l'Orafo Italiano Made in Italy 2020

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THE DREAMY COUNTRY

BY L’ORAFO ITALIANO

A unique style in everyday life





GIRODITO IN ORO BIANCO 18 KT E DIAMANTI NATURALI COLLEzIONE GRACE Design registrato N° 0000093869

NATURAL IS FOREVER

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Made in Italy: a byword for quality, innovation and style

ED ITORI ALE

Con un giro di affari annuo stimato intorno ai 97 miliardi di dollari, il Made in Italy è ormai un vero e proprio brand riconosciuto a livello mondiale, con una solida reputazione e un appeal che da anni non conosce crisi né rallentamenti. Anzi, oggi più che mai i prodotti italiani sono sinonimo di qualità, unicità, stile e innovazione. Ovunque sono apprezzati e desiderati perché li si riconosce come il frutto di un’artigianalità e di saperi che si tramandano di generazione in generazione e di una creatività che continuamente si rinnova - diretta espressione di un territorio straordinario e di un patrimonio storico, artistico e culturale che non ha eguali al mondo per ricchezza e vitalità. Nel Bel Paese armonia e bellezza sono di casa e i manufatti Made in Italy invariabilmente si distinguono per quel tocco impareggiabile di esclusività che li ha resi celebri nei cinque continenti. I settori trainanti - intorno ai quali si compone giorno per giorno quella way of life tutta italiana che mantiene intatto il suo fascino agli occhi dei visitatori stranieri - sono quelli della gioielleria, del lusso e degli accessori, dell’arredamento e della moda, del food e dell’ospitalità. Questa speciale pubblicazione li tocca un po’ tutti, ripercorrendo le storie straordinarie di aziende che hanno fatto dell’eccellenza e della qualità la propria bandiera, continuando a produrre con l’impegno di sempre quegli oggetti “belli e ben fatti” che hanno fatto del Made in Italy il primo brand al mondo. With an estimated annual turnover of around 97 billion dollars, the “Made in Italy” label is now a world-renowned brand with a solid reputation and an appeal that has known no crisis or recession for years now. Now more than ever, Italian products are a byword for quality, uniqueness, style and innovation. They are sought after worldwide because they are perceived as the result of craftsmanship and knowledge handed down from generation to generation, as well as of constantly evolving creativity – the expression of an extraordinary land and a uniquely rich and vital historical, artistic and cultural heritage. The Bel Paese is filled with harmony and beauty and Made-in-Italy pieces stand out for their exclusive character, which made them famous in five continents. The leading sectors – which continuously build that Italian way of life that keeps its charm intact in the eyes of international visitors – include jewellery, luxury and accessories, furniture and fashion, food and hospitality. This special publication touches on all of them, retracing the extraordinary stories of companies that have made excellence and quality their priorities and that continue to manufacture with unflagging commitment the “beautiful and beautifullymade” objects that have made Made in Italy the world’s most prestigious brand.

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Suppl emento al numero 11/12 2019 d e l ’ Ora fo It al ian o.

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di Ilaria Danieli

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DOLCE&GABBANA MA D E IN ITA LY


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Ci sono talmente tante suggestioni nell’ultima sfilata Alta Moda di Dolce&Gabbana che risulta quasi difficile recepirle e goderle tutte, tanto sono intense e presenti nell’identità italiana, o meglio siciliana, soprattutto se vista dalla lente internazionale. C’è la Magna Grecia della Valle dei Templi, il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, il riferimento pagano alle dee della Bellezza, delle Arti, della Saggezza e della Fecondità che magari hanno poco a che fare con il culto cattolico isolano ma in qualche modo ne condividono, così come Dolce&Gabbana del resto, la profonda passionalità. Per la prima volta, nel luglio scorso, il parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, il più esteso e antico al mondo, nonché sito greco più grande e importante al di fuori della Grecia e patrimonio Unesco dell’umanità, ha concesso i permessi per un evento al Tempio della Concordia, un segnale chiaro di quanto non solo gli stilisti siano legati a questa regione ma anche di quanto la regione sia legata a loro. Centocinquanta modelle, tra le quali icone come Isabeli Fontana, Bianca Balti e Marpessa Hennink, famosa top model degli anni ’80, hanno sfilato davanti al Tempio della Concordia, vestite da dee e ingioiellate come regine, con la regia di Giuseppe Tornatore, premio Oscar per Nuovo Cinema Paradiso. Se sfrondiamo il campo dagli atteggiamenti critici, dai richiami alla contemporanea sobrietà, dalla diffidenza per ogni vistosità tipica dell’understatement intellettuale, è difficile non lasciarsi prendere dall’eccezionalità dell’evento e dai suoi contenuti estetici. Nel racconto mitologico, sempre vivo negli archetipi della nostra cultura, gli dei flirtano continuamente con i mortali ed è forse per questo che non sembrano vivere in un universo a parte, irraggiungibile. Perciò il sogno di indossare una di quelle vesti drappeggiate e trattenute da cinture dorate e corsetti masterpiece, magari calzando coturni alti fino al ginocchio, sembra quasi a portata di mano, magari non di tutti ma di chi se lo può economicamente permettere. Se tuttavia la sfilata ha offerto una serata olimpica nella Valle dei Templi, il set successivo allestito a Palma di Montechiaro, città fondata da un antenato dell’autore del Gattopardo, ha svelato i segreti più preziosi della Maison, ovvero la nuova collezione di Alta Gioielleria. Centinaia di ore, se non addirittura giorni e mesi, sono stati necessari per realizzare (a mano,

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MA D E IN ITA LY ovvio) ogni singolo pezzo della collezione, tutta uscita dagli atelier della Maison a Legnano. Ha lasciato particolarmente senza fiato e senza parole il corsetto in oro traforato a effetto ricamo, tempestato di tormaline multicolore e rifinito, alla vita e intorno alla scollatura, da una sorta di merletto composto da medaglioni di filigrana dorata. Spettacolare anche la tiara in oro bianco e giallo con tormaline, acquamarine, zaffiri e diamanti, decorata da una serie di monete d’oro incise a mano che raffigurano profili femminili e maschili ricchi di dettagli raffinatissimi. Alle ormai trasognate clienti dell’Alta Moda internazionale, poche centinaia in tutto il mondo, sono stati presentati anche alcuni gioielli relativamente più accessibili, come il bracciale Cherries in cui oltre al senso della vista anche quello del tatto viene gratificato: le scultoree ciliegie sono infatti ricoperte da un pavé di rubini di dimensioni diverse che risultano carezzevoli al tatto, senza sporgenze che potrebbero “pungere”. Le foglie verdi e i fiori rosa sono invece smaltati a mano. E nonostante la presentazione preziosa si sia svolta in luoghi sacri, la Chiesa Madre e il Convento delle Benedettine, lo spirito pagano e umano, molto umano, che suggerivano questi gioielli non è risultato affatto stonato, grazie al fatto che la convivenza di culture e sensibilità diverse, anche antitetiche, ha sempre animato, colonizzato e trovato senso in questa isola.

In alto a sinistra: sontuoso collier di Alta Gioielleria in oro bianco e giallo, caratterizzato da 10 rarissime tormaline “Laguna” di colore verde-blu, arricchite da 1.100 diamanti. Sopra: un’immagine della campagna pubblicitaria di Alta Gioielleria in cui la modella indossa una collana che vede le teste di due serpenti, tempestate di diamanti che enfatizzano il colore profondo di due tanzaniti a forma di pera, incontrarsi al centro, dove brilla una terza tanzanite dello stesso taglio. L’effetto tridimensionale dei due rettili è ulteriormente valorizzato da 15 tanzaniti di taglio rotondo e dai pavé di diamanti distribuiti in tutto il gioiello.

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In alto e in apertura: due immagini della campagna pubblicitaria scattata ad Agrigento in cui le modelle indossano capi di Alta Moda e pezzi unici di Alta Gioielleria Dolce&Gabbana. Nel bracciale a destra, due scultoree ciliegie composte da 485 rubini emergono dal contrasto con il verde delle foglie, finemente smaltate o tempestate di smeraldi. Il realismo del pezzo è sottolineato dai rametti in oro finemente inciso che tengono insieme i due frutti, mentre la texture vellutata che ne caratterizza la superficie è ottenuta grazie a un’incastonatura speciale che accosta gemme di diverse dimensioni e accentua la tridimensionalità del gioiello.

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In basso: tiara di ispirazione greca in oro bianco e giallo che mostra alcuni elementi iconografici della storia e dell’arte classica: le monete decorate con profili maschili e femminili sono ottenute grazie a un sofisticato lavoro di incisione e cesellatura, interamente eseguito a mano, mentre i fregi, illuminati da acquamarine, tormaline, zaffiri e diamanti sono lavorati con la tecnica del filo ritorto.

There were so many suggestions in the latest Dolce&Gabbana Haute Couture show that it is almost hard to grasp and enjoy them all; they are so intense and rooted in the Italian - or rather the Sicilian - identity, especially when they are viewed through the international lens. There is the Magna Graecia in the Valley of the Temples, The Leopard by Tomasi di Lampedusa, pagan references to the goddesses of Beauty, Arts, Wisdom and Fertility, who may have little in common with the island’s Catholic faith, but somehow they – like Dolce&Gabbana – share the same, deep passion with it. The largest and oldest in the world, as well as the largest and most important Greek site outside Greece and a UNESCO World Heritage Site, the archaeological park of the Valley of the Temples, Agrigento, granted permission to host an event at the Temple of Concordia for the first time in July this year, a clear sign that not only designers are attached to this region, but also that the region is attached to them. One hundred and fifty models, including icons such as Isabeli Fontana, Bianca Balti and Marpessa Hennink, a famous top model of the 1980s, strutted in front of the temple of Concordia, dressed like goddesses and sparkling

with jewellery like queens, directed by Giuseppe Tornatore, the Oscar-winning director of “Nuovo Cinema Paradiso”. If we take away critical attitudes, references to contemporary sobriety, suspicion of all the showiness that is typical of intellectual understatement, it is hard not to get carried away by the exceptional nature of this event and its aesthetic contents. In mythological tales, always alive in the archetypes of our culture, gods constantly flirt with mortals, which is perhaps why they do not seem to live in a separate, unreachable universe. So the dream of wearing one of those draped gowns held in place by golden belts and masterpiece corsets, perhaps paired with knee-length buskins, suddenly seems within reach, or at least within the reach of those who can afford it. While the fashion show offered an Olympic-like experience in the Valley of the Temples, the next event set up in Palma di Montechiaro, a town founded by an ancestor of The Leopard’s author, unveiled the label’s most precious secrets, namely its new High Jewellery collection. It took hundreds of hours, if not days and months, to make each piece (clearly by hand), all coming from the House’s atelier in Legnano. The crown was wowed by a

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breathtaking embroidery-effect openwork gold corset, studded with multicoloured tourmalines and trimmed with a sort of lace made of golden filigree medallions at the waist and the neckline. Decorated with an array of hand-engraved gold coins depicting detailed feminine and masculine profiles, a white and yellow gold tiara with tourmalines, aquamarines, sapphires and diamonds was also spectacular. Still dreamyeyed, the customers of international high fashion – only a few hundred around the world – were then presented with some relatively more affordable jewellery, such as the Cherries bracelet, pleasing to the eye as well as to the touch: sculptural cherries are pave-set with rubies of different sizes that feel smooth to the touch, with no sharp protrusions. Green leaves and pink flowers are hand-glazed. And although the jewellery show was held in sacred places – the Mother Church and a Benedictine Convent – the pagan and very human spirit evoked by these pieces was not at all out of place, as the coexistence of different and sometimes opposing cultures and views, has always enlivened, colonised and found meaning in this island.


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di Ilaria Danieli

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GUCCI MA D E IN ITA LY


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In apertura: uno scatto della campagna pubblicitaria Cruise 2020 scattata da Harmony Korine per Gucci. Sotto e a sinistra: orecchini e collier della collezione High Jewellery intitolata Hortus Deliciarum in oro giallo e diamanti con pietre preziose di colore in originale composizione cromaticamente asimmetrica.

L’annuncio della presentazione di una nuova collezione di Alta Gioielleria firmata Gucci e di una boutique a essa dedicata, inaugurata in Place Vendôme a tempo di record durante la settimana della Haute Couture nel luglio scorso, ha colto di sorpresa gli addetti ai lavori, ma non ha poi deluso le aspettative. Fin dal suo arrivo alla direzione artistica di Gucci, Alessandro Michele aveva messo mano anche alla fine jewelry della doppia G, rinnovandone l’appeal e introducendo elementi figurativi che non facevano parte delle collezioni precedenti, anzi a tratti ne sconvolgevano gli stilemi creativi. Ma che la maison, sotto la sua guida, stesse preparando un salto così impegnativo nel mondo luxury (parliamo di pezzi che vanno dai 20 agli 800 mila euro) non si sarebbe previsto, soprattutto se si considera il gran lavoro necessario agli atelier per realizzare ben 200 gioielli, principalmente pezzi unici. Ma il gruppo Kering ha le risorse per fare questo e altro, soprattutto se si tratta di assecondare l’estro dello stilista che in questi ultimi anni ha portato alle stelle i fatturati del brand. E quindi ecco che Gucci va ad aggiungersi al grappolo di fashion brands che negli ultimi 10 anni sono entrati nel mondo della gioielleria più nobile, quella alta e altissima, come Chanel, Dior, Louis Vuitton. Un mondo che evidentemente si rivela strategico per attrarre i top spender americani o asiatici, una nicchia di eletti che per un bell’oggetto, firmato, è disposta a spendere centinaia di migliaia di euro. Chi sarà il prossimo a fare capolino nel settore? Si attende a breve il debutto dell’Alta Gioielleria di Giorgio Armani e forse, tra qualche anno, anche di Valentino: l’attenzione per gli accessori preziosi vista nell’ultima sfilata disegnata da Pierpaolo Piccioli lo lascia sospettare, ma per ora si tratta solo di supposizioni. Tornando a Gucci, ecco il suo immaginifico eclettismo anche nei gioielli. Michele non lavora, per così dire, “di lima”: non riduce all’essenziale, non cerca sobrietà e coerenza d’assieme, ma tende ad aggiungere, moltiplicare, massimalizzare. Compie tuttavia lo sforzo di raccogliere in tre nuclei tematici lo sviluppo della collezione, ogni nucleo completo di anelli, collier, spille e orecchini di grande fascino seduttivo. I temi sono naturalmente congeniali al suo stile trasversale alle epoche e alle tendenze: l’amore eterno, la maestà del regno animale e i solitari, rivisitati con gemme di colore e montature barocche. Se i solitari e il tema amoroso, con frecce di Cupido che trafiggono le pietre preziose, sono riconducibili al pastiche di ispirazioni (dal Barocco al Georgiano) tra le quali lo stilista mostra di essere sempre a suo agio, è il bestiario che mostra i tratti specifici della sua creatività: la forza simbolica del leone, il coraggio della tigre e la saggezza dei serpenti Ouroboros popolano un mondo magico che disorienta e a tratti spaventa, come accade negli anelli in cui la pietra preziosa è trattenuta dai denti affilati del leone con la bocca spalancata. Pregevole è inoltre il lavoro di ricerca sulle pietre, che in tutta la declinazione della collezione privilegiano gli opali (con sfumature dal verde al blu, fino al bianco opalescente di una gemma da 30,30 carati scolpita a mano a forma di serpente attorcigliato) ma anche le meno frequentate tormaline verde acceso, rosa carico, blu e Paraiba, gli zaffiri giallo brillante e viola, i granati mandarino. Ogni animale e simbolo amoroso è inoltre circondato dalla natura, con fiori simbolici, foglie e stelle che prendono vita in ornate montature con diamanti e incisioni nascoste. A queste note di carattere estetico si aggiunge un particolare che fa onore all’impegno della maison e la avvicina alla sensibilità dei più giovani, cioè l’attenzione per la tracciabilità delle materie prime: tutto l’oro acquisito da Gucci per la realizzazione di gioielli è infatti certificato con lo schema del Responsible Jewellery Council Chain of Custody, che consente di identificare la provenienza e garantire un approvvigionamento responsabile, così come tutti i diamanti acquistati dal marchio provengono da fonti legali certificate dal Kimberley Process, un programma la cui missione è impedire l’ingresso nel mercato dei cosiddetti diamanti “insanguinati”.

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MA D E IN ITA LY The announcement of a new Gucci High Jewellery collection and the opening of a dedicated boutique on Place Vendôme, inaugurated in record time during the Haute Couture week in July, took insiders by surprise, but did not disappoint. Since his appointment as Gucci’s Creative Director, Alessandro Michele had already started to work on the brand’s fine jewellery line, renewing its appeal and introducing figurative elements that differed from previous collections, or even upset their creative canons. But no one would expect that, under his leadership, the fashion house was preparing for such a challenging leap into the luxury world (we are talking pieces in a price range of €20 to 800 thousand), especially if we consider the extensive work that needs to be done to craft 200 pieces of jewellery, mainly unique pieces. But the Kering group has the resources to do this and more, especially when it comes to supporting the creativity of the designer who made the brand’s turnover soar in recent years. This is how Gucci joined the family of fashion brands that have explored the high and very high jewellery segment in the last 10 years, alongside Chanel, Dior and Louis Vuitton. This segment is clearly strategic to attract big spenders from Asia and the U.S., a lucky niche of people who are willing to spend hundreds of thousands of euros on a beautiful designer piece. Who will break into the industry next? The Giorgio Armani High Jewellery line is expected to debut soon and perhaps even Valentino in a few years; the emphasis on precious accessories in the latest fashion show designed by Pierpaolo Piccioli may be a hint, but right now it is just speculation. Back to Gucci, the brand displays its imaginative eclecticism even in jewellery. Michele is not much into honing and refining; he does not strip anything down to the essential, he does not seek understatement or overall consistency; instead, he tends to add, multiply, maximise. However, he made the effort to divide the collection into three specific themes, each of them complete with highly seductive rings, necklaces, brooches and earrings. The themes are clearly suited to his style, which cuts across eras and trends: eternal love, the majesty of the animal kingdom and solitaire rings, restyled with coloured gemstones and baroque settings. While solitaire rings and the theme of love, with gemstones pierced by Cupid’s arrows, can be traced back to a pastiche of inspirations (from Baroque to Georgian style) that always make the designer feel at ease, the bestiary reveals the specific traits of its creativity: the symbolic power of the lion, the courage of the tiger and the wisdom of Ouroboros serpents inhabit a magical world that looks confusing and sometimes frightening, as in rings that feature gems caught between a lion’s jaws, wide open. He also did an exquisite job exploring the potential of gemstones, with a special focus on opals throughout the collection (with shades ranging from green to blue, and an opalescent white 30.30 carat gem carved

Dall’alto: il corridoio della nuova boutique dedicata all’Alta Gioielleria inaugurata da Gucci in Place Vendôme a Parigi nel luglio scorso; anello in oro giallo e diamanti di forma barocca con tanzanite centrale.

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Ancora uno scatto della campagna Gucci Cruise 2020 che ha visto posare personaggi come Iggy Pop, Gucci Mane, Sienna Miller, la modella Benedetta Barzini, la contessa Marisela Federici e artisti come Orlando Miani e Angelo Bucarelli, tutti invitati a un ideale party in casa Gucci. In basso: anello in oro giallo con motivo testa di leone arricchito da peridoto centrale e diamanti.

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by hand into the shape of a coiled snake), but also the less conventional bright green, deep pink, blue and Paraiba tourmalines, bright yellow and purple sapphires and orange garnets. Also, every animal and love symbol are surrounded by nature, with symbolic flowers, leaves and stars that come to life in ornate settings with diamonds and hidden engravings. Alongside these stylistic notes, an important detail honours the house’s ethical commitment and brings the brand closer to young people by addressing their concerns, more specifically raw material traceability: all the gold purchased by Gucci to make jewellery is certified to the Responsible Jewellery Council Chain of Custody Scheme, which makes it possible to identify the origin and to ensure responsible sourcing. Also, all the diamonds purchased by the brand come from legal sources certified by the Kimberley Process, whose mission is to prevent the so-called “blood� diamonds from entering the market.


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Jennifer Lopez in passerella fa sempre sensazione, ma fa ancora più rumore rivederla 20 anni dopo con il medesimo abito seminudo di Versace che indossò ai Grammy Awards esattamente due decenni fa. Una sorta di abito foulard con stampa Jungle che fluttuava intorno al corpo statuario della pop-star, accompagnata da un Puff Daddy in total white, rivelandone quasi tutto e in particolare gambe, ventre e décolleté. «Fu una cosa incredibile. Il mondo intero ebbe la stessa identica reazione: rimase a bocca aperta - ha commentato Donatella Versace - Oggi viviamo in una società altamente tecnologica, ma allora era diverso». Alla fine dei ’90 la bolla di Internet doveva ancora esplodere, gli eventi non erano ancora diffusi in streaming e tutti cercavano, senza trovarla, quell’immagine così sexy e disinvolta: Google, di conseguenza, si dotò di uno strumento oggi usatissimo che allora non esisteva ancora, ovvero la funzione Google Images. Per celebrare il ventesimo compleanno di quell’episodio e del Jungle Print la stilista Donatella Versace ha quindi chiamato Jennifer Lopez a Milano eleggendola a testimonial di una collezione che è diventata di fatto una divisa della sensualità. Fenomenale, a dir poco, la resistenza al trascorrere del tempo della diva e del suo corpo, sul quale non si sono visti segni di cellulite, smagliature o cedimenti che in genere dopo i 40 anni non perdonano. L’aiuto dei migliori truccatori e trainer di Hollywood sicuramente è stato importante, ma ciò non diminuisce l’effetto provocato dall’abito magicamente “reincarnato”. Il concetto è stato inoltre più volte ribadito dalla collezione andata in passerella per la SS 2020, nella quale l’abito di J.Lo si è ripresentato sia nella sua forma e colore originale, cioè in verde, sia colorato in rosso e arancio. Ma ancora di più si è trasferito sulle camicie maschili a righe con un ricamo, sul metal mash e sui ricami con cristalli che incrostavano abiti monocromi e tie-dye. A tratti, in alcuni particolari (una calza, una camicia verde, una fantasia selvaggia), la stampa Jungle e comunque lo spirito autocitazionistico che spinge Versace a ripescare i suoi capi iconici rivisitandoli e rimixandoli con effetti postmoderni, occhieggia anche dalla campagna pubblicitaria scattata da Steven Meisel in un magazzino industriale con l’aiuto dello stylist Jacob K e il make up affidato a Pat McGrath, vale a dire i numi tutelari delle sfilate e dell’advertising d’autore fin dagli anni ’90. Gli istinti selvaggi, che prendono spunto dalla fauna che abita la giungla così come dal mito greco della Gorgone Medusa sempre caro a Versace, si materializzano anche nell’ultima collezione di gioielleria By Versace, tutta in oro con diamanti e distribuita solo in alcune boutique in Arabia Saudita e in particolare a Riyadh, Jeddah e Khobar. In questa collezione l’artiglio della Gorgone, d’acciaio secondo la leggenda ma in pietre dure (peridoto, rodolite, citrino miele e ametista) secondo Versace, compare in tutti i gioielli, dagli anelli agli orecchini, mostrando un grande lavoro di stilizzazione che identifica i pezzi e li rende contemporanei. Naturalmente la “greca”, ovvero la cornice decorativa geometrica nota con questo nome, ritorna nelle catene e in molti altri item, ma i simboli, in casa Versace, non bloccano l’innovazione. Ne è prova l’orologio Virtus, che propone a ore 12 la “V” iconica di linea barocca che si ripete anche nelle borse grandi e piccole, in una espressione coerente di continuità estetica che caratterizza gli accessori della maison.

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di Ilaria Danieli

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VERSACE MA D E IN ITA LY


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In apertura: orologio Versace Virtus su cui campeggia la grande V iconica della maison; un’immagine della campagna FW 19-20 di Versace scattata da Steven Meisel. In queste pagine, un altro scatto della campagna pubblicitaria FW 19-20. Anello e ciondolo della Gorgon Claw collection, la linea di Fine Jewellery in oro, diamanti e pietre di colore che la maison distribuisce solo in Arabia Saudita nelle boutique di Riyadh, Jeddah e Khobar.

Jennifer Lopez on the catwalk is always a sensation, but even more when we see her twenty year later wearing the same half-naked dress by Versace which she wore at the Grammy Awards exactly two decades ago. A kind of foulard dress with Jungle print, floating around the statuesque body of the pop-star, accompanied by a Puff Daddy dressed in total white, showing nearly everything, especially legs, belly and décolleté. «It was something incredible. The whole world reacted the same way, stopped in their tracks», says Donatella Versace. «Today we live in a highly technological society, but it was different then». In the late Nineties, the Internet bubble had not yet burst, events were not already streamed and everybody was looking for such a sexy and uninhibited image, without being able to find it: this is why Google then decided to adopt a tool which did not yet exist, the Google Images function. To celebrate the twentieth anniversary of that episode and of the Jungle Print, designer Donatella Versace invited Jennifer Lopez to Milan, choosing her as testimonial for a collection which has turned into the emblem of sensuality. How the star and her body have stood up to passing time is phenomenal, to put it mildly - not a sign of cellulite, stretch marks or the little flaws which don’t usually forgive after forty. Help by the best makeup artists and trainers in Hollywood has surely been important, but this didn’t impair the effect provoked by the magically “reincarnated” dress. The concept was also repeated by the collection that went on the catwalk for SS 2020 where J.Lo’s dress presented itself again, both in its original shape and green colour, and in red and orange. Even more, it marked the men’s striped and embroidered shirts, the metal mash and the crystal embroideries decorating monochrome

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and tie-dye clothes. At times, in some details (a sock, a green shirt, a wild pattern), there emerge the Jungle print and the self-quoting spirit that pushes Versace to revive its iconic garments, renewing and remixing them with post-modern effects, as can also be seen in the advertising campaign shot by Steven Meisel in an industrial shed with the help of designer Jacob K and makeup by Pat McGrath, the icons of catwalks and art advertising ever since the 1990s. The wild instincts which take their cue from the fauna living in the jungle, just like the Greek myth of Gorgon/Medusa so dear to Versace, also materialise in the latest collection of jewellery By Versace, all gold with diamonds and distributed only in some boutiques in Saudi Arabia - especially in Riyadh, Jeddah and Khobar. In this collection, the Gorgon’s claw, made of steel according to the legend but of natural stones (olivine, rhodolite, honey citrine and amethyst) according to Versace, appears in every jewel, from rings to earrings, showing a great job of stylising which identifies the pieces and makes them contemporary. Of course, the “meander”, that is to say the geometrical decorative frame which is known by this name, appears again in chains and many other items, but symbols - in the Versace maison - are no obstacle to innovation. Evidence of this is the Virtus watch, a model where at 12 o’clock one can see the iconic baroque-line “V” which also repeats itself in large and small bags, in a consistent expression of aesthetic continuity which characterises the accessories of the maison.


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Sopra: girocollo a catena in oro giallo e diamanti che mostra i simboli iconici della Medusa e della “Greca�. A destra: anello a due dita in oro giallo, diamanti e onice della Fine Jewellery Collection. Pagina a fianco: uno scatto della campagna di Steven Meisel ambientata in un magazzino industriale per restituire il mood luxury-grunge che Donatella Versace ha voluto dare a questa stagione.

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GLASS ILLUSION di Domenico Festa Styling Simonetta De Pasca Foto Orlando Pastorello

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VISUAL

In apertura: Clessidre di Venini con sautoir di Chantecler in oro, corallo rosso e diamanti bianchi della collezione Cherie. In questa pagina: vaso Louxor di Baccarat e anelli della collezione Jalisco di Oro Trend in oro bianco e rosa con pavĂŠ di diamanti, zaffiri rosa e orange, opale di fuoco centrale e opale rosa centrale. Pagina a fianco, da sinistra: anelli in oro e diamanti con tormalina verde o ametista centrale. Linea Aquarelle di Carlo Barberis; anello della collezione Central di Oro Trend in oro bianco, diamanti, onice e citrino naturale centrale. Vaso Louxor di Baccarat.

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VIS UAL


MA D E IN ITA LY Pagina a fianco: anello in oro rosa con zaffiri verdi e rosa e anello in oro bianco e brunito con zaffiri verdi e blu. Tutto della linea Barcellรณ di New Italian Art. In questa pagina: orologio gioiello della collezione Art - Homage to Kandinsky di Palmiero in oro bianco con diamanti bianchi e neri, zaffiri e pietre semi preziose. In queste due pagine: vasi della collezione Black Belt by Peter Marino per Venini in edizione limitata.

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HERITAGE M ADEI NI TALY


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HE RITAGE


di Bianca Cappello

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ITALIAN CORAL MA D E IN ITA LY


HE RITAGE

Ritratto di Selvaggia Sassetti, Davide Ghirlandaio (1490) Metropolitan Museum of Art, New York. Il corallo nell’immaginario culturale è un potente materiale magico e simbolico. Questo grazie al suo polimorfismo, che si adatta alle varie forme dell’immaginazione e alla sua polivalente natura e che solo nel Settecento è stata scientificamente svelata. Tali doti lo hanno reso materiale privilegiato per amuleti e oggetti da Wunderkammer e ancora oggi porta in sé quest’aurea di mistero. Nel 1154 il viaggiatore Muhammad Al-Idrisi nel suo Libro di Ruggero scrive che a Trapani si trova la più pregiata qualità di corallo. Anche Alghero e Oristano in Sardegna sono ricche di corallo e Pisa, Genova, Napoli e Livorno fanno a gara per spartirsi questo tesoro, mentre il commercio è gestito dai mercanti ebrei che lo diramano in tutta Europa, Medioriente e Asia. Se il Medioevo usa il corallo come amuleto naturale appendendolo alla cintura o posizionandolo ad alberello su un mobile, è dal Quattrocento che questo materiale viene trasformato in perle per paternostri (antenati del rosario) e vezzi al collo delle dame. Nel Cinque e Seicento il corallo è trasformato in bizzare forme ancora oggi in voga: statuette di santi e di divinità classiche, “manuzze” cornute, “manufiche” e cuoricini da anello. Tra Sei e Settecento è la Sicilia a creare i più incredibili manufatti con il corallo, ricchi oggetti devozionali ma anche gioielli in cui il corallo è il tocco rosso in un trionfo di oro (vero o presunto) e smalti azzurri e bianchi. Nell‘800 il corallo registra un crescente successo in tutto il mondo. Il corallo sardo è considerato il migliore e Livorno, Genova e Napoli se lo contendono e lo mostrano nelle varie Esposizioni Internazionali ma è Torre del Greco uno dei centri di lavorazione più apprezzati. Il corallo è protagonista della gioielleria internazionale sia nei costumi della tradizione popolare sia nell’alta gioielleria. Il Neoclassicismo della corte di Napoleone lo trasforma nei cammei di sontuose parure; negli anni Trenta trionfa su tiare, spilloni e pettinesse in tartaruga, oro e ottone dorato e nei bracciali che venivano indossati a entrambi i polsi. Con il revivalismo romantico il corallo prende la forma delle anfore dell’antica Roma mentre i pittori d’Oltralpe dipingono le belle ciociare in costume tradizionale con l’immancabile collana rossa. Nel 1831 l’assestamento vulcanico che ha creato l’isola Ferdinandea, a 30miglia a largo di Sciacca, dopo un anno già scomparsa a causa dell’erosione marina, ha portato in quel punto l’accumulo di un’enorme quantità di corallo dal colore aranciato mai visto prima. Nel 1874 alcuni pescatori si accorgono di quel tesoro e la corsa alla sua pesca invade il mercato di corallo con conseguente crollo del valore economico. Nel corso dei secoli, tuttavia, la pesca intensiva e distruttiva, fatta con gli Ingegni, pesanti rastrelli a struscio, ha progressivamente ridotto e poi fatto scomparire nel Mediterraneo interi banchi di corallo ma questo non ha diminuito il corallo nei gioielli anzi, si sono aperte nuove strade di importazione dai mari orientali.

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MA D E IN ITA LY A sinistra: ritratto di Elisa Bonaparte Baciocchi, principessa di Lucca e Piombino, Stefano Tofanelli (1805 ca.). In basso: tiara in oro 9 carati e corallo. Collezione Ascione (1860 ca.).

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HE RITAGE

Collana di Fortunato Pio Castellani in oro e corallo.

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MA D E IN ITA LY In alto, da sinistra: Elena di Troia, Frederick Sandys (1867), in mostra alla Walker Art Gallery di Liverpool nella sezione Victorian Treasures; ritratto di Marii Sawiczewskiej, Leopold Loeffler (1861), Lviv National Art Gallery.

Durante la Belle Epoque il corallo è trattenuto da eterei tralci di oro bianco e diamanti in stile ghirlanda o da riccioli di filigrana in oro mentre negli anni Venti e Trenta perle di corallo sono infilate da pazienti lavoratrici in lunghi sautoir dalle nappe fluttuanti. In questo periodo per l’Italia il corallo è un materiale identitario della ricchezza nazionale e conosce nuovi successi montato sui gioielli Déco, sia da protagonista assoluto, tagliato in forme geometriche, sia accostato a onice e diamante, mentre assieme a lapislazzuli, malachite e quarzo diviene elemento importante di centrotavola e soprammobili per le case dell’élite all’avanguardia. Maestro di quest’arte è il milanese Alfredo Ravasco che nel 1925 entra in contatto con l’Istituto di Lavorazione del Corallo a Torre del Greco e in questo periodo il corallo napoletano arriva nelle esposizioni della Triennale di Milano montato in collane dalle forme inedite e moderne. Alla metà del ‘900 il corallo napoletano è accostato a oro e argento dalla superficie mossa e vibrante, incassato in grandi anelli cocktail e trasformato in perle nelle collane multifilo per i party più chic e scintillanti grazie alle sete colorate stampate a Como e ai gioielli degli artisti d’avanguardia che vengono prodotti e commercializzti da Masenza di Roma. Negli anni Settanta e Ottanta con il revival Déco il corallo torna a essere abbinato alle pietre dure e ai diamanti, arricchito però da un certo sapore orientaleggiante mentre nel passaggio al terzo millennio il minimalismo trionfa e il corallo diventa il solitario e levigato protagonista di anelli e collier. Ma il corallo non è solo un materiale, la forza narrativa della sua forma e del suo colore affascina i creativi contemporanei che lo trasformano da icona a codice, a simbolo, attraverso altri materiali tra cui vetro, ottone, carta e materiali plastici, in nome dell’invenzione, della suggestione e della moda. Il successo di un workshop curato da Maria Dolores Morelli e Roberto Liberti, docenti del Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale, Unicampania “Luigi Vanvitelli “ che ha coinvolto gli studenti universitari e gli alunni dell’Istituto “Francesco Degni” del Museo del Corallo di Torre del Greco nella progettazione e realizzazione di sorprendenti gioielli funzionali, ha brillantemente dimostrato quanto il corallo sia un’importante eredità per le generazioni future. Oggi più che mai è necessario comprendere la necessità di una pesca del corallo ecocompatibile con l’ambiente marino e sostenibile nel tempo. Grazie all’impegno di un gruppo di lavoro interdisciplinare e internazionale che ha unito i paesi del Mediterraneo, si stanno promulgando leggi per tutelare questo prezioso patrimonio dell’umanità perché, citando Tommaso Mazza, presidente Assocoral di Torre del Greco, «acquistare un gioiello in corallo significa acquistare un oggetto che racchiude storia, arte, bellezza, tradizione e unicità nel pieno rispetto dell’ambiente marino e dell’ecosostenibilità attraverso la tracciabilità della materia prima assicurata da uno strumento legislativo».

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HE RITAGE

In the public imagination, coral is a powerful symbolic material. This is because of its polymorphism, which can adapt to a variety of mental images, and its multi-faceted nature, scientifically revealed back in the 18th century. A privileged material for good luck charms and cabinets of curiosities, coral still carries with it a certain aura of mystery. In 1154, traveller Muhammad Al-Idrisi wrote in his Kitab Rugar that the finest type of coral was found in Trapani. Alghero and Oristano, Sardinia, are also rich in coral, and Pisa, Genoa, Naples and Livorno negotiate to split up this fortune, while trade is run by Jewish merchants who spread it throughout Europe, Middle East and Asia. While in the Middle Ages coral was used as a natural lucky charm by hanging it on people’s belts or placing it on a piece of furniture like a small decorative tree, in the 15th century it was turned into prayer beads and necklaces for ladies. In the 16th and 17th centuries, coral was turned into curious shapes that are still known today: figurines of saints and classical gods, horn-like hands, lucky charms and hearts for rings. Between the 17th and 18th centuries, the

region of Sicily created the most incredible items with coral; they made lavish devotional objects, but also jewellery, adding a red touch to plenty of yellow gold (real or fake) and light blue and white enamel. In the 19th century, coral achieved increasing success worldwide. Sardinian coral was the finest, and Livorno, Genoa and Naples began to negotiate for it and to display it in International Exhibitions, while Torre del Greco became one of the main centres for coral processing. Coral is widely used in the international jewellery industry, for both traditional folk costumes and high jewellery. During the Napoleonic Empire, it was used for Neoclassic cameos for sumptuous jewellery sets; in the 1930s, it was widely seen on tiaras, brooches and pettiness in tortoiseshell, gold and gilded brass, as well as in bracelets to wear on both wrists. With romantic revivalism, coral took the shape of ancient Roman amphorae, while painters from beyond the Alps painted beautiful women from Ciociaria wearing their traditional costumes and coral necklaces. In 1831, the submerged volcanic Graham Island, 30 miles off the coast of Sciacca –

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MA D E IN ITA LY Pagina a lato, da sinistra in senso orario: anello di De Simone in bronzo con scultura in corallo e diamanti; infilatrici di corallo dell’azienda Ascione di Torre del Greco; microscultura di Arnaldo Pomodoro (1992). In questa pagina: orologio Divas’ Dream di Bulgari in oro rosa con diamanti ed elementi in onice e corallo.

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In questa pagina: collana Mascherone di Liverino in oro e acciaio brunito con diamanti e corallo.

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Pagina a fianco, dall’alto: collier in oro e corallo del Mediterraneo con diamanti e rubini. Collezione Mylady di De Simone; Ivana Bastianello in Valentino fotografata da Gian Paolo Barbieri per Vogue Italia nel 1969.

which disappeared after only one year due to marine erosion - led to the accumulation of an unprecedent amount of orange coral never seen before. In 1874 some fishermen became aware of that treasure and the resulting coral rush invaded the market, causing the value of coral to collapse. Over the centuries, intensive and destructive harvesting with heavy scraping rakes, progressively reduced and made entire coral reefs to disappear in the Mediterranean Sea. However, this has not affected the use of coral in jewellery; indeed, it opened up new ways of importing coral from eastern seas. During the Belle Epoque, coral was held into wreaths by thin branches of white gold and diamonds or curled gold filigree, while in the 1920s and 30s coral beads were patiently strung into long sautoirs with fluttering tassels by female workers. In that period, coral was a symbol of Italy’s national wealth and became popular on Déco jewellery, either alone - cut in geometric shapes - or paired with onyx and diamonds; with lapis lazuli, malachite and quartz, it made centerpieces and ornaments for the most innovative elite homes. A Master of this art, the Milanese Alfredo Ravasco got in contact with the Coral Processing Institute in Torre del Greco in 1925; in this period, Neapolitan coral necklaces with new, modern shapes were exhibited at Triennale di Milano. In the mid-1900s, Neapolitan coral was combined

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with gold and silver with vibrant, wavy textures, set in big cocktail rings and turned into multistrand beaded necklaces for the fanciest parties alongside flowing printed coloured silks in Como, but also into artistic avant-garde jewellery, made and traded by Masenza, Rome. With the Déco revival of the 1970s and the 80s, coral was once again paired with semi-precious stones and diamonds, enhanced by an oriental flair; in the transition to the third millennium, minimalism triumphed, and coral appeared alone and polished in rings and necklaces. But coral is not just a material; its inspiring shape and colour continue to fascinate contemporary artists, who turned it from an icon to a symbol using other materials such as glass, brass, paper and plastics, guided by inventiveness, creativity and fashion. The success achieved by a workshop curated by Maria Dolores Morelli and Roberto Liberti - professors at the Architecture and Industrial Design Department, Unicampania “Luigi Vanvitelli” - involving university students and the secondary-school students of the “Francesco Degni” Institute of the Coral Museum in Torre del Greco in the design and making of surprisingly functional jewels, has brilliantly demonstrated the importance of coral as a precious inheritance for future generations. Now more than ever, we need to make sure that coral harvesting is compatible with the marine environment and sustainable over time. Thanks to the efforts of an interdisciplinary, international team that united Mediterranean countries, laws are being made to protect this precious world heritage. Like Assocoral President Tommaso Mazza pointed out, «to purchase coral jewellery means to buy a piece that contains history, art, beauty, tradition and uniqueness, fully respecting the marine environment and sustainability through raw materials traceability regulations».


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HE RITAGE

L’azienda Cappellini, fondata nel distretto brianzolo nel 1946 e fino agli anni Sessanta legata al mobile in stile, negli anni Ottanta cambia rotta, mettendo in produzione progetti di designer giovani e poco noti che, nel loro paese di origine, non trovano l’interesse di aziende orientate al design. Come racconta Giulio Cappellini: «Le tappe fondamentali per Cappellini sono state l’incontro con giovani designer internazionali emergenti che, insieme a me, hanno costruito la storia dell’azienda. Presentazioni di grande successo in luoghi inusuali come musei o vecchie fabbriche abbandonate hanno lasciato il segno nell’evoluzione della comunicazione del design». L’azienda, anticipatrice di molte tendenze attuali e confidando nell’idea che «Il design si ispira ed è contaminato dagli elementi più differenti, dall’arte alla moda, dalla letteratura allo spettacolo», punta sulla varietà stilistica mixando poetiche differenti, come conferma Giulio Cappellini: «La parola d’ordine nei progetti Cappellini è libertà: libertà di creare, di sperimentare, di lavorare con designer completamente differenti tra loro, libertà di usare i materiali e le tecnologie più disparate. Ovviamente si tratta di una libertà saldamente guidata e coordinata». La gestione di Giulio Cappellini, architetto e imprenditore, responsabile sia dell’immagine sia dei prodotti Cappellini e in qualche caso anche progettista, inizia con la fine dei Settanta quando l’azienda aumenta le sue dimensioni cambiando nome in Cappellini International Interiors, rivelando già la propensione all’apertura internazionale. A Giulio Cappellini – figura emblematica nel panorama internazionale del design e oggi art director dell’azienda oltre che di Istituto Marangoni Design Campus – viene universalmente riconosciuto il ruolo di talent scout di giovani designer: Tom Dixon, Jasper Morrison, Marc Newson, ma anche Marcel Wanders, Nendo e i fratelli Bouroullec sono tra i designer, oggi affermati, scoperti da Giulio Cappellini che afferma: «Ho sempre cercato nei designer una idea innovativa, un concetto, un sogno più che un oggetto fine a sé stesso. Il progetto dell’azienda Cappellini vuole essere multiculturale. Mi piace confrontarmi con personaggi di cultura, provenienza e formazione assolutamente differenti. Ovviamente nel mio ruolo di art director devo tenere un fil rouge che colleghi virtualmente questi designers così diversi tra loro». Dagli anni Novanta dunque l’azienda Cappellini diventa

sinonimo di design d’avanguardia contemporanea e opportunità per i più grandi designer internazionali, che possono produrre pezzi d’arredo innovativi e di altissima qualità formale nel prodotto, nella tecnologia e nei materiali scelti. L’azienda rappresenta un caso significativo nella costruzione del Made in Italy spesso costruito nella collaborazione tra designer stranieri e aziende italiane. Un connubio felice che nel passato ha portato a grandi risultati: «Il sogno di ogni giovane designer da tutto il mondo – continua Cappellini – è poter collaborare con una azienda italiana. Alcune aziende italiane sono ancora molto attrattive. Mi riferisco a quelle che continuano a osare, a sperimentare, a innovare senza seguire dei rigidi schemi imposti dal mercato o dal marketing che spesso appiattiscono l’offerta». Quasi tutti gli oggetti prodotti da Cappellini sono diventati icone del design italiano, “long sellers e non best sellers”, internazionalmente riconosciute ed esposte nei più importanti musei al mondo: «Un oggetto diventa una icona quando entra nella memoria collettiva del pubblico. Un’icona non solo è un oggetto utile e bello ma qualcosa che fa sorridere e sognare, qualcosa che diventa parte integrante della nostra vita». Oggi mentre lo scenario del design contemporaneo è più complesso e multiforme, spazia dal design democratico alle edizioni limitate, il “metodo Cappellini” è ancora attuale? Giulio Cappellini, uno dei più influenti trend setter mondiali della moda e del design, come lo ha definito recentemente il Time, ci risponde: «Oggi si possono trovare giovani e interessanti talenti dovunque, anche nelle parti del mondo meno esplorate come Asia o Africa. Sicuramente i social hanno semplificato la comunicazione e la promozione ma poi il rapporto diretto e il feeling tra il team dell’azienda e il progettista sono essenziali». E tornando a citare una gloriosa mostra del 1972, “Italy: the New Domestic Landscape” ci affidiamo alla visione sistemica di Cappellini: “Il futuro del design per Cappellini non è solo lavorare su dei singoli prodotti ma lavorare su dei “paesaggi” d’interni sia residenziali che per luoghi ad alto traffico come hospitality o uffici. In questi paesaggi possono convivere oggetti diversi disegnati da designer differenti ma che si amalgano perfettamente in un progetto corale. Un design futuro consapevole e stimolante”.

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di Rosa Chiesa

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CAPPELLINI MA D E IN ITA LY


Nella pagina precedente: Ronan & Erwan Bouroullec, libreria Cloud, 2004.

HE RITAGE

In questa pagina, dall’alto, tre creazioni di Shiro Kuramata: libreria Bookshelf, 1970; contenitori Revolving cabinet, 1970; tavolini Ko-Ko, 1986.

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MA D E IN ITA LY Marc Newson, Wooden chair, 1992.

Marc Newson, Orgone table, 1998.

Marc Newson, Felt chair, 1993.

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HE RITAGE

In questa pagina, in alto: Tom Dixon, S-chair, 1991.

Qui accanto: Marc Newson, Embryo chair, 1988.

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The Cappellini company, founded in the Brianza district in 1946 and connected to the style furniture up to the sixties, changed its route in the eighties, starting to produce projects by young and less known designers that, in their home country, could not attract the interest of design-orientated companies. As Giulio Cappellini tells us: «The fundamental steps for Cappellini were the meeting with young international emerging designers that, together with me, built the history of the company. Highly successful presentations in such unusual places as museums and old abandoned factories left the mark in the evolution of design communication». The company, able to anticipate many current trends, and supporting the idea that: «Design takes inspiration and is contaminated by the most disparate elements, from art to fashion, from literature to show business», focuses on the stylistic variety mixing different poetics, as Giulio Cappellini confirms: «Freedom is the standing order in the projects by Cappellini: freedom to create, experiment, work with designers that are totally different from one another, freedom to use the most disparate materials and technologies. It is obviously a firmly guided and coordinated freedom». The management by Giulio Cappellini, architect and entrepreneur, responsible for both the image and the products by Cappellini and, in some cases, also designer, starts in the late seventies when the company increases its size changing the name in Cappellini International Interiors, already showing the bent for an international opening. Giulio Cappellini, a symbolic figure in the whole design international panorama and now art director of the Cappellini company as well as of Istituto Marangoni Design Campus, is universally recognised for his role of talent scout of young designers: Tom Dixon, Jasper Morrison, Marc Newson, but also Marcel Wanders, Nendo and the Bouroullec brothers are among the now established designers discovered by Giulio Cappellini who says: «I have always tried to find in the designers an innovative idea, a concept, a dream, more than an object per se. The project of the Cappellini company is meant to be multicultural. I like to confront with people characterised by a totally different culture, origin and education. Obviously, in my role of art director, I must follow a fil rouge that virtually connects these designers that are so different to one another».


In questa pagina: Marcel Wanders, Knotted chairs, 1996.

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MA D E IN ITA LY

Since the nineties, then, Cappellini has become synonym of contemporary avant-garde design and an opportunity for the biggest international designers who can produce innovative furniture with a very formal high quality in the product, technology and in the selected materials. The company represents a meaningful case in the creation of Made in Italy often built in the collaboration between foreign designers and Italian companies. A happy match that, in the past, led to important results. «The dream of any young designer all over the world – Cappellini continues – is to have the chance to collaborate with an Italian company. Some Italian companies are still very attractive. I am referring to those that keep daring, experimenting, innovating without following the strict rules imposed by market and marketing that often level the offer». Almost all the products manufactured by Cappellini have become icons of Italian design, “long sellers and not best sellers”, internationally acknowledged and displayed in the most important museums in the world: «An object becomes an icon when it enters the collective memory of the public. An icon is not only a useful and beautiful object, but also something that makes people smile and dream, something that becomes an integral part of our life». Today, while the scenario of contemporary design is more complex and multiform, ranging from democratic design to limited editions, is the “Cappellini method” still valid? Giulio Cappellini, one of the most influential global trend setters of fashion and design, as has been recently defined by Time, answers to our question: «Today you can find young and interesting talents everywhere, also in the less explored parts of the world such as Asia and Africa. Social media have certainly made communication and promotion easier, but the direct relationship and the feeling between the company team and the designer are essential». And mentioning again a glorious exhibition of 1972, “Italy: the New Domestic Landscape” we rely on Cappellini’s systemic vision: “To Cappellini the future of design is not only working on single products but on interior “landscapes”, both residential and meant for high traffic places like hospitality or offices. In such landscapes, different objects can coexist and even if they are created by different designers they perfectly fit into a collective project. A conscious and stimulating future design”.


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COMPANIES M ADEI NI TALY


I TAL IAN CO MPANIE S

ALESSI DOMENICO

In gioielleria è stato già detto tutto e il contrario di tutto, inventato tutto, rivoluzionato tutto. Niente resta da scoprire e niente si può inventare: questo è il luogo comune che si sente ripetere spesso dagli operatori del settore lungo i corridoi delle maggiori fiere internazionali. Come tutti i luoghi comuni, anche questo contiene molte verità ma ne trascura molte altre. Per esempio a proposito della catena, considerata un componente fondamentale ma non un gioiello in sé, un aspetto marginale della gioielleria che non merita tanti discorsi e tantomeno uno storytelling dedicato. Non è così invece per la famiglia Alessi, produttori di catene dal 1946 con un business di dimensioni sempre più rilevanti, che ha molto da raccontare e molta conoscenza da condividere. Qualità, caratteristiche, tecnologie e attenzioni estetiche possono fare la differenza sia di un monile importante sia della più semplice collanina ed è il momento di farlo sapere ai consumatori sempre più curiosi ed esigenti rispetto ai loro acquisti. Per soddisfare questa necessità di trasparenza, di comunicazione e di coinvolgimento dei propri interlocutori, non solo nelle caratteristiche del prodotto ma anche nel pensiero che ci sta dietro, la quarta generazione degli Alessi, oggi al vertice dell’azienda nelle persone di Filippo, Alice e Tobia - sempre guidata con sapienza dal padre, Paolo Alessi - ha deciso di avviare un percorso di promozione e riposizionamento del “prodotto catena” a vantaggio del proprio business ma anche di tutto il distretto bassanese della catena. «Sebbene la nostra produzione sia industriale - spiegano Alice e Filippo - la nostra crescita non punta solo a quantità, qualità e servizio. Vogliamo trasmettere il valore del nostro prodotto come primo ingrediente di una gioielleria “bella e ben fatta”, fiera di rappresentare il Made in Italy. Se oggi diventiamo un brand è per tenere uniti i valori che ci rappresentano, rafforzando l’identità aziendale e condividendo con i clienti la nostra vocazione internazionale. Già a settembre alla fiera di Vicenza abbiamo presentato, anche dal punto di vista visivo con un nuovo stand, i diversi modi di vedere

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e di vivere la catena. Desideriamo re-interpretare il concetto di prodotto basilare, semilavorato, rivisitandone le regole di stile e reinventandole in modo innovativo. Più semplice a dirsi che a farsi ma… vi stupiremo e forse riusciremo a emozionarvi!». Punto di orgoglio dell’azienda bassanese è la Alessi Chain, una catena nata in un quaderno marrone in cui «il nostro bisnonno – continua Alice - appuntava in maniera precisa e ordinata idee per nuovi modelli e maglie d’oro o tecniche di lavorazione. Ancora oggi è la catena best seller per Alessi Domenico, conosciuta nel mondo e sempre apprezzata, più volte riscoperta. Si tratta di una storia tutta italiana, una timeless chain che non smette di emozionare». Per la prima volta, in 71 anni di vita aziendale, la quarta generazione Alessi si propone come brand, introducendo nuovi elementi che possano alimentare lo spirito creativo dell’azienda ed esprimerne i tratti distintivi. «Presenteremo presto una collezione di gioielli finiti con la catena come protagonista: in questo modo intendiamo stringere un legame ancora più autentico con clienti e partner, basato sulla fiducia. La promozione della nostra offerta non può prescindere dalla comprensione sempre più approfondita dei mercati con cui ci confrontiamo».


MA D E IN ITA LY In the jewellery sector everything and its opposite have already been said, everything has been invented, everything has been revolutionised. Nothing is left to discover and nothing can be invented: this is a commonplace that we often hear the sector operators repeat along the corridors of the main international exhibitions. Like every commonplace, also this one contains many truths though neglecting many others. For example, the chain is considered as a critical component, but not a jewel per se, a marginal aspect of jewellery that does not deserve too much talk and not even a dedicated storytelling. This is not the case of the Alessi family that has been producing chains since 1946 with a business whose dimensions are becoming increasingly more relevant and that has much to tell and much knowledge to share. Quality, features, technologies and aesthetic attentions can make the difference both in an important jewel and in the simplest chain and it is time to let this be known to those consumers that are increasingly more curious and demanding as for their purchases. In order to meet this need for transparency, communication and involvement of their own interlocutors, not only in the characteristics of the product but also in the thinking that lies behind, the fourth generation of the Alessis, now running the company with Filippo, Alice and Tobia – always wisely managed by their father, Paolo Alessi - has decided to start a promotion and repositioning course of the “chain product” to the advantage of their own business, but also of the whole chain district in the Bassano area. «Despite our industrial production – Alice and Filippo explain - our growth does not only aim at quantity, quality and service. We want to convey the value of our product as first ingredient of a “beautiful and well made” jewellery, proud to represent Made in Italy. If today we have decided to become a brand it is to keep united the values representing us, strengthening the identity of our company and sharing with our clients our international vocation. Back in September, at the exhibition held in Vicenza, we presented the various ways to see and live the chain also from the visual point of view through our new stand. We want to reinterpret the concept of basic product, semi-worked, changing the rules of style and reinventing them in an innovative way. Easier said than done, but...you will be surprised and maybe even moved!». A reason of pride for the company from Bassano is Alessi Chain, a chain developed in a brown exercise book where «our greatgrandfather – Alice continues – wrote down in a precise and ordered way some ideas for new gold models or chains, as well as working techniques. For Alessi Domenico it is still the bestseller chain, known all over the world, always appreciated and rediscovered more than once. It is an all-Italian story, a timeless chain that never stops to move». For the first time in 71 years of company activity, the fourth generation of the Alessis proposes as a brand, introducing new elements that can feed the creative spirit of the company and express its distinctive traits. «We will soon present a collection of finished jewels with the chain as protagonist: in this way we want to establish an even more authentic connection with our clients and partners based on trust. The promotion of our offer cannot leave aside the increasingly deeper understanding of the markets we face».

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EVANUEVA

I TAL IAN CO MPANIE S

Collana con perle barocche e zaffiri blu e anello in oro nero con zaffiri blu. Tutto della collezione Pave.

Con un design estremamente femminile caratterizzato da volumi importanti, tutte le nuove creazioni Evanueva rappresentano un momento evolutivo dell’azienda in cui gli elementi della tradizione fanno da ponte verso il futuro mantenendo integra l’identità del brand nel segno della continuità. Il focus principale di tutti i gioielli Evanueva è sempre stato sulle pietre preziose, a partire dal 1999 quando la famiglia Iacobelli di Torre del Greco, da generazioni a capo dell’azienda, si è messa in gioco con una propria produzione, che ha immediatamente riscosso il favore dei mercati. Dopo aver sperimentato con l’ambra, il brand ha introdotto negli anni i materiali tipici del territorio, come il corallo, il cammeo e la turchese, e pietre preziose e semi preziose meno comuni, delineando così uno stile personalissimo, riconoscibile ed elegante, sempre in linea con le tendenze del momento e in grado di soddisfare con originalità i gusti più svariati. I prodotti più iconici, che comprendono le collezioni Greta, Pedra, Vela, Alma, Daily Chic e Pave, sono distribuiti in Italia e nel mondo e vengono presentati alle principali fiere del settore, da VicenzaOro a Hong Kong, dall’International Jewellery Tokyo al JCK Las Vegas.

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With a highly feminine design characterised by important volumes, all the new Evanueva creations represent an evolutive moment of the company where the elements of tradition act like a bridge towards the future keeping unaltered the identity of the brand under the sign of continuity. The main focus of all Evanueva jewels has always been on precious stones since 1999 when the Iacobelli family from Torre del Greco, running the company from generations, decided to take the risk with their own production that won the immediate appreciation of the markets. After experimenting with amber, over the years, the brand has introduced materials typical of the territory like coral, cameo and turquoise, as well as precious stones and less common semi-precious ones, thus outlining a highly personal style both recognisable and elegant, always in line with the current trends and able to meet the most disparate tastes with originality. The most iconic products including the Greta, Pedra, Vela, Alma, Daily Chic and Pave collections are distributed in Italy and in the world and are presented in the main exhibitions of the sector, from VicenzaOro to Hong Kong, from the International Jewellery Tokyo to the JCK Las Vegas.



I TAL IAN CO MPANIE S

FAIR LINE

Attiva a Vicenza dal 1989, l’azienda Fair Line è stata fondata dall’imprenditrice Gabriella Centomo e ha fatto della distribuzione di gioielli in oro 14 carati il proprio core business, consolidando negli anni le relazioni commerciali con l’Europa orientale e avviando nuove partnership con il Sudest Asiatico. Dal 1998 l’azienda ha deciso, parallelamente, di sviluppare anche il progetto Italian Gold Thinker, una propria produzione di gioielli in oro con o senza pietre preziose, lavorati a lastra o con taglio laser, in grado di rispondere alle più svariate richieste del mercato. In questi 30 anni di storia, festeggiati lo scorso 7 settembre in occasione di VicenzaOro September con una convention nella Sala Palladio del Centro Congressi Fiera di Vicenza, la qualità del prodotto, interamente Made in Italy, è rimasta sempre una priorità e ha permesso a Fair Line di affrontare con sicurezza ogni sfida. Ne sono un esempio i nuovi servizi b2b offerti dall’azienda: il primo, già attivo a integrazione delle vendite tradizionali, dà la possibilità al cliente estero di ordinare i prodotti da un catalogo online; il secondo, che sarà lanciato durante la prossima edizione di VicenzaOro January, permetterà ai clienti della fiera l’acquisto sul pronto di catene in oro 14 carati.

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Operating in Vicenza since 1989, Fair Line was founded by entrepreneur Gabriella Centomo with a focus on 14-carat gold jewellery as its core business, strengthening trade relations with Eastern Europe and starting new partnerships with Southeast Asia over the years. Since 1998, the company has also decided to develop its Italian Gold Thinker project, starting its own production of gold jewellery, with or without gemstones, made from sheet gold or laser cut, to meet a variety of market demands. In 30 years of history – celebrated on September 7 during VicenzaOro September with a convention in the Palladio Room of the Vicenza Congress Centre – the company’s focus has always been on the quality of its products, entirely made in Italy, which enabled Fair Line to face every challenge with great confidence. An example of this are the new b2b services offered by the company: the first, already active to support traditional sales, gives international customers the option to order products from an online catalogue; the second, to be launched during the next VicenzaOro January edition, will offer visitors to the exhibition a cash-and-carry section with 14-carat gold chains.


www.fairline.it


MAROTTO

I TAL IAN CO MPANIE S

La produzione Made in Italy dell’azienda, le cui radici affondano nel distretto orafo vicentino, rende omaggio alla tradizione e ai paesaggi del Bel Paese

Una grande passione per l’oreficeria, un sapere tramandato di generazione in generazione e un prodotto di alta qualità interamente realizzato in Italia: da oltre 60 anni la famiglia Marotto anima il cuore del distretto orafo vicentino con gioielli unici e personalizzabili. Il capostipite Bruno, che ha fatto della lavorazione a canna vuota un tratto distintivo dei suoi prodotti, ha passato il testimone al figlio Riccardo, che a sua volta è riuscito a tramandare alla moglie Marisa e ai quattro figli Andrea, Alessandro, Barbara e Sara i valori del fatto a mano e del Made in Italy, capisaldi dell’azienda Marotto dal 1957. Valori che trovano la loro massima espressione nelle numerose collezioni dell’azienda, realizzate esclusivamente con oro etico estratto senza l’impiego di sostanze nocive come il mercurio e il cianuro. Tra le più significative, la collezione Sunshine, caratterizzata dall’utilizzo di pietre multicolore, rende omaggio al vivace paesaggio delle Cinque Terre. La linea Chicco di Riso si ispira, invece, all’omonima lavorazione a maglia riprodotta con l’alternanza dei tre colori dell’oro. Completano l’offerta le collezioni Wave, in oro rosa satinato con zirconi colorati, e Basket, il cui intreccio sinuoso richiama l’antica lavorazione dei cesti in vimini.

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A great passion for jewellery, a knowledge passed from generation to generation and a high quality product fully Made in Italy: for over 60 years the Marotto family has animated the heart of the goldsmith district of Vicenza with unique, and customisable jewels. The founder Bruno, who turned the hollow tube working into a distinctive trait of his own products, passed the management of the company to his son Riccardo that, in his turn, transmitted to his wife Marisa and four children Andrea, Alessandro, Barbara and Sara the values of the Made in Italy handmade, benchmarks of the Marotto company since 1957. Such values find their maximum expression in the numerous collections of the company, made exclusively with ethical gold extracted without using such noxious substances as mercury and cyanide. Among the most remarkable, the Sunshine collection, characterised by the use of multicolour stones, pays a homage to the lively landscape of Cinque Terre. The Chicco di Riso line, instead, takes inspiration from the homonymous knitting recreated alternating the three colours of gold. The offer is complemented with the Wave, in satin rose gold with coloured zirconia, and Basket lines, whose sinuous interweaving reminds the ancient working of wicker baskets.


Ph Paolo Stramare

60 Years

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OROCATENA

I TAL IAN CO MPANIE S

Curate in ogni dettaglio, eseguite con la massima precisione e fatte per durare nel tempo, le catene di questa azienda del distretto bassanese sono sempre più richìeste dai grandi brand internazionali

Azienda storica del distretto di Bassano del Grappa, Orocatena vanta oltre 45 anni di attività nella produzione di catene - con una specializzazione, riconosciuta ormai a livello internazionale, nella realizzazione del modello “veneziana”. «La catena passa spesso in secondo piano rispetto al gioiello prezioso, in realtà lo completa e ne esalta qualità e fattura. Ecco perché le nostre catene, eseguite con la massima precisione, robuste e curate in ogni dettaglio, sono sempre più apprezzate e richieste dai grandi brand internazionali della gioielleria» spiegano i titolari, Andrea Fabbian e Federico Loriato, figli dei due soci che hanno fondato l’azienda nel 1973. All’interno della sede di Bassano del Grappa, che si estende su una superficie complessiva di 3000 metri quadrati, il team di Orocatena si avvale delle più moderne tecnologie. I clienti sanno di poter contare su un prodotto di altissima qualità, disponibile in qualsiasi caratura e colore dell’oro oppure in argento 925, ma anche su un’assistenza impeccabile e sulla massima puntualità nelle consegne. Dal 2017, inoltre, l’azienda è membro certificato del Responsible Jewellery Council, un traguardo che attesta tutto il suo impegno in termini di rispetto dell’ambiente e dei diritti delle persone. Per Orocatena, infine, il 2020 si apre con un’importante novità: per la prima volta, infatti, l’azienda parteciperà a VicenzaOro con un proprio stand (padiglione 2, stand 183).

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A long-established company from the Bassano del Grappa jewellery district, Orocatena has over 45 years’ experience in the production of jewellery chains and has become world-renowned for its “Venetian” chain model. «Chains often fade into the background of a precious jewel, while they actually complete it and enhance its quality and its workmanship. Our chains are crafted with great precision, they are durable and perfect in every detail, and that is why they are becoming increasingly popular and in great demand by major international jewellery brands» said the owners, Andrea Fabbian and Federico Loriato, children of the two partners who founded the company back in 1973. In their Bassano del Grappa factory, which covers a total surface of 3,000 square meters, the Orocatena team uses cutting-edge production technologies. Customers know they can count on premium quality chains of any caratage and colour of gold or in sterling silver, but also on impeccable customer services and on punctual deliveries as well. Moreover, since 2017, the company has been a certified member of the Responsible Jewellery Council, a goal that certifies all its efforts in terms of respect for the environment and the rights of people. Finally, for Orocatena, 2020 will start with an important innovation: the company will participate in VicenzaOro with its own booth for the first time (pavilion 2, booth 183).


OROCATENA.COM



PEOPLE& BRANDS M ADEI NI TALY


CRIVELLI

PEO PLE &BRAND S

di Ilaria Danieli

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MA D E IN ITA LY Una catena lunga circa un metro con 100 carati di diamanti, che Bruno Crivelli non voleva vendere perché gli era riuscita troppo bene, è uno dei ricordi più preziosi di Alessia, figlia del famoso gioielliere di Valenza, diventata 15 anni fa marketing manager dell’impresa di famiglia. Quella catena è come un laccio che la lega non solo al padre ma anche al progetto, di lavoro e di vita, da lui avviato negli anni ‘70: marchio attualmente tra i più affermati nel settore, con un fatturato a sette zeri di tutto rispetto, Crivelli è nato dal banco di incastonatore al quale l’artigiano Bruno, da ragazzo, lavorava per conto terzi. Da lì alla fondazione di una piccola realtà imprenditoriale a suo nome, la strada di Bruno Crivelli ha seguito il percorso di tutte le aziende italiane nate dalla volontà e dall’entusiasmo dei “self made men” che hanno trasformato una cittadina di provincia come Valenza in un distretto orafo d’eccellenza. Ma Crivelli, diventato nel frattempo un brand, ha mostrato di avere una marcia in più nella capacità di interpretare le necessità dei clienti e di saper aggiornare l’offerta di prodotti senza tradire né la propria epoca, con il suo Zeitgeist (lo spirito del tempo) in continua evoluzione, né la propria tradizione di classicità e armonia. A confermare la bontà delle idee vengono i risultati, come sa bene Alessia, donna di numeri, e a coronare il successo ecco l’apertura di quattro boutique monomarca tra Capri, Taormina, Porto Cervo e naturalmente Milano, con la vetrina in via della Spiga inaugurata nel 2017. I traguardi di business, tuttavia, non sono garantiti “per sempre” come i diamanti, perché i competitor, nazionali e internazionali, sono dappertutto: qual è la forza, o il segreto, di Crivelli? «La nostra forza - spiega Alessia - è la nostra identità. Io ho ereditato non solo una visione, ma soprattutto un’identità, fortissima, che sento mia. Da mio padre non ho solo imparato tutto quello che so, ho ereditato la sua stessa passione per questo meraviglioso e magico mestiere, che a me piace definire arte. Siamo un’azienda familiare, e in questa nostra grande famiglia i valori fondamentali sono la condivisione, il rispetto, l’amore e la passione per ciò che siamo e ciò che facciamo. Ogni nostro pezzo diventa realmente una parte di noi, che l’abbiamo creato, e che si fonde con chi a sua volta lo sceglierà». Qual è il contributo più significativo del suo ruolo nel direttivo, quali risultati pensa di aver conseguito e quali obiettivi si è data? «Penso di aver contribuito al riconoscimento dell’azienda di famiglia a livello istituzionale. Negli anni abbiamo inoltre trovato il modo di comunicare al meglio chi siamo e quali siano i nostri valori. Il mio impegno, insieme a quello di molti miei colleghi, è volto alla riqualifica del nostro meraviglioso mestiere». Quali le collezioni che hanno riscosso il maggiore successo e quali, secondo lei, le ragioni? «La collezione Like! Sia stilisticamente sia simbolicamente, è la nostra linea più identificativa. La sua linearità semplice, la sua sobrietà, la rende versatile e adatta a ogni momento della vita di una donna (e perché no, di un uomo). Inoltre, visto che la forma rielabora in modo astratto la C del logo Crivelli, mi piace pensare che una parte di noi accompagni la vita di chi la sceglie». Il distretto valenzano, malgrado la posizione decentrata, mantiene salda la sua posizione di forza nella gioielleria italiana, grazie anche allo stabilimento produttivo di Bulgari e ai nuovi progetti di Damiani per la ex-sede fieristica. Tuttavia molte aziende lamentano la difficoltà nel reperire nuove risorse qualificate e lei stessa è impegnata nel progetto Mani Intelligenti (di cui è presidente) per lo sviluppo della formazione specifica. Quali gli obiettivi? «La Fondazione Mani Intelligenti nasce il 26 giugno del 2018 dall’unione di 14 aziende con il Comune di Valenza, in rappresentanza del distretto: il fine è quello di ridare alla parola competitor il significato originale, ovvero quello di concorrere insieme verso lo stesso obiettivo, che è la formazione. La formazione per noi è vitale e, insieme a essa, l’informazione e l’azione colmano il gap generazionale che, dati alla mano, fra pochi anni ci porterà ad avere i maestri orafi ridotti del 40%. Grazie al nostro Acceleration Artisan Program si è creata una sinergia fra le nostre scuole e le nostre aziende, invertendo e variando i protocolli di insegnamento tradizionali, così da poter portare competenze e identità ai futuri talenti. A oggi le aziende socie sono più di 40 ed è per me un onore poter essere la voce di tutti». Quali sono secondo lei le sfide che il settore orafo deve affrontare e quali le criticità? «La sfida è proprio trasformare le criticità in punti di forza. Il nostro distretto è la culla dell’alta gioielleria mondiale, qui si sono impegnate

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generazioni di maestri orafi e questo è diventato per noi la quotidianità, un’eccellenza che diamo ormai per scontata. Come ho spiegato a proposito della Fondazione Mani Intelligenti, la sfida è restituire onore a questo mestiere straordinario e attrarre i giovani, che oggi stanno riscoprendo il valore della manualità, dell’unicità e della bellezza». La vostra ultima campagna ADV punta sulla collezione Like, di cui è interprete Micaela Ramazzotti fotografata da Fabrizio Ferri. Che cosa rappresenta questa attrice a vostro avviso? Quali sono i motivi della vostra scelta? «Micaela non solo rappresenta, ma è femminilità, passione, unicità. È una donna meravigliosa e un’attrice straordinaria, lei non interpreta la collezione, la vive e la fa vivere, la rende reale, accattivante. È donna a 360 gradi, quindi è semplice e quasi istintivo rispecchiarsi e ritrovarsi in lei».

PEO PLE &BRAND S

I vostri gioielli vestono e hanno vestito diverse star sui red carpet degli eventi mondani più importanti e sul piccolo schermo della TV: la visibilità sui media e sui social quanto incide sulle vostre strategie e sulle vostre scelte manageriali? «È molto importante, è il canale primario di comunicazione attuale ed è quello che ci permette anche di essere molto più flessibili e trasversali. I social sono meravigliosi. Credo che sia il canale migliore per poter trasmettere la genialità e la creatività di mio padre, proprio perché dà la possibilità di poter raccontare ogni giorno qualcosa di nuovo o di poter continuare una storia già esistente».

Pagina precedente: Alessia Crivelli, da 15 anni marketing manager dell’azienda valenzana e figlia del fondatore Bruno. In questa pagina e in apertura: la campagna pubblicitaria scattata da Fabrizio Ferri che vede l’attrice Micaela Ramazzotti come testimonial della collezione Like a cui appartengono tutte le immagini di gioielli in queste pagine.

Quali sono i suoi gioielli “never without”? «Io indosso un ciondolo semplicissimo al collo, un diamante con taglio a cuore che mi ha regalato mio padre quando è nata mia figlia, non lo tolgo mai. E non tolgo mai i ciondoli della linea Easy che rappresentano i miei tre bimbi. E, naturalmente, la fede, che ogni tanto lucido a nuovo: quando la rimetto rivivo il ricordo di quel giorno. Perché per me i gioielli sono questo: vita, ricordi, futuro». Che cosa suggerirebbe a una ragazza indecisa se comprare un nuovo iPhone o un gioiello? «Semplicemente le ricorderei che quel diamante è per sempre e che brillerà sempre per lei e con lei, senza mai scaricarsi».

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An around one metre long chain with 100 carats in diamonds that Bruno Crivelli did not want to sell as it had come out too beautiful, is one of the most precious memories of Alessia, daughter of the most famous jeweller of Valenza that, 15 years ago became Marketing Manager of the family company. That chain is like a lace tying her not only to her father but also to the project, involving both work and life, he started in the seventies: a brand currently among the most established in the sector, with a very respectable seven figure income, Crivelli developed from the setter bench where artisan Bruno worked for a third party when he was young. From there to the opening of a small entrepreneurial reality named after him, Bruno Crivelli followed the path of every Italian company developed from the will and enthusiasm of the “self made men” that turned a provincial city like Valenza into an excellence goldsmith district. However, Crivelli, which in the meantime has become a brand, has shown to be above in its capacity to interpret the client’s needs and to be able to update the offer of products without betraying neither its own age, with its Zeitgeist (the spirit of time) that is continuously evolving, nor its own tradition based on classicism and harmony. The results confirm the correctness of such ideas, as Alessia, a woman accustomed to numbers, knows well, and the opening of four monobrand boutiques among Capri, Taormina, Porto Cervo and of course Milan, with the store in Via della Spiga opened in 2017, crowns the success. The business achievements, however, are not ensured to last “forever” like diamonds, as national and international competitors are to be found everywhere. what is Crivelli’s strength or secret? «Our strength – Alessia explains – is our identity. I inherited not only a vision, but above all a very strong identity that I feel like my own. From my father I not only learnt everything that I know, I also inherited his passion for this wonderful and magic job that I like to call art. We are a family run company and in this big family of ours the fundamental values are sharing, respect, love and passion for who we are and for what we do. Every single item we produce truly becomes a part of us as we have created it and it merges with those who will, in turn, choose it». What is the most significant contribution of your role in the management, which results you think you have obtained and which are your objectives? «I think I contributed to the recognition of the family company on an institutional level. Over the years we have also found the way to communicate at best who we are along with our values. My commitment, along with that of many of my colleagues, is meant to the requalification of our wonderful job». Which are, in your opinion, the most successful collections and why? «The Like collection! It is our most distinctive line both on a stylistic and symbolic point of view. Its simple linearity, sobriety, makes it versatile and adequate to any moment of the life of a woman (and why not of a man). Moreover, given that the shape reinterprets in an abstract way the C in the Crivelli logo, I like to think that a part of us accompanies the life of those choosing our products». Despite the decentralised position, the Valenza district firmly maintains its prominent position in Italian jewellery, also thanks to the production plant of Bulgari and to the new projects by Damiani for the former exhibition headquarters. However, many companies complain about the difficulty in finding new skilled resources and you are engaged in the Mani Intelligenti project (of which you are president) for the development of specialised training. Which are your objectives? «The Mani Intelligenti foundation was established on 26th June 2018 by the union of 14 companies with the Municipality of Valenza to represent the district: the aim is that of giving the word competitor its original meaning, that is the one of running together towards the same target, that is training. To us training is vital and along with it, information

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and action fill the generation gap that, analysing the latest figures, in few years will led to a reduction of the goldsmith masters by 40%. Thanks to our Acceleration Artisan Program a synergy was created between our schools and our companies, inverting and varying the traditional teaching protocols so as to be able to offer expertise and identity to the future talents. So far, we include over 40 member companies and being their spokesperson is an honour to me». Which challenges is the goldsmith sector going to face and which are the criticalities? «The challenge lies in transforming criticalities in strong points. Our district is the cradle of world high jewellery, here generations of goldsmith masters worked and this has become to us our daily life, an excellence that we take for granted. As I explained about the Mani Intelligenti Foundation, the challenge is to give back to this extraordinary job its honour and attract young people, who are now rediscovering the value of manual skills, uniqueness and beauty». Your latest ADV campaign focuses on the Like collection interpreted by Micaela Ramazzotti photographed by Fabrizio Ferri. What does this actress represent, according to you? Which are the reasons behind your choices? «Micaela not only represents but embodies femininity, passion, uniqueness. She is a wonderful woman and an extraordinary actress, she does not interpret the collection, she lives it and makes it live, she makes it real, captivating. She is a complete woman and so, being reflected in her becomes simple and nearly instinctual». Your jewels are and have been worn by celebrities on the red carpets of the most important social events and on the TV screen: to what extent does the visibility on media and social media impact on your strategies and managerial choices? «It is very important, it is the current primary communication channel and the one allowing us to be much more flexible and transversal. Social media are wonderful. I think it is the best channel to communicate my father’s ingeniousness and creativity as it gives you the chance to tell something new every day or to continue an existing story». What are your “never without” jewels? «I wear a very simple jewel on my neck, a heart cut diamond my father gave me when my daughter was born, I never take it off. As I never take off the charms of the Easy line representing my three children. And, of course, my wedding ring that I sometimes polish: when I wear it again I live back the memory of that day. As to me jewels are this: life, memories, future». What would you suggest a girl hesitating between buying a new iPhone or a jewel? «I would simply remind her that that diamond is forever and it will always shine for her and with her without ever running down».

MA D E IN ITA LY

Oro giallo, bianco e rosa con diamanti sagomano con dinamicità la forma di un cerchio aperto a un’estremità che ricorda la C iniziale della maison. Bracciali, anelli, orecchini e choker compongono la linea Like a livelli diversi di luminosità (slim, plain, regular e full pavé) data dalla presenza più o meno fitta dei diamanti.


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MA D E IN ITA LY

FERRARI GROUP

di Antonella Garello

Con un’ottantina di uffici operativi in oltre 50 Paesi in tutto il mondo, circa 1200 addetti e un fatturato in crescita costante, Ferrari Group ha appena festeggiato i 60 anni di attività: una storia di successo tutta italiana per questa impresa di famiglia che partendo da Alessandria ha conquistato una posizione di primo piano nelle spedizioni e nella gestione integrata dei beni di valore nei cinque continenti e che vanta tra i suoi clienti abituali i nomi più noti del lusso internazionale come LVMH, Richemont, Kering, Swatch, oltre a moltissime maison indipendenti altrettanto blasonate. «L’azienda - racconta Marco Deiana, CEO worldwide, alla guida del Gruppo col fratello Corrado, Chairman - è stata fondata nel 1959 da mia mamma, Miranda Ferrari, insieme a suo fratello Giovanni. Ed è nata principalmente per assistere gli orafi del distretto valenzano nell’approvvigionamento di gemme e diamanti, nelle spedizioni e nelle problematiche doganali. È stato poi mio padre, Giorgio Deiana, a dare un grande impulso alla società, con un approccio sempre concreto alle nuove sfide e una visione internazionale, aperta al futuro». Oggi come allora, il mercato orafo-orologiero resta il core business del Gruppo, che offre un servizio a 360° per chi abbia la necessità di spedire e proteggere beni di valore all’insegna della massima flessibilità, sicurezza e tempestività. «Il nostro servizio è curato in ogni dettaglio, tanto per i grandi gruppi quanto per brand indipendenti, dettaglianti o privati. A partire dalle consulenze personalizzate in materia doganale: forti di 60 anni di esperienza, siamo effettivamente competenti in questo campo - personalmente sono anche iscritto all’albo dei doganalisti - e, Paese per Paese, conosciamo a fondo i mercati e padroneggiamo ogni possibile tecnicità e procedura doganale. Non a caso siamo tra i leader mondiali per la spedizione e la tutela di preziosi anche per fiere, mostre, trunk show, eventi e contrattazioni private. E poi, pensando al mondo del dettaglio, abbiamo messo a punto il servizio Shop to Shop, che prevede altresì la prova di consegna che viene fornita al mittente. Insomma, cerchiamo di coprire davvero tutte le possibili necessità ed esigenze». Strategici sono poi i magazzini Ferrari (ad Amsterdam, Milano Malpensa, New York, Shanghai, Hong Kong, Tokyo, Dubai) con la possibilità di servizi logistici su misura e stoccaggio in caveau. In tema di sicurezza, ogni spedizione è coperta da assicurazione e viene effettuata da guardie armate con veicoli completamente blindati muniti di vetri antiproiettile, sistema di ventilazione in caso di bomba fumogena, imballaggi antimanomissione e sistema di tracciamento GPS. Ferrari Group gode ormai di una solida reputazione anche in settori differenti da quello orafo, sempre rimanendo nel campo dei beni di valore. «Abbiamo creato la Fine Art, una divisione specializzata nel trasporto, nella sicurezza, nello stoccaggio in caveau di opere d’arte e di design: può immaginare in questi casi la

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PEO PLE &BRAND S

delicatezza e la responsabilità! Analogamente con Ferrari Fashion ci occupiamo della movimentazione e della gestione tout court delle collezioni e degli accessori dei grandi brand del mondo fashion». Ai cittadini extra UE Ferrari ha poi dedicato il servizio Tax Free for You, che consente l’acquisto in esenzione IVA in qualunque punto vendita, ad esempio a Milano, Londra, Parigi, con la comodità di trovare poi direttamente gli acquisti in aeroporto, usufruendo dell’assistenza in dogana di personale dedicato Ferrari, senza dover fare code per il recupero IVA. Ad acquirenti importanti sono infine dedicati anche i servizi Gold e VIP, che prevedono tra l’altro un servizio di scorta durante lo shopping, consegne speciali in location particolari, all’insegna della massima sicurezza e discrezione, assistenza a 360° nell’organizzazione e nel follow-up di eventi. «Dal 2016 - prosegue Marco Deiana - abbiamo fissato il nostro headquarter a Londra, che offre diverse e migliori possibilità nell’ottica di un’ulteriore espansione delle attività, che saranno ancora più internazionali e con servizi sempre più integrati e mirati». I grandi temi del futuro? «La tecnologia è sempre più importante, risulta quindi fondamentale offrire servizi e assistenza vicini alle esigenze della clientela ed è un campo in cui stiamo investendo in maniera importante. Nel nostro gruppo lavorano una ventina di giovani informatici, abbiamo allo studio - e stiamo già sperimentando - la App di Ferrari Group. Un’altra tematica destinata a diventare cruciale è quella della sostenibilità e del rispetto ambientale, con la riduzione di CO2 nell’atmosfera: ebbene, a Montecarlo e Hong Kong stiamo già utilizzando i primi veicoli blindati elettrici». E, con uno sguardo al futuro delle persone meno fortunate, resta da segnalare la Giorgio Deiana Foundation: un’organizzazione no profit impegnata in attività sociali e dedicata alla memoria e all’opera dell’imprenditore scomparso lo scorso anno, che in vita si è sempre speso concretamente a favore e a sostegno di progetti benefici per persone svantaggiate.

With some eighty active offices in over 50 countries around the world, about 1200 employees and a constantly growing turnover, Ferrari Group has just celebrated its 60th year in business: an all-Italian success story for this family company which, starting in Alessandria, has conquered a place in the front line of shipping and integrated management of valuable items in five continents, and boasts among its usual customers the top names in the international luxury world, such as LVMH, Richemont, Kering, Swatch and a great many independent maisons of equal fame. Marco Deiana, CEO worldwide, at the head of the Group together with his brother Corrado, Chairman, says «our company was founded in 1959 by my mother, Miranda Ferrari, together with her brother Giovanni. It was mainly established

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to support goldsmiths of the Valenza Po area supplyng gems and diamonds, with shipping and handling customs issues. It was my father, Giorgio Deiana, who gave a major impulse to the company, with his always practical approach to new challenges and an international vision, open to the future». Now as then, the goldsmith/watchmaking market is the core business of the Group, which offers 360° service for anybody needing to ship and protect valuable items with the maximum flexibility, security and promptness. «Each detail of our service is carefully handled, whether for large groups or for independent brands, retailers or individuals. Starting from tailored advice on customs issues: with our 60 years’ experience, we are truly competent in this field - I personally am a member of the Italian Professional Shipping Agents’ Board and country by country, we have a thorough knowledge of the markets and a handle on every technical detail and customs procedure. It is no coincidence that we are a world leader in shipping and safeguarding valuables for fairs, shows, trunk shows, events and private negotiations. Thinking of the retail world, we have developed the Shop to Shop service, which also provides for proof of delivery to the sender. In other words, we really seek to cover every possible need and requirement». Ferrari’s warehouses (in Amsterdam, Milan Malpensa, New York, Shanghai, Hong Kong, Tokyo, Dubai) play a strategic role, with the possibility of providing customised logistics services and caveau storage. In terms of security, each shipment is covered


MA D E IN ITA LY by insurance and carried out by armed guards in totally armoured vehicles equipped with bullet proof glass, ventilation systems in case of smoke bombs, anti-tampering packaging and GPS tracking systems. Ferrari Group today enjoys a solid reputation in fields other than goldsmithing, but always involving valuable items. «We have created Fine Art, a division specialising in transport, security, caveau storage of works of art and design: you can imagine the delicacy and responsibility involved in these cases! Like Ferrari Fashion, we deal with moving and tout court management of collections and accessories of the main fashion brands». Ferrari has dedicated its Tax Free for You service to non-EU nationals, allowing VAT-free purchase at any point of sale, for example in Milan, London, Paris, with the extra perk of finding their purchases waiting for them directly at the airport, with help from Ferrari’s dedicated staff at the customs, without having to queue up to get their VAT back. The Gold and VIP services are dedicated to important buyers; they also include security service during shopping, special deliveries to specific locations, based on maximum security and discretion, 360° support in the organisation and follow-up to events. Marco Deiana goes on: «Since 2016, we have set up our headquarters in London, a city which offers different and better opportunities in terms of further expansion of our business, which will be even more international and with more integrated and focused services». The great themes of the future? «Technology is becoming increasingly important, so it is

fundamental to provide services and support close to our customers’ needs - this is a field where we are investing heavily in. In our group, we have some twenty young IT technicians at work and we are studying - indeed already trying out - the Ferrari Group App. Another theme which is becoming crucial is that of environmental sustainability and respect, cutting down CO2 emissions: in Montecarlo and Hong Kong, we are already using our first electric armoured cars». Finally, with a look at the future of less fortunate individuals, we would like to mention the Giorgio Deiana Foundation: a non-profit organisation committed to social activities and dedicated to the memory and work of the entrepreneur who died last year, and who during his lifetime was always actively engaged in supporting projects to help disadvantaged individuals.

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Nella foto in alto: a sinistra, Giorgio Deiana, presidente e socio fondatore dell’azienda scomparso lo scorso anno, con la moglie Miranda Ferrari. Al centro, Marco Deiana, Ceo Gruppo e AD Italia, con la moglie Elena Tartara, Legal & Risorse Umane Italia. A destra, Corrado Deiana, chairman Gruppo e AD Francia / Monaco.


PEO PLE &BRAND S

In questa pagina: collana Octopus, Flex Jewel by Mariah Rovery, artista brasiliana selezionata da Donna Jewel. Pagina a lato: Laura Inghirami, fondatrice di Donna Jewel. Ritratto fotografico di Dilya London.

Nata a Borgo San Sepolcro - «patria di Piero della Francesca» come sottolinea subito con un moto di orgoglio verso il suo territorio - Laura Inghirami è cresciuta circondata dall’arte, dalla cultura e dalla bellezza, nella dolcezza di un paesaggio che tutto il mondo ci invidia. E ha imparato presto ad amare i gioielli e le pietre, nella gioielleria con annesso laboratorio dei nonni materni: «Il gioiello è legato alla mia infanzia e al rapporto coi miei nonni; forse è proprio per questo che ai miei occhi ha sempre avuto un valore prima di tutto emozionale». Influencer specializzata nel mondo del prezioso - con oltre 100 mila follower la sua è una delle pagine del gioiello più seguite nel mondo, ogni suo post raggiunge una media di 50 mila visualizzazioni con post che arrivano a più di 300 mila - ha fondato il brand Donna Jewel ed è apprezzata consulente commerciale nonché esperta di social media strategy, con un solido background di studi ed esperienze lavorative che la differenzia da tanti influencer diventati ormai veri e propri brand. Durante la laurea in Economia all’università Bocconi di Milano frequenta la San Diego State University, approfondendo le tematiche di marketing strategy e spalancando lo sguardo su un mondo con dinamiche e logiche tutte proprie. «È stata un’esperienza meravigliosa, ovunque si percepiva la forza e l’energia del Sogno Americano, quel “tutto è possibile” che in fondo è anche la mia filosofia di vita: perché davvero credo che tutto sia possibile se si crede e se ci si impegna in quello che si fa». Gli anni della formazione proseguono a Parigi («Volevo capire il mondo del lusso francese»), con un master di secondo livello con lode in International Business alla Grenoble Graduate School of Business e uno stage in una maison francese, che si conclude con la possibilità di un contratto a tempo indeterminato. «Ma a quel punto sono tornata in Italia. Ho conseguito un master in Design del Gioiello al Politecnico di Milano perché volevo capire come ragionano i creativi. In effetti la mia è una figura che media tra i creativi e il marketing: da una parte mi viene riconosciuta la sensibilità di capire i loro messaggi, dall’altra gli studi e le competenze per tradurli nel linguaggio dell’industria. Ho lavorato come responsabile esteri per un’azienda italiana e poi, sempre nell’ottica di misurarmi con ambiti lavorativi più vasti, in una multinazionale. E a quel punto mi sono sentita pronta per trasformarmi in imprenditrice. Per me essere un’imprenditrice significa prima di tutto muovermi in assoluta libertà, essere responsabile di me stessa e non essere obbligata a fare quello che altri mi dicono di fare. Ma significa anche constatare quale impatto le mie scelte e le mie azioni, come del resto qualsiasi scelta e qualsiasi azione, hanno sulla società, con il fine di creare valore». Così è nato il brand Donna Jewel, riconoscimento al valore della donna come gioiello e dei suoi gioielli. «Donna Jewel vuole promuovere l’eccellenza del gioiello in tutto il mondo. Il suo aspetto forse più peculiare è che raccoglie persone in target, per esempio buyer dei grandi department stores, influencer, designer, personaggi dello star system, collezionisti. L’eccellenza non dipende dal puro valore dei metalli o delle pietre, ma dalla visione del designer, dalle emozioni che suscita, dall’originalità del pezzo e dalle sue particolarità tecniche e io collaboro solo con le eccellenze in cui credo, siano nomi affermati o designer emergenti». Da perfetta Millennial, Laura Inghirami ha promosso Instagram come primo canale di riferimento. «Il settore dovrebbe prendere atto del fatto che la comunicazione attraverso i social è ormai cruciale, tanto quanto quella tradizionale: in realtà sono due mondi che danno i migliori risultati quando funzionano sinergicamente. Instagram parla al mondo ed è il mezzo migliore per fare scoprire ai Millennials e ai giovanissimi della Generazione Z il gioiello con tutti i suoi valori, la sua simbologia, il suo carico di emozioni. Per il settore i social sono una vera rivoluzione, ma la rivoluzione è già cominciata».

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di Antonella Garello

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LAURA INGHIRAMI MA D E IN ITA LY


PEO PLE &BRAND S

A sinistra: ritratto di Laura Inghirami realizzato da Cyrille Diatkine. In basso: collage di Laura Inghirami per Donna Jewel. Pagina a fianco: Amor Eyewear di Queenie Cao in argento con cubic zirconia, premio Donna Jewel per Artistar Jewels 2019.

Born in Borgo San Sepolcro – «the homeland of Piero della Francesca» as she immediately pointed out, feeling clearly proud of her land – Laura Inghirami grew up surrounded by art, culture and beauty, in a sweet hilly landscape envied by everybody around the world. She soon learned to love jewellery and gemstones, in her maternal grandparents’ jewellery store with an attached workshop: «Jewellery is part of my childhood and my relationship with my grandparents; perhaps for this reason it has always had more of a sentimental value to me». A jewellery influencer – with more than 100 thousand followers, her page is one of the most popular jewellery accounts worldwide, with every post averaging around 50 thousand views and posts reaching more than 300 thousand views – she founded the Donna Jewel brand and is a valued business consultant and social media strategy expert, with a solid educational background and work experience that sets her apart from many influencers who have now become real brands. While studying Economics at the Bocconi University of Milan, she also attended San Diego State University, furthering the topics of marketing strategy and opening her eyes to a world with its own dynamics and logics. «It was an amazing experience. You could really feel the strength and energy of the American Dream everywhere, that idea that you can do anything you put your mind to, which is also my own philosophy of life; I really believe that everything is possible if you believe in it and if you are committed to what you do». Her training continued in Paris («I wanted to understand the world of French luxury»), with a 2nd level Master’s Degree in International Business that she completed with honours at the Grenoble Graduate School of Business and an internship stage in a French fashion house, which ended with the possibility of a permanent contract. «But at that point I came back to Italy. I got a master’s degree in Jewellery Design from Politecnico di Milano because I wanted to understand how creatives think. In fact, what I do is mediate between creatives and marketing: on the one hand, I need to be sensitive enough to understand their messages, on the other hand I need to have the knowledge and skills to translate them into the language of industry. I was an export sales manager for an Italian company and then, always with a view to challenging myself with broader areas of work, for a multinational company. At that point I felt ready to become a businesswoman. For me, being an entrepreneur means I can work in total freedom, be responsible for myself and not be forced to do what others want me to do. It also means to see the impact of my choices and my actions – like any other choice and action – on society, with the aim of creating value». So, she created the Donna Jewel brand, which emphasises the value of women as jewel and their jewellery. «Donna Jewel aims to promote jewellery excellence worldwide. Perhaps the most peculiar aspect is that it groups people into target groups, for example big department store buyers, influencers, designers, celebrities, collectors. Excellence does not depend on the mere value of metals and gemstones, but on the designer’s vision, the emotions it arouses, the originality of the piece and its technical features, and I only work with the professionals I believe in, whether they are established names or emerging designers». As a good Millennial, Laura Inghirami promoted Instagram as the main reference channel. «The jewellery industry should be aware that communication through social media is now as crucial as traditional communication; in fact, these two worlds give the best results when they work synergistically. Instagram speaks to the world and it is the best way to show jewellery with all its values, its symbols and its load of emotions to Millennials and young Gen Zers. For our industry, social media is a real revolution, but the revolution has already begun».

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MA D E IN ITA LY

«Ho voluto premiare il gioiello dell’artista cinese Queenie Cao, un’opera emozionante che invita a guardare il mondo con gli occhi dell’amore, con uno sguardo curioso e inclusivo»

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In questa pagina: anelli di Govoni Gioielli in oro rosa con diamanti bianchi e zaffiri multicolore. Collezione Rainbow. Pagina a fianco: orecchini Isis in oro rosa con diamanti, smalto, tzavorite e tormalina rosa. Collezione Wonderland di Anapsara.

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Artwork Laura Sala Foto Orlando Pastorello

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PLAYFUL GEOMETRY di Domenico Festa


VISUAL

In questa pagina: bracciali della collezione Passion nelle varie colorazioni dell’oro con pavé di rubini, smeraldi e diamanti brown. Pagina a lato, in alto e in basso: anelli della collezione Passion nelle varie colorazioni dell’oro con pavé di diamanti bianchi e brown, zaffiri, rubini e smeraldi. Al centro: anelli in oro rosa con rubini e diamanti brown. Collezione Dreams. Tutto di Pierduca.

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VISUAL


MA M AD DEI E IN NIITA TALY LY Anelli di Alberti in oro rosa con perla, rodocrosite o tormalina centrale circondate da tzavoriti, zaffiri colorati o ametiste colorate.

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VISUAL


MA M AD DEI E IN NIITA TALY LY Pagina a fianco: anello in oro rosa con ametista e prasiolite e anello in oro rosa con citrino. Collezione Aquiloni di Astrua. In questa pagina: anello Ad Astra di Francesca Villa in oro rosa e titanio con diamanti, agata verde e stella intarsiata in madreperla.

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HOSPITALITY M ADEI NI TALY


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BEL LAG IO


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VILLA SERBELLONI

di Antonella Garello

In a scenic position, immersed in the romantic landscape of Lake Como, with marvellous Italian gardens and an outdoor pool, Grand Hotel Villa Serbelloni, the only luxury 5-star hotel in Bellagio, has been one of the most renowned hotels in the world for over a century. The central core dates back to the mid-nineteenth century and, originally, was a holiday villa in neoclassic style owned by a family belonging to the aristocracy from Milan. In 1873 the hotel was opened, which maintains all the taste and refinement of the nobility of that time: frescoes and paintings of mythological scenes, templets, small putti, panelled ceilings, period tapestries and furniture, imposing stairs and a majestic Royal Hall with precious chandeliers made in Murano glass. Rooms and suites are elegantly furnished and perfect in every minute detail. The Beauty Farm, hosted in the historical building next to the indoor swimming pool, is highly appreciated along with the Fitness Centre that, beside a traditional gym, can also offer a second one dedicated to cardio-fitness and a third for Pilates workout, a squash and two outdoor tennis courts. The offer is complemented by various cafés, bars and restaurants among which the Mistral restaurant, awarded with a Michelin star, is well worth mentioning. Travel + Leisure World’s Best Awards 2019: N. 1 Resort in Italy www.villaserbelloni.com

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GRAND HOTEL

In posizione panoramica, immerso nel paesaggio romantico del Lago di Como, con splendidi giardini all’italiana con piscina all’aperto, il Grand Hotel Villa Serbelloni, unico 5 stelle lusso di Bellagio, è da oltre un secolo uno degli alberghi più rinomati al mondo. Il nucleo centrale risale a metà Ottocento e in origine era la villa di vacanza, in stile neoclassico, di una famiglia della nobiltà milanese. Nel 1873 veniva inaugurato l’albergo, che conserva tutto il gusto e la raffinatezza della nobiltà dell’epoca: affreschi e dipinti con scene mitologiche, tempietti, puttini, soffitti a cassettoni, tappezzerie e arredi d’epoca, scalinate imponenti e un maestoso Salone Reale, con preziosi lampadari in vetro di Murano. Camere e suite sono elegantemente arredate e curate in ogni dettaglio. Molto apprezzati la Beauty Farm, ospitata nell’edificio storico accanto alla piscina coperta, e il Centro Fitness, che accanto a una palestra tradizionale dispone tra l’altro di una seconda palestra dedicata al cardio-fitness e di una terza per la ginnastica Pilates, di un campo da squash e di due campi da tennis all’aperto. Completano l’offerta i diversi bar e ristoranti, tra i quali si segnala il ristorante Mistral, premiato con una Stella Michelin.


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POG G IO ALL E MUR A


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CASTELLO BANFI

IL BORGO

di Antonella Garello

Immerso nella campagna toscana, Castello Banfi - Il Borgo è un’antica dimora storica in pietra che si affaccia sui vigneti della splendida tenuta privata: si possono organizzare tour della proprietà, che comprende anche un affascinante Museo del Vetro, e visite alle rinomate Cantine Banfi. Le raffinate camere e suite dell’hotel, tutte con magnifica vista sul panorama collinare circostante, sono dotate di ogni comfort. Caratterizzate dal soffitto con travi a vista, sono arredate con interni in stile toscano e arricchite da decorazioni realizzate a mano, tessuti pregiati e accessori esclusivi: tutti gli ambienti sono stati curati in ogni particolare da Federico Forquet, uno dei più rinomati architetti d’interni italiani. Camere e suite sono ospitate nell’originario borgo settecentesco, che conserva le antiche forme architettoniche toscane ed è armoniosamente inserito nell’ambiente. In un contesto tranquillo e rilassante, gli ospiti possono usufruire all’esterno della piscina riscaldata e di un pergolato. L’albergo mette inoltre a disposizione degli ospiti una raccolta sala lettura e una piccola palestra e vanta due ristoranti, dall’atmosfera caratteristica, dove assaporare il gusto della migliore tradizione enogastronomici locale. Nestled in the Tuscan countryside, Castello Banfi - Il Borgo is an historic stone house overlooking the vineyards of a splendid private estate; organised tours of the property include visits to a fascinating Glass Museum and to the renowned Banfi Winery. The hotel’s refined rooms and suites offer magnificent views of the surrounding hillside as well as high levels of comfort. Featuring ceilings with exposed beams, they are decorated with Tuscan-style furnishings and embellished with handmade decorations, fine fabrics and unique accessories, with every detail being thoughtfully taken care of by Federico Forquet, one of the most renowned Italian interior designers. The resort’s rooms and suites are housed in an original 18th-century borgo, which preserves its ancient Tuscan architecture and fits harmoniously into its natural surroundings. In an extremely quiet and relaxing atmosphere, guests can also use an outdoor heated pool and a beautiful pergola. The hotel also includes a cosy reading room and a small gym, as well as two traditional restaurants serving excellent local food and wine. Travel + Leisure World’s Best Awards 2019: N. 6 Resort in Italy www.castellobanfiilborgo.com

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RAV ELLO


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PALAZZO AVINO

di Antonella Garello

Incastonato nella splendida cornice della Costiera Amalfitana, in invidiabile posizione con vista mozzafiato che spazia dai monti Lattari all’intero Golfo di Salerno, Palazzo Avino, già Palazzo Sasso, ha collezionato una lunga serie di premi e riconoscimenti, che hanno confermato nel tempo l’altissima qualità dei servizi offerti. Rilevata dalla famiglia Avino nel 1995, la struttura - in origine un’antica dimora gentilizia di epoca medievale - è stata riaperta nel 1997 a seguito di un accorto restauro, che ha preservato anche suggestivi elementi di architettura moresca, come le finestre a sesto acuto, le balaustre e i portici. Suite e camere, dotate di ogni comfort, sono decorate con ceramica di Vietri artigianale, tappeti antichi e mobili del XVII e XIX secolo, mentre gli ambienti comuni sono arredati con grande gusto e raffinatezza. L’area benessere comprende una SPA, un’area fitness e una piscina situate nei giardini, e il solarium con vasche idromassaggio all’aperto. La splendida terrazza belvedere, perfetta per relax e aperitivi, è uno dei fiori all’occhiello del Palazzo, unitamente all’esclusivo Clubhouse by the Sea. Vasta anche la scelta di caffè, bar e ristoranti, tra cui spicca il ristorante Rossellinis, premiato con una stella Michelin. Su richiesta, è disponibile un servizio di limousine ed elicottero. Set in the wonderful frame of the Costiera Amalfitana, in a superb position with a breathtaking view that ranges from the Lattari mountains to the Golfo di Salerno, Palazzo Avino, once Palazzo Sasso, has collected a long series of prizes and awards that have confirmed, over time, the excellent quality of the offered services. Acquired by the Avino family in 1995, the building, originally an ancient medieval noble mansion, was reopened in 1997 following an accurate restoration that also preserved various fascinating elements of the Moresque architecture, like the pointed arch windows, the banisters and the porches. Suites and rooms, equipped with any comfort, are decorated with artisan Vietri ceramic, ancient carpets and XVII and XIX century furniture, while the common areas are furnished with a remarkable taste and refinement. The wellness area includes a SPA, a fitness centre and a swimming pool in the gardens and the solarium with outdoor jacuzzis. The marvellous belvedere terrace, perfect for relax and aperitifs, is one of the show-pieces of the resort along with the exclusive Clubhouse by the Sea. There is a wide selection of cafés and restaurants, among which Rossellinis, awarded with a Michelin star. Upon request, a limousine and helicopter service is available. Travel + Leisure World’s Best Awards 2019: N. 2 Resort in Italy www.palazzoavino.com

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di Michele Mengoli

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HOTEL DEL TEMPO MA D E IN ITA LY


HOTE LD E LTE M PO

Il mondo perfetto dei Fratini, con Sandro - nella foto in alto a sinistra - e il figlio Giulio che hanno sommato in un armonioso equilibrio le passioni famigliari rappresentate dall’accoglienza e dal collezionismo orologiero. In queste pagine alcuni dettagli dell’hotel L’O di Venezia. L’orologio in foto, pregiato pezzo della collezione Fratini, è un rarissimo Rolex “Stelline” del 1953 in condizioni museali.

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MA D E IN ITA LY Ci sono uomini che non sono classificabili per il lavoro che fanno, perché le molteplici attività che portano avanti non hanno alcuna attinenza tra loro. Tra questi uomini, talvolta, c’è un filo conduttore che li caratterizza: la passione per ciò che fanno. E per pochi di loro questa passione diventa anche coinvolgente per chi hanno intorno, per chi ha la fortuna di frequentarli. Uno di questi uomini è il fiorentino 65enne Sandro Fratini. Come detto, non è immediatamente classificabile, anche se per una delle sue passioni è diventato da tempo una vera e propria leggenda mondiale. In quale campo? Il collezionismo di orologi meccanici di alta gamma. Difatti è sua la collezione di orologi da polso, in gran parte d’epoca, più importante al mondo, con oltre 2mila pezzi – soprattutto Rolex, Patek Philippe, Vacheron Constantin e Audemars Piguet – per un valore stimato di circa 1 miliardo di euro – sì, non è un refuso: mille milioni di euro – raccolti in oltre quarant’anni di ricerca continua e costantemente di altissimo livello, con una rete capillare di osservatori/segnalatori in tutto il mondo e con uno staff dedicato, che vede al suo vertice il fiuto dello stesso Fratini e l’eccezionale savoir faire del maestro orologiaio Guerrino Fini alla manutenzione e al restauro filologico di questo incredibile tesoro. Come può valere così tanti soldi questa collezione? Semplice. Ogni orologio è una rarità. Per esempio, il Patek Philippe da polso più costoso di sempre è la Referenza 1518 in acciaio, un cronografo con calendario perpetuo battuto all’asta nel 2016 per 11 milioni di dollari. Dagli archivi di Patek Philippe sappiamo che ne sono stati prodotti solo quattro esemplari. Fratini, lei quanti ne ha di Ref. 1518? «Due – risponde lui con un sorriso – ma li ho pagati molto meno di questa cifra quando li ho acquistati tanti anni fa e a dire il vero è così per tutta la collezione, compresi pezzi unici e prototipi di vari modelli, che oggi hanno un valore inestimabile. Negli ultimi anni il valore di mercato è salito in maniera esponenziale e io ho avuto la fortuna di acquisire gran parte della mia collezione in tempi dove i prezzi erano sensibilmente più bassi». D’altronde, precisa lui: «Il valore economico della mia collezione è solo teorico perché non ho nessuna intenzione di venderne nemmeno uno. Sceglierà poi mio figlio Giulio cosa farne quando io non ci sarò più».

Un altro modo per comprendere l’eccezionalità di questa collezione? Eccola. Un orologio da polso, soprattutto d’epoca, pesa in media intorno ai 100 grammi di peso o meno ancora. Fratini, ci consenta di sdrammatizzare l’importanza del valore economico con un confronto che si fa di solito dal fruttivendolo. Quanti chilogrammi di Rolex Daytona “Paul Newman” e/o Daytona con movimenti manuali – i più rari – possiede e quanti perpetui di Patek Philippe? «Devo ammetterlo, a peso siamo nell’ordine di decine di chilogrammi». Siccome tra gli appassionati Sandro Fratini è leggenda, la sua storia collezionistica è nota e parte da un Rolex 9 carati regalato dalla nonna, si alimenta intorno ai 18 anni con il primo acquisto personale – un Universal Genève – e decolla negli anni Settanta. Il resto è storia. Fino a qui però abbiamo parlato di una sua passione, ma ce ne sono molte altre. Sono denim, real estate, hotellerie e sostenibilità del pianeta. Il denim perché la storia di Sandro Fratini è legata indissolubilmente a questo tessuto, con il padre che nel 1958 ha fondato Rifle, uno dei marchi che ha fatto la storia del jeans. Real estate perché la famiglia, da decenni, ha diversificato il business, soprattutto nel settore dell’accoglienza, con una decina di hotel di proprietà tra Firenze, Venezia e Roma – su tutti spiccano i tre “L’Orologio” nelle relative città, dove l’arredamento totalmente su misura ricorda la sua passione per le lancette – mentre la sostenibilità è legata alle bio masse, nuova sfida dei Fratini, con il già citato Giulio, 28enne figlio unico di Sandro, che dopo la laurea in ingegneria al Politecnico di Milano e Master a Londra ha affiancato il padre nelle attività di famiglia. Come si diceva all’inizio, l’unicità del personaggio, però, è legata alla passione che lo spinge (e che è coinvolgente per chi lo frequenta). Un esempio? Chiediamogli di Piazza Santa Maria Novella a Firenze... «Nei primi anni Duemila l’ho vista degradata e ho avuto una visione che si è trasformata in una delle più belle piazze d’Italia e dove adesso possediamo 5 hotel e 35 appartamenti». Ecco, in un tempo dove i grandi imprenditori italiani tendono a disimpegnarsi economicamente dall’Italia, fa piacere sapere che qualcuno va in controtendenza. Succede quando la passione è più forte della ragione. Poi, magari, diventa anche un business redditizio.

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HOTE LD E LTE M PO

Some men should not be classified by the job they do, because the many activities they are involved in have no relation to each other. Among these men, however, there is often a recurring theme: the passion for what they do. And for a few of them, this passion also involves those around them, those lucky enough to be close to them. One of these is the 65 year old Florentine, Sandro Fratini. As we said, he cannot be classified easily, although he has long become a worldwide legend because of one of his passions, collecting high range mechanical watches. In fact, he has the most important collection in the world of wrist watches, largely vintage, especially Rolex, Patek Philippe, Vacheron Constantin and Audemars Piguet, with an estimated worth of about 1 billion euro - yes, it’s not a misprint, one thousand million euro - collected over more than forty years of constant research, and always at the highest level, with a vast network of observers/informers around the world and a dedicated staff, led by Fratini himself and his

flair, along with the exceptional savoir faire of the master watchmaker Guerrino Fini supervising the maintenance and philological restoration of this incredible treasure. How can this collection be worth so much? Easy. Each watch is a rarity. For example, the most expensive Patek Philippe wristwatch of all time is the steel Ref. 1518, a chronograph with a perpetual calendar sold at an auction in 2016 for 11 million dollars. From Patek Philippe’s archives, we know that only four of them were made. «Fratini, how many Ref. 1518 do you own?» «Two», he answers with a smile, «but I paid a lot less when I bought them many years ago, and this is true actually for my whole collection, including unique items and prototypes of various models, now worth an incalculable fortune. In recent years, market value has risen exponentially - I had the good luck of acquiring most of my collection in times when prices were considerably lower. After all, the economic value of my collection is purely theoretical, since I have no intention of selling

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even one piece. I leave it up to my son Giulio to decide what to do with them when I will no longer be around». Another way to understand how exceptional this collection is? An average wristwatch, especially a vintage one, weighs about 100 grams or even less. «Fratini, let us downplay the economic importance with one of those comparisons one usually makes at the greengrocer’s. How many kilos of “Paul Newman” Daytona Rolexes and/ or manual movement Daytonas - the rarest of all - do you own, and how many Patek Philippe perpetual watches?» «I must admit that in terms of weight, we are in the order of tens of kilos». Since Sandro Fratini is a legend among enthusiasts, his story as a collector is well known, and started with a 9 karat Rolex given him by his grandmother, began to bloom when he was about 18 with his first personal purchase - a Universal Genève - and took flight in the Seventies. The rest is history. So far, we have spoken about only one of his passions, but there are others:


Nei tre alberghi L’O - strategicamente posizionati tra Firenze, Venezia e Roma - tutto richiama il mondo delle lancette che hanno fatto la storia dell’orologeria d’alta gamma: dai pavimenti alle pareti, con addirittura le maniglie personalizzate come le lancette dei Rolex tecnici e tutta una memorabilia originale vintage, per esempio l’orologio da esterni che un tempo Rolex forniva ai suoi rivenditori ufficiali.

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denim, real estate, hotellerie and sustainability of the planet. Denim, because Sandro Fratini’s history is indissolubly tied to that fabric, with his father who in 1958 founded Rifle, a brand which made the history of jeans. Real estate, because the family has diversified its business over the decades, especially in the reception field, with the ownership of a dozen hotels in Florence, Venice and Rome - especially noteworthy are the three “L’Orologio” hotels in each city, where the totally customised furniture is a reminder of his passion for watches - while sustainability is tied to biomasses, a new challenge for the Fratinis: the field where his only son, Giulio, 28, whom we mentioned above, after graduating in engineering from the Milan Politecnico and obtaining a Master’s degree in London, is supporting his father in the family business. As we said at the beginning, what makes him unique is the passion that drives him (and which sweeps up those who know him). An example? Just ask him about Piazza Santa Maria Novella in Florence... «In the first years after 2000, I saw signs of urban blight there, and I had a vision which has turned it into one of Italy’s most beautiful piazzas, and where we now own 5 hotels and 35 flats». Now, in times when major Italian entrepreneurs tend to disengage economically from Italy, it is nice to hear of somebody who does the opposite. It happens when passion is more powerful than reason. And maybe it could turn into profitable business, too.


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A LB E RT I

9 0, 9 1

A NA PS A RA

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A RNA LDO PO MO DO RO

50

A RT ISTA R JE WE LS

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A S C IO NE A ST RUA AU DE MA RS PIG U E T B U LG A RI CA PPE LLINI CA RLO BA RB E RIS CA ST E LLO BA NFI - IL B O RG O C H A NT E C LE R C RIV E LLI C YRILLE DIAT K INE DE S IMO NE

4 7 , 50 92 107 51 54 -59 39 100, 101 37 7 4 -7 7 84 50, 53

DO LC E & G AB BA NA

18-23

FE RRA RI

7 8-81

FO RT U NATO PIO CA ST E LLA NI

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FRA NC E S CA V ILLA

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G OVO NI G IO IE LLI

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G RA ND H OT E L V ILLA S E RB E LLO NI

9 8, 9 9

G U C C I

24 -29

HOT E L L’O LAU RA INGH IRA MI

105-110 82-85

LIV E RINO

52

MA RIA H ROV E RY

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NE W ITA LIA N A RT

40

O RO T RE ND PA LA Z Z O AV INO PA LMIE RO PAT E K PHILIPPE PIE RDU CA QU E E NIE CAO RO LE X S A NDRO FRAT INI VAC H E RO N C O NSTA NT IN VA LE NT INO V E RS AC E

38, 39 102, 103 41 107 88, 89 85 106 105-110 107 53

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30-35

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NOMI CITATI



®



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