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CONVEGNO | Food
by Edifis
RISTORAZIONE 2022, UN DIALOGO COSTRUTTIVO
Oltre 100 relatori, 14 eventi in programma. Dopo 4 anni, la comunità dei professionisti di foodservice e horeca è tornata a confrontarsi, in presenza. L’obiettivo? Trovare soluzioni condivise per rilanciare l’intero comparto
L’evento non ha disatteso le aspettative. L’undicesima edizione della mostra convegno organizzata da Ristorando, che si è svolta al Palazzo delle Stelline di Milano il 9 e 10 giugno, ha offerto una panoramica aggiornata sullo stato dell’arte e sulle prospettive del settore e coinvolgendo tutti i protagonisti di un mondo che rappresenta un tassello strategico dell’economia nazionale, dando lavoro a centinaia di migliaia di persone. Le conferenze delle due giornate hanno abbracciato i temi più sentiti dagli addetti ai lavori, alle prese l’attuale instabilità economica e geopolitica, fra conflitto
in Ucraina, rincaro dei costi (trasporti, materie prime, energia) e inflazione. Ha aperto i lavori un intervento di Bruno Tabacci, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, accanto al saluto di Antonio Savoia, Presidente Edifis e direttore di Ristorando. La tradizionale cena di gala che si è svolta al termine dei lavori della prima giornata, ha posto l’accento sull’importanza strategica del networking, motore di questa manifestazione dal carattere spiccatamente B2B.
I ristoratori ai centri commerciali: “Chiediamo più condivisione e sinergia”
“Un grande amore. E come tale ha anche alti e bassi”, così Roberto Zoia, presidente del CNCC ha sintetizzato il rapporto tra le due realtà: brand della ristorazione e centri commerciali. L’una non può fare a meno dell’altra ma le criticità sono evidenti, ha
sottolineato il presidente che ha offerto la massima disponibilità del Consiglio nazionale a trovare soluzioni condivise. Le parole di Zoia sono arrivate nel corso del convegno “La ristorazione ha fame! Anche nei centri commerciali. Quale futuro?”, coordinato da Roberto Bramati, Presidente SFG e Vicepresidente CNCC, con gli interventi, tra gli altri, di Andrea Cipolloni (Autogrill), Luca Pizzighella (Signorvino), Sèbastien de Rose (Grandi Stazioni Retail). “Nel periodo tra gennaio e aprile 2022 la ristorazione nei centri commerciali ha registrato -16% sul 2019. La ripresa è lenta e il problema principale è la footfall. È qui che bisogna intervenire” ha continuato Zoia. Di questo è convinto anche Alfiero Fucelli, fondatore e Presidente di Dispensa Emilia. “Nei primi 10 anni della nostra attività
Roberto Bramati, Vicepresidente CNCC abbiamo aperto solo in centri commerciali. Abbiamo comprato una cosa essenziale per una catena che nasce: il traffico”, ha detto Fucelli durante il suo intervento. “Quello che abbiamo riscontrato, purtroppo, è che non appena cala il footfall, il centro commerciale smette di condividere le informazioni. Questo non è un approccio che riteniamo costruttivo”, ha sottolineato il presidente di Dispensa Emilia, che chiede una maggiore collaborazione tra ristoratori e landlord nell’ingaggio dei visitatori e una maggiore condivisione dei dati per fare meglio, ma insieme. “I centri commerciali non sono una banca, devono ritornare a essere “commerciali”. Secondo noi è fondamentale ritornare a questa finalità principale. In questo modo, i commercianti fattureranno di più e i centri percepiranno più affitti”. Una proposta, quella di Alfiero Fucelli, apprezzata e condivisa da molti dei presenti al convegno.
Margini e risorse umane. “Cambiamo testa, serve un approccio nuovo”
La ristorazione vive un momento a due facce. Da un lato, si è rivelato uno dei settori maggiormente resilienti e si è ripreso velocemente dalla pandemia. Dall’altro, appare sempre un po’ in bilico, fra margini risicati, costi che salgono e, ora, difficoltà nel reperire il personale. Se ne è parlato nel corso di un evento di Ristorazione 2022, coordinato da Aigrim, moderato da Andrea Aiello. Oggi, alla cena fuori (o al delivery) non si rinuncia. Ma non tutto è oro. “Noi, che siamo l’entry level della ristorazione, oggi serviamo anche le famiglie, che non sono un target tipico del fast food. Nel breve, è un beneficio, ma sappiamo che non durerà. Adesso succede perché l’inflazione si sente e anche il segmento medio punta a spendere poco” contestualizza Corrado Cagnola, nella doppia veste di presidente Aigrim e country manager di KFC. Sulla perdita di appeal, a livello di reperimento del personale, un punto appare chiaro: gli stipendi italiani sono bassi, il reddito di cittadinanza funziona come freno, ma non è solo questo il motivo per cui tanti giovani non vogliono più sobbarcarsi certi lavori. La pandemia ci ha aperto gli occhi. Per cosa, e per quanto, vale davvero la pena lavorare? “I ragazzi non vanno trattati come numeri, ma come persone. Arrivano al colloquio, facciamo capire loro che possono portare valore, far parte di qualcosa e crescere” secondo Francesco Aimi, fondatore di Tertium. “Noi, per esempio, abbiamo cercato di investire in formazione. Con metodi nuovi, veloci, come i tutorial. E in effetti il personale risponde bene” suggerisce Pietro Nicastro, fondatore di Löwengrube. E i margini, come mantenerli, se non aumentarli? “In questo contesto, se già il potere d’acquisto latita, alzare i prezzi non è la soluzione” secondo David Nathaniel, fondatore di 12oz. E neppure spingere ancora sul delivery, dove lo scontrino è mediamente alto, ma poi resta poco in mano a tutti. “Noi cerchiamo di allargare l’offerta e il mix di clientela” aggiunge Cagnola di KFC. Ma non tutti concordano. C’è molto da lavorare sulla base di clientela che un brand già possiede. “Il controllo di gestione è tutto” secondo Domingo Iudice, fondatore di Pescaria. “La formazione continua deve riguardare anche noi, non solo la forza lavoro. Occorre stare al passo con i criteri di oggi. Un esempio? La relazione è digitale, non si può prescindere da una Crm ottimale. Oppure, sapersi fare da parte se serve. L’idea del temporary manager non deve spaventare. Io mi sforzo di lavorare al Sud, in Puglia, e posso testimoniare che il divario non è più tanto tra Nord e Sud, aree del Paese con diversi costi della vita, ma è tra buona e cattiva gestione d’impresa”.