Sfoglio artu gen feb 2017

Page 1

€ 5,00

Cover I Tre Cristi a Milano L’intervista Palmieri, genio della sala Alberto’s choice Osteria di Fornio

Foto: Paolo Picciotto

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

La ristorazione ragionevole

Gennaio Febbraio 2017

80


Gli Stati generali della

2017


Ristorazione ragionevole Il 3 e il 4 ottobre Artù chiama a raccolta i professionisti di cucina e di sala che fanno della “ragionevolezza” la loro mission: un grande evento che richiamerà centinaia di Chef, Restaurant manager, Sommelier, Direttori d’albergo e tutte le figure professionali protagoniste dell’offerta. Follow Artù, con i suoi convegni e tavole rotonde, sarà anche un’opportunità formidabile per le aziende del Food e del Beverage, impegnate a trasmettere il proprio valore agli operatori professionali, amplificando i propri contatti qualificati. L’evento si svolgerà presso il palazzo delle Stelline, nel cuore del capoluogo lombardo. Le aziende con i propri spazi espositivi presenteranno i loro prodotti lungo i quattro lati del chiostro, creando sinergie e contatti di alto profilo. La sera del 3 ottobre si terrà un Gala Dinner Gourmet, che vedrà coinvolti grandi Chef, durante il quale verranno assegnati i Premi alla Ragionevolezza secondo Artù.

Martedì e Mercoledì 3 e 4 Ottobre 2017 PALAZZO DELLE STELLINE Corso Magenta, 61 - Milano artu@edifis.it www.artumagazine.it


Editoriale

Verso dove? La situazione è fluida, quindi confusa, dunque in evoluzione. Lo scenario della ristorazione italiana evidenzia un grande movimento. Verso l’alto e verso il basso, contemporaneamente. Se le aperture (talvolta velleitarie) di locali ambiziosi crescono, allo stesso tempo le cosiddette “seconde linee” di grandi chef stellati evidenziano la necessità di andare incontro a una clientela che, seppur segnata dalla crisi, non intende rinunciare al gusto, all’esperienza importante, di cui poter parlare e raccontare. La proliferazione

del tutto nuova: in tempi non sospetti, Claudio Sadler, bistellato Michelin, aveva aperto il suo Chic and Quick a Milano, a pochi metri dal ristorante principale. Una evidente dichiarazione di intenti (rendere accessibile una linea di cucina importante, mantenendo qualità e esecuzioni a livelli qualitativamente alti ma più semplici e economici), che aveva anticipato intelligentemente i tempi. Chi, allora, gridava allo “scandalo” ha poi, nel tempo, dovuto adeguarsi all’immagine di grandi chef che fanno i testimonial di marche di pa-

di “osterie”, bistrò, pizzerie gourmet, macellerie e altro, riconducibili a nomi importanti del firmamento stellato rivela una incontenibile e necessaria esigenza di diversificazione, oltre al bisogno di far quadrare i bilanci. Quella che viene definita, spesso impropriamente, “gourmettizzazione”, è comunque un fenomeno di cui tenere conto. L’esigenza di semplificazione dell’offerta, peraltro, non è

tatine o di stinchi precotti o di società finanziarie. O comunque si è dovuto ricredere, di fronte a guide prestigiose che “promuovono” locali e cucine importanti a prezzi oulet. Il mondo, insomma, è cambiato. E non sempre in meglio, checchè ne dica qualcuno. Pur non arrivando a parlare di ”crepuscolo degli chef”, dobbiamo ammettere che lo chef vive una realtà dissociata, quasi schizofrenica.

2

Artù gennaio/febbraio 2017

Testimonial di campagne pubblicitarie finalizzate al business, impegnato in prima linea a “firmare” e “supervisionare”, mettendo il proprio nome sopra operazioni puramente commerciali, lo chef di grido sembra avere perso il contatto –fondamentale- con la propria missione principale, che è quella di cucinare bene, di soddisfare la clientela, di comunicare uno stile. Perciò, se appare comprensibile puntare su gratificazioni economiche impensabili stando dietro ai fornelli (fra costi generali e della materia prima molto alti, oltre che a scarsa remuneratività, basse motivazioni ecc.), va detto che la “missione” del cuoco (e del ristoratore, a maggior ragione se si tratta di chef patron) è quella di esercitare al meglio la propria professione. Utilizzando anche lo strumento mediatico (tv, giornali), ma senza mai dimenticarsi qual è il suo mestiere. Fra chi punta in alto (spesso senza avere la caratura necessaria) e chi è costretto a scendere verso il basso (con promozioni, seconde linee, pseudo trattorie griffate), mi piacerebbe che prevalesse un ritorno alla RAGIONEVOLEZZA. I segnali ci sono, ottimi: e sono quelli che più ci interessano: materie prime di alta qualità, esecuzioni perfette, piatti che si facciano ricordare, ambienti ed atmosfere all’altezza dei piatti. Nel solco della tradizione o dell’innovazione poco conta, purché il piatto esprima coerenza, schiettezza, bontà: in qualunque segmento di offerta, dal tristellato alla trattoria, ci piace cogliere passione, tensione positiva, orgoglio ed ambizione, voglia di fare bene. E, per essere ragionevoli (come ha sempre detto Paolo Teverini, lo chef di bagno di Romagna), in cucina bisogna starci. Ad ogni costo. • Alberto P. Schieppati


IL SOGNO DI

SAL DE RISO ESALTARE IL GUSTO DELLE MIE CREAZIONI MIGLIORI OFFRENDO AI CLIENTI IL MIGLIORE DEI CAFFÈ. NEL LABORATORIO DELLA MIA PASTICCERIA HO IMPARATO CHE PER CREARE QUALCOSA DI SPECIALE BISOGNA AVERE GLI INGREDIENTI MIGLIORI. PER QUESTO PER IL MIO BAR HO SCELTO ILLY. GRAZIE A ILLY DREAM MAKERS HO A DISPOSIZIONE UN TEAM DI CONSULENTI ESPERTI, CHE MI AIUTANO A REALIZZARE IL BAR CHE HO IN MENTE. E POSSO OFFRIRE AI MIEI CLIENTI IL GUSTO DI UN CAFFÈ COME NESSUN ALTRO. SALVATORE DE RISO, PASTICCERIA “SAL DE RISO” VIA ROMA 80, MINORI - COSTA D’AMALFI (SA)

VAI SU ILLY.COM/DREAMMAKERS O CHIAMA IL NUMERO VERDE 800.82.10.21


A Sommario

28

La ristorazione ragionevole

Cover I Tre Cristi a Milano L’intervista Palmieri, genio della sala Alberto’s choice Osteria di Fornio

Foto: Paolo Picciotto

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

6 News Focus food 12 Ettore Bocchia e l’olio di Borzatta L’intervista 14 Il numero uno di Bottura “La mia vita per la sala” L’opinione 19 Grignolino, querelle eterna 20 Presto, ridatemi il senso dell’ospitalità 22 Cile, appunti di viaggio Case history 24 Successo del Mandarin: squadra e passione COVER 28 Tre Cristi a Milano, talenti alla riscossa Focus food 32 Riso Buono. Il riso che piace agli chef 36 Turin Palace, risveglio gourmet 40 Lisbona, chef all’assalto (altro che saudade…) La foto di Cioffi 45 Ezio Indiani Focus beverage 46 Gaudianello, l’acqua mediterranea Focus wine 48 Cesarini Sforza. Riserva d’annata 50 Casino di Caccia fra le vigne 52 La Valentina, l’Abruzzo inedito La ricetta di Artù 56 La trota di Ghezzi Accueil 56 The Halkin a Londra, le “istruzioni di Arzak” Equipment 62 Diva in tavola Gusto e mercati 64 Quell’etichetta ci emoziona… 66 Pillole Libri 68 Tributo al grande Tachis e tradizione lombarda Alberto’s Choice 70 Osteria di Fornio. Emozioni autentiche in Food Valley

€ 5,00

80

www.artumagazine.it

In copertina: Un piatto di Dario Pisani, chef del Tre Cristi di Milano: Gambero crudo di Mazara del Vallo al sentore di brace. La decorazione: nero di seppia, aneto, fiori e maionese. Dario Pisani, napoletano, 25 anni, annovera importanti esperienze presso chef del calibro di Gualtiero Marchesi, Enrico Crippa, Carlo Cracco (foto di Paolo Picciotto).

Artù n°80 - Gennaio - Febbraio 2017

Gennaio-Febbraio 2017

Gennaio Febbraio 2017

80

direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

40

36

4

Artù gennaio/febbraio 2017

14 58


Chiusura innovativa separabile (patent pending)

100% made in Italy

5

ArtĂš gennaio/febbraio 2017


News Pommery: nuova carica per Mimma Posca Mimma Posca, attualmente CEO di Vranken-Pommery Italia dal 2013, a partire dal 1 febbraio 2017 assumerà l’importante ruolo di Diret-

tore dell’International Range Prestige, mantenendo comunque la sua posizione nella filiale italiana. Tenacia, determinazione, abnegazione e propensione all’eccellenza e al risultato sono le attitudini che le vengono riconosciute, tutte caratteristiche maturate attraverso un impegnativo quanto brillante percorso professionale.

La tradizione in scena a Gourmarte La manifestazione, dedicata al meglio dell’enogastronomia, è andata in scena con la degustazione di oltre 100 prodotti eccellenti realizzati dai produttori suddivisi tra Maestri, Custodi ed Esploratori del Gusto a seconda dell’etica e della filosofia delle rispettive aziende. Nel contempo le 8 cucine a vista hanno alternato 24 tra gli chef più rinomati del panorama italiano, tra i quali, i fratelli Chicco e Bobo Cerea con “Polentina bianca con merluzzo d’Alaska all’Amatriciana”, Roberto Conti con “Gnocchi croccanti, Parmigiano e caviale Trussardi”, Ilario Vinciguerra con “Polpo alla tempura di panko e maionese”, Philippè Leveillè con “Cubismo di lingua salmistrata, salsa verde e verdure in agrodolce”, Claudio Sadler con “Aletta di vitello cotta a bassa temperatura con salsa di uva rossa, polenta di Storo e funghi pioppini” e Vittorio Fusari con “Ravioli di brodetto con crostacei, pesci di scoglio, consommé di scampi e acqua di mare al cardamomo”. A confermare poi il successo del Taste&Store, format ideato dal nostro collaboratore Elio Ghisalberti, è stata l’affluenza dei tanti che si sono recati nel polo fieristico di Bergamo per incontrare più di 60 produttori di eccellenze e conoscerne le storie, assaggiare le tipicità – partendo dalla Lombardia per arrivare in Puglia, esplorando Sicilia e Calabria passando per Emilia Romagna e Toscana –, acquistarle e assaggiarle nell’esclusivo Ristorante dove gustosi piatti sono stati abbinati ai calici di Franciacorta, Lugana e Valtellina proposti dai rispettivi Consorzi. La partecipazione è stata ampia anche per gli show Caffè Milani ha fatto il suo esordio a Sigep, proponendo ai visitacooking e le lezioni di cucina tori professionali una pausa di gusto con le sue migliori miscele. organizzati da Accademia del GuLo stand di Caffè Milani ha voluto infatti essere un momento di sto, per i 15 assaggi guidati da incontro e di pausa all’interno dei ritmi intensi della manifestaautorevoli esperti nell’area di zione. In primo piano, le due principali miscele: Gran Espresso Regione Lombardia su prodotti ri- che racchiude 80 anni di esperienza nell’arte di selezionare, gorosamente artigianali e – novità tostare e miscelare i migliori caffè provenienti da Brasile, Centro dell’edizione 2016 – e anche le America, Etiopia, Kenya e India – e Action Espresso Bio – che presentazioni delle autorevoli Guisoddisfa quella fetta di mercato alla ricerca di prodotti naturali -. de ai migliori vini d’Italia, curate A ciò si unisce la qualità di una miscela 100% arabica realizzata da L’Espresso, AIS Lombardia e con caffè selezionati provenienti da Brasile, Etiopia, Indonesia e Seminario Veronelli. Un’edizione Perù. Nota curiosa: nel retrogusto si coglie un aroma insolito e da ricordare che si è chiusa con piacevole di tabacco. apprezzamenti di critica e grande afflusso di pubblico. G.M.

Caffè Milani, le miscele al Sigep

6

Artù gennaio/febbraio 2017


Diva

Diva è il risultato di un costante e assiduo confronto con i piÚ grandi chef del mondo, che trovano nella nostra produzione standard qualitativi senza precedenti. La leggerezza, la trasparenza, ed il nuovissimo effetto biscuit, donano un inimitabile contrasto tra il ruvido e il levigato: il risultato sono piatti unici, mai totalmente uguali tra di loro. Ogni pezzo è lavorato a mano da veri artigiani italiani, che amano e rispettano il proprio lavoro

Royale Srl

|

Via del Seprio 40/A

|

Lomazzo (Como)

|

T 0296779645

|

www.royale.it


News

Sorgentedelvino. A Piacenza i vini “naturali”

I vini Ciù Ciù e i piatti di Sadler

Da sabato 11 a lunedì 13 marzo 2017, a Piacenza, si svolgerà la nona edizione di Sorgentedelvino LIVE – vini naturali, tradizione, territorio. Tra le aziende presenti quest’anno non solo i nomi storici del vino naturale italiano, ma anche nuove proposte e giovani viticoltori scelti dall’organizzazione che, per questa edizione, dedicherà uno spazio speciale a Umbria e Sardegna. Anche per questa edizione, il leitmotiv resta quello delle scorse: “Il vino si fa nella vigna”.

Sinergie del food tra Giappone e Italia

I vini dell’azienda vitivinicola Ciù Ciù di Offida (AP) sono stati abbinati a uno speciale menù pensato appositamente dallo chef pluristellato Claudio Sadler. Quattro portate, dall’antipasto al dolce, abbinate ad altrettanti vini della cantina, sono state presentate da Claudio Sadler insieme a Walter Bartolomei, titolare dell’azienda Ciù Ciù, in un evento tenutosi a Milano. L’azienda vitivinicola Ciù Ciù da oltre vent’anni produce vini con metodo biologico nei 150 ettari di vigneti di proprietà che si estendono dal Mare Adriatico fino alle colline del Piceno. Il terreno ha a mano a mano ricreato il suo naturale ecosistema, portando alla rinascita di molte erbe spontanee, alcune delle quali sono state utilizzate per creare i piatti di Claudio Sadler.

JETRO ovvero Japan External Trade Organization, ente semi-governativo fondato nel 1958 ha organizzato, dopo il successo ottenuto con il Padiglione Giappone a Expo che ha registrato più di due milioni di presenze, un open day dedicato ai professionisti e alla stampa di settore per favorire sinergie tra Giappone e Italia. Ogni produttore ha presentato e fatto degustare selezionate eccellenze per farle conoscere in modo più approfondito. I nostri assaggi hanno spaziato da Ginkakuji Onishi che ha proposto carne Wagyu, dell’area Kansai a ovest del Giappone, a Shimozono Satsuo Syouten dei maruboshi ovvero pesci secchi di sardine e shibaebi gamberi arrostiti. Michimoto Foods Products realizza diverse versioni di daikon (ravanello bianco) e Yabu Partners una varietà di pepe Asakura Sansho dal gusto piccante e profumo di limone. Per quanto riguarda Hakutsuru tre tipologie di sake. Dal Awayuki sparkling con soli 5% di alcol al Sayuri un Junmai Nigori non filtrato, al Nishiki un Junmai Daiginjo ottenuto da un particolare tipo di riso Nishiki, tutti e tre molto piacevoli. G.M.

ProWein 2017: pronti al via In linea con lo slogan “To Another Great Year” ProWein, si terrà a Düsseldorf, dal 19 al 21 Marzo 2017, – ProWein, che in questa edizione vedrà la partecipazione di oltre 6.300 espositori provenienti da 60 nazioni. Di questi, circa la metà sono francesi e italiani. Quanto al programma, sono previste numerose degustazioni e iniziative speciali, come la Champagne Lounge di alto livello, che prevede la partecipazione di 40 case tradizionali di Champagne. La mostra speciale “same but different” presenterà invece le idee innovative in fatto di produzione di vini e relativa commercializzazione. Nell’area Packaging&Design, infine, saranno esposte le ultime tendenze di questo settore.

8

Artù gennaio/febbraio 2017


Milano si prepara al White Spirits Festival

Vetro, servizio perfetto Anche quest’anno Coca-Cola renderà speciali i momenti di consumo nell’Out of Home con la linea in vetro da 33cl dedicata alle sue referenze Coca-Cola, Coca-Cola Zero, Coca-Cola Life, Sprite, Fanta Aranciata e Fanta Lemon. Il vetro è un pack iconico, percepito dai consumatori come il migliore per gustare le bevande Coca-Cola: un’opportunità che i ristoratori hanno per offrire un’esperienza di consumo premium ai propri clienti. Oltre all’introduzione del nuovo pack, esclusivo per il canale HORECA, per valorizzare al massimo il gusto Coca-Cola è nato il rituale del servizio perfetto, ovvero la modalità ideale per servire la bevanda, al top delle sue potenzialità se accompagnata al cibo: la bottiglia in vetro alla temperatura di 3°, un classico bicchiere Coca-Cola, ovviamente in vetro, tre cubetti di ghiaccio ed una fetta di limone. Gli ottimi risultati ottenuti lo scorso anno, con maggiore marginalità e rotazioni più elevate rispetto alla lattina, hanno reso entusiasta l’intera filiera: una vittoria per noi e per i nostri partner in business.

Sabato 25 febbraio, a Milano, presso la sala Le Baron dell’Hotel Marriott, andrà in scena la seconda edizione di Milano White Spirits Festival & Cocktails Show. Saranno ospitate oltre 2000 etichette e i visitatori potranno degustare cocktail a base di gin,

tequila, vodka, mezcal, cachaca e rum. Rinomati bartender si esibiranno in virtuosismi destreggiandosi tra bicchieri e bottiglie, dando vita a cocktail speciali dedicati all’evento con miscelazioni ardite. Anche quest’anno, l’ingresso è gratuito previa registrazione online sul sito o direttamente all’entrata, con la possibilità di acquistare il kit di degustazione.

Gourming: la gastronomia francese con un clic Lo scorso 18 gennaio Parigi ha ospitato il lancio internazionale di Gourming, il progetto di e-commerce del Gruppo Le Duff rivolto a ristoratori, albergatori, grossisti, distributori e professionisti. Gourming vanta un patrimonio di 250 produttori, 5.000 prodotti referenziati, 600 specialità regionali, 300 prodotti di agricoltura biologica e 140 prodotti certificati, accumunati dai valori di qualità, sicurezza e tracciabilità. In pochi clic è possibile realizzare una spesa a base di prodotti artigianali francesi poco accessibili all’estero.

9

Artù gennaio/febbraio 2017


News

Peck, il pranzo della domenica «Sine dominico non possumus». Anche il mondo della gastronomia ha la sua sacralità, specialmente se la proposta di un menu domenicale proviene da un attento e creativo chef che, con uno sguardo vigile ai piatti che appartengono alla tradizione, ricerca, con una vispa e brillante curiosità, la loro interpretazione più contemporanea. Anche di domenica, dal milanese Peck di via Spadari, si fa festa celebrando, di fronte ad un pranzo che nasce dalla sapienza culinaria dell’Executive Chef Matteo Vigotti, di riconoscere il piacere dell’esaltazione delle virtù dei migliori ingredienti di stagione. Forse, anche la vostra nonna era usa a preparare la crema di patate; ma quando questi tuberi provengono da coltivazione in suoli di montagna fortemente mineralizzati, l’esperienza di un piatto così romantico si trasforma in piacere puro, specie se reso più sapido da lardo al rosmarino e da funghi porcini preparati in vasocottura. Con questa coccola per il palato, adatta anche ai vegetariani e agli intolleranti, come, del resto, ogni altra proposta, si è inaugurato il menu de “Il Pranzo della Domenica” da Peck che, fino a metà marzo, si arricchisce di un piatto composto da minuti quanto saporiti gnocchi alla barbabietola, un’altra gioia di stagione, con asparagi bianchi e robiola di Roccaverano, seguito da una strepitosa e succulenta punta di vitello al miele di castagno circondata da funghi e ortaggi dai colori avvolgenti. La volontà dello chef di stupire, assecondata dal conte Pietro Marzotto, proprietario del tempio della gastronomia, non si esaurisce qui: i commensali vengono sorpresi dalla piacevole improvvisazione di un odoroso inebriante coccio di gamberi allo zafferano con cannellini e spugnole. Chissà che cosa partorirà ancora, in queste settimane, l’estro dello chef, in un pranzo che anticipa l’arrivo della primavera, seducente coi suoi profumi, i suoi aromi e il suo bouquet di colori: barbecue in tavola, zuppa di pesce, alghe e molluschi ed altre specialità conviviali. Chiusura degna per un dolce che va oltre il rispetto della stagionalità degli ingredienti e stavolta sconfina nella infinita dolcezza della cioccolata versata sopra ad una composizione di zucca e amaretti. «Ho dei gusti semplicissimi, mi accontento sempre del meglio»: come se Oscar Wilde avesse avuto l’esperienza gastronomica del Pranzo della Domenica di Peck. Viviana Persiani

10

Artù gennaio/febbraio 2017

Due premi per Cantina Tollo In occasione della 21esima edizione di Mediastars, il premio tecnico dedicato alla pubblicità italiana, Cantina Tollo si è aggiudicata due premi per il nuovo sito web. Il riconoscimento “special star”, dedicato ai professionisti, è andato a Gianluca Signaroldi di Unsocials, partner di Homina Srl, agenzia di comunicazione e relazioni pubbliche di Bologna che ha curato il progetto della nuova presenza online della cantina. Il secondo riconoscimento è invece andato alla capacità di aumentare la visibilità del sito sulla rete, ottenuta sia valorizzando i singoli vini della cantina, sia il ruolo di azienda ambasciatrice dell’Abruzzo nel mondo. ________________________

illycaffè tra i pasticceri Durante la 38esima edizione di Sigep, il Salone Internazionale di Gelateria, Pasticceria e Panificazione Artigianali, illycaffè ha presentato la propria offerta per il canale bar e pasticcerie in uno spazio suddiviso in cinque aree tematiche: Espresso illy, Cold Beverages, Hot Beverages, Iperespresso Professional e Retail. Posizionato a fianco della Pastry Arena, centro nevralgico del Sigep e teatro degli eventi con i pasticceri dell’AMPI, illycaffè è stato l’unico torrefattore a essere presente nel padiglione dedicato alla pasticceria.


Veuve Clicquot tra passato e presente

cometa, invece, il pensiero va al 1811, anno di una vendemmia eccezionale, in cui una cometa attraversò il cielo. Tre anni dopo, Madame volle la cometa su tutti i tappi delle bottiglie. Infine l’ultimo visual: nel 1877, con lo stesso spirito audace e avanguardista di Madame Clicquot, la Maison si contraddistinse apponendo un’etichetta gialla sulle proprie bottiglie. Un’etichetta diventata un simbolo. La campagna si completa con “Let life surprise you”, la prima campagna digitale della Maison, curata dal regista Peter Glanz e dall’agenzia creativa Rokkan che si compone di due filmati “On Negotiating” e “On Making an Impression” - che mescolano passato e presente. Protagonista l’attrice Juliet Binoche e, naturalmente, Veuve Clicquot. E.S.

Buon Ricordo. Ecco le new entry

A Ristorexpo l’enogastronomia ancestrale

Ristorante Al Sole di Forni Avoltri (Udine), Ristorante Osteria La Pergola di San Daniele del Friuli (Udine), Storico Ristorante Al Ponte di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Ristorante Hotel Camino a Livigno (Sondrio), Osteria di Fornio di Fidenza (Parma), Trattoria Il Francescano di Firenze, Hostaria di Bacco di Furore (Salerno). Sono questi i 7 nuovi ristoranti che entrano a far parte nel 2017 dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo. Sono cento dunque i ristoranti associati al sodalizio fondato nel 1964, per salvaguardare le tante tradizioni e culture gastronomiche italiane.

L’Enogastronomia Ancestrale è il tema portante dell’edizione 2017 di Ristorexpo (Lariofiere, dal 12 al 15 febbraio), la Mostra che da anni rappresenta un appuntamento fisso per tutto il settore Ho.re.ca. «Ancestrale è riferito ai profumi, agli odori, ai sapori e alle sensazioni che fanno parte della nostra storia e che talvolta non riusciamo ad individuare. – ha spiegato Giovanni Ciceri, Presidente di Lariofiere, ideatore e curatore della mostra – Siamo convinti che attraverso il recupero di questi elementi possa sorgere una nuova forma di enogastronomia che ha le fondamenta nel nostro passato e nel già vissuto dei nostri avi. Insomma, la ristorazione del futuro può svilupparsi mettendo in primo piano le emozioni positive del passato che non sono solo quelle portate dal cibo ma anche quelle che vanno al di là della materialità».

11

Artù gennaio/febbraio 2017

Claudia Calegari

Claudia Calegari

Clau d

ia Ca

lega

ri

L’ospitalità del brand manager Carlo Boschi, l’avvincente storia di Madame Cliquot, un negozio che vende capi vintage nel cuore di Milano - Cavalli e nastri – e, naturalmente, lo Champagne. Con questi ingredienti Veuve Clicquot ha presentato la nuova campagna pubblicitaria della Maison, incentrata su Barbe-Nicole Clicquot Ponsardin. Rimasta vedova a soli 27 anni, la giovane donna si mise al timone dell’azienda del marito – era il 1805 – portandola dove è oggi. E sono proprio i momenti salienti di questa storia di successo ad aver ispirato “Let life surprise”, la nuova campagna di Veuve Clicquot. Con quattro visual - firma, ancora, cometa e etichetta gialla - il fotografo Craig McDean ha posto in luce gli emblemi chiave della Maison, facendoli interagire con Madame. Ed ecco che il primo visual ricorda un momento storico: Madame Cicquot che decide di apporre la propria firma su ciascuna bottiglia. Il secondo soggetto ricorda invece un altro importante simbolo della Maison: alla fine del 18esimo secolo, il fondatore Philippe Clicquot, scelse come emblema un’ancora, simbolo di speranza nel futuro. Con


Focus food

Ettore Bocchia e l’olio di Borzatta Lo chef stellato del Mistral di Bellagio e gli olii monocultivar I&P di Paolo Borzatta si sono incontrati durante una cena memorabile, con la proposta del menù “Canone inverso” di Bocchia. Perfetti gli abbinamenti olio-cibo. A fine serata si è svolto un dibattito in cui sono emersi i temi della “ragionevolezza secondo Artù”.

Una serata memorabile per pochi ospiti, giornalisti e gourmet: la cena 2016 Club Ambasciatori I&P si è rivelata un successo. Protagonista della serata all’ InKitchen di via Adige, a Milano, una straordinaria carrellata di oli extravergini d’oliva monovarietali prodotti “in purezza” nel frantoio di Paolo Borzatta, manager e imprenditore di mestiere, produttore di olio per passione nel Viterbese (www.iandp. it). Borzatta ed Ettore Bocchia, chef executive del “Mistral”, una stella Michelin al Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio, hanno realizzato questa serata in cui la coppia ha messo in scena una pièce gastronomica di altissimo livello, destinata comunque a fare notizia. Lo chef del Mistral (nato in provincia di Parma) ha presentato il suo menù “Canone Inverso”, ovvero una incredibile sequenza di piatti la cui eleganza e armonia resterà nella memoria dei fortunati che ne hanno goduto. Perché “inverso”? Perché si comincia dal dessert per arrivare al Culatello (Riserva personale Ettore Bocchia). Dal dolce all’antipasto, si potrebbe dire La cena

Qui sopra: un momento della serata all’Inkitchen di Milano. A destra: Andrea Arienti e uno chef del Mistral durante la preparazione della cena “Canone inverso”.

– che ha visto lo straordinario olio di Borzatta come filo conduttore - è stata introdotta da eccellenti bruschette all’olio con tartufo bianco d’Alba. Il menù è proseguito con: il biscotto al cioccolato all’olio d’oliva crema di caprino pere fondenti sedano candito sorbetto raffreddato all’azoto liquido olive disidratate (Grand Cru Gioacchina/Caninese); la scaloppa di foie gras (mitica) in olio d’oliva con fave novelle germogli di pisello e spuma alle mandorle (Cru Piscine Maurino); gli scampi fritti in olio d’oliva alla pizzaiola, patate ratte schiacciate all’olio d’oliva e buccia di limone germogli d’origano (Grand Cru Musignano/Caninese); I cappelletti di pasta senza uovo ripieni all’olio d’oliva in brodo ristretto di tonno bottarga di Favignana

12

Artù gennaio/febbraio 2017

e funghi (Olio, Grand Cru Gioacchina LEC/Leccino); il Culatello (Olio Forte&Eccelso/cuvée del Fondatore; Vino, idem). Alla fine, inatteso, il fondente al gianduia amaretti olio d’oliva e sale grezzo (Olio Grand Cru Morone/Caninese). C’è ancora tempo per una chiacchierata su dove sta andando la cucina italiana. In premessa, Alberto Schieppati, abilmente stuzzicato da Borzatta, ha sottolineato la necessità di ragionevolezza nella ristorazione contemporanea, ribadendo –d’accordo con Ettore Bocchiache c’è ancora molto da fare per trasmettere il “valore economico della qualità delle materie prime”. Da parte sua, il critico d’arte Luca Sommi, ha ribadito il valore di Ettore Bocchia e il suo talento da vero innovatore. T.S.



L’intervista

Il numero uno di Bottura “La mia vita per la sala” di Maurizio Bertera

Giuseppe Palmieri racconta ad Artu’ perché l’organizzazione nasce da esperienza e passione Piccolo profilo, altissime prestazioni: il manifesto di Giuseppe Palmieri, classe ‘75, materano. Per tutti è Beppe, ‘semplicemente’ il direttore e sommelier del primo ristorante al mondo, l’Osteria Francescana. E’ lì da sedici anni, assunto da Massimo Bottura dopo un pranzo alla Locanda Solarola: il cliente al tavolo è un cuoco modenese sul punto di mollare il colpo, in sala c’è un ragazzo del Sud pieno di ambizioni. Quando Palmieri - due mesi dopo - entra in via Stella 22, inizia un sodalizio già da leggenda, case history planetaria ma anche tipica storia di provincia. Oggi, Beppe ha un’agenda telefonica che tre quarti dei potenti l’Osteria Francescana è stata decretata italici si sogna e la capacità di pensare semn.1 per la The World’s 50 Best Restauranpre (e in grande) come l’artista che crea in cuts – sarebbe una sciocchezza. Eravate un cina “a cui devo tutto: un debito inestinguibile riferimento, ora siete mito. Quindi? di fiducia, la visione continua e soprattutto il Quindi tutte le medaglie sono in una stanza palato mentale” sottolinea. Da tempo è impedel ristorante, ma le sentiamo eccome. La gnato - quasi ossessivamente - per trovare un forza della Francescana è che un traguardo futuro per la sala italica. Non lo fa a parole, conquistato motiva immediatamente a inseaiutato da illustri colleghi. Bisogna ascoltarlo: guire quello successivo, dalla prima stella Miora parla di vino con De Niro e spiega i piatti chelin a oggi è sempre stato così. Sentiamo a Hollande, ma la sua carpiù responsabilità, questo sì. riera, da emigrante, è pasPerché chi viene da noi, si “All’Osteria sata per Villa Crespi come in aspetta qualcosa di straoralberghi mediocri e pizzerie dinario. Francescana terribili. “Nei momenti pegE questo non crea tensiocrediamo e giori, e ne ho avuti un sacco, ne? ho sempre creduto che un No, perché abbiamo ancolavoriamo secondo giorno avrei diretto un ristora la magia. Non siamo né una logica di rante incredibile come quesaremo mai un ‘museo gasto”. Ce l’ha fatta. ma un posto che condivisione di valori stronomico’ Caro Beppe, dire che qui vuole regalare sorprese ed e obiettivi” non è cambiato nulla dal emozioni. Recentemente, ho 14 giugno 2016 – quando invitato una coppia in cucina

14

Artù gennaio/febbraio 2017

dopo cinque minuti che era al tavolo: avevo scoperto che era il compleanno della signora e volevo farle un augurio unico. La brigata intera l’ha accolta con un urlo assurdo che l’ha commossa, sconvolgendo gli altri ospiti. Ma in un tre stelle Michelin si fa questo casino? In effetti… Ma il ristorante numero uno del mondo deve essere così! Non è un tempio ma un posto Lper stare bene e raccontarlo in giro. Bisogna smontare e rimontare il servizio ogni giorno, per due volte, considerando che un tavolo è sempre diverso dall’altro. Poi, sai, nel settore ci guardano come i Rolling Stones ma sostanzialmente siamo ancora dei ragazzini, cresciuti insieme. Con una fatica bestiale ma tanta, tanta passione. Insieme. Una parola che ricorre spesso

Nella pagina a lato: Giuseppe Palmieri, direttore e sommelier del ristorante: l’Osteria Francescana; in alto: la sala del tristellato modenese.


15

ArtĂš gennaio/febbraio 2017


L’intervista quando parli della Francescana. E’ vero. Ma solo negli ultimi anni abbiamo trovato l’assetto giusto. In precedenza mi sentivo un po’ come Ibrahimovic, il faro che risolve la partita… Ma sono molto più contento ora, visto il risultato del mio lavoro sul gruppo. Non siamo il Barcellona pieno di stelle ma la Sampdoria di Boskov, con qualche campione e tanti buoni giocatori. Tranquilla, felice di giocare bene, con la consapevolezza che si vince solo insieme e faticando tanto. Da qui nasce l’organizzazione orizzontale del servizio? Ho iniziato a pensarci sette anni fa, non mi convinceva più quella verticale: era inadatta per un locale come questo, dove lavorano otto persone. Meglio mettere tutti sullo stesso piano, che siano giovanissimi o veterani con cinque o otto anni di esperienza: si rischia di più sul breve ma poi si crea un gruppo formidabile che rimedia all’errore del singolo e non lo scarica. Chi fa il mio lavoro, sa che il problema non è trovare gente – anche molto brava – ma tenerla insieme sul lungo periodo. E solo dopo tanti anni puoi avere una sala ai massimi livelli. Quindi il gruppo sopra tutto? Sì. Ma mettendo il singolo in condizioni di tirare fuori il meglio, un lavoro complicato dove contemplare la libertà di sbagliare. Perché chi ha energia positiva – più importante del talento puro - e si impegna, alla fine emerge: ho preso ragazzini che non riuscivano a parlare in

Gli abbinamenti Sono circa 1.600 le etichette nella cantina del ristorante più famoso al mondo. “Tante ma non troppe, non è un cimitero come avviene in altri grandi ristoranti: dopo 16 anni di lavoro, la considero in ottime condizioni perché abbiamo fatta una programmazione seria sul futuro e non comprando così per comprare” Beppe Palmieri è sommelier esperto e coraggioso, critico con se stesso e la categoria. “A volte, esibiamo la coda come i pavoni nel proporre il vino e non ci concentriamo sul vero obiettivo che è dare profondità a un piatto – spiega – ecco perché mi sono sforzato con il tempo di fare due passi indietro e dedicarmi alla ricerca dell’abbinamento ideale con la cucina di Massimo: un esercizio difficile ma entusiasmante”. Per farlo, c’è stata la ricerca dell’armonia non attraverso la classicità ma per contrasto, senza prevenzioni e con la visione identica a quella dello chef modenese”. Sui tavoli della Francescana si sono visti (e si vedono) cocktail - il vermouth bianco Dibaldo, mixato con acqua brillante, limoni di Sorrento e sale alla vaniglia – come la birra artigianale Beltaine (figlia dell’Appenino bolognese) che si presta ad accompagnare La parte croccante della lasagna, piatto cult. E ancora il succo di puro di rabarbaro per Le rane nello stagno o il distillato di genziana per Omaggio alla Normandia: ricetta incredibile dove il battuto di agnello presalé si accompagna a un’emulsione di acqua filtrata di ostriche, caviale e olio extra vergine d’oliva, alghe fresche e granita di mela. “Qui la regola imponeva un vino minerale, secco. Ma ho scoperto che quell’antico distillato, messo in frigo a tre gradi, rappresentava l’ideale: i clienti restano basiti da profumo e sapore, rispetto al piatto”. Ma pensando alla scolastica del vino, l’abbinamento più clamoroso ci sembra quello tra il Culatello e il Sauternes. “Con il tramonto della scaloppa di foie gras, la leggenda era finita in cantina: troppo demodé per una cucina mutata clamorosamente. Poi un giorno, intuisco che lo straordinario Culatello in carta non deve per forza essere servito con il Lambrusco: il mio palato mentale immagina un vino dolce, minerale, rustico che si ‘sposi’ benissimo con questo salume grasso, intenso, che proponiamo con la mostarda e lo gnocchino fritto pennellato al miele. Ed ecco che siamo andati a riprendere il Sauternes, impolverato sullo scaffale.”. Detto questo, nella cantina della Francescana, il cuore di Palmieri batte per le storie vecchie e nuove. di passione. “Sono innamorato della Borgogna di Madame Leroy come della Sicilia di Arianna Occhipinti, una ragazza italiana che si è fatta conoscere nel mondo in pochi anni”. Giusto così.

sala e si muovevano come orsi. Oggi illustrano i piatti in un perfetto inglese e sembrano ballerini. Se non investiamo sul presente, come prepariamo il futuro della sala? Eccoci alla tua storica preoccupazione. Per questo motivo, con famosi colleghi, hai fondato Noi di Sala: nessuno sino a quel momento si era mosso. Perché? Per la storica inferiorità della nostra sala rispetto alla cucina quando invece merita l’identica attenzione e vanta una storia straordinaria alle spalle. Da oltre un secolo siamo i migliori. Soprattutto ora che i cuochi italiani non sono mai stati così bravi – i numeri uno al mondo, è tempo di riconoscere al servizio il ruolo che merita. Sennò tutto il talento degli chef andrà disperso nel prossimo decennio. E le cantine non saranno quelle di adesso. Volete salire sul palcoscenico, in definitiva… Penso sia giusto che tutto il settore – intendo

16

Artù gennaio/febbraio 2017


“Nuovi progetti” secondo tradizione

organizzatori di congressi, chef, imprenditori e media – investa più tempo e maggiori risorse per la sala. E che il riconoscimento ‘pubblico’ faccia parte di questo: visto che il successo di un locale passa per la cucina e il servizio come si fa a non sottolinearlo? Io ritengo che nel momento in cui i cuochi salgono sul palco, c’è posto anche per noi. Ma non per l’applauso di oggi, semmai per la comunicazione sul domani. Maitre e chef pari sono? Grande provocazione. No, io per primo mi sento un gregario di Massimo. E vivo un passo indietro a lui, anche due quando lui esce in sala. Né voglio creare dei fenomeni autoreferenziali ma persone capaci e innamorate del loro lavoro. Ma la gente deve capire che la sala ‘dedica’ una vita per la cucina, che si lavora dalle 9 del mattino alla una di notte insieme ai cuochi, che un cameriere è poeta e psicologo. Siamo noi ad avere un rapporto diretto con il cliente. Come in un teatro. Questa è interessante. Noi andiamo in scena, tutti i giorni. Pranzo e cena: due spettacoli dove gli attori sono gli stessi e il copione uguale. Ma lo devi raccontare in modo sempre diverso, mettendoci la faccia e non pensando ai tuoi problemi: io per

In alto: lo staff al completo de l’Osteria Francescana; in basso a sinistra: un altro scatto della sala.

primo, quando indosso l’abito di servizio, entro in un ruolo e dimentico il mondo. Il bravo uomo di sala conosce la fatica ma è sereno, regala il meglio in situazioni difficili, di tensione. L’obiettivo è uno solo: far tornare il cliente, perché ha avuto un’esperienza straordinaria. Farlo venire non è un’impresa, soprattutto alla Francescana. Ma l’emergenza-sala, come la definisci tu - è finita? Vedo dei segnali importanti. Ci sono giovani capaci e in crescita. Ci sono direttori eccezionali come Alberto Tasinato, Mino Reitano, Matteo Zappile e mi scuso per le dimenticanze. Però ci vogliono la comunicazione e il riconoscimento di quanto facciamo. Ripeto: per il futuro, senza mai dimenticare il nostro ruolo. Penso a un modello come Antonio Santini, eccezionale di suo ma che si mette al servizio di una delle migliori cucine del mondo, scegliendo anche grandi vini. Ed è sempre lì, sul ponte di comando. Perché siamo noi che diamo ai cuochi la possibilità di girare il mondo per il bene del ristorante e della cucina italiana. Bottura in questo è in prima fila. Quando manca, cosa succede?

17

Artù gennaio/febbraio 2017

“Non ci sono mai ma ho deciso di ritagliarmi uno spazio, creando dei locali fuori dal comune - che ricordano il mio vissuto - e affidandoli a dei ragazzi bravissimi”. Palmieri spiega in questo modo l’attività di imprenditore del wine & food che si articola sulla società Glocal (che è anche il nome del suo blog, molto seguito dagli addetti ai lavori) impegnata nella vendita online - di vini, oli e aceti a privati- e su concept di successo. Il più noto è Generi Alimentari Da Panino, in rua Freda 21, a pochi metri dalla Francescana: panini (buonissimi) a 7 euro, - con pane e materie prime selezionate - e antipasti all’italiana, simili a quelli serviti nei matrimoni d’antan. Allo stesso civico c’è Lino, aperto solo venerdì per cena e nel fine settimana: unicamente primi piatti della tradizione, il bollito e un dolce al mascarpone. “Cucina domestica, casalinga, del passato che solo un innamorato dell’avanguardia come me può proporre” sottolinea. Difatti, la nuova idea – in apertura a breve – è una sala da pranzo in stile anni ’70, con cucina interna. Facile pensare al modello Casa Perbellini (“difatti è il posto che mi ha emozionato di più negli ultimi due anni, il rapporto tra Giancarlo Perbellini e Barbara Manoni è da applausi”), ma qui ci saranno i cari vecchi carrelli per servire una ventina di persone al massimo: tortellini, risotti e arrosti, non piatti creativi. “E’ anche un messaggio chiaro, come sempre: sala e cucina che lavorano insieme per far stare bene la gente, come era normale in quell’epoca. E come dovrebbe tornare a essere adesso” chiude Palmieri che nel 2017 dovrebbe unire i due concept affermati in una ‘sintesi’ da portare sicuramente a Milano e forse a Roma: test importanti per una possibile espansione all’estero, sull’esempio di altre catene italiane.


L’intervista Ci impegniamo ancora di più, ovviamente. Noi viviamo per la Francescana e per Massimo: non esiste un altro al mondo con la stessa incredibile visione della cucina, dovuta anche alla sua storia personale che è diversa da quella dei cuochi classici. Ma lui sa bene quanto lo abbiamo aiutato nel raggiungere i traguardi. Non è comunque un uomo facile. Mi ha costretto e mi costringe ancora oggi a rincorrerlo intellettualmente. Tra noi c’è stima e affetto ma questo non permette di mollare. Massimo chiede al gruppo una crescita continua, chi non regge si ritrova automaticamente fuori. Senza drammi ma fuori. Parliamo un po’ di scuola? Per i cuochi è fondamentale, per i camerieri importante perché senza cultura, oggi, non vai da nessuna parte. Ma mentre i primi apprendono la tecnica e possono iniziare subito a lavorare chiusi in cucina, i secondi finiscono allo sbaraglio perché manca il contatto con il pubblico. Da qui la mia nuova idea di ‘palestre’ dove dieci ragazzi alla volta - per sei mesi - imparano il servizio sotto la guida di un esperto: ogni giorno devono allenarsi alla partita vera. Non sono stage ma un avvio al lavoro, dove si fatica tanto e si trova chi ti bacchetta. Ci vuole pazienza e quella a noi uomini di sala non manca, a differenza dei cuochi: a 20 anni vogliono già essere capi-partita da Cracco o da Alajmo, se a 30 non hanno preso la stella si sentono dei falliti. Palestra a parte, traccia la rotta giusta per un ragazzo ambizioso. Si parte dalla Riviera Romagnola, un paio di

stagioni per capire le basi del mestiere e servire centinaia di persone al giorno, con il sorriso sulle labbra. Poi un grande albergo: il rigore, il rispetto, l’organizzazione verticale. Segue un locale gourmet, magari lontano dai grandi centri per provare il rapporto diretto con i veri cuochi e ‘toccare’ le materie prime importanti. A quel punto, si può pensare a un posto stellato. Con almeno cinque stagioni alle spalle ma partendo subito dopo la scuola, sia chiaro e non perdendo tempo con lavoretti. Altro consiglio: gli indizi per capire se c’è

A fianco: lo chef Massimo Bottura; in alto: un piatto-icona dello Chef

18

Artù gennaio/febbraio 2017

una buona sala in un locale inedito. L’energia che si sente già dal benvenuto. E la comunicativa con l’ospite. Valgono a tutti i livelli, cito ad esempio due locali in America che è il ‘mio’ paese per le grandi contraddizioni che presenta. Quando vado a New York, non salto mai l’Eleven Madison Park che è guidato da una coppia eccezionale (ndr. Daniel Humm in cucina e Will Guidara in sala: vi ricorda qualcosa?) ma faccio due ore di fila – come tutti, vip compresi – per Ippudo Ramen: un posto piccolo con due belle ragazze ad accoglierti e dei cuochi giapponesi che preparano al bancone quattro-cinque piatti perfetti. Null’altro, ma io sento la stessa energia positiva del grande ristorante. Messaggio finale alla Nazione del wine & food? Il futuro della nostra ristorazione passa dalla sala. Delle migliaia di giovani cuochi, quanti tra dieci anni saranno fenomeni? Pochissimi. Invece possiamo creare centinaia di specialisti della sala: però ci vuole impegno e coraggio da parte degli addetti ai lavori. Il resto sta a noi: per la sala italiana servono cultura, passione, misura, stakanovismo e sobrietà. Beppe, cosa farai da grande? Morirò facendo questo mestiere. Qui, in Francescana: perché è l’unico posto al mondo in cui mi sento in pace con me stesso. •


L’opinione

Grignolino, querelle eterna di Mauro Remondino Il non dimenticato Gino Veronelli lo aveva battezzato “testabalorda”. Aggiungendo “anarchico e individualista”, senza immaginare che ancora oggi il Grignolino, vino piemontese in questione, avrebbe continuato a far discutere prima ancora di finire nel bicchiere. Più ancora i suoi produttori, del Casalese e dell’Astigiano, le zone Doc del Monferrato dove viene prodotto. Che da anni non si mettono d’ac-

cordo e continuano a mantenere ognuno la propria denominazione. Troppo dispersivo e confusionario per convincere i gourmet sulle potenzialità del vitigno. Nella consuetudine un vino rosso chiaro, “porporino alla nascita”, sottile, da bere giovane con un sentore di nocciola e armoniche asprezze, ma anche pronto nelle annate migliori, a diventare aristocratico quasi a voler smentire continuamente le bizzarrie del caso. Oggi a Grazzano Badoglio, area dell’astigiano, un avvocato pieno di pas-

19

Artù gennaio/febbraio 2017

sione, Guido Alleva, con vigne e Relais alla Tenuta Santa Caterina, condotto dalla figlia Giulia, sembra deciso a porre fine alla querelle. “Una volta per tutte si produca un Grignolino di gusto e pronto a sfidare i migliori rossi” è il leit motiv. Accolta la proposta, una decina di vignaioli illuminati della zona, casalesi e astigiani per collocazione delle vigne, tra i quali la cantina Accornero a Vignale Monferrato e la tenuta La Tenaglia a Serralunga di Crea, di proprietà della famiglia tedesca Ehrmann, si sono coalizzati per sfatare chimere e polemiche, nel tentativo di dar vita finalmente a un vino che dia lustro alla zona ormai frammentata e divisa da piccole Doc locali e Barbera. Un progetto ambizioso, ma consono secondo l’avvocato Alleva, alla storia e alla tradizione del luogo, un giardino incantato meritevole di stare al passo con la vicina Langa albese e il Nebbiolo, vitigno principe dal quale si ricavano Barolo e Barbaresco. Riusciranno ambizione e qualità ad avere la meglio sull’apatia del luogo? Il primo capitolo per ora parrebbe finito, ma alla domanda per il momento si attende una concreta risposta. Certo è che i vignaioli coinvolti e chiamati in campo si stanno battendo per trovare una concreta identità a questo vino. In attesa di essere presentato ufficialmente il Grignolino nouvelle vague ha stappato le prime bottiglie. Un rosso più corposo, strutturato, complesso, meno beaujolais e più pinot noir, è l’obiettivo verso il quale le aziende si stanno orientando. •


L’opinione

Presto, ridatemi il senso dell’ospitalità di Oscar Cavallera

Da viaggiatore curioso ed incallito frequento settimanalmente hotel, ristoranti e bar e mi accorgo che sempre più spesso mi mancano le figure di riferimento. Sicuramente tutto é in evoluzione ma lasciatemi la voglia di incontrare i personaggi di un tempo che a parere mio non dovrebbe finire mai. Così eccomi alla ricerca di Direttori di hotel che incontrano ancora i loro clienti e non vivono dentro ad un computer. Direttori e proprietari che metto-

no i clienti al primo posto e non pretendono di essere serviti prima di chi paga il loro stipendio o la loro bella vita. Ho la nostalgia del signor Vittorio Gallia che quando vedeva il bar o il ristorante con molti clienti, non pretendeva il posto o il drink ma aspettava o addirittura andava a mangiare in sala corrieri... Ma oggi la sala corrieri non esiste più e credo che pochi sappiano cosa fosse. Il rispetto del cliente parte dall’alto così come il buon esempio e quindi figure come quelle di un direttore o di un Hotellier dovrebbero sempre ricordare a loro stessi e ai loro collaboratori che il cliente, non ha sempre ragione, ma che comunque deve avere la massima attenzione e precedenza. Mi piacerebbe ritrovare un Direttore d’albergo che incontri i clienti, li saluti, li faccia vivere l’esperienza del suo incontro e non stia rintanato tutto il giorno in ufficio. Così come sto diventando allergico a quei Mixologist

20

Artù gennaio/febbraio 2017

che hanno preso il posto dei barmen e che ti fanno aspettare mezz’ora un drink, che sanno tutto sulle tendenze dei vermouth del momento ma che poi mancano di stile, di umiltà e di personalità. Così vado alla ricerca del barman perduto, quello che faceva Martini e Americani in modo semplice ma che sapeva venderteli , che sapeva sorridere ed ascoltare. Quei barman cha la mattino leggevano due o tre giornali, che erano informati sul mondo, che erano sempre pronti alla “ chiacchiera “ ora divertente ora impegnata. Quei barman vicini al cliente e non chiusi in un mondo fatto di misture e ricerca fine a se stessa. Quindi eccomi al Danieli di Venezia a sorseggiare un ottimo americano sicuro di ricevere anche una parola od un sorriso come ad esempio da Tommaso al Trussardi di Milano o al bar Orum dell’hotel Excelsior di Roma. Ridatemi un Restaurant Manager che non mi debba per forza ripetere a memoria , come una stanca cantilena, quello che sta servendo senza capire se è il momento di farlo o se desidero semplicemente non essere disturbato mentre nuoto negli occhi radiosi della donna che mi sta di fronte. Ridatemi un maître- sommelier che non mi faccia sentire a scuola ma che capisca che sono al ristorante per passare una bella serata , in buona compagnia , con del buon cibo e dell’ottimo vino senza per forza essere tediato da nozioni che in quel momento non mi interessano. Ridatemi un cameriere che sappia ascoltare... Ridatemi professionisti che conoscano i tempi e i momenti. Ridatemi il piacere del ricevere un’ospitalità attenta al dettaglio, al come e al quando e non fatta di espressioni tese a dimostrare un sapere fine a se stesso. Un hotel, un ristorante ed un bar hanno bisogno solo di uomini con conoscenza e passione e non di finzioni legate ad attenzioni mascherate da parole... come dice sempre il Maestro Gualtiero Marchesi: “l’esempio è la miglior forma di insegnamento”. Meditate direttori, proprietari, barman, restaurant manager e sommelier, meditate.•



L’opinione

Cile, appunti di viaggio di Angelo Gaja La Coca Cola venduta in Cile porta nella confezione un ottagono nero (non ha il valore di una medaglia) con la scritta “Alto en azùcares”, in sostituzione o congiuntamente alla tabella dei valori nutrizionali. Si tratta di un provvedimento recente, fortemente sostenuto dal Senador Guido Girardi ed introdotto dal Governo Cileno, con il quale viene posto l’obbligo di contrassegnare i prodotti dai valori energetici elevati con le scritte “Alto en azùcares”; “Alto en calorìas” e “Alto en grasa saturada”. L’avvertimento è più visibile e più efficace di quanto generalmente riportato nella tabella dei valori nutriziona-

li e vuole avere una duplice funzione: dissuadere il consumatore dagli abusi, contrastando così l’obesità e le malattie ad essa collegate; indurre le multinazionali ad abbassare il livello dei valori energetici. Il vino reca in etichetta il contenuto di alcool, che è il componente dal valore energetico significativo. E’ da escludere che anche al vino venga applicato identico trattamento. Perché l’alcool del vino si produce con processo che più naturale non si può (avviene così da 9000 anni, sempre allo stesso modo), a carico degli lieviti che lo ricavano per trasformazione dello zucchero contenuto nel mosto d’uva. Non è alcool aggiunto di proposito, come avviene invece per le bibi-

te idroalcoliche colorate ed aromatizzate, oppure accresciuto in volume attraverso la distillazione come avviene per gli spiriti. L’alcool, lo zucchero, i grassi, il sale … vengono aggiunti a prodotti che si pongono l’obiettivo di raccogliere elevato gradimento e che spesso godono anche di campagne pubblicitarie attraverso le quali costruire/orientare il gusto del consumatore. L’esempio del Cile è per ora un campanello d’allarme marginale; nasce però da una sensibilità nuova e diffusa, di esigenza di maggiore salubrità alimentare, che le multinazionali delle bevande e del cibo non potranno ignorare. •

CAffè SPECIALI E fUNZIONALI IN CAPSULA PROFESSIONAL OLIO DI PALMA

LATTOSIO

GINSENG & MATCHA

GOLDEN MILK

CON

ZUCCHERO DI CANNA

CAFFè VERDE & GANODERMA

I CAFFè SPECIALI SI PREPARANO IN 2 MODI: CON LA FOODNESS CAPSULES MACHINE OPPURE CON LA MACCHINA DA CAFFÈ Olibar srl | via dell’Agricoltura, 8/10 | Curtatone - MN |

| info@foodness.it

CHIAMA PER RICHIEDERE LA VISITA DI UN NOSTRO AGENTE



Case History

Successo del Mandarin: squadra e passione

di Maurizio Bertera Era prevedibile ma non così in poco tempo. Quella del Mandarin Oriental di Milano (www. mandarinoriental.com) è senza dubbio la case history degli ultimi anni, perché oltre a essere diventato uno dei più raffinati ‘meeting point’ della città, è arrivato ai vertici della ristorazione - in soli 18 mesi - grazie al Seta: doppia Stella Michelin, quattro cappelli

dell’Espresso e 92/100 per il Gambero Rosso. Un exploit che incrociando le tre valutazioni ne fa senza dubbio la prima tavola di Milano e l’11a in Italia. La spiegazione più semplice, scontata, è che quando si hanno tanti soldi – e il gruppo cinese ne ha – e si lavora in un cinque stelle (non enorme, 73 camere e 31 suite), si arriva per forza al successo. La realtà, come si è visto in altri casi, è che senza una grande squadra e un lavo-

24

Artù gennaio/febbraio 2017

In questa pagina: il banco della zona bar; nella pagina a lato: la reception; dall’alto: la veduta del cortile esterno; l’executive chef Antonio Guida; il sous chef Federico Dell’Omarino; un particolare della loggia.


ro maniacale, prima e durante l’opera, si rischia la normalità o proprio la delusione. E’ per questo che la prima ragione del successo risiede nella preparazione ‘a monte’, che nel caso del wine & food ha occupato una decina di mesi. A gestirla due persone di grande esperienza quali Alberto Tasinato (prima restaurant manager e ora F&B manager) e Antonio Guida, executive chef: guidano – in perfetta armonia, anche questo è un punto di forza – una corazzata che deve occuparsi del Seta, del Bistrot & Bar (sempre più gettonato), del Room Service, delle colazioni e dei banchetti che anche se per un massimo di 60 persone non sono una passeggiata. Ci sono quattro cucine, per una metratura totale vicina ai 700 mq, con quella dedicata al Room Service e allo staff che impressiona per ampiezza e organizzazione nella stessa misura di quella per il Seta. Ma ci sono due nu-

meri che impressionano – almeno per noi – più degli altri: 42 persone in cucina e 45 in sala, in pratica con i due capi supremi sfioriamo il fatidico muro dei cento. Eppure la ‘macchina’ è girata subito benissimo, per una scelta precisa, simile a quella di chi deve creare una squadra sportiva al top: partire con un nucleo esperto, già capace di lavorare insieme. “Non potevo agire diversamente – spiega Guida – quando ho accettato l’offerta di Mandarin Oriental, gruppo attentissimo al cibo e che mi offriva un palcoscenico importante come Milano, dove per la cronaca mi trovo benissimo. Così da un lato, per la prima volta, mi sono occupato con entusiasmo di ogni aspetto logistico: dal layout delle cucine alla scelta di piatti e posate. Dall’altro ho chiesto di portare qui sette persone della mia brigata al Pellicano, partendo da due collaboratori storici quali il sous-chef Federico Dell’Omarino e il pastry-chef Nicola

25

Artù gennaio/febbraio 2017


Case History Di Lena: non era questione di avere le spalle coperte ma di condividere l’ambizione di tornare prima possibile al vertice”. Poi il casting. “Ho ricevuto un mare di richieste, ho visto un centinaio di cuochi per prenderne 27, tutti con esperienze in locali gourmet e con un’età media sui 25 anni: non c’era il tempo per farli crescere in vista dell’apertura e soprattutto non potevamo fare ‘copia e incolla’ del Pellicano. Non ci siamo risparmiati: basti pensare che nel mese precedente all’apertura, abbiamo simulato continui servizi, creando le situazioni più diverse nella varie cucine, per testare il gruppo. Paradossalmente, ora stiamo studiando molto di più e i giovani imparano” prosegue lo chef. In parte, anche Tasinato ha seguito lo stesso concetto ma si è portato in via Andegari solo quattro persone di fiducia, incontrate in carriera: Ilario Perrot, Luis Diaz, Danilo Donatelli e Aline Arruda. Ce ne volevano altre 41: una selezione epocale

Sopra: serata suggestiva nella zona del cortile; di lato: l’elegante sala interna; nella pagina accanto dall’alto: il restaurant manager Alberto Tasinato; esterno con tavoli che “affacciano” nelle cucine; infine il pasticciere Nicola Di Lena.

26

Artù gennaio/febbraio 2017


tutti. Dal sottoscritto che si impegna per far lavorare bene il personale all’ultimo dei commis che non deve tirarsi indietro nel servizio, in ogni momento. E anche se c’è una divisione di base (ndr, 20 al Seta, 17 al Bistrot e Bar, 8 al Room Service), viene effettuata una turnazione totale, utile a loro e al nostro servizio” sottolinea Tasinato. Cosa la rende maggiormente di buon umore? “Il rapporto con il cliente che senza retorica deve essere l’unico obiettivo di un servizio. Grazie a questo abbiamo capito che il Bistrot andava rivisto perché la formula iniziale non bastava. Così abbiamo ritoccato l’ambiente, la carta e la sa-

gno. “Al Pellicano stavo bene ma la stagionalità di cinque mesi impediva una vera crescita mia e del personale – spiega – qui c’è un continuo rinnovarsi nella quotidianità, che personalmente mi motiva più di tutto. E poi c’è il confronto senza sosta con la clientela dell’hotel e quella esterna, italiana e internazionale, al Seta come al Bistrot. Non ci si annoia mai, fantastico”. Detto che l’alto numero di personale si spiega naturalmente con la turnazione (tra ferie e riposi, la reale presenza è di 30 in sala e 25 in cucina), nessun dubbio che l’armonia tra chef e direttore sia alla base del mecca-

la prendendo un nuovo responsabile come l’esperto Simone Dimitri. Ecco, a me piace che all’interno dei corretti standard internazionali, cerchiamo di personalizzare il servizio, conoscendo sempre di più la clientela e mettendola a proprio agio. In fondo, deve essere così: e che forse si era persa l’abitudine”. A Guida piace invece la continuità nell’impe-

nismo. Una sola stagione di lavoro insieme (nel 2008 al Pellicano), ma un feeling sopra la media che si è trasferito (“inizialmente con fatica, perché in Italia spesso sala e cucina non si capiscono” sottolinea Tasinato) all’intera brigata. “Ma noi eravamo tranquilli, l’importante era sfruttare il vantaggio di lavorare in una struttura come il Mandarin Oriental dove c’è specializzazione per ogni unità ma si lavora concettualmente tutti insieme e s’impara di più. Ecco perché per un ragazzo ha senso iniziare la carriera all’interno di una cucina o di una sala in albergo” è la chiusura della premiatissima coppia T&G. E che abbiamo la certezza, non ha la minima idea di cullarsi sugli allori. •

con almeno 200 colloqui. “Con il vantaggio di non essere il solo a decidere – racconta l’F&B manager – in una struttura come questa, il confronto tra i responsabili del personale è continuo mentre nella ristorazione classica sono il maitre e lo chef, se è patron, a parlare con la gente. E quindi si commettono più errori”. Anche in sala si è puntato su persone esperte (“che ho voluto appassionate, umili e oneste in prima battuta”), sui 25 anni di media, salvo tre casi: usciti dalle scuole, i ragazzi sono stati buttati subito nella mischia e stanno dando grandi soddisfazioni. “Hanno assorbito subito il metodo, senza doverlo cambiare come è successo per tutti gli altri. Qui non c’è la verticalità totale e formale delle vecchie strutture alberghiere, - sistema che non penso abbia un futuro - ma il concetto di responsabilità vale per

27

Artù gennaio/febbraio 2017


Focus food

Tre Cristi a Milano, talenti alla riscossa di Alberto P. Schieppati

Una squadra di giovani professionisti, guidata dall’executive chef Dario Pisani, propone una cucina d’ingegno Non aspettatevi di entrare in un “tempio dell’inverosimile”, come spesso accade quando si varca la soglia di un ristorante che vuole solo stupire. E non pensate che ai Tre Cristi (www.trecristimilano.com) ci si venga “per vedere e farsi vedere”. Siamo a Milano, capitale del fashion e del gossip, d’accordo, ma in questo locale intimo e raccolto nella zona di Porta Nuova (ex Varesine), ci si viene soprattutto per mangiare (e bere) all’insegna dell’alta qualità: del piatto, dell’atmosfera, re nelle esecuzioni e nei comportamenti, che del rapporto con le persone che vi accolgono devono essere sempre improntati a gioco di con professionalità non “impostata” ma assquadra e rispetto del prossimo. O dal maesolutamente naturale. La recente esperienstro Gualtiero Marchesi, che ha rappresenza ai Tre Cristi (dopo una precedente visita tato per Dario il vero esempio da seguire per al ristorante, allora guidato dal geniale Paolo comprendere il valore culturale della cucina Lo Priore, ora spostatosi ad Appiano Gentile) e il senso di necessaria sobrietà nella scelè stata di quelle che verranno ricordate nel ta di ingredienti e materie prime. Esperientempo, per diversi motivi. Il primo: Dario Pisaze fondamentali che, insieme alla frequenni, lo chef, ha quella “marcia tazione di Alma, il centro di in più” che ai gourmet piace. formazione professionale “Correttezza, stile, A soli 25 anni, questo cuoco di Colorno (Pr), hanno fatnapoletano ha respirato aria to di Dario Pisani un profesdignità del piatto di cucina fin da piccolo (e si sionista all’altezza del suo e ricerca misurata, vede). La sua vena creativa compito: far godere la proci pare innata, una sorta di non spasmodica, dei pria clientela, senza maniepassione da “dna gourmet”, rismi e all’insegna di quelmigliori ingredienti. la ragionevolezza che tanto che si è sicuramente affinata grazie ad esperienze imamiamo. I piatti di Dario e E l’esperienza è portanti. Come quella da Endella sua squadra (in cucimemorabile” rico Crippa, il grande chef na, con lui: Simone Rocca, lombardo tristellato che ha sous-chef e Luca Battistella, fatto di Piazza Duomo, ad Alcapopartita) sono semplici e ba (Cn), il quartier generale dell’offerta di ridiretti, capaci di esprimere la potenza gustastorazione di altissimo profilo. O come queltiva necessaria. Persino nel Business Lunch, la da Carlo Cracco, che gli ha trasmesso rigoproposto a 30 euro con acqua coperto e caf-

28

Artù gennaio/febbraio 2017


Nella pagina a lato: un ritratto di Dario Pisani; un piatto con uovo morbido in sfoglia con i suoi condimenti; in questa pagina: l’esterno del locale e un piatto di gambero crudo di Mazara del Vallo al sentore di brace.

fè inclusi, si coglie questa tensione verso la sintesi non riduttiva, verso l’essenzialità, intesa non in senso didascalico ma identitario, caratterizzato nel senso di uno stile proprio e di una eleganza anche estetica. Fra “i piatti a scelta dal menù”, abbiamo apprezzato in diverse occasioni il Baccalà mantecato con salsa al prezzemolo, i Tagliolini all’amatriciana, i Plin fatti in casa in brodo, le Orecchiette alle cime di rapa e colatura di alici. Fra i secondi, nella carta del pranzo si legge anche: Ossobuco in gremolada e purèe di patate allo zafferanno, Pescato del giorno (in questo caso un’ombrina),Pollo croccante e cipolle glassate. Ma è nella Carta principale che emergono le linee-guida della cucina di Dario: Polpo alla plancia, crema di broccoli e rapanelli, Uovo morbido in sfoglia con i suoi condimenti, Scaloppa di foie gras arrosto, composta di arancia e finocchio, Gambero crudo di Mazara del Vallo e sentore di brace; fra i pri-

29

Artù gennaio/febbraio 2017


Focus food mi piatti, Tagliolini cacio, pepe e cacao amaro, Risotto affumicato con gamberi e limone candito, Fagottini ripieni di faraona su crema di sedano rapa e riduzione al vino rosso; fra i secondi, Calamaro alla plancia con carciofi, irrorato di salsa al Marsala, Rombo al forno con crema di cime di rapa e granella di olive nere, Costolette di agnello arrosto, cipolle borettane e broccolo fiolaro (in onore a Creazzo, patria del broccolo e luogo di nascita di Carlo Cracco…), Maialino croccante, mele glassate e salsa alla senape. Un repertorio di piatti all’insegna dell’italianità, che Dario Pisani bene esprime, destinati a restare nella memoria di chi li ordina. L’attenzione ai vini (200 etichette a disposizione) va di pari passo con lo spirito che anima la

Sopra: baccalà mantecato con salsa al prezzemolo; la sala del ristorante con un esposizione di vini e un momento che ritrae la “brigata” dello chef al lavoro.

cucina: nessuna iperbole, zero voli pindarici, ma una attenta selezione di etichette destinate a valorizzare la migliore produzione italiana di qualità. La complicità con il cliente e la sua soddisfazione al tavolo, è garantita da un servizio di prim’ordine, talvolta forse fin troppo solerte (nella descrizione dei piatti) e orgoglioso della propria missione: Federica Russo, la attenta Restaurant manager, e Monica Angeli, esperta suggeritrice di etichette, rappresentano un valore aggiunto che tanti vorrebbero avere. •

30

Artù gennaio/febbraio 2017



Focus food

Riso Buono. Il riso che piace agli chef di Emanuela Stìfano

Carnaroli Gran Riserva e Artemide, le due qualità di riso prodotte alla tenuta La Mondina, raccolgono consensi nei ristornati di tutto il mondo. Un prodotto di nicchia, simbolo di una bella storia di famiglia. Gli arbori di Riso Buono sono già noti ai lettori di Artù: le origini risalenti al XVIII secolo, le successioni ereditarie tra Giuseppe Cuttica, Marchese di Cassine e Conte di Quargnento e i Baroni Guidobono Cavalchini sono già state raccontate sul numero di Dicembre 2016. Meno è stato detto circa la fase di rinascita: per molto tempo, infatti, parte della tenuta La Mondina è rimasta abbandonata fino a che, pochi anni fa, Luigi Guidobono Cavalchini, ambasciatore d’Italia a Parigi e Rappresentante Permanente presso l’Unione Europea a Bruxelles, coinvolge la

nuora Cristina Brizzolari, commercialista romana, in un progetto ambizioso: far rivivere la tenuta di famiglia sita a Casalbeltrame (NO). Il lavoro da fare è moltissimo: il casale, pur bellissimo, è oramai quasi un rudere. La ristrutturazione è lunga, impegnativa, ma al contempo efficace: oltre alle strutture vengono recuperati i mobili e i quadri d’epoca, gli incomparabili soffitti. Nel frattempo la famiglia Guidobono Cavalchini prende una decisione: coltivare il riso negli ottantasei ettari della tenuta. Cristina studia dunque le tecniche di risicoltura, vive i campi personalmente e, per sottolineare la continuità del progetto, inserisce il nome del figlio Carlo nella ragione sociale dell’impresa: Azienda Agricola Luigi e Carlo Guidobono Cavalchini, nonno e nipote, segno di una storia che continua. Dal punto di vista produtti-

32

Artù gennaio/febbraio 2017

vo, Cristina decide di puntare sul re del riso, il Carnaroli, e di battezzare il prodotto “Riso Buono”. E buono, il Carnaroli Gran Riserva - fatto invecchiare un anno per renderlo più resistente alla cottura – lo è davvero: diversi Chef, stellati e non, hanno dato riscontri senz’altro positivi. Non solo: il successo di Riso Buono lo si misura anche dalla sua presenza sulle tavole di molti ristoranti nel mondo - lo si può trovare a New York, Hong


Kong, Dubai, Londra – e dalla collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Riso Buono è infatti fornitore ufficiale dell’ateneo e protagonista dell’attività accademica, sia per le degustazioni nei Corsi di Laurea, sia per il Laboratorio di Analisi Sensoriale e per la Scuola di Cucina. Quanto agli altri prodotti, oltre a un riso bianco che rappresenta la tradizione, Cristina ha puntato su un riso nero, simbolo di innovazio-

Nella prima pagina e qui a fianco: esterno della tenuta La Mondina; sopra: il locale interno; sotto a sinistra: diverse tipologie di riso contenute in vasetti di vetro; sotto: una composizione con protagonista il vasetto di riso Artemide.

ne. Non il Venere, già molto conosciuto e utilizzato, ma Artemide, un incrocio naturale tra il riso Venere a granello medio e pericarpo nero e un Basmati a granello lungo e stretto e pericarpo bianco. Un riso dall’aroma intenso e gradevole che possiede particolari proprietà organolettiche e antiossidanti. Il riso Artemide, che oggi è un’esclusiva di Riso Buono, viene delicatamente pilato a pietra in modo da non intaccare la gemma. Il riso viene messo sottovuoto in un vasetto di vetro, una scelta di packaging che rientra nella dinamica della qualità che l’azienda ha voluto dare al prodotto: il vetro non rilascia sostanze di alcun tipo e permette, grazie alla sua trasparenza, di mostrare immediatamente il prodotto. Oggi alla tenuta La Mondina si producono circa 6.500 quintali di riso all’anno, per la maggior parte Carnaroli, una sostanziosa parte di Artemide e una piccola quota di riso da sushi. Oggi la Famiglia Guidobono Cavalchini continua a guardare avanti: per l’anno prossimo è prevista l’apertura di un piccolo mulino per le farine. Un passo importante per chiudere la filiera e per non svilire una caratteristica fortemente difesa dalla proprietà: Riso Buono, se pur molto richiesto, è e resterà un prodotto di nicchia. •

33

Artù gennaio/febbraio 2017


Una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Firenze, Verona, Venezia e nell’esclusiva location milanese Clubhouse Brera. SEGUITECI ANCHE ON AIR



Focus Food

Turin Palace, risveglio gourmet

Alberto P. Schieppati

Nella struttura guidata dalla famiglia Marzot spicca la linea di cucina di un giovane chef, Stefano Sforza Grazie all’attenta ristrutturazione a cura della nuova conduzione dell’hotel, in mano alla famiglia Marzot (famosa nel mondo dell’hotellerie di livello per l’Hotel Spadari al Duomo e per il Duca di York,entrambi a Milano), nel 2016 il Turin Palace Hotel ha aperto di nuovo le porte a chi “scende” a Torino in

cerca di una location all’altezza delle aspettative. Clientela business, certo, ma anche clientela leisure e gourmet, attratta dal ruolo inequivocabile assunto da Torino nel settore dell’alimentare di qualità, ben rappresentato dall’offerta di ristorazione cittadina. Lo stesso Turin Palace, grazie al focus sulla ristorazione di alta qualità che Piero Marzot ha fortemente voluto in prima persona, rappresenta oggi, con il suo ristorante Les Petites Madaleines, con Stefano Sforza executive chef, un vertice dell’offerta cittadina. I lavori di ristrutturazione del Turin Palace sono stati seguiti dallo Studio Artecna, mentre gli interni sono stati curati dall’architetto Patrizia Poli, affiancata da Margherita Marzot,

36

Artù gennaio/febbraio 2017

architetto responsabile dell’immagine degli alberghi di famiglia. Il risultato è eccellente: il “duo” ha realizzato ambienti eleganti e raffinati, in linea con la sobrietà della struttura, garantendo agli ospiti un’esperienza unica per autenticità ed atmosfera. La sua posizione privilegiata, vicinissimo alla stazione Porta Nuova (un’ora di treno dal centro di Milano) e a pochi passi dal centro storico, oltre al seducente fascino del palazzo ottocentesco in stile art déco che lo ospita, ne hanno in breve fatto una delle destinazioni più apprezzate per chi sceglie di pernottare in città all’insegna di comfort e relax. L’albergo dispone di 126 camere e di una Presidential Suite, ubicate su 6 piani e arreda-


te sulla base dei più aggiornati standard internazionali, dalle quali si può godere di una straordinaria vista sul centro della città. Per rispondere alle necessità della sua clientela, il Turin Palace Hotel offre anche la possibilità di godere dei trattamenti benessere della SPA, composta da palestra, sauna, piscine e bagno turco. Indubbiamente tra i punti di forza dell’hotel c’è la splendida terrazza del sesto piano, dalla quale si gode di una splendida vista sulla città, che oggi ospita esclusivi aperitivi ed eventi privati. Da febbraio 2016 il Turin Palace Hotel ha completato la propria offerta inaugurando, come dicevamo prima, il ristorante gourmet Les Petites Madeleines,

Nella prima pagina: l’ingresso del Turin Palace Hotel; in alto, da sinistra l’executive chef Stefano Sforza con il patron Piero Marzot; sotto: particolare della sala ristorante e due piatti opera dello chef: fusilli cotti in brodo di camomilla, aglio nero, guancia di pescatrice al dragoncello e anguilla cotta nel sale.

guidato dal giovane chef piemontese Stefano Sforza, che dopo varie esperienze accanto a chef stellati, tra i quali addirittura il grande Alain Ducasse (dove effettuò uno stage, a soli diciassette anni) , ha accettato di conti-

vi: innanzitutto per l’attenzione verso le materie prime, che denota passione e ricerca meticolosa, in secondo luogo perché rivela una profonda conoscenza delle tecniche di cottura e una raffinata sensibilità nelle presentazioni. Ovviamente, il senso estetico ha un’importanza relativa, ma quando il piatto comunica emozioni, il tavolo si riscalda e l’esperienza diventa memorabile. Aggettivo, quest’ultimo, che purtroppo non sempre è d’attualità. Un altro aspetto da non trascurare riguarda il valore dell’esperienza: con una logica estremamente intelligente e rispettosa verso il cliente, la proprietà del Turin palace propone la propria ristorazione a dei prezzi

nuare la propria carriera professionale proragionevoli e coerenti: piatti molto importanprio in questo storica struttura nel centro del ti, con un posizionamento di prezzo corretto capoluogo piemontese. La sua carta propoe non iperbolico. “perché l’obbietivo non è ne sia i classici della cucina regionale che stupire la clientela ad ogni costo, ma comuportate più creative, ispinicare valore”, sottolinea rate alle tendenze contemMarzot. Così, la cucina del“ Torino, grazie ai poranee. Stefano, classe lo chef Stefano Sforza e del1986, ha iniziato la sua atla sua giovanissima brigapiatti del Petites tività preso l’Hotel Bellevue ta, si è rivelata di notevole Madeleines, ha un di Cogne, una scuola fondaimpatto: in occasione della mentale, con una stella Mivisita di Artu’, abbiamo promotivo in più per chelin, per spostarsi poi al vato il Menù degustazione essere visitata: il Trussardi Alla Scala, dove ha “a mano libera”, per coglieulteriormente affinato la sua appieno lo spirito creatimenù ‘a mano libera’ re passione per materie prime vo di Stefano: un percorso è memorabile” e tecniche. La sua cucina mi sensoriale affidato a estro ha colpito per diversi motie ispirazione, che pur pren-

37

Artù gennaio/febbraio 2017


Focus Food

Sopra: una delle camere dell’hotel; la suggestiva “sala Mollino”, l’antico salone delle feste; la straordinaria vista che si può godere dalla terrazza.

dendo spunto dalla carta, varia periodicamente sulla base di reperibilità, freschezza e stagionalità degli ingredienti. Un susseguirsi di portate rappresentative, abbinate a proposte più innovative, in una sequenza ritmica perfetta. Il menù degustato prevedeva: Vitello tonnato, sedano riccio, acciuga del Canta-

Una squadra giovane Ci sembra doveroso citare la struttura e lo staff del Turin Palace, così composto. Patron: Piero Marzot; Capo Ricevimento: Vincenzo Manciameli; Spa Manager: Natalia Pap; Room Division Manager: Daniele Chiafalà. Lo staff del ristorante Les Petites Madeleines, guidato da Stefano Sforza, è composto da: Sous chef: Claudio Lochiatto (1989); Chef de partie antipasti: Alessandro Muzzu (1994); Chef de partie primi: Carlo Canale (1991); Chef de partie secondi: Kevin Toscano (1991); Maître: Luigina Calò (1967); Sommelier: Luca Gigliotti (1971); Commis: Andrea Pergolizzi (1995); Michele Giublesi (1991).

brico, Anguilla cotta nel sale, mela acidula, pane raffermo, Faraona, lemongrass, acqua di cocco, Palamita in rete di maiale, panna acida, cavolino di Bruxelles, Spaghetti in brodo con gelato di cappone, Fusilli cotti in brodo di camomilla, aglio nero, guancia di pescatrice al dragoncello (un piatto straordinario, una pasta risottata, profumo di camomilla, sapore delicatissimo), Quaglia cotta in tegame, all’italiana (elegante, raffinato, giustamente gustoso), Sfera di Natale (eravamo in periodo natalizio: delicato e cromaticamente importante, ha completato il percorso “sur-

38

Artù gennaio/febbraio 2017

prise”). Un menù importante e ricco, che ha sottolineato il percorso di ricerca di Stefano, decisamente orientato verso le possibilità di utilizzo delle materie prime, sui loro contrasti, sull’eleganza dei sapori, netti ed autentici. Per chi ama la tradizione pedissequa e ingessata, questo non è certo il posto ideale, ma per quanti sono alla ricerca di una cucina in evoluzione, dove anche aspetti tradizionali della storia culinaria (piemontese e non solo) si mettono in discussione per creare una cucina contemporanea e “alta”, l’esperienza al Petites Madaleines è obbligatoria. •


IL CALICE CHAMPAGNE

„LO CHAMPAGNE È UN VINO E COME TALE DEVE ESSERE TRATTATO. CHE SIA UN BLANC DE BLANC O UNA CUVÉE, IL NUOVO CALICE CHAMPAGNE PERMETTE AGLI AROMI DI SPRIGIONARSI PIENAMENTE. SVILUPPATO NEL CORSO DI WORKSHOP SENSORIALI, IL CALICE PRESENTA UN BORDO DALL’AMPIO DIAMETRO, ATTRAVERSO CUI IL PROFUMO DI QUESTO VINO SI MANIFESTA IN TUTTA LA SUA ELEGANZA. IL DESIGN È STUDIATO PER IMPEDIRE UN’EFFERVESCENZA TROPPO RAPIDA, ASPETTO FONDAMENTALE PER UN’ESPERIENZA GUSTATIVA PERFETTA DELLO CHAMPAGNE”. MAXIMILIAN J. RIEDEL, 11ª GENERAZIONE

RIEDEL.COM


Focus food

Lisbona, chef all’assalto (altro che saudade…) di Gualtiero Spotti

Rodrigues e Avillez: due grandi cuochi rilanciano il Portogallo gourmet. Con risultati più che apprezzabili. Lisbona è una delle destinazioni turistiche più gettonate degli ultimi anni. Non solo per la evidente bellezza della capitale portoghese, affacciata sul fiume Tago, o per l’affascinante mix di storia e di cultura che si respira nei suoi quartieri, senza dimenticare il connubio di antico e moderno che si presenta ad ogni angolo di strada dopo l’importante progetto di miglioramento urbano avviato da più di un decennio, ma anche per la vivacità gastronomica che si è evidenziata con forza negli ultimi tempi. Una vera e propria corsa verso la riscoperta delle tradizioni lusitane a tavola, magari svecchiate e alleggerite per venire incontro

40

Artù gennaio/febbraio 2017


Nella pagina accanto: lo chef José Avillez; un piatto formato da branzino con alghe e molluschi in olio d’oliva con un piccolo stufato di fave e un brodo di coriandolo; l’esterno del ristorante Belcanto; in questa pagina: lo chef Joao Rodrigues; autore del piatto soprannominato: “Tuna belly tartare” qui a lato; e la sala del ristorante Feitoria.

a una clientela più moderna, con la consapevolezza che, nel frattempo, l’ondata spagnola di innovatori, le nuove tecniche e il mondo del food hanno subito un sensibile cambio di passo verso il futuro. Tutto a Lisbona sembra accadere ormai a ritmi vertiginosi, e lo si avverte osservando il numero sempre crescente di bar e locali che occupano i luoghi strategici della vita notturna e non solo, perfino nei quartieri più periferici che un tempo venivano snobbati dai turisti. L’apertura di negozi e realtà commerciali dedicate a prodotti specifici (formaggio, dolci, caffè, birre), di speakeasy per un cocktail fuori dall’ordinario, e di situazioni alternative (come nel caso del polo del divertimento dell’LX Factory), oltre a il passo decisivo verso un merchandising più attuale e ammiccante, riferito ai classici portoghesi (come nel caso delle classiche scatole

di sardine), sono l’indice di una vivacità nuova, di un moderno sentire molto legato anche all’accoglienza e al turismo. I maggiori protagonisti di questa sensibile rinascita sulle rive dell’Oceano Atlantico, soprattutto se guardiamo dalle parti del fine dining e della cucina più raffinata, sono due cuochi che in brevissimo tempo hanno raggiunto una visibilità e uno status importante sia in patria che all’estero. José Avillez è il nome sulla bocca di tutti, per essere stato il primo cuoco portoghese ad aggiudicarsi qualche anno fa due stelle Michelin (tuttora mantenute) e per aver costruito

41

Artù gennaio/febbraio 2017

nel corso degli anni recenti un vero e proprio impero del buon cibo tra Lisbona e Oporto. Con l’ammiraglia del Belcanto (www.belcanto.pt) , il ristorante gourmand situato nel centrale quartiere del Chiado, che presenta piatti raffinati dove si manifesta la tradizione rivisitata sulle basi di tecniche e sensibilità più moderne. Le origini del cuoco sono portano al mare e alla costa (Avillez è di Cascais) e si ritrovano nei molti piatti dove il pesce è protagonista, ma in generale è il completo cambio di passo nella proposta di una cucina dall’appeal contemporaneo ad aver giocato un ruolo


Focus food

In alto: seppia, calamari, gamberi, arachidi, in brodo di alghe. Le altre due immagini evidenziano l’importanza delle materie prime nella linea di cucina del Feitoria di Belèm.

fondamentale. In questo senso i passaggi effettuati prima nelle cucine di Antoine Westerman a Fortaleza do Guincho e di Frechon al Bristol di Parigi, e in seguito da Ferran Adrià a El Bulli, hanno consentito ad Avillez di formarsi tra cucina classica ed avanguardia. Poi, oltre a Belcanto, sono cresciuti intorno molti altri locali “firmati”, come il Cantinho do Avillez

(ne esiste uno anche a Opordella scena cittadina, da quella dell’hotel Ritz to), vivace meeting point che fino al ristorante Pragma di Fausto Airoldi e al propone tapas lusitane e piatBica do Sapato. Dal 2008 Rodrigues è all’Alti ispirati dai viaggi del cuoco tis Belem e nel 2013 è diventato executive in giro per il mondo, oppure chef, aggiudicandosi subito la stella Micheil Mini Bar, un punto gourmet lin, e quest’anno sfiorando la seconda, che elegante pensato per chi vuoavrebbe ampiamente meritato. le stuzzicare qualcosa nel doIl suo menù parla la lingua dei prodotti locapo teatro o in tarda serata. Oltre al nuovissimo li più significativi (dalle erbe che vengono da Bairro do Avillez, un grande Quinta do Poial, vicino a Sespazio recentemente inaugutubal, fino alle pregiate carni rato nel Bairro Alto, dove si vitrasmontane), ma non man“All’hotel Altis di ve più intensamente lo stretcano contaminazioni con la to legame tra cultura del cibo Belèm, sul Tago, e al cucina d’oltre confine e inlocale e stile di vita portogheternazionale, spesso con Belcanto, al Chiado: qualche tocco esotico. Prese, tra un piatto di Bacalhau a bras e, magari, il sottocisione e passione sono due tre stelle Michelin fondo di fado a dettacaratteristiche che si ritrovadestinate a replicarsi” no facilmente nel piatto e la re il ritmo. L’idea è quella, se vogliascrupolosità con la quale il mo di una tacuoco lavora in cucina la si verna accogliente, capace però ritrova facilmente negli elementi che con equidi grandi numeri e di proporsi librio e maestria vengono presentati al Feitoall’occorrenza con altre formuria. Con il piacere, ad esempio, di riconsegnale. All’interno del Bairro, infatre al lavoro di sala la realizzazione di pietanze ti, proprio quest’anno nascerà “à la presse”. In più c’è un gusto estetico parun ristorante nuovo (in una saticolarmente spiccato (e mai banale) che perla separata), con musica dal vimette di vivere sempre un’esperienza al tavovo, nuove proposte di piatti e un lo fuori dal comune. Non c’è da stupirsi che concept pensato per una clientela questi due cuochi, Avillez e Rodruigues, siaspecifica. Resta però Belcanto l’inno stati negli ultimi anni ai vertici delle scelte dirizzo di riferimento per avvicinarsi di un noto blog portoghese, Mesa Marcada, alla grande cucina contemporanea di che detta legge in Portogallo quando si tratta queste latitudini. Così come vale la pedi mettere i piedi sotto a un tavolo. Nelle setna, in un tour ideale dell’alta cucina, conotimane scorse è toccato a Joao Rodrigues di scere la sensibilità e il talento di un altro cuoaggiudicarsi il titolo di miglior chef e di miglior co, Joao Rodrigues, che lavora ai fornelli del ristorante per il 2016. ristorante Feitoria (www.restaurantefeitoria. Ma l’occasione più ghiotta per incontrare uno com), ospitato all’interno dello splendido Hodei due cuochi in Italia è l’appuntamento con tel di design Altis Belem, affacciato sul fiume José Avillez, fissato per il 9 marzo all’ArmaTago. Joao, che lo scorso anno si è concesso ni/Ristorante di via Manzoni a Milano. Il cuouna trasferta italiana per cucinare a Bergamo, co portoghese sarà ospite di Filippo Gozzoli, ospite del Relais San Lorenzo e del cuoco Annell’ambito della rassegna Meet The Chefs, tonio Cuomo, ha nel suo background la preche porta all’ombra della Madonnina alcuni senza in molte cucina di Lisbona che hanno dei migliori esponenti della nuova cucina eugiocato un ruolo fondamentale nella crescita ropea. •

42

Artù gennaio/febbraio 2017


È dal 1956 che Ferrarini, con il suo Prosciutto Cotto senza polifosfati aggiunti, ha fatto del buon mangiare, sano ed equilibrato, la propria filosofia.

C’è più gusto a mangiare sano.

Sin dal 1956, quando è nato il nostro famoso Prosciutto Cotto senza polifosfati, abbiamo fatto del buon mangiare, sano ed equilibrato la nostra bandiera. Tutti i nostri salumi sono privi di glutine, privi di lattosio e delle proteine del latte. La filiera del nostro Parmigiano Reggiano è completamente interna e certificata. I nostri vini e il nostro Aceto Tradizionale di Reggio Emilia provengono Amore per ladalle propria selezione delle materie prime, controllo di ogni fase della lavorazione e rispetto esclusivamente uve deiterra, nostri vigneti. dei consumatori: è da laqui che nascono i prodotti marchio Ferrarini. Dai salumi privi di glutine e lattosio, Quotidianamente, mettiamo massima attenzione ed esperienzaanel controllare la qualità delle materie nelcon trovare i buoni al Parmigiano Reggiano NONprime, OGM latte di mucche alimentate con il foraggio delle Fattorie Ferrarini; dai ingredienti e nella lavorazione; così i frutti delladei tradizione vini e dall’aceto tradizionalesolo ottenuti da uve vignetisidi proprietà, ai Prosciutti di Parma stagionati nelle proprie possono trasformare in capolavori del gusto.

cantine. Solo così i frutti della tradizione si trasformano in capolavori del gusto. www.ferrarini.com



La foto di Cioffi

Ezio Indiani, general manager dell’Hotel Principe di Savoia, a Milano. Alla guida del prestigioso albergo 5 stelle lusso dal 2005, Indiani è un riferimento fondamentale per l’hotellerie italiana e internazionale.

45

Artù gennaio/febbraio 2017


Focus beverage

Gaudianello, l’acqua mediterranea a cura della redazione

Fra le proposte che la Corporate brand “Acque Minerali d’Italia” propone alla ristorazione di qualità è sempre più apprezzata Gaudianello: l’effervescente naturale dal gusto inconfondibile. Sono sempre di più i ristoratori che scelgono Gaudianello per accompagnare i loro piatti. Nella corporate brand Acque Minerali d’Italia - alla quale fanno capo anche Norda e Sangemini e che dà il nome alla holding della famiglia Pessina che detiene il controllo delle tre società -, Gaudianello è particolarmente indicata per la ristorazione della tradizione e della cucina italiana. “Gusto Mediterraneo” distingue l’effervescente naturale Gaudianello nell’affollato mercato delle acque minerali. Questo gusto e questa identità sono il risultato di caratteristiche organolettiche uniche, ricordate anche nella campagna “bevi consapevolmente” con la quale Acque Minerali d’Italia sollecita ristoratori e consumatori a valutare con attenzione quale acque bere, a casa ma anche al ristorante. Gaudianello è un’acqua classificata come bicarbonato-calcica-magnesiaca e presenta, fra gli aspetti distintivi, un alto grado di effervescenza totalmente naturale (2.900 mg/L, la più alta della categoria); grazie al suo mix di sali minerali ha significativi effetti digestivi. La vivacità totalmente naturale di Gaudianello nasce da falde acquifere di origine vulcanica situate nell’area del Vulture, in Basilicata. Gaudianello sgorga ai piedi del Monte Vulture (1.326 metri di altezza) in un incontaminato scenario boschivo, lontano da insediamenti urbani e circondato da 100 ettari di terreni dedicati a agricoltura biologica. Imbottigliata direttamente nello stabilimento di Melfi (Potenza),

46

Artù gennaio/febbraio 2017


Acque da antiche fonti Le acque che sgorgano dal monte Vulture presentano caratteristiche conosciute e apprezzate da millenni. Con la nascita delle Fonti di Monticchio, alla fine del XIX secolo, questo patrimonio naturale ha trovato una sua prima valorizzazione industriale: all’Esposizione Universale di Milano del 1900 erano ben cinque le acque di questo territorio presentate al pubblico. Tra queste Gaudianello continua ancora oggi la tradizione. Le profondità della montagna e le rocce di tufo hanno protetto il lavoro della natura, garantendo un notevole risultato: un’acqua effervescente naturale equilibrata, e pertanto adatta a consumatori di ogni età. Gaudianello garantisce infatti un ottimo apporto di sali minerali, grazie alla presenza di oligoelementi ionici essenziali per la salute, e di silice nella forma solubile assimilabile, con la sua positiva e fondamentale azione nei processi metabolici. Gaudianello si fa inoltre apprezzare per il suo contenuto di bicarbonati, in grado di regolare i processi digestivi per la presenza di ottimali rapporti fisiologici di calcio/magnesio e sodio/potassio, che assicurano il rispetto del delicato equilibrio salino dell’organismo, fondamentale per il benessere.

è molto famosa e nota in diverse regioni meridionali quali Puglia, Basilicata e Campania. Gaudianello si presenta alla ristorazione più qualificata grazie a un packaging molto curato ed elegante in una bottiglia - Prestige - di vetro da 75 cl, con una raffinata etichetta metallizzata e particolari in oro e argento. Con lo scopo di mantenere inalterata l’immagine del prodotto in tavola, la bottiglia è dotata di un doppio anello salva abrasioni per evitarne l’usura. Acque Minerali d’Italia consiglia ai ristoratori di proporre Gaudianello effervescente naturale abbinata con “Leggera”, acqua oligominerale dal gusto delicato e molto equilibrata, capace di armonizzarsi bene con ogni ricetta. •

47

Artù gennaio/febbraio 2017


Focus wine

Cesarini Sforza. Riserva d’annata

a cura della redazione

Un storia avvincente quella del matrimonio Cesarini Sforza, lontana ma attualissima. Una storia suggellata con la Riserva 1673, che ne valorizza la portata ispiratrice e simbolica. Riserva 1673 rende omaggio all’anno di nascita ufficiale del casato Cesarini Sforza cui si giunge in seguito a rocamboleschi avvenimenti grazie al matrimonio tra la duchessa Livia Teresa Cesarini, ultima discendente della

omonima nobile famiglia romana e il fascinoso e raffinato Federico Sforza di Santa Fiora, ramo toscano del grande casato degli Sforza. Un matrimonio tanto desiderato da Livia e Federico quanto fortemente osteggiato da entrambi i casati, che solo grazie alla determinazione dei due futuri sposi riuscì finalmente a essere celebrato proprio nel 1673 – dapprima segretamente il 27 febbraio, poi ufficialmente riconosciuto nel giugno dello stesso anno – e segnò l’inizio di una vita coniugale felice, prospera e feconda. Prodotto con le migliori uve Chardonnay provenienti dai vigneti d’altura più vocati della Valle di Cembra, lo spumante Metodo Classico Extra

Brut è apprezzatissimo ambasciatore della qualità Cesarini Sforza. L’importante escursione termica tra il giorno e la notte e la corretta insolazione contribuiscono a concentrare nei grappoli i tipici e ricercati aromi floreali. Il terreno sabbioso, profondo, di porfido gli dona un’invidiabile sapidità e una lunga persistenza. La raccolta manuale, il conferimento in piccoli contenitori, la pressatura soffice e la precisione ricercata in ogni fase della produzione permettono di ottenere un prodotto caratterizzato dall’equilibrio e l’armonia gustativa innata tipica degli spumanti metodo classico Trentodoc. Fine al naso e ricco al palato, è tra i risultati notevoli del Trentino vitivinicolo. •

Il progetto Tridentvm La selezione dei vigneti fatta in base agli studi di zonazione che la cantina Cesarini Sforza ha effettuato a fine anni novanta, consente agli enologi di contribuire alla nascita della Trentodoc, la denominazione che racchiude tutti i metodo classico trentini, e di dar vita al progetto Tridentvm che lega in maniera inscindibile Cesarini Sforza alla propria città, Trento. Tridentvm è un progetto vitivinicolo ambizioso: solo i vigneti di Chardonnay e Pinot Nero posti sopra i 450 metri e lavorati secondo una viticoltura ecosostenibile possono farne parte. Le zone migliori per la produzione delle uve vengono individuate nella Valle di Cembra, nelle alte colline di Pressano e Sorni, nelle colline sopra la città di Trento, nella zona di Meano Cortesano, nella Valsugana ed infine sulle colline di Besagno. Terreni e microclimi diversi garantiscono quella eterogeneità necessaria alla preparazione delle cuvée di tiraggio che daranno vita a dei grandi millesimi.

48

Artù gennaio/febbraio 2017


M A R CO P

R

O

D ’ O G G I O N O S

C

I

U

T

T

I

LA PASS I O N E N E L R EA L I Z ZA R E QUALCOSA DI VERAMENTE BUONO

T R E F RAT E L L I E U N CO N C E N T RATO D I A RT I G I A N A L I TÀ , PASS I O N E E M AT E R I A P R I M A D I ASSO LU TA Q UA L I TÀ

MARCO D’OGGIONO PROSCIUTTI V I A L A Z ZA R E T TO 2 9 2 3 8 4 8 O G G I O N O L EC C O I N FO @ M A R C O D O G G I O N O. C O M W W W. M A R C O D O G G I O N O. C O M T. 0 3 4 1 - 5 7 6 2 8 5


Focus wine

Casino di Caccia fra le vigne di Camilla Rocca

Una bella scoperta a Custoza, sui colli morenici del Garda: abbinamenti cibo-vino e una succosa cucina di territorio La nobiltà è qualcosa che non si acquisisce, si possiede: traspare dagli occhi di una persona, non dal luccichio di un vestito, così la magnificenza di luogo si manifesta dall’aurea che lo circonda, non dall’oro che brilla, ma dalla

storia che si respira in ogni angolo e pervade tutta la casa. Uno storico casino di caccia che si nasconde tra i vigneti del Custoza, casa di campagna per scorribande nobiliari un tempo e di appassionati amanti del bello e del buono oggi, si lascia coccolare dal dolce tepore del Lago di Garda. La storica famiglia dei Bresaola o Bresavola, che dir si voglia, baroni di Aquileia di origini trentine, è la stessa che cura l’accoglienza e la tavola in questo splendido luogo d’altri tempi: sei camere di cui due suite arredate con mobili di antiquariato della famiglia, pezzi unici e artisti di fama che qui

50

Artù gennaio/febbraio 2017

hanno lasciato le loro creazioni, gli ulivi secolari, il parco privato dove passeggiare, la piscina, la vasca idromassaggio esterna, la spa e il ristorante Villanova, tanti motivi per soggiornare e lasciarsi trattenere.Tre imponenti sale della casa dove lasciarsi coccolare dalle creazioni dello chef Gianluca Da Rin Perette, che nella sua cucina ha portato le ricette e i ricordi della nonna mantovana, le sue esperienze in diverse trattorie e ristoranti della tradizione veronese ma che ha saputo reinterpretare armoniosamente i piatti, rispettando le radici a cui appartiene: la sala del Camino, della Maiolica e delle Volte con tanti specchi e oggetti di antiquariato, sono la cornice imponente di un menu opulento. Lampadario di vetro di Murano e l’enorme camino da cui trarre calore nelle serate invernali della sala principale per la principale, una vecchia stalla con due possenti colonne centrali di marmo bianco e il soffitto a volte per l’omonima stanza che ne porta il nome e un’ultima sala accogliente, quella della Maiolica, così chiamata per la stufa bianca del pregiato materiale. Scelta alla carta o ci si può affidare allo chef per il menu degustazione a 65 euro per 6 assaggi “la tradizione e l’innovazione” dove lo chef Gianluca Da Rin Perette propone tutti i suoi cavalli di battaglia, al confine tra le forti radici culturali veneto- lombarde e la cucina moderna; mentre per chi ama i sapori salini “il mare a mano libera” a 55 euro per 5 assaggi o per i carnivori “la terra a mano libera”: 50


euro per 5 assaggi, sono certamente indicati. Grandi etichette venete selezionate tra le migliori produzioni locali senza dimenticare la zona dello champagne e del resto d’Italia e cestino del pane con almeno cinque tipologie di lievitati naturali e due tipi di grissini, realizzati rigorosamente in casa. Per gli amanti della tradizione sono imperdibili tra gli antipasti il cotechino con i suoi pop corn di maiale con lenticchie beluga e gocce di salsa verde o tra i primi il go“Un luogo per losissimo tortellone godere: difficile da 30 tuorli in farcia di pastissada di musraggiungere, ma so con gocce di seanche da lasciare. dano rapa di Verona per una strizzata Uno chef di valore, d’occhio al territorio grandi etichette e veronese o il risot-

un’ottima spa”

to Acquerello mantecato con zucca, salsiccia dolce di Brà, amaretto e perle di aceto balsamico, omaggio a Mantova, tra i secondi il filetto di manzo con pesche e salsa al Recioto bianco o il baccalà morro selezione ”Rafols”, agretto alla ciliegie e composizione mediterranea. Per i più arditi invece la colorata tartare di gambero rosso di Sicilia con vellutata di patate fumé in diverse consistenze per antipasto, lo gnocco di patate e castagne su bue brasato piemontese e nocciole delle Langhe tra i primi e le costolette di agnello con salsa leggera alle acciughe del Cantabrico e polvere

51

Artù gennaio/febbraio 2017

Nella pagina a fianco, in basso: l’interno del Casino e diversi piatti che si trovano all’interno del menù con i vini che possono essere degustati.

di olive taggiasche tra i secondi. Per concludere in bellezza con la sacher scomposta in versione stagionale o la bignolata mantovana in trasparenza. Un luogo difficile da trovare, ma dal quale è altrettanto complicato partire: la mente rimane a quel luogo incantato scelto come meta di riposo e divertimento per i nobili che vi soggiornavano. •


Focus wine

La Valentina, l’Abruzzo inedito di Gualtiero Spotti

Un’azienda vitivinicola in provincia di Pescara punta decisamente sulla valorizzazione dei vitigni dl territorio

Una famiglia che ha sempre avuto come attività principale l’imprenditoria nel settore dei prodotti petroliferi, ma che si è ritrovata ad appassionarsi nel corso degli anni nella valorizzazione delle eccellenze gastronomiche locali, puntando l’attenzione proprio sulle Doc abruzzesi e mantenendo il nome della figlia del vecchio proprietario alla fattoria così come per tutti i vini. Sin dai primi anni di produzione si è capito che la strada intrapresa era quella giusta, con la collaborazione di enologici di grido come Luca D’Attoma e sperimentatori del calibro di Stefano Inama, con quest’ultimo che ha dato un supporto sostanziale alla creazione, dal 1998 con l’acquisizione dei 4 ettari di una antica vigna in località San Valentino, ai piedi della Maiella, di uno dei due cavalli di battaglia dell’azienda, il Binomio, un Montepulciano moderno ma al tempo stesso antico, visto che viene realizzato a partire da un clone semisconosciuto e quasi dimenticato chiamato Africa proprio perché ricorda

IIn tempi difficili per le popolazioni del Centro Italia, messe a dura prova dal terremoto che non dà tregua e con una situazione resa ancor più gravosa per le temperature particolarmente rigide di questo inverno, non si possono certo dimenticare le molte eccellenze di questo ampio territorio che abbraccia il Lazio, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo. In particolar modo vale la pena puntare l’attenzione sulla produzione vinicola più recente di quest’ultima regione, che si segnala, come d’altro canto accade in molte altre parti d’Italia, per la sua vocazione verso la sostenibilità e l’attenzione per l’impatto ambientale di tutto ciò che gravita intorno al mondo della produzione enologica. Una delle aziende di recen“La famiglia Di te fondazione che si è fatta Properzio, alla portavoce di questo segnale importante è la Fattoria guida della cantina La Valentina, da non condi Spoltore, ha fondersi con il più celebre e storico produttore di vino scelto enologi di (quasi omonimo), Valentini, calibro, come Luca anch’esso abruzzese ma di Loreto Aprutino e la cui faD’Attoma” miglia pigia vino dal 1600. La Valentina, www.lavalenQui a fianco: una bottiglia di Trebbiano tina.it , che invece e si trova a Spoltore, più d’Abruzzo DOC e una di Cerasuolo vicino al mare e tra le colline che circondano d’Abruzzo DOC entrambe annata 2015; Pescara, nasce nel secolo scorso e vede l’ininella pagina accanto: una panoramica del zio della sua svolta qualitativa verso il 1990 vigneto; una bottiglia di Montepulciano quando, dopo diverse traversie tra molti sod’Abruzzo DOC Terre dei Vestini Riserva ci, la proprietà diventa stabile e in mano alBELLOVEDERE e il proprietario del vigneto: la famiglia Di Properzio nella triade formata Sabatino Di Properzio. da Sabatino e dai fratelli Andrea e Roberto.

52

Artù gennaio/febbraio 2017


nella sua forma il continente africano. L’altro vino rosso d’eccellenza rimane l’ottimo rosso Bellovedere Terre dei Vestini Riserva, proveniente dai vigneti intorno alla cantina, ed è un Montepulciano al 100% dalle persistenti note di frutta rossa ed evidente speziatura, pulito e possente al tempo stesso (va ricordato che La Valentina è stata tra le prime aziende abruzzesi a vinificare separatamente i cru). Affinato in parte in barrique, tonneau e tini di Slavonia per circa venti mesi, e imbottigliato un anno prima della commercializzazione. Una caratterista, la forza dei vini e il notevole apporto alcolico, che in qualche modo si ritrova nelle diverse linee di produzione de La Valentina, con un Trebbiano Superiore

53

Artù gennaio/febbraio 2017


Focus wine

A fianco e sotto: il vigneto de La Valentina; sopra: al centro Sabatino Di Properzio conduce una degustazione.

DOC (lo Spelt, con passaggio in tini d’acciaio e quattro mesi sulle fecce) dalla pienezza e dalla sapidità solo in parte nascoste dalla facilità di beva che lo rendono sempre estremamente gradevole. Caratteristiche familiari anche al Cerasuolo Superiore DOC che invece alla degustazione riporta verso sensazioni legate alla mandorla, alle fragoline o alla ciliegia e affina in acciaio senza chiarificazioni e stabilizzazioni. Più freschi, minerali e delicati invece i due IGT della casa, il Fiano Auha (certificato come primo vino biologico dalla cantina, viene per un quarto passato in acciaio e il rimanente in tonneau) e il Pecorino, affinato su fecce in serbatoi inox. Una produzione, divisa tra linee Terroir e Classica, che ha raggiunto la sua maturità definitiva in

54

Artù gennaio/febbraio 2017

qualche modo a partire dal 2008, con la ristrutturazione e l’ampliamento della cantina che ha consegnato l’azienda ad una nuova fase di crescita e di consapevolezza anche legata, come detto, alla sostenibilità e alla responsabilità nei confronti dell’ambiente. Risparmio e biodiversità sono termini che si sentono spesso da queste parti quando si parla di vino, e a La Valentina non viene utilizzato nessun tipo di combustibile fossile e non vengono emessi gas serra nell’atmosfera. Non bastasse questo, con la recente riscoperta del Montepulciano anche a livello internazionale, sono arrivati i riconoscimenti da parte dei grossi calibri della critica, da Wine Advocate a Wine Spectator oltre agli ottimi punteggi delle guide di casa nostra dalla Veronelli all’Espresso e al Gambero Rosso. O Bibenda, che ha consegnato nella guida per il 2017 cinque grappoli al Bellovedere 2012. •



La ricetta di Artù

La trota di Ghezzi a cura di Maurizio Bertera E’ dal 2010 che Alfio Ghezzi è tornato a casa, nel suo Trentino, dopo un lungo girovagare per l’Italia - in tante cucine importanti, comprese quelle di Gualtiero Marchesi e di tanti hotel di lusso- che ha avuto come passaggio fondamentale quello del periodo migliore di Trussardi Alla Scala, come sous-chef dell’amico Andrea Berton. Poi ecco la chiamata della fa-

Trota in carpione, polenta morbida e salsa agra con le sue uova Ingredienti per quattro persone 4 filetti di trota da 140 g cadauno 2 cipolle rosse 3 dl vino rosso 2 dl aceto di vino rosso 30g olio extravergine d’oliva Garda Dop 1 spicchio d’aglio ½ foglia di alloro 6 granelli di pepe Per la salsa agra: 100 g uova di trota 30 g acqua 20 g aceto ridotto (versare 200g di aceto in una casseruola con 1/2 scalogno, affettato, 1 spicchio d’aglio, 1 rametto di timo e pepe nero quindi fate bollire riducendo fino a 20g) 100 g burro chiarificato 80 g patate cotte Per la polenta morbida: 0,5 l acqua 4 g sale grosso 80 g farina da polenta 40 g olio extravergine di oliva Garda Trentino Dop Uliva

miglia Lunelli - quella di Cantine Ferrari - al timone di Locanda Margon, gioiello che domina Trento. Un ristorante di sobria eleganza salito rapidamente ai vertici delle guide: la doppia Stella Michelin dello scorso novembre è stata la ciliegina sulla torta. Ormai questo è un punto di riferimento per i gourmet della zona e i viaggiatori. La parola d’ordine dell’enfant du pays è Territorio ma con la visione contemporanea e la cura del dettaglio, apprese in decenni di lavoro. Da qui nascono ricette come la Trota al carpione, polenta morbida e salsa agra con le sue uova. “Adoro questo pesce d’acqua dolce, non solo perchè sono trentino ma per le sue peculiarità - spiega Ghezzi - Non è il solito salmone, ha più delicatezza nel gusto

Procedimento

e meno grasso. Poi se ben preparato, ha una consistenza piacevole e non scivolosa. Ecco perché consiglio sempre di cuocerlo solo sulla pelle, guai ad asciugarlo troppo perché si rovina la carne” Un altro consiglio di Ghezzi è sull’acquisto. “La trota si trova facilmente anche nella grande distribuzione, l’importante è preferire il pesce intero al trancio perchè consente di verificarne la freschezza con più affidabilità guardando l’occhio, la pelle e le branchie. Quanto alle uova, vanno consumate subito o al massimo entro tre giorni dall’apertura del vasetto”. Cosa abbinare? “Un Trento Doc è obbligatorio, un Ferrari Perlé Blanc de Blancs è consigliabile. Se poi è del 2009 siamo al top assoluto per questo piatto” chiude lo chef. •

Per la trota, sbucciate ed affettate a rondelle le cipolle tenendo uno spessore di mezzo centimetro, cuocetele in una casseruola larga con l’olio extravergine di Oliva Garda Dop, gli aromi, l’aceto ed il vino rosso, fate attenzione affinché non perdano al loro forma di anelli concentrici, ed a cottura avvenuta con una spatolina levatele dalla casseruola e riservatele su di un piatto. Cuocete la trota dolcemente in padella solamente dalla parte della pelle per 5 minuti con dell’olio extravergine di oliva, regolate di sapore con il sale ed il pepe, e fate attenzione affinché non vi risulti troppo cotta. Per la salsa agra: frullare tutti gli ingredienti al bimby per cinque minuti a 80°C poi filtrare e riservare in frigorifero. Per la polenta: portate a bollore l’acqua, aggiungete il sale e la farina da polenta a pioggia mescolando energicamente per evitare la formazione di grumi. Cuocete per 30 minuti e mantecate con l’olio extravergine di oliva. Per l’assemblaggio: versate la polenta nel centro dei piatti, sistemate i filetti di trota sulla polenta, mettete le rondelle di cipolla cotta in agro e ultimate con la salsa qualche uova di trota ed i germogli di crescione.•

56

Artù gennaio/febbraio 2017



Accueil

The Halkin a Londra, le “istruzioni di Arzak” di Gualtiero Spotti

Nel prestigioso quartiere di Belgravia, un boutique hotel di chiara impronta glamour. Con un ristorante da urlo

via. Gli sguardi che si incrociano per strada raccontano anche che finanza ed economia globale sono termini di uso comune nelle vie del quartiere. Non c’è davvero da stupirsi se, quindi, proprio qui si incontra uno degli alberghi storici più celebrati della capitale, The Halkin, che a dispetto dei nuovi indirizzi dell’ospitalità nati a Londra negli ultimi an-

Situato tra gli angoli verdi di Hyde Park e dei giardini di Buckingham Palace da un lato e dalle boutique internazionali degli stilisti di Sloane Street dall’altro, il quartiere di Belgravia è un’isola felice nel cuore di Londra. Un’area non troppo mondana ben lontana dal rutilante mondo dorato di Mayfair e Knightsbridge e custode, invece, di un’eleganza e di una tranquillità dettata dagli edifici austeri che ospitano uffici di multinazionali, ambasciate, indirizzi governativi e, soprattutto, residenze di gran lusso. Verrebbe da dire che è quasi un mondo a parte, inframezzato, di tanto in tanto, come si può notare se ci si concede una passeggiata da queste parti, da alcune boutique di pregio (si va dalle calzature di Louboutin ai formaggi indimenticabili di Fine Cheese Company, fino allo storico ristorante Mosimann), che la dicono lunga sui conti in banca degli abitanti di Belgra-

58

Artù gennaio/febbraio 2017

ni, rimane un’insuperata icona di eleganza e di stile, sin dalla sua apertura avvenuta nel 1991. Le ragioni di questa fama costruita e mantenuta negli anni sono molteplici. La più importante è sicuramente data dal fatto che The Halkin è stato il primo boutique hotel in città (la proprietà è ancora oggi di COMO Hotels, che a Londra può contare anche sul più


Sotto: veduta dell’Halkin; in basso a sinistra: l’entrata dell’hotel; a lato: l’elegante zona del bar

glamour Metropolitan situato vicino a Park Lane e dove ci si può sedere alla tavola del primo ristorante Nobu aperto in Europa venti anni fa), ma non si possono certo dimenticare la splendida facciata in stile architettonico georgiano, gli interni in puro Italian Style (Armani ha mantenuto a lungo una quota di proprietà dell’albergo), i dettagli di assoluto prestigio negli spazi comuni, che vanno da-

gli eleganti pannelli di legno scuro che si incontrano lungo i corridoi ai piani delle stanze, fino alla magnifica Spa in stile asiatico. E ovviamente c’è poi il ristorante, che nel suo passato ha visto transitare nomi eccellenti e vive di un presente altrettanto glorioso. Qui, nella discreta sala al pian terreno, ha trovato ospitalità prima Gualtiero Marchesi negli anni Novanta e, in seguito, Stefano Cavallini. Con il nuovo millennio invece è stata la volta di David Thompson e del celebrato Nahm, che qui ha preso casa per più di un decennio, dal 2001 fino al 2012. L’ultimo ristorante in ordine di tempo a occupare gli spazi della ristorazione dell’Halkin è invece l’Ametsa, declinazione anglosassone un po’ sperimentale e minimal della cucina basca, che proprio questo mese festeggia i suoi quattro anni di vita e che vede come protagonista Elena Arzak. Un percorso ultradecennale, quello di The Halkin, sempre all’insegna della stella Michelin e con un comune denominatore, l’assoluta originalità della proposta a tavola. In passato sempre in sintonia con le linee guida dell’hotel, dove non sono mai mancate diverse fonti di ispirazione italiane o asian; oggi invece più legata alla cucina basca, e più generalmente iberica, di una campionessa come Elena Arzak, che qui ha lanciato ai fornelli un suo delfino, il talentuoso trentasettenne Sergi Sanz Blanco, già visto all’opera sotto l’ala protettrice di Adrià e di Puig. Ametsa (che significa Sogno, proprio in lingua basca), ha un curioso sottotitolo che ben definisce lo stile della cucina, ovvero “with

59

Artù gennaio/febbraio 2017


Accueil A sinistra: la suggestiva sala ristorante; a lato: una raffinatissima proposta di “fish and chips; sotto: un’estrosa creazione dello chef e a sinistra una suite dell’Halkin.

screta disinvoltura, come quando il mango incontra la birra e la morcilla. A seguire, nel menu, figura il sempre scenografico Uovo in foglia (è l’Enhojado, ovvero il Flor de Huevo di casa Arzak) che riporta alle atmosfere di San Sebastian, prima di intraprendere un mini percorso, tra carne e pesce, dove “Elena Arzak, scuola ci si avventura più verso l’Oriente, con il Tonno che vidi Ferran Adrià, ha ve della leggera e inebrianraccolto i testimonial te speziatura della cannella

Arzak instruction”. Come dire, un assaggio di quello che in qualche modo arriva dal tristellato di San Sebastian, a volte in versione tapas e sulla distanza di un menu degustazione, agile, di grandi chef che si senza eccessi e ben equisono succeduti nel librato. Dove si passa dagli stuzzicanti “aperitivos” tempo all’Halkin” con la versione Kataifi del pastel de cabracho (paté o budino di scorfano), ed è un classico cantabrico, ai i tubi (provette) di prosciutto iberico e all Donut di sardine. In un continuo gioco che mette a confronto avanguardia e tradizione, suggestioni urbane e preparazioni classiche regionali. Perfette per una clientela globale, curiosa e da stupire ad ogni portata. Anche con una di-

bruciata sul fuoco (e presentata nel piatto in bastoncini) e con il Cervo presentato insieme al longan, un frutto tropicale dai toni agrodolci. Piatti che, a giustificare il nome, in qualche modo fanno sognare e diventano riassunto estremo di quello che la cucina spagnola offre al giorno d’oggi. Un connubio di tecniche post molecolari, dove è chiaro che si è ben appresa la lezione di Ferran Adrià, e, questa, a volte, la si declina in chiave regionale. I risultati, come accade ad Ametsa, sono tra i meglio riusciti perché in qualche modo mantengono un forte legame con la cucina basca, ma dove non mancano le chiavi di let-

tura diverse, la continua ricerca di sapori e giochi di contrasti che partono dalla materia prima o dalla tecnica, magari proveniente da culture molto lontane. Un perfetto ristorante giocato in chiave urbana e globale e un gioiellino di una trentina di coperti o poco più che permettono un’esperienza rilassante e stimolante allo stesso tempo. Carta dei vini inevitabilmente molto iberica e servizio al tavolo inappuntabile fanno il resto. •

60

Artù gennaio/febbraio 2017


o! o tĂ gi sit vi g ul no a i s e om at e l str tt ce 00 gi i tu di Re r co 54 op il sc o 36 e nd za 12 iliz ut 64

May 4-11 Maggio 2017


Equipment

Diva in tavola a cura della redazione

Forme voluttuose, leggerezza e brillantezza. Sono queste le peculiarità che caratterizzano la nuova collezione di Royale. Dopo aver conquistato consensi con le caratteristiche tecniche dei suoi articoli per cottura e buffet - oggi compagni fedeli di molti ristoratori in tutto il mondo - continua la ricerca ROYALE rivolta alla ristorazione di alto livello. L’azienda comasca, nota per la produzione di porcellana già dalla fine del secolo scorso, durante Hostelco Barcellona 2016, e in alcune delle più importanti manifestazioni italiane del settore Ho.Re.Ca., ha infatti presentato la nuova collezione DIVA, nata dall’incontro e dal dialogo costante con alcuni chef italiani. DIVA, come SUMISURA, è interamente fatta a mano in Italia, pezzo per pezzo. La collezione si declina in ventotto forme, tutte con-

traddistinte da originalità e ricercatezza. Di fatto sono tele bianche che permettono agli chef di sbizzarrirsi nell’impattare le proprie creazioni. Alcuni piatti possono anche essere usati in entrambi i versi, per creare ogni volta effetti diversi, volti a sorprendere. La trama esterna è basata sul contrasto fra il ruvido “crudo” dell’effetto biscuit e lo splendore levigato dello smalto bianco. Ogni piatto ha uno spessore di circa 3 millimetri, che ne conferisce leggerezza e trasparenza. Molta attenzione anche all’aspetto del packaging, luxury nella grafica e nella composizione. “Sono già arrivate molte richieste dai principali mercati esteri – ha spiegato Angelo Fanfarillo, direttore generale - come sempre attenti a un prodotto italiano di design e qualità certificata e, in questo senso, Royale è orgogliosa di continuare a confrontarsi per realizzarlo. Alcune necessità sono arrivate quasi sottovoce, perché la parola spesso corre più veloce del marketing. Sono giunte da piccole

62

Artù gennaio/febbraio 2017


agenzie specializzate e da grandi distributori, dalla nostra Italia fino a Singapore, come a dire che in fondo anche i sapori più complessi nascono dalla quotidianità di tutti noi e dalla nostra capacità di emozionarci”. “Oggi - ha proseguito Fanfarillo - la direzione dell’azienda è di essere sempre di più un’ec-

cellenza: desideriamo essere riconosciuti nel mondo per la capacità di modellare a mano un’opera d’arte più che un piatto, dipingere questo quadro, e prepararlo alla tavola”. Dunque non basta solo trasformarsi, adattarsi ai tempi. Royale vuole credere a un’idea, ribadire un’italianità senza compromessi: realizzare sì un prodotto di alta gamma, toccare sì un nuovo punto d’arrivo nella ricerca dei materiali e delle forme, ma innanzitutto garantire un prodotto che sia vero e artigianale. La forza di un uomo, fanno notare da Royale, sta nel non dimenticarsi mai da dove si viene e le mani che danno forma a DIVA, sono mani sapienti che da generazioni hanno appreso a modellare la porcellana e i segreti di quest’arte lontana nel tempo, mani che amano e rispettano il loro lavoro. D’altronde, la bellezza si nasconde nella semplicità, come spetta a una vera DIVA. •

63

Artù gennaio/febbraio 2017


Gusto e mercati

Quell’etichetta ci emoziona… di Vincenzo Russo*

Quanto conta il packaging nella vendita del vino? E su quali basi percettive si effettua la scelta? Come scelgono i consumatori un vino? E’ questa una delle domande più frequenti che ci vengono poste al Centro di Ricerca di Neuromarketing della IULM. La risposta è spesso assai difficile poiché l’atto di acquisto dipende da diverse variabili. Tuttavia sappiamo che per la maggior parte dei consumatori inesperti le semplificazioni giocano un ruolo determinante. Il costo e la provenienza sono certamente le principali indicazioni utilizzate per decidere di acquistare un prodotto. Se costa di più vuol dire che è buono. In realtà sappiamo che non sempre ciò è vero. In ogni caso il packaging e l’etichetta hanno un ruolo determinante. Cosa scrivere in un’etichetta? Da una parte abbiamo le indicazioni richieste dalla normativa, dall’altra, ciò che anima la fantasia del produttore o di chi si è occupato della comunicazione del prodotto. In realtà le ricerche neuroscientifiche ci indicano che la scelta dei colori, delle forme dell’etichetta e del packaging sono determinanti e non possono essere lasciate in balia dell’arbitrarietà o della passione del produttore. Sono determinanti anche le parole che si usano per descrivere un vino. Queste sono, infatti, potenti attrattori, capaci per la loro immediatezza di attirare l’attenzione, colpire emotivamente e rispondere (successivamente) alle richieste razionali del consumatore. Non a caso sono sempre più numerosi gli studi neuroscientifici sull’efficacia del packaging o dell’etichetta. Tra questi studi uno dei più interessanti è stato condotto sul valore delle parole utilizzate per raccontare per descrivere un prodotto. Il gruppo di neuroscienziati condotto da Lacey (2012) ha dimostrato,

per esempio, come la scelta di una parola o di una frase possa avere un effetto sull’engagement del consumatore. Con la Risonanza Magnetica (fRMI) gli autori hanno dimostrato che anche le semplici frasi possono avere la capacità di attivare “sensorialmente ed emotivamente” i consumatori e che questo può essere usato per creare engagement. Per esempio hanno dimostrato che la frase “Il cantante aveva una voce di velluto” produce un effetto cerebrale diverso dalla frase “Il cantante aveva una voce gradevole”. Nel primo caso, infatti, si attiva non solo la parte del cervello deputata all’analisi linguistica, ma anche l’area del cervello deputata

* Vincenzo Russo è un professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Ph.D Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior and Brain Lab presso lo IULM di Milano

alla sensorialità tattile, risultando più coinvolgente. Altre ricerche avevano già dimostrato come le parole “caffè” o “profumo” attivassero sia le aree del cervello del linguaggio ma anche quelle legate ai profumi! Il neuroscienziato Paul J. Zak (2012) ha anche dimostrato come un buon storytelling riesca addirittura a stimolare la produzione di ossitocina, l’ormone che qualcuno chiama della “fiducia”. L’ossitocina viene, infatti, prodotta nel cervello delle mamme che hanno appena partorito o in tutte quelle situazioni sociali definibili “gradevoli”. Zak ha anche dimostrato che la produzione di ossitocina spingerebbe le persone a donare di più, se posti nella condizio-

Heat Map etichetta: cosa guardano esperti e non esperti di un’etichetta. In rosso dove si concentra la visione, in giallo un po’ meno e in verde ancora meno. Dove non c’è colore non vi è passaggio oculare.

64

Artù gennaio/febbraio 2017


Heat Map retro etichetta. La certificazione biologica è più attrattiva per i non esperti.

ne di doverlo fare. Da queste indicazioni è chiaro che il compito di chi progetta etichette o packaging è quello di “pesare” attentamente l’effetto che posso-

te e del packaging attraverso la misurazione dei movimenti oculari, ma anche la reazione emotiva che lo stimolo riesce a provocare. Riportiamo solo come esempio l’esito di un’indagine riguardante l’efficacia di alcune etichette coinvolgendo esperti e non esperti. In una ricerca condotta con l’Associazione Sommelier della sessione Lombardia, dall’analisi visiva dell’etichetta di un vino con eye tracker no avere sul consumatore le parole utilizzate, si vede bene come l’attenzione dei consumasapendo anche che la maggior parte di essi si tori esperti (sommelier) venga rivolta a aspetaspetta di avere le tre informazioni di base: i ti diversi rispetto alla visione profumi e gli aromi che sendei non esperti. tiranno, la storia del produtGli inesperti guardano aree tore e gli abbinamenti con il “Origine, vitigno, che attirano poco i somcibo. Ricordiamoci che i conprezzo: ma quando melier, come per esempio sumatori non sono esperti e il marchio di certificazione cercano informazioni che un si ordina un vino, biologica, il gradiente alcoesperto potrebbe non consispesso prevalgono lico e la capienza della botderare importanti. tiglia. Forse sono queste le Per la progettazione di etialtre valutazioni, informazioni che il consuchette o di packaging è sememozionali più che matore medio comprende pre più necessario servirsi e che, di conseguenza, osdi queste informazioni e di culturali” serva con interesse. strumenti neuroscientifici in Sarebbe un errore progettagrado di predire la capacità re etichette e packaging secondo le aspetdi engagement delle stimolazioni prodotte. tative di esperti, a meno che non si tratti di Ecco quindi che con un elettroencefalogramuna specifica e voluta strategia di posizionama (EEG) è possibile capire la valenza emomento. • tiva provocata (positiva o negativa) e con un Eye Tracker analizzare il valore che hanno alcuni attributi visivi quali la lucentezza, il coloBIBLIOGRAFIA: re o la forma dell’etichetta o del packaging, nell’influenzare il processo visivo, nel riuscire - Paul J. Zak, (2012) The Moral Molecule: a rendere evidente il prodotto nello scaffale e How Trust Works, and Director of the Center nella capacità di incrementare la durata delle for Neuroeconomics Studies at Claremont fissazioni del consumatore. Graduate University. La forza dell’eye tracker risiede sicuramente nella sua potenza e risoluzione, ma ancor di - S. Lacey, R. Stilla and K. Sathian. più nella sua capacità di interagire con altri siMetaphorically Feeling: Comprehending stemi di analisi neuroscientifica. Le tecniche Textural Metaphors Activates Somatosendi neuromarketing, così, permettono di anasory Cortex. Brain & Lang. (2012). lizzare non solo l’effetto visivo delle etichet-

65

Artù gennaio/febbraio 2017


Pillole Collato promuove la formazione Dai corsi di potatura a quelli per diventare sommelier, la Cantina Conte Collalto di Susegana punta all’istruzione e alla formazione degli operatori. L’azienda guidata dalla Principessa Isabella Collalto de Croÿ considera infatti la formazione un asset strategico: dopo il successo riscontrato nel 2016, anche questo nuovo anno sarà all’insegna del programma “Corsi in cantina”. Il corso intensivo di potatura è già iniziato. Per il corso di sommelier - appositamente organizzato da Fisar - l’appuntamento è fissato per il 28 febbraio. ________________________

Canzian e le creazioni al tartufo nero Nei mesi del tartufo nero pregiato, Daniel Canzian ha deciso di valorizzare e nobilitare, tramite il caratteristico e inconfondibile sapore del prezioso tubero, due prodotti della tradizione: il pesce sciabola e i ravioli del Plin.

Sono così nate due ricette che raccontano molto della sua cucina: il Bignè di pesce sciabola, tartufo nero e mandorle anno 2017 e i ravioli carnevaleschi ripieni di patate e tartufo nero, salsa leggera alla ricotta affumicata.

Niederkofler e l’amicizia con Alois Lageder

Milano capitale del food

Romero Days sui Navigli

Alois Lageder, l’azienda altoatesina di Magrè (BZ) da molti anni legata allo chef Norbert Niederkofler da un rapporto di amicizia, ospiterà la ventesima edizione di Summa, il consolidato appuntamento dedicato all’eccellenza vitivinicola proveniente da tutto il mondo. Durante l’evento saranno presentate le etichette dell’azienda in abbinamento a esclusivi menù. Certificata green event, Summa sarà aperta con una grande festa, organizzata per la serata di sabato 8 aprile, dove sei chef di Care’s delizieranno gli ospiti con un walking-wine-dinner intitolato “Sei premium chef per Summa”, che porrà al centro delle creazioni i temi della regionalità e stagionalità.

La terza edizione di Seeds&Chips, the Global Food Innovation Summit, ideata e curata da Marco Gualtieri, si svolgerà dall’8 all’11 maggio 2017 a Fiera Milano Rho, in concomitanza con Milano Food Week. All’evento parteciperanno realtà internazionali del settore Food&AgTech, Università, Istituzioni, investitori, acceleratori e incubatori, start-up provenienti da tutto il mondo. Grande spazio al tema della produzione alimentare all’interno delle città: interverranno tanti ospiti celebri, da Sam Kass, chef-consigliere di Barack Obama, fino a Kerry Kennedy, Presidente del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights, e sostenitrice dei diritti umani e del cibo. ________________________

Il 26 e 27 marzo il Museo dei Navigli di Milano ospiterà l’edizione 2017 della manifestazione Roero Days, un’iniziativa tesa a far conoscere al grande pubblico la denominazione di origine controllata e garantita del Piemonte, confinante con le Langhe e situata alla sinistra del fiume Tanaro. A interpretare queste varietà ai Roero Days 2017 saranno oltre 40 produttori che presenteranno personalmente i propri vini. Novità sarà l’apertura ad altre denominazioni italiane, che verranno presentate accanto al Roero e Roero Arneis.

Maison Ruinart brinda all’arte

Cucina gourmet a Treviso

In occasione del Vernissage della mostra “The Night Illuminates the Night”, Maison Ruinart ha brindato, nella suggestiva location del MACRO Testaccio di Roma, con l’artista israeliano Rafael Y. Herman e i suoi selezionatissimi ospiti. Sin dalla sua fondazione la Maison Ruinart ha stretto un legame profondo con l’arte, partecipando a numerosi eventi internazionali quali Art Basel, ARCO, London Design, FIAC, miart. L’evento romano è la conferma di questa liaison.

Grandi novità sul panorama gastronomico trevigiano. La cucina del bistrot Al Corder ha aperto le proprie porte a una giovane coppia di chef, Manuel Gobbo e Beatrice Simonetti, che dopo anni di esperienza nei templi dell’alta ristorazione italiana hanno deciso di tornare nella loro terra d’origine, dove sono stati subito intercettati da Paolo Lai. Dalla sinergia di intenti e di visioni tra Lai e i due chef ha preso forma la nuova carta del bistrot, che privilegia le eccellenze locali riproponendole in portate che, pur restando legate alla tradizione, guardano anche alla cucina internazionale.

66

Artù gennaio/febbraio 2017

Sangemini accompagna Iannone in MotoGP Acqua Sangemini e Andrea Iannone hanno stabilito una partnership che li vedrà correre insieme nel Campionato Mondiale MotoGP 2017. Il via delle gare è previsto il prossimo 26 marzo sul circuito di Losail, in Qatar. L’accordo prevede la collocazione di logo e marchio Sangemini sui materiali di immagine e comunicazione previsti per ognuna delle 18 gare in programma, compresi i test ufficiali. La scelta di Acque Minerali d’Italia di sostenere il motociclismo non è casuale: nasce dalla lunga e positiva esperienza di Norda nelle due ruote, che fin dagli anni Settanta ha sviluppato una forte visibilità di brand in particolare nel motocross. Altrettanto significativo il sostegno che da diversi anni Norda rivolge ad altri team, come fornitore ufficiale di acqua minerale.



Libri

Tributo al grande Tachis e tradizione lombarda

Titolo: Giacomo Tachis e la luce di Galileo Autori: Paolo Panerai, Cesare Pillon, Tommaso Ciuffoletti Editore: Classeditori e Domini Castellare di Castellina Pagine: 210 Prezzo: 24,00 €

Titolo: Lombardia – Guida ai sapori e ai piaceri della regione Autori: AA. VV Editore: Gruppo Editoriale L’Espresso SpA Pagine: 576 Prezzo: 9,90 €

Titolo: El pancott e altre delizie Autori: Emilio Magni Editore: Mursia Pagine: 180 Prezzo: 17,00 €

Titolo: Mi è caduta la “marca” nel piatto Autori: Renato Vettorato Editore: Pilota green editoria Pagine: 220 Prezzo: 25,00 €

Storia e credo di un grande enologo Un libro nato per rendere omaggio a Giacomo Tachis e alla sua vivacità intellettuale, che gli permetteva di spaziare dai testi classici alla biologia. Un libro il cui filo conduttore è dato dalle parole che Tachis - padre della moderna enologia italiana - ha preso in prestito da Galileo: “Il vino è un composto di umore e luce”. Il vino, dunque, come composto dell’umore della terra e della luce che arriva dal cielo, in una sintesi che rimanda ai simbolismi dell’alchimia, ma che coglie anche le chiavi biologiche dei processi fermentativi che trasformano il succo di quel “mirabile laboratorio” che è il chicco d’uva, in vino. Un libro per tutti colo­ro che amano la cultura e il valore del vino.

A tavola in Lombardia Una guida che conduce alla scoperta del paradiso enogastronomico lombardo. Nonostante la Lombardia sia nota per l’industria e i servizi, la cucina lombarda conserva ancora oggi le origini rurali di questa regione, che vanta un patrimonio di 31 prodotti agro-alimentari certificati - di cui 19 DOP, 12 IGP - e oltre 40 vini a denominazione. Tra ristoranti e pizzerie selezionati, locali, botteghe, agriturismi, produttori di vini, birrifici e itinerari del gusto, il lettore potrà scoprire una terra ricca di tesori artistici, culturali, ambientali e gastronomici.

Ricette e tradizione lombarde Un libro che sa di altri tempi, di bei ricordi, di tradizione, di vita vissuta. Un libro che, tra ricette perdute e ritrovate, racconta di antichi “mangiari”, di piccole e grandi avventure in terra brianzola, di ingredienti poveri, ma al tempo stesso ricchi di significato per chi, con quegli alimenti, è cresciuto. Nell’introduzione l’autore si compiace di aver notato, negli ultimi tempi, la tendenza della moderna ristorazione a riscoprire i piatti di un tempo. Oltre alle ricette, anche i proverbi, le massime e i modi di dire brianzoli e lombardi, ossia quel patrimonio culturale che il mondo contadino ha tramandato e tutelato.

Cento ricette per cento amici Un libro che racconta le storie di cento personaggi trevigiani, diversi tra loro, ma tutti animati da quel furore di impresa che li ha già portati al successo. Sono imprenditori, professionisti, atleti, uomini di cultura, tutti rappresentati dall’autore attraverso una ricetta, un piatto, una debolezza. E così emergono gusti, passioni e “dipendenze” culinarie. Le immagini dei protagonisti e le ricette dettagliate completano un libro intriso anche di solidarietà, poiché parte del ricavato dalla vendita della pubblicazione sarà devoluto all’Associazione “Ogni giorno per Emma Onlus” a sostegno della ricerca e sperimentazione contro la Atalassia di Friederich.

68

Artù gennaio/febbraio 2017



Alberto’s choice

Osteria di Fornio. Emozioni autentiche in Food Valley CRISTINA E LUCA GENIO E RAGIONEVOLEZZA OSTERIA DI FORNIO

Loc. Fornio, 78 43036 Fidenza (Pr)

C’è osteria e osteria, impossibile generalizzare: l’ultima scoperta (tardiva, lo ammettiamo, pur sentendone dire da tempo) riguarda questa autentica “osteria” emiliana, che fa della migliore materia prima, del rispetto intelligente delle tradizioni, della capacità di accogliere con garbo ed eleganza, la propria intima e profonda ragione d’essere. L’Osteria di Fornio, frazione di Fidenza (Pr), secondo noi è un esempio concreto, pulsante, vivo di quella RISTORAZIONE RAGIONEVOLE che

apprezziamo molto e che ricerchiamo spasmodicamente in ogni dove. Interpreti di una reale cucina di “territorio”, parola abusata e utilizzata spesso a sproposito, Cristina (in cucina) e Luca (in sala, in cantina) hanno la capacità rara di realizzare un perfetto connubio fra ingredienti locali (siamo nel cuore della food valley italiana) ed esigenza di modernità nel piatto. Pur nell’ortodosso rispetto delle tradizioni. Sicuramente il fatto di trovarsi al centro di un giacimento gastronomico senza uguali, insieme alla vicinanza geografica con il grande Massimo (e Luciano) Spigaroli, ma anche con Ivan e Barbara Albertelli di Roccabianca (inventori della salumoterapia), ha contribuito a contaminare positivamente Fornio e a rafforzare questo vero e proprio “distretto dell’alta qualità”. L’ambiente è semplice ed essenziale, l’atmosfera familiare ma non casereccia né troppo confidenziale. Ai tavoli si alternano

LEGENDA

Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Due corone = Linea di cucina corretta

Una corona = Cucina dignitosa e affidabile

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza

Due cervelli = Ragionevole

Un cervello = Abbastanza ragionevole

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

70

Artù gennaio/febbraio 2017



A Artù Numero 80 gennaio/febbraio 2017

Alberto’s choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello

cameriere validissime e attente, quando non è lo stesso Luca, co-patron, a suggerire e prendere le comande. Le linee guida di questa “cultura del cibo” sono tutte apparentemente semplici seppur complesse da realizzare: contare su prodotti al massimo

indiscutibile della qualità (per origine, filiera, tracciabilità), non esagerare nelle proposte in carta, rispettare con intelligenza le tradizioni (il vero punto di partenza), conoscere le tecniche di cottura e applicarle nel modo dovuto, senza forzature inutili e dannose. Il posizionamento dell’Osteria di Fornio, a differenza di altri locali che preferiscono “distillare” l’offerta e stuzzicare la curiosità con assaggi ed assaggini, è decisamente schietto, diretto e totalizzante: le porzioni sono abbondanti ma non ridondanti, l’uso di grassi di cottura è limitato all’inverosimile, la ricca offerta dei tanti salumi è improntata ad una selezione qualitativa senza precedenti.

Coerenza, pulizia del piatto, priorità a gusto e sapori degli ingredienti: in una parola, ragio-ne-vo-lez-za. Dopo un aperitivo in cantina (bella, spaziosa, ricca di valide etichette sparkling di Francia e Italia), con Parmigiano Reggiano 48 mesi (di sola bruna, ma ci sono anche in degustazione il 32 mesi di vacche rosse e il 24 mesi di collina: vanto italiano nel mondo), Cristina e Luca danno inizio alle danze con Culatello di Zibello, Polentina fritta, Prosciutto crudo Sant’Ilario 30 mesi, Coppa, Pancetta, Frittella di ceci con lardo di sottospalla di Parma. Fra gli altri antipasti, ricordiamo con emozione il Tosone in camicia, i Carciofi in tre modi (crudo, flan e fonduta di Parmigiano, spaccatelli stufati), le Cipolle rosse caramellate, la ineguagliabile Mostarda di mele, Nei primi, poi, esplodono i sapori della tradizione, altrove dimenticata, rimossa o “rivisitata”, ahinoi!: le Mezze maniche ripiene in brodo di ricetta antica meritano il viaggio, come i mitici Tortelli di erbetta, i Tagliolini al Culatello di Zibello o al sugo di maiale nero (v. Massimo Spigaroli) e lamelle di parmigiano. La cucina indulge anche a una creatività non esasperata con Pappardelle di castagne al ragout di cinghiale o Tortelli di ricotta al radicchietto invernale con porro croccante. Da provare. I secondi che Cristina realizza amorevolmente in cucina sono da manuale della nostalgia per una tradizione che rivive pulsante, al di là di “rivisitazioni” o aggiustamenti in chiave modernista: la pasta di salame fritta al vino bianco al tegamino è folgorante, gli Scottadito di agnello croccanti al rosmarinio con patate al forno succulenti, come i Guancialetti di maiale al forno con patate e cipolle caramellate. Quest’ultimo piatto è protagonista del recente ingresso dell’Osteria di Fornio nell’Unione dei ristoranti del Buon Ricordo, in onore del quale Luca e Cristina hanno organizzato un evento per la stampa. La relativa vicinanza con Milano ha richiamato per l’occasione non pochi giornalisti, rimasti letteralmente basiti dalla qualità complessiva della cucina di Cristina, donna di cuore e passione. Che dire ancora? Sui vini: la cantina contiene oltre 400 etichette, non convenzionali, mai banali. Sui dolci: adoro il salato (senza aggiunta di sale, però), e si sa. Sui dessert, che sono un capitolo importante ma a sè stante, mi esprimerò a breve. Dopo, naturalmente, averli provati tutti, nessuno escluso.

72

Artù gennaio/febbraio 2017

In redazione Emanuela Stìfano - emanuela.stifano@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it _______________________________________________________________

Collaboratori

Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Luisa Contri, Maurizio Di Dio, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Aldo Nenzi, Viviana Persiani, Gio Pirovano, Mauro Remondino, Vincenzo Russo, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Elisa Tricarico, Claudio Zeni, Stefania Zolotti.

Iniziative speciali: Cristina Fagioli - cristina.fagioli@edifis.it Andrea Ragusa - andrea.ragusa@edifis.it _______________________________________________________________

Grafica e impaginazione Daniele Scozzari

_______________________________________________________________

Foto

Ferdinando Cioffi, Donatello Lorenzo (Riso Buono), Paolo Picciotto (Tre Cristi), Archivio Artù _______________________________________________________________

Pubblicità dircom@edifis.it

_______________________________________________________________

Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it

_______________________________________________________________

Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) _______________________________________________________________

Prezzo per una copia E 5,00 - Arretrati E 10,00 _______________________________________________________________ Abbonamento

Italia: E 40,00 - Europa: E 80,00 - Resto del mondo: E 100,00 abbonamenti@edifis.it _______________________________________________________________

Amministrazione amministrazione@edifis.it _______________________________________________________________ Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090

______________________________________________________________

_______________________________________________________________

Tutti i diritti di riproduzione degli articoli e/o foto sono riservati. Manoscritti, disegni, fotografie e supporti audio e video anche se non pubblicati non saranno restituiti. Per le fotografie e le immagini per cui, nonostante le ricerche eseguite, non sia stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara disponibile ad adempiere ai propri doveri. Ai sensi della legge 196/2003 l’Editore garantisce la massima riservatezza nell’utilizzo della propria banca dati con finalità redazionali e/o di invio del presente periodico. Ai sensi degli artt. 7 e 10 i destinatari hanno facoltà di esercitare il diritto di cancellazione o rettifica dei dati, mediante comunicazione scritta al responsabile del trattamento presso EDIFIS S.p.A. - Viale Coni Zugna 71 - 20144 Milano, luogo della custodia della banca dati medesima. _______________________________________________________________

una rivista edita da: Edifis S.p.A. Viale Coni Zugna, 71 20144 Milano - Italy Tel. +39 02 3451230 Fax +39 02 3451231 www.edifis.it


Esclusiva Norda per la Ristorazione.

Maschere di Franz Cancelli - LavelliADV.it

Espressioni d’Acqua

Water Collection


Il tempo dà forma alla qualità Doppio Malto, Rossa, Puro Malto. Ogni Peroni Gran Riserva ha un gusto unico e un denominatore comune: l’altissima qualità. La qualità del Malto 100% Italiano, la qualità delle materie prime accuratamente selezionate, la qualità del processo produttivo di extra decozione. È così che nasce una birra speciale, fatta in Italia e premiata nel mondo.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.