e caratterizzati da durata eccezionale. In termini di volumi, i pneumatici di ricambio per questi segmenti in India rappresentano un mercato di circa 14 milioni di unità: 4 milioni circa sono pneumatici radiali, 10 milioni pneumatici convenzionali. Negli ultimi cinque anni questo mercato

ha registrato un aumento del 24%, con i pneumatici radiali in andamento sempre crescente. A cifre di queste dimensioni corrisponde una rete di vendita di oltre 1.400 punti, con servizi di vendita e assistenza in più di 70 città. Nella graduatoria dei mercati dei pneumatici radiali per veicoli commerciali, infatti, l’India occupa la seconda posizione. Produrre a livello locale e distribuire attraverso una rete commerciale pure locale è, quindi, una decisione strategica finalizzata a rendere Continental partner

privilegiato sia nelle forniture del primo equipaggiamento che in quelle del replacement. Il costruttore di Hannover si è fatto anche carico della formazione dello staff locale sulla conduzione dei nuovi macchinari e sulla tecnologia dei pneumatici radiali, inviando in India suo personale istruttore altamente qualificato e, al tempo stesso, inviando oltre 100 dipendenti locali presso suoi siti produttivi in Germania, Romania, Cina e Malesia. (g.c.)

2014

città

fiera

sito internet

23-25 luglio

Panama City, Panama

The Latin American & Caribbean Tyre Expo

www.LatinTyreExpo.com

14-16 agosto

Colombo, Sri Lanka

Rubexpo 2014

www.smartexpos.in

20-21 agosto

Giacarta, Indonesia

8th Global Rubber & Tire Market

www.cmtevents.com

2-4 settembre

Kuala Lumpur, Malesia

7° IRGCE

www.reifen-messe.de

4-6 settembre

Yangon, Myanmar

Plastics & Rubber Myanmar 2014

www.plasticsandrubbermyanmar2014.com

16-18 settembre

Pechino, Cina

IRC 2014

www.irc2014.org

26-30 settembre

Taipei, Taiwan

Taipei Plas 2014

www.taipeiplas.com.tw

29 set-3 ott

Brno, Rep. Ceca

International Plastics, Rubber and Composites Fair

www.bvv.cz

30 set - 3 ott

Barcellona, Spagna

Equiplast

www.equiplast.com

14-16 ottobre

Nashville, Usa

International Rubber Expo

www.rubber.org

15-18 ottobre

Qingdao, Cina

China International Rubber Industry Expo

www.chinaexhibition.com

28-30 ottobre

Kiev, Ucraina

Plastex Ucraine

www.plastex-events.com

18-21 novembre

Mexico City

Plastimagen 2014

www.plastimagine.com.mx

19-22 novembre

Jakarta, Indonesia

Plastics & Rubber Indonesia 2014

www.pamerindo.com

19-22 novembre

Dongguan, Cina

Dongguan International Plastics Packaging & Rubber Expo

www.dmpshow.com

L’INDUSTRIA DELLA GOMMA | ELASTICA giugno 2014

63


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